DELLA GRAVITA DELL ARIA’ E FLVIDI’ ESERCITATA

Principalmente nelli loro homogenei. _DIALOGI PRIMO, E SECONDO FISICO-MATEMATICI_.

D I STEFANO DE GL’ANGELI, LETTOR MATEMATICO nello Studio di Padoua.

In Padoua, per Mattio Cadorin, MDCLXXI. _Con Lieenza de’ Superiori_.

AL LETTORE.

CRederai for$e Lettore humani$$imo, nel veder- mi publicare li pre$enti Dialogi, circa ma- teria, $opra la quale hanno $critto tanti grand’huomini, ch’io $ia $tato mo$$o da alcu- na di quelle cau$e, dalle quali commemora Tito Liuio nel Proemio delle $ue historie, ri- ceuer impul$o qua$i ogni $crittore allo $cri- uere. _Quippè qui_ (dice egli) _cum vete_- _rem, tum vulgatam e$$e rem videam_, _dum noui $emper $criptores, autin rebus certiùs aliquid alla_- _turos $e, aut $cribendi arte rudem vetu$tatem $uperaturos cre_- _dunt, &c._ Benche for$i que$te mie compo$itioni non contenghi- no co$e in tutto tocche da gl’altri, nulladimeno, resta $eruito di credere, non e$$er $tata alcuna di que$te cau$e, che mi babbia dato eccitamento, perche tanto non $uppongo di me $te$$o; ma $olo il de$iderio, che tengo di giouare alli Nobili$$imi Scolari di que$to Sapienti$$imo Studio. Li qua- li caminando al Dottorato per li ponti delle Paripatetiche Dottrine, e delle formalità, per lo più vedono poco, ò nulla della Filo$ofia e$peri- mentale. E$$endo adunque questo il $olo fine di queste mie fatiche, $e vedrò che detti gentili$$imi Studenti da que$ti miei $piegamenti ri- ceuino qualche profitto, non mancarò con altre occa$ioni di publicare altre co$e in $imile, & altre materie. Hora che t’ è nota la vera ca. gione del mio $criuere, compati$ci quello, che non ti piace$$e; ma$$ime gli errori di lingua, e di $tampa, che di tanto $olo ti prego. E viui felice.

NOI REFORMATORI dello Studio di Padoua.

HAuendo vi$to per fede del Padre Inqui$itore di Pado- ua, nel Libro intitolato della Grauità dell’ Aria, e Fluidi Dialogi Primo, e Secondo di D. Stefano An- geli Lettor Matematico nello Studio di Padoua, non e$$erui co$a alcuna contro la Santa Fede Cattolica; & parimente per atte$tato del Segretario no$tro, niente contro Prencipi, e buo- ni co$tumi, concedemo licenza a Mattio Cadorini di poterlo $tampare, o$$eruando gl’ordini, &c.

Dat. a 31. Luglio 1671.

(

(Nicolò Sagredo K. Proc. Ref.

(Pietro Ba$adonna K. Proc. Ref.

Angelo Nicolo $i Segr.

DIALOGO PRIMO INTERLOCVTORI CONTE LESZCYNSKY, OFREDI, E MATEMATICO DI PADOVA.

O_Fredi_. Oimè Signor Profe$$ore, che gra- uezza di te$ta, ch’ io mi $ento. O come que$t Aria così humida, e fumo$a mi fà dolere gl’occhi. In gratia, già che $iamo vicini alla ca$a del Signor Conte, andia- mo à con$umare @@ di que$ta giornata $eco in qualche virtuo$o di$cor- $o.

_Matem_. Faciamo come V.S. comanda. Saliamo le Scale. Bi- fogna certo che $i trattenga nel $uo Studio, già che l’v$cio è $occhiu$o. Ri$chiariamo$i vn poco, accioche ne cono- $ca; e poi con vn tratto confidente entriamo dentro. Ser- uitor Signor Conte.

_Conte_. Seruitor miei cari Patroni. Che buon vento conduce loro Signori à fauorirmi?

_Ofred_. Non già il vento, mà ben sì vn’Aria humidi$$ima ne hà $pinto quà $opra.

_Cont_. Se nella loro bilancia la grauezza dell’ Aria li hà $pinto quà $opra, è nella mia hà impedito la di$ce$a, sì che non $ia hoggi vicito di ca$a; poiche appunto la mia fanta$ia s’an- daua ragirando intorno al<007>a grauità dell’ Aria.

_Matem_. In gratia V. Sig. ne renda con$apeuoli di que- _DIALOGO_ $ti $uoi pen$ieri.

_Cont_. S’accomodino con la $olita no$tra familiarità doue più li aggrada, che io haurò piacere andarli delineando li embrioni della mia mente.

Che l’Aria no$tra, la qual re$piriamo, è che ne circon- da, $ia corpo po$itiuamente leggiero, è non $olo ri$petti- uamente, paragonandola con le co$e più graui, m’hà par$o $empre co$a impo$$ibile da creder$i: poiche contenendo in $e $te$$a vn’infinità di vapori, & vn mi$cuglio dell’ effluuij, che e$cono da tutti li corpi; (anzi for$e nõe$$endo altro che vn aggregato di que$ti) non sò vedere come parimente non contenga vn’aggregato delle loro minime grauità. Hò an- co fatto gran capitale di tutte quelle e$perienze, e modi, che per far toccar con mano que$ta verità, $ono $tati in- uentati dalla per$picacità di tanti Filo$ofi in$igni; mà quello pen$ato gl’anni pa$$ati dal Nobili$$imo Signor Otto- ne Gerickio Con$olo della famo$i$$ima Città di Mag- deburgo, m’hà par$o $empre molto proprio, è conuin- cente.

_Ofredi_ In gratia V. Sig. me lo dia ad intendere, perche non $olo que$to, ma tutte le co$e dicote$to Signore mi rie$cono to- talmente.

_Conte_. Io impre$tarò à V. S. que$to Libro, ch’è la _Technicha Cu-_ _rio$a_ del dotti$$imo P. Ga$paro Scotti Ge$uita, il quale nel _Lib_. 1. _Cap_. 1. dichiara, in che maniera, da vn recipiente, ò va$o di vetro beni$$imo otturato, face$$e leuare detto Si- gnore a poco apoco, con non lieue fatica, qua$i tutta l’a- ria, che lo riempiua, $enza che nel va$o pote$$e entrare ($i pre$ume) co$a alcuna, almeno non aria; (artificio pur anco $piegato dal nobili$$imo Roberto Boile Ingle$e nel$uo Trattato _de Vi Aeris Ela$tica_, e da altri) e dal differente pe$o di que$to va$o prima pieno d’Aria, e poi $enza quella già e$tratta, raccoglieua e che pe$a$$e, e quanto. Dice adun- que nel _Cap_. 2. che da vn recipiente capace di 32. mi$ure d’- Herbipoli, che $ono mez’ orna di Franconia, cauato. ne l aria, pe$aua meno che con e$$a, vn’oncia e {3/10}.

_Ofred_. In verità che que$t’e$perienza mi pare molto palpabile. _PRIMO._ Parmitanto vera, che non vi $ia che replicar in contra- rio.

_Conte_. E pure vi è chi la nega in parte. Que$to è il Signor An- tonio Deu$ingio, Medico, e Filo$ofo celeberimo, il qua- le (come dice il medemo P. Scotti _nell’ Annotat. $opra il detto_ 2. _Cap. è nel Lib_. 4. _Cap_. 4.) _nella $ua Seconda Di$qui$. del Vacuo Set_. 2. _Cap_. 4. concede l’effetto, ma nega la cau$a. Concede adunque, che il va$o pe$i meno $enz aria, che con e$$a; ma che que$to non na$ca, perche l’aria $e po$$i pe$are in modo alcuno nell’aria (perche l’aria nell’aria ne è graue, ne leggiera;) ne che que$to effetto prouenga dall’aria, la qua- le al va$o aggiunge$$e pe$o, è leuata lo diminui$ce; ma perche leuata l’aria dal va$o, quella che circonda il va$o, è fatta più cra$$a, con$tipata, e den$a: e perciò il va$o è re$o più leggiero da que$ta, di quello che era prima, quando pieno d’aria, l’ambiente era meno den$a; al modo ($oggiun- ge egli) che _Nauis onu$ta minùs altè mergitur in aqua Marina_, _quam in fluuiali_.

_Matem_. Si contenti Signor Ofredi, che anch’io applaudi$chi all’inuentione del Signor Gerickio; e che $e bene que$ta non $olo viene impugnata dal Signor Deu$ingio, ma anco da altro valoro$i$$imo Matematico, ch’è il P. Paolo Ca$ati Ge$uita, è for$e da altri, ch’io non hò veduti, mi $otto$cri- ui al $uo pen$iero, è dichi, parermi che con que$t’ e$perien- za $i proui tanto $en$ibilmente il pe$o dell’ aria, che nulla più. E trala $ciando per hora il P. Ca$ati, mi $ia lecito dire con ogni riuerenza, non mi parere, che il Signor Deu$in- gio, e molti altri penetrino molto bene, come l’aria nell’- aria non $ia nè graue, nè leggiera; poiche que$to non deue intender$i formalmente, ma quanto all’effetto $olo del di- $cendere, ch’è il fine della grauità.

_Ofred_. Que$to $uo a$$erto co$i in confu$o mi pare molto ardi- to. In gratia $pieghi più chiaramente li $uoi $en$i, per- che mi paiono diametralmente oppo$ti à quel comune a$- $ioma delle Scuole, che _Elementa in propr{ij}s locis nec grauitant_, _nec leuitant_.

_Matem_. Se que$t’a$$ioma comune $arà d’altri inte$o diuer$a- mente da quanto io dirò, dubito grandemente della $ua _DIALOGO_ verità. Ma per principiare a dichiararmi, mi dica Signor Ofredi li è mai accaduto ritrouar$i in vna quantità di popo- lo, è far forza per andar auanti, è non $i poter muouer in conto alcuno?

_Ofred_. Infinite volte.

_Matem_. E perche V. S. non poteua caminar auanti, benche fa- ce$$e tanta forza?

_Ofred_. Perche non poteuo andar auāti, $e non $pingeuo dal pro- prio luogo, chi mi precedeua; mà que$ti re$i$teuano al mio $pingere, ne $i la$ciauano muouere.

_Matem_. Si che adunque V. S. formalmente $pingeua; $e bene poi l’effetto, cioè l’andar auanti, era nullo. Tanto in vn cer- to modo, auuiene nel ca$o no$tro. L’àcqua nell’acqua, e l’a- ria nell’aria grauitano, è s’affaticano (per così dire) formal- mente per andar à ba$$o; Ma perche non po$$ono di$cende. re $e non cacciano dal proprio luogo, e fanno $alire altra ac- qua, ò aria, al qual cacciamento, e $alita que$ta re$i$te con egual momento, & energia, & anco con maggiore, ($e l’ac- qua d’alzar$i fo$se per fortuna più graue;) da quì ne na$ce, che $e bene la grauità opera attualmente, e formalmente, non ne $egua però l’effetto del di$cendere.

_Conte_. Così è mo. Vuole Signor Ofredi cono$cere che così $ia? Vna portione di que$t’acqua, ò aria $ia re$a per qualche accidente vn pochino meno den$a, e graue, sìche il $uo conato al di$cendere ceda in parte; vederà, che $ubito $arà $pinta in sù da quell’altr’aria, ò acqua, la quale e$$endo inalterata, con$erua il medemo conato, il quale eccede quello della rarefatta. Al modo che, Signor Ofredi, $e $pin- gendo lei nella calca per an dar auanti, li anteriori $minui- ranno in parte la loro re$i$tenza, & il re$pingere, lei a pro- portione dell’ecce$$o del $uo $pingere $opra la re$i$tenza de que$ti, anderà auanti.

_Matem_. Così è Signor Ofredi. Io credo che l’aria nell’aria, e l’ac- qua nell’acqua grauitino beni$$imo formalmente, ma non pregrauitino: e co$i non $egua moto alcuno, ò $ce$a, quando tutta l’acqua, ò aria $ia della medema grauità. Parimente credo, che l’aria rachiu$a nel recipiente pe$i, e leuatone par- te, tanto meno pe$i il rimanente; e que$to meno $ia quello, _PRIMO_. che pe$aua già l’e$tratta, quando era nel recipiente. Onde $e il detto comune che _Elementa in propr{ij}s locis nec grauitant, nec_ _leuitant_, viene inte$o in $en$o contrario alla pre$ente dot- trina, io lo tengo a$$olutamente per fal$o. Que$t’a $$ioma però non mi pare d’Ari$totile, il quale e$pre$$amente _nel_ _Lib_. 4. _de Cælo, Cap_. 5. dice, che _Elementa omnia grauitatem ba-_ _bent in $uo loco, præter ignem_, ma è $tato introdotto da alcu- ni Peripatetici nelle $cuole, non sò perche.

_Ofred_. Ma la cau$a, che a$$egna il Signor Deu$ingio di que$t’ef- fetto, non $arà la vera? E pure viene da lui appoggiata ad vn’ e$perienza tanto certa, quanto è che la naue carica s’immerga più nell’ acqua del fiume, che in quella del mare.

_Matem_. Que$t’e$perienza è più che certa, Ma di e$$a non è già la cau$a quella, che a$$egna il Signor Deu$ingio; anzi par- mi prima de lui Ari$totile _nel Libro_ 2. _delle Meteore al test._ 25. cioè perche l’acqua del Mare $ia più con$tipata, e den$a; ma bene perche è più graue. Onde $e bene è anco più con- $tipata, e den$a, que$ta però non è la formale cagione di quell’effetto, ma $olo per accidente, in quanto che e$$en- do più con$@ipata e den$a, è anco più graue. La vera cau$a adunque è, perche l’acqua del Mare e più g@aue di quella del- li Fiumi.

Mà acciò V. S. intenda meglio come camini que$ta facen- da, $i riduchi a memoria _la Prop._ 5. _del Lib._ 1. _d’ Archimede, de_ _In$identibus Aquæ_, che dice così_: Solidarum magnitudinum quæ-_ _cunque fuerit leuior humido demi$$a in humidum in tantum demer-_ _getur, vt tanta moles humidi quanta est moles demer$æ, habeat æ-_ _qualem grauitatem cum tota magnitudin@_.

_Ofred_. Io me l’arricordo beni$$imo, poiche hora tengo per le mani certe propo$itioni d’vn dotti$$imo Filo$ofo del Studio di Pi$a, nomato il Signor Donato Ro$$etti, il quale _nella $econda_ pretende di dimo$trare, che il concetto d’Ar- chimede $ia fal$o.

_Matem_. Anch’io hò $cor$o que$te $ue propo$itioni, le quali non ci nece$$itano ad interrompere il filo del no$tro di$cor- $o; perche anco e$$endo vero quanto dice que$to Sig. nel no$tro ca$o $arà tanto pocala fi$ica differenza, che arreche, _DIALOGO_ rà certa poca aria, che $i doueria intender congionta con l’acqua, che potiamo $upponer la $ola propo$itione d’Ar- chimede. La quale $tando in vigore, & applicata al no $tro ca$o della naue, perche pe$a più, & ha maggior mo- mento l’acqua del Mare, che l’acqua del Fiume, ne $e- gue, che minor quantità di quella, che di que$ta grauiti quanto grauita tutta la naue: che perciò meno s’immer- ge nella $al$a, che nella dolce. Non hà adunque che fa- re la maggior con$tipatione della $al$a $opra la dolce circa l’immerger$i più la naue in que$ta, che in quel- la, $e non in quanto la più con$tipata è anco più gra- ue.

_Conte_. Se il meno immerger$i la naue nell’acqua $al$a, che nel- la dolce, na$ce$$e dalla maggior con$tipatione, ne $egui- rebbe, che $uperata que$ta da qualche forza, cioè $pinta la naue $otto il liuello, che ha naturalmente, iui $ta$$e, anzi con difficoltà $i caua$$e. Mà ciò non $uccede, per- che remo$$a la cau$a $pingente, naturalmente ria$c@n- de.

_Ofred_. Io non vedo molto chiaro come V. S. inferi$chi que$ta $equella.

_Conte_. Se dal canale ou@ è la naue $e rimouerà tutta l’acqua, la naue li caccierà nel fango a proportione della $ua grauità, c re$i$tenza del fango; la quale non na$ce, che dalla $ua con$tipatione, e den$ità. Chi al pe$o della naue n’aggiun- gerà, ò maggiore, ò qualche forza $pingente, la naue $i caccierà più nel fango; è doue $arà $pinta iui $tarà; ne $i le- uerà che con gran fatica, perche il fango non re$i$te che con la $ola con$tipatione. Tanto $uccederebbe alla naue po$ta nell’acqua marina, quando que$ta re$i$te$$e con la $o- la con$tipatione. Spinta la naue $otto il natural liuello, già la re$i$tenza della con$tipatione è vinta; onde non vi $areb- be cau$a, che re$pinge$$e la naue al luogo primiero (co- me $uccede remo$$a la cau$a $pingente;) che viene re$pin- ta in sù dal maggior momento dell’ acqua $opra quel- lo della naue, $ino a quel $egno, oue que$ti momenti $i pareggino.

_Matem_. Aggiunga V. S. che quando l’immerger$i la naue me- _PRIMO_. mo nell’acqua $al$a, che nella dolce na$ce$$e dalla con$tipa- tione, que$ta re$i$terebbe tanto nell’andar a ba$$o, quanto nel venir di $opra. Onde po$to, per e$empio, vn pezzo di legno men graue in $pecie nell’acqua, e $al$a, e dolce, nel fondo del mare, e del fiume, que$to nella $al$a ò non ritor- narebbe a galla, come impotente a $uperare la con$tipatio- ne; ò almeno $alirebbe con maggior lentezza di quello $a- li$$e po$to nel fondo della dolce; e$$endo nella $al$a mag. giore con$tipatione da $uperare. E pure $uccede in pratica tutto il contrario; perche $ali$$e con maggior velocità nella $al$a, che nella dolce. Perche e$$endo re$pinto in sù dal maggior momento dell’acqua $opra il $uo proprio; & e$- $endo maggior il momento della $al$a di quello della dol- ce, opera anco quello più efficacemente; è così a$cende con maggior velocità nella $al$a, che nella dolce.

Quanto però habbiamo detto, non è $ufficiente a render la rag<007>one, perche pe$i meno il recipiente euacuato d’ aria, che pieno d’e$$a; e che la differenza $ia il pe$o di que$ta; ma per intiera intelligenza di ciò è nece$$aria vn altra propo$it. d’Archimede, che è _la $ettima del medemo Lib_. la quale dice co$i. _Grauiora humido demi$$a in humidum ferrentur deor$um do-_ _nec de$cendant & erunt leuiora in humido tantum, quantum habet_ _grauitas humidi habentis tantam molem, quanta e$t moles $olid{ae} ma-_ _gnituainis_. Hora l’ar<007>a deue <007>ntender$i nel no$tro ca<007>o per que$to humido, ò fluido, nella quale po$to il va$o otturato pieno d’e$$a, l’aria ambiente $ottrae da quella mole com- po$ta della materia del va$o, e dell’aria rachiu$a, tanto pe- $o, quanto è quello d’vna mole d’aria eguale a tutta quel- la mole. Euacuato il va$o, è manife$to che $i con$erua la mole medema, alla quale pure $i paragona la medema mo- le d’aria ambiente, che pur leua dall’aggregato del va$o, e ò etere, ò altro, che $i concepi$ca riempirlo il medemo pe@o di prima_:_ $iche la differenza tra li due pe$i non può e$$er altra, che quanto pe$aua l’aria rachiu$a prima nel va$o. Ma que$ta verità s’anderà $empre più manife$tando.

_Ofred_. Tanto che V. S. pen$a che la con$tipatione dell’ aria am- biente il va$o non habbia che fare?

_Matem_. Non nel modo che dice il Signor Deu$ingio. Hauerà _DIALOGO_ però che fare (quando vi $ia) perche e$$endo l’aria più con. $tipata, $arà anco più graue; onde $e l’aria, nella quale $i pe$a il va$o dopò la $ua euacuatione $arà più con$tipata, $a- rà anco più graue, & in con$eguenza rendera il va$o più leg- giero. Ma non credo. che in que$to ca$o $ia tanta la con- $tipatione dell’aria ambiente il va$o, che differi$ca da quel- lo, ch’era innanzi l’euacuatione notabilmente. Ma quan- do anco vi fo$$e, non $arebbe co$i in tutti li luoghi vicini, è pure da per tutto $i ritrouerà il medemo pe$o del va$o, pur che non $ip e$i in aria alterata per accidente e$trin- $eco.

Conte. _V. Sig. ha toccato vna ragione contro la conclu$ione del_ _Signor Deu$ingio, che dice così_. Dum ergo circa recipient em aere euacuatum aer ambiens den$ior, compactiorque exi$tit, idem re- cipientis pondus, lanci impo$itum aerem den$iorem $ibi circum $tan- tem minùs deprimit, quam ante exan@lationem deprimeret rariorem: & interim lanx altera ad bilancem oppo$ita, in aere ver$atur non æque compacto, ac is e$t, quiproximè recipientem circum$tat; quare validiùs æquali pondere deprimitur.

_Matem_. Faci gratia V. S. di fermar$i: adunque chi volterà la bilancia, e ponerà la lance con il va$o nel luogo doue era quella con il pe$o, e que$ta nel $uo, il va$o pe$erà più, perche $arà <007>n aria meno den$a, e quello in aria più den$a.

_Ofred_. Anch’a me pare que$ta conclu$ione del Signor Deu$in- gio inferita da molto deboli principi; peiche io non credo che il Signor Gerickio, quando ha fatto que$t’e$perienza, e due pe$ate d<007>uer$e, le habbia fatte vna immediatamente $ucce$$iua all’altra, & habbia collocata la bilancia apuntino nel medemo luogo. Io tengo di certo, che chi pe$a$se prima il va$o pieno d’aria in quella $tanza; in quella $ala li leua$$e l’aria, e poi anco dopò tempo con$iderabile, lo ripe$a$$e in que$ta $tanza co$i euacuato, che tanto $i trouarebbe la pre- detta differenza.

Conte. _Non credino loro Signori, che il Sig. Deu$ingio non hab_ _bia preui$to que$ti colp<007>, poiche $e repara da e$$i così_. Dum vi- trum exantlatum de loco in locum transfertur, is, qui derelicto $pa- @io vicinus e$t aer, in naturalem $tatum per expan$ionis nixum $e _PRIMO_. denuò vindie at (veluti naue prouecta a$$urgunt illicò aquæ partes paulò ante pondere nauis pre$$æ.)

_Matem_. In que$te vltime parole noto vna $imilitudine, che non mi par vera; ne mi pare che d’vn effetto s’a$$egni la vera cau- $a. Io hò $empre creduto, che la na ue entri nell’acqua non perche con$tipi le parti, che le $oggiacino (le quali ò non con$tipa, ò almeno pochi$$imo;) mà bene perche le $pinga dal proprio luogo, e facia $alire; $iche poi partita la naue, & andando innanzi, e $pingendone, e $olleuandone altre, le già $olleuate portate dalla natural grauità, di$cendino à riempir quel luogo ba$$o cauo, la$ciato dalla naue. Ma pri- ma che andiamo auanti, vorrei $apere, $e dichiara il modo, nel quale, quando s euacua il va$o, l’aria circon$tante, e vici- na $i con$tipa.

Conte. _Poco di $opra dell’antecedenti parole lo dichiara così_. Conden$atur autem imprimis aer, vbiproximè, coarctatione facta, vim patitur, reliquo quantum fieri pote$t $tatum $uum naturalem $eruante; $icque aer, qui vndequaque vitro vicini$$imus exi$tit, præ reliquo di$tantiore per corporis intra vitrum contenti exantlatio- nem, atque ætheris in $patium illius ingre$$um, quam maximè con- den$atur.

_Matem_. Tanto adunque che $i conden$a perche e$ce da e$$o la parte più $ottile? Se così è, ftarà $empre così, $ino che con l’ingre$$o della medema, ò d’ altra materia $ottile come quella, $i tornino a dilatare le $ue parti. Se noi prenderemo vn pugno d’erba, e la $tringeremo, ò comprimeremo gen- tilmente $enza ch’e$chi fuori l’humore, aprendo la mano, e ce$sando la compre$$ione, l’erba con il $uo elaterio ritorna- rà ad hauere quell’e$pan$ione, che haueua prima. Ma $e re- $tringendola li faremo v$cir fuori l’humor più $ottile aperta la mano, $i dilatarà bene qualche poco per l’ingre$$o dell’a- ria, che entrarà trà le foglie, la quale pur anco fù cacciata dalla compres$ione, ma non già come era prima. Se adun- que l’aria ambiente il va$o $tà con$tipata per l’etere, che da e$$a è v$cito, & è entrato per li pori del vetro a riempir il va$o, non $i dilatarà $e non entra in e$$a, ò il medemo, ò altro etere.

_Conte_. Dice bene, ch’è dilatata appunto da altro etere, $og- DIALOCO _giungendo dopò la $opradetta parente$i_. Aetere aliunde, quo nempe vitrum transfertur, inter eius particulas vici$$im $ubeunte. Sicque perpetuo circa vitrum ip$um, quocunque tran$latum conden. $atio corporis proximè ambientis maior contingit.

_Ofred_. Gran carità di que$t’etere, la$ciar l’aria, nella quale è, e la$ciar que$ta con$tipata, e den$a, per rimediare alla con$ti- patione dell’aria vicina. Chilo $pinge ad abbandonar la propria aria, e la$ciarla con$tipata, e den$a, per andar a ri- mediar, egonfiar la più vicina? Che la prima aria circon- $tante il va$o $i cõ$tipi per l’v$cita dell’etere, $i potrebbe dire e$$er ciò cau$ato dal bi$ogno vniuer$ale della natura, _ne de-_ _tur vacuum,_ acciò quell’etere entra$$e a riempir il va$o; ma che poi il $econdo etere e$chi dalla $econda aria per dilatar la prima; il terzo dalla terza per dilatar la $econda; e così quante volte $i tra$portarà il va$o, non sò già vederne la cau $a. Già che $econdo il Signor Deu$ingio, ha da toccar à dell’a- ria ad e$$er cõ$tipata, ne $tia pur la prima, perche _fru$tra fit per_ _plura, quod pote$t fieri per pauciora_.

_Conte_. Ma $oggiunge ancora alcune parole, dalle quali pare, che a$$egni altra cau$a. _Remotiore interim à violenta compa-_ _ctione par in$itum qua$i elatere $eip$um vindicante_.

_Matem_. Se la con$tipatione $i fa per la partenza dell’ etere, non vi è elatere che tenga. E $e hà la virtù ela$tica, perche non poteua dilatar$i ver$o l’ampiezza dell’aria, e non $tar $em- pre in quella violenza?

_Ofred_. Ma io direi così contro que$ta conden$atione. Non cre- do già che quell’ aria ambiente il va$o conden$ata $ia pietre da molino, $i che non po$$i e$$er portata via dal vento. Soffi que$to, e la porti via, $i che ne $ucceda dell’ altra. Que$ta non $arà conden$ata, e pure pe$ando il va$o, $i ritrouarà il medemo pe$o.

_Conte_. Anco à que$ta obiettione procura de ri$pondere in vna lettera, che $criue al Padre Scotti, po$ta da lui nel citato _Libro_ 4.

_Matem_. Non $i curiamo di que$ta ri$po$ta, mà procuriamo d’ar- recare vn paro d’e$perienze, che manife$tamente dimo$tre- ranno $e que$t’aria ambiente $ia con$tipata, e den$a, ò della medema natura dell’altra.

TRIMO.

Non v’è difficoltà, che l’aria più den$a cagiona maggior gefrattione, fà apparire gli oggetti vi$ti per e$sa più grandi, più vicini, e più alti. Quando que$t’aria fo$$e più con$tipata dell’altra, dourebbono tutti que$ti effetti e$$er molto di- uer$i in e$$a, che nell’altra vicina; perche la con$tipatione $arebbe molto notabile, mentre fo$$e $ufficiente à render la diuer$ità d’vn’oncia e @ nel va$o, di pe$o.

Secondariamente ècerti$$imo che il mezo impedi$ce il moto, e quanto è più den$o, più impedi$ce. Onde facendo qualche e$- perienza di moto nell’aria @mbiente, e nell’altra, $i proua- rebbe gran differenza. E benche $i po$$ino pen$ar varii mo- di d’e$permentar ciò, io $cieglierei vn pendolo, e l’eleuarei nell’vna, & altra aria alli medemi gradi, e notarei la gran- dezza, e numero delle vibrationi. Certo che nell’aria più den$a la decima vibratione, per e$sempio, non portarebbe il mobile tant’alto, quanto la decima nella più rara; ne il nu- mero delle vibrationi $ino alla quiete nella più den$a; $areb- be tanto quanto nella più rara. Altre e$perienze $i potreb. bero fare per decider que$ta controner$ia; mà ba$tino que- fte le quali $e bene io non hò fatto, $ono però di parere, che riu$cirebbero sfauorabili al Sig. Deu$ingio.

Mà in que$to punto mi na$ce curio$ità di $a pere di che o- pinione $ia il P. Scotti; $e facia alcun rifle$$o $opra que$te dottrine del Signor Deu$ingio, e $e l’approui, ò rifiuti.

_Conte_. E d’opinione totalmente contraria. Dice hauer prouato nelli $uoi _Ioco$er{ij}s cent. 3. prop. 66. §. 3. Aerem intra aerem gra-_ _uitare, $i va$i includatur, & à reliquo aere circum$tante di$conti-_ _nuetur_.

_Matem_. Se lui intende, che l’aria pe$i nell’aria $olamente quan- do è rachiu$a nel va$o, e $eparata dall’altra, non mi pare che intenda bene; perche io credo, ch’in tutti li modi pe$i, anco quando è libera, e me$colata con l’altra.

_Conte_. V’aggiunge di più vna conditione. _Dummodo aer inclusus_ _va$i, & aer circum$tans in quo $it ponderatio $int eiu$dem den$itatis_ _aut raritatis_.

_Matem_. Que$ta cautela non mi par molto propria. Io $timo, che l’aria tanto nel va$o, quanto fuori d’e$$o, tanto più den- DIALOGO $a, quanto più rara, po$ta nell’altr’aria $empre pe$i. Se fuori del va$o, e più den$a, di$cenderà $otto la meno den$a: $e meno den$a, hauerà il $uo momento, ma $uperato que$to da quello della più den$a, $irà $pinta all’insù Se rachiu$a nel va$o, e $arà più den$a, tutto il compo$to di$cenderà più fa- cilmente. Se meno den$a, di$cenderà più difficilmente a proportione della minor den$ità.

Conte. _Segue à dire_. Probauimus id à paritate ex aquis de$umpta: ta- met$i enim aqua intra aqvam non grauitat, nec partes $uperiores premant inferiores $ibi $ubiectas vt probauimus fusè in Magia part. 3. Libro 5. Sintag. 2. Erot. 3. tamet$i va$i includatur pars aquæ, h{ae}c grauitat intra aliam eiusdem rationis aquam.

_Matem_. Che le parti $uperiori dell’ acqua non premino l’infe- riori, io lo tengo per fal$i$$imo, come dirò particolarmence a $uo luogo, per non interrom pere hora il filo delli no$tri di- $cor$i. Co$i $timo anco falso che l’acqua nell’acqua non gra- uiti, quando è libera, e me$colata con l’altra, come già hab- biamo detto. Che po<007> l’acqua rachiu$a nel va$o grauiti, io lo tengo per più che certo.

_Ofred_. Si potrebbe fare qualch’e$perienza, mediante la quale $i pote$$e mo$trare, che l’acqua me$colata con l’acqua pe- $a$$e?

_Matem_. Dell’acqua me$colata con l’acqua in parte, credo che $i po$$i fare, ma della me$colatain tutto a me non ne $ouuiene alcuna, mà della me$colata in parte, ne portarò vn paro, la prima delle quali dimo$trarà, ò che anco que$ta pe$i, ò che non pe$i la totalmente $eparata. Prenda$i vn va$o di mate- ria più graue in $pecie a$$ai più dell’acqua, il quale habbia vn coperchio, che $e po$$i chiuder ben<007>$$imo, $i che chiu$o, nulla vi po$$i entrare, almeno non acqua; $e gl’alzi il coper- chio, e s’impedi$ca che non lo po$$i chiudere; poi sommer. ga$i il va$o totalmente nell’acqua: l’acqua, che riempirà il va$o, $arà in parte $continuata dall’altra, in parte nò Si pe$i il va$o co$i po$to entro l’acqua, e $e noti il pe$o: poi il me- demo va$o pur pieno d’acqua s’otturi beni$$imo, e $i torni a pe$are nell’ acqua; in que$to modo l’acqua rachiu$a $arà totalmente $e parata dall’altra. Io tengo di certo che in tut- ti doi li modi $i ritrouarà il medemo pe$o. Adunque ò non TRIMO. pe$a la $eparata totalmente, ò pe$a anco quella in parte cõ- tinua.

L’altra e$perienza è tale, che con e$$a $i potrà render ra- gione di due e$$etti, che po$$ono $uccedere cotidianamente. Si prenda vn corpo duro galleggiante, e $i collochi nell’ac- qua, nella quale naturalmentes’immergerà $ino ad vn cer- to $egno; $i procuri cacciarlo $otto acqua maggiormente; quanto più s’immergerà $ino alla total immer$ione, $e $i te- nirà co$i fermo, tanto maggio, fatica $i farà, e $i prouar@ maggior forza fatta per ri$$alire. Ma pa$$ata la total immer- $ione, $i $pinga $otto quanto $i vuole, e $i fermi in qual $i $ia luogo, $empre $i farà la medema fatica. Al contrario $i pi- gli vn bicchiere, ò va$o, e con la bocca in giù così pieno d’- aria $i procuri $pingerlo $otto acqua, come s’è detto del gal- leggiante; nel principio $i prouarà vna tal difficoltà, che an- derà cre$cendo $ino alla total immer$ione, la quale pa$$ata andarà $ucce$$iuamente più $cemando, $econdo che il bic- chiere s’andarà più $ommergendo.

_Ofred_. Sono que$ti certamente due effetti molto volgari;ma io così improui$a mente non $aprei rintraciarne le cagioni.

_Matem_. Procurarò indagarle io. E prima per inue$tigar quella della difficoltà, che $empre $i proua maggiore, quanto più $i procura immerger il galleggiante $ino alla total immer- $ione, &c. mi dica Signor Ofredi; $e V. S. vorrà alzar, e te- ner $o$pe$a, vna mole d’acqua, non farà vna tal fatica, la quale anco andarà $empre più cre$cendo, quanto più gran- de $arà la mole d’alzar$i, e quanto fo$$e più graue?

_Ofred_. Certo sì.

_Matem_. Adunque s’immagini V. S. che que$ta $ia la maggior difficoltà d immerger il galleggiante. Collocato que$to nel- l’acqua, s’immerge quanto comporta il $uo momento a, pareggiare quello dell’acqua, che $i alza, e con la $ua graui- tà contra$ta con la parte d’acqua già alzata per que$ta $ua, immer$ione; ne noi $entiamo il pe$o di que$ta: ma quando lo $pingiamo $otto, faciamo $alire vna tal quantità d’acqua, la quale alzando noi, $entiamo il $uo pe$o, il quale poi tan- to più cre$ce, quanto più s’immerge il galleggiante, $ino al- la total immer$ione; quale $uperata $i $ente $empre il mede- DIALOGO mo pe$o, perche $empre $i $o$tiene alzata la medema quan- tità d’acqua, che procura di$cendere.

_Ofred_. In gratia dichiarimeglio que$te dottrine.

_Matem_. Il galleggiante BHND, $ia collocato nell’acqua, nella quale s’immerga da sè con la parte IHNK; è mamfe$to che, nel va$o AGPD, hauerà fatto alzar l’acqua $opra <007>l $uo na- turale liuello. Spingiamolo noi $ino che $ia totalmente im- mer$o, di modo che l’acqua $ia alzata $ino all’ AB; e mani- fe$to pure che l’acqua $e $arà $empre andata più e più alzan- do, e noi faremo $empre maggior fatica dal principio $ino alla total immer$ione. Seguitiamo a $p<007>ngerlo $ino al $ito v. g. HLON: $econdo che lo $pingeremo più $otto, andarà alzando $ucce$$iuamente altra acqua la quale andarà a ri\~e- pire lo $pat<007>o BHND la$ciato da e$$o la quale hauerà il me- demo liuello ABD. Onde $e bene và $empre alzando nuoua acqua, non però $opra <007>l liuello di quella, che haueua alzata nel $ito BHND, quando era totalmente immer$o;ne di que- $ta $entiamo il pe$o, perche e$$a preme $opra il galleggiante. PRIMO. Co$i $pinto in L M P O, l’acqua alzata hauerà riempito lo $patio HLON, ma non heuerà pa$$ato il medemo liuel- lo A B D. L’acqua adunque alzata $e bene è $empre nuoua, nulladimeno è $empre al medemo liuello, el’alzata dopò la total’immer$ione preme $opra il galleggiante. Che mera- uiglia adunque $e $empre $e facia la medema fatica?

_Ofred_. Io haurei creduto che nel $ito HLON, face$$imo la fati- ca corri$pondente all’acqua AFLB; e nel $ito LMPO, all’ac- qua AGMB, la quale acqua procura di$cendere.

_Matem_. Non Signore; perche nel $ito HLON, all’acqua AFLB, corri$ponde tutto il BLOD, che pure naturalmente vuol di$cendere; e perche l’acque AEHB, BHND, $ono eguali, hanno ancoeguali conati al di$cendere; onde chi$pinge nõ $ente in conto alcuno il conato dell’ AEHB, come $e non vi fo$$e, ma $olo l’ecce$so della grauità dell’ acqua EFLH, $opra la grauità del galleggiante HLON. L’i$te$$o $uccede- rà nel $ito LMPO, che liconati dell’acque AFLB, BLOD, $aranno eguali.

_Ofred_. Certo che que$ta, e non altra è la cau$a di que$to effetto; poiche anco quando cacciamo vna mano $otto acqua, $en- tiamo vncerto pe$o, e prouiamo vna certa fatica; il qual pe$o, nonè altro, che quello dell’acqua $olleuara, & alza- ta, che fa forza per tornar nel $uo luogo primiero.

_Matem_. Già che V. S. ha toccato la fatica, che prouiamo nell’- immerger la mano, auerta, che alcuno potrebbe ingannar$i nel fare le $opradette e$perienze, $pingendo in giù il galleg- giante con il braccio; perche quanto più lo $pingiamo $ot- to, tanto maggior quantità delbraccio $i profonda, che fà anco $alire maggior quantità d’acqua, il cui pe$o pure bi$o- gna, che $entiamo. Bi$ogna adunque che $i $eruiamo a $pin- gere dico$a co$i $ottile, che immergendo$i, poco facia $ali- re l’acqua; e che quel poco non $ia da noi tra$curato.

_Ofred_. Hò inte$o. Andiamo al bicchiere, ò va$o, nel quale certo b<007>$ognarà o$$eruare la medema cautela.

_Matem_ Quando adunque collochiamo nell’acqua il bicchiere pieno d’aria, pur que$to s’immerge quanto comporta l’ag- gregato della $ua grauità, e di quella dell’aria, che contiene, e fa $alire l’acqua proportionata. Quando poilo $pingiamo, DIALOGO pur fa $alire maggior quantità d’acqua, il cui pe$o $entiamo $ino alla total immer$ione; ma perche que$ta $uperata, l’ac- qua $alendo, e fuori, e dentro il bicchiere, incontra l’aria del bicchiere che li cede, e che $i conden$a, perciò $cema la fatica; poiche l’acqua, ch’entra nel bicchiere, $erue a fargli acqui$tar maggior momento; perche in que$to modo $i po- ne nell’acqua non più vna mole d’aria, e di vetro, ma vna mole d’acqua, d’aria, e di vetro. E perche quanto più $i $pinge il bicchiere $ott’acqua, più que$t’aria $i con$tipa $in ad vn certo $egno, quindi è che $i fa tanto minor fatica, cre- $cendo il momento del bicchiere. Auerta$$i però, che nel principio I’aria $i con$tipa pochi$$imo, ma più quanto più s’immerge.

L’acqua adunque, la qual entra nel bicchiere li fa acqui$tar maggior momento. Ma que$ta non è in parte congionta conl’altra? Ecco adunque, che l’acqua nell’acqua congion- ta con e$$a in parte, grauita.

_Ofred_. Io credo che V. S. sbagli di gran lunga, perche anch’io hò letto que$ta e$perienza nelli Dialogi Fi$ici contro il mo- to della Terra dell’in$igne Geometra, e diligente Filo$ofo P. Honorato Fabri Ge$uita, il quale dice $ucceder in pratica tutto il contralio.

_Matem_. Ade$$o cercarò que$to Libro, e vedremo quello, che dice. Eccolo, Ritroui que$to luogo.

Ofred. _Hor hora. Ecco che nel_ Dialogo 3-pag. 95. dice. sit v. g. scy- pbus vacuus $ecundum perpendiculum in acquam immer$us, ore pre- uio, ita vt nihil pror$us aeris ante in $cypho contenti auolare po$$it; baud dubie, quo profundius immergitur, maior vis $ur$um illum ex- trudens ip$o tactu $entitur; nempe totus aquæ $uperpo$itæ cylindrus, cuius ba$is ori va$is, $eu $cyphi circiter æqualis est, in aera $cypho contentum grauitat, magis autem, cylindrus altior.

_Cont_. Non sò $e da que$te parole $e po$$i dedure che intenda del bicchiere immer$o $ino alla total immer$ione, o dopò.

Ofred. _Fa che Ago$tino vno delli interlocutori, $oggiunga_. Igitur $iprædictus $cyphus aquæ immergatur, vt primum vno palmo à $uprema $uperficie aqu{ae} di$tet, ac aeinde profundius immegatur, ita vt di$tet ab eadem $uper$icie duobus palmis, dupla tunc erit vis grauitationis.

PRIMO.

_Matem_. Io non voglio inue$tigarein che $en$o habbia parlato ilP. Fabri. Sò bene, che hauendo io immer$o più volte, ebic- chieri, e altri va$i, non hò e$perimentato dopò la total im- mer$ione, maggiori conati a ri$alire, ma bene mi $ono par- $i minori, $e bene molto poco, perche molto poco, in poca di$ce$a, e in va$i piccioli, in poca quantità, l’aria $i con$tipa; e poca è l’acqua che entra nel va$o. Ma però chi diligente- mente tentara que$t’ e$perienza, $i potrà render certo di que$ta curio$ità.

Prenda $i vn va$o grande di vetro, piombo ò altra materia, & acciò di$cenda, $e gl’attacchi dalla parte della bocca pe$o a $ufficienza, e dalla parte di $opra $i leghi con funicella fatta di$etole di cauallo, le quali per e$$er ord<007>nariamente della medema grauità in $pecie in circa con l’acqua comune, s’adoprano comunemente da quelli, che pe$ano le co$e graui nell’acqua, perche quella quantità d’e$$e, che $e im- merge, non altera la grauità della co$a pe$ata; poi $e fa- cia di$cendere con la bocca all’ingiù in vn’ acqua a$$ai pro- fonda, come $arebbe in vn pozzo, $ino che $ia totalmente immer$o, Fatto que$to s’attacchi ad vna $tadera, ò bilan- cia, come $i $uol fare, e $i noti il $uo pe$o, che $arà quanto importa tutto il va$o con l’aria, pc$i attaccati, e funicella, che $arà $opra I’acqua, hauendo anco riguardo alla d<007>fferen- za, che pote$$e cagionare la parte della funicella, che s’im- merge$$e, quando que$ta non fo$$e preci$amente della me- dema grauità $pec<007>fica dell’acqua. Fatto que$to pe$o, $i la$ci di$cendere il va$o più, e più nell’acqua quanto $i vuole; poi- che $e $aranno certe le no$tre dottrine, quanto più $arà di- $ce$o nell’acqua, $e $i ripe$arà con li predetti riguardi, e cau- tele, $empre più $i trouarà maggior pe$o. Perche entrando nel va$o maggior quantità d’ acqua, quanto più il va$o di- $cende, que$ta li farà anco acqui$tar maggior momento. Se adunque più profondato il va$o ha $empre maggior mo- mento, chi in quel luogo li leua$$e li pe$i attaccat<007>, mentre que$ti in tutti li luoghi hanno nell’acqua il medemo mo- mento, re$tarebbe il va$o con l’aria con maggior momento. Onde ch@lo tene$$e acciò non ri$ali$ce $pinto insu dall’ac- qua, farebbe minor fatica; c tanto più m<007>nore, quanto più DIALOGO il va$o fo$$e profondato. Molto però habbiamo digredito. Ritorniamo onde habbiamo la$ciato.

_Conte_. Io adunque in quel propo$ito direi così. Non sò vedere perche vna co$a più leggiera in $pecie dell’ acqua, habbia in e$$a à grauitare, e nõ vna tanto graue in $pecie quanto è e$$a, qual’e la medema acqua.

_Ofred_. Pare certo irragioneuole. Ma qual’è que$ta co$a?

_Conte_. Que$t’è l’aria. Et il modo d’e$perimentar ciò ne $ara $ommini$trato dal recipiente del Signor Gerickio. Pren- da$i que$to, e prima d’euacuarlo $i $ommerga totalmente nell’acqua; $e non ba$ta il $uo pe$o, aggiungendone a $uffi- cienza; poi $i pe$i così nell’acqua ogni co$a. Cauato dall’- acqua $i leui l’aria, come $ogliono praticare, e $i torni a $om- mergere nell’acqua, e ripe$are. Io $ono $icuri$$imo. che $i trouarà pe$ar meno que$ta $ecõda volta della prima oncie 1. {3/10}. E la ragione è que$ta. In tutte due l’immer$ioni l’acqua cacciata, & alzata è $empre la medema e$$endo anco la me- dema la mole del va$o. E perche il va$o nell’acqua è tanto meno graue, quanto pe$a vna mole d’acqua ad e$$o eguale; e la prima volta $i faceua la $ottratione da vn compo$to di vetro, & aria con li pe$i attaccati, e la $econda da vn compo- $to di que$ti, e d’etere, ò di vacuo; $arà più leggiero la $e- conda volta, che la prima. Adunque con que$t’e$perienza $i prouarà euidentemente, che l’aria rachiu$a nel va$o, e pe- $i nell’acqua, e quanto. Se adunque l’aria nell’acqua più graue d’e$$a, grauita, perche non douerà grauitare nell’a- ria medema più leggiera dell’acqua? Perche l’acqua più graue dell’ aria non douerà grauitare nella medema ac- qua?

Quanto habbiamo detto dell’aria ri$petto all’acqua, potre$$i- mo d<007>re v. g. dell’acqua dolce ri$petto della $al$a. Se il va$o prima ripieno d’acqua dolce beni$$imo otturato, e poi ripie- no d’aria. pur beni$$imo otturato, $i pe$ara nella $al$a certo che la differenza $ara quanto pe$a più l’acqua dolce nella $al$a, di quello pe$i l’aria. Se adunque que$ta pe$a nella $al- $a, perche non pe$arà nella dolce?

_Ofred_. Quando $uccede$$ero in pratica, mi paiono e$perienze PRIMO. molto conuincenti, e proprie. Qui certo non vi$arebbe la maggior con$tipatione, alla quale pote$$e ricorrere il Sig. Deu$ingio.

_Conte_. Manon $olo coll’immerger$i totalmente il va$o, ò reci- piente $i potrebbe cono$cere il pe$o dell’aria nell’acqua, ma anco con il ponerlo $implicemente in e$$a à galleggiare. Già habbiamo per la citata _prop. 5. d’ Archimede_, che vna co$a più leggiera dell’humido, po$ta in quello, s’immerge $ino che tant’humido quant’è la parte immer$a pe$i come tutto quel corpo. Hora po$to il recipiente pieno d’aria nell’acqua, si immergerà $ino ad’vn certo $egno. S’euacui, e $i reponghi nell’acqua. Io $ono $icuri$$imo, che non s’immergerà tan- to quanto prima, ma vn poco meno: e quel meno diligen- temente o$$eruato, darà a cono$cere il pe$o dell’aria e$trat- ta, e che que$ta grauita$$e nell’acqua.

_Matem_. Che que$te e$perienze doue$$ero $uccedere in pratica, io non ne hò du- bio alcuno. Ma lei Sig. Ofredi, $e per $orte n’ha qualche $crupolo, apra l’eru- diti$$imo Libro _de Compo. & Re$ol. Ma-_ _tem_. del nobili$$imo Signor Carlo Ri- naldini no$tro comune amico, Geome- tra in$igne, e Filo$ofo Primario di que- $to Studio, & alla _pagina_ 179. ritrouarà vn e$perienza da e$$o fatta più volte, come mi ha detto a bocca, che io bre- uemente le de$criuerò. ABC, è vn’ am. polla di vetro con il $uo collo a$$ai più lungo d’vn braccio, & vn quarto, la quale riempita d’argento viuo, & ot. turata la bocca A con il dito, s’im- merge in vn va$o pieno di detto arg\~e- to: leuando poi il dito, l’argento viuo di$cenderà $ino all’F, di modo che A F, $ia vn braccio. & vn quarto, come $up põgo e$$er noto a V. S. per la tãto fa. mo$a e$peri\~eza del tubo Torricellia- no. Fatto ciò, la medema bocca A, co$i immer$a s’otturi, e leghi beni$$imo cõ _DIALOGO_ vna, ò più membrane di ve$cica di Porco; dimodo che leua- ta l’ampolla dall’argento nõ li po$$i entrarl’aria. Poi $e pon- ghi que$t’ampolla nell’acqua, alla quale per e$$er più graue in $pecie d’e$$a acqua, $e gl’attacchi vna, ò più ve$ciche, acciò non $i $ommerga totalmente, ma galleggi con la particella v. g. AE, che $e noti e$qui$itamente. Poi con vn $tilletto $i fori d<007>lig\~etemente la ve$cica A, $i che per il buccolino fatto entri l’aria. Si vedrà di$cender più, l’ampolla, v. g. $ino al K, La parte KE, dimo$trerà il pe$o dell’aria, che $arà entrata nell’ampolla.

_Ofred_. O che bella e$perienza! Ma il Gallileo è d’opinione in quel $uo ammirabile trattato delli galleggianti, che l’aria nell’acqua non grauitiin conto alcuno. Onde $e V.S. dice de sì, contraria certo alla $ua dottrina.

_Matem_. Io $timo che l’aria pe$i nell’ a cqua, perche io la tengo per corpo graue, come pure è reputata dal Galileo mede- mo; onde e$$endo tale, deue grauitare da per tutto. Ma il Galileo porta ragione, ò e$perienza alcuna che l’aria nell’ac- qua non grauiti?

_Ofred_. Nò Sig. Solo lo $uppone come co$a nota, è triuiali$$ima _a carte_ 42. oue ricerca che gro$$ezza puole hauere vna lami- netta di qual $i $ia materia più graue in $pecie dell’ acqua. acciò collocata leggiermente $opra e$$a non s’immerga, di- ce, che la laminetta IS, nel $uo $chema, entra nell’ acqua, che $e gl’alza $opra facendo li arginetti BC, AI, li quali con- tengono vna fo$$arella piena d’aria, della quale, e della lami- netta $i fà vn prilma AS. Hora dice che que$t’ aggregato, il quale hà tanto momento, quant’è quello d’vna mole d’ac- qua ad e$$o eguale, ha tanta grauità, quanta è quella della $ola laminetta IS, _auuenga che_, dice egli, _la mole dell’ aria AC_, _non cresca, ò diminui$ca la grauità della mole IS._ Il medemo da e$$o viene a$$unto come co$a nota nella Propo$it. generale, che $egue _à carte_ 43. Onde $e que$ti $uppo$ti non $ono veri, anco le dette propo$itioni $aranno mancheuoli.

_Matem_. Certoche e$$endo co$i, comerealmente è, e que$ta, & altre $ue propo$itioni, nelle quali $uppone que$ta co$a, $a- ranno difetto$e in rigor geometrico; poiche in realtà, AS, è vn’aggregato di due corpigraui; e co$i l’acqua eguale al _PRIMO_ pri$ma AS, deue pe$are quanto pe$ano tutte due a$$iemc. Nè il modo di ritrouare l’altezza delli arginetti BC, AI, $arà totalmente quello, che in$egna il Galileo.

_Ofred. Quod parum di$tat nibil di$tare videtur,_ e _parum pro nibilo repu-_ _tatur_. Onde anco quando vi $ia qualche varieta, que$ta $arà tanto poca, che nulla più; poiche quanto può pe$are vn po- chino d’aria, quant’è il pri$ma AC?

_Matem_. Pochi$$imo certo. Nulladimeno Signor Ofredi potria e$$ere, che in pratica s’e$perimenta$$e, che la natura non. $prezza$$e que$to poco pe$o, e che Paria AC, in fatti graui- ta$$e, & il modo è que$to. Si prenda la laminetta SI, di mate- ria, la quale non $i po$$a inzuppare, come $arebbe argento, oro, &c. e $ia la ma$$ima, $i che niente più gro$$a, $i profon- da$$e, e $i collochi nell’acqua. E manife$to, che $e l’aria non aggiunge pe$o, come dice il Galileo, anco quando s’al- tera$$e, facendo$i più den$a, ò più rara, non per que$to la la- minetta farebbe mutation alcuna quanto al di$cendere. Ma $e l’aria AC, in fatti grauita, ogni volta che con qualche ar- tificio $i farà più den$a, & in con$eguenza più graue, la lami- netta SI, $ubito di$cenderà; perche all’hora A S, $arà più graue in $pecie di altretant’acqua. Ma che, che $ucceda di que$ta e$perienza, io giudico che a$solutamente non $olo l’acqua, ma anco l’aria grauiti nella medema acqua. E tanto tenirò fermamente, $ino che $enti qualche ragione in con- trario, che mi conuinca.

_Ofred_. V.S. a$petti, che hora mi $ouienne d’vn’altro luogo del _DIALOGO_ Galileo in $imil propo$ito, nel quale anco a$$egna certa ra- gione. La$cino ch’io lo cerchi. Eccolo _à carte 34. de medemi_ _gallegianti. Il dir poi, dice egli, che l’acqua po$$i accre$cer pe$o alle_ _co$e, ch’in e$$a s{ij}no collocate è fal$i$$imo, perche l’acqua nell’ acqua_ _non bà grauità veruna, poiche ella non vidi$cende_. Ecco adunque la cagione: non di$cende, adunque non ha grauità.

_Conte_. Caro Sig. Ofredi mi facia vn fauore; s’al zi da que$ta $edia, $opra la quale $iede, e vadi poner$i a $edere $opra quel tauo- lino, $opra il quale vi $ono quelli tomi dell’ Atlante.

_Ofred_. Io non la $eruirò già in que$to, perche io non la voglio far ridere con la mia caduta, a ri$chio anco di rompermi il collo, ouero almeno di $troppiarmi.

_Conte_. Non vi è pericolo. Di che teme?

_Ofred_. V. S. hà volontà di burlare. Mò non vede li piedi $ottili del tauolino, l<007> quali appena po$$ono $o$tenere il pe$o delli Libri, che vi $ono $opra? Che $arà quando v’aggiunga quel. Io del mio corpo, che non è così picciolo?

_Conte_. Non temi di que$to, perche li Libri iui non pe$ano.

_Ofred_. Come non pe$ano? Sò che pe$ano beni$$imo.

_Conte_. Non pe$ano certo, s’è vera la con$eguenza, non di$cen- dono, adunque non pe$ano.

_Ofred_. Intendo. Vuol dir V. S. che $i come pe$ano, $e bene non di$cendono impediti dal tauolino, così anco l’acqua, e l’aria po$$ono pe$are, e in que$ta, e in quella, $e bene non di$cendo- no, impedite dal momento di quella, che con la loro di$ce- $a dourebbero cacciare dal proprio luogo. Ma la$ciamo pa$- $are que$ta con$eguenza, e vediamo quello che il Galileo $oggiunge in confermatione di ciò, _Anzi,_ dice egli. _$e vorremo_ _ben con$iderare quello, che facia qualunque immen$a mole d’acqua,_ _che $ia $oprapo$ta ad vn corpo graue, che in quella $ia locato, troua-_ _vemo per e$perienza, ch’ella per l’oppo$ito, più to $to gli diminui$$e in_ _gran parte il pe$o, e che noi potremo $oleuar tal pietra graui$$ima dal_ _fondo dell’ aqua, che rimo$$a l’acqua non la potremo altrimente alza_. _re._ Que$te dottrine $ono veri$$ime; onde bi$ogna dire, che anco $ia vero, che l’acqua, e molto meno l’aria nell’acqua non grauitino.

_Matem_. Io non m’arrogo di decidere, e determinare $opra la ve. rità, ò fal$ità di que$te dottrine: bene io direi così. Quando _TRIMO_ il $olido è po$to $olo nell’acqua, all’hora que$ta non v’ag. giunge pe$o. Ma quando $i pone nell’acqua congionto con dell’acqua, ò aria, di modo che quello, chè po$to nell’acqua $ia vn compo$to della materia del $olido, e ò acqua, ò aria, all’hora que$te aggiũgono grauità;non già che quella mate- ria del $olido $ia fatta più graue di quello, che era prima; ma perche l’aggregato, che $i pone nell’acqua, contiene, e il pe- $o del $olido, e quello dell’acqua, ò aria, che pure pe$ano.

_Ofred_. Io non capi$co molto chiaramente que$ti $uoi detti.

_Matem_. Io mi dichiarerò con e$empi. Prendiamo vn pezzo di oro, e faciamone vna sfera, ò altro corpo, che non habbia cauità all’hora que$to $olido $e collocherà nell’acqua $olo; & in que$to modo $e pe$a$se in aria l<007>bre 100. e tant’acqua, quanta è e$$o ne pe$a$$e 5. $e lo ripe$a$$imo nell’ acqua, tro- uare$$imo il $uo pe$o di l<007>bre 95. Si riduca l’oro in va$o, e riē- pito d’ac qua $i pe$i in aria, pe$arà certo più di l<007>bre 100. Pe$i libre 102. $e riponghi nell’acqua; tanto, e tanto trouaremo il $uo pe$o di libre 95. Ma la mole dell’acqua, che $i parago- na con l’aggregato <007>n e$$a collocato, non è p<007>ù tanta $ola- mente, quant’era la materia del va$o; ma tanta quant’è tut- to l’aggregato, che $i pone nell’acqua; e leua da tutto tanto pe$o, quant’è e$$a, cioè libre 7. Hora $e l’acqua nell’acqua non pe$a$$e, come trouare$$imo il medemo pe$o di libre 95? Non trouare$$imo che 93. Ma pa$$iamo più oltre. Il mede- mo va$o pieno d’aria $i pe$i in e<007>sa, $i trouara pur il $uo pe$o e$ser libre 100. Habbia il $uo coperchio, che l’otturi e$qui- $itamente, e $i collochi que$t’aggregato entro l’acqua: e$- $endo que$ti maggior in mole, che non è il $olo oro, $e pa- ragonerà non più con acqua, che pe$i libre 5. $ole, come quando $i collocaua il $olo oro, ma con acqua che pe$i li- bre 7. per cagione che il vano del va$o’$i $uppone capace di doi Libre. Adunque il pe$o del va$o $i trouarà e$ser libre 93. Ma quando $i $ommergeua il va$o pieno d’ acqua, que$to pe$aua $olo l<007>bre 95. adunque que$te due l<007>bre $ono la diffe- renza del pe$o dell’acqua nell’acqua, $opra il pe$o dell’aria nell’acqua.

_Ofred_. Ma 10 non sò capirla. Sò pure per e$perienza, e lo toc- co con mano, che non po$$o alzar quella pietra, ma $e $arà _DIALOGO_ $ommer$a nell’acqua, l’alzarò con pochi$$ima fatica. Anzi V. S. dice, e confe$$a, che l’oro, che in aria pe$aua libre 100. in acqua ne pe$a $olo 95. E la _propo$. 7._ citata d’ Archimedc proua manife$tamente, che le co$e più graui dell’ humido, collocate in e$so, $ono più leggieri di quanto pe$a vna mole dell’humido eguale ad e$se. Adunque l’acqua leua il pe$o dalla co$a collocata in e$sa.

_Matem_. Se bene $ono certe l’e$perienze da lei portate, nulladi- meno è fal$i$$imo, che l’acqua, ò l hu nido leui a$soluta- mente il pe$o alla pietra, ò all’oro; $i che in realtà, e for- malmente pe$i meno in e$so, che fuori d’e$so. In gratia Sig. Ofredi mi facia vn fauore; alzi quella pietra.

_Ofred_. Ecco che la $eruo. Ma, oime, che gran fat<007>ca. lo la la$cio andare. Che diauolo de caprici vengono a V.S.? Ha for$e piacere ch’io m’habbi a $renare?

_Matem_ A$petti vn poco. La$ci che le ponghi le mani $otto. Fà più tanta fatica? Sente più tanto pe$o?

_Ofred_. Oime. Re$pira m<007>o core. Io hora facio a$$ai minor fatica.

_Matem_. Adunque ha per$o la pietra la primiera grauità?

_Ofred_. Non S<007>g. Ha la grauità medema, ma la fatica dell’a lzarla $e la $iamo partita V. S. e me. lo alzo di $opra, e V. S. $pin- ge di $otto.

_Matem_. Bene bene Signor Ofredi. Co$i camina il negotio della pietra nell’acqua Que$ta iui ha la medema grauità, che ha fuori; ma V.S non la $ente tutta, perche non è $olo nell al- zarla.

_Ofred_. E co$a è quello, che m’aiuta? E for$e qualche $pirito acqueo?

_Matem_. E tant’acqua in mole, quant’è la pietra, la quale caccia- ta da e$sa dal proprio luogo, fa forza per di$cender ad occu- parlo con vn tal momento, il quale $empre combatte con il momento della pietra, ch’è magg@ore d’e$so, pareggian- done tanta portione quant’è e$so. Onde V. S. nell’alzar la pietra non $ente, ne deue $uperare che l’ecce$so di que$to $opra quello, con qualche co$a altro.

_Ofred_. Q@@e$ta dottrina non mi di$piace. E parmi che da e$sa $i po$$i@@ferire, che $e altri vole$se alzar dall’ acqua vn corpo _TRIMO._ d’egual grauità in $pecie con e$sa, que$tinon face$se fatica alcuna, mentre il momento dell’acqua pareggiando quello del graue, non la$ciaria à chi alza$$e nell’acqua, occa$ione alcuna d’affaticare.

_Matem_. V. S. inferi$ce troppo. Altra forza vi vuole per tener vn pe$o, altra per alzarlo. Per tenerlo non vi vuole che tan- ta forza, quanto è il pe$o; mà per alzarlo, forza maggiore, e tanto maggiore, quanto più velocemente $i pretende al- zarlo. Per que$to hò detto di $opra, che V.S. nell’alzar la pictra nell’acqua deue $uperare l’ecce$$o del momento di que$ta, $opra quello dell’acqua, e qualche co$a altro.

Co$i adunque camina il negotio: nel tener la pietra $ommer$a nell’acqua, non vi vuole che tanta forza, quanto è l’ecce$$o del momento della pietra, $opra il momento dell’acqua. Nell’alzarla, più forza $econdo l’incremento della velocità. Nel tener co$a egualmente in $pecie graue con l’acqua. niuna forza. Nell’alzarla, pure qualche forza, $econdo la velocità.

Enoti V.S. che ciò è tanto vero, che anco po$ta nell’acqua per forza co$a, che naturalmente galleggi, la quale anco natu- ralmente $arà $pinta insù dal momento dell’acqua, chi vor- rà e$trarla con maggior velocità di quella, conla quale è $pinta in sù dal momento dell’acqua, dourà pure adoprar forza proportionata alla velocità. E ritornando al no$tro punto principale, diciamo pure, che la pietra nell’acqua nõ perde punto la $ua grauità; benche nell’e$trarla da e$$a altri non la $ente tutta, come $e l’alza$$e fuori d’e$$a; perche il mo mento del mezzo eguale alla co$a immer$a, combatte con quello di que$ta, ò pareggiandolo, ò $uperandolo $econdo il$uo ecce$so, ò almeno leuando da e$$o quant’è il $uo. Co$i nè l’acqua nell’acqua, nè l’aria nell’aria, ò nell’acqua, perde la $ua grauità.

_Ofred_. M’arricordo ch’intorno à que$ta materia fù detto qual- che co$a nelle _Quarte con$iderationi_, ri$pondendo a certe in- $tanze del dotti$$imo Signor Zerilli.

_Matem_. V.S. ha buona memoria: è veri$$imo. In gratia Signor Conte ritroui il _no$tro Dialogo $e$to_ ver$o il fine.

_Conte_. Ecco, che _à carte_ 40. $i recitano le parole del Signor Ze- _DIALOGO_ rilli, che dicono. _Se io porrò vna palla di legno à galleggiare nell_. _acqua certo è, che e$$a quiui per e$$er equilibrata non hauerà alcuna_ _grauità_. Co$i _à carte_ 41. $i recitano altre $ue parole, e$ono. _Due pe$i equilibrati in vna bilancia, e nei termini opposti d’vna_ _ruota di$te$a orizontalmente, e conuertibile intorno al $uo centro_ _non $olamente $ono priui di grauità, &c_.

_Mat_. Ri$ponde$$imo anco e$$er fal$i$$imo che li due pe$i equili- brati nella bilancia $iano priui di grauità, hauendo ambidue li loro momenti, con li quali operano, ma per e$$er que$ti eguali, non vi e$$ere cagione dimoto; che per altro chi al- za$$e la bilancia, $entiria beni$$imo il loro pe$o. Così il cor- po galleggiante non e$$er priuo di pe$o, benche priuo di mo- to: onde, chi pe$a$$e vn va$o d’acqua di pe$o di libre 10. e vi pone$$e vn galleggiante, che fuori d’e$sa pe$a$$e vna libra, e pe$a$$e tutt’a$$ieme, ritrouarebbe vn pe$o di libre 11. Non perdono adunque li corpi po$ti nell’acqua, ò $opra l’acqua la loro grauità a$$olutamente, mà $olo quanto al di$cendere attualmente. Così l’acqua, el’aria nelli $uoi $imili non per- dono la $ua grauità formalmente.

Caro Sig. Ofredi mi facia vna gratia: $pinga con vna mano in giù que$ta lance di quella bilancia, ch’io $pingerò giù l’al- tra.

_Ofred_. Io $pingo.

_Matem_. Pur io $pingo. Mà perche $tà in equilibrio?

_Ofred_. Bi$ogna dire che noi $pingiamo egualmente.

_Matem_. Tanto fanno li graui. Grauitano egualmente, perciò non ne $egue moto. Ma V.S. $pinga, ma non tanto quanto prima. Vede V.S. come la bilancia di$cende dalla mia parte? Non già perche lei non $pinga, ma perche $pingendo io più di lei, $econdo l’ecce$$o del mio $pingere $opra il $uo, facio $cender la mia lance, alla qual di$ce$a, bi$ogna che di nece$- $ità ne $egua l’a$ce$a della $ua.

_Ofred_. In tutto que$to di$cor$o hò o$seruato V.S. che $empre nell’e$plicare il moto all’insù delle co$e più leggieri, l’hà di- chiarato, qua$i che que$te $ijno $pinte in sù dalla $ce$a delle più graui; $iche al vedere V.S. camina con l’opinione di Pla- tone, e di quelli antichi. Ma que$ta non è co$a tanto deci$a, che lei l’habbi da prendere come co$a certa.

_TRIMO_.

_Matem_. Que$ta pul$ione è $tata confermata, e con ragioni, e con e$perienze tanto manife$te da tanti grand’huomini, ch’io di e$$a nieute dubito. Ne io per hora mi voglio affaticare a con- fermarla. Ma l’es\~ep<007>o $opra po$to della b<007>lancia mi pare, che molto manife$tamente dichiari, e dia a vedere come $egui- no que$t<007> moti. G@à V.S. $pingeua, ma per che io $pingeuo più di lei, d<007>nece$$ità facendo inclinar la mia lance, bi$o- gnaua che la $ua $ali$se. Tanto fanno le co$e graui; poiche e$sendo que$te collocate ò in libra artificiale, ò in libra na- turale, alla di$ce$a della più graue, è nece$sario che il meno graue a$cenda, $pinto in sù dal più graue. In $omma $e $i da- no co$e po$itiuamente leggieri, che que$te a$cendino per la leggierezza, non $i potrebbe certo negare; ma che co$e po- $itiuamente graui a$cendino da $e, per il de$iderio, che hab- bino di $tare $opra le più graui, non sò capirla;mentre elsen- do vero, chele più grauia ppeti$cono di $tar $otto le meno graui parmi che que$to ba$ti per far $alire le meno graui. Al- trimenti non sò come $i verifica$se l’a$$ioma, _Fru$tra fit per_ _plura, quod pote$t fieri per pauciora_. Il dir anco che la medema co$a habbia due facolta po$itiue, vna d’a$cendere $opra le più graui, l’altra di di$cendere $otto le meno graui, parmi pur contrarii$$imo alla buona Filo$ofia. E pur bi$ognareb- be confe$sarlo, mentre vediamo, che l’oglio comune, per e$\~e, pio, $ali$ce $opra l’acqua naturale, e di$cende $otto il $pirto di vino.

_Conte_. Se V.S. non vuole addurre alcuna dell’e$perienze, che prouano la pul$ione, ò e$tru$ione, io in gratia del Sig. Ofre- di non voglio mancare d’addurne vn paro, che ria$ciranno for$i nuoue, e a lei, & al Signor Ofredi, e$sendo $olo $tate prodotte dal Giornaliere di Venetia, e$ono del no$tro Sig- Rinaldini.

_Ofred_. Mò che for$e anco a Venetia hanno principiato a $criue- re l<007> au<007>$i Litterarij, all’v $anza di Francia, Inghilterra, Ro- ma, & altri luoghi?

_Conte_. Certo. Ho<007>a la prima e$perienza in $imil $oggetto è re- gi$trata $otto li 15. Marzo 1671 Così Pre$e il S<007>g. Rinaldi- ni vn cannello ch<007>u$o da vna parte, & aperto dall’altra, lun- go 4. bracc<007>a, e lo riempì di $pirto divino, ponendoli anco _DIALOGO_ vna balina, che galleggiaua e $erò la parte aperta con ve$ica d’animale beni$$imo ligata e volrato il cannello, numerò con il pendolo il tempo, che con$umò la balla a $alire, che furno zoo. vibrationi. Poi r<007>empì <007>l cannello d’acqua comu- ne e fatto il medemo come $opra, numerò pure le v<007>bratio- n<007> $pe$e a $alice, che furono $olo 100

_Matem_. Belli$$ima e$perienza, che mo$tra l’e$tru$ione, mentre la balla dal maggior momento dell’acqua comune è $pinta in sù più velocemente il doppio, che dal minor momento del $pirto di vino; douendo riu$cir l’oppo$to quando $ali$ce per leggierezza po$itiua, che più facilmente la condurebbe per il mezzo più tenue, che per <007>l più cra$$o.

Eperò ben vero che chitentara que$ta e$perienza, enon ado- perarà le medeme co$e à puntino adoperare dal Signor Ri- naldini, ritrouarà varietà prouen<007>ente da vno, ò più capi. Perche li pendoli variano le vibrationi conforme variano la lunghezza. Non tutte l’acque comuni, ne tutti li $pirti di vino hanno la medema grauità. Ne ogni galleggiante ha con e$$e acque la medema proportione. Sempre però s’e$- perimentarà che il galleggiante $a h<007>à in minor rempo per l’acqua comune, che per il $pirito di vino. Ma ven<007>amo all’- altra e$perienza.

_Conte_. Que$ta è regi$trata $otto il primo Maggio pa$$ato. Pre$e il va$o divetro A D, con il collo lungo $ufficiente à procu- rar il vuoto mediante l’argento viuo; la bocca D, era chiu- $a con ve$ica ligata come $opra, e l’im mer$e nel va$o EF, pieno d’argento viuo; poi per l’orificio A, calo nel va$o vn pezzetto di e$ca ligata con vn filo di bombace int<007>nto nel $olfo, ligato il tutto con vn fil di ferro, di modo che tocca$- $e il va$o <007>n O, come nella figura; poi riempì tutro AD d’- argento viuo, e con ve$ica di porco, e ligatura otturò $tret- tamente l’orificio A; poi forò la ve$ica D, $tante nell’ar- gento viuo, di modo che calò l’argento viuo $ino alla con- $neta altezza CI. Fatto que$to fece prendere la lucerna da lauorare i vetri, e con il $ofietto fece $ofiare di modo che la fiamma colp<007>$ce nell’O, cioè e$ca, e $olforini. Vide che il fumo dell’e$ca de$cendeua, e non a$cendeua, e li $olforini $i con$umauano $enza leuar $iãma. Aperto $ucce$$iuamente _TRIMO_ Porificio A, e vide il fumo, e fiamma $olleuar$i, & a$cende- re, certo non per altro, che per la e$pul$ione, che fece l’aria entrata.

_Ofred_. Belli$sime e$perienze, nulladimeno io circa que$ta e$tru- $ione hò vna gran difficoltà, la quale mi par in$olubile, $e vogliamo guardar all’effetto, che ne $egue; e la difficoltà la cagiona _la prop. 6 d’ Archimede de In$id. Hum_ che dice così. _Soli_- _da leuiora bumido vi pre$$a in humidum $ur$um feruntur tanta vi,_ _quanta humidum habens molem æqualem cum magnitudine e$t gra-_ _nius ip$a_. Adunque vn legno più leggiero dell’acqua po$to in c$$a, $alirà con tanto empito, quant’è l’ecce$$o della grauità d’vna mole d’acqua eguale allegno, $opra la grauità del me- _DIALOGO_ demo legno. Quando que$to legno fo$se $pinto in sù da que- $t’ecce$$o, ne $eguirebbe, che ò più fondo ò meno che fo$se $pinto que$to legno, $empre dourebbe a$cender con la me. dema velocità; perche e$sendo $empre il medemo ecce$so in tutti li luoghi, non può che operar nel medemo modo, _iux-_ _ta illud, Idem manens idem $emper facit idem._ E pure non è così, perche il legno $pinto poco $ott’acqua, a$cende con v<007><007>a tal velocità: più, con maggiore. La qual tanto più cre$ce quan- to più $i profonda. Il che manife$ta li sbalz<007> d<007>uer$i, che fà in maggior, o minor quantita fuori della medema acqua arri- uato alla $ua e$trem<007>tà. Bi$ogna adunque dire, che $ia por- tato in sù da vna $ua leggierezza, la quale facia nel $alire co- mela grauità nel di$cendere, cioè cheil $uo moto $ia a$cen- dendo più veloce in fine, che in pr<007>ncipio; e tanto più velo- ce, quanto più la via per la quale a$cende è lunga.

_Matem_ E que$ta Sig. Ofredi vi pare difficoltà tanto in$olubile? Io credo che $i po$$i $odisfar ad e$$a molto facilmcnte. E pri- mieramente io credo, che quell’a $$ioma da V S. rec<007>tato, che _idem &c._ pos$i riceuer molte mod<007>ficationi. Ma al no$tro propo$ito, vorrei, che V. S. midice$$e. Hà ma<007> o$$eruato quando alcuno $ona vna campana, ò pure quando l<007> fanciul- l<007> $i bi$colano?

_Ofred._ L’hò o$seruato certo.

_Matem_ Mi dica in gratia, come fà?

_Ofred_ Che $iamo diuentati fanciulli di badar à que$te bagat- telle?

_Matem_. Nò, nò, mi dica pure, perche da que$te bagattelle caua- remo dottrine for$e molto $erie.

_Ofred._ Già che vuol che dichi, dirò del bi$colare, e$$endo il me- democon <007>l $onare la cãpana. Vn fanciullo da vna $pinta all’ altro, che $ta $edendo $opra la corda pendente, e lo muoue. Poi repl<007>ca la $econda $pinta, e po<007> la terza, e co$i $ucce$$iua- mente; e quello, che $tà $edendo cõcep<007>$ce $empre maggior velocità, sìche poi con ogni picciol $p<007>nta $egue a muouer$i a$$ai velocemente. Anzi che ben $pe$$o ne meno $pingendo, il bi$colato $ali$ce molto alto.

_Matem_ Mà $e quello, che $pinge, $pinge$se $empre egualmente, co$a ne $eguirebbe?

PRIMO

_Ofred_. Corpo di me, andarebbe troppo alto, con pericolo di romperfi il collo.

_Matem._ Ma perche? Non $arebbero $empre $pinte eguali? Adũ- que douerebbero $empre cagionar il medemo moto.

_Ofred_. Certo che lo cagionano, ma il mobile non è $empre il medemo: perche la prima $pinta lo ritroua in quiete; la $e- conda lo ritroua già in moto; la terza più; e la quarta $em- pre più.

_Matem._ Tanto che Signor Ofredi altro è muouere con vna tal forza vn mobile, che $ia in quiete, altro che già $ia in moto. E quando que$to $ia in moto, la medema forza velocitarà più il $uo moto, che quando l'habb ia da rimuouer dalla. quiete. E quanto più lo ritrouarà muouer$i velocemente, tanto accre$cerà maggior velocità. Mò s'immagini che tan- to operi l'acqua nel cacciar sù il galleggiante in e$$a immer- $o per forza.

_Ofred_. Non sò ancora vederne il modo.

_Matem_. LMPO, $ia il galeggiante cacciato a forza nell'acqua, al quale $ia eguale l'acqua FGML. Que$ta ritrouandolo iui $enza moto, appetendo la di$ce$a a riempir il luogo occupa- to da e$$o, principia $pingerlo in sù con l'ecce$so del $uo momento $opra quello del galleggiante, il quale pure con l'in$ita grauità appeti$ce l'acco$tamento al centro? e $à for- za co'l $uo momento per non e$$er cacciato, ma bi$ogna, che ceda al maggiore. Salendo que$ti, ò per meglio dire, e$- $endo $pinto in sù, incontra pure in altra acqua, che fà for- za per di$cendere; come per e$empio $pinto in H L O N, ri- troua l'acqua EFLH, eguale alla prima, e che lo $pinge con momento eguale al primiero; ma con que$ta differenza, che il primo momento lo trouò in quiete, e que$to in mo- to, e così introduce maggior velocità. E così quanto più è $pinto in sù, $empre troua eguali momenti d' acque a e$so eguali, che lo $pingono con li loro ecce$$i in sù, ma $empre con maggior velocità, perche anco lo ritrouano in moto già con maggior velocità. Si che adunque e$$endo per e$- $empio tutto l'AGMB, che lo $pinge in sù $ucce$$iuamente, e $empre lo ritroua in moto più veloce, quanto più s'acco$ta alla $uper$icie ABD; chi non vede, che quanto maggiore _DIALOGO_ farà la profondità BM, tãto più nel fine $arà il moto veloce? E co$i $i faranno quelli sbalzi maggiori, e maggiori. Tutto que$to di$cor$o però $tà fondato $u’l $uppo$to chetutta l’ac- qua $ia della medema grauità.

_Ofred._ Se bene mi pare che V.S. poteua portar e$empij più pro- prij, come di chi tira, e $pinge la barca nell’acqua, ò $imili; nulladimeno que$ta ragione non mi di$piace, e la pul$ione m’è entrata vn poco più in gratia di quello che era. Come parimente io re$to $empre più capace, che le co$e graui $em- pre in tutti li luoghi, e mezzi e$ercitino la loro grauità for- malmente, $e bene poi impedite, non di$cendono.

_Conte._ Ma io direicosì. Se l’acqua nell’acqua non grauita, $i che vna portione d’e$sa po$ta in mezzo all’altra nõ pe$i, ò graui- ti, il medemo $i potrà dire dell’altre portioni. Adunque cõ- $tando tutta l’acqua di que$te portioni, e niuna d’e$se graui- tando, ne anco tutta l’acqua v.g. del canale, grauitarà $opra il fondo. Hora crede Sig. Ofredi che que$to $ia vero? Io non I’hò per così $emplice.

_PRIMO_

_Matem._ Io nonsõ tante co$e. Sò bene, che chi dice che le parti $uperiori dell’acqua, anco $tagnante, non grauitino $opra l’inferiori, contradice manife$ti$$imamente ad Archimede- Et acciò che que$to $i cono$ca, legga Signor Conte la $ua dimo$tratione della _citata Prop. 5. del Lib. I. de In$identibus bu_- _mido._

Conte. Di$ponantur (_dice egli_) eadem prioribus, & $it bumidum non. motum. Sit autem magnitudo E I. T H, leuior bumido. Si igitur bumi- dum e$t non motum, $imiliter prementur partes ip$ius ex xquo po$itæs $imiliter ergo premetur bumidum quod $uper$iciebus, quæ $ecundùm peripberias XO, P O. Quare æqualis est grauitas qua premitur.

_Matem._ Lo può dir più chiaro? Quando adunque l’humido è quieto, le Piramid<007> XKO, OKP $ono premute egualmente dalli fru$ti LXOM, MOPN. $eguiti Sig. Conte.

Conte. Est autem & bumidi grauitas, quod in prima piramide $ine, BHTG, $olido æqualis grauitati bumidi quod in altera piramiáe $ine RSCr, bumido: palàm igitur, quod grauitas magnitudinis EZTH, e$t æqualis grauitati bumidi RSCr.

_Matem._ Ma l’acqua RSCY, non è po$ta entro I’acqua? E pure $e- condo Archimede pe$a.

$ont. Manife $tum igitur, quod tanta moles bumidi, quanta est demer$a _DIALOGO_ pars $olid{ae} magnitudinis, babet grauitatem æqualem toti magnitu- dini.

_Matem._ Ecco adunque; che il galleggiante ET, po$to nell’acqua equ<007>l<007>brato, e qu<007>eto, non perde, $econdo Archimede, la $ua grauità. D<007> più notino, che que$to pe$are egualmente le grandezze, non viene con$iderato d’ Archimede fuori del luogo, oue $ono, cioè ò in aria, ò altroue; ma $olamen- te in quel preci$o luogo, che $ono, & in quanto $ono parti delle piramidi LKM, MKN. Di più notino, che non nomi- na ne grauità a$$oluta, ne altro.

_Conte._ Se le parti $uperiori dell’ acqua non grauita$$ero $opra l’inferiori, parmi che molto meno douerebbe grauitare $o- pra la medem’acqua vna co$a più leggiera d’e$$a. Ma que$ta grauita; adunque anco la medem’acqua. Mi dichiarò me- glio. Sia il $ettore FCL d’acqua, $opra il quale $ia l’oglio EFLH; que$to certo grauitarà $opra l’acqua. Hora chi $arà quelio, che credà, che $e in vece d’oglio $i pone$$e acqua, che que$ta non grauita$$e?

_Ofred._ Il punto $tà a dimo$trare, che l’oglio EFLH, grauiti $opra l’acqua.

_Conte._ Io credo che venga ciò dimo$trato da vn’effetto natu- rale, ch è que$to. Nell’acqua $ia po$to il galleggiãte HMPN; que$to s’immergerà in e$$a con la $ua parte LMPO, e nell’al- tro $ettore s’alzerà l’acqua FGML. Ma $e $opra infõderemo oglio, di modo che AFLB, e BHND, $iano ripieni d’oglio, all’hora il galleggiante non $tarà così, ma a$cenderà, di mo- do che la parte immer$a nell acqua $ia minore della prima. LMPO el’HLON, maggiore. E $e in vece d’oglio infonde$- $imo co$a più graue dell’oglio, ma più leggiera dell’ acqua, ancora il $olido HMPN, più galleggiarebbe nell’acqua; e $e meno graue più s’<007>mmergerebbe, In $omma $e $opra il gal- leggiante, e l’acqua v<007> fo$$e vacuo, la parte immer$a LMPO, $arebbe la ma$$ima. Se aria, vn poco meno. Se $pirto di vi- no a$$ai meno. Se oglio, ancora meno. E così a proportio- ne, $econdo che p<007>ù cre$cono in grauità le materie $opra po- $te. Sino però che non fo$$ero, ò egualmente graui, ò più graui in $pecie del galleggiante; perche nel primo ca$o, que- $to v$cirebbe totalmente dall’ acqua, e nel confine d’e$$a, e _PRIMO_. del corpo $oprapo$to $i fermarebbe con la $ua inferior $u- perficie, e tutto immer$o $tarebbe nel corpo $oprapo$to; e nel $econdo ca$o $allirebbe anco a galleggiar in e$$o.

_Ofred_. Que$t’è vn con$iderabile Fenomeno di natura; ma come V.S. vuole inferire che l’oglio, ò co$a più leggiera dell’acqua grauiti $opra e$$a?

_Conte_. Io di que$t’ effetto non $aprei a$$egnar altra cagione, $e non che quando $opra il gallegiante, e l’acqua vi fo$se va- cuo, tanto grauita$$e il galleggiante HMPN, quanto l’acqua FGML eguale alla parte immer$a. Ma quando $opra vi fo$- $e, ò oglio, ò altro fluido, tanto doue$$e grauitare il galleg- giante, quanto l’acqua FGML, eguale alla parte immer$a, in$ieme con il fluido EFLH, eguale alla parte fuori dell’ac- qua: onde $econdo la grauità dell’oglio, ò d’altro fluido $o- prapo$to, doue$se $cemar$i, ò cre$cer l’FGML. Ilche non $i fa, che $cendendo l’acqua, e $alendo il galleggiante. E parmi che la natura in$egni, che così, e non altrimenti po$$i e$se- re. Sia $opra l’acqua, & il galleggiante vacuo; tanto grauita- rà l’acqua FGML, quanto il galleggiante HMPN. Sopra l’- _DIALOGO_ acqua s’infondi l’oglio EFLH; pare ragioneuole, che que $tocon l’acqua FGML, debba più grauitare, che la $ola ac- qua FGML; & in con$eguenza, più che il galleggiante HM- PN. Onde lo farà $alire fino che li momenti s’equilibrino. In $omma l’effetto è certi$$imo. Ne io d’e$so $aprei a$segnar altra cau$a; che que$ta.

_Ofred_. Se così è, V. S. $arà dell’opinione del dotti$$imo Sig. Dona- to Ro$setti, il quale _nelle $ue dimo$trationi Fi$icomat. cart. 3_. dice. _Il concetto d’ Archimede, che il galleggiante $i $ommerga $ot_- _to il liuello dell’ acqua, fin tanto che vna mole d’acqua eguale alla_ _parte $ommer$a, pe$i a$$olutamente quanto tutto il galleggiante, è_ _fal$i$$imo_. E $egue a dire, che la $ua propo$itione è vera, quan- do $opra l’a cqua, e galleggiante vi è vacuo, ma non quando viè aria; perche all’hora quanto pe$a il galleggiante, tanto pe$a vna mole d’acqua eguale alla parte immer$a, in$ieme con vna mole d’aria eguale alla parte e$tante.

_Conte_. Io non voglio ricercare, che co$a intende$$e Archime- de. Sò bene che quanto dice il Signor Ro$$etti, mi par vero; e facilmente m’induco a credere, che Archimede alla gro$- $a camina$$e con I’opinione di quelli, che $timauano la no- $tra aria po$itinamente leggiera. Che per altro io $timo, che la grauita a$$oluta d’vn graue non $ia quella, che $entiamo nell’aria, ò in altro mezzo pieno, ma quella che $entire$$i- mo nel vuoto.

_Matem_. In gratia Sig. Conte non corra così precipito$o in con- dannar Archimede. Chisà, che di quel Fenomeno di natu- ra non $ia più to$to cau$a vna certa, per co$i dire, leggie- rezza, ò grauità minore e$sercitata nell’ acqua? Primiera- mente vorrei, che con$idera$$imo, che Archimede non no- mina mai grauità a$$oluta, ò altro, ma $olo, come $i vede manife$tamente dalla $ua propo$itione $oprapo$ta, con$ide- ra la grauità, ch’e$sercita il galleggiante, come immer$o nel- l’acqua, e nel modo che $ta. Secondariamente vorrei Signot Ofredi, che e$$a mi dice$se, $e e$s\~edo il galleggiante HMPN, immer$o con la parte LMPO, e $opra e$$o vi fo$$e vacuo, $e alcuno l’alza$$e dall’acqua, ma non totalmente, $i che la parte immer$a fo$se minore del LMPO, $e que$ti $enti$$e la grauità a$soluta del galleggiante, ò parte?

_PRIMO_.

_Ofred_. Io credo che ne $enti$se parte, e che l’altra $o$se con- trape$ata dalla parte dell’ acqua FGML, eguale alla parte $ommer$a.

_Matem_. In que$to ca$o non potre$$imo dire, che tanto grauita$- $e quella parte dell’acqua FGML, quanto nell’ acqua il gal- leggiante HMPN?

_Ofred_. Non voglio dire che ciò non $ia.

_Matem_. Mò s’imagini V. S. che il medemo, in certo modo, in- trauenga al galleggiante, quando $opra e$so $i pone, ò aria, ò oglio, ò altro fluido più leggiero d’e$$o, e dell’acqua. E per intelligenza di que$to, $upponga V. S. che il galleggiante $ia di materia egualmente graue in $pecie con l’oglio, che $up- poniamo $oprapo$to. Que$to grauitarà $opra l’acqua, mà in niun conto s’immergerà in e$$a, benche $ia di materla $oda (come s’immergerebbe altro galleggiante anco a$sai più leggiero in $pecie di quello, quando $opra e$$o non vi fo$$e oglio.) Hora io vorrei che V. S. mi dice$$e, perche non s’in<007>- merge il galleggiante punto nell’ acqua? For$e non gra- uita?

_DIALOGO_

_Ofred_. Grauita; ma e$$endo della medema grauità con I’oglio, que$to l’equilibra, & in vn certo modo, qua$i direi li leua la grauità: onde e $sendo li loro momenti eguali, ne l’vno, ne I’altro può $cendere, & e$sercitare l’effetto della grauità.

_Matem_. Bene, bene. Non $i può adunque dire con giu$ta verità, che il galleggiante è trattenuto dall’oglio, acciò non di$cen- da in conto alcuno nell’acqua? Non $i può dire veridicam\~e- te, che il galleggiante nulla grauiti entro l’acqua, quantun- que grauiti $opra e$sa?

_Ofred_. E bene co$a vuole inferire?

_Matem_. Hor hora lo $entirà. Con$ideriamo il galleggiante di- uenuto vn poco più graue in $pecie dell’oglio, e meno dell’- acqua, ma che vno lo tene$se, che grauità $entiria egli?

_Ofred_. Que$ti $econdo la più volte citata _propo$it. 7. d’ Archime-_ _de_ $entirà il $olo ecce$$o della grauità $ua, $opra quella della mole dell’oglio EGMH, ad e$so eguale, mentre nell’oglio è più leggiero di quanto pe$a que$ta mole d’oglio.

_Matem_. E $e lo la$ciarà, che $arà?

_Ofred_. S’immergerà v. g. con la parte LMPO.

_Mat_. Mà la parte HLON, non è immer$a nell’oglio, & in con- $eguenza non è re$a più leggiera?

_Ofred_. Non sò dire di nò,

_Matem_. Tanto adunque che in parte il galleggiante, accioche non di$cenda, e trattenuto dall’oglio, che lo fa più leggiero. Mà che altro lo trattiene?

_Ofred_. Direi che fo$se l’acqua FGML.

_Matem_. Ecco adunque Sig. Ofredi, che il momento del galleg- giante è pareggiato da due cau$e; dall’oglio che lo fa in par- te più leggiero, e dall’acqua FGML, che e$sendo eguale alla parte immer$a, pareggia il momento, che e$ercita il galleg- giante nell’acqua. Si che $empre è vero il concetto d’Archi- mede, che la mole d’acqua eguale alla parte immer$a, pa- reggia il momento, che e$ercita il gallegiante entro l’acqua. E perche quanto è più graue il fluido $oprapo$to, tanto più que$to rende leggiera la parte e$tante; quindi è, che il gal- leggiante $empre meno s’immerge, quanto più quel fluido è graue.

_Conte_. Non però la parte d’acqua eguale alla parte immer$a _PRIMO_. grauita a$$olutamente $empre quanto tutto il galleggiante; mà ben que$ta con vna mole di fluido $oprapo$ta eguale alla parte e$tante.

_Matem_. Q@e$t’è ben vero: ma non dobbiamo precipito$amente dire, che Archimede habbia inte$o così, mentre come hab- biamo veduto, mai nomina grauità a$soluta, ò altro. Si vol- tino que$te ragioni contro chi dice$se que llo, che non dice Archimede, cioè che pe$a$$ero egualmente anco a$$oluta- mente.

_Ofred_. Orsù $ia come e$$er $i voglia, io tengo certi$$imamente, che le parti $uperiori dell’acqua premino $opra l’inferiori, è che tutte le co$e graui $empre grauitino in tutti li luoghi, è mezzi. Onde credo che infiniti equilibrij, che vediamo non na $chino, che da que$te pre$$ioni, è che di molti effetti, que- $te $iano le vere cagioni. Mà Sig. Profe$$ore fa tardi; e l’aria della notte in Padoua non è troppo buona per que$ti male- detti chi và lì.

_Conte_. Non dubiti Sig. Ofredi, ch’è ancora à buon’hora. E poi non bi$ognaua principiare que$ti di$cor$i, chi non voleua finirli. Io certa mente non intendo che partino da me, $e prima non $i sbrighiamo dal Dotti$$imo P. Paolo Ca$ati Ge$uita.

_Ofred_. In verità che V. S. Hà ragione. Io me l’ero $cordato. Toc- ca a lei Sig. Profe$$ore che n’è informata, parteciparne le $ue dottrine.

_Matem_. Ne è bene informato anco il Sig. Conte che vedo hauer il $uo libro, che farà gratia di porgermelo. Deue adunque $a- pere Sig. Ofredi, che il P. Ca$ati in que$to $uo ammirabile li- bro intitolato _Terra Machinis mota, nel principio della 5. Di$$er_- _tatione_ intro duce l interl ocutore Guldino a narrare tutta la $erie dell’e$perienza del recipiente del Sig. Gerickio appun- to come è de$critta dal P. Scotti; qual recitata, fà che l’altro interlocutore Mer$enno interroghi <007>l Guldino così. _Et du_- _bitabis adhuc, an aeri vas implenti tribuendũ e$$et pondus, quod aere_ _extracto defuit? Tibi certe non <007>d$tipularentur quicunque liquorem_, _puta oleum, aut mel, ad libram vendunt; quæ enim inter vas plenum_, _ac vacuum differentia ponderum intercedit, eam liquori tribuendam_ _nemo negat_.

DIALOGO

Dopòle quali parole fà che il Guldino interroghi pure il Mer- $enno. _Sed quid $i vas in aquam expenderent nunc quidem melle_ _nunc vero aere plenum? an grauitatum differentiam ita melli tri-_ _bueres, vt velles pro ea pretium $oluere?_ Alla quale interogatio- ne troppodubio$o d’e$$er gabbato, convn _Minimè omnium_, ri$ponde il Mer$enno poco bene, per mio credere. Poiche facendo$i que$ti pe$i, e nell’aria, e nell’acqua, $empre $i tro- uarà la medema differenza; & in con$eguenza che l’oglio pe$i il medemo. E per cono$cer que$to, ricorriamo al no- $tro e$empio del va$o d’oro po$to a carte 23., il quale pe$a- to in aria in pezzo, ò formato in va$o pe$aua libre 100. In. acqua pe$aua libre 95. e pieno d’aria, & otturato, l<007>bre 93. Supponiamo che que$to riempito di mielle in aria pe$i libre 101. $i che il mielle $ia in grauità $ubdupla dell’acqua. Già il Mer$enno non hauerà $crupolo, che pe$ato in aria il va$o pieno di mielle, e vuoto, e ritrouata la differenza d’vna li- bra, che $ia il pe$o del mielle; & in que$to modo $i conten- tarà di pagaril prezzo. Ma $e que$ta medema differenza d’v- na libra $e ritrouarà pe$ando nell’acqua, perche non la vorrà pagare?

_Ofred_. Sì $e $arà la medema. Ma dubito che non $ia molto maggiore.

_Matem_. Non certo. Perche il va$o pieno d’aria nell’acqua pe$a- ua libre 93. mentre la mole dell’ acqua eguale all’aggregato pe$aua libre 7. Ma pur que$te 7. libre leuarà dall’aggregato del va$o, e del mielle; $i che e$$endo que$te libre 101. re$ta. ranno libre 94. onde vna libra pure $ara il mielle; e la diffe- renza trouata nell’aria, e nell’acqua $arà la medema.

_Conte_. Ma V. S. legga la ragione, che a$$egna del _minimè ominum_.

Matem. _Eccola_. Quia prater mellis pondus $ublatum, etiam de va$is grauitate non parum demeret inclu$i aeris leuitas.

_Ofred_. Da que$te parole $i vede manife$tamente, che egli pen- $a, che l aria aggiunga leggierezza al va$o; che perciò mag- gior d<007>fferenza $i douerebbe ritrouare pe$ando in acqua, che pe$ando in aria; il che $opra è $tato prouato e$$er fal$o.

_Matem_. Mò $entino quello anco, che loggiunge il Guldino. _Quid ni igitur va$is grauitati detractum pariter a$$eras ab inclu$o_ _aere maximè raro, ac proindè longè leuiore, quam aer i$te commu-_ PRIMO. _nis?_ Ecco adunque che il Guldino dubita, ò per meglio dire pen$a, che la maggior leggierezza nel recipiente euacuato, che pieno, na$ca, non dall’a$$enza dell’aria e$tratta, ma dalla maggior leggierezza po$itiua dell’aria rachiu$a nel va$o, a$- $ai più leggiera della comune.

Non sò poi vedere come con verità inferi$ca quanto $oggiun- ge. _Ex quo illud vnum conficitur, quod vltro dò, aerem $cilicet no-_ _$trum futurum grauem, $i phialæ inclu$us trasfereretur in aerem ra-_ _ri$$imum & in eodem medio e$$et æquipodium, quo aeris communis_ _grauitas exploraretur_.

_Ofred_. Tutta que$ta dottrina mi par veri$$ima, ma non già $ola; poiche anco è vero, che la no$tra aria grauita, ein vna $imi- le ad e$$a, e in vna più graue. Nella più leggiera, qual fo$$e quella del recipiente, $arebbe anco tanto graue, che di$cen- derebbe.

_Matem_. Non credo adunque che habbia ragione di dire con tan- ta certezza, & a$$eueranza a carte 171. _Hoc itaque experimento_ _non $atis probari no$tri aeris grauitatem ab$olutè, mibi certi$$imũ e$t_.

_Ofred_. Hà fatto bene a poner quel _mihi_, perche a noi certo non è così.

_Matem_. Ne meno parmi, che habbia ragione di replicare. _Sed_ _illud vnum ex inæquali Recipientis pondere ante, ac po$t aeris extra-_ _ctionem vi anthliæ, confici pote$t, quod non inficior, $cilicet cõmunem_ _hunc nostrum aerem <007>n aere alio magis raro grauitare po$$e_. Perche grauita, e nel più raro, e nel raro egualmente, e nel più den- $o; $e bene poi non pregrauita, e di$cende che nel primo. Ma fà tardi da douero. Andiamo adunque, con la$ciar la buona notte al Sig. Conte, a ca $a. Dimani voglio che ritorniamo quà, $e però così li piace, perche non hò fornito di dire quanto haueuo in animo $opra le pre$$ioni de liquidi.

_Ofred_. Non parta di ca$a $enza me, che $arò a leuarla.

Fine del Primo Dialogo. DIALOGO SECONDO.

M _Atem_. Che bel Libro Sig. Ofredi è quello, che tiene $otto il braccio? Bi$ogna certo che contenga dottrine molto da lei $ti- mate, mentre vedo che lo cu$todi$$e con tanta diligenza. La curio$ità de diman- darle del Libro, m<007> hà fatto $cordare del- la ciuiltà de riuerirla.

_Ofred_. Io pure riueri$co V. S. e la prego che andiamo quanto prima a ritrouare il Sig. Conte, perche il de$iderio, che hò d’auertire V. S. di certo $uo errore, che mi ha fatto cono$cere que$to Libro, mi fa parere ogni momento di tempo, vn $ecolo. Il Libro è del Sig. _Andrea Van Berlicom;_ & è di$tinto in 12. Libretti, & il $uo titolo è _Elementorum de rerum natur alium granitate, &c_.

_Matem_. Il Sig. Conte mi ha fatto $apere per vn $uo $eruitore. che $arà quà a ca$a mia. Eccolo appunto che viene molto in freta. Sig. Conte la riueriamo; e $i contenti di que$ti bre- ui complimenti, perche io viuo molto $ollecito d’e$$er leua- to dal Sig. Ofredi, mediante il Libro, che tiene in mano, che è del Sig. Van Berlicom, d’vn mio errore. Pre$to in gratia Sig. Ofredi me lo facia vedere.

_Ofred_. Accomodia moci prima. Hieri V. S. in materia di pe$a- reha e$emplificato e _à carte 23. & à car ts_ 40. $opra d’vn pezzo d’oro prima raccolto in sfera, ò altro corpo, che non haue$$e cauità, e poi formato in vn va$o, qual’oro pe$a$$e fuori d’ac- qua Libre 100. & in e$$a 95. e tanto ha $uppo$to pe$are in ambidue le forme. Hora V. S. non hà o$$eruato, che $e l’oro ridotto in sfera pe$arà in aria Libre 100. & in acqua 95. ri. SECONDO. dotto in qual $i $ia altra figura, mentre che di neceffità que- $ta $arà maggiore, pe$arà $empre meno? Di que$to $uo in- auertimento m’ha fatto accorgere que$to autore, il quale. _nel Lib._ 1. camina con que$ti auertimenti. _Nel 5. Theorema_ auerti$ce che, _Omni corpori natur ali e$t aliquod pondus $ui pro-_ _prium & iu$tum $ine re$pectu alterius_.

Per pe$o giu$to del graue intende quello, che que$to pe$areb. be nel vacuo, che però $oggiunge _il 6. Theorema: Re$pectu li_ _quidi in quo corpus libratur pondus eius non e$t proprium, nec iu-_ _stum. E nel Theorema 10. Cuiuscunque corporis pondus, quocumque_ _medio libretur propter medium illud à iu$to $uo pondere deficit. E nel_ _Theorema 13. Medium tenuius, & liquidius minus imminuit corporis_ _pondus iu$tuns, & proprium, & medium den$ius, & compactius_ _magis imminuit_.

Mà que$ta mancanza di pe$o proptio nel graue non $olo di- pende dal mezzo, che lo diminui$ce, come ha detto, ma anco dalla figura. Che perciò hauendo detto _nel 7. Theorema_, che _Re$pectu figuræ, qua corporis cuiu$cunq; moles circun$cribitur pon-_ _dus eius e$t aut iustum, aut iniu$tum_, $oggiunge nell’s. _Iustum pon-_ _dus nullis corpori e$$e pote$t extra figuram exactè sfericam_. E chia- ri$$imamente _nel 13. Omne corpus in figuram sfericam conforma-_ _tum, e$t $eip$o in quamcunque aliam figuram conformato ponde-_ _ro$ius. E nel 17. Corpus quod e$t figura latiore, & $ecundum partem_ _laxiorem applicatum, plus à grauitate med{ij} $uppo$iti, vel obiecti_ _$u$tinetur, quam $i $it figura contractiore, & $ecundum partem ar-_ _ctiorem applicetur_.

_Matem_. Da tutti que$ti $uoi nudi Theoremi, ne ve$titi con al- cuna ragione, non mi $ento punto mo$$o a $co$tarmi da quanto hieri hò detto; mentre certo tutte le ragioni, & e$- perienze $ono in contrario; ne quanto al pe$o del corpo ha punto che fare la figura. Onde $e la sfera $olida d’oro pe$a- rà in aria Libre 100. e in acqua 95. ridotto que$to in qual $i $ia figura (pure che le parti $ue non $i con$tipa$$ero, o rarefa- ce$$ero, & in con$eguenza non $e reduce$$ero a maggior, ò minor mole) $empre $i ritrouarà il medemo pe$o. E $e $i ri- trouarà varietà, come quando $i poneua nell’acqua il va$o d’oro pieno d’aria, che pe$aua Libre 93. la varietà nõ na$cerà dall’oro ridotto in figura più grande, ma dall’aria, mentre DIALOGO che il locato entro l’acqua è vn compo$to d’oro, e d’aria; & in con$eguenza maggiore del puro oro, il quale in tutte le forme è $empre il medemo $olido à puntino.

_Ofred_. Come è il medemo $olido à puntino? Non prouano co. munemente li Geometri, che la figura sferica è la più capa- ce di tutte l’i$o perimetre, ò eguali? Onde mentre che ridot- to que$to oro in qual $i $ia altra figura, que$ta deue circon- $cr<007>uere il medemo oro; bi$ogna che que$ta $ia maggio- re.

_Matem_. Certo che lo dicono. E così que$t’ oro ridotto in sfera è circon$critto dalla minima delle figure, la quale certo $em- pre è fatta maggiore, ogni qual volta diuer$ificata dalla sfe- rica, debba terminare la medema materia. Ma non e$$endo la $u perficie, ma il $olido quello, che pe$a; mentre que$to è $empre il medemo, benche hora ambito da maggiore, ho- ra da minor $uperficie, pe$arà anco $empre, ambito da qual $i $ia $uperficie, il medemo pe$o in tutti li mezzi.

_Ofred_. Ma chi non vede che le 100. L<007>bre d’oro ridotte in figu- ra sferica, ò cubica de$cenderanno per l’acqua per molto $pacio in tempo molto breue, nel quale ridotte in pri$ma, ò parallelepipedo molto largo, con que$ta parte larga collo- cate entro all’acqua, non de$cenderanno che per pochi$$i- mo $pac<007>o? Ecco adunque che la figura larga, & ampla leua molto dalla grauità delli $olid<007>, cioè li rende a$$ai meno va- lidi, e pronti a penetrar il mezzo.

_Mat._ Io non vogl<007>o determinare a$$olutamente $e l’ampiezza della figura a mbiente arrechi qualche impedimento a $upe rar il mezzo nelli graui, che $i muouono n<007> turalmente all’ ingiù, o nò; ma dico bene, che que$to, $e vi è, non è quanto for$e alcuno pen$a; e che il $pacio pa$$ato da due grau<007> egua- li, vno di figura raccolta, l’altro di quanto $i vuole dilatata, non è tanto differente, quanto for$e alcuno pen$a (quando però per $pacio s’intenda quello, che veramente bi$ogna in tendere, cioè non vna $emplice lunghezza, ma vna trina di- men$ione, o corpo.) E per dich<007>ararmi dico, che po$to il cu- bo, il cui profilo A D, più graue in $pecie dell’acqua, in e$$a, que$to di$cende $ino al fondo, come in E H, con vna tal velocità, che corri$ponde all’ecce$$o della $ua grauità $peci- SECONDO. $ica $opra quella dell’acqua; & in que$to tempo ha pa$$ato tutto lò $pacio CH, che è il profilo d’vn corpo, & hà alzato $ucce$$iuamente vna mole d’acqua eguale all’ AF. Intendia- mo hora il Parallelepipedo IM, eguale al cubo AD, del qua- le la ba$e rappre$entata per LM, $arà tanto maggiore della ba$e del cubo, quanto l’altezza AC, di que$to $arà maggio- te dell’LI, altezza di quello. Que$tinel medemo tempo $i $arà mo$so più lentamente, e $arà arriuato in N Q. per lo $pacio L Q lq@ale quanto alla lunghezza LO, $arà a$sai mi- nore della lunghezza C G, ma però quanto alla $olidità L Q, che è la vera e $senza del $pacio, hauerà fatto vn $pacio $e non eguale, non tanto minore dello $pacio CH; & hauerà alzato vna mole d’acqua IB, ò eguale, ò poco minore della molc AF; perche, come dice il prouerbio, quello che non và nel bu$to, và nelle maniche; poiche il $uo $pacio pa$$ato è molto largo, in comparatione di quello pa$$ato dal cubo, $e DIALOGO il pa$$ato da que$to, è di quello più lungo.

_Conte._ Que$ta dottrina non mi di$piace; e parmi che a$$ai ragio- neuolmente $e facia ponderatione $opra la differenza dello $patio pa$$ato dal graue più raccolto, e più dilatato; cioè che quello $ia ben più lungo di que$to, ma non for$e maggiore; e $e maggiore, non tanto quanto altri pen$a. E da quanto V. S. ha detto, parmi che $e po$$a a$$egnare, $e non la totale, almeno vna delle vere cagioni, perla quale il medemo cor- po ridotto in figura più ampla, debba de$cender più lenta- mente, che in figura raccolta. In gratia me dica Sig. Ofredi. Se V.S. cõ vna determinata forza alza$$e in vn determinato tempo vn graue ad e$sa adequato, potrebbe con la medema forza nel medemo tempo, alzarne vn maggiore?

_Ofred._ Supponga pure che io ri$ponda di nò.

_Conte._ E que$ta è almeno vna delle cau$e perche il medemo gra. ue ridotto in figura ampla, di$cende più lentamente, che quando era in figura raccolta. La $ua grauità è $empre la medema e que$ta, è quella, che cagiona, che de$cendendo alzi il mezzo, per il quale di$cende, e lo cacci dal proprio luo- go. Onde operando $empre con la medema forza, non può nel medemo tempo alzare, che la medema quãtità del mez- zo. Ma quando $i moue$$e con la medema velocità, con la quale $i muoue ridotto in figura raccolta, alzarebbe vna par. te del mezzo molto maggiore, come $arebbe per e$empio l’acqua IP, $e la $ua altezza IN, fo$se eguale all’ altezza A E. Adunque bi$ogna di nece$$ità, che de$cenda tanto più lenta- mente, quanto più è ridotto in figura ampla.

_Mat._ Sia quello che e$ser $i voglia di que$ta dottrina, io torno a replicare quanto hò detto hieri; cioè che il medemo gra- ue collocato entro all’acqua, ò aria, ambito da qual $i $ia fi- gura, $empre $e ritrouarà del medemo pe$o.

_Ofre._ Se così è, tutte le conclu$ioni, che il Sig. V an Berlicom de- duce da que$ti principij, $aranno poco bene dedotte.

_Matem._ Così l’e$perienza, e la ragione m’in$egna. Ne io dubito punto di ciò.

_Ofred._ Ne meno io ne dubito più. Si che parmi bene, per hora, chiuder il Libro del Sig. Van Berlicom; contentandomi d’- hauer imparato delli graui quanto $ia bene fuggir la fatica.

SECONDO.

_Conte._ Io che $ono poltrone per natura, pagare<007> non poco, im- parare que$ta dottrina, & hauer occa$ione de $cu$armi con I’e$empio di que$ti.

_Ofred._ Io gle l’in$egnarò $enza premio Hò o$$eruato, che quan- do $e colloca nell’acqua, o altro fluido vn corpo più largo, che po$to, con la $ua larghezza, per il più egli non $eguita a muouer$i parallelo a $e $te$so $ino al fine, cioè con la parte larga auanti, ma $e riuolta con la parte più $ottile. V. G. vna tauola po$ta nell’acqua con la $ua parte larga, non $egui- ta a muouer$i così, ma $e riuolta in taglio, e co$i $egue a mo- uer$i $ino al fine. Hora dalle precedente dottrine io raccol- go, che que$to $ia per fuggir la fatica d’alzare vna maggior mole, che de nece$$ità bi$ognarebbe, che alza$se, $eguitan- do a muouer$i $ino al fine con la parte larga, alzandone mo- le molto minore mouendo$i in taglio.

_Matem._ Quando que$to folse, vi $arebbe l’a$$ioma Filo$ofico, che _Fru$tra fit per plura, quod pote$t fieri per pauciora_; e $i potreb- be dire, che appet\~edo il graue acco$tar$i al centro, $cieglie$- $e la via d’arriuarui nel tempo più breue. Ma io pen$o, che ciò non habbia punto che fare in $imil accidente, quando intrauenga, e che d’e$so ne $ia altra ragione proueniente pe- rò dal mezzo, che s’alza; e che non meno $e po$$i tramutare la di$ce$a del graue dalla parte più larga, nella più $ottile, ma anco da que$ta in quella.

_Ofred._ Sentirò volontieri il $uo pen$iero.

_Matem._ Tengo di certo che V. S. $apia, che ogni corpo ha il $uo centro di grauità, mediante il quale $e regola la di$ce$a di e$$o corpo, di modo che chi imagina$se vna linea retta, che congionge$se que$to centro con quello della terra, il det- to centro nel d<007>$cendere $empre $i trouarebbe in detta li- nea.

Credo anco che $a pia, che que$to centro $ia in tal modo col- locato nel graue, che diui$o que$to con vn piano, che pa$$i per detto centro, lo diuida in due parti, che hauerebbero momenti eguali. Que$te però $ono anco eguali in mole, quando il centro di grauità è il medemo che il centro della figura, ma quando que$ti centri $ono diuer$i, all’hora $ono ineguali.

DIALOGO

_Ofred._ In gratia e$emplifi chi que$ta dottrina.

_Matem._ L’e$emplificarò in vna pezza di formaggio Piacenti- no,

_Ofred._ E$empio non $piaceuole,

_Matem._ La quale è term<007>nata da due piani paralleli, che $ono due circoli, quali $upponga che $iano per$etti. Chi s’<007>magi- narà vna linea, che congiunga li centri di que$ti piani, il $uo punto d<007> mezzo $arà il c\~etro della figura del corpo; e que$to farà anco il centro di grauità, ogni qual volta il corpo del formaggio $ia eguale da per tutto, & vniforme. Ma $e fo$- $e, ò ineguale, ò diforme; cioè v. g. in vna parte più den$o, che nell’altra, all’hora non $arebbe il centro della grauità; perche chi lo con$idera$$e diui$o con vn piano perpendico- lare alli due circoli oppo$ti, che pa$$a$$e per li loro centri, c per quello dellafigura, lo diuiderebbe bene in due parti egua- li, ma non di momenti eguali, ma ineguali; perche hauereb- be maggior momento Ia parte più den$a. Il centro adunque di grauità $arebbe collocato in tal $ito, che diui$o que$to corpo con il piano perpendicolare alle ba$i oppo$te, che pa$- $a$se per e$$o, lo diuide$se in due parti ineguali di mole, & eguali in momento.

_Ofred._ Ho inte$o à $ufficienza.

_Matem._ Supponiamo que$to formaggio collocato nell’acqua con vno delli $uoi circoli orizontalmente, e $upponiamo che l’acqua $ia corpo homogenei$$imo, e re$i$tente egual- mente, $econdo tutte le $ue parti. Già V. S. sà, che de$cen- dendo il formaggio preme $opra l’acqua, e la fà $alire, al qual $alimento contra$ta que$ta con la $ua grauità. E perche la $upponiamo corpo homogeneo, à parti di formaggio di mole eguali, corri$pondono eguali contra$tamenti di moli d’acqua pur eguali.

_Ofred._ Così certo bi$ogna che $ia.

_Matem._ Hora $upponiamo che il formaggio $ia anch’ e$so cor- po homogeneo, $iche il centro della figura $ia il medemo con quello della grauità; all’hora $e mantenirà parallelo a $e $te$so $ino al fine della di$ce$a; perche regolando la di$ce- $a il centro della grauità, & in tal ca$o, della figura in$ieme; con parti eguali di mole, e di momenti eguali di e$so, con- SECONDO. tra$tano parti pure eguali dell’acqua: Onde e$$endo tutte le co$e eguali, non vi è cagione di variatione. Ma $e diuer$o è il centro di grauità da quello della figura, di modo che le $ue parti $iino bene di momenti eguali, ma ineguali in gran- dezza, all’hora premendo parti eguali di momento, & ine- guali di mole, parti ineguali del mezzo, cioè la maggiore, maggiore, e la minore, minore; incontrano anco ineguali re$i$tenze, perche più re$i$te ad e$ser alzata la parte maggio- re, che la minore, mentre $ono premute con forze eguali; e così $ono non vinte egualmente le loro re$i$tenze, ma prima la minore, che la maggiore. E da quì ne na$ce il deturba men- to del $ito parallelo, ò orizontale; & il riuoltar$i del formag- gio in taglio.

_Ofred._ Se io hò capito bene, non $olo que$ta variatione potreb- be na$cere quando il formaggio fo$se d<007>forme, & il mezzo vniforme, ma anco quando <007>l formaggio fo$$e vniforme, e il mezzo diforme.

_Matem._ Certi$$imo che così è; e V. S. intende molto bene Et inte$o que$to non hauerà difficoltà d’intendere, che $e ridot- to il formaggio in taglio, e diui$o pure in due parti da vn piano parallelo alla ba$i, che lò d<007>uida pure per il centro di grauità, che parimente può e$sere, che que$te parti non $ii- no eguali di mole, benche di momento, e che perciò, per la medema ragione, $ia turbato da quel $ito, e di nuouo ridot- to al $ito parallelo, ò orizontale. Benche però que$to $ia per $uccedere più difficilmente, & in di$ce$a più lunga, men- tre minore è l’acqua, che viene alzata, nè n’alza vna mole ad e$$o eguale, $e non quando è di$ce$o per il diametro della ba$e, cioè per tutta la $ua lunghazza, ò larghezza; hauendo alzato vna mole eguale, quando di$cende con la parte larga, e orizontalmente, quando è $olamente di$ce$o per tutta la $ua altezza, ò gro$$ezza, che nella forma dell’ordina@io for- maggio piacentino è molto minore d<007> quella.

_Ofred._ Hò io inte$o tanto, che parmi anco d<007> poter dimo$trare douer $ucceder que$toeffetto anco quando il $olido. che di- $cende fo$$e vniformi$$imo, per $ola cagione della figura. E benche pote$$i io dimo$trar ciò in infin<007>t<007> $ol<007>di, $cieglierò il Pri$ma retto, del quale le ba$i oppo$te $iino li triangoli DIALOGO DFE, ABC. Dico adunque, che collocato nell’ acqua per- pendicolarmente, cioè la ba$e ABC, orizontale, que$to non $eguirà a muouer$i così, ma de nece$$ità $i voltarà nel taglio DA. Perche $e intenderemo’la LM, che congiunga li centri di grauità delli due triangoli oppo$ti, nel mezzo di e$$a $arà il centro di grauità del Pri$ma. Il quale $e s’intenderà diui$o con il piano HI, parallelo all’ EB, lo diuiderà in due par- ti di momenti eguali, ma non eguali di mole; perche il Pri$- ma del quale è ba$e il Trapezio BIKC, al pri$ma del quale è ba$e il triangolo A K I, ha la medema proportione, che hà il trapezio al triangolo. Ma quello a que$to ha la proportio- ne, che ha 5. à 4. perche M, centro de grauità del triangolo ABC, diuide l’a$$e PA, di modo, che PA, $ia $e$quialtera di AM; & il trapezio al triangolo hà la proportione, che ha l’ecce$$o del quadrato P A, $opra il quadrato AM, al mede- mo; che è poi quella, che ha 5. a 4.

SECONDO.

_Conte_. Cancaro Signor Ofredi, V. S. è vn Geometra del trenta para.

_Ofred_. Mò che crede V. S?Se me ce metto, le dirò altre co$e, che que$te. Poiche non $olo è vero quanto s’è detto del Pri$ma $opra il triangolo, ma anco $opra qual $i $ia dell’ in$inite Pa- rabole; Trilinei; e per dirla in poche parole, $opra qual $i $ia di quelle figure, che noi altri Geometri chiamiamo _in alte-_ _ram partem deficientes_. Poiche tutti que$ti Pri$mi collocati perpendicolari nell’acqua con vna delle $ue ba$i, $e riuolta- ranno, a lungo andare, in taglio.

_Conte_. Non più, non più Sig Ofredi, che $e và troppo dietro, mi fara v$cir di me, per il $tupore cagionatomi dalla $ua grã peritia. Io andauo ruminando vn’altra co$a, che non sò s’ha- uerà che fare con le $ue $ottigliezze.

Se non $i è $tab<007>lito di $opra a$$olutamente, che $olidi eguali, nel medemo tempo alzino moli del mezzo eguali, poco me. no; poiche $i è qua$i $tabilito, che l’acque v. g. alzate nel medemo tempo dal cubo, e dal parallelepido largo ad e$$o eguale, $iano, $e non eguali, poco meno; & in con$eguenza $i è qua$i $tabilito, che l’ampiezza della figura non cagioni il tran$ito di minor $pacio, inte$o per $pacio il $olido, e non la $ua lunghezza. Hora io andauo pen$ando, che $e po$$i di- mo$trare in pratica, che l’ampiezza della figura cagioni mol- to minor alzamento del mezzo; poiche il mede$imo $olido mo$so per vn ver$o, e për l’altro, in tempi molto differen- ti alzerà moli eguali del mezzo.

Prenda$i vn Cono, ò qual $i $ia Piramide, e $e po$i nell’ acqua con la baíe all’ingiù, poi con la punta; in tutti doi li modi quando farà di$ce$o per tutta la $ua lunghezza, hauerà alza- to vna mole d’acqua ad e$$o eguale. Hora chi non vede, che di$cenderà la $ua altezza in tempo a$$ai minore mouendo$i con la punta all’<007>ngiù, che con la ba$e? Adunque la larghez- za della ba$e è cagione d’alzamento di minor mole del mez zo in tempo eguale.

_Matem_. V. S. $e bene parla con il qua$i nulladimeno troppo s’ac- co$ta al preci$o. Auerta adunque bene, che in niun modo s è $tabilito, che il mede no $olido ridotto in mole piu larga, alzi nel medemo tempo, tanta mole del mezzo, quanto DIALOGO nella più ri$tretta; ma $olo $i è detto, che non è tanta la dif- ferenza, quanto vno $i pen$a. Non hò poi mai e$perimen- tato $e il medemo cono di materia, che de$cenda nell’acqua, pa$$i il medemo $pacio più velocemente, e quanto, mouen- do$i con la punta all’ingiù, che con la ba$e. Parmi però bene ($e vi è que$ta differenza, che hora dirò non $apere $e vi $ia, ne quanta) andar inue$tigando doue pote$$e na$cere; il che ne $uccederà, $e con$ideraremo quanto occora nell’ vna, e nell’altra maniera.

Imaginiamo$i adunque il va$o A D, ripieno d’acqua, ò d’altro liquido, & in e$$o il cono EFG, immer$o che $ia di$ce$o $ino in HKI. Que$to hauerà alzato l’acqua OHKIPF, che $arà $a- lita a ri\~ep<007>re lò $pacio del fru$to conico EOPG, la quale HI, $e $arà vicini$$ima all’EG, di modo che pa$$i per il punto fi- $ico immediato, ne di$ti da e$$a, che per vn $ol punto fi$ico, all’hora l’acqua cacciata OHKIPF, $e bene $arà geometrica- mente vn corpo, $e potrà pigliare come vna $uperficie fi$ica, eguale alla $uperficie conica EFG; & il fru$to conico EOPG, che hauerà ri\~epito, $arà eguale fi$icam\~ete al circolo EG, ba$e del cono. Que$t’acqua poi viene alzata dalla pre$$ione, che fà il cono con tutta la $ua $uperficie EFG, $opra l’acqua, $i che ogni portione min ma della $uper$icie preme vna minima portione dell’acqua; e tutta que$ta $ali$se a formare vn cir- colo eguale alla ba$e. E perche la di$ce$a $i fà $ucce$$iua- SECONDO. mente, $e intenderemo l’a$$e del cono diui$o in punti fi$ici, per li quali di$cenda il cono, potremo dire, che que$ta alza- ta dell’acqua $i facia di modo, che vna continua $alita d’ac- qua $ucce$$iua, eguale fi$icamente alla $uperficie, $i riduca in vna continua $erie de circoli eguali alla ba$e. E perche la $uperficie è maggiore della ba$e, come appare, demo$trando li Geometri che habbia la proportione alla ba$e, che ha l’FE, lato del cono (parlando nelli coni retti) alla metà dell’ EG, diametro dalla ba$e, potremo dire, che in que$ta alzata, con- tinue portioni d’acqua eguali fi$ica mente alla $uperficie co- nica, $e re$tringano nelli circoli eguali alla ba$e. In que$ta di$ce$a adunque di cono, e $alita d’acqua $i fa come vna cõ- tinua conden$atione, mentre co$a eguale alla $uperficie co- nica, $e re$tringe in circolo, che è minore d’e$$a.

Con$ideriamo hora quello che $ucceda quando di$cende il co- no con la ba$e. In que$to ca$o, di$ce$o che $arà in HI, haue- rà $pinto insù l’acqua HOPI, che hauerà riempito lo $pacio OEFGPK. Se adunque con$ideraremo come $opra, che HI, di$ti dall’ EG, per vn $olo punto fi$ico, potremo dire, che vna mole d’acqua eguale alla ba$e, $ia $alita a riempire vno $pa- cio eguale alla $uper$icie; e che in tutta la di$ce$a moli d’ac- qua eguali alla ba$e, $ali$chino a riempire $pacii eguali alla $uper$icie; e che in con$eguenza $e facia vna certa rarefat- tione; mentre moli eguali al minore, cioè alla ba$e, $e dila- tano in moli maggiori, cioè in $uperficie. Se noti anco che la pre$$ione $i fà dal cono con la $ola ba$e.

Adunque $e con$ideraremo le differenze, che interuengono in que$ti due modi, trouaremo che nel primo preme il cono con tutta la $uper$icie conica, che è maggiore della ba$e, e nel $econdo preme con que$ta $ola. Parimente nel primo $i fà come vna certa conden$atione, e nel $econdo come vna rarefattione. Se adunque vi è differenza nella di$ce$a, e di- $cende più velocemente il cono con la punta all’ ingiù, che con la ba$e, bi$ogna dire che $ia più facile alla natura far al- zar l’acqua premendola con la $uperficie conica, e facendo- la qua$i conden$are, che premendola con la $ola ba$e, efa- cendola come rarefare. Quanto habbiamo detto $eguir nel- li coni, $eguirà anco in tutti li conoidi, conici, & in tutti li DIALOGO $olidi rotondi _in alter am partem deficientibus_.

_Ofred_ Così d’improui$o mi pa$$ano per la mente moltica$i, nel- li quali parmi che più facilmente $e facia la conden$atione, che la rarefattione, mentre in molti di que$t la rarefattione non $i fa, che con certa forza e$tr<007>n$eca, e la conden$azione per reduttion delle parti al loro connatural $tato primiero. In altri però parmi all’oppo$to, ne per hora voglio pen$ar a que$to. Già però che $tiamo trattando delle pre$$ioni, $arà bene $eguitare la no$tra materia doue hieri la$cia$$imo, e per la quale hoggi $e $iamo congregati. Que$ta appunto è la pre$$ione, che fanno li liquidi $uperiori $opra li inferiori $ottopo$toli, tanto della medema $orte, come di diuer$a.

_Matem_. Che li fluidi, e la medema aria grauitino $opra li corpi $ottopo$toli, è co$a tanto trita hora nelle $cuole, e confer- mata da tante e$perienze, ch’è vna marci$$ima vergogna a dubitarne. Nè altro che que$ta certamente cagiona l’equili- brio dell’argento viuo nel tubo Torricelliano, ò dall’acqua, & infiniti altri Fenomeni in natura, li quali per e$$er abbon- dantemente $piegati da tanti grand’huomeni, io $timo bene trala$ciarli a bella po$ta.

_Ofred_. Io però de$idero, che me n’accenni alcuno così breue- mente.

_Matem_. Cauarò que$ta narratiua dal dotti$$imo Signor Giorgio Sinclaro Scozze$e, che è quello, che hà compo$to poco fa certi curio$i$$imi dialogi, intitola ti _Ars magna grauitatis, &_ _leuitatis_. Tanto più, che hauendo egli $degnato render ra- gione d<007> certo Fenomeno, $timandolo for$e co$a troppo lie- ue, e perciò indegna della $ua fatica, non recu$arò io e$erci- tarmi in que$ta minutia.

Que$ti adunque _nel Lib. 1. Dial. 5. $ett_. 7. $uppone che G A $ia vn va$o, nel fondo del quale $ia l’argento viuo F A, nel quale $ia po$ta la canna di vetro PV, aperta da tutte doi le parti, di modo che il forame V, $ia vn poco $olleuato dal fondo del va$o, poi $uppone, che il va$o G A, $ia riempito d’acqua. Di- ce che que$ta premendo $opra l’argento viuo F A, lo farà $a. lire per la canna P V, $ino in L, di modo che L K, $ia qua$i la quartadecima parte di tutta l’altezza dell’acqua PK, $i come l’argento viuo è più graue dell’ acqua qua$i $econdo la pro- SECONDO portione de 14. ad 1. Da que$ta $en$ibili$$ima e$perienza ne caua quello, ch’è tenuto qua$i comunemente, cioè che $e PV, $arà il tubo Torricelliano, ò Baro$copio, come dice e- gli, otturato di $opra, nel quale l’argento viuo s’equilibri $i- no all’altezza L, che que$to na$ca dalla pre$$ione, che fà vn cilindro d’aria la di cui ba$e $ia FC, & altezza quella dell’ato- mos$era, dimodo che qual proportione ha la grauità in $pe- cie dell’argento viuo alla grauità in $pecie dell’aria, tal l’hab- bia l’altezza dell’atomosfera, all’altezza del Mercurio, LK,

_Ofred._ In que$te co$e non vi $ono affatto nouitio, che perciò hò inte$o a $ufficienza. Vorrei hora intender il re$to, cioè la cau$a di quel Fenomeno, che $opra fù detto hauer egli tra- la$ciata.

_Matem._ V. S. habbi vn poco di patienza. Già $iè vi$to che l’ac- qua G C, fa $alire l’argento viuo KL. Hora que$t’ acqua non DIALOGO richiede alcuna determinatione di mole per far $alire nella $i $tola PV, il Mercurio $ino all’altezza KL, ma bene richiede determinatione d’altezza. Onde $e il va$o, ò $arà più largo, che contene$$e maggior, e maggior quantità d’acqua, ò più ftretto, che ne contene$$e minore, e tanto più $tretto, che eccede$$e di poco poco la fi$tola, $iche ne contene$$e pochi$- $ima, mentre però $ia la medema altezza PK, $empre farà $alire l’argento viuo alla medema altezza KL.

_Ofred._ Corpo di me, che que$ta co$a mi pare incredibile.

_Matem._ E pure Sig Ofredi il negotio è certi$$imo, ne rimetto V. S. ad altro, che all’e$perienza. Hora di$correndo in con- formità di quanto s’è detto, $arà anco verò nel Baro$copio PV, ch’e$$endo que$to, ò più gro$$o, ò più $ottile, & il cilin- dro d’aria dell’altezza dell’atomos$era di qual $i $ia gro$sez- za F C, anco piccioli$$ima, nulladimeno $empre alzarà l’ar- gento viuo alla medema altezza KL. Chi rich<007>ede la cagio- ne di que$to Fenomeno al Sig. Sinclaro, ri$ponde di$po$tica- mente con la $ua _Prop. 4. dial. 1. Lib. 1. Corpora flu<007>da in Libra na-_ _turali $ibi mutuò æquiponderant $ecundum altitudinem $olum._ La qual propo$itione cosi nuda $empre porta, quando ha bi$o- gno di confermare co$e $imili.

_Ofred._ For$e li deuono mancare le ragioni, perche e$$endo la co$a in $e $te$$a fal$i$$ima, non $i potranno per confermarla arrecare che $oli $ofismi. E chi $arà quello, che $i la$ci per- $uadere, che tanto la poca quantità d’acqua, che riempie il $tretti$$imo va$o G C, quanto la maggiore, e maggiore, che riempi$se vn va$o maggiore habbia con la $ua pre$$ione ad alzar $empre la medema grauità di Mercurio KL?

_Matem._ E pure Sig. Ofredi l’effetto è certi$$imo, e di e$$o il Sig. Sinclaro n’hauerebbe potuto a$$egnare vna ragione, per mio credere, a$$ai euidente, e congrua, quando haue$$e con$ide- rata la cagione perche nel tubo ritorto, il liquido s’equili- bra alla medema altezza, non o$tante che la gamba più gro$- $a ne contenga maggior quantità, che la più $ottile.

_Ofred._ La cagione di que$to effetto la sò molto bene, perche viene a$$egnata dal famo$i$$imo no$tro Galileo nelli galleg- gianti _alla pagina_ 15. oue potrà veder$i da chi hauerà cu- rio$ità.

SECONDO

_Conte._ Caro Sig. Ofredi l’a$$egni V. S. perche per hora io non hò volontà d’andar à vedere, co$a dica il Galileo.

_Ofred._ V. S. ha piacere ch’io ricucini li Cauoli: bi$ogna $eruirla. Io credo che V. S. s’arricordi beni$$imo di quella propo$itio- ne fondamentale della mecanica, vi$ta anco dalli ciechi nati, cioè che nella leua A B, nella quale $ia il $o$tentacolo C, vna pochi$$ima forza, ò pe$o po$to in A, è $ufficiente à $o$tenere vn grandi$$imo pe$o po$to in B, ogni qual volta che la pro- portione, che hà il pe$o po$to in B, à quello po$to in A, l’hab- bia reciprocamente la di$tanza A C, alla di$tanza C B.

_Conte._ Non vuole ch’io la vedi, mentre per gratia di Dio, $ono nato con tutti due li occhi, che fanno anco beni$$imo il lo- ro vfficio? Me l’arricordo adunque, e sò ch’è il fondamento della no tra $tadera, nella quale il picciol Marco, ò Romano po$to in A, equilibra il gran pe$o po$to in B.

_Ofred._ Il punto $tà in $apere la cagione di que$to equilibrio. Vna a$$ai probabile, e congrua n’a$$egna il medemo Galileo nel- la $ua mecanica, cioè che hauendo mom\~eti eguali, la natura non intrapr\~ede à far le co$e irragioneuoli; quale $arebbe $e $i moue$$ero; poiche $e il graue B, maggiore di$c\~ede$$e in E, & alza$$e il minor pe$o A, in D, il B, $i $arebbe mo$$o per l’arco BE, e l’A, $i $arebbe mo$$o per l’arco D A, maggiore di BE, nel medemo t\~epo, & in cõ$egu\~eza cõ maggior velocità. E pche il graue B, al graue A, hà la proportione, che ha la’di$tanza A C, alla di$tanza C B; e que$ta è la medema che quella dell’- arco D A, all’ arco BE; cioè che quella della velocità, con la DIALOGO quale è $alito il graue A, in D, à quella, con la quale è di$ce$o il graue B, in E. Adunque come il graue B, al graue A, co$i reciprocamente la velocità della $alita dell’A, alla $ce$a del graue B. Adunque il compo$to del B, è della velocità della $ua di$ce$a, $aria eguale al compo$to del graue A, e della ve- locità della $ua a$ce$a. Ma que$ti compo$ti $ariano li mo- menti, che e$ercitariano li predetti graui A, B: adunque que- $ti con momenti eguali, $i moueriano. Il che non è ragio- neuole.

_Conte._ Anco que$ta cagione mi è notti$$ima; $e bene V. S. l’hà di- mo$trata molto $o$$eguatamente, qua$i parlando dal Tripie de. Parmi però che que$ta cagione $ia diffetto$a, mentre di vn effetto po$itiuo, che è il $tar quieta la leua, $i adduce per cau$a le velocità, con le quali li pe$i $i mouerrebbero; le qua- li mai $ono $tate in natura. Parmi che d’effetto po$itiuo, po- $itiua anco debba e$$er la cau$a.

_Ofred._ Non mi pare nuouo nelle co$e, che $e dimo$trano, il procedere _per deductionem ad <007>mpo$$ibile,_ demo$tran- do che quando fo$$e vero il contrario, ne $egui$$e vn’a$$ur. dità in natura, e co$a irragioneuole. Onde e$$endo vero che la natura nõ intraprende à fare la co$e irragioneuoli, $a- rà anco vero, che quella co$a non potrà e$$ere. Congrua- mente adunque $i dimo$tra, che nella leua non $egua moto alcuno, perche il pe$o minore $i mouerebbe con tanta mag- gior velocità del pe$o maggiore, quanto più que$to fo$$e maggiore di quello. E già è noti$$imo al $en$o, che la veloci. tà compen$arà molto bene la forza, & il pe$o. Di modo che picciol forza, e picciol pe$o mo$$i con velocità grande, po$- $ono fare il medemo effetto, che gran forza, e gran pe$o mo $$i con pochi$$ima velocità.

_Conte._ Horsù $upponga V. S. che io habbia inte$o, e m’arricor- di ogni co$a.

_Ofred_ Quando V. S. hà inte$o, e s’arricorda tutte que$te co$e, in- tenderà anco $ubito come pa$$i il negotio nel tubo ritorto. Nel quale è veri$$imo, che l’acqua della gamba G D, e$sendo molto maggiore di quella della gamba L I, è anco d’e$sa molto più graue; nulladimeno s’equilibrano, e non ne $egue moto, perche alla piccioli$$ima, e tarda di$ce$a della mag- SECONDO giore v. g. per G Q, nel medemo tempo s’accompagnarebbe la veloci$$ima $alita per A L; la quale è tanto maggiore del- la G Q, di quanto l’ampiezza del va$o G D, è maggiore della larghezza della canna LI. La velocità adunque L A, com- pen$aria la tardità L I. Io hò detto quanto doueuo; ma non sò già vedere come que$te dottrine militino anco nelli Fe- nomeni del Sig. Sinclaro.

_Matem._ Ho paura che V. S. dica ciò per burlarmi. Che, che pe- rò $ia, $upponga ch’il va$o G C, $ia il doppio della fi$tola PV. All’hora chi pe$a$se in vna bilancia, e l’acqua del va$o G C, e il Mercurio L K, pe$arebbero egualmente, perche la propor- tione, che hà la grauità $pecifica del Mercurio, alla grauità $pecifica dell’acqua, l’ha l’altezza dell’acqua, a quella del Mercurio reciprocamente. Onde pe$ando egualmente, $i fa- rà l’equilibrio. Que$to è dimo$trato comunemente da tutti li Mecanici.

_O$red._ Bi$ogna certo che $e V. S. vuol e$ser inte$o, dimo$tri que- DIALOGO $to $uo a$$erto, altrimente può far di meno di dir altro.

_Matem_. Hò inte$o. V. S. non vuol e$ser $olo a ricucinare Cauoli. E qual co$a è dimo$trata da più Mecanici della $eguente

PROPOSITIONE?

Se la proportione, che hà la granità $pecifica del graue A, alla gr auità $pecifica del graue B, l’hauerà reciprocamente la magnitudine B, al- la magnitudine A: li pe$i a$$oluti di A, e B, $aranno eguali.

Intenda$i la magnitudine C, eguale alla B, e della medema gra- uità in $pecie dell’A. La grauità a$$oluta di A, alla grauità a$$oluta di B, hauerà la proportione compo$ta della grauità a$$oluta di A, alla grauità a$$oluta di C, e di quella di que- $ta, alla grauità a$$oluta di B. Ma la grauità a$$oluta di A, all’ a$$oluta di C, è come la mole A, alla C, (perche $ono della medema $pecie;) e ia grauità a$$oluta di C, all’a$soluta di B, e come la $pecifica di C, alla $pecifica di B; cioè come la $pe- cifica di A, alla $pecifica di B; cioè (per il $uppo$to) come la magnitudine B, alla magnitudine A. Adunque la grauità a$soluta di A, all’a$soluta di B, hauerà la proportione com- po$ta della magnitudine A, alla C; cioè alla B; e di quella del- la magnitudine B, all’A. Ma que$te due ragioni fanno quel- la d’egualità. Adunque A, e B, pe$aranno egualmente.

SECONDO. COROLLARIO.

Da ciò è manife$to, che $e A, e B, $aranno cilindri di ba$i egua- li, e che la proportione, che ha la grauità $pecifica di A, alla $pecifica di B, l’habbia l’altezza di B, all’ altezza di A, che que$ti cilindri pe$aranno egualmente. Perche all’hora la ma- gnitudine B, alla A, hauerà la medema proportione, che ha l’atezza del B, all’altezza dell’A. Adũque è vero quanto hab- biamo detto, cioè che $i farà l’equilibrio del Mercurio, e del- l’Acqua.

E da que$ta digre$$ione ritornando al no$tro propo$ito, dicia- mo che in virtù delle dottrine del Signor Ofredi $opra a$$e- gnate, ne $egue, che s’ha uerà il medemo equilibrio $e il va$o GC, $arà maggiore quanto $i voglia della Fi$tola PV; perche $e bene pe$arà l’ acqua molto più, non può però l’ acqua di- $cendere $e non fa a$cendere il Mercurio;ma la $alita di que- $to per la canna $arebbe tanto più veloce della di$ce$a dell’- acqua, quanto que$ta pe$a$$e più di quello; onde di que$ta grauità, e velocità ne re$ultarebbero momenti eguali. Per- ciò adunque non vi è ragione perche ne habbia da $eguir moto, bensì equilibrio, mentre la natura non intra prende a fare co$e irragioneuoli. Nel medemo modo $e il va$o con- tenente l’acqua $i re$tringe$$e in gui$a, che fo$$e meno largo della canna, all’hora l’acqua de$cenderebbe con tanta mag- gior velocità $opra quella, che $ali$ce il Mercurio LK, quã- to que$to fo$$e più graue dell’acqua. Onde per la medema cagione ne $eguirebbe l’equilibrio. Le medeme ragioni mi- litano per il Baro$copio, e Cilindri dell’aria, ch’equilibrano il Mercurio.

_Conte_. V. S. ha $uppo$to, che nel tubo ritorto ACDF, il liqui- do s’equilibri alle medeme altezze L, G, il che repugna all’- e$perienza; perche il Dotti$$imo Sig. Geminiano Montanari no$tro grand’amico, auerti$ce _nelli $uoi pen$ieri Fi$ico-Matema-_ _tici all’E$perienza_ 13. e parimente il Dotti$$imo P. Fabri _nel_ _Dial._ 4. che riempito il Tubo d’acqua, que$ta s’alza più nella gãba più $tretta, quanto più que$ta è $ottile. Il medemo dice il Montanari $uccedere dell’argento viuo _nell’ E$perienza_ 23. DIALOGO poiche $e il cannellino $ottile $arà d’oro, e che s’infonda nel tubo argento viuo, que$to $alirà più nel cannellino, che nel- la gamba più larga.

_Matem_, Credo, che que$t’e$perienze $iino ben vere, ma però la differenza è molto poca, ne hà che fare con la differenza grande del pe$o, che $i ritrouatrà le parti del fluido cõtenuto entro le doi gãbe; quale na$ce da cau$a molto diuer$a, che da que$to pe$o; la quale bi$ogna, che $ia la medema, che quella che fa $alire l’acqua nelli cannellini di vetro aperti d’ ambe le parti, li quali auuicinati all’acqua così leggerm\~ete, che ap- pena la tocchino, $ubito que$ta $ali$ce $opra il liuello dell’al- tra ad vna tal altezza, conforme che li cannelli $ono più, e meno $ottili.

_Ofred_. Que$t’ effetto viene attribuito dalli In$igni Filo$o$i Boile, Sinclaro, e Fabri alla diuer$a pre$$ione dell’ aria, che premendo più $opra l’acqua circon$tante al cannellino, che $opra quella $ottopo$ta alla $ua cauità, facia $alire que$ta, come meno premuta. Pure alla pre$$ione dell’aria viene at- tribuito, dal Sig. Montanari, ma in modo differente dalli $o- pradetti.

_Matem_. Pure alla diuer$a pre$$ione l’attribuirei io, fondandolo in ragioni, parmi vn poco plau$ibili, e nõ toccate dalli $opra citati Auttori; quando non vi fo$$ero e$perienze, vien detto, in contrario.

_Conte_. Io $entirei però volontieri que$te $ue ragioni.

_Ofred_. Et io vorrei vedere l’e$perienze in contrario.

_Matem_. Io di$correrò in que$ta gui$a. Non vi è for$e trà tutti li corpi il più Eterogeneo dell’aria, contenendo in $e $te$$a vn infinita varietà d’effluuii, che e$cono da tutta la diuer$ità del- li corpi, li quali $ono quelli, che la con$titui$cono principal- mente, e for$e totalm\~ete, nel genere de graui. Que$ti effluuii poi $ono di differenti$$ime figure, e perciò in e$$a differenti$- $imamente collocati; lunghi, $torti, à $pira, e diuer$amente trà $e intrigati; & hauendo diuer$i $iti, molti di e$$i $ono ori- zontalmente con$tituiti. Que$ta loro con$titutione, $e non la totale, almeno vna delle principali cagioni $aria da me $timata di que$to Fenomeno. E per intender il come, pigli- no vn cannone competentemente gro$$o, e lo collochino SECONDO. perpendicolare $opra il pauimento, poi li $parghino $opra, & all’intorno quàntità cõ$iderabile di Paglia, Fieno, Lana, ò $imil materia. Vedranno che il cannone non $arà rie mpito di quella materia, con quella con$tipatione, con la quale è con$tipata la parte di fuori; perche molti di quelli fili, ma$$ime quelli, che benche $torti, $ono però di$te$ia$$ai ori- zontalmente, incontrando li orli del va$o, non li po$$ono en. trare, ma cadono di fuori. Di più molti di quelli, che entrano, e che $e non fo$$e il cannone, $arebbono collocati orizon- talmente nel modo detto, $tri$ciādo per li lat<007> di e$$o, appog- giano ad e$$o, ò cõ vna, ò con ambedue l’e$tremità. Di quelli poi, che fuori del cannone $opra$tano ad e$$o, s’appoggiano $opra li lati, ne aggrauano $opra quelli contenuti nel canno- ne, non $arà premuto proportionalmente, come il pauim\~e- to all’intorno. Vn $imil accidente mi parerebbe che doue$se accadere alli effluuii, che compongono l’aria, ò atomosfera. Molti di que$ti, che con vna delle $ue parti occuparebbero il $pacio vuoto del cannoncino, non lo po$$ono occupare, per- che vrtando nelli orli d’e$so, $tanno di fuori. A ltri, che ben- che $torti, $ono però di$te$i a$$ai orizontalmente, entrando nel cannoncino, s’appoggiano con vna, ò tuttel’ e$tremità alla $uperficie interiore, $i vanno $tri$ciando $opra e$sa. Vna differenza però viè trà il cannone, e il cannellino, che que- lo viene riempito di Fieno, &c. da vna bocca $ola, e non vi è difficoltà, che $e $i pote$se far que$to $pargimento di $o- pra, e di $otto, che maggior quantità n’entrarebbe, e dentro $arebbe più con$tipato. Ma il cannellino è riempito dall’a- ria, che li entra da tutte due le parti, premendo que$ta, e $o- pra, e $otto con la medema energia. E però ben vero, che non $i può leuare l’impedimento, che arrecca l’interior $u- perficie del cannellino, mentre molte e$tremità delli com- ponenti l’aria s’appoggiano ad’e$$a, e dal contatto $ono im- pediti dall’e$ercitar tutto il loro momento $opra l’acqua $o@ topo$toli; il quale e$ercitarebbero, quando liberi non fo$$e- ro rachiu$i nel cannellino. Il quale impedimento è tanto maggiore, quanto più $ottile è il cannellino, poiche la $u- perficie decre$ce meno, di quello decre$ca il corpo.

_Ofred_. Hor quà sì, che bi$ogna romper il $ilentio, poiche così DIALOGO alla prima non capi$co que$ta dottrina.

_Conte_. V. S. pur di $opra mi ha $pauentato con la $ua gran Geo- metria, & hora non intende que$ta co$ciutia? Io gle la di- chiarerò $uccintamente anco $enza $chema. S’imagini due cannellini della medema altezza, di modo che il diametro della ba$e del vano dell’vno, $ia doppia del diametro del va- no della ba$e dell’altro. Il corpo del vano del maggiore, $arà quadruplo del vano del minore; perche li cilindri della me- dema altezza hanno la proportione delle ba$i; e di que$te la maggiore è quadrupla della minore, e$$endo il diametro doppio del diametro. Mà la $uperficie del maggiore è $olo doppia di quella del minore, perche que$te hanno la pro- portione, che hanno le ba$i, che $ono le circonferenze; che hanno poi la medema proportione delli diametri. Ecco adunque che la $uperficie del minore meno decre$ce da quella del maggiore, di quello decre$ca la corpulenza.

_Ofred_. Hò inte$o. Ritorno al mio $ilentio. Non $i $tupi$chi $e $ono $tato così pigro nell’intendere, perche _Quandoque bonus dormitat Homerus_.

_Mat_. Io per mc la compati$co. Hauendo adunque inte$o, in- tenderà anco come l’impedimento arreccato dal contatto con la $uperficie, non decre$ca a proportione con il decre- $cimento del corpo.

Que$te cau$e però non po$sono ba$tare. Perche $e ciò proce- de$$e dalla $ola aria contenuta entro il cannellino, come pa- re, che dica principalmente il Sig. Sinclaro _Lib. 2. Dial. 2. n. 7_. ne $eguirebbe, che quanto più lungo fo$se il cannellino, più l’acqua doue$se $alire, il che non s’e$perimenta, poiche ò il cannellino $ia lunghi$$imo, ò curti$$imo, purche $ia $empre della medema $ottigliezza, $empre l’acqua $alirà al mede- mo $egno, come dice hauer e$perimentato il Signor Mon- tanari _all’e$perienza_ 10. & io pure hò e$perimentato più vol- te a$$ieme con il Signor Rinaldini, & il Sig. D. Gio. Anton<007>o Baglioni, Canonico del Saluatore. Bi$ogna adunque anco con$iderare altra aria e$teriore $ino al fine dell’ atomosfera, la quale preme a perpendicolo $opra l’inferiore. Hora infi- niti di quelli eftluuii, che $ono di$te$i orizontalmente, pre- mono $opra li orli del cannellino, & in con$eguenza $ono SECONDO. impediti dal premere $opra l’aria, cheriempieil cannellino; almeno noncon tutto quel momento, con cui premerebbe, ro, $e non s’appoggia$$ero $opra e$$o. E perciò l’acqua $ot- topo$ta al vacuo del cannellino premuta meno di quello, che $ia premuta l’e$teriore,è nece$$itata a $alire. E perche que$ti impedimenti $ono tanto maggiori, quanto il cannel- lino è più $tretto, perciò l’acqua a$cende più per que$to, che peril più largo. Ne $e midica, che $ali$ca anco l’acqua (ben- che non tanto quanto dentro) aldifuori del cannellino, per- che milita la medema ragione; appoggiando molti delli componenti l’aria alla $uperficie e$teriore con vno delli $uoi capi, &impediti di premere totalmente dall’appoggiar$i $opra l’orlo del cannellino; il che non auuiene in poca di- $tanza da e$$o. Corre adunque l’impedimento medemo, ben- che non tanto, che dalla parte caua; e perciò a$cende anco qualche poco dalla parte e$teriore. Que$ti $ariano li miei di$cor$i, li quali però re$tariano atterrati dalle e$perienze in contrario.

_Ofred_. Non tardi adunque più a narrarcele.

_Mate_. Le veda pure V. S. _nelli Saggi di nuoue e$perienze_ fatte dalli famo$i$$imi Accademici del cimento, alla pre$enza del Sere- ni$$imo Prencipe Cardinale Leopoldo, Mecenate de lette- rati, in Firenze. Ritroui _la pagina_ 100. e vedrà con quanta. indu$tria habbino tentato il predetto Fenomeno, ò nel vuo. to, ò in aria e$tenuata;e perciò deboli$$ima a premere; e co- me $empre $ia $alita l’acqua nel cannellino $ino al medemo $egno, oue a$cendeua nell’aria libera.

_Conte_. An sì, sì. Que$te for$e $aranno quell’ e$perienze, delle quali il no$tro Sig. Rinaldiniintende _nel Lib. de Re$ol. & Comp_. _Mathem. pag_. 160. oue narrando l’opinione di quelli, che $ti- mano que$to Fenomeno na$cer dalla diuer$a pre$$ione dell’- aria, dice, _Res autem non $ic $e habet, nam idem contingit in loco_, _vbinullus aer, vel $altem adeo exiguæ quantitatis, vt vix credas ei_ _quidquam deferendum, quod nos Florentiæ $umus experti_.

_Ofred_. Ne a$$egna egli alcuna cagione?

Conte. _Certo, $oggiungendo que$te parole:_ Sed potius aliundè id prouenit, quia $cilicet dùm exilis ille tubulus immergitur non nibil in fluidum, huius pars inclu$a in angu$tia ip$ius tubuli multum ammit DIALOGO tit momenti: vndè nequit æque ponderare patribus circumiacentibus, $ed his vrgentibus prementibusquè cylindrus ex humido intra tubuli angu$tiam cedit, eousque a$cendens, vt eius altitudo po$sit in equili- brio e$$e cum cylindris ex humido circumiacente. Nihil enim refert $iuè de$uper premat, vel non premat aer.

Ofre. _Io intenderei volontieri come_ dum exilis ille tubulus immer- gitur non nihil in fluidum, huius pars inclu$a in angu$tia ip$ius tubu- li multum ammittit momenti.

_Matem_. Dice _alla pagina_ 175 perder$i per cagione del contatto del Mercurio con la cauità della fi$tola, della qual co$a m@ ha detto che per $aluar tutti li Fenomeni, ne vuol di$corre- re più difu$amente. Ma già ch’io deuo far certe con$idera- tioni $opra altrieffetti della pre$$ione $piegati dal Sig. Sin- claro, circa li quali parmi che $i po$$a dire alcuna co$a di que$to minor momento, non mancarò di rappre$entarla hora. Dice il Sig. Sinclaro _Lib_. 1. _Dial_. 5._n_.4. che hauendo pre- fovn Baro$copio minoredi 29. diti (che è quell’ altezza al- la quale s’equilibra il Mercurio con l’aria) & riempitolo di Mercurio, e po$tolo nel Mercurio del va$o, non ne v$ciua parte alcuna; ma che anco alzata la canna fuori del Mercu- rio nell’aria libera, non perciò ne v$ciua. Auerti$ce pe- rò che _hoc Ph{ae}nomenon $olummodo contingit, cum tubi orificium_, _ciusque cauitas angu$ta admodum fuerit_. Mà quando $i $eruì d’- vn tubo largo, dice; _Non priùs eundem extra $tagnantem Mercu-_ _rium in apertum aerem extraxi quam confe$tim Hydrargirum delabi_, _externumque aerem tubi cauitatem $ubintrare con$pexi_. Dice però e$$er gran differenza, quando il Mercurio e$ce dal tubo lar- go; che $ia minore di 29. diti, ò maggiore; perche dal mag. giore _Perfacile, plenoque defluit, aonec ad u$itatam altitudinem_ _peruenerit; idque absque ingre$$u, vel minimæ alicuius aeris par-_ _ticulæ. Ex illo autem non ab$que difficultate contingit efflu-_ _xus. Quoniamaer non minus ingredi, quam Hydrargirus egredi cona-_ _tur; imò defluente hoc, $ubintrat ille_, al modo che _Idem cernere e$t_ _dum aquam vel vinum ex va$e angu$ti orific{ij} effundis: effluente enim_ _aqua vitinus in eius locum $uccedit aer_. Vuole che tutti que$ti effetti prouenghino dalla pre$$ione dell’aria, che facendo forza da per tutto, volendo entrare combatte con il Mercu. rio, che vuole v$cire, nel tubo angu$to impedendo total. SECONDO. mente l’v$cita, mà non nel più largo. Anzi, che quando il fo- rame del tubo è angu$ti$$imo, anco quando è alto li 29. diti, non n’e$ce più in conto alcuno. Che perciò nel _Dial_. 3. _nu_. 7. _del medemo Lib_. dice, che hauendo pre$o vn tubo più lungo delli diti 29. & empitolo di Mercurio, & otturata la $ua aper. tura con cera, & fattolinel mezzo vn bucchetto grande co- me quello delli Horologi arenari, e voltatolo all’ingiù nell’ aria libera, dice _Hydrargirum è paruulo foramineeffluere videbis_, _perinde atque arena ex clep$ydra. Tum tamdiù motum per$euera-_ _re videbis, quoad cylindri vertex, vn de trige$imum digitum exactè_ _attigerit, quo instante ce$$abit Mercur{ij} effluxus_.

_Conte_. Io $aprei volontierile cagioni di que$te differenze.

_Matem_. Che quando il Mercurio del tubo eccede li diti 29. deb- ba v$cire in tuttili tubi $tretti, ò larghi, $ino chearriui a quel la mi$ura, emanife$to douer $uccedere, perche con il $uo momento $upera quello dell’aria, che li contra$ta, che non può equilibrare, che li diti 29. Ma che e$chi quando è mi- nore delli diti 29. ò eguale nelli tubilarghi, e non nelli $tret- ti, credo che prouenga dall’inegual momento, con il quale aggrauano le parti del Mercurio, aggrauando più quelle di mezzo, che quelli alli lati.

_Ofred_. Se mi para innazi a gl’occhi vna gran confu$ione di me- canica.

_Matem_. Certo che que$ta è mecanica, che io procurarò poner in chiaro. Caro Signor Ofredi leghi al mezzo di que$to ci- lindro di ferro vn poco di $pago, e lo tenghi con la mano equilibrato orizontalmente, enotiil$uo pe$o così conil $en$o.

_Ofred_. L’hò $eruita, e l’hò bene in mente.

_Matem_. Alzi perpendicolare in taglio $opra que$to tauolino quelli due gran Libri, tanto di$tanti trà $e, che di$cendendo il ferro, li vadiradendo, e proui $e $ente tanto pe$o quanto $entiua prima.

_Ofred_. Certo che nò, perche il pe$o del ferro è in parte $o$tenta- to dal contatto delli libri.

_Matem_. Si che il contatto del ferro con li $uoi capi alli libri, e ca- gione, che il ferro non e$erciti tanto momento $entito dal- la $ua mano, come e$ercitarebbe $e non tocca$$e. Ma di tut- DIALOGO to quel momento che lei $ente, e che e$ercita il ferro $opra la $ua mano, crede che le parti del ferro lo partecipino e- gualmente?

_Ofred_. Nò Sig. perche sò beni$$imo, che prouano li Mecanici, che s’io ficca$i nel muro cõ vno delli $uoi e$tremi que$to ci- lindro, che le $ue parti hauerebbero maggior momento cõ- forme che fo$$ero di$tanti dal muro; di modo che le parti vi- cine hauerebbero pochi$$imo momento, e le più lontane. $empre più; di modo che l’e$treme hauerebbero il maggio- re di tutti. E così quando il ferro fo$$e fitto con li $uoi e$tre- mi in due muri, le parti vicine alli muri hauerebbero minor momento, e quella di mezzo più di tutte le altre. Quello, che accade al ferro fitto con l’e$tremi, accade anco quando toc. ca, con que$ta differenza, che il contatto non $cema tanto il momento, che il ferro e$ercita, quanto lo $cema la $icca- tura, ò l’appoggio.

_Conte_. Con que$ti di$cor$i hanno eccitato la mia imaginatione a penetrar la cau$a, perche quelli, che pe$ano qualche co$a con la $tadera, procurino che il pe$o non tocchi, ò le $ue ve- $timenta, ò co$a alcuna; ciò fanno, perche con quel contat- to perde parte il pe$o del $uo momento.

_Matem_. Tutto và bene. Hora Sig. Ofredilei ha toccato la vera cau$a, per la quale l’aequa contenuta nel cannellino perde parte del $uo momento. Que$ta tocca la $uperficie interiore del cannellino, e perciò il contatto $cema in parte il $uo mo- mento totale, che e$ercitarebbe $e non tocca$$e. Mà di più, il momento, ch’e$ercita premendo quella, che li è $ottopo$ta, non è e$ercitato egualmente da tutte le parti, mà il ma$$i- mo da quelle di mezzo, e va $cemando più che $ono vicine alla $uperficie. Il medemo m’ andauo imaginando che $uc- cede$se all’aria, che riempie il cannellino, che perciò perda parte del $uo momento, ne grauiti come l’e$teriore. Hora que$t’inegual pre$$ione parmi e$$er cagione ch’il Mercurio minore in altezza delli diti 29. di$cenda nella canna a$sai lar- ga, e non nella più $tretta.

_Ofred_. O que$to nò che non lo capi$co.

_Mat_. O che o$curita, che V. S. non vi vede. Senta. Non vi è diffi- coltà che fa forza il Mercurio per di$cendere, e fa forza l’ac- SECONDO. qua per a$cendere; e quando que$te forze fo$sero e$ercita- te egualmente da tutte le parti di que$ti fluidi, crede lei che $i farebbe moto alcuno?

_Ofred_ Nò certo. E ri$plende tanto di lume, che io vedo beni$$i- mo, che$e le parti del Mercurio preme$sero col medemo momento, che non vi $aria ne a$ce$a, ne di$ce$a; ma pre- mendo meno quelle alli lati, che quelle del mezzo, l’aria che dal $uo elaterio è $pinta all’insù vniformemente, $uperando la re$i$tenza di quelle, a$cende, oue troua maggior debolez. za, cioè circa li lati, & il Mercurio di$cende nel mezzo. E vero però che $i fa a$cendendo l’acqua, e de$cendendo il Mercurio, vn bollimento, e$conuoglimento, ma però il moto principia così. Ma ne meno $in’hora sò vedere, per- che $ucceda que$to nelli tubi larghi, e non nelli $tretti, mentre, e in que$ti, e in quelli milita la medema cau$a.

_Matem_. E verò Sig. Ofredi, che parlando per co$i dire, in rigor Geometrico, le parti di mezzo nelli cilindri $tretti e$ercita- no maggior momento, che le parti attaccate alli lati; ma però per la loro vicinità non vi è differenza $en$ibile di mo- mento; & in con$eguenza premono egualmente, e perciò non ne $egue moto alcuno.

_Ofred_. Que$te dottrine a$$ai mi piaciono, e non po$$ono e$$er che $ingolari, mentre credo che $iano del Sig. Sinclaro.

_Mat_. Non $ono del Signor Sinclaro, che _nel luogo citato num_. 5. nominando, non il Mercurio, ma l’acqua che di$cende dal- la canna, ò va$o, nelli quali però milita la medema ragione, ha que$te parole. _Quoniam aquei cylindri ba$is, ob nimiam $uam_ _amplitudinem, facilè & expeditè, $e in modum qua$i cunei confor-_ _mat, cuius ope, & auxilio expeditiùs aerem ob$identem penetrat:_ _quibus modis euenit, vt delabente aqua, per idem orificium aer $ub-_ _intret. Vel quod veriùs dici potest, existimo circumfu$um aerem po-_ _tius formam cunei $ubire; atq; ità penetrando aquam, per eius medi{is}_ _recta a$cendere, eum extrudendo; non $ecùs ac, dum quis manu in_ _va$culum aqua plenum intru$a, eam extrudit_. Io non credo che que$ta operatione $ucceda, nè nell’vno, nè nell’altro modo. Non credo che l’acqua in modo di cuneo penetri nell’ aria, e così caccia que$ta nel va$o, mentre l’aria vniformemente re$i$te ad e$ser diui$a dall’acqua; ma che più to$to que$ta DIALOGO $uperando le parti meno re$i$tenti dell’acqua, $pinga @uo@ per così dire, le parti di mezzo, ò per meglio dire faciliti la loro di$ce$a. Molto meno credo, che l’aria $i conformi in cuneo per penetrare nelle parti di mezzo l’acqua, perche non tengo per co$i balorda la natura, come $arebbe $e cos@ opera$se.

_Ofred_. Come balorda? La figura del cuneo non è penetratiua? Non l’adoprano $ino li taglia legne?

_Matem_. Bene, bene. Non $arebbe vn balordo, chi potendo otte- nere il $uo intento per vna via più facile, anda$$e a cercare la più difficile?

_Ofred_. Vi è l’a$$ioma vecchio, fracido, che _fru$tra fit per plura, quo@_ _potest fi eri per pauciora_.

_Matem_. Mò contro que$t’a$$ioma appunto farebbe la natura in que$to ca$o. Già l’acqua ha maggior momento nel mezzo per di$cendere, e minore alli lati; e vuole V. S. che l’aria ab- bandonando que$ti, oue ritroua minor re$i$tenza, vada a dar di petto in forma di cuneo alle parti di mezzo?

_Conte_. Così anco $i vede che a$cende l’acqua nelli $opradetti cannellini aperti, principiando la $alita alle parti, e non nel mezzo.

_Ofred_. E come lo sà V S?

_Conte_. Perche l’acqua non a$cende $e il cannellino non è ben ter$o, e pulito, ò bagnato, e non s’è $uccido. Il che non $egui- rebbe quando a$cende$$e nel mezzo in forma di cuneo.

_Ofred_. Io ancora non penetro la ragione di que$to.

_Conte_. Il $uccidume non è altro che vn’infinità di corpu$coli at- taccati alli lati a gui$a di monticelli, ò $coglietti, nelli quali vrtando l’acqua viene impedita dall’a$cendere. Ma quando la $uperficie è bagnata, le particelle dell’acqua riempiono quelle infinite cauità, che $ono trà $coglietto, e $coglietto, e così $pianano la $trada allla $alita.

_Ofred_. Se que$ti monticelli fo$$ero cagione di que$to impedi. mento, impedirebbero tanto nelli cannelli $tretti, quanto nelli più larghi. Ma in que$ti non impedi$cono, come dice hauer o$$eruato il P. Fabri _nel citato Dial_. 4. _pag_. 159. Adunque l’impedimento na$ce da altro, cioè dalla maggior, ò minor quantità d’acqua, come dice egli.

SECONDO.

_Matem_. Li medemi monticelli, ò $coglietti di $uccidume non arrecaranno il medemo impedimento alli cannelli larghi, che arrecaranno alli più $tretti. V. S. prenda vna circonferen- za a$$ai grande, e riempita la parte caua di conetti, ò pira- midi, attaccando le $ue ba$i ad e$$a, di modo che vna pira- mide tocchi l’altra. Vederà che le cime delle piramidi $aran. no più lontane, vna dall’altra, e trà le $uperficie d’vna, e dell’- altra vi $arà più $pacio, quanto più la circonferenza $arà di maggior diametro. Di modo che $e il circolo $arà piccio- li$$imo, li lati delle piramidi$aranno vicini$$imi, e le cime, ò vertici qua$i concorreranno in vn punto.

_Ofred_. Hò inte$o. Nelli cannelli più larghi, perche li lati delle piramidi, e li $uoi vertici $ono più di$tanti, più facilmente l’- acqua può $uperare l’impedimento delli $coglietti del $ucci- dume, a$cendendo per li $pacii, che $ono trà $coglio, e $co- glio. Il che più difficilmente $uccede nelli più piccioli, per li angu$ti $pacii, che $ono trà l’vno, e l’altro $coglietto.

_Mà_ miei Signori molto habbiamo digredito. E già tempo che ritorniamo alla cagione dell’a$cender dell’ acqua nelli can- nellini. Realmente la diuer$a pre$$ione mi pare che tanto ag- giu$tatam\~ete accomoda$$e que$ta facenda che nulla più. Ne l’e$pèrienze fatte a Firenze mi paiono tali, che habbino to- talmante a rimuouermida que$to pen$amento Io noncredo che in que$te loro e$perienze habbino totalmente rimo$$a l’ aria, ma bene debilitatala & e$tenuatala. Nel qual ca$o pro- portionatamente debilitata, e l’ambiente il cannellino, e quella, che li preme $opra, non sò vedere, perche l’acqua non doue$$e e$$er premuta a $alire, mentre tanto, e tanto re- $ta minore il momento di quella, che riempie, e $oura$ta al cannellino.

_Matem_. Ma Signor Ofredi il negotio $tà, che dicono, che $aliua alla medema altezza. Il che certo non douerebbe $uccedere, quando $ali$ce per la pre$$ione, come io breuemente li mo- $trarò dal $eguente

DIALOGO LEMMA.

Siano AB, CD, magnitudini egua- li, e da C D, $ia leuata D E, e come A B, alla C E, co$i $ia A F, alla C G, $arà D G, maggio- re della B F:

_Ofred_. Capi$co que$ta verità in vn’i$tante. Perche e$$endo co- me A B, a C E, co$i A F, a C G, & e$$endo A B, maggiore della C E, $arà anco A F, maggiore della C G; & in con$eguenza e$$endo A B, C D, eguali, $arà G D, maggior della B F. Il punto $tà a mo$trar il re$to.

_Mat._ Già _Fama volat_ della $ua peritia, nella Geometria; e $e ap- plicarà que$ta verità a$tratta al concreto, vederà anco il re- $to. A B, rapre$enta il momento, che ha l’aria a mbiente il cannellino innanzi la $ua e$tenuatione; C E rappre$enta il momento dell’aria $opra$tante, e del cãnellino; & E D, quello della $ua acqua; li quali momenti di A B, C D, $ono eguali, per far$i l’quilibrio. E$tenuata l’aria, e $cemato il momento, $ia il $cemamento del momento A B, l’A F e del momento C E, la C G, li quali già hanno la proportione delli momenti A B, C E, è reftaranno dell’aria e$tenuata li momenti F B, G E. E co- sì rimarà il momento G D, dell’aria $opra il cannellino, e acqua $alita, maggiore del momento F B. Onde, ò l’acqua douerebbe di$cendere, $e fo$$e a$ce$a, ò non a$cendere $ino a quell’ altezza.

_Ofred_. Che $e hà adunque a dire?

_Mat_. Io $ono pieno di confu$ioni, ne $aprei che dirmi per hora. Tanto più che in altra belli$$ima e$perienza pure del Sig. Ri- naldini, non s’e$perimenta $alita, $e non vi è l’aria pre- mente.

_Conte_. Intendo; anco que$ta è regi$trata dal Giornaliere di Ve- netia $otto il 1. Maggio 1671.

_Matem_. E anco po$ta _nel $uo Lib. de Comp. & Re$ol. Mathem. pag_. 158. Pre$e egli due cilindretti di $tagno gro$$i quanto vna pen- na da $criuere, e lunghi vn quarto di braccio Fiorentino, ad vna delle ba$i delli quali fece inca$trare laminette, ò circoli SECONDO. $ottili d’oro fino de diametro e- guale a quello delle ba$i. Immer- $e il capo $enza oro d’vno di que $ti nell’argento viuo d’vn va$o, e notò la parte immer$a, come anco l’e$tãte. A que$ta notata la parte eguale nell’altro dalla par- te dell’oro, la inuol$e totalmente con vn na$tro di ve$ica ligato $trettamente con filo. Fatto ciò pre$e il cannello di vetro F A, a- perto d’ambi le parti, e $erata la parte A, con ve$ica, lo riempì per la parte F, d’argento viuo, dentro à que$to cacciò per forza il cilindretto ve$tito, con la parte nuda auanti, come $i vede nella figura, e ligò la bocca F, con ve- $ica $trettamente. Poi immer$e la parte A, nel va$o contenente il Mercurio $tagnante, e così im- mer$a forò la ve$ica A, con vn ago. Il che fatto, calò il Mercu- rio della canna alla $olita altez- za C B, entro al quale era immer- fa la C K, parte nuda del cilin- dretto ve$tito. In que$ta gui$a la$ciò ogni co$a per lo $pacio de 24. hore. In capo alle quali, ri- trouò il cilindretto e$po$to all’- aria nel primo va$o, con la parte immer$a entro l’argento viuo corro$a in gran parte, e quella non corro$a era totalmente fria- bile. La parte poi e$tante $opra il Mercurio era tutta pregna d’argento viuo, e totalmente friabile; e I’oro inca$trato di $opra haueua grandemente mu- tato colore. Del cilindretto poi contenuto entro la canna, DIALOGO trouò la parte nuda immer$a nell’ argento a$$ai corro$a, con il rimanente molto friabile; ma la parte e$tante (già ve$tita à $olo oggetto, che $ommer$a totalmente nell’argento della canna prima di procurar il vuoto, non riceue$se da e$$o alte- ratione) la ritrouò di $tagno puro $enza alcuna permi$tio- ne di Mercurio, e l’oro non punto mutato di colore.

_Ofred_. Certo chel’e$perienza è belli$$ima. Ma co$a $e ne caua da e$$a?

_Mat_. Se ne caua, che e$$endo il Mercurio del primo va$o e$po- $to all’aria con il cilindretto, ’l’aria premete $opra il Mercu- rio, e lo $pin$e per li pori del $tagno ad infettarlo. Al con- trario, non premendo aria $opra il Mercurio contenuto en- tro la canna, per non vi e$$er, per cagione del vuoto, ò alme- no e$$endo deboli$$ima, non potè il Mercurio e$$er $pinto all’in sù a penetrare per li Pori. Come vede adunque Signor Ofredi, nel vuoto il contatto non cagiona la $alita del Mer- curio $enza aria premente, ma bene cagiona la $alita dell’- acqua per li cannellini. Horsù rimettiamo que$to negotio ad altro tempo, e per hora diciamo, che la pre$$ione dell’aria cagiona bene molti, e molti effetti, ma non già tutti quelli, che gli $ono attribuiti. Vno di que$ti è quello, che regi$tra il Sig. Sinclaro _Lib._ 1 _Dial_. 6. _n_. 2. oue dice, che e$$endoli $tato ri- ferto, ch’e$$endo nel tubo predetto l’argento viuo equili- brato alla natural’altezza (la quale $econdo lui è 29. diti del- la $ua mi$ura) $e $i alza$$e perpendicolarmente con pre$tez- za, e $i $epara$$e dall’argento viuo contenuto nel va$o, che l’argento viuo ch’è nella fi$tola, ò tubo $alirebbe con tanta veemenza per il vacuo della canna, che romperebbe la parte $uperiore $igillata, & otturata alla lucerna, ò hermeticamente; vol$e farne l’e$perienza, e che ritrouò, che alzando$i così con pre$tezza, era vero che $aliua vrtando nella cima; ma poi mai non occor$e, che $pezza$$e la canna; e che alzandola pian p<007>ano, non $aliua in conto alcuno.

_Ofred_. Fenomeno veramente con$iderabile: e che cau$a ne a$- $egna egli?

_Matem_. Sig. Conte legga in gratia _il n._ 3. ch’egli chiama $ettione di que$to Libro.

Conte. _La $eruo._ Primi Phænomeni cau$am & rationem, opinor SECONDO. e$$e vim, & elaterium aeris, qui apertum tubi orificium $ubintrans, Hydrargirum impendentem, $ur$um uer$us pellit. Nam quo @in$tan- te, celeriu$culè tubi orificium ex stagnante Hydrargiro educitur, ex- tans Mercurius vna cum tubo alleuatur, non totus; nam porciunculæ quædam in inferius va$culum delabuntur: vnde tubi orificio plenè ex- tra $uperficiem alleuato, incumbens aer, qua$i per$enti$cens impen- dentem Mercurium, aliquid de $ua grauitate deperdidi$$e, & iam $olito leuiorem, $tatim orificium irrumpit, Mercuriumq; non ab$que impetu ad tubi verticem propellit. Secundi Phænomeni cau$a, & ra- tio videtur bæc: quoniam dum leniter, lentoque gradu tubi orificium, è refu$o Mercurio in apertum aerem $u$tollo, nihil omnino imp\~edentis Hydrargiri, in inferius va$culum delabitur;

_Matem._ Si fermi caro Sig. Conte, che poi $eguitarà. Io dubito grandemente di que$te $uppo$itioni, che in pratica non $e- gua tutto il contrario, cioè che non $olo nell’alzamento ve- loce nulla dell’argento viuo della fi$tola cada nel va$o, ma che più to$to di quello dal va$o $egua quello della fi$tola. Al contrario nell’alzamento fatto pian piano, che almeno $e non cade di quello della fi$tola nel va$o, certo di quello del va$o non $egua quello della fi$tola. E la ragione è, perche nella pre$ta trattione, nella quale $i debba farela $eparatione di due corpi, vno $egue l’altro; ilche nõ $i fà nella trattione lenta. Sc vn quadrello $arà $opra vn’altro, $e con pre$tezza alzerò il $uperiore, l’inferiore lo $eguirà per qualche poco; il che non $uccede $e alzarò pian piano. Così $e vn galleg- giante $i vorrà cauar dall’acqua con pre$tezza, $i vedrà non poco alzamento di que$ta, il quale non riu$cirà così grande nella cauata piaceuole. Mà que$ti miei dubii $iano come non detti. Concediamo pur anco al Signor Sinclaro, che $ia vero quanto dice; vediamo pure il rimanente della cau$a della di$parità, ch’a$$egna.

Conte. Sed integer cylindrus, iu$tum renitentis aeris æquipodivm $imul cum tubo alleuatur: vndè qua$i per$enti$cens ille, impendentem Hy- drargirum nihil de $ua grauitate ami$i$$e, & $ibi etiam viribus pa- rem permanere, illum $uo loco pellere nequit.

_Matem._ Io non mi po$$o per$uadere in conto a lcuno, che que$t’- effetto prouenga dalla $ola grauità, & elaterio dell’aria; per- che già la grauità dell’aria e$ercita tutto il $uo momento, il DIALOGO quale viene contrape$ato, e ridotto all’equilibrio dal mom\~e. to dell’argento viuo contenuto nella canna. Quando que$ta s’alza, $e bene cade$sero da e$sa quelle portioncelle, che di- ce, onde $i leua$fe quell’equilibrio, la differenza però trà que$ti due momenti $arebbe pochi$$ima. Onde non caccian- do in sù l’aria l’argento viuo $e non cõ l’ecce$$o del $uo mo- mento $opra quello, non $pingerebbe in sù con la violenza narrata da e$$o, ma lentamente. Così vediamo che il galleg- giante poco differente in pe$o dall’acqua, e cacciato in sù da que$ta a$$ai lentamente. Co$i nella Bilancia,

Conte. _Si fermi in gratia. Segue à dire._ Quemadmodum corpus gra- ue huic lanci impo$itum, aliud graue eiusdem ponderis alteri lanci impo$itum, finitis vibrationibus, à iu$to æquipodio nequit dimouere. Sin, {ij}s in æquilibrio $ic con$titutis, huic lanci vnum duntaxat gra- num, plus quam alteri imponas, fit mutatio; vnà alterum in contra- rium renitentem degrauante. Vel $i alteri, vnum $olummodo granum $ubducas, hoc idem euenire con$picaberis.

_Mat._ Appunto io voleuo portare il ca$o della biìancia, e dire, che $e nelli pe$i po$ti di quà, e di là vi $arà poca differenza, è vero che quello più graue de$cenderà, & alzerà il meno graue, mà $ino ad vn certo $egno, e a$$ai lentamente. Onde tanto do- uerebbe far l’aria nel no$tro ca$o, e non con l’empito da e$$o e$perimentato.

_Conte._ Non è tanto poca la quantità dell’argento, che $uppone, che cada. V.S. a$colti. _Eodem pror$us modo res hic $e habet; nam_ _tubi orificio extra $tagnantem hydrargirum de repente $ublato; deci-_ _dunt forte ex eo, tres quatuorue impendentis Mercur{ij} digitis._

_Matem._ Ha fatto bene a dir _forte,_ perche Dio sà $e ne cade.

Conte. Ratione cuius, ex altera, qua$ilance, æquipod{ij} non nihil aufer- tur; & hinc exi$tit ille aeris motus, quo impendentis Hydrargiri re$i- duum ad tubi verticem $ur$um propellitur; non $ecùs atq; hæc lanx, cui $ex imponuntur vnciæ, $ur$um pellit illam, eamque degrauat, cui quinque $olummodo in$unt.

_Matem._ Certo, che quando anco cade$$ero que$ti 3. ouero 4. di- ti, ne $eguirebbe qualche moto, mà non sò $e tanto veloce. Hauerà il Sig. Sinclaro e$perimentato (come certo anco di- ce) che mentre la fi$tola piena di Mercurio d<007>$cende, que$to arriuato all’altezza delli 29. $uoi diti, non $i ferma, ma di- SECONDO. $cende più, e poi ri$ali$ce più, e più volte $ino che $i riduce all’equilibrio. Hora quando di$cende $otto li 29 diti, certo che di$cende a$$ai notabilmente; all’hora è ri$pinto in sù dal maggior pe$o dell’aria; e pur non vediamo que$te meraui- glie di a$cendere $ino ad vrtare nella cima della canna, &c. Ma che, che $i $ia, io $ono $icuri$$imo, che anco quãdo $iano vere tutte le $uppo$itioni del Sig. Sinclaro, non però que$ta pre$$ione dell’aria può e$ser la total cagione di que$t’ effet- to, mentre certi$$imo v’interuengono dell’ altre cau$e.

_Ofred._ In gratia V.S. l’a$$egni.

_Matem._ Le dirò Sig. Ofredi. Quando io le$$i que$te co$e del Sig. Sinclaro, pre$i vn cannoncino otturato da vna parte, e dall’- altra aperto, e li po$i dentro vna balletta, e chiudendo l’altra parte con il dito, alzauo ogni co$a con impeto. Sentiuo ma- nife$tamente, che ce$$ato l’alzamento la balla $eguiua a $ali- re per la canna per qualche $pacio: e $e io nel $ine dell’al za- mento abba$$auo vn poco la mano (come qua$i de nece$$i- tà bi$ogna che $i facia) $aliua tanto, che vrtaua nel dito. Po$i nel cãnone dell’acqua $ino ad vn certo $egno, & alzan- do il cannone con empito, ce$$ato pure que$to moto l’acqua $eguiua a $alire, e mi bagnaua il dito. Hora qui non v’è pre$- $ione dell’aria, e pure per il $olo alzamento veloce del can- none $eguiuano que$ti alzamenti delli corpi in e$$o conte- nuti; li quali alzamenti non $eguiuano quando il cannone s’alzaua lentamente.

_Ofred._ Ma qual’è la cagione di que$te $alite?

_Matem._ Nel mio cannone la cagione credo che $ia, che mentre alziamo que$to, quel moto lo conferiamo ad e$$o, ed’alli corpi in e$$o contenuti. Quando lo fermiamo, li corpi con- tenuti, cioè balla, & acqua, che non $ono continui ad e$$o, non perdono così $ubito l’empito concepito, ma lo tratten- gono per qualche tempo, e $eguono il loro viaggio ver$o quella parte, ver$o la quale $e li ha già conferito il moto. Che $e per fortuna auuiene, che non $olo fermiamo la ma- no, ma anco que$ta cali in parte co’lcannone, all’hora il corpo contenuto già in moto ver$o la parte $uperiore, per- cuote nel dito, come quello che di$cende ad’incontrarlo.

DIALOGO

_Ofred._ Crede V. S. che anco que$te ragioni $i po$$ino a$$egna re al moto dell’argento viuo nella fi$tola?

_Matem._ A$$ai più efficacemente. E primieramente, ha mai o$$er- uato Sig. Ofredi, quando uno con tirare rompe vna fune, ò co$a $imile, l’effetto che fà la parte che li re$ta in mano?

_Ofred._ L’hò o$$eruato hieri con mio danno, che volendo accor- dar vn Liuto, e tirando troppo, fi $pezzò la corda, e la parte che re$tò auolta al pirone mi col$e nel volto vicino ad vn occhio, che qua$i m’hebbe ad acciecare.

_Matem._ Pouero Sig. Ofredi, $e oltre alla curta vi$ta, che hà, de- uentaua anco ciecolino. Noti adunque, che nel $eparar$i vna parte dall’altra, quella che re$ta in mano sbalza ver$o quel- lo, che tira. Tanto nell alzar con violenza la canna, non $i fa que$to $trapamento dell’argento viuo, che re$ta nella can- na, da quello, che re$ta nel va$o? Ecco adunque, che vi è qualche cagione di principio di moto ver$o la $trada, che fà la mano alzante. Per $econdo, come nel mio cannone, co$i in que$ta canna $i conferi$ce in que$to veloce alzamento al- l’argento viuo quell’empito; & e$sendo que$ti corpo conti- guo alla canna, per il fermar di que$ta non langui$ce $ubito quell’empito, ma continuando per qualche tem- po, continuerà anco il moto all’insù ver$o la cima della canna.

S’aggiunga per terzo, che $icome il mezzo è d’impedimento alle co$e, che per e$$o $i muouono, e $empre più, quāto è più cra$$o, e den$o; co$i alla $alita dell’argento viuo $piana la $trada mirabilmente il vano, che re$ta nella $ommità della fi- $tola per cui deue $alire. Il quale e$$endo ò vacuo, ò almeno materia $ottili$$ima, la$cia che con tanto maggior empito $ali$ca l’argento viuo.

Che s’aggiongeremo per vltimo, che chi alza la canna con pre$tezza, nel fine l’abba$$i anco qualche poco, tanto più ve locemente $alirà l’argento viuo.

_Ofred._ Realmente parmi, che que$te cagioni debbano interue- nire nella $alita di que$to argento viuo; onde io re$to per$ua- $o a confe$sare, che la pre$$ione dell’aria in que$to ca$o, ò non vi concorra, ò almeno $olamente come cau$a partia- le, Ma prouo bene, che la pre$$ione dell’ aria fa vn’ altro SECONDO. effetto in me, che non sò $e facia in loro Signori. Parmi di hauer ripieno il ventre $olo d’aria, che mi $pinge ad an- dar a pran$o; perciò rimettiamo que$ti no$tri di$cor$i ad vn- altra volta.

_Matem._ V.S. ha ragione; credo che $ia tardo da douero. A riue- der$i frà qualche giorno, ritornato che $ia di Villa, oue deuo portarmi doppo di$inare per alcuni miei intere$$i.

IL FINE! DELLA GRAVITA DELL ARIA E FLVIDI ESER CITATA Principalmente nelli Ioro homogenei. Dialogi Terzo, Quarto, e Quinto F<007>$ico-matematici. DI STEFANO DEGL ANGELI LETTOR MATEMATICO Nello Studio diPadoua. IN PADOVA, MDCLXXII. Per Mattio Cadorin, Con licenza de Superiori. ALL’ILLVSTRISSIMO ET ECCELLENTISS. SIGNOR FRANCESCO MARIA RIARIO Marche$e di Ca$tiglione d’Orcia, Nobile Veneto, e Senatore di Bologna, Felicità. ILLVSTRISS. ET ECCELLENTIS. SIG.

SIno dalla mia giouentù, mentre mi ritrouauo in Bo. logna per attendere alle ma tematiche $otto la diret tio- ne del P. Caual<007>eri, hebbi fortuna di far acqui$to della protettio- ne della nobili$$ima ca$a Riaria, con- ce$$ami benign dal Marche$e Ferdinando glor<007>o$o Padre dell’Ecc. V. Nel qual po$se$$o hauendomi poi lei $ucce$$iuamente con pari liberalità cõ- $eruato, hò $empre $o$pirato l’occa$io- ni di poterle dimo$trare qualche $e- gno della mia gratitudine. Ma cono- $cendo e$$er tali la $ua, e mia conditio- ne, che non mi $ia da que$te perme$$o il poter far altro che confe$$armi pu- blicamente debitore, e di gro$i$$ima $omma, ri$oluo farlo con la pre$ente oc- ca$ione della $tãpa di que$ti mier Dia- logi Fi$icomatematici. ll che e$equi$co con tanta maggior confidenza, quanto e$$endo vniuer$almente nota la gran peritia dell’E. V. in $imili, & altre ma- terie, $pero che la mia confe$$ione $ia per e$$e più ben vi$ta, mentre li com- pari$ca auanti introdotta da co$e tan- to a lei familiari. Gradi$ca adunque l’E. V. con quella grandezza d animo che hà heredita@@ dac@$i lunga $erie dinobil<007>$$imi antenati que$ta- to d@@$e mie obligationi, mentre non vaglio in altro, che nel poter rephcar $empre d’e$$ere

Di V. Ecc.

Padoua li 10. Luglio 1672.

Humili$s: e Obligati$s. Seruitore Stefano Angeli.

AL LETTORE.

ECcoti, Benigno Lettore, tre delli miei Dialogi in $eguimento delli due primi già qualche Me$e pu- blicati. A que$ti ne $eguiranno delli altri, $e Dio $i compiacerà di concedermi pita, $anità, e miglior fortuna di quella, che prouo. Le cau$e di publicarli $ono le mede$ime, le qua- li nelli altri due ti bo e$pre$$e; perciò non le re- plico. Solo di nuouo torno ad inculcare, che io in e$$inon pretendo alcun primato, e panto d’inuentor primiero; la- $ciando que$te lodi à chi, ò le merita, ò pretende di meritarle. Viui felice.

NOI REFORMATORI Dello Studio di Padoua.

HAuendo veduto per fede del Padre Inqui$itore di Pado- ua nell’opera intitolata Dialogo terzo, quarto, e quin- to $opra la grauità dell’aria di D. Stefano Angeli Matemati- co Publico in Padoua, non e$$erui co$a alcuna contro la San- ta Fede Catolica, e parimente per atte$tato del Segretario no$tro, niente contro Prencipi, e buoni co$tumi, concede, mo licenza à Matteo Cadorini di poterla $tampare o$$er- uando gli ordini, &c.

Dat. à 6. Luglio 1672.

(

(Nicolò Sagredo K. Proc. Ref.

(Pietro Ba$adonna K. Proc. Ref.

Angelo Nicolo$i Segr.

DIALOGO TERZO Della grauità dell’ Aria, &c. INTERLOCVTORI CONTE LESZCYNSKY, OFREDI, E MATEMATICO DI PADOVA.

O_Fredi._ Ben ritornato dalla Villa Sig. Profe$- $ore. In verità che il Signor Conte, & io l’habbiamo de$iderato al più alto $egno.

_Mat._ Non minor de$iderio hò hauuto io della non meno gioconda, che vtile con- uer$atione delle Signorie loro in quella $olitudine. E mi rallegro $ommamente d’hauerle ritrouate con buona $alute. Mà perche hanno tanto de$iderato il mio ritorno? La co$cien- za non mi rimorde che io li $ia debitore di co$a alcuna.

_fred._ A mè è debitore certamente; poiche con li $uoi antece- denti di$cor$i hauendomi riempito il capo con certe dottri- ne, non trouo poi l’e$perienze per l’appunto corri$ponder ad e$$e. Que$t’è la cagione che io in particolare an$io$a- mente de$iderauo il $uo ritorno; quale da mè $a puto, $ubito $ono venuto col Sig. Conte à riuerirla.

_at._ Se $arò debitore, vedrò di $odisfarla, $e potrò. Re$ta $olo che V. S. me notifichi la qualità, e quantità del debito, $en- za riccorrere à Magi$trati; poiche non intendo che in que- DIALOGO $ta no$tra cau$a, nè Auuocati, ne altri $imili habbino da $ta- re allegramente pure con vno delli miei dinari.

_Cont_. Le preten$ioni del Sig. Ofredi gle le rappre$entarò io; ac- ciò egli parlando in cau$a propria, & e$$endo to$$ico$o co- me vna Rapa, e bilio$o, e colerico quant’vn’ A gnello,

_Ofre_. V. S. principia à buon’hora con li $cherzi,

_Cont_. Non $i ri$calda$$e di $ouerchio; e$$endomi beni$$imo note per li di$cor$i, che habbiamo hauuto in$ieme in que$ti gior- ni della $ua a$$enza; nelli quali vnita mente $iamo andati $tu- diando, e illibro del Sig. Sinclaro, del quale più volte hab- biamo parlato nelli no$tri pa$$ati colloqui, & altri; & hab- biamo trouato _nel Lib_. 2. del detto Signore, che racconta molt’e$perienze da e$$o fatte in diuer$i luoghi di piano, e di monte più, e meno alti, per vedere, che differenza vi era nella $aIita, e di$ce$a dell’argentouiuo.

_Mat_. Intendo beni$$imo. Anch egli, e in luoghi piani, e in luo- ghi montuo$i hà fatto l’e$perienza del Tubo Torricelliano così chiamato volgarmente, per cagione del gran Torri- celli, che l’inuentò (da e$$o detto con nome $peciale Baro $copio, qua$i i$trumento da mi$urare, e $peculare la grauità e pre$$ione dell’aria,) come hanno fatto infiniti altri; & ha- uerà trouato, che nelli luoghi piani $ali$ce il mercurio $ino alli diti 29. $econdo la $ua mi$ura di $cotia, e nelli mont meno, e meno, conforme che que$ti $ono più, e più alti.

_Cont_. Così appunto. Mà quello, che nè fa difficoltà, e che no potiamo intender à pieno, è, che _nel nu_. 3. dice, che volend far que$te diuer$e e$perienze, non riempì il Baro$copio al le radici del monte, e con e$$o così pieno $alì ad alto, pe notare le differenze delle $ue altezze $ucce$$iuamente con forme che più, e più a$cendeua, come $i legge appre$$o Pe queto _nel lib. delle nuoue e$perienze Anatomiche_, hauer fatt Pa$chalio $opra li monti dell’ A luernia, e credo hauer v$at tutti li altri; mà in tutti li luoghi riempiua di nuouo l’i$tru mento; dicendo il modo delli altri non e$$er à propo$ito non in ca$o che l’i$trumento $i pote$$e portare $enz’ agita tione. Ma _cum ob montis prærupta a$peritatemque nemo tacito pe_ _de, $u$pen$oque gradu a$cendere queat, vnde multa corporis, Baro_ _$cop{ij}q; agitatio, fieri non pote$t, quin humilius, ac depre$$ius debit_ TERZO _agitatus concu$$u$que mercurius, i$que perpetim deor$um nitens,_ _defluat, & $ub$idat, vt certa comperi experientia._

Di più, _nel n._ 7. narrando come face$$e que$t’ e$perienza alzan- do sù il Baro$copio con’vna fune $opra la Torre della Cat- tedrale di Gla$quo, dice, che alzato in alto, calò dalla prima altezza 5. delle 32. parti d’vn dito; e di nuouo calato al ba$- $o, ritornò qua$i alla medema altezza. E $oggiunge, _Di-_ _xi ferè, quoniam procul omni dubio, Hydrargyrus ob $uam puram_ _grauitatem inter a$cendendum plus $ub$edit, quam inter de$cenden-_ _dum, in tubo a$cendere potest_. Que$ta co$a non la potiamo in- tendere; cioè perche $empre il mercurio non $ali$ca, ò di- $cenda alla medema altezza nel medemo luogo, ce$$ata che $ia l’agitatione; perche $alendo ad vna tal altezza per il mo- mento, che li fà l’atmosfera, come hora è tenuto comu- nemente, e V. S. hà confe$$ato _Dial. 2. pag_. 54. e$$endo che que$to momento alle radici del monte, ò al piano della tor- re è $empre il medemo, pare anco che ce$$ata l’agitatione, debba re$tituirlo alla pri$tin’altezza, e non ad vna minore.

_Ofr_. Così parmi che di nece$$ità bi$ogna che $egua Ne parmi che que$to effetto po$$a attribuir$i alla grauità del mercu- rio, come fà il Sig. Sinclaro, perche douendo$i far l’equili- brio trà la medema aria, e il medemo mercurio, non sò co- fa habbia quì da fare la grauita; e come po$$a far$i que$t’e- quilibrio, $e il mercurio non è il medemo, ma meno alto, e minore.

_Mat_. Loro Signori fanno vna $uppo$itione molto impropria, e fal$a. Suppongono che $empre il mercurio nel medemo luogo $ali$ca alla medema altezza; il che è fal$i$$imo, e per ragione, e per i$perienza. Per ragione, perche $alendo ad vna tal altezza per la pre$$ione dell’atmosfera; e$$endo che que$ta è $empre varia, ed incon$tante; varia anco, ed’incon- $tante bi$ogna che $ia l’altezza del mercurio. L’e$perienza poi è così manife$ta, che non vi è alcuno, che nari que$to Fenomeno, il quale non auuert<007>$ca que$to accidente. Frà li altri li nobil<007>$$imi Accademici del Cimento _nelli $aggi di_ _varie e$perienze_ fatte alla pre$enza d<007> quel gran Mecenate delle lettere dico del Seren<007>$$imo Prencipe Cardinal Leo- poldo Medici, in p<007>ù luoghi, ma principalmente _alla pag 26._ DIALOGO dopò hauer detto, che il mercurio $ali$ca $in’all’altezza d’- vn braccio Fiorentino, & vn quarto, dicono le $eguenti pa- role. _Que$t’ altezza quantunque pochi$$imo per esterni accidenti di_ _calore, e di freddo, e alquanto più, per le staggioni varie, e $tati di-_ _uer$i dell’ aria $i $ia o$$eruata variare, come da vna lunghi$$ima $erie_ _di no$tre o$$eruationi manife$tamente appare; tuttauia per e$$er tali_ _variationi a$$ai piccole, $arà da quì auanti denominata $empre_ _della $te{fs}a mi$ura d’vn braccio, e vn quarto, come la più pro$$ima di_ _qualunque altra_. Stando adunque ciò, potria e$$ere che di que$te diuer$ità di $alite del mercurio nel medemo luogo, cioè alle radici del monte, ò al piano della torre dopò rica- lato il Baro$copio, ne fo$$e cagione il diuer$o calore intro- dotto nell’aria, ò altra uarietà in e$$a proueniente da maggior, ò minor imgombramento di nuole, ò altri ac- cidenti diuer$i$$imi.

_Cont_. Benche que$te dottrine, & e$perienze $iano veri$$ime; nulladimeno noi non vogliamo che habbino luogo in que- $to ca$o. Perche $e da e$$e haue$$e hauuto origine que$to Fenomeno, crediamo che il Sig. Sinclaro ciò hauerebbe co- no$ciuto; e non $arebbe ricor$o alla grauità del mercurio. Più recondita adunque, & a$tru$a è la $ua cau$a; e bi$ogna procurar d’indagarla.

_Mat_. Facia$i quello che comandano. Tanto più che $e bene for$e non caueremo dal pozzo la vera cagione, pe$chare- mo nulladimeno per auentura qualche co$a in altri propo- $iti, che non s’hauremo da pentire d’hauer $par$o le fatiche al vento. E per caminare ordinatamente, potiamo con$i- derare, che dicendo il Sig. Sinclaro $ucceder que$t’ effetto quando il mercurio viene agitato, potiamo confe$$are ra- gioneuolmente che di que$to Fenomeno ne $ia cagione la pura agitatione. Re$ta che con$ideriamo come ciò po$$a fuccedere. Io à que$to propo$ito noto vn’altra o$$eruatio- ne del Sig Sinclaro _nel lib_. 1. _Dial. 3. n. 2_. oue dice, che $e riem- pito il Baro$copio d’argentouiuo, $e le caccierà dentro più volte vn $ottili$$imo fil di ferro, que$to farà v$cir fuori dall’- detto argentouiuo le particole dell’aria, che $tanno na$co- $te entro e$fo. Nel qual ca$o purgato che $ia il mercurio dall’aria, $alirà vn poco più, che quando non s’v$a que$ta TERZO. diligenza. Il che $tando, e fatto il voto con l’argento non purgato dall’aria, $alendo que$ta $opra e$$o, la cagione di que$ta minor $alita dell’argento pare che debba attribuir$i à que$t’aria.

_Ofred_. Se così è, parmi che ragioneuolmente $i debba dire, che in tanto il mercurio agitato re$tituito al medemo luogo non ritorni alla medema altezza, mà minore, perche con l’agitatione $i facia $alir l’aria nella $ommità di lui, la qua- le prima fo$$e con e$$o me$colata.

_Mat_. V. S. è più miracolo$o nel dedur con$eguenze, che non era Archimede nell’ alzar le Gallere de Romani con la ma- no di ferro. Que$ta con$eguenza è molto fatico$a da dedu- re; credo però che à ca$o in parte habbi tocco il punto.

_Cont_. Il Sig. Sinclaro leua que$to $utterfugio, mentre dice _nel_ _lib 2. Dial. 1. n. 3. cit._ che nel fare que$t’ e$perienza, _Baro$cop{ij}_ _tubum, $umma cura ac diligentia, ad $ummam v$que oram, Hydrar-_ _gyro impleuit, omnibus extru$is ope fili ferrei, aeris particulis in-_ _ter Hydargyri particulas latitantibus._

_Mat_. Parmi che con quell’ _Omnibus particulis_, il Sig. Sinclaro $i re$tringa troppo; poiche io dubito, che quãto più s’agiterà, $empre $i far à $alire dell’aria.

_Ofre_. Che vuole V S. che l’aria me$colata con l’argentouiuo $ia infinita?

_Mat_. Non dico che $ia infinita, ma tanta, che $empre ve ne farà, $ino che vi $arà mercurio. Que$t’aria poi credo che almeno in buona parte, non $ia altro che li efluui, à quali con l’agitatione $i facilita l’v$cita dall argentouiuo; liberan- doli dall’implicatione, ne$$o, e $trengimento, che li viene fat- to dalle altre particelle; agiutando con que$to moto e$terno quell’ interno nel quale for$e $ono perpetuam\~ete. Così s’a- gitaremo con vna mano l’acqua cõtenuta entro vn va$o, ve dremo vna moltitudine di bolle, le quali in buona parte nõ $ono altro che aria; cioè efluui, a quali con l’agitatione $e fa- cilita la via ad v$cir dall’acqua. Et à que$to propo$ito hò o$- $eruato à Venetia, che quando li no$tri Barcaroli per li ca, nali cacciano il Remo nel fango, ò che altri caccia vn palo in e$$o, ò fitto che egli $ia, procura agitandolo quà, e là, ca- uarlo da e$$o, che $ali$cono molte bolle d’aria; le quali non DIALOGO $ono altro che efluui, cioè particolle più leggieri, e pronte al moto, che con quelle $pinte, ò agitationi $ono liberate dalla priggionia, che li cau$aua la tenacità, e vi$co$ità del fango, & altro. E co$a famo$a appre$$o li Chimici, che tut ti li corpi habbino particelle volatili, alle qual<007> è facilitato il vo- lo dall’ agitationi.

_Cont_. V. Sig. pennerà molto poco in per$uadere que$to alli Epicurei. Li quali empiamente dicendo il mondo e$$er $ta- to prodotto dal fortuito concor$o delli atomi; e percio tut- ti que$ti trattenere innata vna mobilità in$eparab<007>le, e mo- to attuale, ò irrequieta propen$ione ad e$$o, con la quale $empre procurino liberar$i da quel ne$$o, il che cau$i final- mente il $cioglimento di tutti li corpi; facilmente s’accor- deranno in concedere che il moto e$trin$eco dell’agitatione faciliti que$to $cioglimento. Ne for$e hauerà b<007>$ogno di maggior fatica per per$uadere ciò anco alli Carte$iani. Li quali volendo che quella $ua materia $ottile, che à gui$a di fiume rapido $corre da per tutto, penetri per li pori delli corpi; & in con$equenza concuti le loro minime particelle non recu$eranno que$t’agiuto dell’agitatione.

_Ofr_. Ne meno V. S. pennerà molto in per$uaderlo anco à me Hauendo io o$$eruato più volte, che agitando$i, ò acqua, ò altro l<007>quido, che sfumi (il qual fumo non credo $ia altro che li efluui, che e$cono dal liquido,) ò con la mano, ò cor qualche in$trumento; $i vede v$cir il fumo in maggior co pia; credo non per altro, fe non per la facilità, che arreca l’ agitatione all’eua poratione. E que$ta credo io che $ia vna delle cagioni, per le quali $ogliamo agitar il brodo, ò mine $tra con il cucchiaro quando vogliamo che pre$to raffredi po iche quell’agitatione facilita l’v$cita alle particelle più calide, e più pronte al moto; le quali partite, la$ciano nella mine$tra vn caldo da noi tolerabile. Stando le qualico$e, non mi re$ta dubio, che anco dal mercurio agitato non debbanco v$cir efluui, mentre e$$o contiene quantità d’acqua ele- mentare, la quale facilmente potrà da e$$o euaporare.

_Cont_. Acqua elementare?

_Ofr_. Sì Signore. E $e vuoie imparar ciò, veda I’opu$culo, il ti tolo del quale è, _Noua, & Amenior Philo$ophia de Fontibus:_ TERZO. _Iacobi Dobrzen$ki de Nigroponte, Boemi Pragen$is par._ I. _pag. 27._ e trouerà vna belli$$ima e$peri\~eza di ciò. Dice adunque che $e $i ponerà in vn lambico proportionato libbre 6. di mer- curio in circa, e $e di$tillerà, che ne v$ciranno 3. ouero 4 on- cie d’acqua puri$$ima, & elementare.

_Cont._ Io non dico, che mediante la di$tillatione, non $i po$$ino cauar $piriti dal mercurio, che raccolti, con$titui$cono vn fluido come acqua; mà che que$to poi $ia acqua elemen- tare, io non $ono co$i pronto à crederlo: poiche più to$to li reputarei vn e$tratto efficace di mercurio, che ritene$$e le $ue virtù efficacemente, appunto come quando dal vino $e ne caua l’acquauita; e da altre materie altri e$tratti.

_Ofr._ Quello, che $i caua dal mercurio non e$$er altro che ac- qua elementare, è prouaro dal medemo autore con que$t’- e$perienza. E$tratta l’acqua dal mercurio, s’e$ponga que- $to all’aria per tempo conueniente, e poi $i lambichi di nuouo; $e ne cauerà altretanta acqua. Si replichi que $t’- operatione $ei, otto, e quante volte $i vuole, $empre $e ne cauerà la medema acqua. Sicche pe$ata tutta que$t’acqua raccolta, $i trouerà pe$are più che non pe$aua l’argentoui- uo. Ragioneuolmente adunque interroga l’autore. _Vide an_ _Hic $piritus mercur{ij} e$$e po$sit?_ Poi $oggiunge. _Ergò liberè di-_ _cere po$$um aquam illam nil al<007>ud e$$e, quam atomos aqueas in aere_ _circumuolitantes, tempore bumido ab argentouiuo eidem expo$ito_ _attractas, & frigiditate naturæ argentiuiui intrò con$eruatas, po-_ _$teaque ope di$tillationis in aquam formalem conuer$as_.

_Mat._ Pare à me che più congruamente a$$egni la cau$a de $i- mili effetti il dotti$$imo Padre Emanuel Magnano _in Phi-_ _lo$. naturæ cap_. 16. _prop_. 2. oue dice, che $e e$tratto il $pirito dal vitriolo, s’e$ponga all’aria per alcuni giorni quella ma- teria, che re$ta, la quale dalli artefici è chiamata Colcotar, e $e torni à di$tillare con la retorta, che $e ne cauerà nuo- uo, e più efficace $pirito. E il medemo $uccederà $e più volte $e replicherà l’operatione. Così $e quella terra, dal- la quale con vari lauamenti $e ne hà cauato il nitro, $i e$po- nerà in luogo conueniente per alquanto tempo, lauata di nuouo, $e ne cauerà altro nitro. La cau$a è, dice egli, per- DIALOGO che li $piriti del vitriolo, e del nitro vaganti per l’aria, v- $citi da corpi nitro$i, e vitriolati, di nuouo entrano, e s’at- taccano al $uo fi$$o, cioè al colcotare, e alla terra. Così io direi, che v$c\~edo dall’argentouiuo, e da gl’altri corpi efluui, e $piriti d’argentouiuo, que$ti s’vni$$ero al $uo fi$$o, e l’im- pregna$$ero di nuouo Hò detto, _e da altri corpi_, perche bi- $ogna che pur que$ti, ò per meglio dire alcuni d’e$$i con- tenghino in $e corpu$coli $imili à quelli, che compongo- no l’argentouiuo, $e è vero quanto vna volta mi di$$e vn Chimico. Mi mo$trò que$ti vn’ampollinetta, ò bottonci- no di vetro con certo mercurio, che mi diceua hauerlo e$- tratto dal $terco d’huomo. Io la$cio la verità di que$to al $uo luogo.

_Cont_. La cau$a di que$to Fenomeno da V. S. a$$egnata mi piace più, che quella, che n’a$$egna il Sig. Dobrzenski. Nulladi- meno l’e$perienza ne potrà render più fondati nel deter- minare che materia $ia que$ta, dalla qualità, & effetti, che cagionerà quell’acqua $tillata.

_Mat._ Sì, che per altro non tengo ne meno io per verità infal- libile, e $empre vero, che li corpu$coli, che entrano in vn mi$to, $iano quelli da e$$o v$citi, e della medema natura. con e$$o.

_Ofr._ Io vorrei $apere il modo, con il quale que$ti corpu$co- letti entrino nell’argentouiuo, e nelli altri corpi; perche quel dire, che $iano attratti delli predetti autori non mi piace.

_Mat._ Ne meno piace à mè. Io credo che que$to effetto non $ia altro, che vno di quelli, che cagiona la pre$$ione, Elaterio, e grauità dell’aria, che è il principal $oggetto, che hauemo per le mani in que$ti no$tri di$cor$i. E per dichiarar que$to li darò vna $imilitudine a$$ai roza. V. S. riem pia vn criuello (che habbia li $uoi bucchi co$i formati, che $iano della me- dema figura, e grandezza delli grani del $orgo ro$$o) di molte $orti di biade; premendo que$te con la loro graui- tà $opra il criuello, caccieranno per li $uoi bucchi e grani di $orgo ro$$o, e grani di miglio, e di tutte quelle $orti di biade, che haueranno li grani più piccoli di quelli del $or- go ro$$o, ma non delli maggiori. Così $e fo$$ero minori TERZO per vn capo, ma maggiori per l’altro, non vi potrebbero di$cendere quando non principia$$ero ad entrarui per il ver$o che $ono minori. Che $e occupato qualche bucco da grano maggiore come $arebbe il Cece, Faua, ò altro che impedi$se l’ingre$$o alli minori, con la mano, ò altro agi- ta$$imo que$ti grani, potre$$imo rimuouer quel maggiore, di modo che capita$$ero delli minori al bucco, e così di- $cende$$ero. Tanto credo io che in certo modo $ucceda. nel no$tro ca$o. Preme l’aria no$tra $opra la $uperficie dell’ argentouiuo, e delli corpi predetti con la $ua grauità, & elatere; & e$$endo que$ta vn’aggregato delli efluui, che $ono v$citi da tutti li corpi; e perciò formati in diuer$i$$ime maniere; e trà l’infinite particelle componenti il mercurio, e detti corpi, e$$endoui infiniti $patietti, e pori $e non vacui, almeno pieni di materia $ottili$$ima, figurati conforme ri- chiede la diuer$a di$po$itione delle minime particelle com- ponenti; con quella pre$$ione, & elatere caccia in quelli pori, ò $patietti quelli $uoi corpu$coli, li quali $ono per la $ua figura, e piccolezza capaci ad entrarui. Al che mira- bilmente $erue il continuo moto, nel quale è l’aria no$tra, ò agitata da venti, ò da altro, per rimuouer li più gro$$i im- pedienti l’ ingre$$o alli altri, e portarui li proportionati. La ragione per$uade che quelli ve rientrino per lo più, li quali ò per agitatione, ò per altra cau$a vi $ono v$citi, e$$en- do proportionati à quelli $patietti; e parimente che vi en- trino quelli, che $ono vguali, e $imili à que$ti. Che $e ve ne $ono anco de minori; e que$ti pure po$$ino e$$er cacciati dentro. Agiuta anco que$t’ingre$$o la te$$itura del corpo, nel quale que$ti deuono entrare: perche e$$endo e$$o flui- do, come è il mercurio, & in con$equenza con$tante di particelle minime, e pronti$$ime al moto, & alla $e paratio- ne; le particelle dell’ aria $e pono far più largo all’ entrarui con la pre$$ione, grauità, & elatere.

_fre_. In que$to modo li corpu$coli dell’a ria entrarebbero $ola- mente nelle prime parti del mercurio, e delli corpi à $e con- tigue, e non per tutta la corpulenza. Per e$empio, $e il mercurio fo$$e alto nel va$o vn cubito, entrarebbero $ola- mente nelle $ue parti $uperficiali, e non per tutta la $ua al- DIALOGO tezza. Perche occupati quelli primi $patietti, ò pori dalli corpu$coli dell’aria, impedirebbono l’ingre$$o alli altri; ne e$$i $e cacciarebbero più oltre.

_Mat._ Bi$ogna Sig. Ofredi che V. S. $ia $cordata di quel volgar prouerbio, che vn Chiodo caccia l’altro. Quando li no$tri Marangoni vogliono cacciare vn chiodo ben bene dentro il legno, percuotono con il martello vn’ altro chiodo, che s’appoggia $opra l’immer$o nel legno. Così l’aria, caccia- to che hà vn corpu$colo in qualche $patietto vicino alla. $uperficie, preme con’ vn altro $opra quello, e lo caccia più in dentro; e poi con’vn altro; e così $ucce$$iuamente $in@ che li caccia quanto puole.

_Ofr._ Que$te ragioni non mi paiono affatto priue d’apparenza Se in vn va$o di legno poneremo dell’ acqua, le particelle di que$ta cacciate dalla pre$$ione, e grauità, che fà l’acqu@ con la $opra$tãte aria $opra il va$o, penetreranno nelli $uc@ pori, $e que$ti ne $aranno capaci. Mà $e il legno fo$$e me no poro$o, cioè di pori più angu$ti, li minimi dell’ acqua non v’entraranno; ma bene chi vi pone$$e altro liquido, cui minime particelle fo$$ero, e minori, e $imili in figura alli pori del legno, que$te v’entrariano.

Cont. _Que$t’effetto, ò e$perienza ne deue render cauti co@_ _quanta circon$pettione bi$ogni caminare nel creder all’e@_ _perienze arrecate da gl’autori. Poiche in $imil propo$it_ _hieri appunto mi fù detto hauer il Ruelio_ De Plantis capi. Hedera _que$te parole._ Nobis Caio documentum libello de re ru ca ded<007>t. Si voles, inquit, $cire in vinum aqua addita $it vel nè: v $culum facito de materia Hederacea, vinum quod putabis aqu habere eodem mittito, $i dilutum aqua fuerit, vinum efluet, aqu manebit nam non continet vinum vas Hederaceum. _Per cont_ _rio, il dott<007>$$imo P. France$co Maria Grimaldi Gie$uita _ $uo trattato de Lumine prop. 6. n. 2. dice, _E_xperimentum, quo ce $cimus $eparari vinum ab aqua, $i utrumque $imul po$itum fue in va$e ex lig@o Hederaceo, quia $cilicet aqua peruadit cra$siti tal<007>s va$is, & per <007>llud $tillatim defluit, vinum autem remane va$e, &c.

_Mat._ Pur troppo $i leggono di $imili $trauaganze, e contra tioni nelli autori. Prima del P. Grimaldi di$$e ciò anc TERZO. dotti$$imo Gio. Batti$ta Porta _Magiæ nat. lib. 18. cap._ 4. oue porta anco la ragione perche debba v$cir l’acqua, e non il vino. _Nam aqua humorum omnium $ubtili$sima est, quia $implex_ _est, v<007>num autem quum color atum $it, & color ex mixtione elemen-_ _torum, corpulentum magis e$t._ Dice che que$ta e$perienza $i può fare cõ molti legni, & in que$to hauer fallato li antichi, che pen$orno con l’hedera $ola. Narra le medeme parole che riferi$ce anco il Ruelio, ma dice dirle _Gæto_, che io non sò chi $ia, e può e$$er error di $tampa; il medemo dice hauer detto Plinio, e dice hauer errato ambidue, e tutti li antichi, e moderni. In$egna anco altri artificij $imili de Democri- to & Africano. Sia però come $i vuole; ba$ta al no$tro propo$ito che li minimi dell’vno, e non dell’altro e$chino. E quando anco ciò non $uccede$$e in que$to ca$o, come io ne dubito, poco importarebbe, e nulla derrogarebbe à quã. to habbiamo detto. Già molti anni, ritrouandomi à Tiuo- li, feci far da vn Tornitore vna $cudella d’Hedera. Nel farl’ e$perienza non re$tai $odisfatto. Eben vero, che poco mi potei $eruir di detta $cudella per certi accidenti Mi pare, $e bene m’arrecordo, che v$ci$$ero, e particelle di vi@o, e d’a@- qua; e che quello, che rima$e nella $cudella fo$$e co$a mol- to in$ipida. Co$i può e$$ere che $ucceda. Li mimimi del vino, & acqua $e vni$cono, e me$colano facilmente; ilche indica che $iano a$$ai $imili in figura. Può e$$er adunque che e$chino le parti più $ottili di ambidue, que$ti l<007>quidi, è re$tino le più cra$$e. Mà doue $e $iamo la$ciati guidare dal di$cor$o? Ritorniamo adunque al no$tro principal inten- to, e d’onde $opra $i $iamo partiti, e diciamo pure non e$$er merauiglia, $e contenendo il mercurio tanta copia di ma- teria euaporabile, che con l’agitatione $e gli faciliti l’v$ci- ta; e che in con$eguenza l’agitatione del Baro$copio fo$$e cagione del Fenomeno del Sig Sinclaro, del quale $opra parlauamo.

_Ofr_ Prima però m’appello della $entenza del Porta, che l’ac- qua _humorum omnium $ubtili$sima $it_. L’acquauita, e quinte e$$enze de fiori, & altro appena po$$ono con$eruar$i in va$i di vetro. Chi richiude$$e que$ti in vn va$o d’Hedera, ò d’vno di que$ti $uoi legni, ne far ebbe vna buona mercantia; per- DIALOGO che in poco tempo non trouarebbe che vendere. Ritornan- do poi al no$tro propo$ito, dico così.

_Cont_. In gratia mi la$ci digredire ancora vn poco. Mentre non è proprietà dell’ hedera $ola di e$$er accomodata à que$t a e$perienza, ma di molti altri legni, come dice il Porta; e poi vi è de$$idio trà li autori $e e$chi il $olo vino, ò acqua, ò pure le parti più $ottili d’ambidue, come dubito io, re- $tando le più fezzo$e, e cra$$e; giudico bene $uggerir vn modo, che mi par più $icuro per venir in cognitione di que- $to. Li Signori Accademici Fiorentini, _nelli $aggi citati pag._ 204. dicono che fecero gettare vna gran palla d’argento a$- $ai $ottile, e la riempirono d’acqua raffreddata con il ghiac- cio, e la $errorono $aldi$$imamente con vite; e martellan- dola, & ammaccandola gentilmente, ad ogni martellata, ò ammaccatura videro tra$udare gocciole d’ acqua per li pori dell’argento. Hora que$ti pori $ono a$$ai più angu$ti che quelli dell’hedera, & altri legni; mentre per li pori dell’ argento non tra$uderia ne vino, ne acqua, quando la palla non fo$$e martellata, e per quelli delli legni e$cono libera- mente; adunque tanto più $ottili bi$ogna che $iino le parti di quel liquido, che douerà v$cire per que$ti pori. Vna $imil palla $i riempia di vino acquato, e $i martelli, & ammacchi, e s’o$$erui quello n’v$cirà. Io tengo di certo che non v$ci- ranno, ne acqua, ne vino puro, ma le parti più $ottili del medemo mi$to. Ritorni Signor Ofredi nella no$tra car- riera.

_Ofr_. Se l’agitatione del mercurio cagiona$fe l’v$cità di que$ti efluui, tanto $empre douerebbe $ucceder _toties & quoties_ l’- argentouiuo s’equil<007>bra. Mi dichiaro. Riempita la fi$to- la eccedente li dit<007> 29. di mercurio, & immer$a la bocca a- perta nel mercurio $tagnante del va$o, di$cende il mercurio notabilmente più delli diti 29. e di nuouo è ri$pinto all’insù $opra di e$$i; e fatti diuer$i $ali$cendere, finalmente s’equi- libra alli diti 29. che $e di nuouo, ò inclinando la canna, ò in altra forma $i face$$e a$cender più, e di nuouo $i riduce$- $e al $ito perpendicolare; di nuouo $i farebbero que$ti di- uer$i $ali$cendere; e finalmente $empre $i ridurebbe alli di- ti 29. Hora quì $i fanno agitationi molto con$iderabili del TERZO. mercurio; e pure non e$cono que$ti efluui, e non cagiona- no que$te differenze

_Mat_. Se l’e$perienze del Signor Sinclaro $ono vere; e d’e$$e n’è cagione la $alita dell’aria; & in que$to $econdo ca$o il mer- curio $ali$ce $empre alla medema altezza, bi$ogneria dire, che vi fo$$e differenza trà quelle agitationi, e que$te. Ne io $aprei altra trouarne, $e non che in que$ta $econda agita- tione non $i dà $co$$a alcuna al mercurio, mà nella prima sì. Nel di$cender dal monte non è po$$ibile che non $cuotia- mo il no$tro corpo; & in con$eguenza il mercurio; con le quali $co$$e molto que$to $i concute; & in con$eguenza molto $i facilita l’v$cita alli efluui.

_Ofr_. Parmi che per $aluare il Fenomeno del Signor Sinclaro, habbia V. S. trouato vn debole $utterfugio; poiche che gra- uità può hauere quel pochino d’aria, che $i $uppone volare $opra il mercurio della canna, che l’habbia da deprimere tanto, che con gli occhi cono$ciamo euidentemente que- $ta depre$$ione?

_Cont_. In gratia Sig. Profe$$ore prima che V. S. ri$ponda al Sig. Ofredi, la$ci che arrechi vn’e$perienza del medemo Signor Sinclaro regi$tra ta _nel lib. 6. dial. 1. n. 4._ Nella sferetta di vetro piccola quanto $i vuole, $i fà pa$$are il cannello di vetro B A, a perto da ambi le parti, il quale $ia più lungo delli diti 29. altezza, alla quale s’equilibra ordinariamente il mercu- rio, e fi $tuca in C, beni$$imo; al di$otto $e gli $alda pure al- tro tubo LK, a perto d’ambi le parti, che entri in e$$a, e che habbia il $ito come nella figura; il quale però $ia co$i lun- go, che MN, $ia diti 29. Otturata la bocca K e$qui$ita men- te, per l’altra bocca B, s’infonda argentou<007>uo $ino che $ia pieno ogni co$a, cioè il tubo BA, la sfera, e il tubo LK. Ot- turato poi e$qui$itamente come, e con quella mater<007>a, che $i $uole la bocca B, s’immerga la K, nel mercurio del va$o $tagnante, come appare nella figura, e s’apra la detta bocca K. Vedra$$i di$cender il mercurio come ne la figura, di mo- do che $e MN, $arà diti 29. $ia $olamente pieno il tubo LK, & O A R, parte della sferetta.

_Ofr_. Io intendo beni$$imo che co$i debba e$$ere, correndo quà la medema ragione, che corre nel Baro$copio. Poiche DIAZOGO l’aria dell’atmosfera premendo $opra l’H I, mercurio del va$o, tiene $o$pe$o tutto quel mercurio, che è alto 29. diti $opra il liuello NHI.

_Cont_. Fatto que$to $i fori la sferetta $opra vicino al C, con’ vn buccolino piccolo quanto $i vuole. Secondo che l’aria entrerà nella sferetta, premerà $opra il mercurio OR, elo farà $alire per il tubo AB, à poco à poco, $ino che $ia arriua to v. g. all’F, di modo che FR, $ia diti 29.

_Ofr_. Vna $imil’e$perienza, benche fatta con’ altri va$i, & in- uentata dall’in$igni$$imo geometra Roberual France$e, re- gi$trano li Accademici Fiorentini _nelli $aggi, &c. cap_. 31. co. me e$perimentata da e$$i. Que$ta del Sig. Sinclaro par più ammirabile; ma però sò che deue e$$er co$i. Perche l’aria della sferetta comunica con quella dell’atmosfera; e perciò TERZO. preme con la mèdema forza, che preme e$$a: & al $cemar$i del mercurio O A R, che $ali$ce per la canna AB, và $upplen- do la medema atmosfera, la qual premendo $opra l’HI, mercurio del va$o $tagnante, lo fà $alire per KL, con$er- uando $empre il medemo liuello MR.

_Cont_. E co$i certamente, perche le cau$e a$$egnate da V. Sig. $ono le vere, e l’e$perienza fà vedere que$ta verità. Hora in que$t’e$perienza bi$ogna notare due co$e regi$trate dal Si- gnor Sinclaro _nel medemo luogo, al num_. 5. La prima è, _Hydrar-_ _gyrum inter a$cendendum, non recto motu per tubulum erepere, $ed_ _nor nullis potius volutationibus, quas oculo facilè percipere poteris_ _$upra cylindri verticem vbi globulus quidam ex ip$a Hydrargyri_ _$puma non orizontaliter, $ed verticaliter tardè, a$cendente mercu-_ _rio, circumuoluitur_.

_Mat_. Hò inte$o. V. S. hà addotto que$t’ e$perienza, acciò che fi cono$ca, che quando a$cende il mercurio anco qu<007>etamen- te, & a poco a poco, $ali$cono anco delli efluui, poiche al- tro che efluui non è quella $puma.

Cont. _L’altra è, che_ Licet arcti$sime cœmento, vel quouis alio modo occludas foraminulum C, vt aer externus nullum habeat influxum in aerem internum, nihilominus $u$tentatur cylindrus mercurial<007>s, idque $olumodo virtute interni aeris $uperficiem OR prœmentis.

_Mat_. Non e$tenui adunque tanto Sig. Ofredi la forza dell’aria; poiche que$ta in poca quantità può fare effetti molto con- $iderabili; come $i vede nel $opradetto, premendo non $o- lo con la grauità propria, ma anco con l’elatere, che è po- tente molto più, come dicono li elateri$ti.

_Ofr_. Mi riduca V. S à memoria co$a $ia que$t’elaterè.

_Mat_. E vna virtù agitatiua, ò ri$ping<007>tiua, che hà vna co$a compre$$a per forza, con la quale procura de re$tituir$i al- la $ua premiera, e natural e$pan$ione, contrapremendo chi la preme. Per e$empio, $e V. S. piegherà vna bacch et- ta in forma d’arco, $entirà la forza, che farà per ritornare al $uo natural $ito, & e$pan$ione. Que$ta forza, ò re$pinger la $ua mano s’addimanda ela tere.

_Ofr_. Non più, che mi$ouuiene à $ufficienza. M’arricordo, che per e$empl<007>ficare que$ta vi<007>tù ela$tica dell’ aria $i $eruono dell’e$empio d’vn gran cumulo di Lana, nel quale li pelli, DIALOGO che $ono più fondi $ono molto compre$$i da quelii, che li $oura$tano, di modo che rimo$$i que$ti, quelli s, e$tendono moltó p<007>ù. Così dicono, che con$tando l’ar<007>a no$tra, ò at- mosfera delli efluui, che e$cono da tutti li corpi, que$ti co- me graui tendendo al centro comprimono l’inferiori no- tabilmente, & e$$i fanno forza di liberar$i da quella com- pre$$ione. Altri chiamano que$ta virtù ela$tica dell’ aria Molla, perche l’elatere viene e$ercitato anco dalla $u$ta, e molla sì delli Horologi, come anco che s’adopra in al- tri artificii.

_Mat_. Quando li $ouuengono que$te co$e, intenderà anco facil- mente quanto $ia potente que$ta virtù ela$tica dell’aria; la quale compen$a beni$$imo alla grauità, di modo che po- chi$$ima aria con grand’elatere, cioè molto compre$$a, può fare il medemo effetto che vna mole alti$$ima d’aria con la $ua grauità.

_Cont_. Quanta forza habbia l’aria compre$$a con il $uo elate- rio, lo vediamo in infinite machine H<007>drauliche, e con no- ftra molt’ammiratione nell’ archibugio caricato à vento. Poiche non fà tanta pa$$ata, ne il ferro è $pinto fuori con tanto empito, $e non da que$to elater<007>o dell’ aria che compre$$a molto più di quello, che hà in que$ta no$tra ba$$a regione, nel dilatar$i imprime nel ferro quel grand’- empito.

_Mat_. V. S. di$corre beni$$imo. E $e vuole hauere maggior cer- tezza di ciò, con l’Archibuggio caricato in que$ta no$tra ba$$a regione $ali$ca $opra qualche monte, che vederà che quanto più alto $alirà, farà tanto maggior pa$$ata Così $e caricherà quà g<007>ù vna fontana hidraulica, e $alirà $opra il monte, l’acqua v$cirà fuori con tanto maggior empito, e durerà più ad v$cire. Il contrario $uccederebbe $e con li det- ti in$trumenti caricati $opra il monte di$cende$$e à $cari- carli al ba$$o, & al piano. La cau$a è, perche la $carica $i fà con quell’empito, che corri$ponde all’ ecce$$o dell’ elaterio dell’aria caricata per forza nella machina, $opra l’elaterio della medema, che hà in quel luogo oue è. Hora l aria di que$te no$tre regioni ha maggior elaterio che quella del- li monti.

TERZO.

_Ofred_. Tutto caminarebbe bene quando da que$te $ue e$pe- rienze con$ta$$e que$t’elaterio dell’aria. Ma que$to non hauer luogo t\~etorno alcuni di dimo$trare appre$$o li Acca- demici Fiorentini con’vna e$perienza $imile à quella, che hor hora proponerò da tentare nel no$tro in$trumento $o- pra dichiarato. Auanti che con e$$o $i procuri il voto, $e facia pa$$are la canna LK, per vn bucco fatto nel fondo di qualche ma$tello, $otto il quale $ia il va$o del mercurio $ta- gnante. Fatto il voto, e di$ce$o il mercurio come nella $igura, ò come habbiamo detto, $i riempia il ma$tello d’ac- qua, e $i facia il buccolino vicino al C. L’acqua entrando per il bucco C, e riempendo la palla, farà il medemo effet- to di far $alir il mercurio per la canna B A, che prima face- ua l’ aria; ma con que$ta differenza, che non $olo $alirà v. g. in F, di modo che R F, $ia diti 29. come quando $e riem- piua d’aria, ma $ino all’E, di modo che F E, $ia la quartade- cima parte dell’altezza dell’acqua, che nel ma$tello preme $opra il mercurio MOR.

_Cont_. Non hò dubio che co$i non debba $uccedere, perche in que$to ca$o $opra il mercurio MOR, preme tutta l’acqua contenuta entro il ma$tello dalla $uperficie M O R, $ino al $ommo dell’acqua, e $opra que$ta l atmosfera. Hora que$ta deue alzar il mercurio nella canna BR, li $oliti diti 29. e l’- acqua vn quartodecimo della $ua altezza; e$$endo il mer- curio qua$i 14. volte più graue dell’acqua.

_Ofr_. Hora V. S. otturi beni$$imo il bucco fatto vicino al C, e facia v$cir tutta l’acqua dal ma$tello. Vederà che il mer- curio non di$cenderà nella Canna. Que$to non quuiene per elaterio, che habbia l’acqua; adunque nè anco quando la palla è piena d’aria, que$to effetto na$ce dall’ elaterio, ò molla, che ella habbia.

_Mat_. Non mi pare che la $imilitudine corri. Poiche l’acqua pati$se, in comparatione dell’ aria, pochi$$ima compre$$io- ne. Mentre adunque che que$ta può pochi$$imo e$$er ri- $tretta in minor luogo (come d<007>remo for$e frà poco) que$ta $ua repugnanza alla compre$$ione è $ufficiente a render ra- gione di que$to Fenomeno. Al contrario l’aria è $ott opo- $ta à gran compre$$ione, di modo che con forza potre$$i DIALOGO mo nel $patio della palla MCR, cacciar 6. 8. e 10. volte più aria di quella, che contene$$e $enza que$ta forza. Mentre adũque che ella può e$$er tanto compre$$a; e tutto il mer- curio RF, della canna non è $u$$iciente à d<007>$cender, enon la comprime; bi$ogna dir che re$i$ta con l’elaterio.

_O$re_. In gratia arrechi qualche altra e$perienza, dalla quale $i cono$ca que$t’elaterio dell’aria, & e$$er vero che pochi$$i- ma aria con grand’elatere po$$i fare il medemo effetto, che vna mole alti$$ima d’e$$a con la $ua grauità.

_Mat_. Già sò Sig. Ofredi che V. S. e molto bene informata, che riempito il tubo Torricelliano, ò Baro$copio d’argentoui- uo, & <007>mmer$o _more $olito_ nel mercurio $tagnante del va$o, che que$to di$cende, & occupa $olo, ò vn braccio, & VIL quarto Fiorentino in circa, ò li diti 29. della mi$ura del Sig. Sinclaro. Parim\~ete sò che V. S. sa che $e il tubo fo$$e lungo per e$empio $oli d<007>ti 20. che riempito, & immer$o al mede- mo modo non n’v$cirebbe in conto alcuno; perche il con- trape$o, che li fà l’aria premente $opra <007>l mercurio $tagnã- te è $ufficiente à $o$tenerne non diti 20. ma 29. Hora deue $apere che chi in que$to tubo pone$$e, per e$emp<007>o, diti 19. di mercurio, & vno d’acqua, che tanto, e tanto non v$ci- rebbe cos’alcuna; ma chi con li diti 19. la$cia$$e vn dito d’a- ria, allora il mercurio di$cenderebbe per qualche $pa- tio.

_Ofred_. Corpo di me che que$ta co$a mi pare impo$$ibile. Non pe$a più vn dito d’acqua che più di 1000. d’aria? Come dun- que può e$$er que$to che vn dito d aria habbia più da pre- mere, che vn dito d’acqua?

_Mat_ Molto anco p<007>ù pe$a vn dito di mercurio, e pure ne anco que$to premeua come l’aria, quando la canna conteneua tutti li diti 20. di mercurio: ma poi ne que$fo, ne quella hã- no, che _ad $ummum_, poch<007>$$imo elatere, e for$i niente. L a- ria poi $e bene hà poch<007>$$ima grauità, ha grandi$simo ela- tere. Perche deue $apere Sig. Ofredi, che e$$endo l’aria incarcerata nel tubo della medema natura dell e$feriore, cioè $ottopo$ta alla medema compre$sione, che hauerebbe $e nell’ar<007>a l<007>bera li $opra $ta$$e l’aria alta quant’è l’atmosfe- la, que$ta fà l’equil<007>br<007>o con la pre$s<007>one, che fà $opra il TERZO. mercurio $tagnante tutta l’altezza dell’atmosfera con la $ua grauità. Aggiunto adunque à que$t elaterio il pe$o delli 19 diti di mercurio, tutto que$to compo$to eccede il pe$o dell’aria e$teriore premente $econdo il pe$o di que$ti 19. di- ti. Deue adunque di$cender il mercurio $ino che il dito d’ aria con la $ua maggior e$pan$ione habbia tanto debilitato il proprio elatere, che que$to, in$ieme con li rimanenti diti di mercurio, s’equilibrino con l’aria e$teriore premente.

_Ofred_. Se $ono vere que$te dottrine, parmi che $i potrebbono fare proue maggiori di que$t’elatere del dito d’aria, $e con que$t in $trumento $i $ali$ce ad alto; poiche quanto più $i $ali$ce, tanto più $cenderebbe il mercurio della canna; & in con$equ\~eza il dito d’aria più aummentarebbe la $ua e$pan- $ione.

_Cont_ Con que$ta con$ideratione il Signor Profe$$ore mi fà penetrare la cagione d’vn effetto, che più volte hò ammi- rato. Hò o$$eruato più volte, che forando$i vna Botte pie- na di vino, che fo$$e beni$$imo chiu$a con il $uo Cocone, n’v$ciua vn poco, e poi $i fermaua, e non n’v$ciua più. Io guardauo d’onde accade$$e que$to accidente. Hora cono- $co, che ciò può prouenire dall’elaterio dell’aria. Non e$ce il vino dalla Botte totalmente piena forata in qualche luo- go peril contrape$o, che li fà l’aria e$teriore, $ufficiente à $o$tenerlo anco quando fo$$e alto 18. braccia Fiorentini in circa, come è beni$$imo noto. Onde potendo l’aria e$terio- re $o$tenerne braccia 18. molto più potrà $o$tenere quello delle no$tre Botte alto due, o tre braccia, più, e meno. Mà $e nel $errar$i il Cocone $i $erra$$e dell’aria nella Botte, que$ta e$$endo del medemo vigore con l’e$teriore, allora premen- do più que$t’aria con il vino di quello che face$$e l’aria e$te- riore, n’v$cirà il vino $ino à tanto, chel’aria interiore hab- bia tanto debilitato il proprio elàterio, che que$t<007> con il vi- no $i pareggi all a pre$$ione dell aria e$teriore. Il vino poi, che e$ce dalla Botte è in poca quantità, perche e$$endo or- dinariamente poco il vino nelle no$tre Botte ordinarie, che $oura$ta al foro, poco aggiuto può dare all’aria interiore; onde ogni poco che $e debiliti il $uo elaterio, $i fà l’equili- brio con l’e$teriore.

DIALOGO

_Mat_. V. S. potrà comprobare il $uo di$cor$o con que$ta e$peri- enza. Fori vna Botte co$i ch<007>u$a nel mezzo d’vno delli $uoi circoli, & v$citone quel poco di vino, che dice v$cirne alle volte, la fori po<007> piu <007>ngiù vicino al fondo. Poiche $e $arà vero il $uo di$cor$o, bi$ognerà che anco da que$to foro n’- e$chi di nuouo qualche quantità. E la ragione è manife$ta. Perche fatto il foro nel mezzo, n’e$ce $ino a tanto che l’a- ria interiore habbia tanto debilitato il proprio elaterio, che que$ti con il vino $opra$tante al bucco s’equilibri con l’aria e$teriore. Hora il vino $opra$tante al bucco inferiore, come più alto, preme più che il $opra$tante al bucco di mezzo; e in con$eguenza con l’aria debilitata per la pr<007>ma v$c<007>ta preme più che non premeua il primo vino meno al- to con que$ta. Onde $uperando il contrape$o dell’aria e$te- riore, deue v$cir il vino $ino che deb<007>litando$i l’elaterio dell’aria, li momenti $i pareggino. Ne vale <007>l dire, che an- che la contropre$$ione dell’ aria e$teriore $ia maggiore nel fondo, che nel mezzo, correndo quà la medema ragione del Baro$copio nel piano, e nell’alto; perche $e bene que$to è vero à tutto rigore, nulladimeno per la poca di$tanza trà li due fori, que$ta d<007>fferenza di contrapre$$ione deue e$$er fi$icamente in$en$<007>b<007>le. Tale non è la differenza delle due altezze del vino della Botte.

_Ofr_. Que$ta e$perienza, quando $ucceda, mi fà chiuder la boc- ca, e $timar di n<007>un va lore vna r<007>$po$ta, che m’apparecchia- uo di dare al S<007>gnor Conte. Voleuo dire, che non v$ciua il vino _ne detur vacuum_. Perche fatto <007>l primo foro, e$ce <007>l vino $ino à tanto, che l’aria $e $ia rarefatta quanto puole ad oc- cupar quel $patio. Ma po<007> rarefatta al po$$ib<007>le, non può più il v<007>no d<007>$cendere, perche allora $i daria vacuo. Má per- che v$cirà poi dal bucco inferiore? Anco allora $i darebbe il vacuo. Onde non douerebbe v$cire Se adunque e$ce, e $egno che il vacuo non ha che fare.

_Cont_. In que$to mentre la mia fanta$ia s’è andata ragirando circa vn’altro accidente. Ho o$$eruato più volte, che riem- pita, e chiu$a vna Botte, que$ta non $pandeua in conto al- cuno. Poi improu<007>$amente gocciaua da qualche $piraglio. Si fermaua da $ua po$ta, e di nuouo doppo qualche tempo TERZO. tornaua à gocciare. Miveniua detto, che vn Tarlo haue- ua fornito di roder, e far vn buccolino, dal quale v$ciua il vino, & altri accidenti; quali non dirò che alle volte non po$$ino hauer luogo. Ma anco può e$$ere che ò per il Sole, ò per altro accidente ri$caldata l’aria, & il v<007>no della Botte, l’aria principalm\~ete aumm\~eti il $uo elaterio; onde $uperan- do que$to compo$to il contrapremere dell’aria e$teriore, caccia fuori quelle goccie $ino à tanto, che $i faccia di nuo- uo l’equilibrio. Poi torni _toties, & quoties_ $i facia q ue$t’al- teratione.

_Mat_. Non dico che così non po$$i e$$ere qualche volta, mà molte varietà po$$ono $uccedere. Veda Signor Conte; al- tra pre$$ione cagiona la co$a graue con la propria grauità a$$olutamente, altra con que$ta aggiutata con <007>l moto. Ciò è tanto man<007>fe$to, che nulla più. Onde la co$a graue ag- giutata dal moto $i caccierà, e pa$$erà per di quelli bucchi, nelli quali mai entrarebbe con la $ola grauita. Ri$caldato adunque il vino per qual $i $ia accidente, ò fatto d’e$$o qual $i $ia fermentat<007>one, le $ue particelle $ono collocate in vn moto molto con$iderabile. Onde aggiutate dalla grauità, po$$ono v$cire per quelli buccolini, per li quali altrimente non v$cirebbero. Ce$$ato que$to calore, & eboll<007>tione e$traordinar<007>a, ce$$a l’v$cita. Ritornato il calore, ritorna l’v$cita. E co$i d<007>$correndo. Aggiunga$i à que$to, che ri- $caldato il vino $i rarefà, cioè le $ue particelle $i di$ciolgo- no, e $eparano più di quello, che erano; Onde cia$cuna, ò al- cune di que$te po$$ono più prontamente penetrare per quelli bucchi, per li quali non poteuano entrare congion- te con altre in maggior quantità.

_ont_. Sò anch’io, che le particelle delli liquidi graui pene- trano più collocate in moto per ri$caldatione, che $enza; e tanto piu, quanto $aranno per la rarefattione più l<007>bere, e $ottili. E q <007>e$ta è la cagione che li Signor<007> Medici vor- ranno, per e$empio, che $e pigli il $iroppo caldo, e non fred- do; perche operando que$to per l’in$inuat<007>one delle $ue minime partrcelle, più $i puole in$inuare aggiutato già dal calore e$terno, che douendo$i ri$caldare nel ventricolo. Se V. S. hauera vna Botte $cach<007>ta, e cõ molte rimule, ò sfe$se DIALOGO per e$$er vn pezzo $tata $enza v<007>no, e vorrà $errar que$te, ottenirà ciò tenendola per lungo tempo riempita d’acqua fredda, infondendone $empre quanta n’v$ci$$e; perche li minimi dell’acqua penetreranno à poco à poco nelli pori del legno, & ingro$$ando, e dilatando le Doghe, che la compongono, & in con$eguenza acco$tando più l’vna all’- altra, alla fine chiuderanno tutte quelle fi$$ure, e buccolini. Ma $e li farà vn brombo, cioè li caccierà dentro dell’acqua ben bene calda, anco non in molta quantità, e l’otturerà ben bene, ottenirà il $uo intento in tempo a$$ai minore, e con molto minor fatica. Perche li minimi dell’acqua dal fuoco co$tituiti in moto, e fatti più tenui cõ la $eparatione, più prontamente $e cacciano in quelli pori, e fanno l’ef- fetto, che $i pretende.

_Ofr_. Io l’inuerno mi lauo le mani con l’acqua calda. Chi non è filo$ofo, come $on’io, dice que$to e$$er effetto di poltrone- ria, e mi$eria. Ma que$ti non l’intende. L’acqua calda è più atta à nettare dal $uccidume, che la fredda. Perche li mi nimi di quella $ono per le cau$e $opradette più pronti a cacciar$i nelli pori della carne, & in$inuar$i nel $uccidume; e co$i renderlo più trattabile, e maneggeuole, che li mini- mi d<007> que$ta; onde poi con la confricatione delle mani $i le- ua via facili$$imamente.

_Mat_. V.S. dice beni$simo. Ma troppo habb<007>amo digredito, nè però $in’ad hora habbiamo totalmente e$po$ta la no$tra mente circa le cau$e delli Fenomeni $opra narrati del Sig Sinclaro; cioè perche purgato il mercurio per mezzo d’vn filo di ferro cacciato ben bene entro la fi$tola, dall’ aria in e$$o rachiu $a, que$ti $ali$ca più alto, che quando non $i v$a que$ta diligenza; e perche quando $i $cuote il mercurio della canna di$cendendo dal monte, ò calandolo da alto ò in altro modo, di$cenda più che non fà ordinariamente Di ambidue que$ti effetti credo che $ia cagione in parte l’ v$cita delli efluui, mà però diuer$amente. Que$to è certi$ $imo, che quando riempita la fi$tola di mercurio $i procura il voto, cioè $i fa d<007>$cendere $ino alli diti 29. altezza con $ueta, $ali$ce $opra l’e$tremità del mercurio l’aria della qua le per auuentura egli è pregno, & altri aliti inui$ibili. Anz TERZO. che li Accademici Fiorentini _nelli $aggi, &c. à carte_ 28. in$e- gnano vn modo d<007> vedere la loro $alita, dicendo à que$to propo$ito. _Que$to $i vede manife$tamente ogni volta, che nella_ _canna s’introduce vn po d’acqua, la quale nel far$i il voto $alendo_ _$opra l’argento, di$copre nel pa$$aggio che fanno per lo $uo mezzo,_ _quei fini$$imirebullimenti, che da e$$o ver$o il voto s’inalzano._

_Cont._ Bell<007>$s<007>mo modo di vedere que$ta falica quando lacqua $ia purgati$sima dall’aria, e dalli eflui, che e$cono da e$$a $enza comparatione in maggior quantità, che dal mercu- rio. Onde quando non $ia purgat<007>$sima, $arà difficile di- $cerner $e $iano efluui della medema acqua, ò pure del mercurio.

_Mat._ Hora que$ti eflui $aliti $opra il mercurio e$ercitano $o- pra e$$o, e con e$so quella medema grauità, che e$ercita- uano entro e$so Onde, e del mercurio, e d’e$$i fa$$i pure vn compo$to, che $i paragona con il cilindro d’aria, che preme $opra il mercur<007>o $tagnante, il qual cõpo$to è mag- giore, e preme più che il $olo mercurio. Ma quando nella fi$tola $i pone <007>l mercurio purgato dall’aria, non $alendo $opra e$so, o nulla, ò almeno pochi$$i no, $eil mercurio s’- hà da equilibrare con l’aria p@emente, bi ogna che $ali$ca quel p<007>ù, che premeuano quelli efluu<007>, che erano <007>n e$so, c che $ariano $aliti $opra e$so.

_Ofr_. V.S. dica anco la $ua opinione circa la cau$a della di$ce$a del mercurio più del con$ueto quando que$to $ia $cofso, & agitato.

_Mat_. E que$ta pure credo che na$ca dalla $alita delli efluui, e purgamento del mercurio fatto ò auanti <007>l procurar$i il vo- to, ò anco in virtù dell’agitatione, e concu$$ione. Ma per intender <007>l come, m<007> d<007>ca Signor Ofredi; ha ma<007> o$seruato quelli, che vendono il formento, ò altre b<007>ade? C@oè quan- to $iano gelo$i, che non $e diano $co$se a $taio, ò altra mi- $ura con la quale mi$urano?

_Ofr_. L’ho o$seruato certo. Et hanno molto ben ragione d’eui- tare que$te $co$se; perche $e alcuno da<007>se del p<007>ede nello $taio g<007>a pieno, farebbe non poco di$cender la biada; per- che li gran<007>, che $i toccano con gran la $$itud<007>ne, el<007>bertà, contenendo frà $e infinite cau<007>ta a$sai con$iderabili; con DIALOGO quelle $co$se $i $tiuariano più, e $i toccheriano, & vniriano più frà $e $te$$i.

_Mat_. Tãto bi$ogna immaginar$i che $ucceda alle minime par- ticelle dell argentouiuo. V$c<007>ti da e$so li eflui, quelle parti- celle re$tano più libere, e $ciolte con quelle iufinite cauità, dalle quali $ono v$citi li efluui; $ono più fluide, e $i tocca- no in minor parte delle loro $uperficie. Quando $i dano $co$se alla canna, e $i concute il mercurio, le $ue minime particelle s’vni$cono, con$tipano, e $tiuano più frà $e $te$- $e; & in con$eguenza occupano minor luogo, e di$cen- dono.

_Ofr_. Que$ta ragione non mi di$piace affatto; anzi che l’hò $en- tita con qualche piacere. Come hò $entito con mio total contento dir di $opra, che nel procurar$i il voto con l’ar- gentouiuo, & anco con il la$ciar $opra e$so vn poco d’ac- qua, e$ca, e da e$so, e molto più dall’acqua, copia con$ide- rabile d’efluui. O come che que$ta e$perienza confonde quelli, li quali dicono dar$i il vacuo nella $ommità di quel- le canne! E perche fa$$i la $alità di que$ti eflum, $e non, _nè_ _detur vacuum_ $ommamente abborito dalla natura?

_Mat_. Io non voglio ricercare $e iui $ia vacuo, e nò; ma dico be- ne, che non $ali$cono li efluui dalli predetti liquidi _nè detur_ _v acuum,_ mà per altra cau$a; cioè perche le parti di quelli li- quidi non $ono premute dall aria, ò da altro, come prima N\=o _nè detur vacuũ_, perche non a$cendono li eflui $e non già di$ce$o il mercurio, e fatto il voto; onde già $e darebbe il vacuo, $e e$$i $ali$sero a riempirlo. E poi, $e beni$$imo pur- gato il mercurio, con e$so $i procurerà il voto, de$cenderà que$ti alla con$ueta altezza d’vn braccio, & vn quarto in circa. E pure non $ali$c ono e$luui, ò almeno pochi$$imi Chi riempie allora il vacuo? Adunque, ò que$t<007> $i dà $em- pre, ò viene proibito da altre cau$e.

_Ofr_. Ma come dice V. S. che la $alita di que$t’ efluui venga ca- gionata dalla ce$satione della pre$$ione?

_Mat_. Già è noti$$imo appre$so il Boile in più luoghi, e princi- palmente in quel trattatello il cui titolo _Mira aeris (etiam_ _citra calorem) rarefactio detecta_, come anco appre$so d’altri autori, che po$to nella $ua machina (con la quale $i pro TERZO. cura il voto leuandone l’aria) vn va$etto d’acqua, $econdo che la machina $e và euacuando d’aria, che l’acqua prin- cipia bollire furio$amente, & euaporare tanto più, quanto più s’euacua la machina; sìche continuando$i l’euacuatio- ne, l’acqua $i diminui$ce notabilmente. Se poi liberata che $ia l’acqua dall’aria, e dalle parti più $ottili (il che co- me dice il medemo Boile _alla pagina 11. del cit. trat_ non $e fà così facilmente) $e torna à rimettere nella machina già tornata à riempir$i d’aria il medemo va$etto, e que$ta di nuouo s’cuacua dall’aria; l’acqua del va$etto ò non bolle più, ò pochi$$imo. Que$to dimo$tra che non bolle, & eua- pora per impedir il vacuo, ma che di que$to bollimento ne $ia cagione il leuar l’aria dalla machina. Quando $i pone in e$$a il va$etto con l’acqua, que$ta viene compre$$a dall’- aria della machina con quella pre$$ione, & elaterio, con la quale preme l’aria e$teriore, e$$endo della medema natura. Onde le parti dell’acqua $ono $trette in$ieme; nè può eua- porare così facilmente. Quando poi $i leua l’aria dalla machina, $i $minui$se il $uo elaterio, e compre$$ione; & in con$eguenza le particelle dell’ acqua re$tano più libere, e $ciolte; onde e$cono le più $ottili, leggieri, e pronte al mo- to; e que$to $empre più continua, quanto maggiormente s’e$trae l’aria, $ino che dall’acqua $iano v$cite que$te parti- celle pronte al moto. L’altre non così pronte rimangono, mà più $ciolte, che quando erano premute dall’aria. Che poi ripo$to il va$etto nella machina non euapori più, na$ce perche già $ono volate le parti $ottili; onde non vi è più co$a habbia ad v$cire, ò almeno in poca quantità.

_Ofr_. V S.& hora, & in molti altri luoghi di que$to no$tro di- $cor$o hà $uppo$to vna co$a, che io tengo per impo$$ibile; cioè che l’acqua pati$ca compre$$ione.

_Mat_. Io Sig. Ofredi non $olo tengo che l’acqua, e li altri liqui- di pati$ch<007>no qualche compre$$ione, cioè che le $ue mini- me particelle po$$ino e$$er più $trette, vn<007>te, e con$tipate in$ieme da forza e$trin$eca premente di quello che $ono, ma anco tutti li altri corpi per duri, e $odi che $iano. E pe- rò ben vero, che in alcuni que$ta compre$$ione, e con$tipa- tione difficilmente può e$$er cono$ciuta dalli no$tri $en$i; DIALOGO e tanto $uccede all’acqua. A que$ta compre$$ione li corpi re$i$tono quanto po$$ono, in$inuando$i, principalmente li liquidi, con le loro minime particelle per tutto oue po$- $ono. Mà quando non pono far di meno, bi$ogna che $e c’accomodino.

_Ofr_. A que$ta compre$$ione repugnano manife$tamente al- cune e$perienze fatte dall<007> Signori Accademici Fioren- tini.

_Mat_. Que$ti Signori principiando _alla pag._ 197. adducono tre e$perienze in que$ta materia, con le quali pretendono non de dimo$trare a$$olutamente che l’acqua non pati$ca alcuna compre$$ione, ma che ad e$$i con dette e$perienze non $ia riu$cito di notarla, e vederla con li occhi. Il che è nece$$ario crederli in tutti li modi. E certo che con la prima non mi par po$$ibile che la pote$$ero vedere in con to alcuno. La legga Sig. Ofredi.

Ofr. sieno all’e$tremità de’ due cannelli di cri$tallo AB, AC, due palle parimen. te di cristallo, l’vna maggiore dell’al- tra. Empian$i ambidue questi va$i d’- acqua comune $ino in D,E, ed anne$tan- dogli in$ieme alla lucerna, s’auuerta à la$ciar libero nella $aldatura il pa$$ag- gio all’aria, e à tirar più lungo che $ia po$$ib<007>le il beccuccio AF, il quale $i la- $ci aperto. Dipoi s’applichino à tutt’a due le palle due biccbieri pieni di ghiacc<007>o $minuzzato in cui rimanga- no $epolte, perche ristrignendo$i l’ae qua, entri nel vano del cannello quella più aria che $ia po$$ibile. Anziper me- glio caricarnelo $i vada per vn pezzo stro$inãdo e$teriorm\~ete con pezzuoli di ghiaccio tutto il $ifone DE, acciocche ristrignendo $i di man in mano per ope- ra del freddo l’aria, che v’entra dall’o- rifizio F, ne venga $ucoe$$iuamente del- lanuoua, $i che $igillandolo poi alla fiamma, virimanga $ti@ TERZO. ta; e stretta. Sigillato ch ei $arà, $i caui di $otto ’l ghiaccio la pal- la B, e temper at ala prima nell’ acqua tiepida, $i tuffi nella calda, e da vltimo nella bollente, $eguitando pero a tener $empre immerfa la palla C, nelghiaccio, per trattener l’acqua di e$$a in i$tato di ma$simo ristrignimento. Sia que$to nel punto E, oltre il quale cer- cherà di comprimerla il cilindro d’aria GE ridotto all eftrema den- $ita dalla forza dell’acqua $ormontata in G, per la rarefattione o- perata in lei da lcalor dell’ acqua, che $i $uppone bollire attualme- mente intorno allapalla B. Ora $e l’acqua pati$ce compre$sione dourà cedere di qualcbe grado al cilindro d’aria premente, abba$- $ando$<007> $otto il punto E; Ma a no<007> è $ucceduto al@rimenti, perche quand@ l’acqua in E, è stala veramente ridotta allo $tato del $u@ ma$simo ri$trignimento, la forza dell aria GE, premente non à gua- dagnato nulla, e innanzi à fatto crepar’il fondo della palla C, che’ ritirare vn pelo il liuello E. E quando, per a@@re$cer maggior fer- mezza allo $trumento, abbiamo fatte le due palle di rame, nondime- no l’acqua della palla C, à retto trà la $aldezza del metallo, e l mo- mento della forza premente con in$uperabile re$@tenza in E, fa- cendo più to $to $coppiare il $ifone, &c.

_Mat_. Deue $apere Sig. Ofredi, che quelli corpi, li quali mani- fe$tamehte $oggiacciono alla compre$$ione, quale è l’aria no$tra, non ci la$ciano veder cre$cer que$ta con quell’in- cremento, che cre$ce la forza premente. Pe<007> e$empio, premendo$i l’aria, che riempie vn va$o con 4. gradi di for- za, $iri$iringa in $pazio vn decimo minore del primo, fe premera$$i con gradi 8. di forza, non $i ri$tringerà già in $patio minore del primo due decirni, ma meno; e cio $em- pre tanto meno, quanto più $arà conden$ata. Sì che $e con 100. gradi di forza fo$$e g<007>à ri$tretta quattro deci- mi, può e$$ere che con 400. non $iri$tringa vn altro de- cimo.

_Ofr_. Que$ta dottrina l hò per certi$$ima; hauendo o$$eruato quando $i gioca al pallone, che riempito, e gonfio che $ia competentemente, $e bene que$to $i dilata $empre più per ogni $chizzetatta, nulladimeno a farcene entrare vna di nuouo vi vuole vna grādi$$ima forza, & a pena $e può ot- tener l’in tento. Onde $e l’acqua (al no$tro propo$ito) fo$$e per altro accidente ri$tretti$$ima, vi vorrebbono altro che DIALOCO Ne$pole à ri$tringerla di nuouo tanto che $i pote$$e ve- dere.

_Mat_. Hora di que$ta $orte è l’acqua contenuta nella palla C, dicend o e$$i _nella pag. 200. $eguitando però à tene’ $empre im-_ _mer$a la palla C, nel ghiaccio, per trattener l’acqua d e$$a in in$ta-_ _to di ma$simo ristrengimento_. Se è ri$tretta ma$$imamente, con$ideri Signor Ofredi qual forza $aria nece$$ario ado- prare per ri$tr<007>ngerla tanto che $i vede$$e.

In oltre, è certi$$imo che la natura procura d’ottenere $em- pre il $uo fine con li mezzi più facili. Se vna ve$cica gon- fia d’aria $i ponerà $opra que$to pauimento, e $opra $e li ponerà qualche notabil pe$o, que$to la ri$tringerà qual- che poco; ma $e prima fo$$e ve$tita, e circondata con $pun- ga, bambace, e $imili corpi ri$trett<007>bili, il pe$o ri$tringereb- be prima que$ti, e l’aria della ve$cica ò nulla, ò a$$ai meno di prima.

_Ofr_. In ciò non hò dubio alcuno.

_Mat_. Nel no$tro ca$o adunque, quello che deue comprimer @- acqua della palla C, è l’aria del $ifone DAE, $pinta dalla rarefattione dell’acqua della palla B; la quale aria $e bene per lo $trofinamento del ghiaccio è più conden$ata di quello che $arebbe naturalmente, nulladimeno non è ri- ftretta quanto puole. Prima adunque di premere $opra l’acqua C, $i ri$tringerà e$$a di molto. Onde non premerà $opra l’acqua C, con tutta quella forza, con la quale pre- merebbe quando non pati$ce $imil conden$atione.

_Ofr_. Preme però molto, mentre e$$i auuerti$cono, che e$$en- do la palla C, di Cri$tallo, l’hà fatta crepare, & e$$endo di rame, hà fatto crepare il $ifone.

_Mat_. Tanto credo. La $econda e$perienza è molto bella;e mi rimetto al giuditio, che e$$i ne formano. Sopra la terza $i può fare qualche con$<007>deratione. Fecero gettare vna gran palla d’argento, ma a$$ai$ottile, della quale habbia- mo parlato di $opra à carte 12. e riempitola d’acqua molto raffreddata con il ghiaccio, la $errorno $aldi$$ima- mente con vite; poi principiorno à martellarla in più luo- ghi, & ammaccarla. Dicono che _ad ogni colpo $i vedeua tra-_ _$udare per li pori del metallo_. Il che, dicono, non $arebbe $uc- TERZO. ce$$o, quando l’acqua haue$$e patito qualche compre$sio- ne.

_Cont_. Certo, che mentre la sfera è dimo$trata dalli Geometri più capace di tutti li corpi i$operimetri, cioè del medemo ambito, quando per l’am maccatura l’argento non $i e$ten- de$$e, & a$$ottiglia$$e, bi$ognerà confe$$are che la palla ammaccata facendo$i meno capace, l’acqua $i ri$tringe$$e, quando che non v$ci$$e.

_Mat_. Hanno fatto la palla d’argento, perche, dicono e$si, che _que$to per la $ua crudezza non cõporta d’a$$ottigliar$i, e di$tender$i_ _come farebbe l’oro raffinato, òil piombo ò altro metallo più dolce._

_@ont_. Deuono intender che l’argento non s’a$$ottigli co$i prontamente quanto li predetti metalli, e non a$$oluta- mente, perche pur e$$o $i rende alle martellate.

_Mat_. Intorno a que$t’e$perienza $i può con$iderare, che $e be- ne è vero, che l’acqua pati$ca qualche compre$sione, nul- ladimeno che fà tutti li sforzi per sfuggirla;e perciò ritro- uando la $trada p<007>ù facile, cioè li pori del metallo, tra$uda per e$si. Se prenderemo pa$ta, creta, e $imile materie, e le comprimeremo con le mani, e procureremo $tringerle trà e$$e, più to$to che ri$tringer$i v$ciranno per le $i$$ure delli dit<007>, ma $e non potranno v$cire, bi$ognerà che cedino alla compre$sione. Aggiuta anco la tra$udatione per li pori, e la $ottigliezza dell’argento, e la $omma con$tipatione del- l’acqua cagionata dal freddo del ghiaccio;la quale renden- dola tanto più contumace al maggiore ri$trengimento, è cau$a che facia maggior forza per entrar nelli pori.

@@i più, mi $arei volentieri ritrouato pre$ente à que$t’e$pe- rienza, per notare $e ad ogni ammaccatura l’ acqua tra$u- daua tutta in vna volta, & in vn in$tante ò pure $ucce$siua- mente, & in tempo. Perche in que$to $econdo ca$o non $i può negare qualche conden$atione per quel tempo, ma che procurando l’acqua liberar$i da e$$a, tra$uda$se poi.

_@nt_. Parmi che il Ga$sendo riferi$ca vna $imile e$perienza, e dica che ammaccata la palla, e fatto in e$$a vn piccolo fo- rame, da e$$o, come da vn $pinello v$cì fuori dell’acqua; in- ditio manife$ti$$imo della compre$sione, e con$tipatione, che patiua.

DIALOGO

_Ofr_. Et à me pare d’hauer letto, che di$ce$o vn tale molto $otto acqua, & iui riempita vn ampollina, che haueua vn bucco a$$ai augu$to, di quell’acqua, & otturatala ben bene@ che venuto $opra acqua, hauendola aperta, n’v$cì v<007>$ibil- mente dell’acqua, rimanendo piena l’ampollina. Dal che certo $i raccoglierebbe che l’acqua più fonda fo$se più ri- $tretta.

_Cont_. Anco con il pe$o hauerebbe que$ti potuto cono$cere que$ta verità; perche quella ampollina riempita con quell’acqua del fondo, haurebbe p<007>ù pe$ato, che r<007>empita d’acqua nella cima di e$@a.

_Mat_. Si quando fo$simo $icuri che tutta l’acqua fo $se homo- genea in grauità il che difficilmente $arà, mentre la più fonda è p<007>ù contaminata per lo più da cor pu$coli graui iu di$ce$i. Che che $ia di que$te e$perienze, à me certo non ba$ta l’animo di negare all’acqua, & altri liquidi qualche ri$trengimento, e compre lsione; la quale pero $ara $empre tanto minore, e meno o$seruabile, quanto più gia laranno compre$si, e ri$tretti per freddo, o altro acc<007>dente e$trin$e co. Poiche anco l’aria no$tra, la quale pati$ce tanta com pre$sione che $e riduce à $patio $ino 15. volte minore de $uo naturale, chi tenta$se com pre$sa che così fo$se, com primerla di più s’affaticarebbe for$e in vano. Non però potrebbe que$ti dire che l aria non $oggiace$se al ri$trin gimento.

_Ofr_. Molte parole habbia mo fatte que$ta mane; ne però V.S hà $in’ad hora pagato pur vno delli luoi debiti, pe ri$cuote li quali $ono quà venuto con il Signor Conte E perche gi@ è hora di pagarne al $tomaco vno di maggior im portan za, à riueder$i hoggi.

_Mat_, L’attenderò con impacienza.

Fine del Terzo Dialogo. DIALOGO QVARTO.

_M_.SE bene dice il prouerbio, al pagar non e$$er corrente, perche potria venir qualche accidente, che tù non paga$$@ niente, nulladimeno hò atte$o miei Si- gnori la loro venuta con vna inquietez- za grandi$$ima, per $odisfare à miei de- biti dal Signor Ofredi prete$i. In gratia non mi diano più la corda, ma principi- no à sfo drare le loro preten$ioni.

_Ofr_ Il primo $uo debito è vn’e$perienza da V. S. arreccata nel _p. Dial. pag. 15_. in materia d’vn bicchiere, ò va$o pieno d’aria, $ommer$o nell’acqua con la bocca all’ingiù.

_Mat_. Se V. S. m’a$criue à debito l’hauer detto, che quanto più s’immerge il bicchiere, ò va$o, tanto $i fà minor fatica, con- tro quello, che pare che affermi il Dotti$$imo P. Fabris nel luogo iui citato, $e non haue$$i altri debiti $arei felice, men- tre que$ta è co$a noti$$ima

_Ofre_. Non in que$to con$i$te il $uo debito. Hauerò però piace- re di $entire come que$ta $ia co$a tanto triuiale.

_Mat_. Io credo che loro Signori haueranno veduto più volte li Ciarlatani tener in mano vn’ampolla, ò carafa piena d’ac- qua, e dentro alcune palline vuote di vetro lauorate alla lucerna, con vn bucchetto, & vn poco di collo, che e$$en- do iui più gro$$o, & in con$eguenza più graue che altroue, le la$cia bene galleggiar nell’acqua, ma con que$to collo immer$o, & all’ingiù: attaccandogli pure alle volte figuri- ne di vetro lauorate alla lucerna, che rapre$entano Sirene, Diauoli, Angeli, & altre co$e per render maggior $tupore alli merlotti. Hora galleggiando que$te palline, come quelle, che con l’aria, che contengono fanno vn compo- $to più leggiero in $pecie dell’acqua, premono que$ti con il popi$trello del dito pollice $opra l’acqua della carafa; c DIALOGO $econdo la maggior, ò minor pre$$ione $i vedono di$cende- re, ò alcune, ò tutte que$te palline, chi più, chi meno, chi $ino al fondo; dal quale anco, rallentando$i la pre$$ione del dito, $i vedono ri$alire, chi più, chi meno, chi $ino à gal- leggiare, $econdo che più, e più $i rallenta la pre$$ione.

_Ofr._ Et hò fatto io più volte que$to giochetto, e sò anco la cau$a, che ne viene a$$egnata comunemente. Premendo$i l’acqua della carafa con il dito (che però otturi la bocca ben bene) que$ta ò non patendo compre$$ione alcuna, ò patendone qualche poco, non però quando habbia doue cacciar$i, entra per quelli buccolini nelle palliue a propor- tione della pre$$ione; e con il $uo ingre$$o comprimendo l’aria contenuta entro alle palline, fa vn compo$to, ò vgual- mente graue in $pecie con l’acqua, ò più: e perciò $i vedo- no tutte quelle varietà. Anzi che ben $pe$$o quando la pre$$ione è molto gagliarda, e le palline $ono a$$ai graui per $e $te$$e, $i che poco differi$chino dall’acqua, entra in e$$e tanta quantità di que$ta, che anco ralentata la pre$$io- ne, non perciò v$cendo l’acqua da e$$e, per$i$tono nel fondo; ne $ono più atte al gioco $ino che non $i caui da e$$e detta aqua.

_Mat._ Que$ta e$perienza dimo$tra manife$tamente che nel bic- chiere, ò va$o quanto più fondo $i $ommerge, tanto $i pro- ua minor fatica nel tenerlo fermo acciò non ri$ali$ca. Per- che pure in e$$o può entrare tant’acqua, che l’aggregato d’e$$a, va$o, & aria ri$tretta, po$to entro l’acqua, $ia, ò vgualmente graue in $pecie con e$$a, ò più, nel qual ca$o è manife$to, che non $i farebbe fatica alcuna. Immergendo adunque più, e più il bicchiere, camina$i $empre p<007>ù à ren- derlo, e graue come l’acqua, e più. Adunque $empre $i rende più graue, e $empre $i fà minor fat<007>ca.

Cont. _Vn e$perienza $imile porta il dotti$$imo Claudio Beri-_ _gardo, gia Filo$ofo primario di que$to Studio_, nel $uo Circo- lo Pi$ano par. 3. circ. 6. pag. 294. $it columna vitrea, _dice egli_ caua, altitudine vnius pedis, diametro trium digitorum, aquæ plena. Fiat va$culum vitreum rotundum magnitudine nucis maiu$culæ, $ed ita compre$$um, vt minor diameter altitudinem referens $it vnius digiti, maior verò latitudinem referens $it duorum, paulò QVARTO. cra$$ius in illa parte, quæ deor$um $pectare debet, in qua $it o$culum magnitudine lentis per quod tantum aquæ demittatur intra va$cu- lum, vt illud demer$um ad mediam columnam ibi con$i$tat immobi- le. Tunc $i paulò $upra medium attollitur, $pontè a$cendit ad $u- perficiem aquæ $i verò paulò infra medium deprimatur $pontè ad fundum columnæ delabitur; vnde $i rursùs ad medium columnæ re- uocatur ibi con$i$tit.

_Mat._ Vedo che la cau$a è la medema, che $opra habbiamo det- to mil<007>tare e nell’altra carafa e nel b<007>cchiere, o va$o.

Cont. _Sì ma <007>l Ber<007>gardo l’a$$egna diuer$a dall’addotta da V. S._ _Dice adunque_. Ratio cur bæret in medio e$$e videtur, quod to- tum compo$itum ex aere & v<007>tro in medio con$i$tens e$t eiu$dem ponderis atque aqua eiu$dem molis. S<007> paulùm deprimitur, aer ma- gis compre$$us ob violentum de$cen$um minorem locum occupat, & intra va$c lum plus aquæ admittit vnde totum compo$itum ex aere & vitro fit grauiùs aqua eiu$dem molis. Atque ob contrariam ra- tionem, quando va$culum paulò $upra medium columnæ attollitur, aere dilatato compo$itum ex aere & vitro leuiùs e$t aqua eiu$dem molis & propterea ad $uperficiem reuocatur.

La medema cau$a a$fegna <007>l no$tro grand’amico, & in$igne F<007>lo$ofo, e Matemat<007>co, d<007>co <007>l S<007>gnor Rinaldini nel ca$o del bicchiere che pur’egli con$idera _nel l<007>b. primo de Re$ &_ _Compo$. Mat pag._ 179. dicendo _Quod ex eo planè cuique con$tabit_ _aduertenti longè diffic<007>l<007>ùs impell<007> deor$um cyatum inuer$um in bu-_ _midum initio quàm po$tea immer$ionis decur$u; eam ob cau$am,_ _qu<007>a aer intra cy@tum incipit con$tipari ab humido $ubtus occur-_ _rente cyato deor$um pul$o; tunc autem cum factum $it totum corpus_ _grau<007>us in $pecie non re$i$t<007>t prementis manui, vnde nulla in immer-_ _$ionis progre$$u re$i$tentia percipitur._ Vogl<007>ono adunque que- $t<007> S<007>gnor<007> che tutto ciò prouenga dall’aria, e vetro, e non in conto alcuno dall’acqua, che $ia entrata nel va$o, che aggiunga grauita, come diceua V. S. la quale non vogliono che $i con$ideri in conto alcuno.

_Mat._ lo dubito Signor Conte che V.S. non aggraui que$ti Si- gnori di molto, volendo che d<007>cono vna co$a, la quale non dicono e$pre$$amente. Per intender meglio il negotio v’è nece$$ar<007>o qualche $chema, però e$empl<007>fichi $opra que$to.

DIALOCO

_Cont._ Sia il va$o A B C, il quale dopò la total immer$ione preci$a non contenga altro che ar<007>a (perche $ino a que$to $egno $e v entrerà acqua $arà in $en$ibile.) Que$ti $r para- gona con tant’acqua quanta è tuttala $ua mole; e nor nel tenerlo dobbiamo $entire tutto l’ecce$$o d<007> que$ta $opra il pe$o del vetro, & ar<007>a. S’immerga d<007> p<007>ù d<007> quello che era prima $econdo tutta la $ua altezza, & in que$ta immer$io- ne magg<007>ore $ia entrata dentro l’acqua A D E C, e tutta laria $i $ia ri$fretta in D B E. Dico che il vetro, e l’aria D B E, $ara più graue in $pec<007>e, che il medemo vetro, & aria A B C. Et auuerta V.S. che d<007>co p<007>ù graue <007>n $pec<007>e, e non a$$olutamente, c<007>oè di grau<007>ta a$$oluta; perche sò anch <007>o, che tra$portato nel vacuo il vetro con l’aria con- den$ata D B E, & il medemo vetro con l’aria naturale A B C, che pe$eriano il medemo. Anzi che il pe$are il medemo a$$olutamenre è cag<007>one che $iano di differente grauità $pecifica, che è quella grauità, che e$erc<007>tano nel- l’acqua. E la ragione è que$ta. Nel pr<007>mo ca$o il va$o, e l’aria A B C, $i paragonano con tant’acqua quanta e tutta la loro mole, onde $e l’acqua pe$a, per e$emp<007>o, libbre 4. & il vetro, & ar<007>a libbre 1. no<007>nel tenerlo $ent<007>remo @@mpul- $o de libbre trè Ma $e l’acqua entrata A D E C, pe$a$$e lib- bre 2; l’acqua, che $i paragoner<007>a con il vetro, & ar<007>a con- den$ata D B E, non $aria p<007>uranta quanta è tutta la mole A B C, ma tanta $olamente, quanto $arebbe il vetro, & aria D B E; la quale pe$ando libbre 2. & <007>l vetro, & aria lib bre no<007> non $ent<007>re $$imo che l’impul$o d’vna l<007>bbra. Ec co adunque che il vetro, & aria D B E, $ono più graun <007>n $pecie del medemo vetro, & aria A B C. Non è adunque vero quello che diceua V.S. c<007>oè che la cag<007>one $ia perche l’acqua A D E C, pe$i, e che $i ponga vn’aggregato di ve- tro, aria, & acqua, mentre nel primo ca$o $i collocaua nel- l’acqua vn aggregato di vetro, & aria.

_Ofr._ In que$to mio patrone con$i$te vno delli $uoi debiti.

_Mat._ Se bene è vero che <007>l vetro c\=o l’ar<007>a D B E, $ia p<007>ù graue in $pec<007>e del vetro, & aria A B C. & anco conce$$o che l’aria D B E, po$$a e$$er tanto conden$ata, che con il vetro facia vna mole, e della medema grauita lpecifica con QVARTO. l’acqua, & anco di magg<007>ore, e che que$to accada al va$etto del Sig. Berigardo; nulladimeno hauendo c\=o$ideratione all’ operatione della natura, & a quāto accade, dico a$$olutam\~e te che bi$ogna parlare come hò parlato io; e che in que$to ca$o quello, che $i pone nell’acqua è il vetro ABC, l’aria D B E, e l’acqua A D E C; e che in turti doi li ca$i bi$ogna fare la comparatione con la medema mole d’acqua vguale alla mole medema po$ta nell’acqua; la quale nel primo ca- $o conteueua vetro, & aria, e nel $econdo vetro, aria, & aqua; ma $empre moli vguali ABC. Ne li autori $opradetti dicono e$pre$$amente il contrario come $i pretende.

_Ofr._ Il punto $tà in far ciò vedere.

_Mat._ Già Signor Ofredi che V. S. al vedere non re$ta per$ua$a che l’acqua nell’acqua grauiti, come habbiamo tanto di- $cor$o nelli no$tr<007> antecedenti Dialogi, $pero di farle con- fe$$are il tutto, e con’acqui$to de nuoue cognitioni for$e non $prezzabili.

_Ofr._ Attenderò l adempimento di que$te prome$$e; mà prima me dica V. S. $upponiamo che A B C, $ia vn gallegiante DIALOG $olido, il quale già $ia immet$o nell’acqua; perche in te- nerlo acciò non a$cenda farà tanta fatica quant’è l’ecce$- $o della grauità d’vna mole d’acqua vguale ad e$$o, $opra la $ua propria? Non è la cagione perche il galleggiante tiene $olleuata quella mole d’acqua ad e$$o vguale, che leuato e$$o, di$cenderebbe ad occupar quel luogo?

_Mat._ Supponga che io ri$pondi affirmatiuamente, giache è certo tenerla $olleuata.

_Cont._ Veda V. S. quello, che concede, perche è negato $olen- nemente dal no$tro gran Galileo _nelli galleggianti nella pag._ 8. oue proua, che _la mole dell’acqua che s’al za nell’immerger vn_ _pri$ma, ò cilindro $olido, ò che s’abba$$a nell’e$trarlo, è minore dellæ_ _mole di e$$o $olido demer$a, ò estratta: e ad e$$a bà la medema pro-_ _portione, che la $uperficie dell’acqua circunfu$a al $olido, alla me-_ _de$ima $uperficie circunfu$a in$ieme con la ba$e del $olido._ Per e$empio $ia il va$o A C D, con l’acqua E C N (il qual va$o $e bene la figura dimo$tra come $ettore, poco importa, po- tendolo noi immaginare anco come parallelepipedo ò pri$ma) e $ia <007>l galleggiante B L O D, che pure $ia vn pri$- ma, la di cui ba$e L O (che $uppongo vguale alla B D,) $ia la metà di tutta l’A D. Immaginiamoci que$to pri$ma fuori totalmente dell’acqua, e poniamolo con la ba$e L O, $opra l’H N, $uperficie dell’acqua, premendolo in giù nell’acqua $ino che $ia arriuato nel $ito B L O D. L’acqua, che $e $arà $olleuata $opra il liuello E H N, $arà A E H B, non vguale à tutto il $ol<007>do, ma alla $ola parte H L O N, che è l’acqua $cacciata, e $olleuata nel $ito A E H B. Chi adunque cre- de, che in tanto ch<007> tiene il gallegg<007>ante nel $ito B L O D, facia fatica $econdo l’ecce$$o della grauità di tant’ acqua vguale al gallegiante $opra la grauità del medemo, perche nell’immerger$i habb<007>a alzato, e tenga alzata mole d’ac- qua ad e$$o vguale, erra di gran lunga, dice il medemo Ga- lileo _alla pag_. 7. perche non $e n’alza che vna mole A E H B, vguale alla parte H L O N, immer$a $otto il primo liuello H N.

_Mat._ Si come è vero che l’acqua alzata $opra il primo liuello E H N, è la $ola A E H B, così è anco vero che il galleggian- te non è totalmente demer$o $otto il medemo liuello, mà QVARTO. Ia $ola parte H L O N. Onde $e s’immaginaremo che il gal- leggiante $ia tanto di$ce$o, che $ia totalmente $otto il det- to liuello nel $ito H M P N, $arà anco vero che allora ha- uera alzato $opra il liuello E H N, l’acqua A E N D, ad e$$o vguale. Nè mai di$cenderà totalmente $otto d’vn l<007>uello per tutta la $ua altezza, che non habbia $olleuato, e $caccia- to acqua à $e vguale; e che non combatta con acqua pure à $e vguale; e in con$eguenza che chilo tiene acciò non ri- $ali$ca, non debba adoperar forza vguale all’ecce$$o della grauità dell’acqua ad e$$o vguale $opra la $ua propria. Nel $ito BLOD, realmente nõ è $olleuata $opra il primo liuello EHN, che la $ola acqua AEHB, vguale alla parte demer$a HLON; nulladimeno chi ben con$iderera le $cambieuoli operationi del gallegiante, & acqua, b<007>$ognerà che con- fe$$i, che chilo tiene immer$o bi$ogna che facia la mede- ma fatica. Perche non la $ola aequa AEHB, combatte con il galleggiante, e procura di$cendere, ma tutta l’acqua AFLB, ad e$$o vguale, La quale $e bene nõ è tutta $tata fat- ta $alire $opra il primo liuello, nulladimeno è pur tutta $ta- DIALOGO fatta $alire. E $e bene non tutta, $cacciando il galleggian- te, d<007>$cende $otto il detto primo liuello, nullad<007>meno però tutta di$cende.

Per intender la qual co$a, immaginiamo l’AFOD, va$o ri- dotto in pri$ma con l’acqua EFON auant<007> l’immer$ione del galleggiante, il quale immer$o $ia pure BLOD, e l’acqua alzata $ino all’ AB. Intendiamo & acqua, e galleggiante diui$i con piani paralleli all’ FO, in tanti pri$mi minimi fi$ici, cioè d’altezza minima, che $iano F1O, 1. 2. 2. 3. come nella figura; immaginiamo pari- mente il gallegg<007>ante alzato, e tra$portata la LO, in 1. Al- lera l’acqua F1L, di$cendendo occuperà il minimo $pa- tio L1O; & 1. 2. $arà di$ce$a in F1L; & A12B, in 12. 11; e l’acqua, che vorrà di$cendere, $arà la $egnata nella figura 1. 12 per non multiplicare tante note, ma però il $ito del- la $uperficie 1 $ara occupato dalla $uperficie 2. e quello del- la $uperficie 12. dalla $upetficie A B, che $aranno iui di$ce- fe. Immaginiamo il gallegg<007>ante alzato nel $ito 2. l’acqua $egnata 1. 2. che però $arà 2. 3. de$cendendo occuperà pure il $ito 1. 2. la $ciato dal galleggiante, e nel $ito 1. 2. dell’ac- QVARTO. qua $arà di$ce$a la 2. 3. $egnata che però $arà 3. 4. e tutta l’acqua, che hauerà da di$cendere $arà 2. 11. ma nel $ito del- la 1. $arà la 3 & nel $ito della 11. $arà F AB Così $e $eguire- mo ad immaginar$i alzato <007>l galleggiante nelli $iti 3. 4. 5. 6. &c. l’acqua di$cenderà $empre nel medemo modo, in guitz che tra<007>portata la LO, fopra la HN, $i fermi la d<007>$cela. E adunque manife$to che tutta l’acqua AFLB, d<007>$cende nel princ<007>p<007>o, ma nel progre$$o $olo l’e$tante $opra la ba$e in- feriore del galleggiante.

Quando poi l’immerg<007>amo perche que$to moto è contrario à quello dell’alza nento, b<007>$ogna anco che $ucceda <007>l con- trar o. C<007>oè po$ta la ba$e L O $opra l’HN, e principian- do$i ad immergere. l’acqua H6N, entra $otto l’E6H, occu- pando tutto quel $patio minimo in altezza, & alzãdo quel la in E7H Così $eguitando ad <007>mmerge<007>eil galleggiante, l’acqua 6.5 en@ra $otto la 5. 6. alzando tutta la $oprapo$toli $ino all 8 e così $ucce$$iuamente. Onde e man<007>fe$to che quanto p ù s <007>mmerge, tanta maggior quant<007>ta d’acqua $i alza; d<007>modo che nel fine $i alza, e $i t<007>en $olleuata tutt l’acqua AFLB Ecco adunque che nell’immerger il galleg- giante, benche non@opra <007>l pr<007>mo liuel<007>o, $i $olleua però tant’acqua quant’e e$$o, e nell e$trarlo d<007>$cende acqua ad e$$o vguale, benche non $otto <007>l detto l<007>uello. Sempre adũ- que; <007>mmer$o che $ia il galleggiante total<007>nente, combat- te con tant acqua vguale ad e$$o. Onde ch<007> lo t<007>ene, deue $entire l’ecce$$o della grauità dell’acqua ad e$$o vguale lo. pra la lua grau<007>tà, menrre il conato d<007> que$to paregg<007>a tanta grau<007>tà dell’acqua quanta è la $ua.

_Cont_. Gia che V.S. ha notato, e dich<007>arato que$ta dottrina, pri- ma de dir altro; voglio auuert<007>re loro Signori d’vn modo, che non mi par proprio, di parlare del dotti$$imo P. Nico- lo Cabe<007> Ge$uita. Que $t<007> _nel lib 1 methæor. quæ$t 5. pag. 27. nel_ _fine della prima colon_. dice. _Sien<007> n corpus aere plenum tentes_ _infra aquam demergere, videbis tanta vi $ur$um repellere depri-_ _mentem, quanta e$t grauitas aquæ; quæ $it æqualis illi mole, vt v.g_. _$i $it globus vitreus plenus aere, magn<007>tud ne palmari, & tentes_ _quis deprimere infra aquam; $ur$um pellet globus ille tanta vi,_ _quanta e$t vis, quæ deor$um prem<007>t $phæra aquea vnius palmi_. DIALOGO _demo$tratur hoe geometricè à mathematicis; $ed omitto_.

_Mat_. Que$te parole m<007> pa<007>ono a$$ai confu$e; ne so vedere di- $tintamente il loro $ign<007>ficato. In tutti li ca$i, Arch<007>mede, che è quello, che ha demo$trato que$ta mater<007>a _nel $uo am-_ _mirabile libretto de in$i hum. prop_. 6. parla come l’habb<007>amo immitato noi. Cioe, _$ol<007>da leuiora humido vipre$$a in humidum_ _$ur$um feruntur tanta vi, quanta humidum habens molem æqualem_ _cum magnitudine e$t grauius ip$a_. Conforme adunque à que- $t a fra$e _repellet deprimentem_ conlecce$$o.

_Ofr_. Se $ono vere le $ue dottrine dichiarate di $opra, parmi che ne meno il Galileo parli e$qui$itamente _in quella $uæ_ _prima prop. de galleg. e nella pag 7_. perche in realta l’acqua, che s’alza, e che s’abba$$a nell’<007>mmerger, o e$trare il galleg g<007>ante non è vguale alla parte $ommer$a $otto, ò e$tratta $opra il primo l<007>uello, ma d<007> e$$a $empre maggiore.

_Mat_. La propo$<007>t<007>one del Galileo può e$$er e vera, e fal$a Ve- ra $e s’intende di quella, che s’alza $opra, e che s’abba$$a $otto <007>l primo liuello; fal$a $e s intende d<007> quella, che s’al- za, & abba$$a a$$olutamente; poiche que$ta $empre, $em- pre è magg<007>ore della detta parte del gallegg<007>ante. Ma ill Gal<007>leo, per ottener il $uo intento, non ha bi$ogno dell’in- vgualità nel primo $en$o, ma nel $econdo.

_Cont_. Io o$$eruo vn’altra cola; cioè che la dottrina d<007> V. S. mi par vera quando l’acqua AFLB, è vguale al galleggiante BLOD, ma quando è minore, per e$$er più angu$to il va$o, allora non combatte con acqua vguale ad e$$o, ma con minore.

_Mat_. Sempre però con l’acqua AFLB, alta quant’è e$$a. V.S. ha ragione. Deue però $apere che la pietra l<007>d<007>a di parago nare li mom\~et<007> delle co$e graui è l’vgual<007>ta. Il fondamento d<007> tutta la Mecanica $uppo$to da Archimede nel princ<007>pio _del lib. 1. æ quipond. è. Grau<007>a {ae}qualia, æquali di$tantia po$ita, in-_ _ter $e æqualiter ponderare_. Da que$to le ne cauano le $ue _prop_ 7. & 8. c<007>oe che le moli appefe da di$tanze reciproche alle loro grau<007>ta habb<007>ano momenti vguali. Da que$to pari- mente ne $egue quello, che comunemente a$$er<007>$cono tut- ti l<007> mecan<007>c<007>; c<007>oè che tutti li in$trumenti nominati me- canic<007> $i r<007>duchino alla Libra, ò $tadera d<007> braccia vguali. QVARTO. Nelno$tro ca$o adunque quando l’acqua AFLB è vguale al $olido BLOD, que$ti combatte con e$$a; e quando è minore, combatte anco con minore. Ma que$ta però hà $empre il momento medemo, che ha quella ad e$$o vguale.

_Ofr_. Io non intendo que$ta co$a.

_Mat_. Quando l’acqua AFLB, è vguale al $olìdo BLOD $e lo $caccia fuori con la medema velocità, che $ale il $olido, di- $cēde anco l’acqua. Ma quando l’acqua è minore, di$cende con tanto maggior velocità. E perche li momenti con quali di$cende l’acqua $i compongono delle grauità dell’- acqua, che di$cende, e delle velocita; $empre credo che componghino momenti vguali; perche tanto credo cre- $cere; ò calare la velocità, quanto cala, e cre$ce la gran- dezza dell’acqua, & in con$eguenza la $ua grauità. E$$en- do co$a fondamentale nella Mecanica, che volocità di moto, e grauità di mole $i tramutano tra $e a puntino, e che vna $uppl $ce mirabilmente per l’altra. Sempre poi il galleggiante BLOD, $ommer$o $ino al $ommo, combat- te con l’acqua AFLB, alta quant’è e$$o, e non $olamente con quella, che di$cende $otto il liuello ABD, mentre lo $caccia. Il che fù anco beni$$imo cono$ciuto dal medemo Galileo _nella prop. 5 pag_. 10. doue volendo dimo$trare che il gallegiante totalmente $ommer$o viene $cacciato dall’- acqua, lo paragona con que$ta alta quant’è e$$o, della quale proua il momento maggiore del momento del gal- leggiante, e non con quella, che di$cende al $uo $alire $ot- to il primo liuello.

_Ofr_. Io non sò $e l’acqua nell’immerger il galleggiante $ali$ca nel modo, che hà dichiarato V.S. cioè che l’HN, entri $ot- to l’EH, e le parti $otto l’HN, entrino $otto l’EH, e $otto- po$toli.

_Mat_. Quando il galleggiante è la metà del va$o, ò minore io lo tengo di certo per ragione, e per e$perienza. La ragio- ne è fondata $opra quel detto comune, che è la medema $trada quella, che conduce da Tebe ad Atene, e da Atene a Tebe. Voglio dire in buon linguaggio, che parmi che la $alita dell’acqua $i facìa in conformità della di$ce$a. Mà non vi hà diffìcolta che nelli predetti ca$i la di$ce$a $i fà nel _DIALOG_ modo dichiarato; adunque anco l’a$ce$a. L’e$perienza poi è $tata, che hauendo $pinto galleggianti in diuer$i va$i, & hauendo o$$eruato la $uperficie dell’acqua, l’hò $empre veduta la medema, che s andaua alzando con tutti quelli corpu$coli, e lanugini, che le $opra$tauano, & in $porcaua- no. Mà quando il va$o è più che doppio del galleggiante, hò notato qualche varietà tanto maggiore, e più $en$ibile quanto è maggiore. Al qual propo$ito, credo che V. S. ha- uerà o$$eruato infinite volte che, ò $putando nell’ acqua $tagnante, ò la$ciandoui cadere qualche $a$$etto, che nel luogo, oue cade $i fà c\~etro, dal quale principiano vno, ò più circoli, che e$tendono le loro circonferenze $ino ad vn certo $egno, che $uani$cono. Que$ti non $ono altro che l’- acqua $olleuata $opra il primo liuello per l’ingre$$o, ò to- tale, ò partiale in e$$a del corpicciolo caduto, la quale $i $pande per di $opra per ridur$i alla perfetta liuellatione. Quì certo le parti dell’acqua fatte a$cendere, $e $ubintrano $otto l’altre, e $e le pigliano il capo, come ha bbiamo det- to, ciò non $uccede che in poca di$tanza. Tanto credo che $ucceda nell’immer$ione del galleggiantein va$i larghi più del doppiò d’e$$o; credo che l’acqua, che $ubintra $ia vgua- le alla ba$e del $olido, che $i $ommerge; e che leuando$i in capo la $uperiore, la vadi alzando $opra il primo liuello di modo che que$ta $i vada diffondendo come più alta $opra l’altra. Hò immer$o vn galleggiante in vn ma$tello a$$ai largo, & hò o$$eruato che la lanugine, che $opra$taua all’- acqua, $econdo che il galleggiante più s’immergeua, più s’allontanaua da e$$o, e s’acco$taua alli lati del ma$tello. Segno che nell’immer$ione $aliua certamente dell’ acqua $opra la $uprema $uperficie, e $i $pandeua ver$o li lati. Nel- la $olleuatione poi del medemo galleggiante que$ta lanu- gine di nuouo s’acco$taua ad e$$o, per la di$ce$a certamen- te che faceua l’acqua vicina al galleggiante, che lo circon- daua; nel luogo la$ciato della quale di$cendeua la più lon- tana per liuellar$i. Il che $uccedēdo in que$ta gui$a quãdo il va$o è più che doppio del galleggiante, in realtà non a$- cende, e di$cende tutta l’acqua AFLB, ma certamente non minore del medemo galleggiante. Il che a noiba$ta abbõ- _QVARTO_. dantemente. E dopò vna $i lunga digre$$ione, ritornando doue è $tata principiata, parmi di poter ragioneuolmente concedere al Signor Ofredi, che $i fa tanta fatica nel tener immer$o il galleggiante, quant’è l’ecce$$o della grauità d’vna mole d’acqua vguale ad e$$o $opra la $ua propria, per cheil galleggiante tenga $olleuato quella mole d’acqua ad e$$o vguale, che leuato e$$o di$cenderebbe, e$$endo il fatto certi$$imo, anco quando quella non fo$$e la vera cagione

_Ofr_. Adunque tenendo il va$o ABC, V. S. non $ente $e non l’ecce$$o della grauità di tant’acqua in mole quant’è il ve- tro con l’aria DBE, $opra la grauità di que$ti, perche alza- to il va$o ABC, $olo quell’acqua di$cende, e non altr’acqua vguale all’acqua ADEC, che re$ta in quel medemo luogo. Adunque male paragona vetro, aria, & acqua con tant’ac- qua quanta è que$ta mole.

_Mat_. Dato, e non conce$$o, che non di$cende$$e l’acqua vgua- le all’ ADEC, mentre alzando il va$o, que$ta re$ti nel me- demo luogo, io dico che ciò $arebbe per accidente, cioè per cagione dell’aria, che conden$ata per l’acqua entrata nel va $o, mentre alziamo il va$o non $entendo tanta pre$$io- _DIALOG_ ne, con il proprio elaterio ri$pingendo per ritornareal $uo po$to naturale, $caccia fuori l’acqua. Mà que$ta mede- ma e$perienza, ò poco diuer$a, fà anco S<007>gnor Ofredi con- tro di lei E per redarguirla; adunque, dico io, quando al- zando il va$o ABC immer$o nell’acqua di$cende tant’ ac- qua quant’è tutta la $ua mole con l’acqua, che contiene $a- rebbe vero che que$t’acqua grau<007>ta$$e, e che $i doue$se far la cõparatione di tutta que$ta mole con tant’acqua ad e$sa vguale. Hora Signor Ofredi riempia tuttoil vato d’acqua, e l’alzi, e vedrà che non $olo l’acqua, che contiene non di- $cenderà m\~etre che il va$o è ancora $ommer$o. ma che le- uato in buona parte fuori dell’acqua, tanto e tanto a$cen- derà l’acqua, che cõtiene molto$opra il liuello dell altra; ne d<007>$cenderà, $e il va$o nõ $arà totalm\~ete e$tratto dall’acqua.

Di più; quando <007>l va$o ABC, con l’acqua ADEC, s’alza, cre- de V. S. che <007>e fo$se po$$ib<007>le di$truggere l’ar<007>a DBE, ò vera- mente e$tenuarla in modo che $i riduce$se al $uo primiero $tato crede d<007>co che v$c $$e l’acqua ADEC? Non certo; anz<007> n’entrarebbe dell’altra, $p<007>nta dalla maggior pre$$ione dell’atmosfera. Bene adunque in que$to ca$o $i farebbe la predetta comparat<007>one, e con$tarebbe che l’acqua ADEC, grauita$se.

Hopoidetto di $opra, dato, enon conce$so, che non di$cen- de$se l’acqua vguale all ADEC, perche non è vero che nõ di$cenda, $e non in tutto almeno in parte. E per inrender que$to, $upponiamo che <007>mmergendo$i il va$o a$cenda l’- acqua AFGC, e che continuando$i ad immergere di nuo- uo per lo $patio della $ua altezza a$cenda l’acqua $ino in DE; $e l’alzaremo per tutta la $ua altezza l’acqua di nuouo ritornera <007>n FG ln que$to ca$o per l’alzamento del $olido $ara d<007>$ce$al acqua ad e$so vguale; e pure à $uo modo par- lando, non $arà rima$ta nel medemo luogo che l’acqua vguale al FDEG.

_Ofr_ Sia come e$sex $i voglia, torna tutto vno, ò in vn modo, ò nell’altro che parliamo; perche noi nel tener il va$o non $entiremo che il medemo $pingere, cioe il corri$pondente all ecce$so lella grauita d<007> tant’acqua quant’è il vetro, & aria conden$ata. Tuttal’ acqua vguale alle mole ABC, _QVARTO_. pe$i 4. libbre, & il vetro, aria conden$ata, & acqua ADEC ne pe$i 3 $entiremo il $pingere d’vna libbra. Supponiamo che l’acqua del mezzo vguale all’ ADEC $tia otio$a per e$- $er contrape$ata da e$sa, e che qual $i $ia di que$te pe$i 2. libbre; tanto, e tanto la rimanente $upererà il vetro, & ar<007>a d’vna libbra. Onde in tutti li modi il no$tro $en$o prouerà la medema fatica.

_Mat_. Se bene que$ta differenza pare la medema in tutti doi li modi, e pare che il tatto la proui la medema, nulladimeno non è così, & è molto diuer$a; & il tatto, & vn altro $en$o la cono$cerà molto bene. Que$to $arà il vedere che $e il vetro ABC, & aria CBE, $iano più graui in $pecie dell’ ac- qua, di$cenderebbero più velo cemente (quando $oli con- tinua$sero à de$cendere) che vetro aria, & acqua ADEC. Per dimo$trare que$ta co$a, la quale $e tirerà dietro altre cognitioni non $prezzabili, mi dica Sig Ofredi; $e pone$$i- mo nell’acqua due corpi vguali, vno d’oro, e i’altro d<007> piõ- bo qual crede che de$cende$$e più velocemente?

_Ofr_. E noti$$ima la dottrina $piegata mirabilmente dal no$tro gran Galileo _nel Dial. 1. deile due nuoue $cientie_, cioè che dalla velocità a$$oluta, con la quale il mobile $i mouerebbe nel vacuo, il mezzo ne leua tanta, quanta è la $ua grauità. Per e$empio; $e l’oro fo$$e 20. volte più graue dell acqua, & il piombo 16. e<007>sendo le loro velocità nel vacuo vguali, l’acqua leuerebbe alla velocità dell’oro vn vige$imo, & a quella del piombo vn $e$todecimo: on le la velocità dell’- oro nell’acqua à quella del piombo $arebbe come 19 à 18. e tre qua<007>ti.

_Mat_. Tanto che l’oro di$cenderebbe con la velocità corri$põ- dente à 19. D modo che $e pe$a$se lib 20. & tant’acqua ad e$so vguale lib. 1. d<007>$cenderebbe con velocità corri$pon- dente a lib. 19. Il che anco quando non $uccede$se così per che non $ono $icuro di que$ta dottrina del Galileo, mi ba- $ta che l’oro di$cenderebbe più velocemente del piombo, e nel di$cendere $olleuarebbe acqua, che pe$aria vna libbra. Hora intenda V. S. che con l’oro $ia vnita tanta materia, che pe$i libre 20 e $ia dalla medema grauità in $peciecon l’acqua, come $arebbe $ettole di cauallo; que$t aggre gato, che $arà lib. 40. de$cendendo alzarà vna mole d’acqua, che _DIALOGO_ pe$erà lib. 21. Crede V. S. che de$cenderà con la medema velocità dell’oro?

_Ofr_. Nò Signore. Di$cenderà con a$sai minor velocità. Per- che $e bene tutti doi li ecce$$i $ono a$solutamente de lib. 19. nulladimeno paragonati con il mezzo, che s’alza, $ono molto diuer$i; mentre il primo ad e$so hauea la propor- tione de 19. ad 1. & il $econdo de 19. a 21; quella tanto mag giore. e que$ta minore.

_Mat_. E $e all’oro haue$$imo aggiunte lib. 20. di materia più leggiera in $pecie del mezzo?

_Ofr_. Di$cenderebbe que$to compo$to tanto più lentamente; e potria e$sere che fo$se tanto più leggiero in $pecie del $olo oro, che que$to aggregato fo$se, ò della medema gra- uità $pecifica dell’acqua, ò di minore. Nelli quali ca$i que$t’aggregato, nel primo non di$cenderebbe, enel$e- condo galleggierebbe.

_Mat_. V. S. ha ri$po$to mirabilmente. Hora nel no$tro ca$o, già che $upponiamo che il vetro ABC, & aria cõ$tipata DBE, $iano più graui in $pecie dell’acqua, determiniamo l’ecce$- $o della loro grauità;e $upponiamo per e$empio che $ia vn quinto, dimodo che pe$ando vetro, & aria conden$ata lib. 5. l’acqua ad e$$i vguale ne pe$i 4. E manife$to che di- $cenderanno conla velocità corri$põdente ad vna libbra.

_Ofr_. Certi$$imo.

_Mat_. Intendiamo che al vetro, & aria $ia aggiunta l’acqua ADEC, che pur pe$i lib. 5. sì che tutto que$to compo$to debba di$cendere, & alzare vna mole d’acqua vguale à tut- tala mole ABC; è manife$to che quello, che di$cenderà pe$erà lib. 10. el’acqua, che s’alzerà lib. 9. Onde la grauità del corpo di$cendente eccederà l’acqua alzata pure d’vna libbra, ma che $arà vn decimo. E perche li corpi più gra- ui del mezzo di$cendono in e$$o con la velocità corri$pon- dente all’ecce$$o della lor grauità $opra quella del mezzo; & il compo$to del vetro, & aria eccedeua il mezzo d’vn quinto; & il compo$to di vetro, aria, & acqua @ccede d’vn decimo, $i moueranno, e di$cenderanno conforme à que- $ti ecce$$i. Ma quel quinto $e bene a$$olutamente è vna lib- bra, come è anco il decimo, nulladimeno comparatiua- _QVARTO._ mente al mezzo è maggiore d’vn decimo. Adunque di- $cenderà più velocemente il vetro, & aria, che il vetro, aria, & acqua.

_Ofr_. Con que$te dottrine mi hà fatto cono$cer manife$tam\~e- te, che $e bene pare, che e$$endo a$$olutamente il medemo ecce$$o della grauità dell’acqua vguale al vetro, & aria conden$ata D B E, $opra la grauità di que$ti, e dell’acqua vguale à tutta la mole ABC, $opra la grau<007>tà de primi, e dell’acqua ADEC, che anco debba cagionare nel tatto la medema $en$atione, nulladimeno non e$$er così; perche il primo ecce$$o opererà più velocemente che il $econdo; & in con$eguenza que$te diuer$e velocità deuono e$$er fen$ibili; perche $e bene quell’acce$o è il medemo a$$olu- tamente, come già è $tato detto, non però ri$pettiuam\~e- te, e$$endo diuer$e le proportioni trà li pe$i. E parmi di- pender tutto il pre$ente negotio da vna g eometrica pro- po$itione, che io non voglio dire.

_Cont_. Caro Sig. Ofredi non ne defraudi, ma ne con$oli con que$ta $ua Geometria, che sà quanto ne vada à genio.

_Ofr_. La $eruo.

PROPOSITIONE.

Sia BE, l’ecce$$o di B A, $opra C D, & ad e$$e $iano aggiunte AF, DG, vguali. Sarà maggiore la Proportione di B A, à C D, di quella di B F, à CG.

@cia$i come BA, alla C D, co$i AH, à GD. Perche come BA, alla C D, co$i AH, a GD; $arà anco come BA, alla CD, così BH, à C G. Ma B H, a C G, ha maggior proportione che BF, à CG, Adunque anco BA, alla CD, ha- uerà maggior proportione che BF, a CG. Ecco adunque che $e bene BE, a$$olutamente è il medemo ecce$$o tanto della BF, $opra la C G, quanto della B A, $opra la CD, nulladimeno non $ono le medeme proportioni. Le quali anco tanto più $i $minui$- cono, quanto più le magnitudini vguali aggiunte $ono _DIALOGO_ maggiori.

_Cont._ Que$to non l’intendo.

_Ofr._ Siano aggiunte alle prime altre due grandezze vguali FH, GK. G<007>à s’è prouato che B A, alla C D, hà maggior pro- portione che BF, a CG; ma per la $te$$a propo$itione BF, a CG, ha maggior proportione che BH, a CK. Adunque _ex_ _æquali_ B A, alla C D, ha molto maggior proportione che BH, a C K Ecco adunque che quanto maggiori $aranno le magnitudini vguali aggiunte, $empre tanto più $i d<007>mi- nuirà la proportione.

_Cont._ Tutto è veri$$imo.

_Ofre._ Non meno anco è vero, che $e alla maggiore B A, fo$$e aggiunta AF minore di K D; aggiunta alla minore che tanto maggiore $arebbe la proportione di B A, alla C D, di quella di BF, a CK. Perche e$sendo$i prouata la pro portione di BA, alla CD magg ore di quella di BH, alla C K, & e$$endo quella d<007> BH alla CK, maggiore di quella di BF, alla CK, $arà queila d<007> B A, alla CD, molto magg<007>o re di quella d<007> BF alla C K.

_Cont._ Tutto và bene. Mà io non vedo come que$te verità a $tratte, & vmuer$ali, $i po$$ino applicar al concreto parti colare del qual tr@ttiamo.

_Ofred._ Ogg<007> V S è molto difficile da contentare. Sia BA, la grau<007>tà dell’aria conden$ata, e del vetro; e CD, $ia la gra uità dell’acqua, che deue alzare L’alzera con la velocita co rri$pondente all’ecce$$o della $ua propo rt<007>one, la qua velocità và cre$cendo $econdo che cre$ce la proport<007>one E perche agg<007>unti li pe$i vguali AF DG, & AH, DK, $em pre le proportioni del vetro, aria. & acqua mancano; e tanto più, quanto maggiori $ono le grauita dell’acque uguali aggiunte; adunque alzerà $empre con m<007>nor velo cita Che $e alla BA, grau<007>ta del vetro, & aria agg<007>unge$ $imo il pe$o AF, minor del Dk, aggiunto al CD; tanto p<007>ù s’impiccolirebbe que$ta proport<007>one; & in con$eguenza alzerebbe con minor veloc<007>tà.

_Cont._ Dio me liberi dal $u$$eguo del Sig. Ofredi quando ha da parlare geometricamente.

_Ofr._ Horsù m<007> abba$$erò tanto che deuenirò fanciullo, con- _QVARTO._ fermando con vn’e$perienza fanciulle$ca quanto è $tato $in’hora detto. Liquefanno li fanciulli del $apone con l’ac- qua, e prendendo vna cannucia a perta d’ambi le parti, im- mergono vno delli $uoi capi in quella $aponata, poi $offi- ando gentilmente dall’altra, formano certe sfere più, e meno grandi, che hanno vna $ottili$$<007>ma gu$cia d’acqua, e $ono ripiene di fiato. Staccandole poi con de$trezza dalla canna con l’aggitatle vn poco poco, que$te d<007>$cen- dono. Ma benche que$te habbino attaccato alla parte inferiore vna goccia d’acqua, nulladimeno anco per l’aria quieta di$cendono con grandi$$ima lentezza in compara- tione della velocità con la quale di$cenderebbe la $ola ac- qua $e fo$$e vnita. Que$to certo non $uccede per altro, $e non perche quelle sfere con$titui$cono vn compo$to d’ac- qua, & aria, ò fiato, il quale ri$pettiuamente al mezzo vguale alla loro mole, che deuono alzare, e $cacciare, è piu leggiero, che non è il $olo graue paragonato al mezzo vguale al $uo corpo, che douerebbe alzare $olo.

_Mat._ Da tutte a dunque que$te dottrine parmi molto euiden- temente $tabilito che l’acqua, che entra nel bicchiere, ò va$o debba grauitare, & aggiungere pe$o al vetro, & aria; parendomi veri$$imo, che allora il mezzo non aggiunga pe$o al corpo in e$$o collocato, quando non di$cende con e$$o, e non cagioni $alita di parte del medemo mezzo ad e$$o vguale; ma quando di$cende con il corpo, e con la $ua di$ce$a cagiona $alita del medemo mezzo a $e vguale, pur troppo aggiunge pe$o.

A que$to propo$ito voglio $uggerire vna maniera a$$ai ga- lante di pe$are l’acqua nell’acqua, & anco l’aria nella me- dema acqua. Prenda$i vn gran va$o di vetro, ò d’altro (co- me vna gran boccia) che habbia vn piccolo bucco, che $i chiuda beni$$imo con vn bocchino di $tagno $im<007>le a quel- li, che hanno le no$tre boccie quadre, che ch<007>amiamo da caneuetta, il quale bocchino $i fori nella $ua $ommità con vn piccolo bucchetto; s’attacchi al fondo del va$o tanto pe$o, che comodamente lo po$$i far di$cendere nell’acqua; e legando que$to va$o con fune di $ettolle di cauallo $i la- $ci di$cendere; $econdo che più, e più di$cendera, anderà _DIALOGO_ entrando nel va$o per quel piccolo buccolino $empre maggior, e maggior quantità d’acqua $enza che n’e$ca vna minima particella d’aria, la quale $empre s’anderà più, e più conden$ando.

_Ofred._ E po$$ibile que$ta co$a?

_Cont._ Que$t’e$perienza è $tata fatta dal Sig. Sinclaro, e la regi- $tra _nel lib. 2. Dial. 4. principiando dal num._ 9. onde non occorre dubitare d’e$$a.

_Mat._ All e$perienza $i può aggiungere la ragione. L’aria della boccia è $ottopo$ta alla medema pre$$ione dell’altra. Quã- do $e và immergendo preme $opra quel buccolino non $o- lo tutta l’altezza dell’atmosfera della medema forza con e$$a, ma anco tutta l’acqua, che li $oura$ta; onde premen- do que$to compo$to con maggior momento, caccia dell’- acqua nella boccia per quel piccolo pertugio; e non po- tendo v$cir l’aria per e$$o otturato per la $ua piccolez- za da co$a, che più preme, è nece$$itata a ri$tringer$i $in’à tanto, che acqui$ti con que$to ri$tringimento forza tale, che pareggi il momento dell’acqua $opra$tante, & atmos- fera.

_Ofred._ Re$to per$ua$o dalla ragione.

_Mat._ Hora Sig Ofredi, chi applicherà que$to va$o ad vna bi- lancia, ò $tadera, trouerà che quanto più di$cenderà, tanto più pe$erà $econdo la quantità dell’acqua in e$$o entrata. Chi $arà quel pazzo, che creda, che que$to maggior pe$o $ia cau$ato non dall acqua entrata, ma dall’aria, che con- den$ata più di quello, che era prima, $ia fatta più graue in $pecie di quello ch’era?

_Ofr._ Mo patron mio, inque$to ca$o l’acqua è totalmente $epa- rata dall’acqua del mezzo.

_Mat._ Intendo. In vece di far di$cender il va$o con il fondo all’- ingiù, lo facia di$cender con il bocchino: tanto è tanto di- fce$o che $ia tanto quanto nell’altra gui$a, entreràin e$$o la mede ma quantità d’acqua; & applicato alla $tadera pe$erà come prima. In que$to ca$o l’acqua del va$o $arà median- te <007>l p<007>ccolo pertuggio vnita con l’e$terna. Dirà for$e Sig. Ofredi che que$to pe$o $ia cau$ato dall’aria conden$ata? Lo vadi a dire alle marmote.

_QVARTO._

Per pe$are poi l’aria nell’acqua, di$ce$o che $ia il va$o nel pri- mo modo a$lai in fondo, sì che molta $ia l’acqua in e$$o entrata, $e vadi $olleuando a poco a poco, $econdo che più, e più a$cenderà, $e vedrà a$cendere quantità di bolle, cioè l’aria contenuta nel va$o.

_Ofr._ Cerramente n’v$cira que$t’aria?

_Cont._ V’e l’e$perienza del medemo Sig. Sinclaro.

_Mat._ E non manca la ragione Perche alzato in parte il va$o, l’acqua, & atmosfera non preme iui come premeua più fondo. Sì che contropremen@o più l’aria del va$o, e$ce fuo- ri in parte $ino che habbia tanto debilitato l’elaterio che paregg la p@e$$ione dell’acqua, & atmosfera. E que$ta è la cau$a che bi$ogna alzar pian piano; perche chi alza$$e per molto $patio repentinamente, mentre vi $aria gran diffe- renza tra que$te pre$$ioni, farebbe l’aria tanta furia per v- $cire, che non potendo per l’angu$tezza del buccolino far- lo così pre$to, potrebbe $pezzar <007>l va$o, come accadè al medemo Sig. Sinclaro.

Hora tirato il va$o in pello d’acqua, sì che ne $ia v$cita l’aria conden$ata, e che la r<007>manente $ia dilatata quanto l’e$te- riore, immergendo $otto acqua tutta quella quantità di fune, che era di$ce$a, s’applichi pure alla bilancia; che $e que$ta $arà e$qui$ita, farà cono$cere qualche differenza trà il va$o in que$to $ito, e quando fù pe$ato nel fondo (ilche $e $uppone e$$er $tato fatto) Que$ta d<007>fferen za di pe$o non $arà altro che quello che pe$a tanta quantità d’aria, quãt’è l’acqua, che $arà entrata nel va$o.

_Ofr._ A fare que$t’e$perienza vi vorranno’le gran diligenze.

_Mat._ Certi$$imo. Nulladimeno, _omnia vincit labor improbus_. Di- chiarate, & inte$e bene le dottrine $oprapo$te, credo che facilmente s’intenderà più adequatamente la cagione d’al- tro natural Fenomeno di quello che l’abbia inte$a il no- $tro gran Galileo. Que$ti doppo hauer mirab<007>lmente di- chiarato _nel Dial. $opracitato_, che l<007> corpi $imili della mede- ma grauità $pecifica di$cendono per il medemo mezzo con la medema velocità, per eccederlo con il medemo ec- ce$$o proportionale, ricerca da che auuenga poi che $i ve- da tanta diuer$ità nelle velocità mentre per e$empio, ve- _DIALOGO_ dra$i che vn quadrello di$cenderà per tant’ acqua in due, battute di pol$o, che $pezzato in particelle piccoli$$ime, tall’ vna di quelle a di$cendere la medema acqua con$u- merà più hore, e giorni. Ricorre egli _nella pag_. 88. _alla $ca-_ _bro$ità, ò poro$ità, che communem\~ete, e per lo più nece$$ariamente_ _$i ritroua nella $uperficie de i corpi $olidi, le quali $cabro$ità nel_ _moto d’e$$i vanno vrtando nell’aria, ò altro mezzo ambiente, &_ _apportano ritardamento alla velocità, e tanto maggiore, quanto_ _la $uperficie $arà più grande, quale è quella de i $olidi minori para-_ _gonati à i maggiori_. Il che viene da e$$o dimo$trato. Ma io oltre a que$ta, n’a$$egnarei due altre cau$e prouenienti dal- le dottrine $opra dichiarate. Mi dica Sig. Ofredi. Ha mai hauuto curio$ità di vedere li piccoli granelli d’arena, & al- tri corpiccioli poluerizatti con il micro$copio, o lente col- ma, che notabilmente ingrand<007>$ca l’ogetto?

_Ofr_. Si Signore. Et hò o$$eruato con gran mia ammiratione, che $e bene li loro corpiccioli paiono all’occhio libero co- me tante sferette; veduti però con il micro$copio $ono ri- pieni di certe cauità, e montuo$ità, e $ono corpi irrego, lari$$imi.

_Cont_. Quanto più irregolari, $aranno anco le loro $uperficie tanto maggiori; & in con$eguenza prenderà maggior vi- gore la cau$a a$$egnata dal Galileo.

_Mat_. Ma di più $arà anco vero, che ripo$ti que$ti nel mezzo fluido, come nell acqua, ò quelle cauità$aranno riempi- te da e$$a, ò per la loro piccolezza, ò altro accidente re$te- ranno pure piene d’aria. In ambidue li ca$i quello, che di- $cenderà non $aràil corpicciolo $olo, ma que$to congion- to con dell’acqua, ò con dell’aria; & in con$eguenza doue- rà nella $ua di$ce$a alzare mole d’acqua non vguale al $olo proprio corpicciolo, ma ad e$$o, & acqua, ò aria. Nelli qua li ca$i di$cenderà, ma certo più lentamente che $e di- $cende$$e $olo. Può e$$er adunque che quel corpicciolo $ia congionto con tant’aria, che il locato entro l’acqua, ò non ecceda, ò molto di poco in grauitàaltre tant’acqua. Nelli quali ca$i ò non di$cendera, ò con lentezza grande, e gran- di$$ima.

Con que$t’occa$ione non voglio mancare di narrarle vn’al- _QVARTO_. tro Fenomeno a que$to propo$ito non $prezzabíle. L’al- tro giorno per certa e$perienza il Sig. Rinaldini. D. Gio. Antonio Baglioni, & io haueuimo riempito vn tubo di ve- tro competentem\~ete lungo d’acqua, la$ciandoli luogo per vn poco d’aria, & oglio, che doueuano $eruire con la loro $alita al no$tro propo$ito. Otturato il tubo con ve$cica d’- ambi le parti, lo voltauimo, & riuoltauimo perpendicola, re all’orizonte, o$$eruando per l’acqua la $alita dell’aria, & oglio. Que$to non a$cendeua tutto vnito, ma $i diuideua in varii come globetti di diuer$e grandezze; alcuni delli qua- li alle volte conteneuano nella parte inferiore nella loro corpulenza quantità di bolle molto bianche, che certa- mente erano acqua imprigionata, credo io, dalla vi$co- $ità dell oglio.

_Ofr_. E perche non aria?

_Mat_. L’effetto dimo$traua che non fo$$ero aria; perche que- $ti globetti a $cendeuano con vna tardita tanto maggiore $opra quella delli altri, che erano oglio puro, quanto mag- gior quantità di que$te bolle conteneuano. Il che non $a- rebbe $ucce$$o $e fo$$ero $tati aria, la quale hauerebbe ve- locitato il loro moto, e non ritardatolo, come s’o$$eruaua in altri, che cong<007>unti con e$$a, $aliuano più velocemente. Di più; l’aria congiunta con e$$i li precedeua, e non $egui- ua. In oltre, $e alcuno di que$ti gl obetti arriuato ad alto ri- trouaua altro globetto, che prima d’e$$o fo$$e $alito che però nella parte inferiore contene$$e $imil bolle, $i vedeua- no manife$tamente que$te di$cendere per la corpulenza, dell’oglio, che arriuaua doppo il primo, & andar$i ad vni- re con altri inferiori, e l oglio puro con l’oglio puro.

ora que$to fenomeno dimo$tra che anco nell’e$pul$ione e$- perimentiamo quant’ habbiamo e$perimentato nelle di- $ce$e; cioè che più tardamente l’acqua cacci l’oglio con- giunto con l’acqua, che l’oglio puro; $e bene è il medemo a$$olutamente l’ecce$$o della grauità di tant’acqua quant’è l’oglio, con l’ecce$$o della grauità di tant’acqua, quant’è l’acqua, & oglio, $opra que$ti; & è vero che anch in que$to ca$o l’acqua aggiunge grauità all’ oglio in e$$a collocato mentre con e$$o debba $alire.

_DIALOGO_

_Cont._ Io tengo di certo che que$te cau$e habbino luogo in $i- mil ca$i. Et hora meglio intendo, e penetro la cau$a di cer- to Fenomeno, che rammemora il Berigardo _nel predetto_ _luogo alla pag_. 304. con que$te parole _Vas vitreum aquæ plenum_ _deprehenderam in aqua ponderatum plus ponderare, quam omniz,_ _eius fragmenta, rem accuratè $æpius ex aminando_. E d<007>ce che credeua che il medemo doue$$e $uccedere pe$andolo in aria, ma che conobbe che non era vero; e che tanto in ac- qua, quanto in aria pe$aua vgualmente; ma che la cau$a per la quale in acqua pareua che pe$a$se inegualm\~ete era. _Quod_ _intra aquã illa minuta fragmenta coniunctas hab\~et multas aeris ve_ _$ciculas, quæ aliquo modo $ubleuantlanc\~e vbi $unt fragmenta, qua$u_ _inflatio bullentis aquæ, {ij}s vero amotis e$t idem pondus_. Io <007>n virtù delle $opradette dottrine dico, che $e bene in que$to Feno meno può in qualche modo interuenire anco l’aria, non però nel modo che dice il Signor Berigardo; cioè che $ol- leui la lance come fa l’acqua, che bolle; poiche l’aria non cagiona que$ta maggior leggierezza, ma perche il va$o $pezzato $i paragona con maggior mole d’acqua, che in tiero.

_Ofr_. Ciò parmi molto difficile da capire.

_Cont_. Procurerò d<007>chiararlo in modo che V.S. l’intenda. Spez zato il va$o, le $ue part<007>celle, & anco le più grandinell $uperficie con le quali erano vnite, hanno infinite cauità e montuo$ità. Que$te $ono cagione del Fenomeno. Pe intender il che, $upponga V. S. che A B C D, rapre$enti vn graue più dell’acqua intiero. Que$to po$to nell’acqua pe$erà tanto meno, quanto pe$a vna mole d’ acqua ad e$so vguale _per la tanto_ _decantata prop. 7. del I. d’Archim de_ _in$id. humid_. Lo $upponghi $pez zato in due parti, di modo che BEFGC, contenghi la cauità EFG, e AEFGD, la montuo$ità EFG. Se nella cauità EFG, può entrare l’acqua a ri\~epirla, allora tanto pe$erà B D, $pezzato co- _QVARTO_. me intiero. Ma $e la cauita EFG, fo$se nell’acqua, ò ripie- na d’aria, ò co$i minima, che non fo$se capace ne d’acqua, ne d’aria, ma rimane$se vacua, allora pe$erebbe meno $pezzato che intiero. Perche la parte BEFGC, $i parago- nerebbe con l’acqua vguale a tutta la mole BEGC, che $a- rebbe quella collocata nell’acqua; e l a parte AEFGD, con lacqua vguale a tutta que$ta mole. Onde l’acqua parago- nata con ambidue que$te parti eccederebbe la paragonata con tutta la BD, intiera di tant’acqua quanta fo$se la mon- tuo$ità EFG. E perche l’acqua leua dal pe$o del graue po- $to in e$sa quanta è la grauità dell’acqua, che con e$so $i paragona; più leuerà l’acqua paragonata con le parti, di quello che leui la paragonata cõ il tutto. Adunque le par- ti rimaneranno più leggieri del tutto. Quello che habbia- mo detto d’vna intenda$i di tutte. E perche nel va$o $pez- zato $i contengono infinite cauità, e montuo$<007>tà, le quali benche minime, nulladimeno perche _multa pauca faciunt_ _vnum $atis_, e

Adde parum paruo, paruo $uperadde pu$illum,

Tandem de paruis magnus aceruus erit;

quindi è che formano vn tal che, il quale anco $i cono$ce con la $tadera, ò bilance, pe$ando meno il va$o $pezzato che intiero.

_Mat_. Que$ti di$cor$i mi hanno $uegliato la mente a procurare d’inue$tigare le cagioni d’altri effetti, che e$perimentia- mo. Mi hanno $empre dato gran fa$tidio certi corpu$coli con$tanti di materia più graue <007>n $pecie di liquidi, nelli qua l<007> $i fermano da per tutto. Come per e$empio, dice il nobi- li$simo Boile Ingle$e _in Hi$t. fluid. & firmit. $ect. 5. Atqui pa-_ _lam est plumbum, argentum viuum, quin & aurum ip$um, licet in_ _mole $en$ibili reperta, ad fundum aquæ regis, vel $imilis eiu$modi_ _liquoris citi$$imè demergentur; attamen a men$truo corro$a, inque_ _partes valde minutas exe$a, adeo e$$e agitationis, quam ante, ca-_ _paciora, vt relicto liquoris fundo libere quaqua uer$um, ad ip$am_ _quoque $ummitatem vna cum $ociatis liquoris partibus feruntur_ _nec ad fundum relab antur_. Mai hò potuto $odisfarmi nell’in- ue$tigar la cagione perche que$ti corpu$coletti $i fermino da per tutto, e non di$cendino al fondo, e$$endo più graui _DIALOGO_ in $pecie d’e$$a acqua, e liquido.

_Ofr_. Certo che $e $ono più graui in $pecie, douerebbero, ben- che anco con grandi$$ima lentezza come e$perimentia- mo in tanti altri, finalmente di$cendere.

_Mat_. Si quando non diueni$$ero per qualche accidente della, medema grauità $pecifica con il liquido. Io prego loro Si- gnori a reflettere $e quà po$$i hauer luogo il dire, che quel- li corpu$coli habbino il loro ambito co$i $cabro$o, e ripie- no di cauità co$i minime, che non $iano capaci delli mini- mi di quelli fluidi. Onde $e bene il puro corpu$colo dell’- oro, per e$empio, è a$sai più graue in $pecie del liquido, nulladimeno cõgiunto, ò con tutte quelle minime cauità vacue, ò ripiene di materia $ottili$$ima, facia vn’aggregato della medema grauità $pecifica con quel liquido; che per- ciò $i fermi da per tutto.

E perche vna notitia corre dietro all’altra, da quanto s’è det to, for$e $i potrebbe penetrare la vera cagione delle preci pitationi di que$ti corpu$coli. Per e$empio, $oggiunge i medemo Boile. _Quinimò videre est pondero $a, & mineralia cor_ _pora, $i in corpu$culu $atis exilia diuidantur, ad eam leuitatem &_ _volubilitatem redigi po$$e, ut partes ingredientes stillatiorum eti_ _liquorum fiant, ut<007> di$cere po$$umus ex illo, quem Chym<007>$tarum_ _al{ij} Butyrum, al{ij} $impliciter oleum, al{ij} oleum glaciale Antimo_ _n{ij} appellant; qui, licet po$t retific ationem liquor fit admodum lim_ _pidus, magna tamen $ui parte ex ip$o Antimon{ij} corpore con$tat_ _vt patet (prætermi$$a iam eius grauitate) ex eo quod magna pon_ _dero$æ calcis albæ, per artem in vitrum antimoniale reducibilis_ _quantitas beneficio aquæ limpidæ ex ip$o facilime præcipita_ _po$$it._

_Ofr_. Io direi che quell’acqua limpida infu$a facia con quel l@ quore vn cõpo$to a$sai più leggiero in $pecie del puro l@ quore. Che perciò quelli corpu$coli diuenuti più graui in $pecie del mezzo, d<007>$cendino. La cera è poco meno gr ue in $pecie dell’acqua comune; onde $e vn poco di lim tura di ferro la farà di$cendere apena, $e in quell’ acqua s infonderà vn poco d’acqua $al$a, ò vn poco di $ale, $i vede rà ritornar a galla. Così $e fatta graue con la predetta l matura quanto è l’acqua $al$a, s’infonderà in que$ta della QVARTO. dolce, $i vedrà la cera di$cendere.

_Cont_. Tutto que$to lo sò anch’io; & è $tato $aputo prima di noi dal Galileo, e da altri. Que$ta $ua ri$po$ta però Signor Ofredi for$e non può quadrare a cert’ e$perienza del Sig- Berigardo.

_Mat_. Et io proporo a loro Signori da con$iderare, $e in molti ca$i la vera cau$a po$sa e$sere (almeno vna delle cau$e) che li minimi dell’acqua limpida infu$a e$sendo più $ottili del- Ii minimi del primo liquido, po$$ino penetrare, e cacciar$i in quelli $patietti delli corpu$coli, e co$i renderli più graui in $pecie, e capaci di di$cendere.

_Cont_. Que$ta certo mi pare più confacente al Fenomeno del Signor Berigardo, che dice _nel luogo $opra cit. pag_. 299. dar$i certi metalli, _Quorum $olutione t<007>ngitur aqua, & quæ mox ad fun-_ _dum iniecto $ale præcipitantur_. Non sò $e il $ale con quell’ac- qua facia vn compo$to più leggiero in $pecie della $ola ac- qua, ò più graue. Onde per que$to capo quelli corpu$coli meno doue$sero di$cendere.

_Mat_. Più graue certo, $e quella è acqua ordinaria. Anco di que$to Fenomeno for$e la cau$a $a@à che li minimi del $a- le po$$ino più prontamente cacciar$i in quelli $patietti de minimi metallici, di quello che po$$ino fare li minimi di quell’acqua, e così rendendoli più graui farli di$cendere. Se potrebbe anco cõ$iderare $ecõ que$te infu$ioni di $ale, ac- qua, e me$colanze di diuer$e materie $i face$se, & eccita$se vna tal fermentatione, mediante la quale le particelle di quelli liquidi riceue$sero vn moto più efficace dell’ordina- rio con$eruante la loro fluidità, nel quale $empre $ono, mediante il quale pote$$ero più prontamente cacciar$i in quelli $patietti. Già è mani$e$to, come habbiamo tocco anco di $opra, che vn corpo in moto maggiore entrerà in quelli luoghi, nelli quali non entrerà con moto minore. Io hò tocche que$te cau$e, acciò loro Signori l’e$aminino; che per altro io non le $po$o.

_Vont_. Io non sò $e li minimi del $ale $e po$$ino cacciare più prontamente in quelli $patietti che li minimi dell’acqua; sò bene che que$ti prontamente $i cacciano nel medemo $ale, liquefacendolo, e riceuendone vna certa quantità. Mi DIALOG par co$a molto con$iderabile, e non aliena dal no$tro pro- po$ito, che $e $i ponerà del $al comune pur nell’ acqua co- mune, que$ta lo liquefarà $ino ad vn certo $egno, che $ia fatta vna perfetta $alamora; la quale cono$cono que$ti no- $tri $alumieri che $ia fatta, quando ponendo in e$$a vn ouo fre$co, que$to galleggi. Riceuuto che hà l’acqua il $ale, che richiede, non è più po$$ibile che liquefaccia altro $ale comune, e che ne riceua più, ma lo la$cia intatto.

_Ofr_. Que$to Fenomeno lo sò dalli miei pr<007>mianni, ma ne vor- rei $apere la cagione.

_Cont_. Credo che que$t’effetto $ia vno delli $oliti cau$ati dalla pre$$ione dell’aria, e liquidi. Preme l’atmosfera l’acqua, e que$ta la $ottopo$toli;ma que$ta per liberar$i dalla pre$$io- ne penetra in tutti quelli $pati, che puole: onde incontran- do li grani del $ale, è cacciata, e $pinta da que$ta pre$$ione nelli infiniti $patietti, e por<007>, che $ono di$per$i trà li mini- mi, che compongono il $ale. In que$ta gui$a $eparanno quelli minimi, e li rendono fluidi in gui$a, che con li mini- mi dell’acqua compongono vn fluido, li di cui minimi $o- no maggiori, ò più cra$$i delli puri minimi dell’acqua. Que$ti minimi adunque $eguono à cacciar$i nelli $patiet ti e pori del $ale $ino che que$ti ne $ono capaci, e li permet- tono l’ingre$$o; ma quando poi dalli minimi del $ale $ono co$i ingro$$ati, che non po$$ino più cacciar$i, ne quelli li po$$ino più riceuere;allora ce$$a la liquefattione, per mol- to che s’infonda $ale.

_Mat_. Realmente chi vole$$e negare che li minimi della $ala- mora non fo$$ero più cra$$i delli minimi dell’acqua comu- ne, meritarebbe delle $a$$atte; mentre manife$tamente $i vede che l’acqua comune è più leggiera, più fluida, e più $ottile della $alamora Nulladimeno io proponerò due e$- perienze da fare per vedere $e il negotio camina come di- ce il S<007>gnor Conte.

Nella machina del Signor Boile, con la quale $i procura il voto, $e pongh<007> vn va$etto pieno d’a cqua comune con $a- le à $ufficienza per far la $alamora, e fatto il voto, $i noti la qualità della $ala mora che $i farà, e tempo. Se è vera la dot trina del Sig. Co: $arà certo qualche differenza trà que$ta. QVARTO. quella, che $i farà nell’aria libera. Perche $e que$to è effetto della pre$$ione dell’aria, & acqua, doue vi $arà maggior pre$$ione, come nell’aria libera, li minimi dell’acqua, e più pre$to, & in maggior copia $aranno cacciati nelli $patietti del $ale.

L’altra e$perienza è que$ta. Con il medemo va$o $i faciano tre, quattro, e più va$i di perfetti$$ima $alamora; poi pon- ga$$i tutta que$ta $alamora in vn va$o a$$ai più alto, $<007> che le parti inferiori $iano molto più premute da que$to pe$o, che non erano premute le parti inferiori in qual $i $ia va$o. lo credo che chi infonderà del nuouo $ale, nè liquefarà par- te. Perche $e bene la pre$$ione di qual $i $ia va$o non era $ufficiente à cacciare li minimi della $alamora nelli mini- mi del $ale per la loro gro$$ezza, & angu$tezza di que$ti, vna pre$$ione maggiore ne potrà pur far pe netrar in parte.

_Of_. V. S. hà ben narrato il mirabile Fenomeno della $alomora ordinaria, ma poi, per quanto vedo, non sà co$a molto più ammirabile. Cioè altr’e$perienza fatta a Firenze dal no- $tro Sig. Rinaldini, che me l’ha comunicata. Se nella $ala- mora ordinaria V. S. infonderà del $al Gemma, que$ta ne $oleuerà parte, e r<007>ceuerà $ino ad vn certo $eguo. Et impre- gnata che $ia d’e$$o non ne riceuerà più, come s’è detto del $al comune, & acqua. Se in que$ta $econda $alamora inf\=o- derà dell’alume di Rocca, $uccederà il medemo. Se di nuo- uo infonderà del $al Armoniaco, e poi $al Nitro, e per fine Zuccaro, $empre $uccederà il medemo, che $aranno li- quefatti $ino ad vn certo $egno. In conformità delle $ue dottrine bi$ogneria dire, che li minimi della $ala mora non ba$tanti ad e$$er cacciati nelli $patietti del $al comune, po- te$$ero e$$er cacciati nelli $patietti del $al Gemma; e così di$correndo. Ma già che $opra $iamo $tati con il Signor Be- rigardo, ritorniamoci in gratia, e$aminãdo alcuni $uoi det- ti non alieni dalle materie $oprapo$te, regi$trati da e$$o _nella medema pag_. 294. auanti quell’e$perienza, che c’ha dato materie di di$correr tanto. Dopò hauer detto che il fumo, e il legno a$cendono per l’acqua tanto velocemente, che e$cono anco da e$$a, dice. _A$cend it tamen eò remi$$ius quò pro-_ DIALOGO _priùs accedit ad $uperficiem aquæ $icut ampulla aere plena, & be-_ _ne obturata tanto deprimitur violentiùs, quantò profundiùs aquæ_ _immergitur. Proinde celeriùs moueri debet ex profundiori loco._ _vndè plus aquæ partes eam $ur$um impellunt_.

_Mat_. Manco male che V. S. non a$criue anco que$te partite al mio debito; almeno le due vltime, e pure lo potria fare con qualche fondamento, poiche ho determinato il con- trario ad e$$e _nel no$tro pr. Dial_. Hò detto iui _alla pag_. 13. che quando s’immerge il galleggiante, $ino alla total immer- $ione $i fà $empre maggior fatica quanto più s’immerge; ma pa$$ata que$ta total immer$ione, $i fà $empre la mede- ma fatica. L’ampolla del Signor Berigardo è vn galleggiã- te come li altri; ne perciò deue $oggiacere ad altre leggi- Se adunque egli intende dopò la total immer$ione, e tiene che l’acqua non pati$ca alcuno ri$tringimento, credo che dica manife$tamente il fal$o; perche per tutto l’acqua fà la medema forza per $cacciar insù il gallegg<007>ante, ò altro corpo in e$$a immer$o. Almeno certo la $ua ragione ni- ente vale, cioè la maggior altezza dell’ acqua quanto più fondo $i và. Se poi è vero che l’acqua quanto più fonda $ia vn poco più ri$tretta, certamente che quanto più fon- da dourèbbe $cacciar più sù <007>l galleggiante, cioè con mag- gior forza. Perche ri$pingendo qual $i $ia corpo con la propria grauità; & e$$endo tanto più graue quanto più fonda, come quella che è più conden$ata; quanto più fon- da ri$pingerà con maggior forza E douendo noi $entire l’- ecce$$o della $ua grauità $opra quella del galleggiante; $en- tiremo maggior ri$pingimen<007>o quanto più fonda.

_Cont_. Se l’acqua pati$ca compre$$ione, ò nò, lo potremo co- no$cere pe$ando in e$$a qualche corpo più graue dell’ac- qua. Per e$empio pe$iamo in e$$a vn pezzo d’oro, che $ia bene tutto immer$o, ma poco lontano dalla cima dell’ac- qua; poicaliamolo molto al fondo, e torniamo a ripe$ar- lo; pe$era certo meno, $e l’acqua pati$ce compre$$ione. Perche leuando il mezzo all’oro tanta grauità quanto è quella d’vna $ua mole vguale alla mole del corpo, che $i pe$a, conforme le tanto decantate dottrine d’Archimede; e di moli vguali dell’acqua pe$ando più la più fonda, chela QVARTO. meno, $e è iui più con$tipata; quella leuerà dalla grauità dell’oro più di que$ta.

_Mat_. Se bene que$ti di$cor$i a$tratti paiono molto ragioneuo- li, nulladimeno non sò come la co$a $uccede$$e in pratica. Perche $e bene anco l’acqua pati$ca ri$tringimento, nulla- dimeno que$to è pochi$$imo. Onde per que$to capo due moli vguali d e$$a, cioè vna più fonda notabilmente, & vna più alta differiranno in grauità molto poco. Di più, chi n’a$$icurcrà che anco ritrouando que$ta differ\~eza di mag- gior, e minor pe$o, non na$ca e$$a da altro? Cioè certam\~e- te dall’acqua più den$a, e graue; ma non già per la maggior pre$$ione, ma bene per e$$er tale di $ua natura. Non è cre- dibile che l’acqua $ia corpo homogeneo, ma bene etero- geneo, & impuro; e tanto più, quanto più fonda. Onde certo di due moli vguali d’e$$a, pe$erà più la più ba$$a, che la più alta.

_Ofre_. A que$to propo$ito mi $ouuiene d’hauer letto _nel Dial_. I. _cit del Gal. pag_. 70. che per ingannare gentilm\~ete alcuni $uoi amici, nel fondo d’vn va$o po$e dell’acqua $alata, e $opra della dolce; e con limatura di ferro hauendo fatto vna bal- la di cera tanto graue, che a pena di$cende$$e, que$ta di- $cendeua $ino che incontraua l’acqua $al$a, & iui $i ferma- ua. E $e la $pingeua più fondo, ritornaua trà le due ac- que.

_Mat_. Inganno veramente gentile, e degno della filo$ofica $a- gacità del Galileo. Nell’e$perimentare bi$ogna hauer mol- to bene li occhiaperti e con$iderare attentamente tutte le circon$tanze. Lidarò vn’e$empio. Il dotti$$imo P. Riccioli Ge$uita _nell’ Almag. lib. 2. cap. 5. n. 10_. inue$tiga que $to Problema. _Quantũ plumbi appendendũ $it dato funi; vtcertus,_ _recta & perpendiculariter tractum ab eo iri funem deorsũ_. Sup- pone la lũghezza della fune e$$er 1000. piedi; e pre$i piedi 10. della medema, & hauendola beni$$imo bagnata $uppo- ne che pe$i in aria lib. 3. e fatto altro pe$o nell’acqua, troua che tant’acqua quanto è e$$a pe$i lib. 4. Da que$to ne caua che vn cilindro d acqua lungo, & vguale alla fune pe$erà lib 400 Que$to $aria vero quando tutta l’acqua fo$$e della medema natura, & homogenea; ma può e$$er diuer$a per _DIALOGO_ due capi; primieramente perche quanto più fonda può e$- $er tanto più impura; $econdariamente può e$$er tanto più con$tipata. Tutti que$ti capi po$$ono molto vitiar l’o- peratione. e cau$are che quel bolide, ò $candaglio, che $i crederà affondar$i rettamente, anderà trauer$o; perche quell’acqua vguale al piombo, e corda con la $ua grauità leuerà molto più di quello che e$$o $uppone.

_Ofr_. Anch’io m’arricordo d’hauer vna volta v<007>$to que$to $uo modo di $cioglier detto problema, & hauer notato non sò che degno di e$$er auuertito da chi vorrà intendere que$ta $ua operatione. Il pe$o del piombo, che ritroua da aggiun- ger alla fune è lib. 100. qual pe$o bi$ogna intenderlo in ac- qua, e non in aria. E perche $uppone che lib. 2. e mezza di piombo in aria pe$ino in acqua lib. 2. acciò che il piombo pe$i in acqua lib. 100. bi$ogna che in aria ne pe$i 125. Che poi bi$ogni intender che il piompo d’aggiunger alla fune pe$i lib. 100. in acqua, e non in aria è manife$to, perche tãt’ acqua quanto è la fune pe$a lib. 400. e la fune 300. il piõbo lib. 100 e l’acqua vguale ad e$$o lib. 20 Onde l’acqua vguale a 100. lib. di piõbo in aria, e 1000. piedi di fune pe$erà lib. 420 è il predetto aggregato lib. 400. Onde pe$ando più l’acqua del corpo in e$$a collocato que$to galleggierà. Bi$ogna adunque che il piombo pe$i in aria lib. 125. perche così con la fune pe$erà lib. 425. e l’acqua vguale a que$t’ aggregato pe$erà il m@demo.

_Cont_. Vn’accidente, che occorre à que$to bolide, $candaglio, ò altro corpo graue, che appe$o ad vna fune $i la$cia di$c\~e- dere nell’acqua, parmi che dia molto bene a vedere che l’- acqua quanto più è profonda, tanto più iui grauiti; accada poi que$to per qual $i $ia cau$a Se $i la$cia di$cendere que- $to graue quanto $i voglia, finalmente s’arriua in luogo, che non più di$cende, ma la fune, & il pe$o $tanno bene im- mer$i, ma però obliquamente; e $e $i la$cia di$cender più fune, più tutto que$to pe$o s’obliqua. Non $i può dire che que$to aggregato di fune, e di pe$o attaccato $ia più leggiero in $pecie dell’acqua da per tutto, perche que$to æ- $cenderebbe à galla. Fermando$i adunque in vn luogo, bi- gna dire che iui $i pareggino li momenti dell’acqua, e del _QVARTO_. detto aggregato; e non può $tare in $ito perpendicolare. perche quell’acqua più profonda pe$erebbe più. Per que- $to capo adunque della maggior grauità, che può hauere l’acqua più fonda della meno può e$$ere, che nel deprimer l’ampolla del Signor Berigardo $e facia tanto maggior fa- tica quanto più $i profonda. Il Sig. Profe$$ore dice ciò non $eguire per la maggior altezza dall’ acqua, $entiremo co- me ciò $ia vero; tanto più che il medemo giuditio bi$ogne- rà fare d’altra a$perienza dal Dotti$$imo Pietro Ga$$endo, il quale pure conformando$i al Sig. Berigardo dice _nel lib. 2_. _Philo$ $ect. 1 cap. 3_. che nel tener vna ve$cica gonfia $otto acqua $i fa tanto maggior fatica quanto più $i profonda.

_Mat_ Que$to Fenomeno, che lei Sig. Ofredi $tima $imile all’- ampolla piena d’aria del Signor Berigardo, è molto di$$i- mile E $e il Ga$$endo intende della fatica, che $i fà nel pro- fondar la ve$cica doppo la total immer$ione, credo che non habbia vna ragione al mondo; perche non o$tante an- co la maggior grauità dell’acqua fonda, che della meno, el può e$$ere che per altro accidente, che più $en$ibilmen. te accada alla ve$cica di quello po$$i accadere all’ampolla, quanto più $i profonda tanto minor fatica $i facia. Ma auanti che ciò e$plichi, giudico bene apportar certa e$pe- rienza regi$trata dal Sig. Sinclaro _lib. 2. Dial. 4. n. 7_ Se vna botte piena d’aria beni$$imo chiu$a con pe$i attaccati $i renderà co$i graue che di$cenda nell’ acqua, quando in e$$a $ia di$ce$a 7. ouero 8. pa$$i principierà ad andar in fa- $cio, e romper$i. Co$i $e $i profonderà nell’acqua vna boc- cia fatta di $tagno, vn va$o di pietra, di ferro, e di qual $i $ia materia più dura, come è $tato detto della botte, final- mente profondando$i $empre più, $i rompera, tanto più pre$to, e meno profondo quanto $arà di materia meno dura, e forte. La ragione è, che l’acqua circondante il va$o premendolo più quanto più $i profonda, per conco@ rere à que$ta pre$$ione tutta l’altezza dell’acqua premuta pure dall’atmosfera, & al contrario contrapremendo li lati interni del va$o la $ola aria rachiu$a, che pareggia la $o la pre$$ione dell’at mosfera, bi$ogna che que$ta cedi alla maggior pre$$ione fatta alle parti e$terne del va$o, e $i con- _DIALOG_ $tipi; e che in con$eguenza il va$o $i renda, $e puole; e quan- do non può più che $i $pezzi.

_Ofr_. Que$t’e$ perienza non è bruta. Tanto che l’ampolla del Sig. Berigardo potrà tanto dimerger$i, che finalmente $e $pezzi.

_Mat_. Chi ne hà dubio E ciò tanto più pre$to, quanto $arà me- no sferica, e rotonda; perche que$ta figura arrecca mag- gior re$i$tenza alli va$i. Hora Sig. O$redi V. S. hauerà o$- $eruato, che premendo vna ve$cica gonfia con le mani, ò in altro modo, l’aria rachiu$a $e con$tipa maggiormente, e tanto più, quanto più $i comprime, e con maggior forza; e che ce$$ata la compre$$ione, $i torna con il proprio elate- rio ad e$tendere come prima. Sping\~edo adunque la ve$cica $otto acqua incõtra que$ta in acqua, che $empre maggior- mente $trige li $uoi lati e$trin$eci: onde l’aria interna è ne- ce$$itata a ri$tringer$i; & in con$eguenza la ve$cica diuē- ta $empre di mole minore, benche con$erui $empre il me- demo pe$o. E perche $empre la ve$cica è $pinta insù dalla mole d’acqua ad e$$a vguale, e noi nel tenerla $entimo l’- ecce$$o della grauità di que$t’acqua $opra la grauità della ve$cica; e la mole d’acqua, che ri$pinge la ve$cica $i fa $empre minore; quindi è che la $upera $empre di minor ec- ce$$o. Onde per que$to capo dobbiamo $empre fare minor fatica quanto più $i profonda. E può e$$ere, che quello, che $cema per que$to capo $ia tanto notabile, che ecceda queilo, che pote$$e cre$cer per altro; cioè per il pe$ar l’acqua più profonda per qual $i $ia cau$a, che la più alta.

Se bene da quanto s’è detto $i po$$i formar qualche giuditio di quelle parole del Berigardo. _Proinde celerius moueri debet_ _ex profundiori loco, vndè plures aquæ partes eam $ur$um impel-_ _lunt_; e che leuato il patir l’acqua compre$$ione, & e$$endo per tutto della medema grauità, que$te non po$$ino veri- ficar$i $e non nel modo dichiarato _nel primo Dial pag_. 31. cioè perche e$$endo più alto il cilindro d’acqua, che $uc- ce$$iuamente $egue a $pingerla, li da più $pinte; nulladime- no a que$to propo$ito $i potrebbe fare que$t’e$perienza. Si prendino doi canne di diuer$e lunghezze, vna per e$empio _QVARTO_. di 6. braccia, & vna d’vno, e $e li ponghi vna pallina, come nell’e $perienza del Sig. Rinaldini regi$trata, _nel pr. Dial. no-_ _$tro pag. 27_. e noti$i il tempo che a$cenderà il primo brac- cio in quella di 6. & il braccio in quella di vno; poiche que- $ti tempi credo che $arãno ritrouati vguali. E la ragione lo per$uade. Perche nelli moti all’ingiù il medemo $patio è pa$$ato dal principio del moto più alto, e più ba$$o che $ia il mobile, nel medemo tempo. Adunque pare che co$i anco doue$$e $uccedere nell’e$tru$ione. Principij a muo- uer$i la pietra dalla cima della torre, ò dal mezzo, $correrà il primo braccio nel medemo tempo. E $i potrebbe fare que$t’e$perienza. Nella canna di 6. braccia $i $ommerga vna pallina di piombo tenuta con qualche in$trumento vn poco $otto acqua, $i che con dilatare $olo, ò aprire quell’- in$trumento la pallina $ubito di$cende$$e, e $i noti il tempo, che con$umerà a pa$$ar vn braccio; poi tenuta come $opra $e ponghi $otto acqua per 5. braccia, e $e la $ci di$cender pu- re per vn braccio, e $i noti il tempo medemamente. Io cre- do certo che que$ti due tempi $aranno vguali. Co$i adun- que nell’e$tru$ione io credo che li medemi $patii $ijno pa$- $ati in tempi vguali da qual $i voglia luogo principii l’ e$- tru$ione.

_Ofr_. Ma io direi in contrario. Quanto più l’acqua è alta, tanto più preme. L’e$perienza la vediamo nella botte piena, che quanto più fondo $i fora, con tanto maggior empito e$ce il vino, perche ne ha $opra maggior quantità premente. Così nel no$tro ca$o, quanto più alto è il cilindro d’ac- qua $opra il galleggiante, tanto più preme per cac- ciarlo.

_Mat_. L’e$empio non mi par a propo$ito; perche nella botte, dalla parte dalla quale e$ce il vino non vi è co$a, che pre- mi contro e$$o atta ad impedire l’v$cita; perche $e bene contra$ta l’aria, & impedi$ce l’empito del vino in qualche parte, il quale v$cirebbe con maggior velocìtà, $e ò non fo$$e l’aria, ò fo$$e più leggiera, e meno premente, nulladimeno non può impedire totalmente l’v$cita. Ma $opra il galleggiante preme altr’acqua, come habbiamo detto _nel cit. Dial. pag_. 14. E perciò que$ta equilibrando l’al- _DIALOGO_ tra ad e$$a vguale nell’altro $ettore, la quale pure pretende di$cendere, rende nullo ri$petto il galleggiante il $uo co- nato Veda$i _il cit. luogo nel Dial_. e $i roccara con mano que- $ta verità. In confirmatione di que$to, & in $imil propo$i- to potremo hauere vn’e$emp<007>o, & e$per<007>enza in vn tubo ritorto, nel quale con qualche otturamento $ia impedito il bucco, o piegatura oue comunicano le $ue gābe. R<007>\~epita vna gamba leue$i l’otturamento; $i vedrà che l’acqua $alirà con grand’empito per l’altra per la pre$$ione, che fanno le parti $uperiori $opra l’inferiori e $eguir à ad a$cen- dere $ino che s’equilibr<007>no. Ma $e nell’ altra gamba $o$$e pure infu$a acqua, ma non così alta come nella prima, per e$empio $ino al mezzo, cioè p<007>ù ba$$a della pr<007>ma; l’acqua pur $alirà, ma con minor empito, per la contropre$$ione, che fa l’acqua $uperiore.

_Ofr_. Re$to per$ua$o. Non facio poi molta $al$a $opra le pa- role pr<007>me del Berigardo, cioè (parlando del fumo, e le- gno) che _a$cendit eò remi$$iùs quò proprius accedit ad $uperfi-_ _ciem aquæ_, perche m’arricordo beni$$imo che hauendo V. S. _nel 1. Dial. pag. 31_. ri$po$to a certo mio dubio, che ha- ueuo circa _la prop. 6. d’ Arch. de in$id. bumid_. e che haueuo pro- po$to _nella pag_ 29. e dalla $ua ri$po$ta concludendo$i che que$to moto non $olo non $i ritardaua nel fine, ma che più to $to s’acceleraua, io confe$$ai _ne lla pag_. 32. d’e$$er $ta- to per$ua$o dal momento delle $ue ragioni.

_Mat_. Io re$to molto ammirato come che il Berigardo $i $ia in- gannato in $im<007>l Fenomeno tanto manife$to, e patente ad ogn’vno. Se bene però credo penetrarne la cagione. Que. $ta credo e$$er $tata vn troppo hauer$i cura d<007> non e$$er in- gannato dà Ari$totile. Haueua detto que$ti _nel 4. de celo_. _Eodem modo feri leuia $ur$um, quo grauia deor$um_. Ma que$ti di- $cendono più velocemente per l’aria che per l’acqua, e con maggior velocità nel fine che nel princ<007>pio adunque anco il $umo, e legno a$cendono più velocemente per l’aria che per l’acqua, e più velocemente nel fine che nel principio. Volendo adunque a$$erire la fal$ità d<007> que$to detto in tut- to, e per tutto, non è $tato contento d<007> d<007>re veridicamente, che al contrario di quello, che $uonano le parole d’Ari$to- QVARTO. tile, il fumo, elegno a$cendono p<007>ù velocemente per l’ac- qua, che per l’aria; ma anco poi fal$amente, che il motoè più tardo in fine che in principio.

_Cont_. Io non voglio dire che il Berigardo $i $ia ingannato, $e prima V. S. non $odisfa ad vna mia in$tanza. Dice il Gali- leo _nel $i$t Co$mico Dial. 1. pag. latina_ 18 & è dottrina comu- nemente riceuuta, che _acceleratio motus fit in mobili, quando_ _id fertur ad terminum inclinatione naturali de$ideratum: retarda-_ _tio autem oritur per repugnantiam, qua illud ip$um egrè di$cedit_ _ac remouetur ab eodem termino_. Hora mentre il legno v. g. è $pinto insù dall’acqua, que$to moto non li è naturale, ma violento, mentre è $pinto dal centro al quale ha inclina- tione naturale. Adunque que$to moto deue ritardar$i, e non accelerar$i; altrimente bi$ognerebbe dire che $i mo- ue$$e all’insù per leggierezza po$itiua; co$a negata da V. S.

_Mat_. Io non credo chela ritardatione, & accelerationenel moto delli graui all’insù, & all’ingiù $ia tanto di loro e$sen- za, che $enza que$te non po$$ino $u$$i$tere; mentre $timo che $i ritrouino in e$$i per accidente; e che tutto dipenda dal modo di principiar que$ti moti, e dal come li $iano c\=o- feriti, e li e$ercitino. Quando l’Aquila homicidiale del po- uero E$chilo, tenendo la Te$tudine trà li artigli, pre$eil volo all’insù, que$to moto (parlando al modo di V. S.) era alla Te$tudine violento, mētre era rimo$$a dal centro delle co$e graui. E pure è manife$to che l’Aquila poteua a$cen- dere con moto, & equabile, e ritardato, & acceletato. Co- sì $e fo$$e ritornata ver$o laterra, ilmoto all’ingiù $arebbe $tato naturale alla Te$tudine, mentre s’acco$taua al cen- tro; e pure poteua di$cendere in tutti trè li predetti modi. Ecco adunque che ambidue que$ti moti po$$ono e$$er mo- dificati in tutte trè le predette gui$e; e che habbino più vn modo che l’altro, na$ce altronde, cioè dal modo d’e$$erli conferito que$to moto. Ma perche comunemente li graui non $i $co$tano dal centro che per proiettione, e non s’ac- co$tano $e non per di$ce$a principiata dopò la remotione di cau$a <007>mpediente, nelliquali ca$i riceuono le modifica- tioni di ritardamento in quello all’insù, e d’acceleramento DIALOGO in que$to all’ingiù, quindi è che così $i parla comunem\~ete. Anzi che anco in que$to modo di prencipiar il graue il mo to all’ingiù io non credo che e$$o $empre $egui$$e ad acce- lerare il $uo moto, <007>l quale di propria natura $i ridurebbe all’equabile. Que$ta dottrina l’hò $piegata abbondante- mente _nelle quarte Con$id contro l’Apologia del P. Riccioli. Dial._ _7. principiando alla pag_. 54. $i veda iui, perche la con$ideratio- ne non mi pare $prezzabile.

_Ofr_. Anch’io voglio entrare in que$ta di$puta. Mi diea in gra- tia Sig. Conte; perche quando il braccio $caglia in alto vn graue, quel moto langui$ce?

_Cont_. Perche la virtù impre$$a (così nominiamola) langui$ce anch’e$$a.

_Ofr_. E $e il braccio conferente l’empito $i $tacca$$e dalla $palla, e $eguitando il mobile li conferi$ce il medemo empito; ò pure $empre $uccede$$ero nuoui bracci, che con vna conti- nua $ucce$$ione lo $caglia$sero con la medem a forza, cre- de lei, che il moto del graue $cema$$e, e langui$ce?

_Cont_. Anzi al contrario, più to$to $empre più $e velocitareb- be, mentre li $ucce$$iui $cagliamenti ritrouandolo in moto, opererebbero più efficacemente. Almeno certo non languirebbe.

_Ofr_. Ecco adunque che in que$to modo non $i ritarderebbe il moto. Mà perche ne li bracci continuamente $uccedono, ne il braccio $cagliante $taccato dalla $ua $palla $egue con- tinuamente il mobile, perciò il moto langui$ce. Non co$i $uccede al galleggiante, $pinto insù dall’acqua; poiche co- me ha detto il Sig. Profe$$ore _nel Dial. 1. pag. 31_. principian- do l’acqua a $pingerlo insù, altre acque ad e$$a vguali con- nuamente $uccedono.

Onde e$$endo accompagnato $empre da $ucce$$iue cau$e $pingenti vguali, bi$ogna anco che il $uo moto $empre più s’acceleri; e tanto più, quanto più lunga è la $alita. Alme- no non $i ritardi. Leuata però $empre la maggior con$ti- patione dell’acqua più fonda; che e$$endo pochi$$ima in tutti li ca$i, non può fare gran differenza.

_Mat_. Già che V. S. ha toccato que$te dottrine $tabilite _nel pri-_ _mo Dial_. anch’io repeterò quello, ch’hò detto _nel medemo alla_ QVARTO. _pag. 13_. e ciò per più piena’cõfuttatione delle parole delSig. Berigardo $opradette; cioè _Proinde celerius moueri debet ex_ _profundiori loco, vnde plures aquæ partes eam $ur$umimpellunt_. Se egli int\~ede che le parti dell’acqua AGMB (veda$$i la figura a carte 37.) tutte in vna volta $pingano insù il galleggiante LMPO, come altri hanno pen$ato, e non $olo $ucce$$iua- mente, come habbiamo detto, credo che s’inganni: perche è vero che tutta l’acqua AGMB, per e$empio, fà forza per di$cendere, ma è anco vero che tutto il compo$to BMPD, fà pur forza per di$cendere, E perche AFLB, e BLOD, $ono vguali, e fãno vguali conati; $e pareggiano, ne LMPO in que$to $ito $ente punto la forza di AFLB, ma $olo quel- la di FGML; e così $ucce$$iuamente in tutti li luoghi. A- dunque poco importa che l’acqua $ia più alta, ò più ba$$a, $e non $ucce$$iuamente, in quanto la più alta continua più à $pingere; e perciò introduce for$e maggior celerità; e tanto la più alta quanto la più ba$$a maggior in fine che in principio. Ma che occorre à multiplicar tante parole, m\~e- tre vi $ono l’e$perienze, che fanno per noi? Il famo$i$$i- mo P. Riccioli _nellib. dell’Almag. cap_. 16. _pag_. 391. ha tentato que$t’ e$perienza in vna canna di vetro $imile a quella del Sig. Rinaldini, della quale habbiamo parlato _nel Dial_. 1. _pag_. 27. e diui$a la $ua altezza, che era di 3. piedi in due par- ti vguali, e riempitela d’acqua; la$ciando vn piccolo $patio capace d’vn poco d’aria vna volta, e d’vn poco d’aria, & o- glio vn’altra, o$$eruò l’a$ce$a per e$$a, e dell’aria, e dell’o- glio. L’aria $alìla prima metà in 30. vibrationi d’vn pendo- lo, e la $econda in 24. cioè più velocemente. L’oglio la pri- ma in 14. la $econda 12. Co$i fece diuer$e o$$eruationi in altre canne con altri galleggianti, e nel pozzo, che potran- no dal curio$o e$$er in e$$o vedute, dalle quali conclude, _Le-_ _uia corpora in a$cen$u naturli per aquam ita inæqualiter moueri,_ _vt velocius moueantur; & priorem medietatem $pat{ij} longori_ _tempore pertran$eant, quam po$teriorem_.

_Cont_. Quanto alle $alite diuer$e dell’aria per l’acqua, belli$$i- mo modo d’e$perimentarle $e ne può raccogliore dal va$o del Sig. Sinclaro, del quale habbiamo $opra parlato a car- te 49. Poiche $e notato quanto que$to $ia $ommer$o; & al- DIALOGO zandolo vn pochino notaremo con e$atti pendoli li tem- pi, che con$umaral aria in diuer$e $ommer$ion<007> a $alire; haueremo con che proportione di tempi pa$$i diuer$i $patij.

_Mat_. Anch’io hò fatto l’e$perienze, che dice il P. Riccioli con il tubo di vetro pieno d’acqua con aria, oglio, & vna pallina di cera, & hò o$$eruato diuer$e $trauaganze; ma in partico- lare miè $em pre riu$cito di non e$perimentare il moto più tardo in fine, che in principio; anzi più to$to $empre qual- che acceleratione. Ma però que$te co$e richiedono mag- gior di$tintione. Ba$ti che la ragione, & e$perienza dimo- $tra non e$$er que$to moto più tardo in fine che in prin- cipio.

_Ofr_. Se vi $ono dell’e$perienze, che prouano velocitar$i que. $to moto, ve ne $ono anco, che prouano ritardar$i. Così $uccede al fumo e$tru$o per l’aria; che perciò il Berigardo _nel medemo luogo pag_. 25. dopò hauer detto, che il fumo a$- cende più velocem\~ete per l’acqua che per l’aria, $oggion- ge, _Hoc quiuis ob$eruare pote$t, vt ego Pari$i{ij}s in deflagatione_ _pontium, qui ob$orti aquis longo po$t tempore cra$$um fumum &_ _ignis vortices emittebant, erumpebat fumus ex aquis veloc<007>$$ime_, _$ed in aere lentè a$cendebat, & quò altiùs, eò lentius, & c_.

_Mat_. $aria meglio caro Sig. Ofredi che V. S. face$se dire al Sig. Berigardo come e$perienza in contrario, che il legno fi- nalmente v$cito dall’acqua $i ferma affatto. E $pinto il gal- leggiante insù dal mezzo $empre con maggior veloc<007>tà (almeno non con minore,) $ino che que$to è della mede- ma natura, & eccede il galleggiante con il medemo ecce$- $o di grauità, non quando que$to ecce$$o $cema. Io credo che V. S. non hauerà difficoltà in concedere, che $e il mez- zo contene$$e prima acqua comune; $opra oglio; e $opra $pirito di vino, che vn galleggiante più legg<007>ero di tutti a- $cenderebbe più velocemente per l’acqua; meno per l’o- glio; e moito meno per <007>l $pirito di uino; e $empre tanto più tardo, quanto que$to mezzo meno eccede$$e; di modo che $e più to$to fo$$e ecceduto che eccede$$e; il galleggian- te non $olo non a$cenderebbe, ma $e fo$$e portato da em pito concepito a $alir in e$$o, di nuouo di$cenderebbe. Co$i QVARTO. vediamo che il legno, che $aglie per l’acqua, port a to dall empito fuori d’e$$a nell’aria, torna ad immerger$i nell’ac- qua; ma arriuato all’aria che a$$ai a$$ai meno l’eccede in grauità langui$ce que$to moto $in’a tanto che $i muoua con moto proportionato all’ecce$$o della grauità dell’aria $opra la propria E perche l’aria non e$$endo da per tutto vniformemente graue, non preme, e $caccia vgualmen- te, ma meno quanto più $i và in alto, quind<007> è che final- mente il fumo nelluogo, oue è graue quanto e$$a $i fer- ma.

_Ofr_. Il moto delli graui all’ingiù $i velocita di modo che li $patii pa$$ati $iino come li quadrati dell<007> tempi, come è già co$a famo$a, o$$eruata prima dal Galileo, e poi da tanti al- tri; mentre adunque il moto d’e$tru$ione delli galleggian- ti $i và anco e$$o velocitando de$idero $apere $e $i velocita con la proportion medema delli quadrati delli tempi.

Mat. _Sodisfa il medemo P. Riccioli al $uo de$iderio_ nel luogo citato pagina 362. numero 21. così. Ex octauæ cla$$is experimen- tis $atis con$tat leuia corpora à nobis adhibita, non ita, in a$cen- $um per aquam cre$cere, vt $patia confecta $e habeant inter $e ut quadrata temporum; $ed quadratum totius temporis, quo per- tran$iti $unt pedes 14. multo plus duplo e$$e ad quadratum tem- poris, quo pertran$iti $unt pedes 7. _E poco doppo $oggiun-_ _ge_. Itaque proportio, quam huiu$modi corpora $eruant, incon- $tans e$t, nam in aliquibus videtur tempus primi $pat{ij} æqualis ad tempus $ecundi $patii æqualis e$$e vt 4. a 3. In aliquibus ut 5. ad 4. in aliquibus æqualitati proprius, $eu vt 10. ad 9. &c.

_Ofr_. Ma mi na$ce altra curio$ità di $apere perche non a$cen- dono, ò $ono e$tru$i dimodo che li $patii pa$$ati $iino a puntino come li quadrati delli tempi, come di$cendono li graui, &c.

_Mat_. Per quanto vedo Signor Ofredi li vengono più voglie che alle donne pregne. Il medemo P. Ricciolo pure poco doppo dice, che la cau$a _vnica aut poti$$ima e$t longe minor ex-_ _ce$$us grauitatis aquæ $upra grauitatem prædictorum corporum_, _quam $it exce$$us grauitatis sphæræ metallicæ, aut lapideæ $upra_ _grauitatem aquæ aut grauitatem no$triaeris. At $i inuen<007>rentur_ _corpora tantò leuiora aqua, quantò corpora metallica, vel lapidea_ _DIALOGO_ _$untgrauiora quam aqua, nedum aere; tunc valdè probabiliter e$t_ _incrementum velocitatis fore $ecundum quadrata temporum_ &c.

_Ofr_. Se non vi è altra ri$po$ta da $atiar il mio appetito, al $i- curo che $e io fo$$i vna donna pregna, come $cherza V. S. farei il parto $egnato. Perche certo con maggior ecce$$o di grauità eccede l’acqua l’aria pura, che li metalli, e pietre l’acqua. E pure l’aria nell’e$$er e$tru$a non o$$erua ne lli $pa tii pa$$ati li quadrati delli tempi. Co$i eccede di maggior ecce$$o l’acqua in grauità li altri corpi con li quali e$$o hà e$perimentato, che tanti più graui dell’acqua non eccedo- no e$$a; e pure quelli non a$cendono li $patii come li qua- drati delli tempi, e que$ti li de$cenderanno. L’ecceder il corpo graue il mezzo per il quale deue di$cendere di poco in grauità, non fà che $i muti la proportione delli quadrati delli t\~epi nelli $patii pa$$ati, ma $olo che que$ti $patii $iino minori paragonati cõ li pa$$ati da corpi più graui nelli me demi tempi. Tutti però que$ti $patii $ono frà $e proportio nali, mentre $ono proportionali alli quadrati delli tempi. Tanto douerebbe $uccedere alli corpi leggieri, $e que$ti a$cende$$ero per leggierezza po$itiua; che quanto più fo$- $ero leggieri del mezzo a$cende$$ero più velocemente; ma però che li $patii pa$$ati da tutti fo$$ero come li quadrati delli tempi. In $omma que$ta ri$po$ta del P. Riccioli ha $uegliato in me de$iderio maggiore di $aperne qualche cau$a più veri$$imile.

_Mat_. Per vedere, che il parto de V. S non na$ca deturpato com qualche machia, me cimenterò io d’incontrarne vna for$e maggiore. Già parmi con$tare da quanto da noi è $tato al- tre volte detto, che il legno v. g. $ali$ce per l’acqua per la $ola e$tru$ione che li fà l’acqua de$cendendo, e non per leg- gerezza po$itiua, la quale non dar$i douerebbe pure il P Riccioli imparare da que$te $ue e$perienze; mentre que$t $uoi corpi non $ali$cono con la proportione de quadrati de tempi, come douerebbe $uccedere. A dunque non puà e$ter e$tru$o per $patii, che habbino la proportione delli quadrati delli tempi, $e l’acqua non di$cende con que$ta velocità. Bi$ogna adunque indagare perche l’acqua fatta _QVARTO._ $alire con l’immer$ione di corpo, che da $e po$$i $cacciare, non di$cenda con quella proportione. Et à que$to propo- $ito io o$$eruo che tutte l’e$perienze addotte $in’hora dell’ acqui$to di que$te velocità, cioè de $patii pa$$ati come li quadrati de tempi, $ono $tate fatte con corpi, che e$$i, e le $ue parti $eguitano a muouer$i dal principio del moto $ino al fine, non con corpi, che $i muouino $ucce$$iua men- te a parte per parte, come fà l’acqua de$cendendo per e$- truder il galleggiante.

_Ofr_. Di que$to $uo di$cor$o non n’intendo parola.

_Mat_. Nella figura à carte 37. $ia il galleggianre L M P O, $ommer$o nell’acqua in modó che li $oura$ti l’acqua B L O D. E manife$to che rimo$$a la cau$a, che lo tien $ommer$o, l’acqua principierà attualmente a di- $cendere, ma non tutta, poiche v. g. AFLB, nulla $i muoue, ma la prima è la $ola acqua FGLM, che prin- cipia a di$cendere, $uccedendone altre portioni dell’AFLB, conforme che il galleggiante è più $pinto insù E quando è arriuato per e$empio in HLON, l’acqua LMOP, non $i muoue più in conto alcuno, ne meno l’FGML, $ucceduta nelluogo, che occupaua prima quella; e l’acqua AEHB, non hà ancora principiato a di$cendere. Sempre poi $ucce- de nuoua acqua, che partendo dalla quiete, principia a muouer$i. Pare adunque ragioneuole, che non c$$endo il medemo mob<007>le, che $i muoua per tutto lo $patio, ma le $ue parti $ucce$$iuamente per $patio limitato, & al più v- guale all’HL; che non po$$i ne anco acqui$tar$i quella ve- locità corri$pondente alli quadrati delli tempi; & in con- $equenza che in vano po$$i $perare il. P. Riccioli ritrouar- $i galleggianti, che po$$ino a$cendere con que$ta velocità. Se que$ta non è la vera cagione di que$to effetto, io non $aprei a$$egnarne altra. Il Signor Ofredi accetti il buon animo.

oti$i però da que$te dottrine quanto s’inganni il Sig Beri- gardo quando dice, _Proinde celerius moueri debet ex profun-_ _dioriloco, vndè plures aquæpartes eam $ur$um impellunt_. S’in- ganna dico di molto s’intende altrimente che $ucce$$iua- mente, come habbiamo detto. E per più chiara intelligen- _DIALOGO_ za note$i, che poco può importare al galleggiante LMPO, che l’acqua AGMB, $ia più alta, ò meno, perche tutta que$t’acqua non preme insù il gallegiante $e non $uc ce$siuamente; ne con la $ua $alita di$cende tutta l’acqua in vna volta, ma a parte per parte.

Ne occore portarl’ e$empio del Baro$copio, che in que$te ba$$e regioni l’aria $pinge più insù il mercurio, e meno nelli monti; onde que$te pre$$ioni $i fanno $econdo le maggiori, e minori altezze delli cilindri d’aria premēte: ne meno quello dell’argentouiuo che _nel nostro 2. Dial. pag_. 55. $ali$ce più per la fi$tola P V, quanto l’acqua, G C, è più alta; poiche in que$ti ca$i è vero, perche alla $alita del mercurio nel Baro$copio, e nella fi$tola P V, ne $egue la di$ce$a di tutte le parti in$ieme del cilindro d’aria in quello, e dell’acqua in que$ti; non co$i dell’acqua, che $pinge insù il galleggiante. Onde acco$tando$i al centro li cilindri d’aria in quello, e GC, in que$to, tutti in$ieme, po$$ono anco cagionar maggior pre$$ione quanto $ono p<007>ù alti. Co$i $e faremo due bucchi nella borte vno più alto, & vno più ba$$o, v$cirà il vino con l’empito regolato dall’altezza del vino premente; perche all’ v$cita d’e$$o per l’vno, ol’altro bucco, di$cende quello, che li $oura $ta nel medemo momento di tempo tutto con tutte le $ue parti.

_Ofr_. V. S. non vede, che già è notte? Que$ti di$cor$i n’hanno fatto pa$$are molte hore $enza accorger$i. La riueriamo, & a riueder$i ad vn altra più bella.

_Mat_. De$cenderemo tutti in$ieme le $calle, loro Signori per partire, & 10 per $eruirle.

Fine del Quarto Dialogo. DIALOGO QVINTO.

_Of_ PArtii hieri $era tanto $atollo dalli no$tri pa$sati colloquij che io mi credeuo che nõ mi doue$$e venit più voglia di di$cor- rere per vn gran t\~epo. Nulladimeno que $ta notte non porendo dormire, & an- dando pen$ando a quanto $ù detto, mi $ono nati dub<007>j tali, che $ubito fatto giorno leuatom<007> dalletto, $ono anda- to à $uegliare il Signor Conte; conil quale $ono venuto à riuerirla, & in$ieme ad arreccarli le $olite mole$t<007>e.

_Mat_. Riueri$co pure anch io le Signorie loro; pronto a $eruire il Sig. Ofredi in tutti li modi; perciò di$ponga di me à $uo, beneplacito.

_Of_. Quello che hora de$idero da V. S. è che $i compiaccia d’v- dire li miei dubij. H<007>eri volendo lei $tabilire che li gal- leggianti a$cendino per il mezzo più graue d’e$$i con mo- to, che nel fine non $ia più lento; e tardo che nel principio, ma più to$to più veloce, arrecco e$perienze fatte dal Dot- ti$$imo P. Riccioli con vn tubo, ò canna di vetro ripieno d’acqua, per la quale a$cendeuano in que$to modo & aria, & oglio. Narrò anco li tempi o$$eruati da que$to profondo filo$ofo della loro a$ce$a per le due metà del detto tubo, e di$$e, che l’aria $alì la prima metà in 30. vibrationi d vn pendolo, e la $econda in 24; L’oglio poi $alì la prima metà in 14. vibrationi, e la $econda in 12. Sì che l’oglio pa$sò la prima metà più che il doppio più velocemente, e la $econ- da preci$amente il doppio più velocemente. Que$ta certo parmi vna gran $trauaganza; perche e$$endo l’aria ò tanto più leggiera, ò tanto meno graue dell’oglio; ò a$cendino que$ti per leggierezza po$itiua, ò vengano e$tru$i dall’ac- qua più graue, douerebbe certo di gran lunga a$cender più velocemente l’aria dell’oglio.

_DIALOGO_

_Cont_. Que$ta $trauaganza è $tata bene anco auuertita dall’oc- culati$$imo Riccioli, il quale à que$te e$perienze $ubito $oggiunge. _Cau$a autem ob quam aer qui celerior e$$e debuit_, _tardior tamen fuit oleo, fuit quia aer $olus raritatem $uam reti-_ _nens per angu$tum fi$tulæ canalem $ic a$cendebat, vt circa $e_ _aquæ in ip$ius locum $uccedenti, tenui$$imam viam relinqueret:_ _quare cum aqua extenuari deberet morulas temporis requi-_ _rebat_.

_Mat_. La$cino que$te morule che ancor noi dimoriamo vn poco circa que$ta materia. Deuono adunque $apere, che le predette e$perienze $ono $tate tentate dal Riccioli in occa$ione di voler per$uadere al modo litterario, che $e dia leggierezza po$itiua, e che condottida que$ta $ali$cano per l’acqua l’aria, & oglio, e non perche $iano e$tru$i dall’- acqua più graue. Della qual co$a tratta _ex profe$$o nel cit_. _luogo pag_. 383. & 384 Ho nutrito lungo pen$iero di e$ami- nare que$te $ue rag<007>oni; ma hauendo comprato in que$ti giorni il nuouo, & eccellente libro del Dotti$$imo Signor Gio. Alfon$o Borelli _De motionibus natur alibus à grauitate_ _pendentibus_, & hauendo veduto che _cap. 4 prop. 71. e per altre_ _$eguenti_, vengono da e$$o confutate, ho cono$ciuto e$$er $uperflua la m<007>a fatica. Non giudico però vgualmente $u- perfluo narrare à loro Signori fedelmente l’e$perienze tentate anco da me in $imil propo$ito.

Hò pre$o vn tubo di vetro come SX, lungo vn braccio, e mezzo in circa delli no$tri, e largo in diametro più della larghezza de due vngie del pollice, & otturatolo prima con ve$cica legata in S V, $tretti$$imamente, e riempito- lo d’acqua, la$ciandoli luogo per vn poco d’aria, l hò $er- rato parimente nel medemo modo dalla parte R X; & hauendolo riuoltato in $ito perpendicolare all’orizonte, hò o$$eruato che l’aria hauendo formato, in compara- tione del primo, vn cilindro molto lungo, il quale termi- naua di $opra in figura curua come A B C, e di $otto in circolo poco meno largo del tubo, a$cendeua a$$ai lenta. mente, occupando qua$i tutta la larghezza del tubo; e nel fine a$cendeua vn poco più velocemente che nel prin- cipio; e nel tempo, che egli a $cendeua $i vedeua manife. QVINTO. $tamente di$cender l’acqua all’intorno.

Et hauendo tentato que$t’e$perienza più vol- te voltando, eriuoltando il tubo, accade- ua alle volte che non tutta l’aria a$cende- ua vnita, & in vna $ol volta; ma ò ne ri- mane$$e qualche poca attaccata alla ve$ci- ca; ò penetra$$e per la legatura; ò fo$$ero efluuii della medema acqua eccitati dal calor delle mani; ò che che altro ne fo$$e, e principia$$e que$ta a $alire <007>n tempo che la prima fo$$e $alita molto ad alto, anco pa$$ata la metà; nulladimeno que$ta $e- conda occupando nel tubo $patio molt’- angu$to, a$cendeua con gran velocità; non formando la predetta figura, ma co- me vna perletta, ò pallina lucida, la quale arriuata all’altra ò $i confondeua con e$$a; ò le $i attaccaua alla ba$e A C, di modo che $e di$tingueua, ritenendo dalla parte inferiore la $ua conue$$ità.

O$$eru<007>no però che circa que$ta figura fa<007>tigiata dell’ aria A B C, la refrattione cagionata dalla cra$$itie del vetro, e la po$itura dell’occhio ne hà vna gran parte circa il più e meno. Poiche collocato l’occhio di $otto al detto cilindro d’aria, hò veduto la fa$tigiatione B, molto eminente; collo- cato al liuello con la cima B, l’ho veduta minore; ma col- locato di $opra non vedeuo alcuna conue$$ità.

Ho poi pre$o vn’altro tubo non in altro d<007>fferente dall’ an- tecedente SX, $e non che era più $ottile, e non era tutto largo vgualmente, ma di $opra dell’S V, terminaua in vna mazzocca a$$a<007> capace come vn sferoide, ouero Ouo; e fatte tutte le co$e come nel precedente, hò o$$eruato che $ino che l’acqua a$cendeua per la parte S X, del tubo, ne $e- guiua il medemo come nell’antecedente; ma arriuata alla parte più larga, non riteneua quella figura curua, e conoi- dale, ma facendo$i in vna falda larga, e $chizza come vna fogatia, con gran pre$tezza a$cendeua il rimanente. Eciò tanto $uccedeua, ò $ali$ce dal più $tretto nel più largo, ò da que$to in quello.

DIALOGO

_Cont._ Tanto che non $empre nell’a$cendere l’aria per l’acque $i fa$tigia in figura conoidale, ò curua?

_Mat._ Non certo nel largo. Et à que$to propo$ito l’altro gior- no in piazza accidentalmente hò veduto appre$$o vn bo- tegaio alcune di qúelle ampolline curue, eritonde, che riempiono d’acqua con trè, ouero quattro di quell<007> glo- betti di vetro, che hieri di$$i e$$er adoperati dalli ciarlatani, le quali ampolline $errate al lume, cioè $igillate herme- ticamente, e poi voltate, e riuoltate $empre mo$trano le predette sferette nella parte $uperiore. Hauendo adunque o$$eruato che conteneuano dette ampolline oltre all’ ac- qua, e sferette, anco vn poco d’aria, pre$ene vna in mano prencipiai a voltarla, e riuoltarla per o$$eruare li moti, e figure dell’aria nel $alire alla parte $uperiore; e vidi che que $ta nel $alire non formaua quella figura curua come con oide, ne a$cendaua per il mezzo, ma ò vnita, ò diui$a a$ cendeua radendo $empre qualche lato della $uperficie in teriore della carafina con figura a$lai larga, & irregola- re. Anzi che quando dalla parte della cin a a$cendeua ver $o <007>l fondo, ò ba$e (che come $ano loro S<007>gnor<007> è largo, e cauo con la cauità entro l’ampolletta) afce$a l’ar<007>a, non circondaua tutto <007>l fondo ma $taua, ò vn<007>ta tutta in$ieme in vna parte d e$$o, ò diui$a <007>n p<007>ù parti.

_ofred._ Il medemo hò o$$eruato io con vna di quelle ampolli- nette fatte à Murano, che ch<007>a miamo da vn bezzo, riem- pendola d’acqua con vn poco d’aria, & otturando <007>l bucco del $uo collo con il dito.

_Cont._ Che quando l’aria a$cende per illargo non formi la fi- gura conoidale, è manife$to quando $i vedono $alire per l’acqua quelli efluuii delli quali habbiamo parlato hieri matina ò altte bolle d’ar<007>a, che appunto $ono come tan- te bolle d<007> figure più ò meno curue.

_Mat._ Di più, m<007> vene <007>n pen$iero d’o$$eruare $e nelli cannelli- nidritti, & angu$ti l’aria a$cende$$e ecome. Si che pre$i diuer$idi que$ti, le cauirà delli quali erano diuer$e, ma che non eccedeuano la capacità d’vn grano di $orgo, e riempi- teli qua$i d’acqua con il $ucchiare, la$ciatili però da vna parte più, e meno quantità d’aria, eriuoltatoli, que$ta non QVINTO. a$cendeuain conto alcuno $e non fo$$e $tata pòchi$$ima; anzi che quanto più era, $taua più immobile.

Da que$te o$$eruationi fatte da me parm<007> di poter ragione- uolmente dedurre non e$$er proprio dell’aria a$cender per l’acqua con quella figura curua, e nel modo che dice ilP- Riccioli, perche quando ciò fo$$e $uo proprio, a$cendereb- be, e nel largo, e nel $tretto. Ma nel largo $ali$ce veloci$- $ima con figura larga, compre$$a, ondegiante, & irregola- re, allilati, e non $empre per il mezzo. Adunque non è proprio il $alire così, ma $olo $ali$ce in quel modo nel tu- bo predetto.

Di più, non così $i figura quando a$cende in poca quantita, perche allora forma come globetti. In oltre non $ali$ce così nellitubi molto $tretti, nelli quali non $aglie in conto alcuno quando $ia in notabile quantità, la quale quanto maggiore, tanto la rende più immobile. Non mi pare a- dunque che dal $alire così fa$tigiata nel tubo del P. Riccio- li $i po$$a inferire leggierezza po$itiua mediante la quale a$cenda primiera _natura, & cau$alitate,_ come dice egli, e$- $endo cagione con il $uo a$cendere che de$cenda l’acqua; credendo <007>o più to$to, ammae$trato da tante e$perienze, che intanto a$cendi, perche $ia $cacciata, & e$tru$a dall’ac- qua, che di$cende; di modo che quando que$ta non può di- $cendete, come $i è veduto nelli cannellini, non a$cenda in conto aicuno. Quella figura adunque fa$tigiata, e co- noidale è parto del $alire per quel tubo, e non del $alire preci$amente. Anzi che il Sig Borelli, il quale _nella prop-_ _72._ propone vniuer$almente. _Et primo ostendendum est, quod_ _quodlibet fluidum intra aliud fluidum traslatum $iue virtute pro-_ _pria, $iue al<007>ena violentia impul$um, dummodo eius partes non_ _di$$ipentur in ip$o fluido in quo mouetur, $ed $e mutuò conting ant,_ _& vniantur nece$$ario tumorem, & rotundam figuram acquiret_ _in parte anteriori motus eius,_ nella proua poi di que$ta fa$ti- glatione $i $erue di d<007>$cor$o e$emplificato, & appropriato a que$to rubo; dal quale $i comprende, che non $i fa$tigia st _facilius peruadat aquam, & qua$i perforet illam ea figura,_ come dice, e pretende il Riccioli.

_nt._ A propo$ito dinon $al<007>re l’aria nelli cannelli angu$ti, li DIALOGO dirò vn’altra e$perienza fatta da me, per tentar la quale pero n’hebbiil motiuo dal Boile _in Hi$to. fluid. $ect._ 4. Pre$i vn tubo di vetro d’vn palmo in circa, elargo più d’vn dito, aperto d’ambi le parti; & hauendomi riemp<007>ta la bocca di fumo di tabacco, lo $offiai dentro ad e$$o, $inche lo riem- pij; & otturatolo da vna parte con il dito, l’alzai in $ito per- pendicolare con la parte aperta ver$o l’alto, & o$$eruai che quel fumo in tempo proportiona to di$ce$e, e con$ti- tuì come vn liquore, il quale anco, inclinando <007>l cannello, $correua per e$$o con la $ua $uperficie terminata come ha- uerebbe fatto l’acqua, ò altro liquore. Ma quando s’incli- naua tanto, che poteua v$cir dalla canna, gocciaua; & en- trato nell’aria libera, a$cendeua. Hora quel $uo $alire per l’aria dimo$traua che fo$$e meno graue di e$$a. Perche non $aliua prima m\~etre era nella canna, mà più to$to di$ce$e $i- no a con$tituire come vn liquido vi$ibile? Io direi ciò e$$er $tato perche l’aria non poteua entrare, e di$cender nel can. nello a pigl<007>ar$elo in capo, come $aria $tato nece$$ar<007>o per e$truderlo. Ma poi entrato que$to nell’ aria libera, benche fo$$e di già molto rafreddato, e conden$ato, nulladimeno e$$endo però ancora più leggiero dell’aria ambiente, que- $ta faceua il $uo offitio d’e$truderlo.

_Mat_ L’hauer o$$eruato che nelli cannellini la quantità d’aria non la la$ciaua a$cendere per l’acqua, perche que$ta non poteua di$cendere ad e$truderla, m@$ece pen$are $e anco la$ciandone quantità grande nel tubo $econdo $opradet- to, il quale era a$$ai più $ottile del primo, haue$$e potuto proibire que$ta d<007>$ce$a. Ne la$c<007>ai adunque dentro vn buon palmo; ma però $empre que$ta a$ce$e; non però vni- ta, ma diui$a in più parti, e molto lentamente. Mai però ne $aliua, $e prima $otto d’e$$a non fo$$e entrata dell’acqua. Principalmente la più ba$$a mai $aliua, $e non vedeuo, e $ent<007>uo l’acqua a colpirmi nella palma della mano con la quale haueuo otturato il bucco infer<007>ore, e $opra la quale appoggiaua l’aria. E perche il predetto tubo terminaua nella mazzocca, ò sferoide $opradetto, quando l’aria ar- riuaua nellargo, e $aliua con grandi$$imo empito, con tan- to empito parimente di$cendeua l’acqua, che communi- QVINTO. cando que$to $uo empito all’altra, che già di$ce$a haueua in buona parte riempito il@tubo, faceua vn $pingere la ma- no molto con$iderabile, e $en$ibile.

Invece po<007> de riuoltar la canna con celerità, & ergerla per- pendicolare, come haueuo fatto nell’ antidette e$pe- rienze, l’inclinai pian piano $ino al $ito orizontale; nel quale non a$cendeua l’aria, ma occupaua tutto quel $pa- tio, che occupaua prima; $econdo poi che s’inclinaua $otto l’orizonte, l’acqua $ubintraua per qualche poco all’aria, la quale vnitalperò all’ altra principiaua $alire radendo il la- to $uperiore del tubo; ne mai $i $taccaua dal fondo, $e pri- ma l’acqua non era di$ce$a a $cacciarla.

_Ofr._ Ha V. S. tentato altre e$perienze?

_Mat._ Nel medemo tubo la$ciai poca aria, e l’inclinai nel me- demo modo. L’aria $aliua pure radendo il lato, e formaua vna figura curua $otto, e $opra con curuità co$i notabile, che pareua qua$i vn’elli$$e, ò vogliamo dire figura ouale.

Nelli predetti tubi in vece d’aria hò po$to vn poco d’olio, il quale alle volte non $aliua in conto alcuno $e non agitato molto il tubo; perche e$$endo que$to a$$ai vi$co$o non la- $ciaua co$i prontamente di$cender l’acqua a $cacciarlo. Mai però mi è riu$cito vederlo a$cender tutto vnito, ma $empre diui$o in più parti $ucce$$iua vna all’altra, anco con inter$titij molto notabili. Ben $pe$$o vna di que$te era a $$ai maggiore delle altre. Que$te poi erano conue$$e tanto dal- la parte $uperiore, quanto dall’inferiore; ma molte più dal- la $uperiore, che dall’inferiore; altre più da que$ta, che da quella. Alcune formauano come vna lente; altre s’acco- $tauano più alla sfera, ò sferoide. Alcune a$cendeuano, & in$ieme girauano circa il proprio centro verticalmente. Altre conteneuano nella parte inferiore, nella quale haue- uano vna gran curuità, quantità di perlette lucide, che era- no acqua, come habbiamo detto nel _Dial 5. pagina 53._ Altre haueuano vnito al d<007> $opra vna, ò più perlette, che erano certo ar<007>a. Tutte que$te a$cendeuano per il tubo $tretto, & vguale con vn tal moto, il quale $i velocitaua di gran lunga quando arriuauano al largo di quella mazzocca, & allora molto diuer$ificauano la figura, facendola a$$ai più larga, _DIALOGO_ $chizziata, & irregolare.

_Cont._ Mi marauiglio molto di que$te e$perienze; le quali mē- tre V. S. èandato narrando, io hò letto li titoli d’alcune propo$itioni del Sig. Borelli. Nella 73. dice. _Po$ito quod flui_- _dum violenter $ur$um exprimatur a fluido ambiente grauiori, di_- _uer$œque con$i$tentiœ, infima a$cendentis $uperficies explanata,_ _vel concaua er<007>t._

_Mat._ Io mai l’ho veduta ne nell’aria, ne nell’olio concaua; be- ne nell’aria, nelli cilindri d’e$$a molto notabili mi ha par$o piana, di modo però che più to$to appariua qualche con- ue$$ità, che cauità. La qual conue$$ità era molto o$$erua- bile nelli globetti d’e$$a, e la con$eruaua anco in alcuni at- taccati alla ba$e della maggiore, come già hò detto, ben- che a$cende$$ero con e$$a. Que$ta conue$$ità pordalla par- teinferiore era molto notabile, come pure hò detto, in quell’aria, che in quantità non così poca a$cendeua raden- do il lato del tubo non perpendicolare, ma $olo inclinato all’orizonte. Nell’olio poi que$ta conue$$ità dalla parte in- feriore è frequenti$$ima.

_Cont._ Se cosìè, haurà, in virtù delle propo$itioni di que$to Si- gnore, ragione il P. Riccioli di credere, che I’olio in par- ticolare a$cendi per leggierezza po$itiua, $oggiungendo pur egli _la prop. 74. Si fluidum $pontè à virtute intrin$eca intra_ _aliud fluidum diuer$œ con$i$tentiœ moueatur in parte po$teriori, $eu_ _termino à quo, $ui motus, non erit excauatum $ed tumidam; & con_- _uexam figuram acquiret._

_Mat._ Co$a po$$i inferire il P. Riccioli dalle propo$itioni del Signor Borelli io non lo voglio ricercare. Sò bene che io hò fatto quelle e$perienze, e che non per que$to tengo che l’olio, & aria a$cendino per l’acqua per leggerezza po$iti- ua, ma $olo per e$tru$ione.

_Ofr._ In gratia V. Sig. habb vn poco di patienza, che io con que$ta carafa cilindrica voglio fare que$t e$perienze in qualche modo. Ecco che riempitela d’acqua, & otturan- dola con il pollice, ralentando vn poco l’otturamento $i vedono a$cēdere veloci$$imamēte alcune palline, ò sferet- te d’aria. Anzi che alcune di que$te a$cene $ino al fondo del- la carafa con$eruano la cu@uità vi$ibile nella parte inferio- _QVINRO._ re. V S. mila$ci infondere vn poco d’olio. Ecco che que- $to $ali$ce in diuer$e goccie formando diuer$e figure. Ve- dono loro Signori quella gocciola, che a$cende a$$ai len- tamente, la quale par qua$i vna sfera perfetta? Vedono quell’altra, che ha maggior conue$$ità nella parte inferio- re, che nella $uperiore? Con quella facilità, che noi hab- biamo o$$eruato que$ti Fenomeni, con la medema potran- no o$$eruar$i da chi $i $ia.

_Mat._ Non vi ha dubio. Ce$$i adunque Sig Ofredi in lei il $tupo- re, che nel tubo, eca$o del P. Riccioli l’aria a$cenda pi\‘n lentamente che I’olio, perche que$to na$ce dalla quanti- tà notabile dell’aria, e dalla qualità del tubo del P. Riccio- li. Non riuoltiamo il tubo, e con$tituimo in $ito perpendi- colare all’orizonte che prima non $e li facia parallelo, e poi s’inclini, e che in que$to moto l’acqua non di$cenda $otto l’aria nel modo, che molto euidentemente dichiara il Sig. Borelli _prop._ 78. Onde l’acqua $e piglia in capo l’aria, e principia ad e$truderla; ma que$ta e$$endo in notabile quantità, perciò la$ciando angu$to cale all’ acqua per di- $cendere, non può que$ta ottener il $uo intento che lenta- mente; & in con$eguenza lentamente $pinger insù I aria- li che poi diuer$amente $uccede quando l’acqua ha campo di di$cendere a $uo talento; perche in que$to ca$o $pinge insù l’aria con tanto impeto che a pena l’occhio può $e- guire que$to moto. Ma quando $i pote$$e riuoltaril tubo $enza che l’acqua pote$$e principiar a di$cendere come in fatti $uccede nelli cannellini, e$pe$$e volte nelli più grandi quando $e vi pone dell’olio, allora l’aria, & olio non a$cen- dono in conto alcuno, perche l’acqua non può $ubintra- re a $cacciarli.

Quanto poi alla curuità, che nota il P. Riccioli formar$i nel- la parte anteriore, oltre a quanto habbiamo detto, s’o$$er- ui anco la dottrina regi$trata pure del Signor Borelli _prop._ 72. cioè, _Quodlibet fluidũ homogeneum naturali in$tintu videtur_ _$pontè coale$cere, ac $imul in $uo toto partes $uas conglutinare_- Che perciò per maggiorm\~ete vnir$i affetta la figura sferi- ca quanto puole. Così vediamo che le parti dell acqua $e- parate dall’altre $i formano in goccie; e didue, ò più ap- _DIALOGO_ pro$$imando$i vna all’altra $i che $i tocchino, $e ne fà vna $ola. Et è tanta la propen$ione al conglobar$i (prouenga que$ta da qual $i $ia cau$a) che $e qualche goccia d’acqua penda da qualche luogo, e $e di$tratta da forza non valeuo- le à $uperare la $ua continuità, que$ta s’allunga, e$ottiglia; e ce$$ata la forza di$traibile, ritorna à conglobar$i come prima.

_Cont._ Quanta propen$ione habbino liliquidi à con$eruar$i v- niti, e conglobati lo dimo$tra il con$eruar$i, e formar$ita- li anco nel vacuo, ò qua$i vacuo. Al qual propo$ito veda$i l’e$perienza regi$trata dalli Accademici Fiorentini _nelli_ _$aggi, &c. pag. 78._

_Mat._ Que$ta prop\~e$ione ritiene anco l’aria nell’acqua, che per ciò affetta il conglobar$i quanto puole, e doue puole. Nel tubo del P. Riccioli lo dimo$tra nella partc $uperiore doue può formarla, non dalli lati impedita dalla $trettezza del tubo, e dalla propria quantità. Non la forma cosìpronta mente nella parte inferiore, perche le $pinte continue del- l’acqua, che iuiriceue, non lo permettono. L’affetta però quanto puole, apparendone qualche ve$tigio, & euiden- ti$$imamente nella poca quantità; & in quella, che a$cen- de radendo il lato del tubo inclinato, come $opra habbia- mo detto.

_Ofr._ Adunque l’acqua non potrà mai e$truder vn galleggian- te, ò per meglio dire que$to non a$cenderà in e$$a, $e non li potrà entrar $otto?

_Mat._Non Signore.

_Cont._ Con l’acqua non è così facile far e$perienze di que$to per la $ua $omma flu$$ibilità, mediante la quale pronta- mente penetra tra corpo, e corpo, che $i combacino, ma bene con il mercurio $i può vedere ciò molto manife$ta- mente, e$$endo meno fluido. Il dotti$$imo Signor Toma- $o Cornelio Co$entino gran filo$ofo, e mio antico amico _Nelli $uoi Progimn. fi$. de circump. Platon. pag._ 124. narra vna bella e$perienza in $imil propo$ito. Dice che $opra il fondo ottimamente $pianato d’vn va$o ponendo$i vn circoletto dicartone, ò legno, che lo baci e$qui$itamente, al qual circoletto dal centro $ia attaccato vn $paghetto c\=o il qua- _QVINTO._ le $i po$$i alzare perpendicolarmente, & infondendo nel va$o del mercurio, il circoletto non a$cenderà in conto alcuno benche tanto più leggiero del mercurio. Anzi che chi procurerà alzarlo, tirandolo con quel $paghetto; ciò non potrà fare che adoperando forza, che po$$i $uperare il pe$o di quel mercurio, che $opra$ta al circoletto. Ma $e poi s’alzerà qualche poco, di modo che il mercurio po$$i prin- cipiare ad in$inuar$i $otto d’e$$o; $ubito $arà $pinto insù con moto veloci$$imo.

_Ofre._ Que$ta e$perienza non mi cagiona punto di merauiglia, ne punto miper$uade; correndo quà la medema ragione, che corre nell’e$empio triti$$imo delle due la$tre ottima- mente $pianate, e congionte, che alzandone vna petpen- dicolarmente, $egue l’altra il $uo moto, ne $i $eparano _ne_ _detur vacuum_ tanto abborrito dalla natura. Non a$cende il circoletto, non potendo$i $eparare dal fondo del va$o ac- ciò non $i dia il vacuo, che nece$$ariamente bi$ogneria che $i da$$e per quel tempo, che $aria nece$$ario al moto del mercurio à riempire il $patio contenuto trà il circoletto, & il fondo del va$o.

_Mat._ Anco lei Sig. Ofredi è trà li fautori di que$to vacuo, al quale for$e la natura non ha vn abborrimento immagina- bile? Perche $arà $taccato il circoletto, $enza che rouini il mondo, da chi $arà alzato con forza, che $upcri il pe$o del mercurio, che li $oura$ta. Horsù il Sig. Borelli _nella prop._ 82. li leua que$to $utterfugio con vna ca$tigata e$perien- za, che dice d’hauer fatto nell’Accademia Fiorentina. Nel va$o ABCD, che há il concauo AEFD, & il forame E F, po$e la palla di legno G, che bene l’ottur ra$$e, ma pote$$e girar$eli intor- no; edi $otto li fece il forame HEF, poi riempì il va$o di mer- curio $in’all’ AD. In que$to ca$o a$cendendo la palla non vi era pericolo di vacuo, potendo $uc- ceder l’aria, e pure non a$ce$e in conto alcuno, perche il mercu- _DIALOGO_ rio non poteua di$cender ad e$truderla.

_Mat._ In gratia miei Signori mi a$petino vn poco che horho ra ritorno. Eccomi à ri$eruirle.

_Ofr._ Co$a vuol fare di que$ta boccia piena d’acqua?

_Mat._ Come vede Signor Ofredi que$ta boccia da canneuetta piena d’acqua (poco importarebbe che fo$$e altro va$o) è otturata con que$to $ughero, che non la $erra e$qui$ita- m\~ete, di modo che hora che è riuoltata conil bucco all’in- giù, $tilla all’intorno del $ughero l’acqua; e pure que$to non a$cende in conto alcuno. Sà V. S. la cau$a di ciò? Que- $ta è perche l’acqua, che di$cende non $ubintra, e $i piglia in capo il $ughero.

Di più ecco che con que$to temperarino $pingo lo $ughero all’insù vn poco, poco, sì che aggiuto la $ua leggierezza ($e ve ne hà) all’a$cendere; e pure _tantum abe$t_ che a$cendi, che V. S. lo vede a ritornare ad otturar la boccia come prima. Ciò certò d’altronde non procede $e non perche non è e$tru$o, non potendoli $ubintrar l’acqua, e rifletten- do cacciarlo all’insù.

_Cont._ Già che il Sig. Ofredi hà di$opra portato l’e$empio delle due la$tre, le quali hà creduto non $eparar$i _ne detur va-_ _cuum,_ giudico bene che $i fermiamo vn poco circa que$to Fenomeno, intendendo di proponer alli curio$i alcune e$- perienze, che de$idererai che fo$$ero fatte de quelli che hannole machine a propolito. Si p<007>gl<007>ano due la$tre di ve- tro, pietra, ò metallo, le quali $iano ottimamente $pianate, sì che ponendone vna $opral altra $i combaccino total- mente $enza che di mezzo vi $ia aria, (anzi che per e$clu- derla meglio $i bagnano con acqua, acquauita, olio di mã- dole dolci, &c. accioche que$ti riempiano tutte quelle mi- nime cauità, che perfortuna vi fo$$ero) e $e appendono parallele all’orizonte. Que$te $tanno così appe$e, ne l’infe- riore $i $tacca dalla $uperiore, benche non li $ia attaccata che dal $olo contatto. L’vniuer$al opinione delle $cuole è $tata comunemente, e pur hora regna trà molti, che ciò $ucceda _ne detur vacuum_; ma hora da chi ha giuditio, e filo- $ofa con l’e$perienze, $i d<007>ce ciò $uccedere per la pre$$ione dell’aria, che preme, & $pinge l’inferiore alla $uperiore, la QVINTO. qual pre$$ione non può e$$er $uperata che da $orza ad e$$a vguale. La proua efficaci$$ima di que$to è, che $e ciò $uc- cede$$e per l’abborrimento della natura al vacuo, non po- trebbero que$te la$tre e$$er $eparate da forza alcuna; anzi che prima di $epara$i, $i $pezzarebbero; ma que$to non. $uccede; perche non ogni la$tra re$ta attaccata alla $upe- riore, ma di vn pe$o limitato, che non $uperi quello d vn, pri$ma di mercurio di ba$e vguale alla la$tra, & alto vn braccio, & vn quarto Fiorentino in circa, ò diti 29. della, mi$ura di Scotia. Per e$empio $iano le la$tre due circoli d’vn palmo di diametro; quando l’inferiore pe$i meno di quello che pe$i vn cilindro di mercurio alto vn braccio, & vn quarto, e di ba$e d’vn palmo di diametro, re$terà attac cata: $e pe$erà più, ò $arà tirata con forza che $uperi que$to pe$o, $arà $eparata con grandi$sima fac<007>lità. La ragione è perche la forza dell’aria, che la preme, e $pinge ver$o la $u- periore, è vguale à que$to pe$o, equilibrando que$to mer- curio nel tubo torricelliano, ò Baro$copio, come hab- biamo detto tante volte.

Si potranno adunque fare le $eguenti e$perienze. La la$tra, inferiore habbia attaccato qualche recettacolo d’aggiun- ger pe$o, e que$to s’aggiũga $ino che cõ il pe$o della la$tra $ia vguale al predetto pe$o del mercurio; il che ottenera$$i con qualche diligenza, leuando, & aggiumgendo, perche, ogni poco di più che s’aggiunga farà cader la la $tra. Nota- to tutto que$to pe$o, con le la$tre s’a$cendi $opra qualche monte, e $i torni a fare l’e$perienza. Se il pe$o aggiunto con quello della la$tra $arà, tanto minore del pe$o predetto ritrouato nel piano $econdo quella proportione con Ia, quale il mercurio nel Baro$copio $aglie meno al monte, che al piano, perche non doueremo dire che que$to Feno- meno $ia vn effetto della pre$$ione dell’aria?

_Ofr_. Tanto che nel vacuo, ò doue l’aria fo$$e di forza deboli$- $ima, ò poco, ò nulla $tarebbero attaccate le la$tre.

_Cont_. Io lo tengo di certo. Che perciò de$idero, che due di que$te la$tre s’aggiu$tino, ò nella machina del Boile, o in vna di quelle machine, con le quali li Accademici Fioren tini hanno procurato il voto (riempendole di mercurio) DIALOGO capaci d’animali, ve$ciche, e co$e $imili, che hanno ado- prato per fare tante nobili e$perienze. Poiche io tengo di certo che fatto il voto, ò debilitato l’elatere dell’ aria con l’euacuatione, che quelle la$tre $i $epareriano. Chi face$$e poi l’e$perienze, potrebbe aggiu$tar le la$tre in modo, che I’inferiore cadendo non porta$$e nocumento al va$o, e ciò come meglio li parerà.

Di più vorrei che la la$tra $uperiore attaccata ad vn $pago $i profonda$$e molto $ott acqua pur parallela all’orizonte, e che qualche nuotatore li attacca$$e l’altra aggrauata co- me $opra l’acqua. Perche certo e$perimentarebbe che a $e- pararla que$to pe$o, ò forza non ba$terebbe, ma de più vi vorrebbe tanto che corri$ponde$$e alla pre$$ione anco, che fà l’acqua; cioè che vguaglia$$e il pe$o d’vn cilindro di mercurio di diametro delle la$tre, e d’altezza, che fo$$e vn quartodecimo dell’altezza dell’acqua, che $oura$ta alle la- $tre, & vn braccio, & vn quarto. Ma Sig. Ofredi che co$a hà, che non fà altro che ridere?

_Ofr_. Non vuole V. Sig. che io rida nell’vdir proponere il fare, tanti ca$telli in aria? L’è vna facil co$a il dire $i facia que- $ta, e que$t’altra e$perienza. Il punto $tà nell’e$perimenta, re, poiche s’incontrano tante difficoltà, che fanno molto bene auuerrare quel comun detto macaronico, che

Multa dicuntur, Quæ non fiuntur.

E quel no$tro detto Italiano.

Dal detto al fatto, El vi è vn gran tratto.

Vidi propo$ta l’e$perienza delle due la$tre, come da e$$o fatta, dal Sig Sinclaro _lib._ 4. _Dial._ 1. n. 8. oue dice che que$te, erano circolari, di bronzo di tre diti in circa di diametro dell a $ua mi$ura di Scotia. Vidi con che $ecurezza il $uo $eruo Dromone le attaccaua (vnite prima) ad vn chiodo nel tetto; poi appendeua all’inferiore libbre 60. di pe$o; poi 30; poi 9, e poi 1; che con le altre $ommando libbre, 100. cagionaua lo $taccamento dell’ inferiore della $upe- riore. Io che haueuo vdito dire alli no$tri $pecchieri, che era qua$i impo$$ibile il formare vn $pecchio perfettamen- QVINTO. te piano (che perciò da que$to deuiamento dal piano ne na$cono qua$i tutti li vitii di render imperfette l’imagini;) e che haueuo letto in Girolamo Sirturo _De Tele$copio part_. 2. _cap. 2. Quæ$iui diù Romæ, & Venet{ij}s laminam planam, & mul-_ _tas examinau er am,, quibus $pecula adfricantur, $ed reuera ex ip-_ _$a lamina, atque ex $peculo in eadem elaborato vitrum_ (credo vogli dire _vitium) deprehendebam, &c_. E poco doppo. _Itaque vix vnam ex multis reperi $ine vitio, & quæ perfectè planæ_ _dici po$$et, & c_. me ne rideuo. Poiche $e vi è tanta difficoltà a farne vna, che co$a vi vorrà a farne due?

_Mat_. Quanto il Sig. Ofredi hauerebbe torto $e $o$petta$$e di que$ta e$perienza del Sig. Sinclaro, tanto hà ragione d’af- fermare che il formare que$te due la$tre $ia co$a laborio- $i$sima. Et ha dalla $ua il nobili$simo Boile, il quale _De_ _Firmi. $ect_. 14. dice di e$$e. _Experientia nos docuit admodum e$$e_ _difficile, $i vllatenùs po$$ibile, à vulgaribus no$tris artificibus vi-_ _tra vel marmora procurare, quæ ad eiu$modi exactitudinem acce-_ _dant_ (cioè d’e$cluder perfettamente l’aria, e non la$ciare, che tra e$$i n’entra$$e.) _Quippe_ ($oggiunge egli) _difficulter_ _admodum nanci$ci potuimus vel expertos lapicidas vel peritos vi-_ _trorum politores, qui nobis marmorum rotundorum par conficerent_ _vnius alteriù$ue duntaxat pollicis diametri, quæ $e inuicem per_ _contactum ad duo triaue $altem minuta in aere $u$tinerent, &c_. Hora $e è tanto difficile à far que$to paro di la$tre di dia- metro co$i piccolo, quanto $arà più difficile farle di dia- metro maggiore? Cre$cendo in e$$e la difficoltà con la, grandezza. _A_uuertino però che quì con$idera que$te due, la$tre po$te in opera $enza bagnarle con acqua, ò altro; poiche bagnandole $e riem piono le minime cauità, che de nece$$ità e$$endo nelle loro $uperficie, dãno addito all’aria da in$inuar$i trà e$$e, e facilitare lo $taccamento.

Che poi l’e$perienza di que$te la$tre $ia difficil<007>$$ima in tutte le forme, vien pure rappre$entato dal medemo Boile _$ect_. 17. con que$te parole. _Sed hic omnino mihi annotandum habi-_ _tum ad hoc, tum ad $equentia experimenta de marmoribus politis_ _commemoranda re$pectum nos nullum hactenus experimentorũ ge-_ _nus deprehendi$$e, in quibus adeò leues circum$tantiarum variatio-_ _nes conatus no$tros tantum, vt hìc, eluderent. Idque profecto nar-_ DIALOGO _rauimus, vt, $i fortè huiu$modi repetantur experimenta, minus mi-_ _rum videatur $i non valeant alii primo, & $ecundo, vel etiam deci-_ _mo aut vice$imo tentamine tantundem præ$tare, ac nos præ$titi-_ _mus, po$tquam creber v$us in percurio$o hoc experimento expertes_ _nos feci$$et, & c_.

Que$te difficoltà, l’e$perienze fatte, e li pe$i alzati $i vedano nel me demo Boile _nel detto trattat. de Firm_. che a me pare, che ad e$$e $e remedii a$$ai bene con il modo propo$to dal medemo _$ect_. 23. e con$iderato dal Sig. Borell<007> _prop_. 89. Vna di que$te la$tre s’inca$tri bene nel pau<007>mento, e $i collochi parallela all’orizonte, l’aItra $e gli ponghi $opra, e per e$ cluder l’aria, che non po$$i entrare tra e$$e, $e $ommerga- no nell’ acqua di modo che la comi$ura trà e$$e $ia $otto acqua, e $e procuri d’alzare la $uperiore perpendicolar- mente.

_Ofr_. Io credo che que$ta non potrà e$$er alzata conforza alcu- na anco infinita.

_Mat_. V. S è in grande errore, perche non vi vorrà altra forza $e non quella, che $nperi di poco, e la grauità della la$tra, $uperiore, e de ll’aria, che li $oura$ta, la quale è vguale al predetto c<007>lindro d’argentoniuo. Per e$en<007>pio $iano le la- $tre di 4. dita di diametro; la $uperiore pe$i 2. libbre, & vn, cilindro di mercurio della medema ba$e, & alto vn brac- cio, & vn quarto pe$i 30. l<007>bbre. Ch<007>t<007>rera, ò adoprà forza, ò pe$o, che eccedi 32. l<007>bbre $eparerà la la$tra $uperiore, dall’inferiore; con minore no. V. S. e$per imenti ciò in que- $ta gui$a come propone il Sig Borelli. Sia la la$tra inferiore D E, & il cilindro, o la$tra $upe- riore C A B. che la combacci e$- qui$iramente in A B, $ia que$ta, attaccata in H, alla lance d’vna, libra di braccia vguali, & all’al- sra e$tremità K, $ia attaccato il pe$o N, vguale à quello della la- $tra C A B, & O, che $uperi di po- co quello del prederto cilindro di mercurio. Infall<007>bilmente V. S. alzerà la la$tra.

QVINTO.

_Ofr_. Baccio la mano di V. S. Anch’io lo sò; poichè in que$ta, gui$a non è po$$ibile alzar la la$tra C A B, tanto rettamente che non s’inclini qualche poco, alla quale inclinatione de- ue$$i attrìbuire la $eparatione; altrimente chi tenterà alzar la la$tra perpendicolarmente, ne anco con forza di Belze- bù potrà ciò ottenere.

_Mat_. Il Signor Borelli _nella predetta prop_. regi$tra que$ta $ua, obiettione, e di e$$a dice. _Huiu$modi cauillo$a re$pon$io con-_ _donari potest {ij}s Philo$ophis, qui mathematicis imperiti $unt_. V. S. s’è mo$trata nelli no$tri pa$$ati colloqui molto intendente di geometria, e matematiche, onde certo non può fuggire vna buona mula. Il Sig. Borelli per conuincere chi fa que$ta irragioneuole obiettioue porta _la prop_. 90. molto bella. Io in altro modo (che è però $imile al $uo) e $oggiungendo qualche altra co$a, voglio conuincer’il Signor Ofredi, fa- cendogli toccar con mano che in molti ca$i $arà a$$ai più difficile alzar la la$tra $uperiore inclinãdola, che alzandola perpendicolarmente: onde $e concede che $e po$$i $epara- re inclinandola, $arà a$tai più ragioneuole che $e po$$i al- zare perpendicolarmente. Per mo$trarli que$to vorrei pri- ma imparar da e$$o la ragione della leua, ò Vette, che hà il fulcimento trà la forza, & il pe$o.

_Ofr_. La $eruo in poche parole. Sia la leua A B, il cui $o$tegno $ia in C; in B, il pe$o d’alzar$i; e la forzain A. Allora la for- za $o$tenirà il pe$o, quando la medema proportione, che hà B C, di$tanza del pe$o dal $u$tentacolo, all’A C, di$tanza della forza dal medemo, l’habbia reciprocamente la forza DIALOGO A, al pe$o B. Da ciò ne na$ce il bene$itio, che ne cauiamo dalla leua; cioè che con poca forza potemo $o$tenere vn gran pe$o, ogni qual volta applichiamo la forza alla parte maggiore. Per e$empio $ia AC, centupla di CB; vna forza in A, valeuole, $enza la leua, a $o$tenere vn pe$o d’vna lib- bra; potrà mediāte la leua $o$tenere vn pe$o di libb. 100. col locato in B. Onde que$ta forza accre$ciuta ogni pochino, non $olo lo $o$tenirà, ma anco l’alzerà.

_Mat_. Ma $e le braccia AC, CB, della leua $aranno vguali, che bene$itio ne caueremo da e$$a?

_Ofr_ Niuno certamente per que$to capo. Perche in que$to ca- $o quanto $arà il pe$o, tanta forza vi vorrà a $o$tenerlo, e maggiore ad alzarlo. Onde tanto $arà alzarlo con la leua, come $enza e$$a.

_Mat_. E $e la leua $arà de braccia ineguali, e nel fine del mag- giore come in A, collocaremo il pe$o, e la forza in B, che vtile n’haueremo?

_Ofr_. Non vtile, ma danno; perche $e A C, $arà centupla di C B, a $o$tenere vna libbra dipe$o po$to in A, vi vorrà forza equiualente a libbre 100. po$ta in B, per $o$tenerlo. E pure ad alzarlo $enza leua vi vorra forza poco più d’vna libbra, come à $o$tenerlo d’vna libbra $olamente.

_Mat._ Tutte que$te dottrine V. S. l’hà cauate dalle vi$cere delle mecaniche. Hora in vece della leua A B, con$ideriamo la. D A B, ancinata, & angolara rettamente, & imaginiamo che D A, $ia linea retta collocata nell’orizonte, e A B, $opra e$$o perpendicolare; immaginiamo parimente che in D, $ia po$to il pe$o, & in B la forza. Allora il $o$tentacolo del- la leua $arà il punto A; e parimente la forza in B, al pe$o in D, hauerà la proportione, che ha reciprocamente D A, ad AB. In que$to ca$o quali benefitii ne sõmini$trerà la leua?

_Ofred._ Li medemi che l’altra prima A B, orizontale. Se B A, $a- rà maggiore d’ A D, quanto più eccederà, con tanto minor forza B, potremo alzare il pe$o D. Se D A, A B, $aranno vguali, vi vorrà tanta forza quanto pe$o. E $e D A, $arà maggior d’A B, vi vorrà più forza che non è il detto pe$o.

_Cont._ Que$ta $orte di leua adoperiamo quando con il martel- lo vogliamo cauare vn chiodo fitto nel muro, ò in qualche QVINTO tauola. Poiche il manico corri$ponde alla B A; il ferro è l’- A D; il $o$tentacolo è in A, oue s’appoggia $opra il muro, ò tauola; la forza s’applica in B; il pe$o, cioè il chiodo da cauare s’applica in D, ouc dobbiamo con$iderare la fi$$ura, ò corna del martello, trà li quali $i piglia il capo del chio- do. Quanto maggiore $arà il manico B A, tanto maggior aggiuto $ommini$trerà ad e$traere il chiodo.

_Mat._ Beni$$imo. Hora con$ideriamo nel $chema $eguente il piano D E, e la colonna C A B, che lo bacci e$qui$itamente in A B; in C, $ia applicata la forza, che tirandola per l’M C, procuri $taccarla. Re$$i$te la colonna allo $taccam\~eto con la $ua grauità, e con quella d’vn cilindro d’aria, che $e l’ap- poggia $opra alto quant’ è l’at- mosfera, che pure bi$ogna $pin- gere, & alzare nell’alzar la colõ- na;la quale grauità come tãte fi- bre perpendicolari premendo, e grauitando $opra li infiniti punti del piano A B, $i concepi$cono grauitare tutte raccolte, & vnite nel centro I, qua$i $iano vn gra- ue $olo iui collocato, come be- ni$$imo con$idera il Sig. Borelli. Lo $taccam\~eto della ba$e della colonna dal piano $i fà tut- to in vna volta, sì che nell’atto di que$to la colonna non appoggia $opra il piano D E, che con il $olo B Dobbiamo adunque concepire vna leua IBC, angolata, nella quale il pe$o $ia collocato nel centro I, e la forza in C. Ogni vol- ta adunque che la forza in C, al pe$o in I, hauera la mede- ma proportione che la di$tanza IB, alla di$tanza BC, la for- za $arà equiualente al pe$o; sì che accre$ciuta vn poco po- co la forza ne $eguirà lo $taccamento.

_Ofr._ Hò inte$o il re$to. Quando CB, $arà maggiore di BI, $arà più facile $taccar la colonna inclinandola che alzandola perpendicolarmente; ma quando BC, fo$$e, ò vguale a IB, ò d’e$$a minore, allora vi vorrebbe, ò vgual forza, ò mag- giore, che ad alzarla perpendicolarmente.

_Mat._ Vano adunque è il $uo $utterfugio. Se adunque l’e$pe- DIALOGO rienza mo$trerà che la la$tra $uperiore s’alzi con la libra, ò in altro $imil modo, $arà manife$to che la difficoltà nell’al- zarla non na$ca dalla repugnanza al vacuo, ma bene dalla pre$$ione dell’aria $opra la colonna, che bi$ogna $uperare con il pe$o della medema colonna.

_Cont._ Il nobili$$imo Boile hauendo con$ideratione a que$ta v- nione delle due la $tre, che na$ca dalla pre$$ione dell’aria. prende materia di dire, e proponer da con$iderare _$ect. 1. de_ _Firm. Illud quoque di$quiri po$$et dependeatne a principio iam ex-_ _plicato vitri $oliditas. Etiam$i enim partes eius ramo$œ vel $ibi in_ _uicem intertextœ non videantur & politœ admodum ac lubricœ ap-_ _pareant, attamen, cum ignis, qui ad fu$ionem eas reduxit, proinde-_ _que fluidas reddidit, iure eas $ubdiui$i$$e, & in minutas valdè par-_ _ticulas red egi$$e $upponi queat, ea$demque adeò ad aerem a $e-_ _metip$is $ecludendum iuui$$e non adeò mirum videri debet, $iim-_ _mediatus minutorum eiu$modi & politorum corpu$culorum conta-_ _ctus ad eas in nexu retinendas dicatur $ufficere, &c._ Propo$ta la con$ideratione, la la$cia indeci$a. Vorrei adunque $en- tire il parere diloro Signori.

_Ofr._ Io $enza molto pen$arui inclino alla parte negatiua. E la ragione è que$ta. La contiguità na$ce dalla pre$$ione dell’- aria; adunque rimo$$a que$ta il vetro $i di$$oluerebbe. Ma ciò non $uccede. Adunque, &c. L’e$perienza l’habbiamo nel Baro$copio, & altri va$i di vetro con li qua li $i fà il vo- to; poiche fatto que$to le parti interiori di que$ti non $o- no premute; adunque li va$i douerebbero di$$oluer$i, e re- $oluer$i nelli minimi corpu$col<007>; tanto più che le parti e- $teriori del va$o $ono premute dall’aria, la qual pre$$ione $ola alle volte (quando non $ono e gro$$i, e di figura cur- ua) è $ufficiente a $pezzarli. Ma ciò non $uccede, perche quando non $i $pezzano nel modo predetto, $i con$erua- no totalmente. Adunque &c.

Di più alla cima d’vno di que$ti va$i per di dentro s’attacchi vn$paghetto, ò filo, dal quale penda vn pezzetto di vetro, che fatto voto, re$ti pendente in que$to, sì che po$$i libe- ramente vibrare, e dondolare, e s’agiti il va$o dimodo che il pezzetto di vetro percuota nelli lati pur di vetro del va- $o. Mentre che li minimi componenti il vetro non $ono QVINTO. tenuti vniti che dalla pre$$ione dell’aria, e$$endo nel va- cuo, e di più percotendo vn vetro con l’altro douerebbero certo di$$oluer$i. Ma $e ciò non $uccederà, non doueremo dire non e$$er il contatto $olo delli minimi, che con$titui$- chi la durezza del vetro?

Terzo è manife$to a chi ha ò fatto da $e, ò letto appre$$o chi hà fatto l’e$perienze del Baro$copio, che $e $opra il mercu- rio del va$o $tagnante infondendo$i acqua, ò altro liquido, e pian piano alzando il Baro$copio, che di$cenda il mercu- rio in e$$o contenuto, che prima era pendulo $in’ altezza del cou$ueto braccio, & vn quarto, e che arr<007>uata la boeca del Baro$copio all’acqua; que$ta $ali$ce a riempirlo con tanto empito, che $e non $i tene$$e fe<007>mo con ambidue le man<007>, lo $cagliarebbbe per aria ad alto con grandi$$ima velocità: anzi alle volte, quando la canna non è $ufficien- temente gro$$a, la $pezza. Hora $alendo l’acqua con tan- to empito, e trouato li minimi del vetro non premuti, e $olo contigui, $tri$ciando $opra e$$i, e radendo li lati del vetro farebbe vn gran ra$pamento, di$$ipamento, e $pargi- mento d’e$$i. Ma ciò non $uccede. Adunque, &c.

_Mat_ Que$te ragioni del Sig. Ofredi mi paiono non poco cal- zanti. Alcuno però for$e ricorrerebbe a negare che nel tu- bo, e valo vi fo$$e vacuo, ma ò efluui di mercurio, ò altra materia, che pur premendo li minimi del vetro impedi$ce il loro di$cio glimento. Altri poi trouerebbe for$e altre ri- $po$te più adequate. Io per me inclino a credere che non $olo il vetro. ma tutti li altri corpi po$ti nel vacuo non con$eruino quella duritie, che hanno nel pieno. Ma di que$to con altr occa$ione.

_Cont._ La prima ragione del Sig. Ofredi mi pare di niun valo- re Poiche $e bene ce$$a la pre$$ione dell’aria, nulladimeno non cadono li minimi del vetro mercè la loro minima gra uità. Che vna la$tra $i $epari dall’altra, leuata, ò debilitata la pre$$ione dell’aria, non è merau<007>glia, e$$endo con$ide rabilmente graue. Ma li minimi del vetro qual grauità po$$ono hauere?

_Ofr._ Que$ta ri$po$ta Sig. Conte non vale vn fanfaro. Perche la medema propen$ione al di$cendere, che hà la la$tra grã- DIALOGO de, l’hà qual $i $ia minima particella, e qual $i $ia minimo con$tituente corpo graue. E $e l’e$$etto del di$cendere nel- li minimi è impedito, e ritardato; l’impedimento, ò ritarda- mento na$ce dalla re$$i$tenza del mezzo. Ma que$ta nel no$tro ca$o è leuata, leuato il mezzo, e$upponendo$i va- cuo, nel quale tutti li corpi grandi, piccoli, eminimi di- $cendere bbero con pari velocità. Adunque quelli minimi $i $cioglierebbero, e di$cenderebbero.

_Mat._ Que$ta di$ce$a vgualmente veloce di tutti li graui nel va- cuo, e con che proportione di$cende$$ero per il medemo, ò di$cendino per diuer$i mezzi, e co$a $opra la quale, e per la quale mi pa$$ano molte co$e ind<007>ge$te per la men- te. Ancor loro Signori $i prouedino dell’eruditi$$imo libro del Sig. Borelli vltimamente $tampato _De Motionibus natu-_ _ralibus a grauitate pendentibus,_ che con maggior comodità voglio che di$corriamo $opra que$ta materia.

_Ofr._ Io venirò proui$to di Mecanica.

_Mat._ Li farà bi$ogno.

Fine del Dialogo Quinto.