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dcterms:identifier | ECHO:9EXVCG1R.xml |
dcterms:creator | Angeli, Stefano |
dcterms:title | Della gravita' dell' aria e fluidi: esercitata principalmente nelli loro homogenei |
dcterms:date | 1671 |
dcterms:language | ita |
dcterms:rights | open access |
dcterms:license | http://echo.mpiwg-berlin.mpg.de/policy/oa_basics/declaration |
dcterms:accessRights | free |
Principalmente nelli loro homogenei.
_DIALOGI PRIMO, E SECONDO FISICO-MATEMATICI_.
In Padoua, per Mattio Cadorin, MDCLXXI.
_Con Lieenza de’ Superiori_.
CRederai forſe Lettore humaniſſimo, nel veder-
mi publicare li preſenti Dialogi, circa ma-
teria, ſopra la quale hanno ſcritto tanti
grand’huomini, ch’io ſia ſtato moſſo da alcu-
na di quelle cauſe, dalle quali commemora
Tito Liuio nel Proemio delle ſue historie, ri-
ceuer impulſo quaſi ogni ſcrittore allo ſcri-
uere.
_Quippè qui_ (dice egli) _cum vete_-
_rem, tum vulgatam eſſe rem videam_,
_dum noui ſemper ſcriptores, autin rebus certiùs aliquid alla_-
_turos ſe, aut ſcribendi arte rudem vetuſtatem ſuperaturos cre_-
_dunt, &
c._
Benche forſi queſte mie compoſitioni non contenghi-
no coſe in tutto tocche da gl’altri, nulladimeno, resta ſeruito di credere,
non eſſer ſtata alcuna di queſte cauſe, che mi babbia dato eccitamento,
perche tanto non ſuppongo di me ſteſſo;
ma ſolo il deſiderio, che tengo
di giouare alli Nobiliſſimi Scolari di queſto Sapientiſſimo Studio.
Li qua-
li caminando al Dottorato per li ponti delle Paripatetiche Dottrine, e
delle formalità, per lo più vedono poco, ò nulla della Filoſofia eſperi-
mentale.
Eſſendo adunque questo il ſolo fine di queste mie fatiche, ſe
vedrò che detti gentiliſſimi Studenti da queſti miei ſpiegamenti ri-
ceuino qualche profitto, non mancarò con altre occaſioni di publicare
altre coſe in ſimile, &
altre materie.
Hora che t’ è nota la vera ca.
gione del mio ſcriuere, compatiſci quello, che non ti piaceſſe;
maſſime
gli errori di lingua, e di ſtampa, che di tanto ſolo ti prego.
E viui felice.
HAuendo viſto per fede del Padre Inquiſitore di Pado-
ua, nel Libro intitolato della Grauità dell’ Aria, e
Fluidi Dialogi Primo, e Secondo di D.
Stefano An-
geli Lettor Matematico nello Studio di Padoua, non eſſerui
coſa alcuna contro la Santa Fede Cattolica;
&
parimente per
atteſtato del Segretario noſtro, niente contro Prencipi, e buo-
ni coſtumi, concedemo licenza a Mattio Cadorini di poterlo
ſtampare, oſſeruando gl’ordini, &
c.
Dat. a 31. Luglio 1671.
(
(Nicolò Sagredo K. Proc. Ref.
(Pietro Baſadonna K. Proc. Ref.
Angelo Nicolo ſi Segr.
O_Fredi_.
Oimè Signor Profeſſore, che gra-
uezza di teſta, ch’ io mi ſento.
O come
queſt Aria così humida, e fumoſa mi fà
dolere gl’occhi.
In gratia, già che ſiamo
vicini alla caſa del Signor Conte, andia-
mo à conſumare @@ di queſta
giornata ſeco in qualche virtuoſo diſcor-
ſo.
_Matem_.
Faciamo come V.
S.
comanda.
Saliamo le Scale.
Bi-
fogna certo che ſi trattenga nel ſuo Studio, già che l’vſcio
è ſocchiuſo.
Riſchiariamoſi vn poco, accioche ne cono-
ſca;
e poi con vn tratto confidente entriamo dentro.
Ser-
uitor Signor Conte.
_Conte_.
Seruitor miei cari Patroni.
Che buon vento conduce
loro Signori à fauorirmi?
_Ofred_.
Non già il vento, mà ben sì vn’Aria humidiſſima ne hà
ſpinto quà ſopra.
_Cont_.
Se nella loro bilancia la grauezza dell’ Aria li hà ſpinto
quà ſopra, è nella mia hà impedito la diſceſa, sì che non ſia
hoggi vicito di caſa;
poiche appunto la mia fantaſia s’an-
daua ragirando intorno alia grauità dell’ Aria.
_Matem_.
In gratia V.
Sig.
ne renda conſapeuoli di que-
(page 8)
ſti ſuoi penſieri.
_Cont_.
S’accomodino con la ſolita noſtra familiarità doue più li
aggrada, che io haurò piacere andarli delineando li embrioni
della mia mente.
Che l’Aria noſtra, la qual reſpiriamo, è che ne circon-
da, ſia corpo poſitiuamente leggiero, è non ſolo riſpetti-
uamente, paragonandola con le coſe più graui, m’hà parſo
ſempre coſa impoſſibile da crederſi:
poiche contenendo in
ſe ſteſſa vn’infinità di vapori, &
vn miſcuglio dell’ effluuij,
che eſcono da tutti li corpi;
(anzi forſe nõeſſendo altro che
vn aggregato di queſti) non sò vedere come parimente non
contenga vn’aggregato delle loro minime grauità.
Hò an-
co fatto gran capitale di tutte quelle eſperienze, e modi,
che per far toccar con mano queſta verità, ſono ſtati in-
uentati dalla perſpicacità di tanti Filoſofi inſigni;
mà
quello penſato gl’anni paſſati dal Nobiliſſimo Signor Otto-
ne Gerickio Conſolo della famoſiſſima Città di Mag-
deburgo, m’hà parſo ſempre molto proprio, è conuin-
cente.
_Ofredi_ In gratia V.
Sig.
me lo dia ad intendere, perche non ſolo
queſto, ma tutte le coſe dicoteſto Signore mi rieſcono to-
talmente.
_Conte_.
Io impreſtarò à V.
S.
queſto Libro, ch’è la _Technicha Cu-_
_rioſa_ del dottiſſimo P.
Gaſparo Scotti Geſuita, il quale nel
_Lib_.
1.
_Cap_.
1.
dichiara, in che maniera, da vn recipiente,
ò vaſo di vetro beniſſimo otturato, faceſſe leuare detto Si-
gnore a poco apoco, con non lieue fatica, quaſi tutta l’a-
ria, che lo riempiua, ſenza che nel vaſo poteſſe entrare
(ſi preſume) coſa alcuna, almeno non aria;
(artificio pur
anco ſpiegato dal nobiliſſimo Roberto Boile Ingleſe nelſuo
Trattato _de Vi Aeris Elaſtica_, e da altri) e dal differente peſo
di queſto vaſo prima pieno d’Aria, e poi ſenza quella già
eſtratta, raccoglieua e che peſaſſe, e quanto.
Dice adun-
que nel _Cap_.
2.
che da vn recipiente capace di 32.
miſure d’-
Herbipoli, che ſono mez’ orna di Franconia, cauato.
ne l aria, peſaua meno che con eſſa, vn’oncia e {3/10}.
_Ofred_.
In verità che queſt’eſperienza mi pare molto palpabile.
(page 9)
Parmitanto vera, che non vi ſia che replicar in contra-
rio.
_Conte_.
E pure vi è chi la nega in parte.
Queſto è il Signor An-
tonio Deuſingio, Medico, e Filoſofo celeberimo, il qua-
le (come dice il medemo P.
Scotti _nell’ Annotat.
ſopra il detto_
2.
_Cap.
è nel Lib_.
4.
_Cap_.
4.)
_nella ſua Seconda Diſquiſ.
del Vacuo Set_.
2.
_Cap_.
4.
concede l’effetto, ma nega la cauſa.
Concede
adunque, che il vaſo peſi meno ſenz aria, che con eſſa;
ma che queſto non naſca, perche l’aria ſe poſſi peſare in
modo alcuno nell’aria (perche l’aria nell’aria ne è graue, ne
leggiera;)
ne che queſto effetto prouenga dall’aria, la qua-
le al vaſo aggiungeſſe peſo, è leuata lo diminuiſce;
ma
perche leuata l’aria dal vaſo, quella che circonda il vaſo, è
fatta più craſſa, conſtipata, e denſa:
e perciò il vaſo è reſo
più leggiero da queſta, di quello che era prima, quando
pieno d’aria, l’ambiente era meno denſa;
al modo (ſoggiun-
ge egli) che _Nauis onuſta minùs altè mergitur in aqua Marina_,
_quam in fluuiali_.
_Matem_.
Si contenti Signor Ofredi, che anch’io applaudiſchi
all’inuentione del Signor Gerickio;
e che ſe bene queſta non
ſolo viene impugnata dal Signor Deuſingio, ma anco da
altro valoroſiſſimo Matematico, ch’è il P.
Paolo Caſati
Geſuita, è forſe da altri, ch’io non hò veduti, mi ſottoſcri-
ui al ſuo penſiero, è dichi, parermi che con queſt’ eſperien-
za ſi proui tanto ſenſibilmente il peſo dell’ aria, che nulla
più.
E trala ſciando per hora il P.
Caſati, mi ſia lecito dire
con ogni riuerenza, non mi parere, che il Signor Deuſin-
gio, e molti altri penetrino molto bene, come l’aria nell’-
aria non ſia nè graue, nè leggiera;
poiche queſto non deue
intenderſi formalmente, ma quanto all’effetto ſolo del di-
ſcendere, ch’è il fine della grauità.
_Ofred_.
Queſto ſuo aſſerto coſi in confuſo mi pare molto ardi-
to.
In gratia ſpieghi più chiaramente li ſuoi ſenſi, per-
che mi paiono diametralmente oppoſti à quel comune aſ-
ſioma delle Scuole, che _Elementa in proprijs locis nec grauitant_,
_nec leuitant_.
_Matem_.
Se queſt’aſſioma comune ſarà d’altri inteſo diuerſa-
mente da quanto io dirò, dubito grandemente della ſua
(page 10)
verità.
Ma per principiare a dichiararmi, mi dica Signor
Ofredi li è mai accaduto ritrouarſi in vna quantità di popo-
lo, è far forza per andar auanti, è non ſi poter muouer in
conto alcuno?
_Ofred_. Infinite volte.
_Matem_.
E perche V.
S.
non poteua caminar auanti, benche fa-
ceſſe tanta forza?
_Ofred_.
Perche non poteuo andar auāti, ſe non ſpingeuo dal pro-
prio luogo, chi mi precedeua;
mà queſti reſiſteuano al mio
ſpingere, ne ſi laſciauano muouere.
_Matem_.
Si che adunque V.
S.
formalmente ſpingeua;
ſe bene
poi l’effetto, cioè l’andar auanti, era nullo.
Tanto in vn cer-
to modo, auuiene nel caſo noſtro.
L’àcqua nell’acqua, e l’a-
ria nell’aria grauitano, è s’affaticano (per così dire) formal-
mente per andar à baſſo;
Ma perche non poſſono diſcende.
re ſe non cacciano dal proprio luogo, e fanno ſalire altra ac-
qua, ò aria, al qual cacciamento, e ſalita queſta reſiſte con
egual momento, &
energia, &
anco con maggiore, (ſe l’ac-
qua d’alzarſi foſse per fortuna più graue;)
da quì ne naſce,
che ſe bene la grauità opera attualmente, e formalmente,
non ne ſegua però l’effetto del diſcendere.
_Conte_.
Così è mo.
Vuole Signor Ofredi conoſcere che
così ſia?
Vna portione di queſt’acqua, ò aria ſia reſa per
qualche accidente vn pochino meno denſa, e graue, sìche il
ſuo conato al diſcendere ceda in parte;
vederà, che ſubito
ſarà ſpinta in sù da quell’altr’aria, ò acqua, la quale eſſendo
inalterata, conſerua il medemo conato, il quale eccede
quello della rarefatta.
Al modo che, Signor Ofredi, ſe ſpin-
gendo lei nella calca per an dar auanti, li anteriori ſminui-
ranno in parte la loro reſiſtenza, &
il reſpingere, lei a pro-
portione dell’ecceſſo del ſuo ſpingere ſopra la reſiſtenza de
queſti, anderà auanti.
_Matem_.
Così è Signor Ofredi.
Io credo che l’aria nell’aria, e l’ac-
qua nell’acqua grauitino beniſſimo formalmente, ma non
pregrauitino:
e coſi non ſegua moto alcuno, ò ſceſa, quando
tutta l’acqua, ò aria ſia della medema grauità.
Parimente
credo, che l’aria rachiuſa nel recipiente peſi, e leuatone par-
te, tanto meno peſi il rimanente;
e queſto meno ſia quello,
(page 11)
che peſaua già l’eſtratta, quando era nel recipiente.
Onde ſe
il detto comune che _Elementa in proprijs locis nec grauitant, nec_
_leuitant_, viene inteſo in ſenſo contrario alla preſente dot-
trina, io lo tengo aſſolutamente per falſo.
Queſt’a ſſioma
però non mi pare d’Ariſtotile, il quale eſpreſſamente _nel_
_Lib_.
4.
_de Cælo, Cap_.
5.
dice, che _Elementa omnia grauitatem ba-_
_bent in ſuo loco, præter ignem_, ma è ſtato introdotto da alcu-
ni Peripatetici nelle ſcuole, non sò perche.
_Ofred_.
Ma la cauſa, che aſſegna il Signor Deuſingio di queſt’ef-
fetto, non ſarà la vera?
E pure viene da lui appoggiata ad
vn’ eſperienza tanto certa, quanto è che la naue carica
s’immerga più nell’ acqua del fiume, che in quella del
mare.
_Matem_.
Queſt’eſperienza è più che certa, Ma di eſſa non è già
la cauſa quella, che aſſegna il Signor Deuſingio;
anzi par-
mi prima de lui Ariſtotile _nel Libro_ 2.
_delle Meteore al test._
25.
cioè perche l’acqua del Mare ſia più conſtipata, e denſa;
ma bene perche è più graue.
Onde ſe bene è anco più con-
ſtipata, e denſa, queſta però non è la formale cagione di
quell’effetto, ma ſolo per accidente, in quanto che eſſen-
do più conſ@ipata e denſa, è anco più graue.
La vera cauſa
adunque è, perche l’acqua del Mare e più g@aue di quella del-
li Fiumi.
Mà acciò V.
S.
intenda meglio come camini queſta facen-
da, ſi riduchi a memoria _la Prop._
5.
_del Lib._
1.
_d’ Archimede, de_
_Inſidentibus Aquæ_, che dice così_:
Solidarum magnitudinum quæ-_
_cunque fuerit leuior humido demiſſa in humidum in tantum demer-_
_getur, vt tanta moles humidi quanta est moles demerſæ, habeat æ-_
_qualem grauitatem cum tota magnitudin@_.
_Ofred_.
Io me l’arricordo beniſſimo, poiche hora tengo
per le mani certe propoſitioni d’vn dottiſſimo Filoſofo del
Studio di Piſa, nomato il Signor Donato Roſſetti, il quale
_nella ſeconda_ pretende di dimoſtrare, che il concetto d’Ar-
chimede ſia falſo.
_Matem_.
Anch’io hò ſcorſo queſte ſue propoſitioni, le quali
non ci neceſſitano ad interrompere il filo del noſtro diſcor-
ſo;
perche anco eſſendo vero quanto dice queſto Sig.
nel
noſtro caſo ſarà tanto pocala fiſica differenza, che arreche,
(page 12)
rà certa poca aria, che ſi doueria intender congionta con
l’acqua, che potiamo ſupponer la ſola propoſitione d’Ar-
chimede.
La quale ſtando in vigore, &
applicata al no
ſtro caſo della naue, perche peſa più, &
ha maggior mo-
mento l’acqua del Mare, che l’acqua del Fiume, ne ſe-
gue, che minor quantità di quella, che di queſta grauiti
quanto grauita tutta la naue:
che perciò meno s’immer-
ge nella ſalſa, che nella dolce.
Non hà adunque che fa-
re la maggior conſtipatione della ſalſa ſopra la dolce
circa l’immergerſi più la naue in queſta, che in quel-
la, ſe non in quanto la più conſtipata è anco più gra-
ue.
_Conte_.
Se il meno immergerſi la naue nell’acqua ſalſa, che nel-
la dolce, naſceſſe dalla maggior conſtipatione, ne ſegui-
rebbe, che ſuperata queſta da qualche forza, cioè ſpinta
la naue ſotto il liuello, che ha naturalmente, iui ſtaſſe,
anzi con difficoltà ſi cauaſſe.
Mà ciò non ſuccede, per-
che remoſſa la cauſa ſpingente, naturalmente riaſc@n-
de.
_Ofred_.
Io non vedo molto chiaro come V.
S.
inferiſchi queſta
ſequella.
_Conte_.
Se dal canale ou@ è la naue ſe rimouerà tutta l’acqua, la
naue li caccierà nel fango a proportione della ſua grauità,
c reſiſtenza del fango;
la quale non naſce, che dalla ſua
conſtipatione, e denſità.
Chi al peſo della naue n’aggiun-
gerà, ò maggiore, ò qualche forza ſpingente, la naue ſi
caccierà più nel fango;
è doue ſarà ſpinta iui ſtarà;
ne ſi le-
uerà che con gran fatica, perche il fango non reſiſte che
con la ſola conſtipatione.
Tanto ſuccederebbe alla naue
poſta nell’acqua marina, quando queſta reſiſteſſe con la ſo-
la conſtipatione.
Spinta la naue ſotto il natural liuello, già
la reſiſtenza della conſtipatione è vinta;
onde non vi ſareb-
be cauſa, che reſpingeſſe la naue al luogo primiero (co-
me ſuccede remoſſa la cauſa ſpingente;)
che viene reſpin-
ta in sù dal maggior momento dell’ acqua ſopra quel-
lo della naue, ſino a quel ſegno, oue queſti momenti ſi
pareggino.
_Matem_.
Aggiunga V.
S.
che quando l’immergerſi la naue me-
(page 13)
mo nell’acqua ſalſa, che nella dolce naſceſſe dalla conſtipa-
tione, queſta reſiſterebbe tanto nell’andar a baſſo, quanto
nel venir di ſopra.
Onde poſto, per eſempio, vn pezzo di
legno men graue in ſpecie nell’acqua, e ſalſa, e dolce, nel
fondo del mare, e del fiume, queſto nella ſalſa ò non ritor-
narebbe a galla, come impotente a ſuperare la conſtipatio-
ne;
ò almeno ſalirebbe con maggior lentezza di quello ſa-
liſſe poſto nel fondo della dolce;
eſſendo nella ſalſa mag.
giore conſtipatione da ſuperare.
E pure ſuccede in pratica
tutto il contrario;
perche ſaliſſe con maggior velocità nella
ſalſa, che nella dolce.
Perche eſſendo reſpinto in sù dal
maggior momento dell’acqua ſopra il ſuo proprio;
&
eſ-
ſendo maggior il momento della ſalſa di quello della dol-
ce, opera anco quello più efficacemente;
è così aſcende
con maggior velocità nella ſalſa, che nella dolce.
Quanto però habbiamo detto, non è ſufficiente a render
la ragione, perche peſi meno il recipiente euacuato d’ aria,
che pieno d’eſſa;
e che la differenza ſia il peſo di queſta;
ma
per intiera intelligenza di ciò è neceſſaria vn altra propoſit.
d’Archimede, che è _la ſettima del medemo Lib_.
la quale dice
coſi.
_Grauiora humido demiſſa in humidum ferrentur deorſum do-_
_nec deſcendant &
erunt leuiora in humido tantum, quantum habet_
_grauitas humidi habentis tantam molem, quanta eſt moles ſolidę ma-_
_gnituainis_.
Hora l’aria deue intenderſi nel noſtro caio per
queſto humido, ò fluido, nella quale poſto il vaſo otturato
pieno d’eſſa, l’aria ambiente ſottrae da quella mole com-
poſta della materia del vaſo, e dell’aria rachiuſa, tanto pe-
ſo, quanto è quello d’vna mole d’aria eguale a tutta quel-
la mole.
Euacuato il vaſo, è manifeſto che ſi conſerua la
mole medema, alla quale pure ſi paragona la medema mo-
le d’aria ambiente, che pur leua dall’aggregato del vaſo, e ò
etere, ò altro, che ſi concepiſca riempirlo il medemo pe@o
di prima_:_
ſiche la differenza tra li due peſi non può eſſer
altra, che quanto peſaua l’aria rachiuſa prima nel vaſo.
Ma queſta verità s’anderà ſempre più manifeſtando.
_Ofred_.
Tanto che V.
S.
penſa che la conſtipatione dell’ aria am-
biente il vaſo non habbia che fare?
_Matem_.
Non nel modo che dice il Signor Deuſingio.
Hauerà
(page 14)
però che fare (quando vi ſia) perche eſſendo l’aria più con.
ſtipata, ſarà anco più graue;
onde ſe l’aria, nella quale ſi
peſa il vaſo dopò la ſua euacuatione ſarà più conſtipata, ſa-
rà anco più graue, &
in conſeguenza rendera il vaſo più leg-
giero.
Ma non credo.
che in queſto caſo ſia tanta la con-
ſtipatione dell’aria ambiente il vaſo, che differiſca da quel-
lo, ch’era innanzi l’euacuatione notabilmente.
Ma quan-
do anco vi foſſe, non ſarebbe coſi in tutti li luoghi vicini,
è pure da per tutto ſi ritrouerà il medemo peſo del vaſo,
pur che non ſip eſi in aria alterata per accidente eſtrin-
ſeco.
Conte.
_V.
Sig.
ha toccato vna ragione contro la concluſione del_
_Signor Deuſingio, che dice così_.
Dum ergo circa recipient em
aere euacuatum aer ambiens denſior, compactiorque exiſtit, idem re-
cipientis pondus, lanci impoſitum aerem denſiorem ſibi circum ſtan-
tem minùs deprimit, quam ante exan@lationem deprimeret rariorem:
&
interim lanx altera ad bilancem oppoſita, in aere verſatur non
æque compacto, ac is eſt, quiproximè recipientem circumſtat;
quare validiùs æquali pondere deprimitur.
_Matem_.
Faci gratia V.
S.
di fermarſi:
adunque chi volterà la
bilancia, e ponerà la lance con il vaſo nel luogo doue
era quella con il peſo, e queſta nel ſuo, il vaſo peſerà
più, perche ſarà in aria meno denſa, e quello in aria più
denſa.
_Ofred_.
Anch’a me pare queſta concluſione del Signor Deuſin-
gio inferita da molto deboli principi;
peiche io non credo
che il Signor Gerickio, quando ha fatto queſt’eſperienza, e
due peſate diuerſe, le habbia fatte vna immediatamente
ſucceſſiua all’altra, &
habbia collocata la bilancia apuntino
nel medemo luogo.
Io tengo di certo, che chi peſaſse prima
il vaſo pieno d’aria in quella ſtanza;
in quella ſala li leuaſſe
l’aria, e poi anco dopò tempo conſiderabile, lo ripeſaſſe in
queſta ſtanza coſi euacuato, che tanto ſi trouarebbe la pre-
detta differenza.
Conte.
_Non credino loro Signori, che il Sig.
Deuſingio non hab_
_bia preuiſto queſti colpi, poiche ſe repara da eſſi così_.
Dum vi-
trum exantlatum de loco in locum transfertur, is, qui derelicto ſpa-
@io vicinus eſt aer, in naturalem ſtatum per expanſionis nixum ſe
(page 15)
denuò vindie at (veluti naue prouecta aſſurgunt illicò aquæ partes
paulò ante pondere nauis preſſæ.)
_Matem_.
In queſte vltime parole noto vna ſimilitudine, che non
mi par vera;
ne mi pare che d’vn effetto s’aſſegni la vera cau-
ſa.
Io hò ſempre creduto, che la na ue entri nell’acqua non
perche conſtipi le parti, che le ſoggiacino (le quali ò non
conſtipa, ò almeno pochiſſimo;)
mà bene perche le ſpinga
dal proprio luogo, e facia ſalire;
ſiche poi partita la naue, &
andando innanzi, e ſpingendone, e ſolleuandone altre, le
già ſolleuate portate dalla natural grauità, diſcendino à
riempir quel luogo baſſo cauo, laſciato dalla naue.
Ma pri-
ma che andiamo auanti, vorrei ſapere, ſe dichiara il modo,
nel quale, quando s euacua il vaſo, l’aria circonſtante, e vici-
na ſi conſtipa.
Conte.
_Poco di ſopra dell’antecedenti parole lo dichiara così_.
Condenſatur autem imprimis aer, vbiproximè, coarctatione facta,
vim patitur, reliquo quantum fieri poteſt ſtatum ſuum naturalem
ſeruante;
ſicque aer, qui vndequaque vitro viciniſſimus exiſtit, præ
reliquo diſtantiore per corporis intra vitrum contenti exantlatio-
nem, atque ætheris in ſpatium illius ingreſſum, quam maximè con-
denſatur.
_Matem_.
Tanto adunque che ſi condenſa perche eſce da eſſo la
parte più ſottile?
Se così è, ftarà ſempre così, ſino che con
l’ingreſſo della medema, ò d’ altra materia ſottile come
quella, ſi tornino a dilatare le ſue parti.
Se noi prenderemo
vn pugno d’erba, e la ſtringeremo, ò comprimeremo gen-
tilmente ſenza ch’eſchi fuori l’humore, aprendo la mano, e
ceſsando la compreſſione, l’erba con il ſuo elaterio ritorna-
rà ad hauere quell’eſpanſione, che haueua prima.
Ma ſe re-
ſtringendola li faremo vſcir fuori l’humor più ſottile aperta
la mano, ſi dilatarà bene qualche poco per l’ingreſſo dell’a-
ria, che entrarà trà le foglie, la quale pur anco fù cacciata
dalla compresſione, ma non già come era prima.
Se adun-
que l’aria ambiente il vaſo ſtà conſtipata per l’etere, che
da eſſa è vſcito, &
è entrato per li pori del vetro a riempir
il vaſo, non ſi dilatarà ſe non entra in eſſa, ò il medemo, ò
altro etere.
_Conte_.
Dice bene, ch’è dilatata appunto da altro etere, ſog-
(page 16)
_giungendo dopò la ſopradetta parenteſi_.
Aetere aliunde, quo
nempe vitrum transfertur, inter eius particulas viciſſim ſubeunte.
Sicque perpetuo circa vitrum ipſum, quocunque tranſlatum conden.
ſatio corporis proximè ambientis maior contingit.
_Ofred_.
Gran carità di queſt’etere, laſciar l’aria, nella quale è, e
laſciar queſta conſtipata, e denſa, per rimediare alla conſti-
patione dell’aria vicina.
Chilo ſpinge ad abbandonar la
propria aria, e laſciarla conſtipata, e denſa, per andar a ri-
mediar, egonfiar la più vicina?
Che la prima aria circon-
ſtante il vaſo ſi cõſtipi per l’vſcita dell’etere, ſi potrebbe dire
eſſer ciò cauſato dal biſogno vniuerſale della natura, _ne de-_
_tur vacuum,_ acciò quell’etere entraſſe a riempir il vaſo;
ma
che poi il ſecondo etere eſchi dalla ſeconda aria per dilatar
la prima;
il terzo dalla terza per dilatar la ſeconda;
e così
quante volte ſi traſportarà il vaſo, non sò già vederne la cau
ſa.
Già che ſecondo il Signor Deuſingio, ha da toccar à dell’a-
ria ad eſſer cõſtipata, ne ſtia pur la prima, perche _fruſtra fit per_
_plura, quod poteſt fieri per pauciora_.
_Conte_.
Ma ſoggiunge ancora alcune parole, dalle quali pare,
che aſſegni altra cauſa.
_Remotiore interim à violenta compa-_
_ctione par inſitum quaſi elatere ſeipſum vindicante_.
_Matem_.
Se la conſtipatione ſi fa per la partenza dell’ etere, non
vi è elatere che tenga.
E ſe hà la virtù elaſtica, perche non
poteua dilatarſi verſo l’ampiezza dell’aria, e non ſtar ſem-
pre in quella violenza?
_Ofred_.
Ma io direi così contro queſta condenſatione.
Non cre-
do già che quell’ aria ambiente il vaſo condenſata ſia pietre
da molino, ſi che non poſſi eſſer portata via dal vento.
Soffi
queſto, e la porti via, ſi che ne ſucceda dell’ altra.
Queſta
non ſarà condenſata, e pure peſando il vaſo, ſi ritrouarà il
medemo peſo.
_Conte_.
Anco à queſta obiettione procura de riſpondere in vna
lettera, che ſcriue al Padre Scotti, poſta da lui nel citato
_Libro_ 4.
_Matem_.
Non ſi curiamo di queſta riſpoſta, mà procuriamo d’ar-
recare vn paro d’eſperienze, che manifeſtamente dimoſtre-
ranno ſe queſt’aria ambiente ſia conſtipata, e denſa, ò della
medema natura dell’altra.
Non v’è difficoltà, che l’aria più denſa cagiona maggior
gefrattione, fà apparire gli oggetti viſti per eſsa più grandi,
più vicini, e più alti.
Quando queſt’aria foſſe più conſtipata
dell’altra, dourebbono tutti queſti effetti eſſer molto di-
uerſi in eſſa, che nell’altra vicina;
perche la conſtipatione
ſarebbe molto notabile, mentre foſſe ſufficiente à render la
diuerſità d’vn’oncia e @ nel vaſo, di peſo.
Secondariamente ècertiſſimo che il mezo impediſce il moto, e
quanto è più denſo, più impediſce.
Onde facendo qualche eſ-
perienza di moto nell’aria @mbiente, e nell’altra, ſi proua-
rebbe gran differenza.
E benche ſi poſſino penſar varii mo-
di d’eſpermentar ciò, io ſcieglierei vn pendolo, e l’eleuarei
nell’vna, &
altra aria alli medemi gradi, e notarei la gran-
dezza, e numero delle vibrationi.
Certo che nell’aria più
denſa la decima vibratione, per eſsempio, non portarebbe il
mobile tant’alto, quanto la decima nella più rara;
ne il nu-
mero delle vibrationi ſino alla quiete nella più denſa;
ſareb-
be tanto quanto nella più rara.
Altre eſperienze ſi potreb.
bero fare per decider queſta contronerſia;
mà baſtino que-
fte le quali ſe bene io non hò fatto, ſono però di parere, che
riuſcirebbero sfauorabili al Sig.
Deuſingio.
Mà in queſto punto mi naſce curioſità di ſa pere di che o-
pinione ſia il P.
Scotti;
ſe facia alcun rifleſſo ſopra queſte
dottrine del Signor Deuſingio, e ſe l’approui, ò rifiuti.
_Conte_.
E d’opinione totalmente contraria.
Dice hauer prouato
nelli ſuoi _Iocoſerijs cent.
3.
prop.
66.
§.
3.
Aerem intra aerem gra-_
_uitare, ſi vaſi includatur, &
à reliquo aere circumſtante diſconti-_
_nuetur_.
_Matem_.
Se lui intende, che l’aria peſi nell’aria ſolamente quan-
do è rachiuſa nel vaſo, e ſeparata dall’altra, non mi pare che
intenda bene;
perche io credo, ch’in tutti li modi peſi, anco
quando è libera, e meſcolata con l’altra.
_Conte_.
V’aggiunge di più vna conditione.
_Dummodo aer inclusus_
_vaſi, &
aer circumſtans in quo ſit ponderatio ſint eiuſdem denſitatis_
_aut raritatis_.
_Matem_.
Queſta cautela non mi par molto propria.
Io ſtimo,
che l’aria tanto nel vaſo, quanto fuori d’eſſo, tanto più den-
(page 18)
ſa, quanto più rara, poſta nell’altr’aria ſempre peſi.
Se fuori
del vaſo, e più denſa, diſcenderà ſotto la meno denſa:
ſe
meno denſa, hauerà il ſuo momento, ma ſuperato queſto
da quello della più denſa, ſirà ſpinta all’insù Se rachiuſa nel
vaſo, e ſarà più denſa, tutto il compoſto diſcenderà più fa-
cilmente.
Se meno denſa, diſcenderà più difficilmente a
proportione della minor denſità.
Conte.
_Segue à dire_.
Probauimus id à paritate ex aquis deſumpta:
ta-
metſi enim aqua intra aqvam non grauitat, nec partes ſuperiores
premant inferiores ſibi ſubiectas vt probauimus fusè in Magia part.
3.
Libro 5.
Sintag.
2.
Erot.
3.
tametſi vaſi includatur pars aquæ, hęc
grauitat intra aliam eiusdem rationis aquam.
_Matem_.
Che le parti ſuperiori dell’ acqua non premino l’infe-
riori, io lo tengo per falſiſſimo, come dirò particolarmence
a ſuo luogo, per non interrom pere hora il filo delli noſtri di-
ſcorſi.
Coſi ſtimo anco falso che l’acqua nell’acqua non gra-
uiti, quando è libera, e meſcolata con l’altra, come già hab-
biamo detto.
Che poi l’acqua rachiuſa nel vaſo grauiti, io lo
tengo per più che certo.
_Ofred_.
Si potrebbe fare qualch’eſperienza, mediante la quale
ſi poteſſe moſtrare, che l’acqua meſcolata con l’acqua pe-
ſaſſe?
_Matem_.
Dell’acqua meſcolata con l’acqua in parte, credo che ſi
poſſi fare, ma della meſcolatain tutto a me non ne ſouuiene
alcuna, mà della meſcolata in parte, ne portarò vn paro, la
prima delle quali dimoſtrarà, ò che anco queſta peſi, ò che
non peſi la totalmente ſeparata.
Prendaſi vn vaſo di mate-
ria più graue in ſpecie aſſai più dell’acqua, il quale habbia
vn coperchio, che ſe poſſi chiuder beniſſimo, ſi che chiuſo,
nulla vi poſſi entrare, almeno non acqua;
ſe gl’alzi il coper-
chio, e s’impediſca che non lo poſſi chiudere;
poi sommer.
gaſi il vaſo totalmente nell’acqua:
l’acqua, che riempirà il
vaſo, ſarà in parte ſcontinuata dall’altra, in parte nò Si peſi
il vaſo coſi poſto entro l’acqua, e ſe noti il peſo:
poi il me-
demo vaſo pur pieno d’acqua s’otturi beniſſimo, e ſi torni a
peſare nell’ acqua;
in queſto modo l’acqua rachiuſa ſarà
totalmente ſe parata dall’altra.
Io tengo di certo che in tut-
ti doi li modi ſi ritrouarà il medemo peſo.
Adunque ò non
(page 19)
peſa la ſeparata totalmente, ò peſa anco quella in parte cõ-
tinua.
L’altra eſperienza è tale, che con eſſa ſi potrà render ra-
gione di due eſſetti, che poſſono ſuccedere cotidianamente.
Si prenda vn corpo duro galleggiante, e ſi collochi nell’ac-
qua, nella quale naturalmentes’immergerà ſino ad vn cer-
to ſegno;
ſi procuri cacciarlo ſotto acqua maggiormente;
quanto più s’immergerà ſino alla total immerſione, ſe ſi te-
nirà coſi fermo, tanto maggio, fatica ſi farà, e ſi prouar@
maggior forza fatta per riſſalire.
Ma paſſata la total immer-
ſione, ſi ſpinga ſotto quanto ſi vuole, e ſi fermi in qual ſi
ſia luogo, ſempre ſi farà la medema fatica.
Al contrario ſi pi-
gli vn bicchiere, ò vaſo, e con la bocca in giù così pieno d’-
aria ſi procuri ſpingerlo ſotto acqua, come s’è detto del gal-
leggiante;
nel principio ſi prouarà vna tal difficoltà, che an-
derà creſcendo ſino alla total immerſione, la quale paſſata
andarà ſucceſſiuamente più ſcemando, ſecondo che il bic-
chiere s’andarà più ſommergendo.
_Ofred_.
Sono queſti certamente due effetti molto volgari;
ma io
così improuiſa mente non ſaprei rintraciarne le cagioni.
_Matem_.
Procurarò indagarle io.
E prima per inueſtigar quella
della difficoltà, che ſempre ſi proua maggiore, quanto più
ſi procura immerger il galleggiante ſino alla total immer-
ſione, &
c.
mi dica Signor Ofredi;
ſe V.
S.
vorrà alzar, e te-
ner ſoſpeſa, vna mole d’acqua, non farà vna tal fatica, la
quale anco andarà ſempre più creſcendo, quanto più gran-
de ſarà la mole d’alzarſi, e quanto foſſe più graue?
_Ofred_. Certo sì.
_Matem_.
Adunque s’immagini V.
S.
che queſta ſia la maggior
difficoltà d immerger il galleggiante.
Collocato queſto nel-
l’acqua, s’immerge quanto comporta il ſuo momento a,
pareggiare quello dell’acqua, che ſi alza, e con la ſua graui-
tà contraſta con la parte d’acqua già alzata per queſta ſua,
immerſione;
ne noi ſentiamo il peſo di queſta:
ma quando
lo ſpingiamo ſotto, faciamo ſalire vna tal quantità d’acqua,
la quale alzando noi, ſentiamo il ſuo peſo, il quale poi tan-
to più creſce, quanto più s’immerge il galleggiante, ſino al-
la total immerſione;
quale ſuperata ſi ſente ſempre il mede-
(page 20)
mo peſo, perche ſempre ſi ſoſtiene alzata la medema quan-
tità d’acqua, che procura diſcendere.
_Ofred_. In gratia dichiarimeglio queſte dottrine.
_Matem_.
Il galleggiante BHND, ſia collocato nell’acqua, nella
quale s’immerga da sè con la parte IHNK;
è mamfeſto che,
nel vaſo AGPD, hauerà fatto alzar l’acqua ſopra il ſuo na-
turale liuello.
Spingiamolo noi ſino che ſia totalmente im-
merſo, di modo che l’acqua ſia alzata ſino all’ AB;
e mani-
feſto pure che l’acqua ſe ſarà ſempre andata più e più alzan-
do, e noi faremo ſempre maggior fatica dal principio ſino
alla total immerſione.
Seguitiamo a ſpingerlo ſino al ſito v.
g.
HLON:
ſecondo che lo ſpingeremo più ſotto, andarà
alzando ſucceſſiuamente altra acqua la quale andarà a riẽ-
pire lo ſpatio BHND laſciato da eſſo la quale hauerà il me-
demo liuello ABD.
Onde ſe bene và ſempre alzando nuoua
acqua, non però ſopra il liuello di quella, che haueua alzata
nel ſito BHND, quando era totalmente immerſo;
ne di que-
ſta ſentiamo il peſo, perche eſſa preme ſopra il galleggiante.
(page 21)
Coſi ſpinto in L M P O, l’acqua alzata hauerà riempito
lo ſpatio HLON, ma non heuerà paſſato il medemo liuel-
lo A B D.
L’acqua adunque alzata ſe bene è ſempre nuoua,
nulladimeno è ſempre al medemo liuello, el’alzata dopò la
total’immerſione preme ſopra il galleggiante.
Che mera-
uiglia adunque ſe ſempre ſe facia la medema fatica?
_Ofred_.
Io haurei creduto che nel ſito HLON, faceſſimo la fati-
ca corriſpondente all’acqua AFLB;
e nel ſito LMPO, all’ac-
qua AGMB, la quale acqua procura diſcendere.
_Matem_.
Non Signore;
perche nel ſito HLON, all’acqua AFLB,
corriſponde tutto il BLOD, che pure naturalmente vuol
diſcendere;
e perche l’acque AEHB, BHND, ſono eguali,
hanno ancoeguali conati al diſcendere;
onde chiſpinge nõ
ſente in conto alcuno il conato dell’ AEHB, come ſe non vi
foſſe, ma ſolo l’ecceſso della grauità dell’ acqua EFLH,
ſopra la grauità del galleggiante HLON.
L’iſteſſo ſuccede-
rà nel ſito LMPO, che liconati dell’acque AFLB, BLOD,
ſaranno eguali.
_Ofred_.
Certo che queſta, e non altra è la cauſa di queſto effetto;
poiche anco quando cacciamo vna mano ſotto acqua, ſen-
tiamo vncerto peſo, e prouiamo vna certa fatica;
il qual
peſo, nonè altro, che quello dell’acqua ſolleuara, &
alza-
ta, che fa forza per tornar nel ſuo luogo primiero.
_Matem_.
Già che V.
S.
ha toccato la fatica, che prouiamo nell’-
immerger la mano, auerta, che alcuno potrebbe ingannarſi
nel fare le ſopradette eſperienze, ſpingendo in giù il galleg-
giante con il braccio;
perche quanto più lo ſpingiamo ſot-
to, tanto maggior quantità delbraccio ſi profonda, che fà
anco ſalire maggior quantità d’acqua, il cui peſo pure biſo-
gna, che ſentiamo.
Biſogna adunque che ſi ſeruiamo a ſpin-
gere dicoſa coſi ſottile, che immergendoſi, poco facia ſali-
re l’acqua;
e che quel poco non ſia da noi traſcurato.
_Ofred_.
Hò inteſo.
Andiamo al bicchiere, ò vaſo, nel quale certo
biſognarà oſſeruare la medema cautela.
_Matem_ Quando adunque collochiamo nell’acqua il bicchiere
pieno d’aria, pur queſto s’immerge quanto comporta l’ag-
gregato della ſua grauità, e di quella dell’aria, che contiene,
e fa ſalire l’acqua proportionata.
Quando poilo ſpingiamo,
(page 22)
pur fa ſalire maggior quantità d’acqua, il cui peſo ſentiamo
ſino alla total immerſione;
ma perche queſta ſuperata, l’ac-
qua ſalendo, e fuori, e dentro il bicchiere, incontra l’aria
del bicchiere che li cede, e che ſi condenſa, perciò ſcema la
fatica;
poiche l’acqua, ch’entra nel bicchiere, ſerue a fargli
acquiſtar maggior momento;
perche in queſto modo ſi po-
ne nell’acqua non più vna mole d’aria, e di vetro, ma vna
mole d’acqua, d’aria, e di vetro.
E perche quanto più ſi
ſpinge il bicchiere ſott’acqua, più queſt’aria ſi conſtipa ſin
ad vn certo ſegno, quindi è che ſi fa tanto minor fatica, cre-
ſcendo il momento del bicchiere.
Auertaſſi però, che nel
principio I’aria ſi conſtipa pochiſſimo, ma più quanto più
s’immerge.
L’acqua adunque, la qual entra nel bicchiere li fa acquiſtar
maggior momento.
Ma queſta non è in parte congionta
conl’altra?
Ecco adunque, che l’acqua nell’acqua congion-
ta con eſſa in parte, grauita.
_Ofred_.
Io credo che V.
S.
sbagli di gran lunga, perche anch’io
hò letto queſta eſperienza nelli Dialogi Fiſici contro il mo-
to della Terra dell’inſigne Geometra, e diligente Filoſofo P.
Honorato Fabri Geſuita, il quale dice ſucceder in pratica
tutto il contralio.
_Matem_.
Adeſſo cercarò queſto Libro, e vedremo quello, che
dice.
Eccolo, Ritroui queſto luogo.
Ofred.
_Hor hora.
Ecco che nel_ Dialogo 3-pag.
95.
dice.
sit v.
g.
scy-
pbus vacuus ſecundum perpendiculum in acquam immerſus, ore pre-
uio, ita vt nihil prorſus aeris ante in ſcypho contenti auolare poſſit;
baud dubie, quo profundius immergitur, maior vis ſurſum illum ex-
trudens ipſo tactu ſentitur;
nempe totus aquæ ſuperpoſitæ cylindrus,
cuius baſis ori vaſis, ſeu ſcyphi circiter æqualis est, in aera ſcypho
contentum grauitat, magis autem, cylindrus altior.
_Cont_.
Non sò ſe da queſte parole ſe poſſi dedure che intenda del
bicchiere immerſo ſino alla total immerſione, o dopò.
Ofred.
_Fa che Agoſtino vno delli interlocutori, ſoggiunga_.
Igitur
ſiprædictus ſcyphus aquæ immergatur, vt primum vno palmo à
ſuprema ſuperficie aquę diſtet, ac aeinde profundius immegatur,
ita vt diſtet ab eadem ſuperſicie duobus palmis, dupla tunc erit vis
grauitationis.
_Matem_.
Io non voglio inueſtigarein che ſenſo habbia parlato
ilP.
Fabri.
Sò bene, che hauendo io immerſo più volte, ebic-
chieri, e altri vaſi, non hò eſperimentato dopò la total im-
merſione, maggiori conati a riſalire, ma bene mi ſono par-
ſi minori, ſe bene molto poco, perche molto poco, in poca
diſceſa, e in vaſi piccioli, in poca quantità, l’aria ſi conſtipa;
e poca è l’acqua che entra nel vaſo.
Ma però chi diligente-
mente tentara queſt’ eſperienza, ſi potrà render certo di
queſta curioſità.
Prenda ſi vn vaſo grande di vetro, piombo ò altra materia, &
acciò diſcenda, ſe gl’attacchi dalla parte della bocca peſo a
ſufficienza, e dalla parte di ſopra ſi leghi con funicella fatta
diſetole di cauallo, le quali per eſſer ordinariamente della
medema grauità in ſpecie in circa con l’acqua comune,
s’adoprano comunemente da quelli, che peſano le coſe
graui nell’acqua, perche quella quantità d’eſſe, che ſe im-
merge, non altera la grauità della coſa peſata;
poi ſe fa-
cia diſcendere con la bocca all’ingiù in vn’ acqua aſſai pro-
fonda, come ſarebbe in vn pozzo, ſino che ſia totalmente
immerſo, Fatto queſto s’attacchi ad vna ſtadera, ò bilan-
cia, come ſi ſuol fare, e ſi noti il ſuo peſo, che ſarà quanto
importa tutto il vaſo con l’aria, pcſi attaccati, e funicella,
che ſarà ſopra I’acqua, hauendo anco riguardo alla differen-
za, che poteſſe cagionare la parte della funicella, che s’im-
mergeſſe, quando queſta non foſſe preciſamente della me-
dema grauità ſpecifica dell’acqua.
Fatto queſto peſo, ſi laſci
diſcendere il vaſo più, e più nell’acqua quanto ſi vuole;
poi-
che ſe ſaranno certe le noſtre dottrine, quanto più ſarà di-
ſceſo nell’acqua, ſe ſi ripeſarà con li predetti riguardi, e cau-
tele, ſempre più ſi trouarà maggior peſo.
Perche entrando
nel vaſo maggior quantità d’ acqua, quanto più il vaſo di-
ſcende, queſta li farà anco acquiſtar maggior momento.
Se
adunque più profondato il vaſo ha ſempre maggior mo-
mento, chi in quel luogo li leuaſſe li peſi attaccati, mentre
queſti in tutti li luoghi hanno nell’acqua il medemo mo-
mento, reſtarebbe il vaſo con l’aria con maggior momento.
Onde ch@lo teneſſe acciò non riſaliſce ſpinto insu dall’ac-
qua, farebbe minor fatica;
c tanto più minore, quanto più
(page 24)
il vaſo foſſe profondato.
Molto però habbiamo digredito.
Ritorniamo onde habbiamo laſciato.
_Conte_.
Io adunque in quel propoſito direi così.
Non sò vedere
perche vna coſa più leggiera in ſpecie dell’ acqua, habbia in
eſſa à grauitare, e nõ vna tanto graue in ſpecie quanto è eſſa,
qual’e la medema acqua.
_Ofred_. Pare certo irragioneuole. Ma qual’è queſta coſa?
_Conte_.
Queſt’è l’aria.
Et il modo d’eſperimentar ciò ne ſara
ſomminiſtrato dal recipiente del Signor Gerickio.
Pren-
daſi queſto, e prima d’euacuarlo ſi ſommerga totalmente
nell’acqua;
ſe non baſta il ſuo peſo, aggiungendone a ſuffi-
cienza;
poi ſi peſi così nell’acqua ogni coſa.
Cauato dall’-
acqua ſi leui l’aria, come ſogliono praticare, e ſi torni a ſom-
mergere nell’acqua, e ripeſare.
Io ſono ſicuriſſimo.
che ſi
trouarà peſar meno queſta ſecõda volta della prima oncie 1.
{3/10}.
E la ragione è queſta.
In tutte due l’immerſioni l’acqua
cacciata, &
alzata è ſempre la medema eſſendo anco la me-
dema la mole del vaſo.
E perche il vaſo nell’acqua è tanto
meno graue, quanto peſa vna mole d’acqua ad eſſo eguale;
e la prima volta ſi faceua la ſottratione da vn compoſto di
vetro, &
aria con li peſi attaccati, e la ſeconda da vn compo-
ſto di queſti, e d’etere, ò di vacuo;
ſarà più leggiero la ſe-
conda volta, che la prima.
Adunque con queſt’eſperienza
ſi prouarà euidentemente, che l’aria rachiuſa nel vaſo, e pe-
ſi nell’acqua, e quanto.
Se adunque l’aria nell’acqua più
graue d’eſſa, grauita, perche non douerà grauitare nell’a-
ria medema più leggiera dell’acqua?
Perche l’acqua più
graue dell’ aria non douerà grauitare nella medema ac-
qua?
Quanto habbiamo detto dell’aria riſpetto all’acqua, potreſſi-
mo dire v.
g.
dell’acqua dolce riſpetto della ſalſa.
Se il vaſo
prima ripieno d’acqua dolce beniſſimo otturato, e poi ripie-
no d’aria.
pur beniſſimo otturato, ſi peſara nella ſalſa certo
che la differenza ſara quanto peſa più l’acqua dolce nella
ſalſa, di quello peſi l’aria.
Se adunque queſta peſa nella ſal-
ſa, perche non peſarà nella dolce?
_Ofred_.
Quando ſuccedeſſero in pratica, mi paiono eſperienze
(page 25)
molto conuincenti, e proprie.
Qui certo non viſarebbe la
maggior conſtipatione, alla quale poteſſe ricorrere il Sig.
Deuſingio.
_Conte_.
Manon ſolo coll’immergerſi totalmente il vaſo, ò reci-
piente ſi potrebbe conoſcere il peſo dell’aria nell’acqua, ma
anco con il ponerlo ſimplicemente in eſſa à galleggiare.
Già
habbiamo per la citata _prop.
5.
d’ Archimede_, che vna coſa più
leggiera dell’humido, poſta in quello, s’immerge ſino che
tant’humido quant’è la parte immerſa peſi come tutto quel
corpo.
Hora poſto il recipiente pieno d’aria nell’acqua, si
immergerà ſino ad’vn certo ſegno.
S’euacui, e ſi reponghi
nell’acqua.
Io ſono ſicuriſſimo, che non s’immergerà tan-
to quanto prima, ma vn poco meno:
e quel meno diligen-
temente oſſeruato, darà a conoſcere il peſo dell’aria eſtrat-
ta, e che queſta grauitaſſe nell’acqua.
_Matem_.
Che queſte eſperienze doueſſero
ſuccedere in pratica, io non ne hò du-
bio alcuno.
Ma lei Sig.
Ofredi, ſe per
ſorte n’ha qualche ſcrupolo, apra l’eru-
ditiſſimo Libro _de Compo.
&
Reſol.
Ma-_
_tem_.
del nobiliſſimo Signor Carlo Ri-
naldini noſtro comune amico, Geome-
tra inſigne, e Filoſofo Primario di que-
ſto Studio, &
alla _pagina_ 179.
ritrouarà
vn eſperienza da eſſo fatta più volte,
come mi ha detto a bocca, che io bre-
uemente le deſcriuerò.
ABC, è vn’ am.
polla di vetro con il ſuo collo aſſai più
lungo d’vn braccio, &
vn quarto, la
quale riempita d’argento viuo, &
ot.
turata la bocca A con il dito, s’im-
merge in vn vaſo pieno di detto argẽ-
to:
leuando poi il dito, l’argento viuo
diſcenderà ſino all’F, di modo che A F,
ſia vn braccio.
&
vn quarto, come ſup
põgo eſſer noto a V.
S.
per la tãto fa.
moſa eſperiẽza del tubo Torricellia-
no.
Fatto ciò, la medema bocca A, coſi
immerſa s’otturi, e leghi beniſſimo cõ
(page 26)
vna, ò più membrane di veſcica di Porco;
dimodo che leua-
ta l’ampolla dall’argento nõ li poſſi entrarl’aria.
Poi ſe pon-
ghi queſt’ampolla nell’acqua, alla quale per eſſer più graue
in ſpecie d’eſſa acqua, ſe gl’attacchi vna, ò più veſciche, acciò
non ſi ſommerga totalmente, ma galleggi con la particella
v.
g.
AE, che ſe noti eſquiſitamente.
Poi con vn ſtilletto ſi
fori diligẽtemente la veſcica A, ſi che per il buccolino fatto
entri l’aria.
Si vedrà diſcender più, l’ampolla, v.
g.
ſino al K,
La parte KE, dimoſtrerà il peſo dell’aria, che ſarà entrata
nell’ampolla.
_Ofred_.
O che bella eſperienza! Ma il Gallileo è d’opinione in
quel ſuo ammirabile trattato delli galleggianti, che l’aria
nell’acqua non grauitiin conto alcuno.
Onde ſe V.
S.
dice de
sì, contraria certo alla ſua dottrina.
_Matem_.
Io ſtimo che l’aria peſi nell’ a cqua, perche io la tengo
per corpo graue, come pure è reputata dal Galileo mede-
mo;
onde eſſendo tale, deue grauitare da per tutto.
Ma il
Galileo porta ragione, ò eſperienza alcuna che l’aria nell’ac-
qua non grauiti?
_Ofred_.
Nò Sig.
Solo lo ſuppone come coſa nota, è triuialiſſima
_a carte_ 42.
oue ricerca che groſſezza puole hauere vna lami-
netta di qual ſi ſia materia più graue in ſpecie dell’ acqua.
acciò collocata leggiermente ſopra eſſa non s’immerga, di-
ce, che la laminetta IS, nel ſuo ſchema, entra nell’ acqua,
che ſe gl’alza ſopra facendo li arginetti BC, AI, li quali con-
tengono vna foſſarella piena d’aria, della quale, e della lami-
netta ſi fà vn prilma AS.
Hora dice che queſt’ aggregato, il
quale hà tanto momento, quant’è quello d’vna mole d’ac-
qua ad eſſo eguale, ha tanta grauità, quanta è quella della
ſola laminetta IS, _auuenga che_, dice egli, _la mole dell’ aria AC_,
_non cresca, ò diminuiſca la grauità della mole IS._
Il medemo da
eſſo viene aſſunto come coſa nota nella Propoſit.
generale,
che ſegue _à carte_ 43.
Onde ſe queſti ſuppoſti non ſono veri,
anco le dette propoſitioni ſaranno mancheuoli.
_Matem_.
Certoche eſſendo coſi, comerealmente è, e queſta, &
altre ſue propoſitioni, nelle quali ſuppone queſta coſa, ſa-
ranno difettoſe in rigor geometrico;
poiche in realtà, AS,
è vn’aggregato di due corpigraui;
e coſi l’acqua eguale al
(page 27)
priſma AS, deue peſare quanto peſano tutte due aſſiemc.
Nè il modo di ritrouare l’altezza delli arginetti BC, AI, ſarà
totalmente quello, che inſegna il Galileo.
_Ofred.
Quod parum diſtat nibil diſtare videtur,_ e _parum pro nibilo repu-_
_tatur_.
Onde anco quando vi ſia qualche varieta, queſta ſarà
tanto poca, che nulla più;
poiche quanto può peſare vn po-
chino d’aria, quant’è il priſma AC?
_Matem_.
Pochiſſimo certo.
Nulladimeno Signor Ofredi potria
eſſere, che in pratica s’eſperimentaſſe, che la natura non.
ſprezzaſſe queſto poco peſo, e che Paria AC, in fatti graui-
taſſe, &
il modo è queſto.
Si prenda la laminetta SI, di mate-
ria, la quale non ſi poſſa inzuppare, come ſarebbe argento,
oro, &
c.
e ſia la maſſima, ſi che niente più groſſa, ſi profon-
daſſe, e ſi collochi nell’acqua.
E manifeſto, che ſe l’aria
non aggiunge peſo, come dice il Galileo, anco quando s’al-
teraſſe, facendoſi più denſa, ò più rara, non per queſto la la-
minetta farebbe mutation alcuna quanto al diſcendere.
Ma
ſe l’aria AC, in fatti grauita, ogni volta che con qualche ar-
tificio ſi farà più denſa, &
in conſeguenza più graue, la lami-
netta SI, ſubito diſcenderà;
perche all’hora A S, ſarà più
graue in ſpecie di altretant’acqua.
Ma che, che ſucceda di
queſta eſperienza, io giudico che aſsolutamente non ſolo
l’acqua, ma anco l’aria grauiti nella medema acqua.
E tanto
tenirò fermamente, ſino che ſenti qualche ragione in con-
trario, che mi conuinca.
_Ofred_.
V.
S.
aſpetti, che hora mi ſouienne d’vn’altro luogo del
(page 28)
Galileo in ſimil propoſito, nel quale anco aſſegna certa ra-
gione.
Laſcino ch’io lo cerchi.
Eccolo _à carte 34.
de medemi_
_gallegianti.
Il dir poi, dice egli, che l’acqua poſſi accreſcer peſo alle_
_coſe, ch’in eſſa sijno collocate è falſiſſimo, perche l’acqua nell’ acqua_
_non bà grauità veruna, poiche ella non vidiſcende_.
Ecco adunque
la cagione:
non diſcende, adunque non ha grauità.
_Conte_.
Caro Sig.
Ofredi mi facia vn fauore;
s’al zi da queſta ſedia,
ſopra la quale ſiede, e vadi ponerſi a ſedere ſopra quel tauo-
lino, ſopra il quale vi ſono quelli tomi dell’ Atlante.
_Ofred_.
Io non la ſeruirò già in queſto, perche io non la voglio
far ridere con la mia caduta, a riſchio anco di rompermi il
collo, ouero almeno di ſtroppiarmi.
_Conte_. Non vi è pericolo. Di che teme?
_Ofred_.
V.
S.
hà volontà di burlare.
Mò non vede li piedi ſottili
del tauolino, li quali appena poſſono ſoſtenere il peſo delli
Libri, che vi ſono ſopra?
Che ſarà quando v’aggiunga quel.
Io del mio corpo, che non è così picciolo?
_Conte_. Non temi di queſto, perche li Libri iui non peſano.
_Ofred_. Come non peſano? Sò che peſano beniſſimo.
_Conte_.
Non peſano certo, s’è vera la conſeguenza, non diſcen-
dono, adunque non peſano.
_Ofred_.
Intendo.
Vuol dir V.
S.
che ſi come peſano, ſe bene non
diſcendono impediti dal tauolino, così anco l’acqua, e l’aria
poſſono peſare, e in queſta, e in quella, ſe bene non diſcendo-
no, impedite dal momento di quella, che con la loro diſce-
ſa dourebbero cacciare dal proprio luogo.
Ma laſciamo paſ-
ſare queſta conſeguenza, e vediamo quello che il Galileo
ſoggiunge in confermatione di ciò, _Anzi,_ dice egli.
_ſe vorremo_
_ben conſiderare quello, che facia qualunque immenſa mole d’acqua,_
_che ſia ſoprapoſta ad vn corpo graue, che in quella ſia locato, troua-_
_vemo per eſperienza, ch’ella per l’oppoſito, più to ſto gli diminuiſſe in_
_gran parte il peſo, e che noi potremo ſoleuar tal pietra grauiſſima dal_
_fondo dell’ aqua, che rimoſſa l’acqua non la potremo altrimente alza_.
_re._
Queſte dottrine ſono veriſſime;
onde biſogna dire, che
anco ſia vero, che l’acqua, e molto meno l’aria nell’acqua
non grauitino.
_Matem_.
Io non m’arrogo di decidere, e determinare ſopra la ve.
rità, ò falſità di queſte dottrine:
bene io direi così.
Quando
(page 29)
il ſolido è poſto ſolo nell’acqua, all’hora queſta non v’ag.
giunge peſo.
Ma quando ſi pone nell’acqua congionto con
dell’acqua, ò aria, di modo che quello, chè poſto nell’acqua
ſia vn compoſto della materia del ſolido, e ò acqua, ò aria,
all’hora queſte aggiũgono grauità;
non già che quella mate-
ria del ſolido ſia fatta più graue di quello, che era prima;
ma
perche l’aggregato, che ſi pone nell’acqua, contiene, e il pe-
ſo del ſolido, e quello dell’acqua, ò aria, che pure peſano.
_Ofred_. Io non capiſco molto chiaramente queſti ſuoi detti.
_Matem_.
Io mi dichiarerò con eſempi.
Prendiamo vn pezzo di
oro, e faciamone vna sfera, ò altro corpo, che non habbia
cauità all’hora queſto ſolido ſe collocherà nell’acqua ſolo;
&
in queſto modo ſe peſaſse in aria libre 100.
e tant’acqua,
quanta è eſſo ne peſaſſe 5.
ſe lo ripeſaſſimo nell’ acqua, tro-
uareſſimo il ſuo peſo di libre 95.
Si riduca l’oro in vaſo, e riē-
pito d’ac qua ſi peſi in aria, peſarà certo più di libre 100.
Peſi
libre 102.
ſe riponghi nell’acqua;
tanto, e tanto trouaremo
il ſuo peſo di libre 95.
Ma la mole dell’acqua, che ſi parago-
na con l’aggregato in eſſa collocato, non è più tanta ſola-
mente, quant’era la materia del vaſo;
ma tanta quant’è tut-
to l’aggregato, che ſi pone nell’acqua;
e leua da tutto tanto
peſo, quant’è eſſa, cioè libre 7.
Hora ſe l’acqua nell’acqua
non peſaſſe, come trouareſſimo il medemo peſo di libre 95?
Non trouareſſimo che 93.
Ma paſſiamo più oltre.
Il mede-
mo vaſo pieno d’aria ſi peſi in eisa, ſi trouara pur il ſuo peſo
eſser libre 100.
Habbia il ſuo coperchio, che l’otturi eſqui-
ſitamente, e ſi collochi queſt’aggregato entro l’acqua:
eſ-
ſendo queſti maggior in mole, che non è il ſolo oro, ſe pa-
ragonerà non più con acqua, che peſi libre 5.
ſole, come
quando ſi collocaua il ſolo oro, ma con acqua che peſi li-
bre 7.
per cagione che il vano del vaſo’ſi ſuppone capace di
doi Libre.
Adunque il peſo del vaſo ſi trouarà eſser libre 93.
Ma quando ſi ſommergeua il vaſo pieno d’ acqua, queſto
peſaua ſolo libre 95.
adunque queſte due libre ſono la diffe-
renza del peſo dell’acqua nell’acqua, ſopra il peſo dell’aria
nell’acqua.
_Ofred_.
Ma 10 non sò capirla.
Sò pure per eſperienza, e lo toc-
co con mano, che non poſſo alzar quella pietra, ma ſe ſarà
(page 30)
ſommerſa nell’acqua, l’alzarò con pochiſſima fatica.
Anzi
V.
S.
dice, e confeſſa, che l’oro, che in aria peſaua libre 100.
in acqua ne peſa ſolo 95.
E la _propoſ.
7._
citata d’ Archimedc
proua manifeſtamente, che le coſe più graui dell’ humido,
collocate in eſso, ſono più leggieri di quanto peſa vna mole
dell’humido eguale ad eſse.
Adunque l’acqua leua il peſo
dalla coſa collocata in eſsa.
_Matem_.
Se bene ſono certe l’eſperienze da lei portate, nulladi-
meno è falſiſſimo, che l’acqua, ò l hu nido leui aſsoluta-
mente il peſo alla pietra, ò all’oro;
ſi che in realtà, e for-
malmente peſi meno in eſso, che fuori d’eſso.
In gratia Sig.
Ofredi mi facia vn fauore;
alzi quella pietra.
_Ofred_.
Ecco che la ſeruo.
Ma, oime, che gran fatica.
lo la laſcio
andare.
Che diauolo de caprici vengono a V.
S.
? Ha forſe
piacere ch’io m’habbi a ſrenare?
_Matem_ Aſpetti vn poco.
Laſci che le ponghi le mani ſotto.
Fà
più tanta fatica?
Sente più tanto peſo?
_Ofred_.
Oime.
Reſpira mio core.
Io hora facio aſſai minor
fatica.
_Matem_. Adunque ha perſo la pietra la primiera grauità?
_Ofred_.
Non Sig.
Ha la grauità medema, ma la fatica dell’a lzarla
ſe la ſiamo partita V.
S.
e me.
lo alzo di ſopra, e V.
S.
ſpin-
ge di ſotto.
_Matem_.
Bene bene Signor Ofredi.
Coſi camina il negotio della
pietra nell’acqua Queſta iui ha la medema grauità, che ha
fuori;
ma V.
S non la ſente tutta, perche non è ſolo nell al-
zarla.
_Ofred_.
E coſa è quello, che m’aiuta?
E forſe qualche ſpirito
acqueo?
_Matem_.
E tant’acqua in mole, quant’è la pietra, la quale caccia-
ta da eſsa dal proprio luogo, fa forza per diſcender ad occu-
parlo con vn tal momento, il quale ſempre combatte con
il momento della pietra, ch’è magg@ore d’eſso, pareggian-
done tanta portione quant’è eſso.
Onde V.
S.
nell’alzar la
pietra non ſente, ne deue ſuperare che l’ecceſso di queſto
ſopra quello, con qualche coſa altro.
_Ofred_.
Q@@eſta dottrina non mi diſpiace.
E parmi che da eſsa ſi
poſſi@@ferire, che ſe altri voleſse alzar dall’ acqua vn corpo
(page 31)
d’egual grauità in ſpecie con eſsa, queſtinon faceſse fatica
alcuna, mentre il momento dell’acqua pareggiando quello
del graue, non laſciaria à chi alzaſſe nell’acqua, occaſione
alcuna d’affaticare.
_Matem_.
V.
S.
inferiſce troppo.
Altra forza vi vuole per tener
vn peſo, altra per alzarlo.
Per tenerlo non vi vuole che tan-
ta forza, quanto è il peſo;
mà per alzarlo, forza maggiore,
e tanto maggiore, quanto più velocemente ſi pretende al-
zarlo.
Per queſto hò detto di ſopra, che V.
S.
nell’alzar la
pictra nell’acqua deue ſuperare l’ecceſſo del momento di
queſta, ſopra quello dell’acqua, e qualche coſa altro.
Coſi adunque camina il negotio:
nel tener la pietra ſommerſa
nell’acqua, non vi vuole che tanta forza, quanto è l’ecceſſo
del momento della pietra, ſopra il momento dell’acqua.
Nell’alzarla, più forza ſecondo l’incremento della velocità.
Nel tener coſa egualmente in ſpecie graue con l’acqua.
niuna forza.
Nell’alzarla, pure qualche forza, ſecondo la
velocità.
Enoti V.
S.
che ciò è tanto vero, che anco poſta nell’acqua per
forza coſa, che naturalmente galleggi, la quale anco natu-
ralmente ſarà ſpinta insù dal momento dell’acqua, chi vor-
rà eſtrarla con maggior velocità di quella, conla quale è
ſpinta in sù dal momento dell’acqua, dourà pure adoprar
forza proportionata alla velocità.
E ritornando al noſtro
punto principale, diciamo pure, che la pietra nell’acqua nõ
perde punto la ſua grauità;
benche nell’eſtrarla da eſſa altri
non la ſente tutta, come ſe l’alzaſſe fuori d’eſſa;
perche il mo
mento del mezzo eguale alla coſa immerſa, combatte con
quello di queſta, ò pareggiandolo, ò ſuperandolo ſecondo
ilſuo ecceſso, ò almeno leuando da eſſo quant’è il ſuo.
Coſi
nè l’acqua nell’acqua, nè l’aria nell’aria, ò nell’acqua, perde
la ſua grauità.
_Ofred_.
M’arricordo ch’intorno à queſta materia fù detto qual-
che coſa nelle _Quarte conſiderationi_, riſpondendo a certe in-
ſtanze del dottiſſimo Signor Zerilli.
_Matem_.
V.
S.
ha buona memoria:
è veriſſimo.
In gratia Signor
Conte ritroui il _noſtro Dialogo ſeſto_ verſo il fine.
_Conte_.
Ecco, che _à carte_ 40.
ſi recitano le parole del Signor Ze-
(page 32)
rilli, che dicono.
_Se io porrò vna palla di legno à galleggiare nell_.
_acqua certo è, che eſſa quiui per eſſer equilibrata non hauerà alcuna_
_grauità_.
Coſi _à carte_ 41.
ſi recitano altre ſue parole, eſono.
_Due peſi equilibrati in vna bilancia, e nei termini opposti d’vna_
_ruota diſteſa orizontalmente, e conuertibile intorno al ſuo centro_
_non ſolamente ſono priui di grauità, &
c_.
_Mat_.
Riſpondeſſimo anco eſſer falſiſſimo che li due peſi equili-
brati nella bilancia ſiano priui di grauità, hauendo ambidue
li loro momenti, con li quali operano, ma per eſſer queſti
eguali, non vi eſſere cagione dimoto;
che per altro chi al-
zaſſe la bilancia, ſentiria beniſſimo il loro peſo.
Così il cor-
po galleggiante non eſſer priuo di peſo, benche priuo di mo-
to:
onde, chi peſaſſe vn vaſo d’acqua di peſo di libre 10.
e vi
poneſſe vn galleggiante, che fuori d’eſsa peſaſſe vna libra, e
peſaſſe tutt’aſſieme, ritrouarebbe vn peſo di libre 11.
Non
perdono adunque li corpi poſti nell’acqua, ò ſopra l’acqua
la loro grauità aſſolutamente, mà ſolo quanto al diſcendere
attualmente.
Così l’acqua, el’aria nelli ſuoi ſimili non per-
dono la ſua grauità formalmente.
Caro Sig.
Ofredi mi facia vna gratia:
ſpinga con vna mano in
giù queſta lance di quella bilancia, ch’io ſpingerò giù l’al-
tra.
_Ofred_. Io ſpingo.
_Matem_. Pur io ſpingo. Mà perche ſtà in equilibrio?
_Ofred_. Biſogna dire che noi ſpingiamo egualmente.
_Matem_.
Tanto fanno li graui.
Grauitano egualmente, perciò
non ne ſegue moto.
Ma V.
S.
ſpinga, ma non tanto quanto
prima.
Vede V.
S.
come la bilancia diſcende dalla mia parte?
Non già perche lei non ſpinga, ma perche ſpingendo io più
di lei, ſecondo l’ecceſſo del mio ſpingere ſopra il ſuo, facio
ſcender la mia lance, alla qual diſceſa, biſogna che di neceſ-
ſità ne ſegua l’aſceſa della ſua.
_Ofred_.
In tutto queſto diſcorſo hò oſseruato V.
S.
che ſempre
nell’eſplicare il moto all’insù delle coſe più leggieri, l’hà di-
chiarato, quaſi che queſte ſijno ſpinte in sù dalla ſceſa delle
più graui;
ſiche al vedere V.
S.
camina con l’opinione di Pla-
tone, e di quelli antichi.
Ma queſta non è coſa tanto deciſa,
che lei l’habbi da prendere come coſa certa.
_Matem_.
Queſta pulſione è ſtata confermata, e con ragioni, e con
eſperienze tanto manifeſte da tanti grand’huomini, ch’io di
eſſa nieute dubito.
Ne io per hora mi voglio affaticare a con-
fermarla.
Ma l’esẽpio ſopra poſto della bilancia mi pare, che
molto manifeſtamente dichiari, e dia a vedere come ſegui-
no queſti moti.
G@à V.
S.
ſpingeua, ma per che io ſpingeuo
più di lei, dineceſſità facendo inclinar la mia lance, biſo-
gnaua che la ſua ſaliſse.
Tanto fanno le coſe graui;
poiche
eſsendo queſte collocate ò in libra artificiale, ò in libra na-
turale, alla diſceſa della più graue, è neceſsario che il meno
graue aſcenda, ſpinto in sù dal più graue.
In ſomma ſe ſi da-
no coſe poſitiuamente leggieri, che queſte aſcendino per la
leggierezza, non ſi potrebbe certo negare;
ma che coſe po-
ſitiuamente graui aſcendino da ſe, per il deſiderio, che hab-
bino di ſtare ſopra le più graui, non sò capirla;
mentre elsen-
do vero, chele più grauia ppetiſcono di ſtar ſotto le meno
graui parmi che queſto baſti per far ſalire le meno graui.
Al-
trimenti non sò come ſi verificaſse l’aſſioma, _Fruſtra fit per_
_plura, quod poteſt fieri per pauciora_.
Il dir anco che la medema
coſa habbia due facolta poſitiue, vna d’aſcendere ſopra le
più graui, l’altra di diſcendere ſotto le meno graui, parmi
pur contrariiſſimo alla buona Filoſofia.
E pur biſognareb-
be confeſsarlo, mentre vediamo, che l’oglio comune, per eſẽ,
pio, ſaliſce ſopra l’acqua naturale, e diſcende ſotto il ſpirto
di vino.
_Conte_.
Se V.
S.
non vuole addurre alcuna dell’eſperienze, che
prouano la pulſione, ò eſtruſione, io in gratia del Sig.
Ofre-
di non voglio mancare d’addurne vn paro, che riaſciranno
forſi nuoue, e a lei, &
al Signor Ofredi, eſsendo ſolo ſtate
prodotte dal Giornaliere di Venetia, eſono del noſtro Sig-
Rinaldini.
_Ofred_.
Mò che forſe anco a Venetia hanno principiato a ſcriue-
re li auiſi Litterarij, all’v ſanza di Francia, Inghilterra, Ro-
ma, &
altri luoghi?
_Conte_.
Certo.
Hoia la prima eſperienza in ſimil ſoggetto è re-
giſtrata ſotto li 15.
Marzo 1671 Così Preſe il Sig.
Rinaldi-
ni vn cannello chiuſo da vna parte, &
aperto dall’altra, lun-
go 4.
braccia, e lo riempì di ſpirto divino, ponendoli anco
(page 34)
vna balina, che galleggiaua e ſerò la parte aperta con veſica
d’animale beniſſimo ligata e volrato il cannello, numerò
con il pendolo il tempo, che conſumò la balla a ſalire, che
furno zoo.
vibrationi.
Poi riempì il cannello d’acqua comu-
ne e fatto il medemo come ſopra, numerò pure le vibratio-
ni ſpeſe a ſalice, che furono ſolo 100
_Matem_.
Belliſſima eſperienza, che moſtra l’eſtruſione, mentre
la balla dal maggior momento dell’acqua comune è ſpinta
in sù più velocemente il doppio, che dal minor momento
del ſpirto di vino;
douendo riuſcir l’oppoſto quando ſaliſce
per leggierezza poſitiua, che più facilmente la condurebbe
per il mezzo più tenue, che per il più craſſo.
Eperò ben vero che chitentara queſta eſperienza, enon ado-
perarà le medeme coſe à puntino adoperare dal Signor Ri-
naldini, ritrouarà varietà proueniente da vno, ò più capi.
Perche li pendoli variano le vibrationi conforme variano la
lunghezza.
Non tutte l’acque comuni, ne tutti li ſpirti
di vino hanno la medema grauità.
Ne ogni galleggiante ha
con eſſe acque la medema proportione.
Sempre però s’eſ-
perimentarà che il galleggiante ſa hià in minor rempo per
l’acqua comune, che per il ſpirito di vino.
Ma veniamo all’-
altra eſperienza.
_Conte_.
Queſta è regiſtrata ſotto il primo Maggio paſſato.
Preſe
il vaſo divetro A D, con il collo lungo ſufficiente à procu-
rar il vuoto mediante l’argento viuo;
la bocca D, era chiu-
ſa con veſica ligata come ſopra, e l’im merſe nel vaſo EF,
pieno d’argento viuo;
poi per l’orificio A, calo nel vaſo vn
pezzetto di eſca ligata con vn filo di bombace intinto nel
ſolfo, ligato il tutto con vn fil di ferro, di modo che toccaſ-
ſe il vaſo in O, come nella figura;
poi riempì tutro AD d’-
argento viuo, e con veſica di porco, e ligatura otturò ſtret-
tamente l’orificio A;
poi forò la veſica D, ſtante nell’ar-
gento viuo, di modo che calò l’argento viuo ſino alla con-
ſneta altezza CI.
Fatto queſto fece prendere la lucerna da
lauorare i vetri, e con il ſofietto fece ſofiare di modo che
la fiamma colpiſce nell’O, cioè eſca, e ſolforini.
Vide che
il fumo dell’eſca deſcendeua, e non aſcendeua, e li ſolforini
ſi conſumauano ſenza leuar ſiãma.
Aperto ſucceſſiuamente
(page 35)
figure
Porificio A, e vide il fumo, e fiamma ſolleuarſi, &
aſcende-
re, certo non per altro, che per la eſpulſione, che fece l’aria
entrata.
_Ofred_.
Belliſsime eſperienze, nulladimeno io circa queſta eſtru-
ſione hò vna gran difficoltà, la quale mi par inſolubile, ſe
vogliamo guardar all’effetto, che ne ſegue;
e la difficoltà la
cagiona _la prop.
6 d’ Archimede de Inſid.
Hum_ che dice così.
_Soli_-
_da leuiora bumido vi preſſa in humidum ſurſum feruntur tanta vi,_
_quanta humidum habens molem æqualem cum magnitudine eſt gra-_
_nius ipſa_.
Adunque vn legno più leggiero dell’acqua poſto in
cſſa, ſalirà con tanto empito, quant’è l’ecceſſo della grauità
d’vna mole d’acqua eguale allegno, ſopra la grauità del me-
(page 36)
demo legno.
Quando queſto legno foſse ſpinto in sù da que-
ſt’ecceſſo, ne ſeguirebbe, che ò più fondo ò meno che foſse
ſpinto queſto legno, ſempre dourebbe aſcender con la me.
dema velocità;
perche eſsendo ſempre il medemo ecceſso in
tutti li luoghi, non può che operar nel medemo modo, _iux-_
_ta illud, Idem manens idem ſemper facit idem._
E pure non è così,
perche il legno ſpinto poco ſott’acqua, aſcende con viia tal
velocità:
più, con maggiore.
La qual tanto più creſce quan-
to più ſi profonda.
Il che manifeſta li sbalzi diuerſi, che fà in
maggior, o minor quantita fuori della medema acqua arri-
uato alla ſua eſtremità.
Biſogna adunque dire, che ſia por-
tato in sù da vna ſua leggierezza, la quale facia nel ſalire co-
mela grauità nel diſcendere, cioè cheil ſuo moto ſia aſcen-
dendo più veloce in fine, che in principio;
e tanto più velo-
ce, quanto più la via per la quale aſcende è lunga.
_Matem_ E queſta Sig.
Ofredi vi pare difficoltà tanto inſolubile?
Io credo che ſi poſſi ſodisfar ad eſſa molto facilmcnte.
E pri-
mieramente io credo, che quell’a ſſioma da V S.
recitato,
che _idem &
c._
posſi riceuer molte modificationi.
Ma al noſtro
propoſito, vorrei, che V.
S.
midiceſſe.
Hà mai oſſeruato
quando alcuno ſona vna campana, ò pure quando li fanciul-
li ſi biſcolano?
_Ofred._ L’hò oſseruato certo.
_Matem_ Mi dica in gratia, come fà?
_Ofred_ Che ſiamo diuentati fanciulli di badar à queſte bagat-
telle?
_Matem_.
Nò, nò, mi dica pure, perche da queſte bagattelle caua-
remo dottrine forſe molto ſerie.
_Ofred._
Già che vuol che dichi, dirò del biſcolare, eſſendo il me-
democon il ſonare la cãpana.
Vn fanciullo da vna ſpinta all’
altro, che ſta ſedendo ſopra la corda pendente, e lo muoue.
Poi replica la ſeconda ſpinta, e poi la terza, e coſi ſucceſſiua-
mente;
e quello, che ſtà ſedendo cõcepiſce ſempre maggior
velocità, sìche poi con ogni picciol ſpinta ſegue a muouerſi
aſſai velocemente.
Anzi che ben ſpeſſo ne meno ſpingendo,
il biſcolato ſaliſce molto alto.
_Matem_ Mà ſe quello, che ſpinge, ſpingeſse ſempre egualmente,
coſa ne ſeguirebbe?
_Ofred_.
Corpo di me, andarebbe troppo alto, con pericolo di
romperfi il collo.
_Matem._
Ma perche?
Non ſarebbero ſempre ſpinte eguali?
Adũ-
que douerebbero ſempre cagionar il medemo moto.
_Ofred_.
Certo che lo cagionano, ma il mobile non è ſempre il
medemo:
perche la prima ſpinta lo ritroua in quiete;
la ſe-
conda lo ritroua già in moto;
la terza più;
e la quarta ſem-
pre più.
_Matem._
Tanto che Signor Ofredi altro è muouere con vna tal
forza vn mobile, che ſia in quiete, altro che già ſia in moto.
E quando queſto ſia in moto, la medema forza velocitarà
più il ſuo moto, che quando l'habb ia da rimuouer dalla.
quiete.
E quanto più lo ritrouarà muouerſi velocemente,
tanto accreſcerà maggior velocità.
Mò s'immagini che tan-
to operi l'acqua nel cacciar sù il galleggiante in eſſa immer-
ſo per forza.
_Ofred_. Non sò ancora vederne il modo.
_Matem_.
LMPO, ſia il galeggiante cacciato a forza nell'acqua,
al quale ſia eguale l'acqua FGML.
Queſta ritrouandolo iui
ſenza moto, appetendo la diſceſa a riempir il luogo occupa-
to da eſſo, principia ſpingerlo in sù con l'ecceſso del ſuo
momento ſopra quello del galleggiante, il quale pure con
l'inſita grauità appetiſce l'accoſtamento al centro?
e ſà for-
za co'l ſuo momento per non eſſer cacciato, ma biſogna,
che ceda al maggiore.
Salendo queſti, ò per meglio dire, eſ-
ſendo ſpinto in sù, incontra pure in altra acqua, che fà for-
za per diſcendere;
come per eſempio ſpinto in H L O N, ri-
troua l'acqua EFLH, eguale alla prima, e che lo ſpinge con
momento eguale al primiero;
ma con queſta differenza,
che il primo momento lo trouò in quiete, e queſto in mo-
to, e così introduce maggior velocità.
E così quanto più
è ſpinto in sù, ſempre troua eguali momenti d' acque a eſso
eguali, che lo ſpingono con li loro ecceſſi in sù, ma ſempre
con maggior velocità, perche anco lo ritrouano in moto
già con maggior velocità.
Si che adunque eſſendo per eſ-
ſempio tutto l'AGMB, che lo ſpinge in sù ſucceſſiuamente,
e ſempre lo ritroua in moto più veloce, quanto più s'accoſta
alla ſuperſicie ABD;
chi non vede, che quanto maggiore
(page 38)
figure
farà la profondità BM, tãto più nel fine ſarà il moto veloce?
E coſi ſi faranno quelli sbalzi maggiori, e maggiori.
Tutto
queſto diſcorſo però ſtà fondato ſu’l ſuppoſto chetutta l’ac-
qua ſia della medema grauità.
_Ofred._
Se bene mi pare che V.
S.
poteua portar eſempij più pro-
prij, come di chi tira, e ſpinge la barca nell’acqua, ò ſimili;
nulladimeno queſta ragione non mi diſpiace, e la pulſione
m’è entrata vn poco più in gratia di quello che era.
Come
parimente io reſto ſempre più capace, che le coſe graui ſem-
pre in tutti li luoghi, e mezzi eſercitino la loro grauità for-
malmente, ſe bene poi impedite, non diſcendono.
_Conte._
Ma io direicosì.
Se l’acqua nell’acqua non grauita, ſi che
vna portione d’eſsa poſta in mezzo all’altra nõ peſi, ò graui-
ti, il medemo ſi potrà dire dell’altre portioni.
Adunque cõ-
ſtando tutta l’acqua di queſte portioni, e niuna d’eſse graui-
tando, ne anco tutta l’acqua v.
g.
del canale, grauitarà ſopra
il fondo.
Hora crede Sig.
Ofredi che queſto ſia vero?
Io non
I’hò per così ſemplice.
_Matem._
Io nonsõ tante coſe.
Sò bene, che chi dice che le parti
ſuperiori dell’acqua, anco ſtagnante, non grauitino ſopra
l’inferiori, contradice manifeſtiſſimamente ad Archimede-
Et acciò che queſto ſi conoſca, legga Signor Conte la ſua
dimoſtratione della _citata Prop.
5.
del Lib.
I.
de Inſidentibus bu_-
_mido._
Conte.
Diſponantur (_dice egli_) eadem prioribus, &
ſit bumidum non.
motum.
Sit autem magnitudo E I.
T H, leuior bumido.
Si igitur bumi-
dum eſt non motum, ſimiliter prementur partes ipſius ex xquo poſitæs
ſimiliter ergo premetur bumidum quod ſuperſiciebus, quæ ſecundùm
peripberias XO, P O.
Quare æqualis est grauitas qua premitur.
_Matem._
Lo può dir più chiaro?
Quando adunque l’humido è
quieto, le Piramidi XKO, OKP ſono premute egualmente
dalli fruſti LXOM, MOPN.
ſeguiti Sig.
Conte.
Conte.
Est autem &
bumidi grauitas, quod in prima piramide ſine,
BHTG, ſolido æqualis grauitati bumidi quod in altera piramiáe ſine
RSCr, bumido:
palàm igitur, quod grauitas magnitudinis EZTH, eſt
æqualis grauitati bumidi RSCr.
_Matem._
Ma l’acqua RSCY, non è poſta entro I’acqua?
E pure ſe-
condo Archimede peſa.
ſont.
Manife ſtum igitur, quod tanta moles bumidi, quanta est demerſa
(page 40)
pars ſolidę magnitudinis, babet grauitatem æqualem toti magnitu-
dini.
_Matem._
Ecco adunque;
che il galleggiante ET, poſto nell’acqua
equilibrato, e quieto, non perde, ſecondo Archimede, la
ſua grauità.
Di più notino, che queſto peſare egualmente
le grandezze, non viene conſiderato d’ Archimede fuori
del luogo, oue ſono, cioè ò in aria, ò altroue;
ma ſolamen-
te in quel preciſo luogo, che ſono, &
in quanto ſono parti
delle piramidi LKM, MKN.
Di più notino, che non nomi-
na ne grauità aſſoluta, ne altro.
_Conte._
Se le parti ſuperiori dell’ acqua non grauitaſſero ſopra
l’inferiori, parmi che molto meno douerebbe grauitare ſo-
pra la medem’acqua vna coſa più leggiera d’eſſa.
Ma queſta
grauita;
adunque anco la medem’acqua.
Mi dichiarò me-
glio.
Sia il ſettore FCL d’acqua, ſopra il quale ſia l’oglio
EFLH;
queſto certo grauitarà ſopra l’acqua.
Hora chi ſarà
quelio, che credà, che ſe in vece d’oglio ſi poneſſe acqua,
che queſta non grauitaſſe?
_Ofred._
Il punto ſtà a dimoſtrare, che l’oglio EFLH, grauiti ſopra
l’acqua.
_Conte._
Io credo che venga ciò dimoſtrato da vn’effetto natu-
rale, ch è queſto.
Nell’acqua ſia poſto il galleggiãte HMPN;
queſto s’immergerà in eſſa con la ſua parte LMPO, e nell’al-
tro ſettore s’alzerà l’acqua FGML.
Ma ſe ſopra infõderemo
oglio, di modo che AFLB, e BHND, ſiano ripieni d’oglio,
all’hora il galleggiante non ſtarà così, ma aſcenderà, di mo-
do che la parte immerſa nell acqua ſia minore della prima.
LMPO el’HLON, maggiore.
E ſe in vece d’oglio infondeſ-
ſimo coſa più graue dell’oglio, ma più leggiera dell’ acqua,
ancora il ſolido HMPN, più galleggiarebbe nell’acqua;
e ſe
meno graue più s’immergerebbe, In ſomma ſe ſopra il gal-
leggiante, e l’acqua vi foſſe vacuo, la parte immerſa LMPO,
ſarebbe la maſſima.
Se aria, vn poco meno.
Se ſpirto di vi-
no aſſai meno.
Se oglio, ancora meno.
E così a proportio-
ne, ſecondo che più creſcono in grauità le materie ſopra po-
ſte.
Sino però che non foſſero, ò egualmente graui, ò più
graui in ſpecie del galleggiante;
perche nel primo caſo, que-
ſto vſcirebbe totalmente dall’ acqua, e nel confine d’eſſa, e
(page 41)
del corpo ſoprapoſto ſi fermarebbe con la ſua inferior ſu-
perficie, e tutto immerſo ſtarebbe nel corpo ſoprapoſto;
e
nel ſecondo caſo ſallirebbe anco a galleggiar in eſſo.
_Ofred_.
Queſt’è vn conſiderabile Fenomeno di natura;
ma come
V.
S.
vuole inferire che l’oglio, ò coſa più leggiera dell’acqua
grauiti ſopra eſſa?
_Conte_.
Io di queſt’ effetto non ſaprei aſſegnar altra cagione, ſe
non che quando ſopra il gallegiante, e l’acqua vi foſse va-
cuo, tanto grauitaſſe il galleggiante HMPN, quanto l’acqua
FGML eguale alla parte immerſa.
Ma quando ſopra vi foſ-
ſe, ò oglio, ò altro fluido, tanto doueſſe grauitare il galleg-
giante, quanto l’acqua FGML, eguale alla parte immerſa,
inſieme con il fluido EFLH, eguale alla parte fuori dell’ac-
qua:
onde ſecondo la grauità dell’oglio, ò d’altro fluido ſo-
prapoſto, doueſse ſcemarſi, ò creſcer l’FGML.
Ilche non ſi
fa, che ſcendendo l’acqua, e ſalendo il galleggiante.
E parmi
che la natura inſegni, che così, e non altrimenti poſſi eſse-
re.
Sia ſopra l’acqua, &
il galleggiante vacuo;
tanto grauita-
rà l’acqua FGML, quanto il galleggiante HMPN.
Sopra l’-
(page 42)
acqua s’infondi l’oglio EFLH;
pare ragioneuole, che que
ſtocon l’acqua FGML, debba più grauitare, che la ſola ac-
qua FGML;
&
in conſeguenza, più che il galleggiante HM-
PN.
Onde lo farà ſalire fino che li momenti s’equilibrino.
In
ſomma l’effetto è certiſſimo.
Ne io d’eſso ſaprei aſsegnar
altra cauſa;
che queſta.
_Ofred_.
Se così è, V.
S.
ſarà dell’opinione del dottiſſimo Sig.
Dona-
to Roſsetti, il quale _nelle ſue dimoſtrationi Fiſicomat.
cart.
3_.
dice.
_Il concetto d’ Archimede, che il galleggiante ſi ſommerga ſot_-
_to il liuello dell’ acqua, fin tanto che vna mole d’acqua eguale alla_
_parte ſommerſa, peſi aſſolutamente quanto tutto il galleggiante, è_
_falſiſſimo_.
E ſegue a dire, che la ſua propoſitione è vera, quan-
do ſopra l’a cqua, e galleggiante vi è vacuo, ma non quando
viè aria;
perche all’hora quanto peſa il galleggiante, tanto
peſa vna mole d’acqua eguale alla parte immerſa, inſieme
con vna mole d’aria eguale alla parte eſtante.
_Conte_.
Io non voglio ricercare, che coſa intendeſſe Archime-
de.
Sò bene che quanto dice il Signor Roſſetti, mi par vero;
e facilmente m’induco a credere, che Archimede alla groſ-
ſa caminaſſe con I’opinione di quelli, che ſtimauano la no-
ſtra aria poſitinamente leggiera.
Che per altro io ſtimo, che
la grauita aſſoluta d’vn graue non ſia quella, che ſentiamo
nell’aria, ò in altro mezzo pieno, ma quella che ſentireſſi-
mo nel vuoto.
_Matem_.
In gratia Sig.
Conte non corra così precipitoſo in con-
dannar Archimede.
Chisà, che di quel Fenomeno di natu-
ra non ſia più toſto cauſa vna certa, per coſi dire, leggie-
rezza, ò grauità minore eſsercitata nell’ acqua?
Primiera-
mente vorrei, che conſideraſſimo, che Archimede non no-
mina mai grauità aſſoluta, ò altro, ma ſolo, come ſi vede
manifeſtamente dalla ſua propoſitione ſoprapoſta, conſide-
ra la grauità, ch’eſsercita il galleggiante, come immerſo nel-
l’acqua, e nel modo che ſta.
Secondariamente vorrei Signot
Ofredi, che eſſa mi diceſse, ſe eſsẽdo il galleggiante HMPN,
immerſo con la parte LMPO, e ſopra eſſo vi foſſe vacuo, ſe
alcuno l’alzaſſe dall’acqua, ma non totalmente, ſi che la
parte immerſa foſse minore del LMPO, ſe queſti ſentiſſe la
grauità aſsoluta del galleggiante, ò parte?
_Ofred_.
Io credo che ne ſentiſse parte, e che l’altra ſoſse con-
trapeſata dalla parte dell’ acqua FGML, eguale alla parte
ſommerſa.
_Matem_.
In queſto caſo non potreſſimo dire, che tanto grauitaſ-
ſe quella parte dell’acqua FGML, quanto nell’ acqua il gal-
leggiante HMPN?
_Ofred_. Non voglio dire che ciò non ſia.
_Matem_.
Mò s’imagini V.
S.
che il medemo, in certo modo, in-
trauenga al galleggiante, quando ſopra eſso ſi pone, ò aria,
ò oglio, ò altro fluido più leggiero d’eſſo, e dell’acqua.
E per
intelligenza di queſto, ſupponga V.
S.
che il galleggiante ſia
di materia egualmente graue in ſpecie con l’oglio, che ſup-
poniamo ſoprapoſto.
Queſto grauitarà ſopra l’acqua, mà in
niun conto s’immergerà in eſſa, benche ſia di materla ſoda
(come s’immergerebbe altro galleggiante anco aſsai più
leggiero in ſpecie di quello, quando ſopra eſſo non vi foſſe
oglio.)
Hora io vorrei che V.
S.
mi diceſſe, perche non s’ini-
merge il galleggiante punto nell’ acqua?
Forſe non gra-
uita?
_Ofred_.
Grauita;
ma eſſendo della medema grauità con I’oglio,
queſto l’equilibra, &
in vn certo modo, quaſi direi li leua la
grauità:
onde e ſsendo li loro momenti eguali, ne l’vno, ne
I’altro può ſcendere, &
eſsercitare l’effetto della grauità.
_Matem_.
Bene, bene.
Non ſi può adunque dire con giuſta verità,
che il galleggiante è trattenuto dall’oglio, acciò non diſcen-
da in conto alcuno nell’acqua?
Non ſi può dire veridicamẽ-
te, che il galleggiante nulla grauiti entro l’acqua, quantun-
que grauiti ſopra eſsa?
_Ofred_. E bene coſa vuole inferire?
_Matem_.
Hor hora lo ſentirà.
Conſideriamo il galleggiante di-
uenuto vn poco più graue in ſpecie dell’oglio, e meno dell’-
acqua, ma che vno lo teneſse, che grauità ſentiria egli?
_Ofred_.
Queſti ſecondo la più volte citata _propoſit.
7.
d’ Archime-_
_de_ ſentirà il ſolo ecceſſo della grauità ſua, ſopra quella della
mole dell’oglio EGMH, ad eſso eguale, mentre nell’oglio è
più leggiero di quanto peſa queſta mole d’oglio.
_Matem_. E ſe lo laſciarà, che ſarà?
_Ofred_. S’immergerà v. g. con la parte LMPO.
_Mat_.
Mà la parte HLON, non è immerſa nell’oglio, &
in con-
ſeguenza non è reſa più leggiera?
_Ofred_. Non sò dire di nò,
_Matem_.
Tanto adunque che in parte il galleggiante, accioche
non diſcenda, e trattenuto dall’oglio, che lo fa più leggiero.
Mà che altro lo trattiene?
_Ofred_. Direi che foſse l’acqua FGML.
_Matem_.
Ecco adunque Sig.
Ofredi, che il momento del galleg-
giante è pareggiato da due cauſe;
dall’oglio che lo fa in par-
te più leggiero, e dall’acqua FGML, che eſsendo eguale alla
parte immerſa, pareggia il momento, che eſercita il galleg-
giante nell’acqua.
Si che ſempre è vero il concetto d’Archi-
mede, che la mole d’acqua eguale alla parte immerſa, pa-
reggia il momento, che eſercita il gallegiante entro l’acqua.
E perche quanto è più graue il fluido ſoprapoſto, tanto più
queſto rende leggiera la parte eſtante;
quindi è, che il gal-
leggiante ſempre meno s’immerge, quanto più quel fluido
è graue.
_Conte_.
Non però la parte d’acqua eguale alla parte immerſa
(page 45)
grauita aſſolutamente ſempre quanto tutto il galleggiante;
mà ben queſta con vna mole di fluido ſoprapoſta eguale
alla parte eſtante.
_Matem_.
Q@eſt’è ben vero:
ma non dobbiamo precipitoſamente
dire, che Archimede habbia inteſo così, mentre come hab-
biamo veduto, mai nomina grauità aſsoluta, ò altro.
Si vol-
tino queſte ragioni contro chi diceſse que llo, che non dice
Archimede, cioè che peſaſſero egualmente anco aſſoluta-
mente.
_Ofred_.
Orsù ſia come eſſer ſi voglia, io tengo certiſſimamente,
che le parti ſuperiori dell’acqua premino ſopra l’inferiori, è
che tutte le coſe graui ſempre grauitino in tutti li luoghi, è
mezzi.
Onde credo che infiniti equilibrij, che vediamo non
na ſchino, che da queſte preſſioni, è che di molti effetti, que-
ſte ſiano le vere cagioni.
Mà Sig.
Profeſſore fa tardi;
e l’aria
della notte in Padoua non è troppo buona per queſti male-
detti chi và lì.
_Conte_.
Non dubiti Sig.
Ofredi, ch’è ancora à buon’hora.
E poi
non biſognaua principiare queſti diſcorſi, chi non voleua
finirli.
Io certa mente non intendo che partino da me, ſe
prima non ſi sbrighiamo dal Dottiſſimo P.
Paolo Caſati
Geſuita.
_Ofred_.
In verità che V.
S.
Hà ragione.
Io me l’ero ſcordato.
Toc-
ca a lei Sig.
Profeſſore che n’è informata, parteciparne le
ſue dottrine.
_Matem_.
Ne è bene informato anco il Sig.
Conte che vedo hauer
il ſuo libro, che farà gratia di porgermelo.
Deue adunque ſa-
pere Sig.
Ofredi, che il P.
Caſati in queſto ſuo ammirabile li-
bro intitolato _Terra Machinis mota, nel principio della 5.
Diſſer_-
_tatione_ intro duce l interl ocutore Guldino a narrare tutta la
ſerie dell’eſperienza del recipiente del Sig.
Gerickio appun-
to come è deſcritta dal P.
Scotti;
qual recitata, fà che l’altro
interlocutore Merſenno interroghi il Guldino così.
_Et du_-
_bitabis adhuc, an aeri vas implenti tribuendũ eſſet pondus, quod aere_
_extracto defuit?
Tibi certe non idſtipularentur quicunque liquorem_,
_puta oleum, aut mel, ad libram vendunt;
quæ enim inter vas plenum_,
_ac vacuum differentia ponderum intercedit, eam liquori tribuendam_
_nemo negat_.
Dopòle quali parole fà che il Guldino interroghi pure il Mer-
ſenno.
_Sed quid ſi vas in aquam expenderent nunc quidem melle_
_nunc vero aere plenum?
an grauitatum differentiam ita melli tri-_
_bueres, vt velles pro ea pretium ſoluere?_
Alla quale interogatio-
ne troppodubioſo d’eſſer gabbato, convn _Minimè omnium_,
riſponde il Merſenno poco bene, per mio credere.
Poiche
facendoſi queſti peſi, e nell’aria, e nell’acqua, ſempre ſi tro-
uarà la medema differenza;
&
in conſeguenza che l’oglio
peſi il medemo.
E per conoſcer queſto, ricorriamo al no-
ſtro eſempio del vaſo d’oro poſto a carte 23.
, il quale peſa-
to in aria in pezzo, ò formato in vaſo peſaua libre 100.
In.
acqua peſaua libre 95.
e pieno d’aria, &
otturato, libre 93.
Supponiamo che queſto riempito di mielle in aria peſi libre
101.
ſi che il mielle ſia in grauità ſubdupla dell’acqua.
Già il
Merſenno non hauerà ſcrupolo, che peſato in aria il vaſo
pieno di mielle, e vuoto, e ritrouata la differenza d’vna li-
bra, che ſia il peſo del mielle;
&
in queſto modo ſi conten-
tarà di pagaril prezzo.
Ma ſe queſta medema differenza d’v-
na libra ſe ritrouarà peſando nell’acqua, perche non la vorrà
pagare?
_Ofred_.
Sì ſe ſarà la medema.
Ma dubito che non ſia molto
maggiore.
_Matem_.
Non certo.
Perche il vaſo pieno d’aria nell’acqua peſa-
ua libre 93.
mentre la mole dell’ acqua eguale all’aggregato
peſaua libre 7.
Ma pur queſte 7.
libre leuarà dall’aggregato
del vaſo, e del mielle;
ſi che eſſendo queſte libre 101.
reſta.
ranno libre 94.
onde vna libra pure ſara il mielle;
e la diffe-
renza trouata nell’aria, e nell’acqua ſarà la medema.
_Conte_. Ma V. S. legga la ragione, che aſſegna del _minimè ominum_.
Matem.
_Eccola_.
Quia prater mellis pondus ſublatum, etiam de vaſis
grauitate non parum demeret incluſi aeris leuitas.
_Ofred_.
Da queſte parole ſi vede manifeſtamente, che egli pen-
ſa, che l aria aggiunga leggierezza al vaſo;
che perciò mag-
gior differenza ſi douerebbe ritrouare peſando in acqua,
che peſando in aria;
il che ſopra è ſtato prouato eſſer falſo.
_Matem_.
Mò ſentino quello anco, che loggiunge il Guldino.
_Quid ni igitur vaſis grauitati detractum pariter aſſeras ab incluſo_
_aere maximè raro, ac proindè longè leuiore, quam aer iſte commu-_
(page 47)
_nis?_
Ecco adunque che il Guldino dubita, ò per meglio dire
penſa, che la maggior leggierezza nel recipiente euacuato,
che pieno, naſca, non dall’aſſenza dell’aria eſtratta, ma dalla
maggior leggierezza poſitiua dell’aria rachiuſa nel vaſo, aſ-
ſai più leggiera della comune.
Non sò poi vedere come con verità inferiſca quanto ſoggiun-
ge.
_Ex quo illud vnum conficitur, quod vltro dò, aerem ſcilicet no-_
_ſtrum futurum grauem, ſi phialæ incluſus trasfereretur in aerem ra-_
_riſſimum &
in eodem medio eſſet æquipodium, quo aeris communis_
_grauitas exploraretur_.
_Ofred_.
Tutta queſta dottrina mi par veriſſima, ma non già ſola;
poiche anco è vero, che la noſtra aria grauita, ein vna ſimi-
le ad eſſa, e in vna più graue.
Nella più leggiera, qual foſſe
quella del recipiente, ſarebbe anco tanto graue, che diſcen-
derebbe.
_Matem_.
Non credo adunque che habbia ragione di dire con tan-
ta certezza, &
aſſeueranza a carte 171.
_Hoc itaque experimento_
_non ſatis probari noſtri aeris grauitatem abſolutè, mibi certiſſimũ eſt_.
_Ofred_.
Hà fatto bene a poner quel _mihi_, perche a noi certo non
è così.
_Matem_.
Ne meno parmi, che habbia ragione di replicare.
_Sed_
_illud vnum ex inæquali Recipientis pondere ante, ac poſt aeris extra-_
_ctionem vi anthliæ, confici poteſt, quod non inficior, ſcilicet cõmunem_
_hunc nostrum aerem in aere alio magis raro grauitare poſſe_.
Perche
grauita, e nel più raro, e nel raro egualmente, e nel più den-
ſo;
ſe bene poi non pregrauita, e diſcende che nel primo.
Ma
fà tardi da douero.
Andiamo adunque, con laſciar la buona
notte al Sig.
Conte, a ca ſa.
Dimani voglio che ritorniamo
quà, ſe però così li piace, perche non hò fornito di dire
quanto haueuo in animo ſopra le preſſioni de liquidi.
_Ofred_. Non parta di caſa ſenza me, che ſarò a leuarla.
M _Atem_.
Che bel Libro Sig.
Ofredi è quello,
che tiene ſotto il braccio?
Biſogna certo
che contenga dottrine molto da lei ſti-
mate, mentre vedo che lo cuſtodiſſe con
tanta diligenza.
La curioſità de diman-
darle del Libro, mi hà fatto ſcordare del-
la ciuiltà de riuerirla.
_Ofred_.
Io pure riueriſco V.
S.
e la prego
che andiamo quanto prima a ritrouare il
Sig.
Conte, perche il deſiderio, che hò d’auertire V.
S.
di
certo ſuo errore, che mi ha fatto conoſcere queſto Libro,
mi fa parere ogni momento di tempo, vn ſecolo.
Il Libro è
del Sig.
_Andrea Van Berlicom;_
&
è diſtinto in 12.
Libretti, &
il
ſuo titolo è _Elementorum de rerum natur alium granitate, &
c_.
_Matem_.
Il Sig.
Conte mi ha fatto ſapere per vn ſuo ſeruitore.
che ſarà quà a caſa mia.
Eccolo appunto che viene molto
in freta.
Sig.
Conte la riueriamo;
e ſi contenti di queſti bre-
ui complimenti, perche io viuo molto ſollecito d’eſſer leua-
to dal Sig.
Ofredi, mediante il Libro, che tiene in mano, che
è del Sig.
Van Berlicom, d’vn mio errore.
Preſto in gratia
Sig.
Ofredi me lo facia vedere.
_Ofred_.
Accomodia moci prima.
Hieri V.
S.
in materia di peſa-
reha eſemplificato e _à carte 23.
&
à car ts_ 40.
ſopra d’vn pezzo
d’oro prima raccolto in sfera, ò altro corpo, che non haueſſe
cauità, e poi formato in vn vaſo, qual’oro peſaſſe fuori d’ac-
qua Libre 100.
&
in eſſa 95.
e tanto ha ſuppoſto peſare in
ambidue le forme.
Hora V.
S.
non hà oſſeruato, che ſe l’oro
ridotto in sfera peſarà in aria Libre 100.
&
in acqua 95.
ri.
(page 49)
dotto in qual ſi ſia altra figura, mentre che di neceffità que-
ſta ſarà maggiore, peſarà ſempre meno?
Di queſto ſuo in-
auertimento m’ha fatto accorgere queſto autore, il quale.
_nel Lib._
1.
camina con queſti auertimenti.
_Nel 5.
Theorema_
auertiſce che, _Omni corpori natur ali eſt aliquod pondus ſui pro-_
_prium &
iuſtum ſine reſpectu alterius_.
Per peſo giuſto del graue intende quello, che queſto peſareb.
be nel vacuo, che però ſoggiunge _il 6.
Theorema:
Reſpectu li_
_quidi in quo corpus libratur pondus eius non eſt proprium, nec iu-_
_stum.
E nel Theorema 10.
Cuiuscunque corporis pondus, quocumque_
_medio libretur propter medium illud à iuſto ſuo pondere deficit.
E nel_
_Theorema 13.
Medium tenuius, &
liquidius minus imminuit corporis_
_pondus iuſtuns, &
proprium, &
medium denſius, &
compactius_
_magis imminuit_.
Mà queſta mancanza di peſo proptio nel graue non ſolo di-
pende dal mezzo, che lo diminuiſce, come ha detto, ma anco
dalla figura.
Che perciò hauendo detto _nel 7.
Theorema_, che
_Reſpectu figuræ, qua corporis cuiuſcunq;
moles circunſcribitur pon-_
_dus eius eſt aut iustum, aut iniuſtum_, ſoggiunge nell’s.
_Iustum pon-_
_dus nullis corpori eſſe poteſt extra figuram exactè sfericam_.
E chia-
riſſimamente _nel 13.
Omne corpus in figuram sfericam conforma-_
_tum, eſt ſeipſo in quamcunque aliam figuram conformato ponde-_
_roſius.
E nel 17.
Corpus quod eſt figura latiore, &
ſecundum partem_
_laxiorem applicatum, plus à grauitate medij ſuppoſiti, vel obiecti_
_ſuſtinetur, quam ſi ſit figura contractiore, &
ſecundum partem ar-_
_ctiorem applicetur_.
_Matem_.
Da tutti queſti ſuoi nudi Theoremi, ne veſtiti con al-
cuna ragione, non mi ſento punto moſſo a ſcoſtarmi da
quanto hieri hò detto;
mentre certo tutte le ragioni, &
eſ-
perienze ſono in contrario;
ne quanto al peſo del corpo ha
punto che fare la figura.
Onde ſe la sfera ſolida d’oro peſa-
rà in aria Libre 100.
e in acqua 95.
ridotto queſto in qual ſi
ſia figura (pure che le parti ſue non ſi conſtipaſſero, o rarefa-
ceſſero, &
in conſeguenza non ſe reduceſſero a maggior, ò
minor mole) ſempre ſi ritrouarà il medemo peſo.
E ſe ſi ri-
trouarà varietà, come quando ſi poneua nell’acqua il vaſo
d’oro pieno d’aria, che peſaua Libre 93.
la varietà nõ naſcerà
dall’oro ridotto in figura più grande, ma dall’aria, mentre
(page 50)
che il locato entro l’acqua è vn compoſto d’oro, e d’aria;
&
in conſeguenza maggiore del puro oro, il quale in tutte le
forme è ſempre il medemo ſolido à puntino.
_Ofred_.
Come è il medemo ſolido à puntino?
Non prouano co.
munemente li Geometri, che la figura sferica è la più capa-
ce di tutte l’iſo perimetre, ò eguali?
Onde mentre che ridot-
to queſto oro in qual ſi ſia altra figura, queſta deue circon-
ſcriuere il medemo oro;
biſogna che queſta ſia maggio-
re.
_Matem_.
Certo che lo dicono.
E così queſt’ oro ridotto in sfera
è circonſcritto dalla minima delle figure, la quale certo ſem-
pre è fatta maggiore, ogni qual volta diuerſificata dalla sfe-
rica, debba terminare la medema materia.
Ma non eſſendo
la ſu perficie, ma il ſolido quello, che peſa;
mentre queſto è
ſempre il medemo, benche hora ambito da maggiore, ho-
ra da minor ſuperficie, peſarà anco ſempre, ambito da
qual ſi ſia ſuperficie, il medemo peſo in tutti li mezzi.
_Ofred_.
Ma chi non vede che le 100.
Libre d’oro ridotte in figu-
ra sferica, ò cubica deſcenderanno per l’acqua per molto
ſpacio in tempo molto breue, nel quale ridotte in priſma, ò
parallelepipedo molto largo, con queſta parte larga collo-
cate entro all’acqua, non deſcenderanno che per pochiſſi-
mo ſpacio?
Ecco adunque che la figura larga, &
ampla leua
molto dalla grauità delli ſolidi, cioè li rende aſſai meno va-
lidi, e pronti a penetrar il mezzo.
_Mat._
Io non voglio determinare aſſolutamente ſe l’ampiezza
della figura a mbiente arrechi qualche impedimento a ſupe
rar il mezzo nelli graui, che ſi muouono ni turalmente all’
ingiù, o nò;
ma dico bene, che queſto, ſe vi è, non è quanto
forſe alcuno penſa;
e che il ſpacio paſſato da due graui egua-
li, vno di figura raccolta, l’altro di quanto ſi vuole dilatata,
non è tanto differente, quanto forſe alcuno penſa (quando
però per ſpacio s’intenda quello, che veramente biſogna in
tendere, cioè non vna ſemplice lunghezza, ma vna trina di-
menſione, o corpo.)
E per dichiararmi dico, che poſto il cu-
bo, il cui profilo A D, più graue in ſpecie dell’acqua, in
eſſa, queſto diſcende ſino al fondo, come in E H, con vna tal
velocità, che corriſponde all’ecceſſo della ſua grauità ſpeci-
(page 51)
ſica ſopra quella dell’acqua;
&
in queſto tempo ha paſſato
tutto lò ſpacio CH, che è il profilo d’vn corpo, &
hà alzato
ſucceſſiuamente vna mole d’acqua eguale all’ AF.
Intendia-
mo hora il Parallelepipedo IM, eguale al cubo AD, del qua-
le la baſe rappreſentata per LM, ſarà tanto maggiore della
baſe del cubo, quanto l’altezza AC, di queſto ſarà maggio-
te dell’LI, altezza di quello.
Queſtinel medemo tempo ſi
figure
ſarà moſso più lentamente, e ſarà arriuato in N Q.
per lo
ſpacio L Q lq@ale quanto alla lunghezza LO, ſarà aſsai mi-
nore della lunghezza C G, ma però quanto alla ſolidità
L Q, che è la vera e ſsenza del ſpacio, hauerà fatto vn ſpacio
ſe non eguale, non tanto minore dello ſpacio CH;
&
hauerà
alzato vna mole d’acqua IB, ò eguale, ò poco minore della
molc AF;
perche, come dice il prouerbio, quello che non và
nel buſto, và nelle maniche;
poiche il ſuo ſpacio paſſato è
molto largo, in comparatione di quello paſſato dal cubo, ſe
(page 52)
il paſſato da queſto, è di quello più lungo.
_Conte._
Queſta dottrina non mi diſpiace;
e parmi che aſſai ragio-
neuolmente ſe facia ponderatione ſopra la differenza dello
ſpatio paſſato dal graue più raccolto, e più dilatato;
cioè che
quello ſia ben più lungo di queſto, ma non forſe maggiore;
e ſe maggiore, non tanto quanto altri penſa.
E da quanto
V.
S.
ha detto, parmi che ſe poſſa aſſegnare, ſe non la totale,
almeno vna delle vere cagioni, perla quale il medemo cor-
po ridotto in figura più ampla, debba deſcender più lenta-
mente, che in figura raccolta.
In gratia me dica Sig.
Ofredi.
Se V.
S.
cõ vna determinata forza alzaſſe in vn determinato
tempo vn graue ad eſsa adequato, potrebbe con la medema
forza nel medemo tempo, alzarne vn maggiore?
_Ofred._ Supponga pure che io riſponda di nò.
_Conte._
E queſta è almeno vna delle cauſe perche il medemo gra.
ue ridotto in figura ampla, diſcende più lentamente, che
quando era in figura raccolta.
La ſua grauità è ſempre la
medema e queſta, è quella, che cagiona, che deſcendendo
alzi il mezzo, per il quale diſcende, e lo cacci dal proprio luo-
go.
Onde operando ſempre con la medema forza, non può
nel medemo tempo alzare, che la medema quãtità del mez-
zo.
Ma quando ſi moueſſe con la medema velocità, con la
quale ſi muoue ridotto in figura raccolta, alzarebbe vna par.
te del mezzo molto maggiore, come ſarebbe per eſempio
l’acqua IP, ſe la ſua altezza IN, foſse eguale all’ altezza A E.
Adunque biſogna di neceſſità, che deſcenda tanto più lenta-
mente, quanto più è ridotto in figura ampla.
_Mat._
Sia quello che eſser ſi voglia di queſta dottrina, io torno
a replicare quanto hò detto hieri;
cioè che il medemo gra-
ue collocato entro all’acqua, ò aria, ambito da qual ſi ſia fi-
gura, ſempre ſe ritrouarà del medemo peſo.
_Ofre._
Se così è, tutte le concluſioni, che il Sig.
V an Berlicom de-
duce da queſti principij, ſaranno poco bene dedotte.
_Matem._
Così l’eſperienza, e la ragione m’inſegna.
Ne io dubito
punto di ciò.
_Ofred._
Ne meno io ne dubito più.
Si che parmi bene, per hora,
chiuder il Libro del Sig.
Van Berlicom;
contentandomi d’-
hauer imparato delli graui quanto ſia bene fuggir la fatica.
_Conte._
Io che ſono poltrone per natura, pagarei non poco, im-
parare queſta dottrina, &
hauer occaſione de ſcuſarmi con
I’eſempio di queſti.
_Ofred._
Io gle l’inſegnarò ſenza premio Hò oſſeruato, che quan-
do ſe colloca nell’acqua, o altro fluido vn corpo più largo,
che poſto, con la ſua larghezza, per il più egli non ſeguita a
muouerſi parallelo a ſe ſteſso ſino al fine, cioè con la parte
larga auanti, ma ſe riuolta con la parte più ſottile.
V.
G.
vna tauola poſta nell’acqua con la ſua parte larga, non ſegui-
ta a muouerſi così, ma ſe riuolta in taglio, e coſi ſegue a mo-
uerſi ſino al fine.
Hora dalle precedente dottrine io raccol-
go, che queſto ſia per fuggir la fatica d’alzare vna maggior
mole, che de neceſſità biſognarebbe, che alzaſse, ſeguitan-
do a muouerſi ſino al fine con la parte larga, alzandone mo-
le molto minore mouendoſi in taglio.
_Matem._
Quando queſto folse, vi ſarebbe l’aſſioma Filoſofico,
che _Fruſtra fit per plura, quod poteſt fieri per pauciora_;
e ſi potreb-
be dire, che appetẽdo il graue accoſtarſi al centro, ſcieglieſ-
ſe la via d’arriuarui nel tempo più breue.
Ma io penſo, che
ciò non habbia punto che fare in ſimil accidente, quando
intrauenga, e che d’eſso ne ſia altra ragione proueniente pe-
rò dal mezzo, che s’alza;
e che non meno ſe poſſi tramutare
la diſceſa del graue dalla parte più larga, nella più ſottile,
ma anco da queſta in quella.
_Ofred._ Sentirò volontieri il ſuo penſiero.
_Matem._
Tengo di certo che V.
S.
ſapia, che ogni corpo ha il ſuo
centro di grauità, mediante il quale ſe regola la diſceſa di
eſſo corpo, di modo che chi imaginaſse vna linea retta, che
congiongeſse queſto centro con quello della terra, il det-
to centro nel diſcendere ſempre ſi trouarebbe in detta li-
nea.
Credo anco che ſa pia, che queſto centro ſia in tal modo col-
locato nel graue, che diuiſo queſto con vn piano, che paſſi
per detto centro, lo diuida in due parti, che hauerebbero
momenti eguali.
Queſte però ſono anco eguali in mole,
quando il centro di grauità è il medemo che il centro della
figura, ma quando queſti centri ſono diuerſi, all’hora ſono
ineguali.
_Ofred._ In gratia eſemplifi chi queſta dottrina.
_Matem._
L’eſemplificarò in vna pezza di formaggio Piacenti-
no,
_Ofred._ Eſempio non ſpiaceuole,
_Matem._
La quale è terminata da due piani paralleli, che ſono
due circoli, quali ſupponga che ſiano perſetti.
Chi s’imagi-
narà vna linea, che congiunga li centri di queſti piani, il ſuo
punto di mezzo ſarà il cẽtro della figura del corpo;
e queſto
farà anco il centro di grauità, ogni qual volta il corpo del
formaggio ſia eguale da per tutto, &
vniforme.
Ma ſe foſ-
ſe, ò ineguale, ò diforme;
cioè v.
g.
in vna parte più denſo,
che nell’altra, all’hora non ſarebbe il centro della grauità;
perche chi lo conſideraſſe diuiſo con vn piano perpendico-
lare alli due circoli oppoſti, che paſſaſſe per li loro centri, c
per quello dellafigura, lo diuiderebbe bene in due parti egua-
li, ma non di momenti eguali, ma ineguali;
perche hauereb-
be maggior momento Ia parte più denſa.
Il centro adunque
di grauità ſarebbe collocato in tal ſito, che diuiſo queſto
corpo con il piano perpendicolare alle baſi oppoſte, che paſ-
ſaſse per eſſo, lo diuideſse in due parti ineguali di mole, &
eguali in momento.
_Ofred._ Ho inteſo à ſufficienza.
_Matem._
Supponiamo queſto formaggio collocato nell’acqua
con vno delli ſuoi circoli orizontalmente, e ſupponiamo
che l’acqua ſia corpo homogeneiſſimo, e reſiſtente egual-
mente, ſecondo tutte le ſue parti.
Già V.
S.
sà, che deſcen-
dendo il formaggio preme ſopra l’acqua, e la fà ſalire, al
qual ſalimento contraſta queſta con la ſua grauità.
E perche
la ſupponiamo corpo homogeneo, à parti di formaggio di
mole eguali, corriſpondono eguali contraſtamenti di moli
d’acqua pur eguali.
_Ofred._ Così certo biſogna che ſia.
_Matem._
Hora ſupponiamo che il formaggio ſia anch’ eſso cor-
po homogeneo, ſiche il centro della figura ſia il medemo
con quello della grauità;
all’hora ſe mantenirà parallelo a
ſe ſteſso ſino al fine della diſceſa;
perche regolando la diſce-
ſa il centro della grauità, &
in tal caſo, della figura inſieme;
con parti eguali di mole, e di momenti eguali di eſso, con-
(page 55)
traſtano parti pure eguali dell’acqua:
Onde eſſendo tutte
le coſe eguali, non vi è cagione di variatione.
Ma ſe diuerſo
è il centro di grauità da quello della figura, di modo che le
ſue parti ſiino bene di momenti eguali, ma ineguali in gran-
dezza, all’hora premendo parti eguali di momento, &
ine-
guali di mole, parti ineguali del mezzo, cioè la maggiore,
maggiore, e la minore, minore;
incontrano anco ineguali
reſiſtenze, perche più reſiſte ad eſser alzata la parte maggio-
re, che la minore, mentre ſono premute con forze eguali;
e
così ſono non vinte egualmente le loro reſiſtenze, ma prima
la minore, che la maggiore.
E da quì ne naſce il deturba men-
to del ſito parallelo, ò orizontale;
&
il riuoltarſi del formag-
gio in taglio.
_Ofred._
Se io hò capito bene, non ſolo queſta variatione potreb-
be naſcere quando il formaggio foſse diforme, &
il mezzo
vniforme, ma anco quando il formaggio foſſe vniforme, e
il mezzo diforme.
_Matem._
Certiſſimo che così è;
e V.
S.
intende molto bene Et
inteſo queſto non hauerà difficoltà d’intendere, che ſe ridot-
to il formaggio in taglio, e diuiſo pure in due parti da vn
piano parallelo alla baſi, che lò diuida pure per il centro di
grauità, che parimente può eſsere, che queſte parti non ſii-
no eguali di mole, benche di momento, e che perciò, per la
medema ragione, ſia turbato da quel ſito, e di nuouo ridot-
to al ſito parallelo, ò orizontale.
Benche però queſto ſia
per ſuccedere più difficilmente, &
in diſceſa più lunga, men-
tre minore è l’acqua, che viene alzata, nè n’alza vna mole
ad eſſo eguale, ſe non quando è diſceſo per il diametro della
baſe, cioè per tutta la ſua lunghazza, ò larghezza;
hauendo
alzato vna mole eguale, quando diſcende con la parte larga,
e orizontalmente, quando è ſolamente diſceſo per tutta la
ſua altezza, ò groſſezza, che nella forma dell’ordina@io for-
maggio piacentino è molto minore di quella.
_Ofred._
Hò io inteſo tanto, che parmi anco di poter dimoſtrare
douer ſucceder queſtoeffetto anco quando il ſolido.
che di-
ſcende foſſe vniformiſſimo, per ſola cagione della figura.
E benche poteſſi io dimoſtrar ciò in infiniti ſolidi, ſcieglierò
il Priſma retto, del quale le baſi oppoſte ſiino li triangoli
(page 56)
DFE, ABC.
Dico adunque, che collocato nell’ acqua per-
pendicolarmente, cioè la baſe ABC, orizontale, queſto non
ſeguirà a muouerſi così, ma de neceſſità ſi voltarà nel taglio
DA.
Perche ſe intenderemo’la LM, che congiunga li centri
di grauità delli due triangoli oppoſti, nel mezzo di eſſa ſarà
il centro di grauità del Priſma.
Il quale ſe s’intenderà diuiſo
con il piano HI, parallelo all’ EB, lo diuiderà in due par-
ti di momenti eguali, ma non eguali di mole;
perche il Priſ-
ma del quale è baſe il Trapezio BIKC, al priſma del quale è
baſe il triangolo A K I, ha la medema proportione, che hà
figure
il trapezio al triangolo.
Ma quello a queſto ha la proportio-
ne, che ha 5.
à 4.
perche M, centro de grauità del triangolo
ABC, diuide l’aſſe PA, di modo, che PA, ſia ſeſquialtera di
AM;
&
il trapezio al triangolo hà la proportione, che ha
l’ecceſſo del quadrato P A, ſopra il quadrato AM, al mede-
mo;
che è poi quella, che ha 5.
a 4.
_Conte_.
Cancaro Signor Ofredi, V.
S.
è vn Geometra del trenta
para.
_Ofred_.
Mò che crede V.
S?
Se me ce metto, le dirò altre coſe, che
queſte.
Poiche non ſolo è vero quanto s’è detto del Priſma
ſopra il triangolo, ma anco ſopra qual ſi ſia dell’ inſinite Pa-
rabole;
Trilinei;
e per dirla in poche parole, ſopra qual ſi ſia
di quelle figure, che noi altri Geometri chiamiamo _in alte-_
_ram partem deficientes_.
Poiche tutti queſti Priſmi collocati
perpendicolari nell’acqua con vna delle ſue baſi, ſe riuolta-
ranno, a lungo andare, in taglio.
_Conte_.
Non più, non più Sig Ofredi, che ſe và troppo dietro,
mi fara vſcir di me, per il ſtupore cagionatomi dalla ſua grã
peritia.
Io andauo ruminando vn’altra coſa, che non sò s’ha-
uerà che fare con le ſue ſottigliezze.
Se non ſi è ſtabilito di ſopra aſſolutamente, che ſolidi eguali,
nel medemo tempo alzino moli del mezzo eguali, poco me.
no;
poiche ſi è quaſi ſtabilito, che l’acque v.
g.
alzate nel
medemo tempo dal cubo, e dal parallelepido largo ad eſſo
eguale, ſiano, ſe non eguali, poco meno;
&
in conſeguenza
ſi è quaſi ſtabilito, che l’ampiezza della figura non cagioni il
tranſito di minor ſpacio, inteſo per ſpacio il ſolido, e non la
ſua lunghezza.
Hora io andauo penſando, che ſe poſſi di-
moſtrare in pratica, che l’ampiezza della figura cagioni mol-
to minor alzamento del mezzo;
poiche il medeſimo ſolido
moſso per vn verſo, e për l’altro, in tempi molto differen-
ti alzerà moli eguali del mezzo.
Prendaſi vn Cono, ò qual ſi ſia Piramide, e ſe poſi nell’ acqua
con la baíe all’ingiù, poi con la punta;
in tutti doi li modi
quando farà diſceſo per tutta la ſua lunghezza, hauerà alza-
to vna mole d’acqua ad eſſo eguale.
Hora chi non vede, che
diſcenderà la ſua altezza in tempo aſſai minore mouendoſi
con la punta all’ingiù, che con la baſe?
Adunque la larghez-
za della baſe è cagione d’alzamento di minor mole del mez
zo in tempo eguale.
_Matem_.
V.
S.
ſe bene parla con il quaſi nulladimeno troppo s’ac-
coſta al preciſo.
Auerta adunque bene, che in niun modo
s è ſtabilito, che il mede no ſolido ridotto in mole piu larga,
alzi nel medemo tempo, tanta mole del mezzo, quanto
(page 58)
nella più riſtretta;
ma ſolo ſi è detto, che non è tanta la dif-
ferenza, quanto vno ſi penſa.
Non hò poi mai eſperimen-
tato ſe il medemo cono di materia, che deſcenda nell’acqua,
paſſi il medemo ſpacio più velocemente, e quanto, mouen-
doſi con la punta all’ingiù, che con la baſe.
Parmi però bene
(ſe vi è queſta differenza, che hora dirò non ſapere ſe vi ſia,
ne quanta) andar inueſtigando doue poteſſe naſcere;
il che
ne ſuccederà, ſe conſideraremo quanto occora nell’ vna, e
nell’altra maniera.
Imaginiamoſi adunque il vaſo A D, ripieno d’acqua, ò d’altro
liquido, &
in eſſo il cono EFG, immerſo che ſia diſceſo ſino
in HKI.
Queſto hauerà alzato l’acqua OHKIPF, che ſarà ſa-
lita a riẽpire lò ſpacio del fruſto conico EOPG, la quale HI,
ſe ſarà viciniſſima all’EG, di modo che paſſi per il punto fi-
ſico immediato, ne diſti da eſſa, che per vn ſol punto fiſico,
all’hora l’acqua cacciata OHKIPF, ſe bene ſarà geometrica-
mente vn corpo, ſe potrà pigliare come vna ſuperficie fiſica,
eguale alla ſuperficie conica EFG;
&
il fruſto conico EOPG,
che hauerà riẽpito, ſarà eguale fiſicamẽte al circolo EG, baſe
del cono.
Queſt’acqua poi viene alzata dalla preſſione, che fà
figure
il cono con tutta la ſua ſuperficie EFG, ſopra l’acqua, ſi che
ogni portione min ma della ſuperſicie preme vna minima
portione dell’acqua;
e tutta queſta ſaliſse a formare vn cir-
colo eguale alla baſe.
E perche la diſceſa ſi fà ſucceſſiua-
(page 59)
mente, ſe intenderemo l’aſſe del cono diuiſo in punti fiſici,
per li quali diſcenda il cono, potremo dire, che queſta alza-
ta dell’acqua ſi facia di modo, che vna continua ſalita d’ac-
qua ſucceſſiua, eguale fiſicamente alla ſuperficie, ſi riduca
in vna continua ſerie de circoli eguali alla baſe.
E perche la
ſuperficie è maggiore della baſe, come appare, demoſtrando
li Geometri che habbia la proportione alla baſe, che ha l’FE,
lato del cono (parlando nelli coni retti) alla metà dell’ EG,
diametro dalla baſe, potremo dire, che in queſta alzata, con-
tinue portioni d’acqua eguali fiſica mente alla ſuperficie co-
nica, ſe reſtringano nelli circoli eguali alla baſe.
In queſta
diſceſa adunque di cono, e ſalita d’acqua ſi fa come vna cõ-
tinua condenſatione, mentre coſa eguale alla ſuperficie co-
nica, ſe reſtringe in circolo, che è minore d’eſſa.
Conſideriamo hora quello che ſucceda quando diſcende il co-
no con la baſe.
In queſto caſo, diſceſo che ſarà in HI, haue-
rà ſpinto insù l’acqua HOPI, che hauerà riempito lo ſpacio
OEFGPK.
Se adunque conſideraremo come ſopra, che HI,
diſti dall’ EG, per vn ſolo punto fiſico, potremo dire, che vna
mole d’acqua eguale alla baſe, ſia ſalita a riempire vno ſpa-
cio eguale alla ſuperſicie;
e che in tutta la diſceſa moli d’ac-
qua eguali alla baſe, ſaliſchino a riempire ſpacii eguali alla
ſuperſicie;
e che in conſeguenza ſe facia vna certa rarefat-
tione;
mentre moli eguali al minore, cioè alla baſe, ſe dila-
tano in moli maggiori, cioè in ſuperficie.
Se noti anco che la
preſſione ſi fà dal cono con la ſola baſe.
Adunque ſe conſideraremo le differenze, che interuengono in
queſti due modi, trouaremo che nel primo preme il cono
con tutta la ſuperſicie conica, che è maggiore della baſe, e
nel ſecondo preme con queſta ſola.
Parimente nel primo
ſi fà come vna certa condenſatione, e nel ſecondo come vna
rarefattione.
Se adunque vi è differenza nella diſceſa, e di-
ſcende più velocemente il cono con la punta all’ ingiù, che
con la baſe, biſogna dire che ſia più facile alla natura far al-
zar l’acqua premendola con la ſuperficie conica, e facendo-
la quaſi condenſare, che premendola con la ſola baſe, efa-
cendola come rarefare.
Quanto habbiamo detto ſeguir nel-
li coni, ſeguirà anco in tutti li conoidi, conici, &
in tutti li
(page 60)
ſolidi rotondi _in alter am partem deficientibus_.
_Ofred_ Così d’improuiſo mi paſſano per la mente molticaſi, nel-
li quali parmi che più facilmente ſe facia la condenſatione,
che la rarefattione, mentre in molti di queſt la rarefattione
non ſi fa, che con certa forza eſtrinſeca, e la condenſazione
per reduttion delle parti al loro connatural ſtato primiero.
In altri però parmi all’oppoſto, ne per hora voglio penſar a
queſto.
Già però che ſtiamo trattando delle preſſioni, ſarà
bene ſeguitare la noſtra materia doue hieri laſciaſſimo, e
per la quale hoggi ſe ſiamo congregati.
Queſta appunto è
la preſſione, che fanno li liquidi ſuperiori ſopra li inferiori
ſottopoſtoli, tanto della medema ſorte, come di diuerſa.
_Matem_.
Che li fluidi, e la medema aria grauitino ſopra li corpi
ſottopoſtoli, è coſa tanto trita hora nelle ſcuole, e confer-
mata da tante eſperienze, ch’è vna marciſſima vergogna a
dubitarne.
Nè altro che queſta certamente cagiona l’equili-
brio dell’argento viuo nel tubo Torricelliano, ò dall’acqua,
&
infiniti altri Fenomeni in natura, li quali per eſſer abbon-
dantemente ſpiegati da tanti grand’huomeni, io ſtimo bene
tralaſciarli a bella poſta.
_Ofred_.
Io però deſidero, che me n’accenni alcuno così breue-
mente.
_Matem_.
Cauarò queſta narratiua dal dottiſſimo Signor Giorgio
Sinclaro Scozzeſe, che è quello, che hà compoſto poco fa
certi curioſiſſimi dialogi, intitola ti _Ars magna grauitatis, &_
_leuitatis_.
Tanto più, che hauendo egli ſdegnato render ra-
gione di certo Fenomeno, ſtimandolo forſe coſa troppo lie-
ue, e perciò indegna della ſua fatica, non recuſarò io eſerci-
tarmi in queſta minutia.
Queſti adunque _nel Lib.
1.
Dial.
5.
ſett_.
7.
ſuppone che G A ſia vn
vaſo, nel fondo del quale ſia l’argento viuo F A, nel quale ſia
poſta la canna di vetro PV, aperta da tutte doi le parti, di
modo che il forame V, ſia vn poco ſolleuato dal fondo del
vaſo, poi ſuppone, che il vaſo G A, ſia riempito d’acqua.
Di-
ce che queſta premendo ſopra l’argento viuo F A, lo farà ſa.
lire per la canna P V, ſino in L, di modo che L K, ſia quaſi la
quartadecima parte di tutta l’altezza dell’acqua PK, ſi come
l’argento viuo è più graue dell’ acqua quaſi ſecondo la pro-
(page 61)
portione de 14.
ad 1.
Da queſta ſenſibiliſſima eſperienza ne
caua quello, ch’è tenuto quaſi comunemente, cioè che ſe
PV, ſarà il tubo Torricelliano, ò Baroſcopio, come dice e-
gli, otturato di ſopra, nel quale l’argento viuo s’equilibri ſi-
no all’altezza L, che queſto naſca dalla preſſione, che fà vn
cilindro d’aria la di cui baſe ſia FC, &
altezza quella dell’ato-
mosſera, dimodo che qual proportione ha la grauità in ſpe-
cie dell’argento viuo alla grauità in ſpecie dell’aria, tal l’hab-
bia l’altezza dell’atomosfera, all’altezza del Mercurio,
LK,
_Ofred._
In queſte coſe non vi ſono affatto nouitio, che perciò hò
inteſo a ſufficienza.
Vorrei hora intender il reſto, cioè la
cauſa di quel Fenomeno, che ſopra fù detto hauer egli tra-
laſciata.
_Matem._
V.
S.
habbi vn poco di patienza.
Già ſiè viſto che l’ac-
qua G C, fa ſalire l’argento viuo KL.
Hora queſt’ acqua non
(page 62)
richiede alcuna determinatione di mole per far ſalire nella ſi
ſtola PV, il Mercurio ſino all’altezza KL, ma bene richiede
determinatione d’altezza.
Onde ſe il vaſo, ò ſarà più largo,
che conteneſſe maggior, e maggior quantità d’acqua, ò più
ftretto, che ne conteneſſe minore, e tanto più ſtretto, che
eccedeſſe di poco poco la fiſtola, ſiche ne conteneſſe pochiſ-
ſima, mentre però ſia la medema altezza PK, ſempre farà
ſalire l’argento viuo alla medema altezza KL.
_Ofred._ Corpo di me, che queſta coſa mi pare incredibile.
_Matem._
E pure Sig Ofredi il negotio è certiſſimo, ne rimetto
V.
S.
ad altro, che all’eſperienza.
Hora diſcorrendo in con-
formità di quanto s’è detto, ſarà anco verò nel Baroſcopio
PV, ch’eſſendo queſto, ò più groſſo, ò più ſottile, &
il cilin-
dro d’aria dell’altezza dell’atomosſera di qual ſi ſia groſsez-
za F C, anco piccioliſſima, nulladimeno ſempre alzarà l’ar-
gento viuo alla medema altezza KL.
Chi richiede la cagio-
ne di queſto Fenomeno al Sig.
Sinclaro, riſponde diſpoſtica-
mente con la ſua _Prop.
4.
dial.
1.
Lib.
1.
Corpora fluida in Libra na-_
_turali ſibi mutuò æquiponderant ſecundum altitudinem ſolum._
La
qual propoſitione cosi nuda ſempre porta, quando ha biſo-
gno di confermare coſe ſimili.
_Ofred._
Forſe li deuono mancare le ragioni, perche eſſendo la
coſa in ſe ſteſſa falſiſſima, non ſi potranno per confermarla
arrecare che ſoli ſofismi.
E chi ſarà quello, che ſi laſci per-
ſuadere, che tanto la poca quantità d’acqua, che riempie il
ſtrettiſſimo vaſo G C, quanto la maggiore, e maggiore, che
riempiſse vn vaſo maggiore habbia con la ſua preſſione ad
alzar ſempre la medema grauità di Mercurio KL?
_Matem._
E pure Sig.
Ofredi l’effetto è certiſſimo, e di eſſo il Sig.
Sinclaro n’hauerebbe potuto aſſegnare vna ragione, per mio
credere, aſſai euidente, e congrua, quando haueſſe conſide-
rata la cagione perche nel tubo ritorto, il liquido s’equili-
bra alla medema altezza, non oſtante che la gamba più groſ-
ſa ne contenga maggior quantità, che la più ſottile.
_Ofred._
La cagione di queſto effetto la sò molto bene, perche
viene aſſegnata dal famoſiſſimo noſtro Galileo nelli galleg-
gianti _alla pagina_ 15.
oue potrà vederſi da chi hauerà cu-
rioſità.
_Conte._
Caro Sig.
Ofredi l’aſſegni V.
S.
perche per hora io non
hò volontà d’andar à vedere, coſa dica il Galileo.
_Ofred._
V.
S.
ha piacere ch’io ricucini li Cauoli:
biſogna ſeruirla.
Io credo che V.
S.
s’arricordi beniſſimo di quella propoſitio-
ne fondamentale della mecanica, viſta anco dalli ciechi nati,
cioè che nella leua A B, nella quale ſia il ſoſtentacolo C, vna
pochiſſima forza, ò peſo poſto in A, è ſufficiente à ſoſtenere
vn grandiſſimo peſo poſto in B, ogni qual volta che la pro-
portione, che hà il peſo poſto in B, à quello poſto in A, l’hab-
bia reciprocamente la diſtanza A C, alla diſtanza C B.
_Conte._
Non vuole ch’io la vedi, mentre per gratia di Dio, ſono
nato con tutti due li occhi, che fanno anco beniſſimo il lo-
ro vfficio?
Me l’arricordo adunque, e sò ch’è il fondamento
della no tra ſtadera, nella quale il picciol Marco, ò Romano
poſto in A, equilibra il gran peſo poſto in B.
_Ofred._
Il punto ſtà in ſapere la cagione di queſto equilibrio.
Vna
aſſai probabile, e congrua n’aſſegna il medemo Galileo nel-
la ſua mecanica, cioè che hauendo momẽti eguali, la natura
non intraprẽde à far le coſe irragioneuoli;
quale ſarebbe ſe ſi
moueſſero;
poiche ſe il graue B, maggiore diſcẽdeſſe in E, &
alzaſſe il minor peſo A, in D, il B, ſi ſarebbe moſſo per l’arco
BE, e l’A, ſi ſarebbe moſſo per l’arco D A, maggiore di BE, nel
medemo tẽpo, &
in cõſeguẽza cõ maggior velocità.
E pche
figure
il graue B, al graue A, hà la proportione, che ha la’diſtanza
A C, alla diſtanza C B;
e queſta è la medema che quella dell’-
arco D A, all’ arco BE;
cioè che quella della velocità, con la
(page 64)
quale è ſalito il graue A, in D, à quella, con la quale è diſceſo
il graue B, in E.
Adunque come il graue B, al graue A, coſi
reciprocamente la velocità della ſalita dell’A, alla ſceſa del
graue B.
Adunque il compoſto del B, è della velocità della
ſua diſceſa, ſaria eguale al compoſto del graue A, e della ve-
locità della ſua aſceſa.
Ma queſti compoſti ſariano li mo-
menti, che eſercitariano li predetti graui A, B:
adunque que-
ſti con momenti eguali, ſi moueriano.
Il che non è ragio-
neuole.
_Conte._
Anco queſta cagione mi è nottiſſima;
ſe bene V.
S.
l’hà di-
moſtrata molto ſoſſeguatamente, quaſi parlando dal Tripie
de.
Parmi però che queſta cagione ſia diffettoſa, mentre di
vn effetto poſitiuo, che è il ſtar quieta la leua, ſi adduce per
cauſa le velocità, con le quali li peſi ſi mouerrebbero;
le qua-
li mai ſono ſtate in natura.
Parmi che d’effetto poſitiuo, po-
ſitiua anco debba eſſer la cauſa.
_Ofred._
Non mi pare nuouo nelle coſe, che ſe dimoſtrano,
il procedere _per deductionem ad impoſſibile,_ demoſtran-
do che quando foſſe vero il contrario, ne ſeguiſſe vn’aſſur.
dità in natura, e coſa irragioneuole.
Onde eſſendo vero
che la natura nõ intraprende à fare la coſe irragioneuoli, ſa-
rà anco vero, che quella coſa non potrà eſſere.
Congrua-
mente adunque ſi dimoſtra, che nella leua non ſegua moto
alcuno, perche il peſo minore ſi mouerebbe con tanta mag-
gior velocità del peſo maggiore, quanto più queſto foſſe
maggiore di quello.
E già è notiſſimo al ſenſo, che la veloci.
tà compenſarà molto bene la forza, &
il peſo.
Di modo che
picciol forza, e picciol peſo moſſi con velocità grande, poſ-
ſono fare il medemo effetto, che gran forza, e gran peſo
mo ſſi con pochiſſima velocità.
_Conte._
Horsù ſupponga V.
S.
che io habbia inteſo, e m’arricor-
di ogni coſa.
_Ofred_ Quando V.
S.
hà inteſo, e s’arricorda tutte queſte coſe, in-
tenderà anco ſubito come paſſi il negotio nel tubo ritorto.
Nel quale è veriſſimo, che l’acqua della gamba G D, eſsendo
molto maggiore di quella della gamba L I, è anco d’eſsa
molto più graue;
nulladimeno s’equilibrano, e non ne ſegue
moto, perche alla piccioliſſima, e tarda diſceſa della mag-
(page 65)
giore v.
g.
per G Q, nel medemo tempo s’accompagnarebbe
la velociſſima ſalita per A L;
la quale è tanto maggiore del-
la G Q, di quanto l’ampiezza del vaſo G D, è maggiore della
figure
larghezza della canna LI.
La velocità adunque L A, com-
penſaria la tardità L I.
Io hò detto quanto doueuo;
ma non
sò già vedere come queſte dottrine militino anco nelli Fe-
nomeni del Sig.
Sinclaro.
_Matem._
Ho paura che V.
S.
dica ciò per burlarmi.
Che, che pe-
rò ſia, ſupponga ch’il vaſo G C, ſia il doppio della fiſtola PV.
All’hora chi peſaſse in vna bilancia, e l’acqua del vaſo G C, e
il Mercurio L K, peſarebbero egualmente, perche la propor-
tione, che hà la grauità ſpecifica del Mercurio, alla grauità
ſpecifica dell’acqua, l’ha l’altezza dell’acqua, a quella del
Mercurio reciprocamente.
Onde peſando egualmente, ſi fa-
rà l’equilibrio.
Queſto è dimoſtrato comunemente da tutti
li Mecanici.
_Oſred._
Biſogna certo che ſe V.
S.
vuol eſser inteſo, dimoſtri que-
(page 66)
ſto ſuo aſſerto, altrimente può far di meno di dir altro.
_Matem_.
Hò inteſo.
V.
S.
non vuol eſser ſolo a ricucinare Cauoli.
E qual coſa è dimoſtrata da più Mecanici della ſeguente
Se la proportione, che hà la granità ſpecifica del graue A, alla gr auità
ſpecifica del graue B, l’hauerà reciprocamente la magnitudine B, al-
la magnitudine A:
li peſi aſſoluti di A, e B, ſaranno eguali.
Intendaſi la magnitudine C, eguale alla B, e della medema gra-
uità in ſpecie dell’A.
La grauità aſſoluta di A, alla grauità
aſſoluta di B, hauerà la proportione compoſta della grauità
aſſoluta di A, alla grauità aſſoluta di C, e di quella di que-
ſta, alla grauità aſſoluta di B.
Ma la grauità aſſoluta di A, all’
aſſoluta di C, è come la mole A, alla C, (perche ſono della
medema ſpecie;)
e ia grauità aſſoluta di C, all’aſsoluta di B, e
come la ſpecifica di C, alla ſpecifica di B;
cioè come la ſpe-
cifica di A, alla ſpecifica di B;
cioè (per il ſuppoſto) come
la magnitudine B, alla magnitudine A.
Adunque la grauità
aſsoluta di A, all’aſsoluta di B, hauerà la proportione com-
poſta della magnitudine A, alla C;
cioè alla B;
e di quella del-
la magnitudine B, all’A.
Ma queſte due ragioni fanno quel-
la d’egualità.
Adunque A, e B, peſaranno egualmente.
Da ciò è manifeſto, che ſe A, e B, ſaranno cilindri di baſi egua-
li, e che la proportione, che ha la grauità ſpecifica di A, alla
ſpecifica di B, l’habbia l’altezza di B, all’ altezza di A, che
queſti cilindri peſaranno egualmente.
Perche all’hora la ma-
gnitudine B, alla A, hauerà la medema proportione, che ha
l’atezza del B, all’altezza dell’A.
Adũque è vero quanto hab-
biamo detto, cioè che ſi farà l’equilibrio del Mercurio, e del-
l’Acqua.
E da queſta digreſſione ritornando al noſtro propoſito, dicia-
mo che in virtù delle dottrine del Signor Ofredi ſopra aſſe-
gnate, ne ſegue, che s’ha uerà il medemo equilibrio ſe il vaſo
GC, ſarà maggiore quanto ſi voglia della Fiſtola PV;
perche
ſe bene peſarà l’ acqua molto più, non può però l’ acqua di-
ſcendere ſe non fa aſcendere il Mercurio;
ma la ſalita di que-
ſto per la canna ſarebbe tanto più veloce della diſceſa dell’-
acqua, quanto queſta peſaſſe più di quello;
onde di queſta
grauità, e velocità ne reſultarebbero momenti eguali.
Per-
ciò adunque non vi è ragione perche ne habbia da ſeguir
moto, bensì equilibrio, mentre la natura non intra prende a
fare coſe irragioneuoli.
Nel medemo modo ſe il vaſo con-
tenente l’acqua ſi reſtringeſſe in guiſa, che foſſe meno largo
della canna, all’hora l’acqua deſcenderebbe con tanta mag-
gior velocità ſopra quella, che ſaliſce il Mercurio LK, quã-
to queſto foſſe più graue dell’acqua.
Onde per la medema
cagione ne ſeguirebbe l’equilibrio.
Le medeme ragioni mi-
litano per il Baroſcopio, e Cilindri dell’aria, ch’equilibrano
il Mercurio.
_Conte_.
V.
S.
ha ſuppoſto, che nel tubo ritorto ACDF, il liqui-
do s’equilibri alle medeme altezze L, G, il che repugna all’-
eſperienza;
perche il Dottiſſimo Sig.
Geminiano Montanari
noſtro grand’amico, auertiſce _nelli ſuoi penſieri Fiſico-Matema-_
_tici all’Eſperienza_ 13.
e parimente il Dottiſſimo P.
Fabri _nel_
_Dial._
4.
che riempito il Tubo d’acqua, queſta s’alza più nella
gãba più ſtretta, quanto più queſta è ſottile.
Il medemo dice
il Montanari ſuccedere dell’argento viuo _nell’ Eſperienza_ 23.
(page 68)
poiche ſe il cannellino ſottile ſarà d’oro, e che s’infonda nel
tubo argento viuo, queſto ſalirà più nel cannellino, che nel-
la gamba più larga.
_Matem_, Credo, che queſt’eſperienze ſiino ben vere, ma però la
differenza è molto poca, ne hà che fare con la differenza
grande del peſo, che ſi ritrouatrà le parti del fluido cõtenuto
entro le doi gãbe;
quale naſce da cauſa molto diuerſa, che da
queſto peſo;
la quale biſogna, che ſia la medema, che quella
che fa ſalire l’acqua nelli cannellini di vetro aperti d’ ambe
le parti, li quali auuicinati all’acqua così leggermẽte, che ap-
pena la tocchino, ſubito queſta ſaliſce ſopra il liuello dell’al-
tra ad vna tal altezza, conforme che li cannelli ſono più, e
meno ſottili.
_Ofred_.
Queſt’ effetto viene attribuito dalli Inſigni Filoſoſi Boile,
Sinclaro, e Fabri alla diuerſa preſſione dell’ aria, che
premendo più ſopra l’acqua circonſtante al cannellino, che
ſopra quella ſottopoſta alla ſua cauità, facia ſalire queſta,
come meno premuta.
Pure alla preſſione dell’aria viene at-
tribuito, dal Sig.
Montanari, ma in modo differente dalli ſo-
pradetti.
_Matem_.
Pure alla diuerſa preſſione l’attribuirei io, fondandolo
in ragioni, parmi vn poco plauſibili, e nõ toccate dalli ſopra
citati Auttori;
quando non vi foſſero eſperienze, vien detto,
in contrario.
_Conte_. Io ſentirei però volontieri queſte ſue ragioni.
_Ofred_. Et io vorrei vedere l’eſperienze in contrario.
_Matem_.
Io diſcorrerò in queſta guiſa.
Non vi è forſe trà tutti li
corpi il più Eterogeneo dell’aria, contenendo in ſe ſteſſa vn
infinita varietà d’effluuii, che eſcono da tutta la diuerſità del-
li corpi, li quali ſono quelli, che la conſtituiſcono principal-
mente, e forſe totalmẽte, nel genere de graui.
Queſti effluuii
poi ſono di differentiſſime figure, e perciò in eſſa differentiſ-
ſimamente collocati;
lunghi, ſtorti, à ſpira, e diuerſamente
trà ſe intrigati;
&
hauendo diuerſi ſiti, molti di eſſi ſono ori-
zontalmente conſtituiti.
Queſta loro conſtitutione, ſe non
la totale, almeno vna delle principali cagioni ſaria da me
ſtimata di queſto Fenomeno.
E per intender il come, pigli-
no vn cannone competentemente groſſo, e lo collochino
(page 69)
perpendicolare ſopra il pauimento, poi li ſparghino ſopra,
&
all’intorno quàntità cõſiderabile di Paglia, Fieno, Lana, ò
ſimil materia.
Vedranno che il cannone non ſarà rie mpito
di quella materia, con quella conſtipatione, con la quale è
conſtipata la parte di fuori;
perche molti di quelli fili,
maſſime quelli, che benche ſtorti, ſono però diſteſiaſſai ori-
zontalmente, incontrando li orli del vaſo, non li poſſono en.
trare, ma cadono di fuori.
Di più molti di quelli, che entrano,
e che ſe non foſſe il cannone, ſarebbono collocati orizon-
talmente nel modo detto, ſtriſciādo per li lati di eſſo, appog-
giano ad eſſo, ò cõ vna, ò con ambedue l’eſtremità.
Di quelli
poi, che fuori del cannone ſopraſtano ad eſſo, s’appoggiano
ſopra li lati, ne aggrauano ſopra quelli contenuti nel canno-
ne, non ſarà premuto proportionalmente, come il pauimẽ-
to all’intorno.
Vn ſimil accidente mi parerebbe che doueſse
accadere alli effluuii, che compongono l’aria, ò atomosfera.
Molti di queſti, che con vna delle ſue parti occuparebbero il
ſpacio vuoto del cannoncino, non lo poſſono occupare, per-
che vrtando nelli orli d’eſso, ſtanno di fuori.
A ltri, che ben-
che ſtorti, ſono però diſteſi aſſai orizontalmente, entrando
nel cannoncino, s’appoggiano con vna, ò tuttel’ eſtremità
alla ſuperficie interiore, ſi vanno ſtriſciando ſopra eſsa.
Vna
differenza però viè trà il cannone, e il cannellino, che que-
lo viene riempito di Fieno, &
c.
da vna bocca ſola, e non
vi è difficoltà, che ſe ſi poteſse far queſto ſpargimento di ſo-
pra, e di ſotto, che maggior quantità n’entrarebbe, e dentro
ſarebbe più conſtipato.
Ma il cannellino è riempito dall’a-
ria, che li entra da tutte due le parti, premendo queſta, e ſo-
pra, e ſotto con la medema energia.
E però ben vero, che
non ſi può leuare l’impedimento, che arrecca l’interior ſu-
perficie del cannellino, mentre molte eſtremità delli com-
ponenti l’aria s’appoggiano ad’eſſa, e dal contatto ſono im-
pediti dall’eſercitar tutto il loro momento ſopra l’acqua ſo@
topoſtoli;
il quale eſercitarebbero, quando liberi non foſſe-
ro rachiuſi nel cannellino.
Il quale impedimento è tanto
maggiore, quanto più ſottile è il cannellino, poiche la ſu-
perficie decreſce meno, di quello decreſca il corpo.
_Ofred_.
Hor quà sì, che biſogna romper il ſilentio, poiche così
(page 70)
alla prima non capiſco queſta dottrina.
_Conte_.
V.
S.
pur di ſopra mi ha ſpauentato con la ſua gran Geo-
metria, &
hora non intende queſta coſciutia?
Io gle la di-
chiarerò ſuccintamente anco ſenza ſchema.
S’imagini due
cannellini della medema altezza, di modo che il diametro
della baſe del vano dell’vno, ſia doppia del diametro del va-
no della baſe dell’altro.
Il corpo del vano del maggiore, ſarà
quadruplo del vano del minore;
perche li cilindri della me-
dema altezza hanno la proportione delle baſi;
e di queſte la
maggiore è quadrupla della minore, eſſendo il diametro
doppio del diametro.
Mà la ſuperficie del maggiore è ſolo
doppia di quella del minore, perche queſte hanno la pro-
portione, che hanno le baſi, che ſono le circonferenze;
che
hanno poi la medema proportione delli diametri.
Ecco
adunque che la ſuperficie del minore meno decreſce da
quella del maggiore, di quello decreſca la corpulenza.
_Ofred_.
Hò inteſo.
Ritorno al mio ſilentio.
Non ſi ſtupiſchi ſe
ſono ſtato così pigro nell’intendere, perche
_Quandoque bonus dormitat Homerus_.
_Mat_.
Io per mc la compatiſco.
Hauendo adunque inteſo, in-
tenderà anco come l’impedimento arreccato dal contatto
con la ſuperficie, non decreſca a proportione con il decre-
ſcimento del corpo.
Queſte cauſe però non poſsono baſtare.
Perche ſe ciò proce-
deſſe dalla ſola aria contenuta entro il cannellino, come pa-
re, che dica principalmente il Sig.
Sinclaro _Lib.
2.
Dial.
2.
n.
7_.
ne ſeguirebbe, che quanto più lungo foſse il cannellino, più
l’acqua doueſse ſalire, il che non s’eſperimenta, poiche ò il
cannellino ſia lunghiſſimo, ò curtiſſimo, purche ſia ſempre
della medema ſottigliezza, ſempre l’acqua ſalirà al mede-
mo ſegno, come dice hauer eſperimentato il Signor Mon-
tanari _all’eſperienza_ 10.
&
io pure hò eſperimentato più vol-
te aſſieme con il Signor Rinaldini, &
il Sig.
D.
Gio.
Antonio
Baglioni, Canonico del Saluatore.
Biſogna adunque anco
conſiderare altra aria eſteriore ſino al fine dell’ atomosfera,
la quale preme a perpendicolo ſopra l’inferiore.
Hora infi-
niti di quelli eftluuii, che ſono diſteſi orizontalmente, pre-
mono ſopra li orli del cannellino, &
in conſeguenza ſono
(page 71)
impediti dal premere ſopra l’aria, cheriempieil cannellino;
almeno noncon tutto quel momento, con cui premerebbe,
ro, ſe non s’appoggiaſſero ſopra eſſo.
E perciò l’acqua ſot-
topoſta al vacuo del cannellino premuta meno di quello,
che ſia premuta l’eſteriore,è neceſſitata a ſalire.
E perche
queſti impedimenti ſono tanto maggiori, quanto il cannel-
lino è più ſtretto, perciò l’acqua aſcende più per queſto, che
peril più largo.
Ne ſe midica, che ſaliſca anco l’acqua (ben-
che non tanto quanto dentro) aldifuori del cannellino, per-
che milita la medema ragione;
appoggiando molti delli
componenti l’aria alla ſuperficie eſteriore con vno delli ſuoi
capi, &
impediti di premere totalmente dall’appoggiarſi
ſopra l’orlo del cannellino;
il che non auuiene in poca di-
ſtanza da eſſo.
Corre adunque l’impedimento medemo, ben-
che non tanto, che dalla parte caua;
e perciò aſcende anco
qualche poco dalla parte eſteriore.
Queſti ſariano li miei
diſcorſi, li quali però reſtariano atterrati dalle eſperienze in
contrario.
_Ofred_. Non tardi adunque più a narrarcele.
_Mate_.
Le veda pure V.
S.
_nelli Saggi di nuoue eſperienze_ fatte dalli
famoſiſſimi Accademici del cimento, alla preſenza del Sere-
niſſimo Prencipe Cardinale Leopoldo, Mecenate de lette-
rati, in Firenze.
Ritroui _la pagina_ 100.
e vedrà con quanta.
induſtria habbino tentato il predetto Fenomeno, ò nel vuo.
to, ò in aria eſtenuata;
e perciò deboliſſima a premere;
e co-
me ſempre ſia ſalita l’acqua nel cannellino ſino al medemo
ſegno, oue aſcendeua nell’aria libera.
_Conte_.
An sì, sì.
Queſte forſe ſaranno quell’ eſperienze, delle
quali il noſtro Sig.
Rinaldiniintende _nel Lib.
de Reſol.
&
Comp_.
_Mathem.
pag_.
160.
oue narrando l’opinione di quelli, che ſti-
mano queſto Fenomeno naſcer dalla diuerſa preſſione dell’-
aria, dice, _Res autem non ſic ſe habet, nam idem contingit in loco_,
_vbinullus aer, vel ſaltem adeo exiguæ quantitatis, vt vix credas ei_
_quidquam deferendum, quod nos Florentiæ ſumus experti_.
_Ofred_. Ne aſſegna egli alcuna cagione?
Conte.
_Certo, ſoggiungendo queſte parole:_
Sed potius aliundè
id prouenit, quia ſcilicet dùm exilis ille tubulus immergitur non nibil
in fluidum, huius pars incluſa in anguſtia ipſius tubuli multum ammit
(page 72)
tit momenti:
vndè nequit æque ponderare patribus circumiacentibus,
ſed his vrgentibus prementibusquè cylindrus ex humido intra tubuli
anguſtiam cedit, eousque aſcendens, vt eius altitudo poſsit in equili-
brio eſſe cum cylindris ex humido circumiacente.
Nihil enim refert
ſiuè deſuper premat, vel non premat aer.
Ofre.
_Io intenderei volontieri come_ dum exilis ille tubulus immer-
gitur non nihil in fluidum, huius pars incluſa in anguſtia ipſius tubu-
li multum ammittit momenti.
_Matem_.
Dice _alla pagina_ 175 perderſi per cagione del contatto
del Mercurio con la cauità della fiſtola, della qual coſa m@
ha detto che per ſaluar tutti li Fenomeni, ne vuol diſcorre-
re più difuſamente.
Ma già ch’io deuo far certe conſidera-
tioni ſopra altrieffetti della preſſione ſpiegati dal Sig.
Sin-
claro, circa li quali parmi che ſi poſſa dire alcuna coſa di
queſto minor momento, non mancarò di rappreſentarla
hora.
Dice il Sig.
Sinclaro _Lib_.
1.
_Dial_.
5._
n_.
4.
che hauendo pre-
fovn Baroſcopio minoredi 29.
diti (che è quell’ altezza al-
la quale s’equilibra il Mercurio con l’aria) &
riempitolo di
Mercurio, e poſtolo nel Mercurio del vaſo, non ne vſciua
parte alcuna;
ma che anco alzata la canna fuori del Mercu-
rio nell’aria libera, non perciò ne vſciua.
Auertiſce pe-
rò che _hoc Phęnomenon ſolummodo contingit, cum tubi orificium_,
_ciusque cauitas anguſta admodum fuerit_.
Mà quando ſi ſeruì d’-
vn tubo largo, dice;
_Non priùs eundem extra ſtagnantem Mercu-_
_rium in apertum aerem extraxi quam confeſtim Hydrargirum delabi_,
_externumque aerem tubi cauitatem ſubintrare conſpexi_.
Dice però
eſſer gran differenza, quando il Mercurio eſce dal tubo lar-
go;
che ſia minore di 29.
diti, ò maggiore;
perche dal mag.
giore _Perfacile, plenoque defluit, aonec ad uſitatam altitudinem_
_peruenerit;
idque absque ingreſſu, vel minimæ alicuius aeris par-_
_ticulæ.
Ex illo autem non abſque difficultate contingit efflu-_
_xus.
Quoniamaer non minus ingredi, quam Hydrargirus egredi cona-_
_tur;
imò defluente hoc, ſubintrat ille_, al modo che _Idem cernere eſt_
_dum aquam vel vinum ex vaſe anguſti orificij effundis:
effluente enim_
_aqua vitinus in eius locum ſuccedit aer_.
Vuole che tutti queſti
effetti prouenghino dalla preſſione dell’aria, che facendo
forza da per tutto, volendo entrare combatte con il Mercu.
rio, che vuole vſcire, nel tubo anguſto impedendo total.
(page 73)
mente l’vſcita, mà non nel più largo.
Anzi, che quando il fo-
rame del tubo è anguſtiſſimo, anco quando è alto li 29.
diti,
non n’eſce più in conto alcuno.
Che perciò nel _Dial_.
3.
_nu_.
7.
_del medemo Lib_.
dice, che hauendo preſo vn tubo più lungo
delli diti 29.
&
empitolo di Mercurio, &
otturata la ſua aper.
tura con cera, &
fattolinel mezzo vn bucchetto grande co-
me quello delli Horologi arenari, e voltatolo all’ingiù nell’
aria libera, dice _Hydrargirum è paruulo foramineeffluere videbis_,
_perinde atque arena ex clepſydra.
Tum tamdiù motum perſeuera-_
_re videbis, quoad cylindri vertex, vn de trigeſimum digitum exactè_
_attigerit, quo instante ceſſabit Mercurij effluxus_.
_Conte_. Io ſaprei volontierile cagioni di queſte differenze.
_Matem_.
Che quando il Mercurio del tubo eccede li diti 29.
deb-
ba vſcire in tuttili tubi ſtretti, ò larghi, ſino chearriui a quel
la miſura, emanifeſto douer ſuccedere, perche con il ſuo
momento ſupera quello dell’aria, che li contraſta, che non
può equilibrare, che li diti 29.
Ma che eſchi quando è mi-
nore delli diti 29.
ò eguale nelli tubilarghi, e non nelli ſtret-
ti, credo che prouenga dall’inegual momento, con il quale
aggrauano le parti del Mercurio, aggrauando più quelle di
mezzo, che quelli alli lati.
_Ofred_.
Se mi para innazi a gl’occhi vna gran confuſione di me-
canica.
_Matem_.
Certo che queſta è mecanica, che io procurarò poner
in chiaro.
Caro Signor Ofredi leghi al mezzo di queſto ci-
lindro di ferro vn poco di ſpago, e lo tenghi con la mano
equilibrato orizontalmente, enotiilſuo peſo così conil
ſenſo.
_Ofred_. L’hò ſeruita, e l’hò bene in mente.
_Matem_.
Alzi perpendicolare in taglio ſopra queſto tauolino
quelli due gran Libri, tanto diſtanti trà ſe, che diſcendendo
il ferro, li vadiradendo, e proui ſe ſente tanto peſo quanto
ſentiua prima.
_Ofred_.
Certo che nò, perche il peſo del ferro è in parte ſoſtenta-
to dal contatto delli libri.
_Matem_.
Si che il contatto del ferro con li ſuoi capi alli libri, e ca-
gione, che il ferro non eſerciti tanto momento ſentito dal-
la ſua mano, come eſercitarebbe ſe non toccaſſe.
Ma di tut-
(page 74)
to quel momento che lei ſente, e che eſercita il ferro ſopra
la ſua mano, crede che le parti del ferro lo partecipino e-
gualmente?
_Ofred_.
Nò Sig.
perche sò beniſſimo, che prouano li Mecanici,
che s’io ficcaſi nel muro cõ vno delli ſuoi eſtremi queſto ci-
lindro, che le ſue parti hauerebbero maggior momento cõ-
forme che foſſero diſtanti dal muro;
di modo che le parti vi-
cine hauerebbero pochiſſimo momento, e le più lontane.
ſempre più;
di modo che l’eſtreme hauerebbero il maggio-
re di tutti.
E così quando il ferro foſſe fitto con li ſuoi eſtre-
mi in due muri, le parti vicine alli muri hauerebbero minor
momento, e quella di mezzo più di tutte le altre.
Quello, che
accade al ferro fitto con l’eſtremi, accade anco quando toc.
ca, con queſta differenza, che il contatto non ſcema tanto
il momento, che il ferro eſercita, quanto lo ſcema la ſicca-
tura, ò l’appoggio.
_Conte_.
Con queſti diſcorſi hanno eccitato la mia imaginatione
a penetrar la cauſa, perche quelli, che peſano qualche coſa
con la ſtadera, procurino che il peſo non tocchi, ò le ſue ve-
ſtimenta, ò coſa alcuna;
ciò fanno, perche con quel contat-
to perde parte il peſo del ſuo momento.
_Matem_.
Tutto và bene.
Hora Sig.
Ofredilei ha toccato la vera
cauſa, per la quale l’aequa contenuta nel cannellino perde
parte del ſuo momento.
Queſta tocca la ſuperficie interiore
del cannellino, e perciò il contatto ſcema in parte il ſuo mo-
mento totale, che eſercitarebbe ſe non toccaſſe.
Mà di più, il
momento, ch’eſercita premendo quella, che li è ſottopoſta,
non è eſercitato egualmente da tutte le parti, mà il maſſi-
mo da quelle di mezzo, e va ſcemando più che ſono vicine
alla ſuperficie.
Il medemo m’ andauo imaginando che ſuc-
cedeſse all’aria, che riempie il cannellino, che perciò perda
parte del ſuo momento, ne grauiti come l’eſteriore.
Hora
queſt’inegual preſſione parmi eſſer cagione ch’il Mercurio
minore in altezza delli diti 29.
diſcenda nella canna aſsai lar-
ga, e non nella più ſtretta.
_Ofred_. O queſto nò che non lo capiſco.
_Mat_.
O che oſcurita, che V.
S.
non vi vede.
Senta.
Non vi è diffi-
coltà che fa forza il Mercurio per diſcendere, e fa forza l’ac-
(page 75)
qua per aſcendere;
e quando queſte forze foſsero eſercita-
te egualmente da tutte le parti di queſti fluidi, crede lei che
ſi farebbe moto alcuno?
_Ofred_ Nò certo.
E riſplende tanto di lume, che io vedo beniſſi-
mo, cheſe le parti del Mercurio premeſsero col medemo
momento, che non vi ſaria ne aſceſa, ne diſceſa;
ma pre-
mendo meno quelle alli lati, che quelle del mezzo, l’aria che
dal ſuo elaterio è ſpinta all’insù vniformemente, ſuperando
la reſiſtenza di quelle, aſcende, oue troua maggior debolez.
za, cioè circa li lati, &
il Mercurio diſcende nel mezzo.
E
vero però che ſi fa aſcendendo l’acqua, e deſcendendo il
Mercurio, vn bollimento, eſconuoglimento, ma però il
moto principia così.
Ma ne meno ſin’hora sò vedere, per-
che ſucceda queſto nelli tubi larghi, e non nelli ſtretti,
mentre, e in queſti, e in quelli milita la medema cauſa.
_Matem_.
E verò Sig.
Ofredi, che parlando per coſi dire, in rigor
Geometrico, le parti di mezzo nelli cilindri ſtretti eſercita-
no maggior momento, che le parti attaccate alli lati;
ma
però per la loro vicinità non vi è differenza ſenſibile di mo-
mento;
&
in conſeguenza premono egualmente, e perciò
non ne ſegue moto alcuno.
_Ofred_.
Queſte dottrine aſſai mi piaciono, e non poſſono eſſer
che ſingolari, mentre credo che ſiano del Sig.
Sinclaro.
_Mat_.
Non ſono del Signor Sinclaro, che _nel luogo citato num_.
5.
nominando, non il Mercurio, ma l’acqua che diſcende dal-
la canna, ò vaſo, nelli quali però milita la medema ragione,
ha queſte parole.
_Quoniam aquei cylindri baſis, ob nimiam ſuam_
_amplitudinem, facilè &
expeditè, ſe in modum quaſi cunei confor-_
_mat, cuius ope, &
auxilio expeditiùs aerem obſidentem penetrat:_
_quibus modis euenit, vt delabente aqua, per idem orificium aer ſub-_
_intret.
Vel quod veriùs dici potest, existimo circumfuſum aerem po-_
_tius formam cunei ſubire;
atq;
ità penetrando aquam, per eius mediis_
_recta aſcendere, eum extrudendo;
non ſecùs ac, dum quis manu in_
_vaſculum aqua plenum intruſa, eam extrudit_.
Io non credo che
queſta operatione ſucceda, nè nell’vno, nè nell’altro modo.
Non credo che l’acqua in modo di cuneo penetri nell’ aria,
e così caccia queſta nel vaſo, mentre l’aria vniformemente
reſiſte ad eſser diuiſa dall’acqua;
ma che più toſto queſta
(page 76)
ſuperando le parti meno reſiſtenti dell’acqua, ſpinga @uo@
per così dire, le parti di mezzo, ò per meglio dire faciliti la
loro diſceſa.
Molto meno credo, che l’aria ſi conformi in
cuneo per penetrare nelle parti di mezzo l’acqua, perche
non tengo per coſi balorda la natura, come ſarebbe ſe cos@
operaſse.
_Ofred_.
Come balorda?
La figura del cuneo non è penetratiua?
Non l’adoprano ſino li taglia legne?
_Matem_.
Bene, bene.
Non ſarebbe vn balordo, chi potendo otte-
nere il ſuo intento per vna via più facile, andaſſe a cercare la
più difficile?
_Ofred_.
Vi è l’aſſioma vecchio, fracido, che _fruſtra fit per plura, quo@_
_potest fi eri per pauciora_.
_Matem_.
Mò contro queſt’aſſioma appunto farebbe la natura in
queſto caſo.
Già l’acqua ha maggior momento nel mezzo
per diſcendere, e minore alli lati;
e vuole V.
S.
che l’aria ab-
bandonando queſti, oue ritroua minor reſiſtenza, vada a dar
di petto in forma di cuneo alle parti di mezzo?
_Conte_.
Così anco ſi vede che aſcende l’acqua nelli ſopradetti
cannellini aperti, principiando la ſalita alle parti, e non nel
mezzo.
_Ofred_. E come lo sà V S?
_Conte_.
Perche l’acqua non aſcende ſe il cannellino non è ben
terſo, e pulito, ò bagnato, e non s’è ſuccido.
Il che non ſegui-
rebbe quando aſcendeſſe nel mezzo in forma di cuneo.
_Ofred_. Io ancora non penetro la ragione di queſto.
_Conte_.
Il ſuccidume non è altro che vn’infinità di corpuſcoli at-
taccati alli lati a guiſa di monticelli, ò ſcoglietti, nelli quali
vrtando l’acqua viene impedita dall’aſcendere.
Ma quando
la ſuperficie è bagnata, le particelle dell’acqua riempiono
quelle infinite cauità, che ſono trà ſcoglietto, e ſcoglietto, e
così ſpianano la ſtrada allla ſalita.
_Ofred_.
Se queſti monticelli foſſero cagione di queſto impedi.
mento, impedirebbero tanto nelli cannelli ſtretti, quanto
nelli più larghi.
Ma in queſti non impediſcono, come dice
hauer oſſeruato il P.
Fabri _nel citato Dial_.
4.
_pag_.
159.
Adunque
l’impedimento naſce da altro, cioè dalla maggior, ò minor
quantità d’acqua, come dice egli.
_Matem_.
Li medemi monticelli, ò ſcoglietti di ſuccidume non
arrecaranno il medemo impedimento alli cannelli larghi,
che arrecaranno alli più ſtretti.
V.
S.
prenda vna circonferen-
za aſſai grande, e riempita la parte caua di conetti, ò pira-
midi, attaccando le ſue baſi ad eſſa, di modo che vna pira-
mide tocchi l’altra.
Vederà che le cime delle piramidi ſaran.
no più lontane, vna dall’altra, e trà le ſuperficie d’vna, e dell’-
altra vi ſarà più ſpacio, quanto più la circonferenza ſarà
di maggior diametro.
Di modo che ſe il circolo ſarà piccio-
liſſimo, li lati delle piramidiſaranno viciniſſimi, e le cime, ò
vertici quaſi concorreranno in vn punto.
_Ofred_.
Hò inteſo.
Nelli cannelli più larghi, perche li lati delle
piramidi, e li ſuoi vertici ſono più diſtanti, più facilmente l’-
acqua può ſuperare l’impedimento delli ſcoglietti del ſucci-
dume, aſcendendo per li ſpacii, che ſono trà ſcoglio, e ſco-
glio.
Il che più difficilmente ſuccede nelli più piccioli, per li
anguſti ſpacii, che ſono trà l’vno, e l’altro ſcoglietto.
_Mà_ miei Signori molto habbiamo digredito.
E già tempo che
ritorniamo alla cagione dell’aſcender dell’ acqua nelli can-
nellini.
Realmente la diuerſa preſſione mi pare che tanto ag-
giuſtatamẽte accomodaſſe queſta facenda che nulla più.
Ne
l’eſpèrienze fatte a Firenze mi paiono tali, che habbino to-
talmante a rimuouermida queſto penſamento Io noncredo
che in queſte loro eſperienze habbino totalmente rimoſſa l’
aria, ma bene debilitatala &
eſtenuatala.
Nel qual caſo pro-
portionatamente debilitata, e l’ambiente il cannellino, e
quella, che li preme ſopra, non sò vedere, perche l’acqua
non doueſſe eſſer premuta a ſalire, mentre tanto, e tanto re-
ſta minore il momento di quella, che riempie, e ſouraſta al
cannellino.
_Matem_.
Ma Signor Ofredi il negotio ſtà, che dicono, che ſaliua
alla medema altezza.
Il che certo non douerebbe ſuccedere,
quando ſaliſce per la preſſione, come io breuemente li mo-
ſtrarò dal ſeguente
Siano AB, CD, magnitudini egua-
figure
li, e da C D, ſia leuata D E, e
come A B, alla C E, coſi ſia
A F, alla C G, ſarà D G, maggio-
re della B F:
_Ofred_.
Capiſco queſta verità in vn’iſtante.
Perche eſſendo co-
me A B, a C E, coſi A F, a C G, &
eſſendo A B, maggiore della
C E, ſarà anco A F, maggiore della C G;
&
in conſeguenza
eſſendo A B, C D, eguali, ſarà G D, maggior della B F.
Il punto
ſtà a moſtrar il reſto.
_Mat._
Già _Fama volat_ della ſua peritia, nella Geometria;
e ſe ap-
plicarà queſta verità aſtratta al concreto, vederà anco il re-
ſto.
A B, rapreſenta il momento, che ha l’aria a mbiente il
cannellino innanzi la ſua eſtenuatione;
C E rappreſenta il
momento dell’aria ſopraſtante, e del cãnellino;
&
E D, quello
della ſua acqua;
li quali momenti di A B, C D, ſono eguali, per
farſi l’quilibrio.
Eſtenuata l’aria, e ſcemato il momento, ſia
il ſcemamento del momento A B, l’A F e del momento C E,
la C G, li quali già hanno la proportione delli momenti A B,
C E, è reftaranno dell’aria eſtenuata li momenti F B, G E.
E co-
sì rimarà il momento G D, dell’aria ſopra il cannellino, e
acqua ſalita, maggiore del momento F B.
Onde, ò l’acqua
douerebbe diſcendere, ſe foſſe aſceſa, ò non aſcendere ſino
a quell’ altezza.
_Ofred_. Che ſe hà adunque a dire?
_Mat_.
Io ſono pieno di confuſioni, ne ſaprei che dirmi per hora.
Tanto più che in altra belliſſima eſperienza pure del Sig.
Ri-
naldini, non s’eſperimenta ſalita, ſe non vi è l’aria pre-
mente.
_Conte_.
Intendo;
anco queſta è regiſtrata dal Giornaliere di Ve-
netia ſotto il 1.
Maggio 1671.
_Matem_.
E anco poſta _nel ſuo Lib.
de Comp.
&
Reſol.
Mathem.
pag_.
158.
Preſe egli due cilindretti di ſtagno groſſi quanto vna pen-
na da ſcriuere, e lunghi vn quarto di braccio Fiorentino, ad
vna delle baſi delli quali fece incaſtrare laminette, ò circoli
(page 79)
ſottili d’oro fino de diametro e-
figure
guale a quello delle baſi.
Immer-
ſe il capo ſenza oro d’vno di que
ſti nell’argento viuo d’vn vaſo,
e notò la parte immerſa, come
anco l’eſtãte.
A queſta notata la
parte eguale nell’altro dalla par-
te dell’oro, la inuolſe totalmente
con vn naſtro di veſica ligato
ſtrettamente con filo.
Fatto ciò
preſe il cannello di vetro F A, a-
perto d’ambi le parti, e ſerata la
parte A, con veſica, lo riempì
per la parte F, d’argento viuo,
dentro à queſto cacciò per forza
il cilindretto veſtito, con la parte
nuda auanti, come ſi vede nella
figura, e ligò la bocca F, con ve-
ſica ſtrettamente.
Poi immerſe la
parte A, nel vaſo contenente
il Mercurio ſtagnante, e così im-
merſa forò la veſica A, con vn
ago.
Il che fatto, calò il Mercu-
rio della canna alla ſolita altez-
za C B, entro al quale era immer-
fa la C K, parte nuda del cilin-
dretto veſtito.
In queſta guiſa
laſciò ogni coſa per lo ſpacio de
24.
hore.
In capo alle quali, ri-
trouò il cilindretto eſpoſto all’-
aria nel primo vaſo, con la parte
immerſa entro l’argento viuo
corroſa in gran parte, e quella
non corroſa era totalmente fria-
bile.
La parte poi eſtante ſopra
il Mercurio era tutta pregna d’argento viuo, e totalmente
friabile;
e I’oro incaſtrato di ſopra haueua grandemente mu-
tato colore.
Del cilindretto poi contenuto entro la canna,
(page 80)
trouò la parte nuda immerſa nell’ argento aſſai corroſa, con
il rimanente molto friabile;
ma la parte eſtante (già veſtita à
ſolo oggetto, che ſommerſa totalmente nell’argento della
canna prima di procurar il vuoto, non riceueſse da eſſo alte-
ratione) la ritrouò di ſtagno puro ſenza alcuna permiſtio-
ne di Mercurio, e l’oro non punto mutato di colore.
_Ofred_.
Certo chel’eſperienza è belliſſima.
Ma coſa ſe ne caua da
eſſa?
_Mat_.
Se ne caua, che eſſendo il Mercurio del primo vaſo eſpo-
ſto all’aria con il cilindretto, ’l’aria premete ſopra il Mercu-
rio, e lo ſpinſe per li pori del ſtagno ad infettarlo.
Al con-
trario, non premendo aria ſopra il Mercurio contenuto en-
tro la canna, per non vi eſſer, per cagione del vuoto, ò alme-
no eſſendo deboliſſima, non potè il Mercurio eſſer ſpinto
all’in sù a penetrare per li Pori.
Come vede adunque Signor
Ofredi, nel vuoto il contatto non cagiona la ſalita del Mer-
curio ſenza aria premente, ma bene cagiona la ſalita dell’-
acqua per li cannellini.
Horsù rimettiamo queſto negotio
ad altro tempo, e per hora diciamo, che la preſſione dell’aria
cagiona bene molti, e molti effetti, ma non già tutti quelli,
che gli ſono attribuiti.
Vno di queſti è quello, che regiſtra il
Sig.
Sinclaro _Lib._
1 _Dial_.
6.
_n_.
2.
oue dice, che eſſendoli ſtato ri-
ferto, ch’eſſendo nel tubo predetto l’argento viuo equili-
brato alla natural’altezza (la quale ſecondo lui è 29.
diti del-
la ſua miſura) ſe ſi alzaſſe perpendicolarmente con preſtez-
za, e ſi ſeparaſſe dall’argento viuo contenuto nel vaſo, che
l’argento viuo ch’è nella fiſtola, ò tubo ſalirebbe con tanta
veemenza per il vacuo della canna, che romperebbe la
parte ſuperiore ſigillata, &
otturata alla lucerna, ò
hermeticamente;
volſe farne l’eſperienza, e che ritrouò, che
alzandoſi così con preſtezza, era vero che ſaliua vrtando
nella cima;
ma poi mai non occorſe, che ſpezzaſſe la canna;
e che alzandola pian piano, non ſaliua in conto alcuno.
_Ofred_.
Fenomeno veramente conſiderabile:
e che cauſa ne aſ-
ſegna egli?
_Matem_.
Sig.
Conte legga in gratia _il n._
3.
ch’egli chiama ſettione
di queſto Libro.
Conte.
_La ſeruo._
Primi Phænomeni cauſam &
rationem, opinor
(page 81)
eſſe vim, &
elaterium aeris, qui apertum tubi orificium ſubintrans,
Hydrargirum impendentem, ſurſum uerſus pellit.
Nam quo @inſtan-
te, celeriuſculè tubi orificium ex stagnante Hydrargiro educitur, ex-
tans Mercurius vna cum tubo alleuatur, non totus;
nam porciunculæ
quædam in inferius vaſculum delabuntur:
vnde tubi orificio plenè ex-
tra ſuperficiem alleuato, incumbens aer, quaſi perſentiſcens impen-
dentem Mercurium, aliquid de ſua grauitate deperdidiſſe, &
iam
ſolito leuiorem, ſtatim orificium irrumpit, Mercuriumq;
non abſque
impetu ad tubi verticem propellit.
Secundi Phænomeni cauſa, &
ra-
tio videtur bæc:
quoniam dum leniter, lentoque gradu tubi orificium,
è refuſo Mercurio in apertum aerem ſuſtollo, nihil omnino impẽdentis
Hydrargiri, in inferius vaſculum delabitur;
_Matem._
Si fermi caro Sig.
Conte, che poi ſeguitarà.
Io dubito
grandemente di queſte ſuppoſitioni, che in pratica non ſe-
gua tutto il contrario, cioè che non ſolo nell’alzamento ve-
loce nulla dell’argento viuo della fiſtola cada nel vaſo, ma
che più toſto di quello dal vaſo ſegua quello della fiſtola.
Al
contrario nell’alzamento fatto pian piano, che almeno ſe
non cade di quello della fiſtola nel vaſo, certo di quello del
vaſo non ſegua quello della fiſtola.
E la ragione è, perche
nella preſta trattione, nella quale ſi debba farela ſeparatione
di due corpi, vno ſegue l’altro;
ilche nõ ſi fà nella trattione
lenta.
Sc vn quadrello ſarà ſopra vn’altro, ſe con preſtezza
alzerò il ſuperiore, l’inferiore lo ſeguirà per qualche poco;
il che non ſuccede ſe alzarò pian piano.
Così ſe vn galleg-
giante ſi vorrà cauar dall’acqua con preſtezza, ſi vedrà non
poco alzamento di queſta, il quale non riuſcirà così grande
nella cauata piaceuole.
Mà queſti miei dubii ſiano come
non detti.
Concediamo pur anco al Signor Sinclaro, che ſia
vero quanto dice;
vediamo pure il rimanente della cauſa
della diſparità, ch’aſſegna.
Conte.
Sed integer cylindrus, iuſtum renitentis aeris æquipodivm ſimul
cum tubo alleuatur:
vndè quaſi perſentiſcens ille, impendentem Hy-
drargirum nihil de ſua grauitate amiſiſſe, &
ſibi etiam viribus pa-
rem permanere, illum ſuo loco pellere nequit.
_Matem._
Io non mi poſſo perſuadere in conto a lcuno, che queſt’-
effetto prouenga dalla ſola grauità, &
elaterio dell’aria;
per-
che già la grauità dell’aria eſercita tutto il ſuo momento, il
(page 82)
quale viene contrapeſato, e ridotto all’equilibrio dal momẽ.
to dell’argento viuo contenuto nella canna.
Quando queſta
s’alza, ſe bene cadeſsero da eſsa quelle portioncelle, che di-
ce, onde ſi leuaſfe quell’equilibrio, la differenza però trà
queſti due momenti ſarebbe pochiſſima.
Onde non caccian-
do in sù l’aria l’argento viuo ſe non cõ l’ecceſſo del ſuo mo-
mento ſopra quello, non ſpingerebbe in sù con la violenza
narrata da eſſo, ma lentamente.
Così vediamo che il galleg-
giante poco differente in peſo dall’acqua, e cacciato in sù da
queſta aſſai lentamente.
Coſi nella Bilancia,
Conte.
_Si fermi in gratia.
Segue à dire._
Quemadmodum corpus gra-
ue huic lanci impoſitum, aliud graue eiusdem ponderis alteri lanci
impoſitum, finitis vibrationibus, à iuſto æquipodio nequit dimouere.
Sin, ijs in æquilibrio ſic conſtitutis, huic lanci vnum duntaxat gra-
num, plus quam alteri imponas, fit mutatio;
vnà alterum in contra-
rium renitentem degrauante.
Vel ſi alteri, vnum ſolummodo granum
ſubducas, hoc idem euenire conſpicaberis.
_Mat._
Appunto io voleuo portare il caſo della biìancia, e dire, che
ſe nelli peſi poſti di quà, e di là vi ſarà poca differenza, è vero
che quello più graue deſcenderà, &
alzerà il meno graue, mà
ſino ad vn certo ſegno, e aſſai lentamente.
Onde tanto do-
uerebbe far l’aria nel noſtro caſo, e non con l’empito da eſſo
eſperimentato.
_Conte._
Non è tanto poca la quantità dell’argento, che ſuppone,
che cada.
V.
S.
aſcolti.
_Eodem prorſus modo res hic ſe habet;
nam_
_tubi orificio extra ſtagnantem hydrargirum de repente ſublato;
deci-_
_dunt forte ex eo, tres quatuorue impendentis Mercurij digitis._
_Matem._ Ha fatto bene a dir _forte,_ perche Dio sà ſe ne cade.
Conte.
Ratione cuius, ex altera, quaſilance, æquipodij non nihil aufer-
tur;
&
hinc exiſtit ille aeris motus, quo impendentis Hydrargiri reſi-
duum ad tubi verticem ſurſum propellitur;
non ſecùs atq;
hæc lanx,
cui ſex imponuntur vnciæ, ſurſum pellit illam, eamque degrauat, cui
quinque ſolummodo inſunt.
_Matem._
Certo, che quando anco cadeſſero queſti 3.
ouero 4.
di-
ti, ne ſeguirebbe qualche moto, mà non sò ſe tanto veloce.
Hauerà il Sig.
Sinclaro eſperimentato (come certo anco di-
ce) che mentre la fiſtola piena di Mercurio diſcende, queſto
arriuato all’altezza delli 29.
ſuoi diti, non ſi ferma, ma di-
(page 83)
ſcende più, e poi riſaliſce più, e più volte ſino che ſi riduce
all’equilibrio.
Hora quando diſcende ſotto li 29 diti, certo
che diſcende aſſai notabilmente;
all’hora è riſpinto in sù dal
maggior peſo dell’aria;
e pur non vediamo queſte meraui-
glie di aſcendere ſino ad vrtare nella cima della canna, &
c.
Ma che, che ſi ſia, io ſono ſicuriſſimo, che anco quãdo ſiano
vere tutte le ſuppoſitioni del Sig.
Sinclaro, non però queſta
preſſione dell’aria può eſser la total cagione di queſt’ effet-
to, mentre certiſſimo v’interuengono dell’ altre cauſe.
_Ofred._ In gratia V. S. l’aſſegni.
_Matem._
Le dirò Sig.
Ofredi.
Quando io leſſi queſte coſe del Sig.
Sinclaro, preſi vn cannoncino otturato da vna parte, e dall’-
altra aperto, e li poſi dentro vna balletta, e chiudendo l’altra
parte con il dito, alzauo ogni coſa con impeto.
Sentiuo ma-
nifeſtamente, che ceſſato l’alzamento la balla ſeguiua a ſali-
re per la canna per qualche ſpacio:
e ſe io nel ſine dell’al za-
mento abbaſſauo vn poco la mano (come quaſi de neceſſi-
tà biſogna che ſi facia) ſaliua tanto, che vrtaua nel dito.
Poſi nel cãnone dell’acqua ſino ad vn certo ſegno, &
alzan-
do il cannone con empito, ceſſato pure queſto moto l’acqua
ſeguiua a ſalire, e mi bagnaua il dito.
Hora qui non v’è preſ-
ſione dell’aria, e pure per il ſolo alzamento veloce del can-
none ſeguiuano queſti alzamenti delli corpi in eſſo conte-
nuti;
li quali alzamenti non ſeguiuano quando il cannone
s’alzaua lentamente.
_Ofred._ Ma qual’è la cagione di queſte ſalite?
_Matem._
Nel mio cannone la cagione credo che ſia, che mentre
alziamo queſto, quel moto lo conferiamo ad eſſo, ed’alli
corpi in eſſo contenuti.
Quando lo fermiamo, li corpi con-
tenuti, cioè balla, &
acqua, che non ſono continui ad eſſo,
non perdono così ſubito l’empito concepito, ma lo tratten-
gono per qualche tempo, e ſeguono il loro viaggio verſo
quella parte, verſo la quale ſe li ha già conferito il moto.
Che ſe per fortuna auuiene, che non ſolo fermiamo la ma-
no, ma anco queſta cali in parte co’lcannone, all’hora il
corpo contenuto già in moto verſo la parte ſuperiore, per-
cuote nel dito, come quello che diſcende ad’incontrarlo.
_Ofred._
Crede V.
S.
che anco queſte ragioni ſi poſſino aſſegna re
al moto dell’argento viuo nella fiſtola?
_Matem._
Aſſai più efficacemente.
E primieramente, ha mai oſſer-
uato Sig.
Ofredi, quando uno con tirare rompe vna fune, ò
coſa ſimile, l’effetto che fà la parte che li reſta in mano?
_Ofred._
L’hò oſſeruato hieri con mio danno, che volendo accor-
dar vn Liuto, e tirando troppo, fi ſpezzò la corda, e la parte
che reſtò auolta al pirone mi colſe nel volto vicino ad vn
occhio, che quaſi m’hebbe ad acciecare.
_Matem._
Pouero Sig.
Ofredi, ſe oltre alla curta viſta, che hà, de-
uentaua anco ciecolino.
Noti adunque, che nel ſepararſi vna
parte dall’altra, quella che reſta in mano sbalza verſo quel-
lo, che tira.
Tanto nell alzar con violenza la canna, non ſi fa
queſto ſtrapamento dell’argento viuo, che reſta nella can-
na, da quello, che reſta nel vaſo?
Ecco adunque, che vi è
qualche cagione di principio di moto verſo la ſtrada, che fà
la mano alzante.
Per ſecondo, come nel mio cannone, coſi
in queſta canna ſi conferiſce in queſto veloce alzamento al-
l’argento viuo quell’empito;
&
eſsendo queſti corpo conti-
guo alla canna, per il fermar di queſta non languiſce
ſubito quell’empito, ma continuando per qualche tem-
po, continuerà anco il moto all’insù verſo la cima della
canna.
S’aggiunga per terzo, che ſicome il mezzo è d’impedimento
alle coſe, che per eſſo ſi muouono, e ſempre più, quāto è più
craſſo, e denſo;
coſi alla ſalita dell’argento viuo ſpiana la
ſtrada mirabilmente il vano, che reſta nella ſommità della fi-
ſtola per cui deue ſalire.
Il quale eſſendo ò vacuo, ò almeno
materia ſottiliſſima, laſcia che con tanto maggior empito
ſaliſca l’argento viuo.
Che s’aggiongeremo per vltimo, che chi alza la canna con
preſtezza, nel fine l’abbaſſi anco qualche poco, tanto più ve
locemente ſalirà l’argento viuo.
_Ofred._
Realmente parmi, che queſte cagioni debbano interue-
nire nella ſalita di queſto argento viuo;
onde io reſto perſua-
ſo a confeſsare, che la preſſione dell’aria in queſto caſo, ò
non vi concorra, ò almeno ſolamente come cauſa partia-
le, Ma prouo bene, che la preſſione dell’ aria fa vn’ altro
(page 85)
effetto in me, che non sò ſe facia in loro Signori.
Parmi
di hauer ripieno il ventre ſolo d’aria, che mi ſpinge ad an-
dar a pranſo;
perciò rimettiamo queſti noſtri diſcorſi ad vn-
altra volta.
_Matem._
V.
S.
ha ragione;
credo che ſia tardo da douero.
A riue-
derſi frà qualche giorno, ritornato che ſia di Villa, oue deuo
portarmi doppo diſinare per alcuni miei intereſſi.
SIno dalla mia giouentù,
mentre mi ritrouauo in Bo.
logna per attendere alle ma
tematiche ſotto la diret tio-
ne del P.
Caualieri, hebbi
fortuna di far acquiſto della protettio-
ne della nobiliſſima caſa Riaria, con-
ceſſami benign dal Marcheſe
Ferdinando glorioſo Padre dell’Ecc.
V.
Nel qual poſseſſo hauendomi poi lei
ſucceſſiuamente con pari liberalità cõ-
ſeruato, hò ſempre ſoſpirato l’occaſio-
ni di poterle dimoſtrare qualche ſe-
gno della mia gratitudine.
Ma cono-
(page 92)
ſcendo eſſer tali la ſua, e mia conditio-
ne, che non mi ſia da queſte permeſſo
il poter far altro che confeſſarmi pu-
blicamente debitore, e di groſiſſima
ſomma, riſoluo farlo con la preſente oc-
caſione della ſtãpa di queſti mier Dia-
logi Fiſicomatematici.
ll che eſequiſco
con tanta maggior confidenza, quanto
eſſendo vniuerſalmente nota la gran
peritia dell’E.
V.
in ſimili, &
altre ma-
terie, ſpero che la mia confeſſione ſia
per eſſe più ben viſta, mentre li com-
pariſca auanti introdotta da coſe tan-
to a lei familiari.
Gradiſca adunque
l’E.
V.
con quella grandezza d animo
che hà heredita@@ dac@ſi lunga ſerie
dinobiliſſimi antenati queſta-
to d@@ſe mie obligationi, mentre non
vaglio in altro, che nel poter rephcar
ſempre d’eſſere
Di V. Ecc.
Padoua li 10. Luglio 1672.
Humiliſs:
e Obligatiſs.
Seruitore
Stefano Angeli.
ECcoti, Benigno Lettore, tre delli miei Dialogi in
ſeguimento delli due primi già qualche Meſe pu-
blicati.
A queſti ne ſeguiranno delli altri, ſe
Dio ſi compiacerà di concedermi pita, ſanità,
e miglior fortuna di quella, che prouo.
Le
cauſe di publicarli ſono le medeſime, le qua-
li nelli altri due ti bo eſpreſſe;
perciò non le re-
plico.
Solo di nuouo torno ad inculcare, che io
in eſſinon pretendo alcun primato, e panto d’inuentor primiero;
la-
ſciando queſte lodi à chi, ò le merita, ò pretende di meritarle.
Viui felice.
HAuendo veduto per fede del Padre Inquiſitore di Pado-
ua nell’opera intitolata Dialogo terzo, quarto, e quin-
to ſopra la grauità dell’aria di D.
Stefano Angeli Matemati-
co Publico in Padoua, non eſſerui coſa alcuna contro la San-
ta Fede Catolica, e parimente per atteſtato del Segretario
noſtro, niente contro Prencipi, e buoni coſtumi, concede,
mo licenza à Matteo Cadorini di poterla ſtampare oſſer-
uando gli ordini, &
c.
Dat. à 6. Luglio 1672.
(
(Nicolò Sagredo K. Proc. Ref.
(Pietro Baſadonna K. Proc. Ref.
Angelo Nicoloſi Segr.
O_Fredi._
Ben ritornato dalla Villa Sig.
Profeſ-
ſore.
In verità che il Signor Conte, &
io
l’habbiamo deſiderato al più alto ſegno.
_Mat._
Non minor deſiderio hò hauuto io
della non meno gioconda, che vtile con-
uerſatione delle Signorie loro in quella
ſolitudine.
E mi rallegro ſommamente
d’hauerle ritrouate con buona ſalute.
Mà
perche hanno tanto deſiderato il mio ritorno?
La coſcien-
za non mi rimorde che io li ſia debitore di coſa alcuna.
_fred._
A mè è debitore certamente;
poiche con li ſuoi antece-
denti diſcorſi hauendomi riempito il capo con certe dottri-
ne, non trouo poi l’eſperienze per l’appunto corriſponder
ad eſſe.
Queſt’è la cagione che io in particolare anſioſa-
mente deſiderauo il ſuo ritorno;
quale da mè ſa puto, ſubito
ſono venuto col Sig.
Conte à riuerirla.
_at._
Se ſarò debitore, vedrò di ſodisfarla, ſe potrò.
Reſta ſolo
che V.
S.
me notifichi la qualità, e quantità del debito, ſen-
za riccorrere à Magiſtrati;
poiche non intendo che in que-
(page 96)
ſta noſtra cauſa, nè Auuocati, ne altri ſimili habbino da ſta-
re allegramente pure con vno delli miei dinari.
_Cont_.
Le pretenſioni del Sig.
Ofredi gle le rappreſentarò io;
ac-
ciò egli parlando in cauſa propria, &
eſſendo toſſicoſo co-
me vna Rapa, e bilioſo, e colerico quant’vn’ A gnello,
_Ofre_. V. S. principia à buon’hora con li ſcherzi,
_Cont_.
Non ſi riſcaldaſſe di ſouerchio;
eſſendomi beniſſimo note
per li diſcorſi, che habbiamo hauuto inſieme in queſti gior-
ni della ſua aſſenza;
nelli quali vnita mente ſiamo andati ſtu-
diando, e illibro del Sig.
Sinclaro, del quale più volte hab-
biamo parlato nelli noſtri paſſati colloqui, &
altri;
&
hab-
biamo trouato _nel Lib_.
2.
del detto Signore, che racconta
molt’eſperienze da eſſo fatte in diuerſi luoghi di piano, e di
monte più, e meno alti, per vedere, che differenza vi era
nella ſaIita, e diſceſa dell’argentouiuo.
_Mat_.
Intendo beniſſimo.
Anch egli, e in luoghi piani, e in luo-
ghi montuoſi hà fatto l’eſperienza del Tubo Torricelliano
così chiamato volgarmente, per cagione del gran Torri-
celli, che l’inuentò (da eſſo detto con nome ſpeciale Baro
ſcopio, quaſi iſtrumento da miſurare, e ſpeculare la grauità
e preſſione dell’aria,) come hanno fatto infiniti altri;
&
ha-
uerà trouato, che nelli luoghi piani ſaliſce il mercurio ſino
alli diti 29.
ſecondo la ſua miſura di ſcotia, e nelli mont
meno, e meno, conforme che queſti ſono più, e più alti.
_Cont_.
Così appunto.
Mà quello, che nè fa difficoltà, e che no
potiamo intender à pieno, è, che _nel nu_.
3.
dice, che volend
far queſte diuerſe eſperienze, non riempì il Baroſcopio al
le radici del monte, e con eſſo così pieno ſalì ad alto, pe
notare le differenze delle ſue altezze ſucceſſiuamente con
forme che più, e più aſcendeua, come ſi legge appreſſo Pe
queto _nel lib.
delle nuoue eſperienze Anatomiche_, hauer fatt
Paſchalio ſopra li monti dell’ A luernia, e credo hauer vſat
tutti li altri;
mà in tutti li luoghi riempiua di nuouo l’iſtru
mento;
dicendo il modo delli altri non eſſer à propoſito
non in caſo che l’iſtrumento ſi poteſſe portare ſenz’ agita
tione.
Ma _cum ob montis prærupta aſperitatemque nemo tacito pe_
_de, ſuſpenſoque gradu aſcendere queat, vnde multa corporis, Baro_
_ſcopijq;
agitatio, fieri non poteſt, quin humilius, ac depreſſius debit_
(page 97)
_agitatus concuſſuſque mercurius, iſque perpetim deorſum nitens,_
_defluat, &
ſubſidat, vt certa comperi experientia._
Di più, _nel n._
7.
narrando come faceſſe queſt’ eſperienza alzan-
do sù il Baroſcopio con’vna fune ſopra la Torre della Cat-
tedrale di Glaſquo, dice, che alzato in alto, calò dalla prima
altezza 5.
delle 32.
parti d’vn dito;
e di nuouo calato al baſ-
ſo, ritornò quaſi alla medema altezza.
E ſoggiunge, _Di-_
_xi ferè, quoniam procul omni dubio, Hydrargyrus ob ſuam puram_
_grauitatem inter aſcendendum plus ſubſedit, quam inter deſcenden-_
_dum, in tubo aſcendere potest_.
Queſta coſa non la potiamo in-
tendere;
cioè perche ſempre il mercurio non ſaliſca, ò di-
ſcenda alla medema altezza nel medemo luogo, ceſſata che
ſia l’agitatione;
perche ſalendo ad vna tal altezza per il mo-
mento, che li fà l’atmosfera, come hora è tenuto comu-
nemente, e V.
S.
hà confeſſato _Dial.
2.
pag_.
54.
eſſendo che
queſto momento alle radici del monte, ò al piano della tor-
re è ſempre il medemo, pare anco che ceſſata l’agitatione,
debba reſtituirlo alla priſtin’altezza, e non ad vna minore.
_Ofr_.
Così parmi che di neceſſità biſogna che ſegua Ne parmi
che queſto effetto poſſa attribuirſi alla grauità del mercu-
rio, come fà il Sig.
Sinclaro, perche douendoſi far l’equili-
brio trà la medema aria, e il medemo mercurio, non sò co-
fa habbia quì da fare la grauita;
e come poſſa farſi queſt’e-
quilibrio, ſe il mercurio non è il medemo, ma meno alto,
e minore.
_Mat_.
Loro Signori fanno vna ſuppoſitione molto impropria,
e falſa.
Suppongono che ſempre il mercurio nel medemo
luogo ſaliſca alla medema altezza;
il che è falſiſſimo, e per
ragione, e per iſperienza.
Per ragione, perche ſalendo ad
vna tal altezza per la preſſione dell’atmosfera;
eſſendo che
queſta è ſempre varia, ed inconſtante;
varia anco, ed’incon-
ſtante biſogna che ſia l’altezza del mercurio.
L’eſperienza
poi è così manifeſta, che non vi è alcuno, che nari queſto
Fenomeno, il quale non auuertiſca queſto accidente.
Frà
li altri li nobiliſſimi Accademici del Cimento _nelli ſaggi di_
_varie eſperienze_ fatte alla preſenza di quel gran Mecenate
delle lettere dico del Sereniſſimo Prencipe Cardinal Leo-
poldo Medici, in più luoghi, ma principalmente _alla pag 26._
(page 98)
dopò hauer detto, che il mercurio ſaliſca ſin’all’altezza d’-
vn braccio Fiorentino, &
vn quarto, dicono le ſeguenti pa-
role.
_Queſt’ altezza quantunque pochiſſimo per esterni accidenti di_
_calore, e di freddo, e alquanto più, per le staggioni varie, e ſtati di-_
_uerſi dell’ aria ſi ſia oſſeruata variare, come da vna lunghiſſima ſerie_
_di noſtre oſſeruationi manifeſtamente appare;
tuttauia per eſſer tali_
_variationi aſſai piccole, ſarà da quì auanti denominata ſempre_
_della ſteßa miſura d’vn braccio, e vn quarto, come la più proſſima di_
_qualunque altra_.
Stando adunque ciò, potria eſſere che di
queſte diuerſità di ſalite del mercurio nel medemo luogo,
cioè alle radici del monte, ò al piano della torre dopò rica-
lato il Baroſcopio, ne foſſe cagione il diuerſo calore intro-
dotto nell’aria, ò altra uarietà in eſſa proueniente da
maggior, ò minor imgombramento di nuole, ò altri ac-
cidenti diuerſiſſimi.
_Cont_.
Benche queſte dottrine, &
eſperienze ſiano veriſſime;
nulladimeno noi non vogliamo che habbino luogo in que-
ſto caſo.
Perche ſe da eſſe haueſſe hauuto origine queſto
Fenomeno, crediamo che il Sig.
Sinclaro ciò hauerebbe co-
noſciuto;
e non ſarebbe ricorſo alla grauità del mercurio.
Più recondita adunque, &
aſtruſa è la ſua cauſa;
e biſogna
procurar d’indagarla.
_Mat_.
Faciaſi quello che comandano.
Tanto più che ſe bene
forſe non caueremo dal pozzo la vera cagione, peſchare-
mo nulladimeno per auentura qualche coſa in altri propo-
ſiti, che non s’hauremo da pentire d’hauer ſparſo le fatiche
al vento.
E per caminare ordinatamente, potiamo conſi-
derare, che dicendo il Sig.
Sinclaro ſucceder queſt’ effetto
quando il mercurio viene agitato, potiamo confeſſare ra-
gioneuolmente che di queſto Fenomeno ne ſia cagione la
pura agitatione.
Reſta che conſideriamo come ciò poſſa
fuccedere.
Io à queſto propoſito noto vn’altra oſſeruatio-
ne del Sig Sinclaro _nel lib_.
1.
_Dial.
3.
n.
2_.
oue dice, che ſe riem-
pito il Baroſcopio d’argentouiuo, ſe le caccierà dentro più
volte vn ſottiliſſimo fil di ferro, queſto farà vſcir fuori dall’-
detto argentouiuo le particole dell’aria, che ſtanno naſco-
ſte entro eſfo.
Nel qual caſo purgato che ſia il mercurio
dall’aria, ſalirà vn poco più, che quando non s’vſa queſta
(page 99)
diligenza.
Il che ſtando, e fatto il voto con l’argento non
purgato dall’aria, ſalendo queſta ſopra eſſo, la cagione di
queſta minor ſalita dell’argento pare che debba attribuirſi
à queſt’aria.
_Ofred_.
Se così è, parmi che ragioneuolmente ſi debba dire, che
in tanto il mercurio agitato reſtituito al medemo luogo
non ritorni alla medema altezza, mà minore, perche con
l’agitatione ſi facia ſalir l’aria nella ſommità di lui, la qua-
le prima foſſe con eſſo meſcolata.
_Mat_.
V.
S.
è più miracoloſo nel dedur conſeguenze, che non
era Archimede nell’ alzar le Gallere de Romani con la ma-
no di ferro.
Queſta conſeguenza è molto faticoſa da dedu-
re;
credo però che à caſo in parte habbi tocco il punto.
_Cont_.
Il Sig.
Sinclaro leua queſto ſutterfugio, mentre dice _nel_
_lib 2.
Dial.
1.
n.
3.
cit._
che nel fare queſt’ eſperienza, _Baroſcopij_
_tubum, ſumma cura ac diligentia, ad ſummam vſque oram, Hydrar-_
_gyro impleuit, omnibus extruſis ope fili ferrei, aeris particulis in-_
_ter Hydargyri particulas latitantibus._
_Mat_.
Parmi che con quell’ _Omnibus particulis_, il Sig.
Sinclaro ſi
reſtringa troppo;
poiche io dubito, che quãto più s’agiterà,
ſempre ſi far à ſalire dell’aria.
_Ofre_.
Che vuole V S.
che l’aria meſcolata con l’argentouiuo ſia
infinita?
_Mat_.
Non dico che ſia infinita, ma tanta, che ſempre ve ne
farà, ſino che vi ſarà mercurio.
Queſt’aria poi credo che
almeno in buona parte, non ſia altro che li efluui, à quali
con l’agitatione ſi facilita l’vſcita dall argentouiuo;
liberan-
doli dall’implicatione, neſſo, e ſtrengimento, che li viene fat-
to dalle altre particelle;
agiutando con queſto moto eſterno
quell’ interno nel quale forſe ſono perpetuamẽte.
Così s’a-
gitaremo con vna mano l’acqua cõtenuta entro vn vaſo, ve
dremo vna moltitudine di bolle, le quali in buona parte nõ
ſono altro che aria;
cioè efluui, a quali con l’agitatione ſe fa-
cilita la via ad vſcir dall’acqua.
Et à queſto propoſito hò oſ-
ſeruato à Venetia, che quando li noſtri Barcaroli per li ca,
nali cacciano il Remo nel fango, ò che altri caccia vn palo
in eſſo, ò fitto che egli ſia, procura agitandolo quà, e là, ca-
uarlo da eſſo, che ſaliſcono molte bolle d’aria;
le quali non
(page 100)
ſono altro che efluui, cioè particolle più leggieri, e pronte
al moto, che con quelle ſpinte, ò agitationi ſono liberate
dalla priggionia, che li cauſaua la tenacità, e viſcoſità del
fango, &
altro.
E coſa famoſa appreſſo li Chimici, che tut ti li
corpi habbino particelle volatili, alle quali è facilitato il vo-
lo dall’ agitationi.
_Cont_.
V.
Sig.
pennerà molto poco in perſuadere queſto alli
Epicurei.
Li quali empiamente dicendo il mondo eſſer ſta-
to prodotto dal fortuito concorſo delli atomi;
e percio tut-
ti queſti trattenere innata vna mobilità inſeparabile, e mo-
to attuale, ò irrequieta propenſione ad eſſo, con la quale
ſempre procurino liberarſi da quel neſſo, il che cauſi final-
mente il ſcioglimento di tutti li corpi;
facilmente s’accor-
deranno in concedere che il moto eſtrinſeco dell’agitatione
faciliti queſto ſcioglimento.
Ne forſe hauerà biſogno di
maggior fatica per perſuadere ciò anco alli Carteſiani.
Li
quali volendo che quella ſua materia ſottile, che à guiſa di
fiume rapido ſcorre da per tutto, penetri per li pori delli
corpi;
&
in conſequenza concuti le loro minime particelle
non recuſeranno queſt’agiuto dell’agitatione.
_Ofr_.
Ne meno V.
S.
pennerà molto in perſuaderlo anco à me
Hauendo io oſſeruato più volte, che agitandoſi, ò acqua, ò
altro liquido, che sfumi (il qual fumo non credo ſia altro
che li efluui, che eſcono dal liquido,) ò con la mano, ò cor
qualche inſtrumento;
ſi vede vſcir il fumo in maggior co
pia;
credo non per altro, fe non per la facilità, che arreca l’
agitatione all’eua poratione.
E queſta credo io che ſia vna
delle cagioni, per le quali ſogliamo agitar il brodo, ò mine
ſtra con il cucchiaro quando vogliamo che preſto raffredi
po iche quell’agitatione facilita l’vſcita alle particelle più
calide, e più pronte al moto;
le quali partite, laſciano nella
mineſtra vn caldo da noi tolerabile.
Stando le qualicoſe, non
mi reſta dubio, che anco dal mercurio agitato non debbanco
vſcir efluui, mentre eſſo contiene quantità d’acqua ele-
mentare, la quale facilmente potrà da eſſo euaporare.
_Cont_. Acqua elementare?
_Ofr_.
Sì Signore.
E ſe vuoie imparar ciò, veda I’opuſculo, il ti
tolo del quale è, _Noua, &
Amenior Philoſophia de Fontibus:_
(page 101)
_Iacobi Dobrzenſki de Nigroponte, Boemi Pragenſis par._
I.
_pag.
27._
e trouerà vna belliſſima eſperiẽza di ciò.
Dice adunque che
ſe ſi ponerà in vn lambico proportionato libbre 6.
di mer-
curio in circa, e ſe diſtillerà, che ne vſciranno 3.
ouero 4 on-
cie d’acqua puriſſima, &
elementare.
_Cont._
Io non dico, che mediante la diſtillatione, non ſi poſſino
cauar ſpiriti dal mercurio, che raccolti, conſtituiſcono vn
fluido come acqua;
mà che queſto poi ſia acqua elemen-
tare, io non ſono coſi pronto à crederlo:
poiche più toſto
li reputarei vn eſtratto efficace di mercurio, che riteneſſe
le ſue virtù efficacemente, appunto come quando dal
vino ſe ne caua l’acquauita;
e da altre materie altri
eſtratti.
_Ofr._
Quello, che ſi caua dal mercurio non eſſer altro che ac-
qua elementare, è prouaro dal medemo autore con queſt’-
eſperienza.
Eſtratta l’acqua dal mercurio, s’eſponga que-
ſto all’aria per tempo conueniente, e poi ſi lambichi di
nuouo;
ſe ne cauerà altretanta acqua.
Si replichi que ſt’-
operatione ſei, otto, e quante volte ſi vuole, ſempre ſe ne
cauerà la medema acqua.
Sicche peſata tutta queſt’acqua
raccolta, ſi trouerà peſare più che non peſaua l’argentoui-
uo.
Ragioneuolmente adunque interroga l’autore.
_Vide an_
_Hic ſpiritus mercurij eſſe poſsit?_
Poi ſoggiunge.
_Ergò liberè di-_
_cere poſſum aquam illam nil aliud eſſe, quam atomos aqueas in aere_
_circumuolitantes, tempore bumido ab argentouiuo eidem expoſito_
_attractas, &
frigiditate naturæ argentiuiui intrò conſeruatas, po-_
_ſteaque ope diſtillationis in aquam formalem conuerſas_.
_Mat._
Pare à me che più congruamente aſſegni la cauſa de ſi-
mili effetti il dottiſſimo Padre Emanuel Magnano _in Phi-_
_loſ.
naturæ cap_.
16.
_prop_.
2.
oue dice, che ſe eſtratto il ſpirito
dal vitriolo, s’eſponga all’aria per alcuni giorni quella ma-
teria, che reſta, la quale dalli artefici è chiamata Colcotar,
e ſe torni à diſtillare con la retorta, che ſe ne cauerà nuo-
uo, e più efficace ſpirito.
E il medemo ſuccederà ſe più
volte ſe replicherà l’operatione.
Così ſe quella terra, dal-
la quale con vari lauamenti ſe ne hà cauato il nitro, ſi eſpo-
nerà in luogo conueniente per alquanto tempo, lauata di
nuouo, ſe ne cauerà altro nitro.
La cauſa è, dice egli, per-
(page 102)
che li ſpiriti del vitriolo, e del nitro vaganti per l’aria, v-
ſciti da corpi nitroſi, e vitriolati, di nuouo entrano, e s’at-
taccano al ſuo fiſſo, cioè al colcotare, e alla terra.
Così io
direi, che vſcẽdo dall’argentouiuo, e da gl’altri corpi efluui,
e ſpiriti d’argentouiuo, queſti s’vniſſero al ſuo fiſſo, e l’im-
pregnaſſero di nuouo Hò detto, _e da altri corpi_, perche bi-
ſogna che pur queſti, ò per meglio dire alcuni d’eſſi con-
tenghino in ſe corpuſcoli ſimili à quelli, che compongo-
no l’argentouiuo, ſe è vero quanto vna volta mi diſſe vn
Chimico.
Mi moſtrò queſti vn’ampollinetta, ò bottonci-
no di vetro con certo mercurio, che mi diceua hauerlo eſ-
tratto dal ſterco d’huomo.
Io laſcio la verità di queſto al
ſuo luogo.
_Cont_.
La cauſa di queſto Fenomeno da V.
S.
aſſegnata mi piace
più, che quella, che n’aſſegna il Sig.
Dobrzenski.
Nulladi-
meno l’eſperienza ne potrà render più fondati nel deter-
minare che materia ſia queſta, dalla qualità, &
effetti, che
cagionerà quell’acqua ſtillata.
_Mat._
Sì, che per altro non tengo ne meno io per verità infal-
libile, e ſempre vero, che li corpuſcoli, che entrano in vn
miſto, ſiano quelli da eſſo vſciti, e della medema natura.
con eſſo.
_Ofr._
Io vorrei ſapere il modo, con il quale queſti corpuſco-
letti entrino nell’argentouiuo, e nelli altri corpi;
perche
quel dire, che ſiano attratti delli predetti autori non mi
piace.
_Mat._
Ne meno piace à mè.
Io credo che queſto effetto non ſia
altro, che vno di quelli, che cagiona la preſſione, Elaterio,
e grauità dell’aria, che è il principal ſoggetto, che hauemo
per le mani in queſti noſtri diſcorſi.
E per dichiarar queſto
li darò vna ſimilitudine aſſai roza.
V.
S.
riem pia vn criuello
(che habbia li ſuoi bucchi coſi formati, che ſiano della me-
dema figura, e grandezza delli grani del ſorgo roſſo) di
molte ſorti di biade;
premendo queſte con la loro graui-
tà ſopra il criuello, caccieranno per li ſuoi bucchi e grani
di ſorgo roſſo, e grani di miglio, e di tutte quelle ſorti di
biade, che haueranno li grani più piccoli di quelli del ſor-
go roſſo, ma non delli maggiori.
Così ſe foſſero minori
(page 103)
per vn capo, ma maggiori per l’altro, non vi potrebbero
diſcendere quando non principiaſſero ad entrarui per il
verſo che ſono minori.
Che ſe occupato qualche bucco
da grano maggiore come ſarebbe il Cece, Faua, ò altro che
impediſse l’ingreſſo alli minori, con la mano, ò altro agi-
taſſimo queſti grani, potreſſimo rimuouer quel maggiore,
di modo che capitaſſero delli minori al bucco, e così di-
ſcendeſſero.
Tanto credo io che in certo modo ſucceda.
nel noſtro caſo.
Preme l’aria noſtra ſopra la ſuperficie dell’
argentouiuo, e delli corpi predetti con la ſua grauità, &
elatere;
&
eſſendo queſta vn’aggregato delli efluui, che
ſono vſciti da tutti li corpi;
e perciò formati in diuerſiſſime
maniere;
e trà l’infinite particelle componenti il mercurio,
e detti corpi, eſſendoui infiniti ſpatietti, e pori ſe non vacui,
almeno pieni di materia ſottiliſſima, figurati conforme ri-
chiede la diuerſa diſpoſitione delle minime particelle com-
ponenti;
con quella preſſione, &
elatere caccia in quelli
pori, ò ſpatietti quelli ſuoi corpuſcoli, li quali ſono per la
ſua figura, e piccolezza capaci ad entrarui.
Al che mira-
bilmente ſerue il continuo moto, nel quale è l’aria noſtra,
ò agitata da venti, ò da altro, per rimuouer li più groſſi im-
pedienti l’ ingreſſo alli altri, e portarui li proportionati.
La ragione perſuade che quelli ve rientrino per lo più, li
quali ò per agitatione, ò per altra cauſa vi ſono vſciti, eſſen-
do proportionati à quelli ſpatietti;
e parimente che vi en-
trino quelli, che ſono vguali, e ſimili à queſti.
Che ſe ve
ne ſono anco de minori;
e queſti pure poſſino eſſer cacciati
dentro.
Agiuta anco queſt’ingreſſo la teſſitura del corpo,
nel quale queſti deuono entrare:
perche eſſendo eſſo flui-
do, come è il mercurio, &
in conſequenza conſtante di
particelle minime, e prontiſſime al moto, &
alla ſe paratio-
ne;
le particelle dell’ aria ſe pono far più largo all’ entrarui
con la preſſione, grauità, &
elatere.
_fre_.
In queſto modo li corpuſcoli dell’a ria entrarebbero ſola-
mente nelle prime parti del mercurio, e delli corpi à ſe con-
tigue, e non per tutta la corpulenza.
Per eſempio, ſe il
mercurio foſſe alto nel vaſo vn cubito, entrarebbero ſola-
mente nelle ſue parti ſuperficiali, e non per tutta la ſua al-
(page 104)
tezza.
Perche occupati quelli primi ſpatietti, ò pori dalli
corpuſcoli dell’aria, impedirebbono l’ingreſſo alli altri;
ne
eſſi ſe cacciarebbero più oltre.
_Mat._
Biſogna Sig.
Ofredi che V.
S.
ſia ſcordata di quel volgar
prouerbio, che vn Chiodo caccia l’altro.
Quando li noſtri
Marangoni vogliono cacciare vn chiodo ben bene dentro
il legno, percuotono con il martello vn’ altro chiodo, che
s’appoggia ſopra l’immerſo nel legno.
Così l’aria, caccia-
to che hà vn corpuſcolo in qualche ſpatietto vicino alla.
ſuperficie, preme con’ vn altro ſopra quello, e lo caccia più
in dentro;
e poi con’vn altro;
e così ſucceſſiuamente ſin@
che li caccia quanto puole.
_Ofr._
Queſte ragioni non mi paiono affatto priue d’apparenza
Se in vn vaſo di legno poneremo dell’ acqua, le particelle
di queſta cacciate dalla preſſione, e grauità, che fà l’acqu@
con la ſopraſtãte aria ſopra il vaſo, penetreranno nelli ſuc@
pori, ſe queſti ne ſaranno capaci.
Mà ſe il legno foſſe me
no poroſo, cioè di pori più anguſti, li minimi dell’ acqua
non v’entraranno;
ma bene chi vi poneſſe altro liquido,
cui minime particelle foſſero, e minori, e ſimili in figura
alli pori del legno, queſte v’entrariano.
Cont.
_Queſt’effetto, ò eſperienza ne deue render cauti co@_
_quanta circonſpettione biſogni caminare nel creder all’e@_
_perienze arrecate da gl’autori.
Poiche in ſimil propoſit_
_hieri appunto mi fù detto hauer il Ruelio_ De Plantis capi.
Hedera _queſte parole._
Nobis Caio documentum libello de re ru
ca dedit.
Si voles, inquit, ſcire in vinum aqua addita ſit vel nè:
v
ſculum facito de materia Hederacea, vinum quod putabis aqu
habere eodem mittito, ſi dilutum aqua fuerit, vinum efluet, aqu
manebit nam non continet vinum vas Hederaceum.
_Per cont_
_rio, il dottiſſimo P.
Franceſco Maria Grimaldi Gieſuita _
ſuo trattato de Lumine prop.
6.
n.
2.
dice, _E_xperimentum, quo ce
ſcimus ſeparari vinum ab aqua, ſi utrumque ſimul poſitum fue
in vaſe ex lig@o Hederaceo, quia ſcilicet aqua peruadit craſsiti
talis vaſis, &
per illud ſtillatim defluit, vinum autem remane
vaſe, &
c.
_Mat._
Pur troppo ſi leggono di ſimili ſtrauaganze, e contra
tioni nelli autori.
Prima del P.
Grimaldi diſſe ciò anc
(page 105)
dottiſſimo Gio.
Battiſta Porta _Magiæ nat.
lib.
18.
cap._
4.
oue
porta anco la ragione perche debba vſcir l’acqua, e non il
vino.
_Nam aqua humorum omnium ſubtiliſsima est, quia ſimplex_
_est, vinum autem quum color atum ſit, &
color ex mixtione elemen-_
_torum, corpulentum magis eſt._
Dice che queſta eſperienza ſi
può fare cõ molti legni, &
in queſto hauer fallato li antichi,
che penſorno con l’hedera ſola.
Narra le medeme parole
che riferiſce anco il Ruelio, ma dice dirle _Gæto_, che io non
sò chi ſia, e può eſſer error di ſtampa;
il medemo dice hauer
detto Plinio, e dice hauer errato ambidue, e tutti li antichi,
e moderni.
Inſegna anco altri artificij ſimili de Democri-
to &
Africano.
Sia però come ſi vuole;
baſta al noſtro
propoſito che li minimi dell’vno, e non dell’altro eſchino.
E quando anco ciò non ſuccedeſſe in queſto caſo, come io
ne dubito, poco importarebbe, e nulla derrogarebbe à quã.
to habbiamo detto.
Già molti anni, ritrouandomi à Tiuo-
li, feci far da vn Tornitore vna ſcudella d’Hedera.
Nel farl’
eſperienza non reſtai ſodisfatto.
Eben vero, che poco mi
potei ſeruir di detta ſcudella per certi accidenti Mi pare, ſe
bene m’arrecordo, che vſciſſero, e particelle di vi@o, e d’a@-
qua;
e che quello, che rimaſe nella ſcudella foſſe coſa mol-
to inſipida.
Coſi può eſſere che ſucceda.
Li mimimi del
vino, &
acqua ſe vniſcono, e meſcolano facilmente;
ilche
indica che ſiano aſſai ſimili in figura.
Può eſſer adunque
che eſchino le parti più ſottili di ambidue, queſti liquidi, è
reſtino le più craſſe.
Mà doue ſe ſiamo laſciati guidare dal
diſcorſo?
Ritorniamo adunque al noſtro principal inten-
to, e d’onde ſopra ſi ſiamo partiti, e diciamo pure non eſſer
merauiglia, ſe contenendo il mercurio tanta copia di ma-
teria euaporabile, che con l’agitatione ſe gli faciliti l’vſci-
ta;
e che in conſeguenza l’agitatione del Baroſcopio foſſe
cagione del Fenomeno del Sig Sinclaro, del quale ſopra
parlauamo.
_Ofr_ Prima però m’appello della ſentenza del Porta, che l’ac-
qua _humorum omnium ſubtiliſsima ſit_.
L’acquauita, e quinte
eſſenze de fiori, &
altro appena poſſono conſeruarſi in vaſi
di vetro.
Chi richiudeſſe queſti in vn vaſo d’Hedera, ò d’vno
di queſti ſuoi legni, ne far ebbe vna buona mercantia;
per-
(page 106)
che in poco tempo non trouarebbe che vendere.
Ritornan-
do poi al noſtro propoſito, dico così.
_Cont_.
In gratia mi laſci digredire ancora vn poco.
Mentre non
è proprietà dell’ hedera ſola di eſſer accomodata à queſt a
eſperienza, ma di molti altri legni, come dice il Porta;
e
poi vi è deſſidio trà li autori ſe eſchi il ſolo vino, ò acqua,
ò pure le parti più ſottili d’ambidue, come dubito io, re-
ſtando le più fezzoſe, e craſſe;
giudico bene ſuggerir vn
modo, che mi par più ſicuro per venir in cognitione di que-
ſto.
Li Signori Accademici Fiorentini, _nelli ſaggi citati pag._
204.
dicono che fecero gettare vna gran palla d’argento aſ-
ſai ſottile, e la riempirono d’acqua raffreddata con il ghiac-
cio, e la ſerrorono ſaldiſſimamente con vite;
e martellan-
dola, &
ammaccandola gentilmente, ad ogni martellata, ò
ammaccatura videro traſudare gocciole d’ acqua per li
pori dell’argento.
Hora queſti pori ſono aſſai più anguſti
che quelli dell’hedera, &
altri legni;
mentre per li pori dell’
argento non traſuderia ne vino, ne acqua, quando la palla
non foſſe martellata, e per quelli delli legni eſcono libera-
mente;
adunque tanto più ſottili biſogna che ſiino le parti
di quel liquido, che douerà vſcire per queſti pori.
Vna ſimil
palla ſi riempia di vino acquato, e ſi martelli, &
ammacchi,
e s’oſſerui quello n’vſcirà.
Io tengo di certo che non vſci-
ranno, ne acqua, ne vino puro, ma le parti più ſottili del
medemo miſto.
Ritorni Signor Ofredi nella noſtra car-
riera.
_Ofr_.
Se l’agitatione del mercurio cagionaſfe l’vſcità di queſti
efluui, tanto ſempre douerebbe ſucceder _toties &
quoties_ l’-
argentouiuo s’equilibra.
Mi dichiaro.
Riempita la fiſto-
la eccedente li diti 29.
di mercurio, &
immerſa la bocca a-
perta nel mercurio ſtagnante del vaſo, diſcende il mercurio
notabilmente più delli diti 29.
e di nuouo è riſpinto all’insù
ſopra di eſſi;
e fatti diuerſi ſaliſcendere, finalmente s’equi-
libra alli diti 29.
che ſe di nuouo, ò inclinando la canna, ò
in altra forma ſi faceſſe aſcender più, e di nuouo ſi riduceſ-
ſe al ſito perpendicolare;
di nuouo ſi farebbero queſti di-
uerſi ſaliſcendere;
e finalmente ſempre ſi ridurebbe alli di-
ti 29.
Hora quì ſi fanno agitationi molto conſiderabili del
(page 107)
mercurio;
e pure non eſcono queſti efluui, e non cagiona-
no queſte differenze
_Mat_.
Se l’eſperienze del Signor Sinclaro ſono vere;
e d’eſſe n’è
cagione la ſalita dell’aria;
&
in queſto ſecondo caſo il mer-
curio ſaliſce ſempre alla medema altezza, biſogneria dire,
che vi foſſe differenza trà quelle agitationi, e queſte.
Ne
io ſaprei altra trouarne, ſe non che in queſta ſeconda agita-
tione non ſi dà ſcoſſa alcuna al mercurio, mà nella prima sì.
Nel diſcender dal monte non è poſſibile che non ſcuotia-
mo il noſtro corpo;
&
in conſeguenza il mercurio;
con le
quali ſcoſſe molto queſto ſi concute;
&
in conſeguenza
molto ſi facilita l’vſcita alli efluui.
_Ofr_.
Parmi che per ſaluare il Fenomeno del Signor Sinclaro,
habbia V.
S.
trouato vn debole ſutterfugio;
poiche che gra-
uità può hauere quel pochino d’aria, che ſi ſuppone volare
ſopra il mercurio della canna, che l’habbia da deprimere
tanto, che con gli occhi conoſciamo euidentemente que-
ſta depreſſione?
_Cont_.
In gratia Sig.
Profeſſore prima che V.
S.
riſponda al Sig.
Ofredi, laſci che arrechi vn’eſperienza del medemo Signor
Sinclaro regiſtra ta _nel lib.
6.
dial.
1.
n.
4._
Nella sferetta di vetro
piccola quanto ſi vuole, ſi fà paſſare il cannello di vetro
B A, a perto da ambi le parti, il quale ſia più lungo delli diti
29.
altezza, alla quale s’equilibra ordinariamente il mercu-
rio, e fi ſtuca in C, beniſſimo;
al diſotto ſe gli ſalda pure al-
tro tubo LK, a perto d’ambi le parti, che entri in eſſa, e che
habbia il ſito come nella figura;
il quale però ſia coſi lun-
go, che MN, ſia diti 29.
Otturata la bocca K eſquiſita men-
te, per l’altra bocca B, s’infonda argentouiuo ſino che ſia
pieno ogni coſa, cioè il tubo BA, la sfera, e il tubo LK.
Ot-
turato poi eſquiſitamente come, e con quella materia, che
ſi ſuole la bocca B, s’immerga la K, nel mercurio del vaſo
ſtagnante, come appare nella figura, e s’apra la detta bocca
K.
Vedraſſi diſcender il mercurio come ne la figura, di mo-
do che ſe MN, ſarà diti 29.
ſia ſolamente pieno il tubo LK,
&
O A R, parte della sferetta.
_Ofr_.
Io intendo beniſſimo che coſi debba eſſere, correndo quà
la medema ragione, che corre nel Baroſcopio.
Poiche
(page 108)
l’aria dell’atmosfera premendo ſopra l’H I, mercurio del
vaſo, tiene ſoſpeſo tutto quel mercurio, che è alto 29.
diti
ſopra il liuello NHI.
_Cont_.
Fatto queſto ſi fori la sferetta ſopra vicino al C, con’ vn
buccolino piccolo quanto ſi vuole.
Secondo che l’aria
entrerà nella sferetta, premerà ſopra il mercurio OR, elo
farà ſalire per il tubo AB, à poco à poco, ſino che ſia arriua
to v.
g.
all’F, di modo che FR, ſia diti 29.
_Ofr_.
Vna ſimil’eſperienza, benche fatta con’ altri vaſi, &
in-
uentata dall’inſigniſſimo geometra Roberual Franceſe, re-
giſtrano li Accademici Fiorentini _nelli ſaggi, &
c.
cap_.
31.
co.
me eſperimentata da eſſi.
Queſta del Sig.
Sinclaro par più
figure
ammirabile;
ma però sò che deue eſſer coſi.
Perche l’aria
della sferetta comunica con quella dell’atmosfera;
e perciò
(page 109)
preme con la mèdema forza, che preme eſſa:
&
al ſcemarſi
del mercurio O A R, che ſaliſce per la canna AB, và ſupplen-
do la medema atmosfera, la qual premendo ſopra l’HI,
mercurio del vaſo ſtagnante, lo fà ſalire per KL, conſer-
uando ſempre il medemo liuello MR.
_Cont_.
E coſi certamente, perche le cauſe aſſegnate da V.
Sig.
ſono le vere, e l’eſperienza fà vedere queſta verità.
Hora in
queſt’eſperienza biſogna notare due coſe regiſtrate dal Si-
gnor Sinclaro _nel medemo luogo, al num_.
5.
La prima è, _Hydrar-_
_gyrum inter aſcendendum, non recto motu per tubulum erepere, ſed_
_nor nullis potius volutationibus, quas oculo facilè percipere poteris_
_ſupra cylindri verticem vbi globulus quidam ex ipſa Hydrargyri_
_ſpuma non orizontaliter, ſed verticaliter tardè, aſcendente mercu-_
_rio, circumuoluitur_.
_Mat_.
Hò inteſo.
V.
S.
hà addotto queſt’ eſperienza, acciò che fi
conoſca, che quando aſcende il mercurio anco quietamen-
te, &
a poco a poco, ſaliſcono anco delli efluui, poiche al-
tro che efluui non è quella ſpuma.
Cont.
_L’altra è, che_ Licet arctiſsime cœmento, vel quouis alio modo
occludas foraminulum C, vt aer externus nullum habeat influxum
in aerem internum, nihilominus ſuſtentatur cylindrus mercurialis,
idque ſolumodo virtute interni aeris ſuperficiem OR prœmentis.
_Mat_.
Non eſtenui adunque tanto Sig.
Ofredi la forza dell’aria;
poiche queſta in poca quantità può fare effetti molto con-
ſiderabili;
come ſi vede nel ſopradetto, premendo non ſo-
lo con la grauità propria, ma anco con l’elatere, che è po-
tente molto più, come dicono li elateriſti.
_Ofr_. Mi riduca V. S à memoria coſa ſia queſt’elaterè.
_Mat_.
E vna virtù agitatiua, ò riſpingitiua, che hà vna coſa
compreſſa per forza, con la quale procura de reſtituirſi al-
la ſua premiera, e natural eſpanſione, contrapremendo
chi la preme.
Per eſempio, ſe V.
S.
piegherà vna bacch et-
ta in forma d’arco, ſentirà la forza, che farà per ritornare
al ſuo natural ſito, &
eſpanſione.
Queſta forza, ò reſpinger
la ſua mano s’addimanda ela tere.
_Ofr_.
Non più, che miſouuiene à ſufficienza.
M’arricordo, che
per eſemplificare queſta viitù elaſtica dell’ aria ſi ſeruono
dell’eſempio d’vn gran cumulo di Lana, nel quale li pelli,
(page 110)
che ſono più fondi ſono molto compreſſi da quelii, che li
ſouraſtano, di modo che rimoſſi queſti, quelli s, eſtendono
moltó più.
Così dicono, che conſtando l’aria noſtra, ò at-
mosfera delli efluui, che eſcono da tutti li corpi, queſti co-
me graui tendendo al centro comprimono l’inferiori no-
tabilmente, &
eſſi fanno forza di liberarſi da quella com-
preſſione.
Altri chiamano queſta virtù elaſtica dell’ aria
Molla, perche l’elatere viene eſercitato anco dalla ſuſta, e
molla sì delli Horologi, come anco che s’adopra in al-
tri artificii.
_Mat_.
Quando li ſouuengono queſte coſe, intenderà anco facil-
mente quanto ſia potente queſta virtù elaſtica dell’aria;
la
quale compenſa beniſſimo alla grauità, di modo che po-
chiſſima aria con grand’elatere, cioè molto compreſſa, può
fare il medemo effetto che vna mole altiſſima d’aria con la
ſua grauità.
_Cont_.
Quanta forza habbia l’aria compreſſa con il ſuo elate-
rio, lo vediamo in infinite machine Hidrauliche, e con no-
ftra molt’ammiratione nell’ archibugio caricato à vento.
Poiche non fà tanta paſſata, ne il ferro è ſpinto fuori con
tanto empito, ſe non da queſto elaterio dell’ aria che
compreſſa molto più di quello, che hà in queſta noſtra
baſſa regione, nel dilatarſi imprime nel ferro quel grand’-
empito.
_Mat_.
V.
S.
diſcorre beniſſimo.
E ſe vuole hauere maggior cer-
tezza di ciò, con l’Archibuggio caricato in queſta noſtra
baſſa regione ſaliſca ſopra qualche monte, che vederà che
quanto più alto ſalirà, farà tanto maggior paſſata Così ſe
caricherà quà giù vna fontana hidraulica, e ſalirà ſopra il
monte, l’acqua vſcirà fuori con tanto maggior empito, e
durerà più ad vſcire.
Il contrario ſuccederebbe ſe con li det-
ti inſtrumenti caricati ſopra il monte diſcendeſſe à ſcari-
carli al baſſo, &
al piano.
La cauſa è, perche la ſcarica ſi fà
con quell’empito, che corriſponde all’ ecceſſo dell’ elaterio
dell’aria caricata per forza nella machina, ſopra l’elaterio
della medema, che hà in quel luogo oue è.
Hora l aria di
queſte noſtre regioni ha maggior elaterio che quella del-
li monti.
_Ofred_.
Tutto caminarebbe bene quando da queſte ſue eſpe-
rienze conſtaſſe queſt’elaterio dell’aria.
Ma queſto non
hauer luogo tẽtorno alcuni di dimoſtrare appreſſo li Acca-
demici Fiorentini con’vna eſperienza ſimile à quella, che
hor hora proponerò da tentare nel noſtro inſtrumento ſo-
pra dichiarato.
Auanti che con eſſo ſi procuri il voto, ſe
facia paſſare la canna LK, per vn bucco fatto nel fondo di
qualche maſtello, ſotto il quale ſia il vaſo del mercurio ſta-
gnante.
Fatto il voto, e diſceſo il mercurio come nella
ſigura, ò come habbiamo detto, ſi riempia il maſtello d’ac-
qua, e ſi facia il buccolino vicino al C.
L’acqua entrando
per il bucco C, e riempendo la palla, farà il medemo effet-
to di far ſalir il mercurio per la canna B A, che prima face-
ua l’ aria;
ma con queſta differenza, che non ſolo ſalirà
v.
g.
in F, di modo che R F, ſia diti 29.
come quando ſe riem-
piua d’aria, ma ſino all’E, di modo che F E, ſia la quartade-
cima parte dell’altezza dell’acqua, che nel maſtello preme
ſopra il mercurio MOR.
_Cont_.
Non hò dubio che coſi non debba ſuccedere, perche in
queſto caſo ſopra il mercurio MOR, preme tutta l’acqua
contenuta entro il maſtello dalla ſuperficie M O R, ſino al
ſommo dell’acqua, e ſopra queſta l atmosfera.
Hora queſta
deue alzar il mercurio nella canna BR, li ſoliti diti 29.
e l’-
acqua vn quartodecimo della ſua altezza;
eſſendo il mer-
curio quaſi 14.
volte più graue dell’acqua.
_Ofr_.
Hora V.
S.
otturi beniſſimo il bucco fatto vicino al C, e
facia vſcir tutta l’acqua dal maſtello.
Vederà che il mer-
curio non diſcenderà nella Canna.
Queſto non quuiene
per elaterio, che habbia l’acqua;
adunque nè anco quando
la palla è piena d’aria, queſto effetto naſce dall’ elaterio, ò
molla, che ella habbia.
_Mat_.
Non mi pare che la ſimilitudine corri.
Poiche l’acqua
patiſse, in comparatione dell’ aria, pochiſſima compreſſio-
ne.
Mentre adunque che queſta può pochiſſimo eſſer ri-
ſtretta in minor luogo (come diremo forſe frà poco) queſta
ſua repugnanza alla compreſſione è ſufficiente a render ra-
gione di queſto Fenomeno.
Al contrario l’aria è ſott opo-
ſta à gran compreſſione, di modo che con forza potreſſi
(page 112)
mo nel ſpatio della palla MCR, cacciar 6.
8.
e 10.
volte più
aria di quella, che conteneſſe ſenza queſta forza.
Mentre
adũque che ella può eſſer tanto compreſſa;
e tutto il mer-
curio RF, della canna non è ſuſſiciente à diſcender, enon
la comprime;
biſogna dir che reſiſta con l’elaterio.
_Oſre_.
In gratia arrechi qualche altra eſperienza, dalla quale ſi
conoſca queſt’elaterio dell’aria, &
eſſer vero che pochiſſi-
ma aria con grand’elatere poſſi fare il medemo effetto, che
vna mole altiſſima d’eſſa con la ſua grauità.
_Mat_.
Già sò Sig.
Ofredi che V.
S.
e molto bene informata, che
riempito il tubo Torricelliano, ò Baroſcopio d’argentoui-
uo, &
immerſo _more ſolito_ nel mercurio ſtagnante del vaſo,
che queſto diſcende, &
occupa ſolo, ò vn braccio, &
VIL
quarto Fiorentino in circa, ò li diti 29.
della miſura del Sig.
Sinclaro.
Parimẽte sò che V.
S.
sa che ſe il tubo foſſe lungo
per eſempio ſoli diti 20.
che riempito, &
immerſo al mede-
mo modo non n’vſcirebbe in conto alcuno;
perche il con-
trapeſo, che li fà l’aria premente ſopra il mercurio ſtagnã-
te è ſufficiente à ſoſtenerne non diti 20.
ma 29.
Hora deue
ſapere che chi in queſto tubo poneſſe, per eſempio, diti 19.
di mercurio, &
vno d’acqua, che tanto, e tanto non vſci-
rebbe cos’alcuna;
ma chi con li diti 19.
laſciaſſe vn dito d’a-
ria, allora il mercurio diſcenderebbe per qualche ſpa-
tio.
_Ofred_.
Corpo di me che queſta coſa mi pare impoſſibile.
Non
peſa più vn dito d’acqua che più di 1000.
d’aria?
Come dun-
que può eſſer queſto che vn dito d aria habbia più da pre-
mere, che vn dito d’acqua?
_Mat_ Molto anco più peſa vn dito di mercurio, e pure ne anco
queſto premeua come l’aria, quando la canna conteneua
tutti li diti 20.
di mercurio:
ma poi ne queſfo, ne quella hã-
no, che _ad ſummum_, pochiſſimo elatere, e forſi niente.
L a-
ria poi ſe bene hà pochiſſima grauità, ha grandiſsimo ela-
tere.
Perche deue ſapere Sig.
Ofredi, che eſſendo l’aria
incarcerata nel tubo della medema natura dell eſferiore,
cioè ſottopoſta alla medema compreſsione, che hauerebbe
ſe nell’aria libera li ſopra ſtaſſe l’aria alta quant’è l’atmosfe-
la, queſta fà l’equilibrio con la preſsione, che fà ſopra il
(page 113)
mercurio ſtagnante tutta l’altezza dell’atmosfera con la
ſua grauità.
Aggiunto adunque à queſt elaterio il peſo delli
19 diti di mercurio, tutto queſto compoſto eccede il peſo
dell’aria eſteriore premente ſecondo il peſo di queſti 19.
di-
ti.
Deue adunque diſcender il mercurio ſino che il dito d’
aria con la ſua maggior eſpanſione habbia tanto debilitato
il proprio elatere, che queſto, inſieme con li rimanenti diti
di mercurio, s’equilibrino con l’aria eſteriore premente.
_Ofred_.
Se ſono vere queſte dottrine, parmi che ſi potrebbono
fare proue maggiori di queſt’elatere del dito d’aria, ſe con
queſt in ſtrumento ſi ſaliſce ad alto;
poiche quanto più ſi
ſaliſce, tanto più ſcenderebbe il mercurio della canna;
&
in
conſequẽza il dito d’aria più aummentarebbe la ſua eſpan-
ſione.
_Cont_ Con queſta conſideratione il Signor Profeſſore mi fà
penetrare la cagione d’vn effetto, che più volte hò ammi-
rato.
Hò oſſeruato più volte, che forandoſi vna Botte pie-
na di vino, che foſſe beniſſimo chiuſa con il ſuo Cocone,
n’vſciua vn poco, e poi ſi fermaua, e non n’vſciua più.
Io
guardauo d’onde accadeſſe queſto accidente.
Hora cono-
ſco, che ciò può prouenire dall’elaterio dell’aria.
Non eſce
il vino dalla Botte totalmente piena forata in qualche luo-
go peril contrapeſo, che li fà l’aria eſteriore, ſufficiente à
ſoſtenerlo anco quando foſſe alto 18.
braccia Fiorentini in
circa, come è beniſſimo noto.
Onde potendo l’aria eſterio-
re ſoſtenerne braccia 18.
molto più potrà ſoſtenere quello
delle noſtre Botte alto due, o tre braccia, più, e meno.
Mà ſe
nel ſerrarſi il Cocone ſi ſerraſſe dell’aria nella Botte, queſta
eſſendo del medemo vigore con l’eſteriore, allora premen-
do più queſt’aria con il vino di quello che faceſſe l’aria eſte-
riore, n’vſcirà il vino ſino à tanto, chel’aria interiore hab-
bia tanto debilitato il proprio elàterio, che queſti con il vi-
no ſi pareggi all a preſſione dell aria eſteriore.
Il vino poi,
che eſce dalla Botte è in poca quantità, perche eſſendo or-
dinariamente poco il vino nelle noſtre Botte ordinarie, che
ſouraſta al foro, poco aggiuto può dare all’aria interiore;
onde ogni poco che ſe debiliti il ſuo elaterio, ſi fà l’equili-
brio con l’eſteriore.
_Mat_.
V.
S.
potrà comprobare il ſuo diſcorſo con queſta eſperi-
enza.
Fori vna Botte coſi chiuſa nel mezzo d’vno delli ſuoi
circoli, &
vſcitone quel poco di vino, che dice vſcirne alle
volte, la fori poi piu ingiù vicino al fondo.
Poiche ſe ſarà
vero il ſuo diſcorſo, biſognerà che anco da queſto foro n’-
eſchi di nuouo qualche quantità.
E la ragione è manifeſta.
Perche fatto il foro nel mezzo, n’eſce ſino a tanto che l’a-
ria interiore habbia tanto debilitato il proprio elaterio,
che queſti con il vino ſopraſtante al bucco s’equilibri con
l’aria eſteriore.
Hora il vino ſopraſtante al bucco inferiore,
come più alto, preme più che il ſopraſtante al bucco di
mezzo;
e in conſeguenza con l’aria debilitata per la prima
vſcita preme più che non premeua il primo vino meno al-
to con queſta.
Onde ſuperando il contrapeſo dell’aria eſte-
riore, deue vſcir il vino ſino che debilitandoſi l’elaterio
dell’aria, li momenti ſi pareggino.
Ne vale il dire, che an-
che la contropreſſione dell’ aria eſteriore ſia maggiore nel
fondo, che nel mezzo, correndo quà la medema ragione
del Baroſcopio nel piano, e nell’alto;
perche ſe bene queſto
è vero à tutto rigore, nulladimeno per la poca diſtanza trà
li due fori, queſta differenza di contrapreſſione deue eſſer
fiſicamente inſenſibile.
Tale non è la differenza delle due
altezze del vino della Botte.
_Ofr_.
Queſta eſperienza, quando ſucceda, mi fà chiuder la boc-
ca, e ſtimar di niun va lore vna riſpoſta, che m’apparecchia-
uo di dare al Signor Conte.
Voleuo dire, che non vſciua il
vino _ne detur vacuum_.
Perche fatto il primo foro, eſce il vino
ſino à tanto, che l’aria ſe ſia rarefatta quanto puole ad oc-
cupar quel ſpatio.
Ma poi rarefatta al poſſibile, non può
più il vino diſcendere, perche allora ſi daria vacuo.
Má per-
che vſcirà poi dal bucco inferiore?
Anco allora ſi darebbe
il vacuo.
Onde non douerebbe vſcire Se adunque eſce, e
ſegno che il vacuo non ha che fare.
_Cont_.
In queſto mentre la mia fantaſia s’è andata ragirando
circa vn’altro accidente.
Ho oſſeruato più volte, che riem-
pita, e chiuſa vna Botte, queſta non ſpandeua in conto al-
cuno.
Poi improuiſamente gocciaua da qualche ſpiraglio.
Si fermaua da ſua poſta, e di nuouo doppo qualche tempo
(page 115)
tornaua à gocciare.
Miveniua detto, che vn Tarlo haue-
ua fornito di roder, e far vn buccolino, dal quale vſciua il
vino, &
altri accidenti;
quali non dirò che alle volte non
poſſino hauer luogo.
Ma anco può eſſere che ò per il Sole,
ò per altro accidente riſcaldata l’aria, &
il vino della Botte,
l’aria principalmẽte aummẽti il ſuo elaterio;
onde ſuperan-
do queſto compoſto il contrapremere dell’aria eſteriore,
caccia fuori quelle goccie ſino à tanto, che ſi faccia di nuo-
uo l’equilibrio.
Poi torni _toties, &
quoties_ ſi facia q ueſt’al-
teratione.
_Mat_.
Non dico che così non poſſi eſſere qualche volta, mà
molte varietà poſſono ſuccedere.
Veda Signor Conte;
al-
tra preſſione cagiona la coſa graue con la propria grauità
aſſolutamente, altra con queſta aggiutata con il moto.
Ciò
è tanto manifeſto, che nulla più.
Onde la coſa graue ag-
giutata dal moto ſi caccierà, e paſſerà per di quelli bucchi,
nelli quali mai entrarebbe con la ſola grauita.
Riſcaldato
adunque il vino per qual ſi ſia accidente, ò fatto d’eſſo qual
ſi ſia fermentatione, le ſue particelle ſono collocate in vn
moto molto conſiderabile.
Onde aggiutate dalla grauità,
poſſono vſcire per quelli buccolini, per li quali altrimente
non vſcirebbero.
Ceſſato queſto calore, &
ebollitione
eſtraordinaria, ceſſa l’vſcita.
Ritornato il calore, ritorna
l’vſcita.
E coſi diſcorrendo.
Aggiungaſi à queſto, che ri-
ſcaldato il vino ſi rarefà, cioè le ſue particelle ſi diſciolgo-
no, e ſeparano più di quello, che erano;
Onde ciaſcuna, ò al-
cune di queſte poſſono più prontamente penetrare per
quelli bucchi, per li quali non poteuano entrare congion-
te con altre in maggior quantità.
_ont_.
Sò anch’io, che le particelle delli liquidi graui pene-
trano più collocate in moto per riſcaldatione, che ſenza;
e
tanto piu, quanto ſaranno per la rarefattione più libere,
e ſottili.
E q ieſta è la cagione che li Signori Medici vor-
ranno, per eſempio, che ſe pigli il ſiroppo caldo, e non fred-
do;
perche operando queſto per l’inſinuatione delle ſue
minime partrcelle, più ſi puole inſinuare aggiutato già dal
calore eſterno, che douendoſi riſcaldare nel ventricolo.
Se
V.
S.
hauera vna Botte ſcachita, e cõ molte rimule, ò sfeſse
(page 116)
per eſſer vn pezzo ſtata ſenza vino, e vorrà ſerrar queſte,
ottenirà ciò tenendola per lungo tempo riempita d’acqua
fredda, infondendone ſempre quanta n’vſciſſe;
perche li
minimi dell’acqua penetreranno à poco à poco nelli pori
del legno, &
ingroſſando, e dilatando le Doghe, che la
compongono, &
in conſeguenza accoſtando più l’vna all’-
altra, alla fine chiuderanno tutte quelle fiſſure, e buccolini.
Ma ſe li farà vn brombo, cioè li caccierà dentro dell’acqua
ben bene calda, anco non in molta quantità, e l’otturerà
ben bene, ottenirà il ſuo intento in tempo aſſai minore, e
con molto minor fatica.
Perche li minimi dell’acqua dal
fuoco coſtituiti in moto, e fatti più tenui cõ la ſeparatione,
più prontamente ſe cacciano in quelli pori, e fanno l’ef-
fetto, che ſi pretende.
_Ofr_.
Io l’inuerno mi lauo le mani con l’acqua calda.
Chi non
è filoſofo, come ſon’io, dice queſto eſſer effetto di poltrone-
ria, e miſeria.
Ma queſti non l’intende.
L’acqua calda è
più atta à nettare dal ſuccidume, che la fredda.
Perche li mi
nimi di quella ſono per le cauſe ſopradette più pronti a
cacciarſi nelli pori della carne, &
inſinuarſi nel ſuccidume;
e coſi renderlo più trattabile, e maneggeuole, che li mini-
mi di queſta;
onde poi con la confricatione delle mani ſi le-
ua via faciliſſimamente.
_Mat_.
V.
S.
dice beniſsimo.
Ma troppo habbiamo digredito, nè
però ſin’ad hora habbiamo totalmente eſpoſta la noſtra
mente circa le cauſe delli Fenomeni ſopra narrati del Sig
Sinclaro;
cioè perche purgato il mercurio per mezzo d’vn
filo di ferro cacciato ben bene entro la fiſtola, dall’ aria in
eſſo rachiu ſa, queſti ſaliſca più alto, che quando non ſi vſa
queſta diligenza;
e perche quando ſi ſcuote il mercurio
della canna diſcendendo dal monte, ò calandolo da alto
ò in altro modo, diſcenda più che non fà ordinariamente
Di ambidue queſti effetti credo che ſia cagione in parte l’
vſcita delli efluui, mà però diuerſamente.
Queſto è certiſ
ſimo, che quando riempita la fiſtola di mercurio ſi procura
il voto, cioè ſi fa diſcendere ſino alli diti 29.
altezza con
ſueta, ſaliſce ſopra l’eſtremità del mercurio l’aria della qua
le per auuentura egli è pregno, &
altri aliti inuiſibili.
Anz
(page 117)
che li Accademici Fiorentini _nelli ſaggi, &
c.
à carte_ 28.
inſe-
gnano vn modo di vedere la loro ſalita, dicendo à queſto
propoſito.
_Queſto ſi vede manifeſtamente ogni volta, che nella_
_canna s’introduce vn po d’acqua, la quale nel farſi il voto ſalendo_
_ſopra l’argento, diſcopre nel paſſaggio che fanno per lo ſuo mezzo,_
_quei finiſſimirebullimenti, che da eſſo verſo il voto s’inalzano._
_Cont._
Belliſsimo modo di vedere queſta falica quando lacqua
ſia purgatiſsima dall’aria, e dalli eflui, che eſcono da eſſa
ſenza comparatione in maggior quantità, che dal mercu-
rio.
Onde quando non ſia purgatiſsima, ſarà difficile di-
ſcerner ſe ſiano efluui della medema acqua, ò pure del
mercurio.
_Mat._
Hora queſti eflui ſaliti ſopra il mercurio eſercitano ſo-
pra eſſo, e con eſso quella medema grauità, che eſercita-
uano entro eſso Onde, e del mercurio, e d’eſſi faſſi pure
vn compoſto, che ſi paragona con il cilindro d’aria, che
preme ſopra il mercurio ſtagnante, il qual cõpoſto è mag-
giore, e preme più che il ſolo mercurio.
Ma quando nella
fiſtola ſi pone il mercurio purgato dall’aria, non ſalendo
ſopra eſso, o nulla, ò almeno pochiſſi no, ſeil mercurio s’-
hà da equilibrare con l’aria p@emente, bi ogna che ſaliſca
quel più, che premeuano quelli efluui, che erano in eſso, c
che ſariano ſaliti ſopra eſso.
_Ofr_.
V.
S.
dica anco la ſua opinione circa la cauſa della diſceſa
del mercurio più del conſueto quando queſto ſia ſcofso,
&
agitato.
_Mat_.
E queſta pure credo che naſca dalla ſalita delli efluui, e
purgamento del mercurio fatto ò auanti il procurarſi il vo-
to, ò anco in virtù dell’agitatione, e concuſſione.
Ma per
intender il come, mi dica Signor Ofredi;
ha mai oſseruato
quelli, che vendono il formento, ò altre biade?
C@oè quan-
to ſiano geloſi, che non ſe diano ſcoſse a ſtaio, ò altra mi-
ſura con la quale miſurano?
_Ofr_.
L’ho oſseruato certo.
Et hanno molto ben ragione d’eui-
tare queſte ſcoſse;
perche ſe alcuno daise del piede nello
ſtaio gia pieno, farebbe non poco diſcender la biada;
per-
che li grani, che ſi toccano con gran la ſſitudine, elibertà,
contenendo frà ſe infinite cauita aſsai conſiderabili;
con
(page 118)
quelle ſcoſse ſi ſtiuariano più, e ſi toccheriano, &
vniriano
più frà ſe ſteſſi.
_Mat_.
Tãto biſogna immaginarſi che ſucceda alle minime par-
ticelle dell argentouiuo.
Vſciti da eſso li eflui, quelle parti-
celle reſtano più libere, e ſciolte con quelle iufinite cauità,
dalle quali ſono vſciti li efluui;
ſono più fluide, e ſi tocca-
no in minor parte delle loro ſuperficie.
Quando ſi dano
ſcoſse alla canna, e ſi concute il mercurio, le ſue minime
particelle s’vniſcono, conſtipano, e ſtiuano più frà ſe ſteſ-
ſe;
&
in conſeguenza occupano minor luogo, e diſcen-
dono.
_Ofr_.
Queſta ragione non mi diſpiace affatto;
anzi che l’hò ſen-
tita con qualche piacere.
Come hò ſentito con mio total
contento dir di ſopra, che nel procurarſi il voto con l’ar-
gentouiuo, &
anco con il laſciar ſopra eſso vn poco d’ac-
qua, eſca, e da eſso, e molto più dall’acqua, copia conſide-
rabile d’efluui.
O come che queſta eſperienza confonde
quelli, li quali dicono darſi il vacuo nella ſommità di quel-
le canne! E perche faſſi la ſalità di queſti eflum, ſe non, _nè_
_detur vacuum_ ſommamente abborito dalla natura?
_Mat_.
Io non voglio ricercare ſe iui ſia vacuo, e nò;
ma dico be-
ne, che non ſaliſcono li efluui dalli predetti liquidi _nè detur_
_v acuum,_ mà per altra cauſa;
cioè perche le parti di quelli li-
quidi non ſono premute dall aria, ò da altro, come prima
Nō _nè detur vacuũ_, perche non aſcendono li eflui ſe non già
diſceſo il mercurio, e fatto il voto;
onde già ſe darebbe il
vacuo, ſe eſſi ſaliſsero a riempirlo.
E poi, ſe beniſſimo pur-
gato il mercurio, con eſso ſi procurerà il voto, deſcenderà
queſti alla conſueta altezza d’vn braccio, &
vn quarto in
circa.
E pure non ſaliſc ono eſluui, ò almeno pochiſſimi
Chi riempie allora il vacuo?
Adunque, ò queſti ſi dà ſem-
pre, ò viene proibito da altre cauſe.
_Ofr_.
Ma come dice V.
S.
che la ſalita di queſt’ efluui venga ca-
gionata dalla ceſsatione della preſſione?
_Mat_.
Già è notiſſimo appreſso il Boile in più luoghi, e princi-
palmente in quel trattatello il cui titolo _Mira aeris (etiam_
_citra calorem) rarefactio detecta_, come anco appreſso d’altri
autori, che poſto nella ſua machina (con la quale ſi pro
(page 119)
cura il voto leuandone l’aria) vn vaſetto d’acqua, ſecondo
che la machina ſe và euacuando d’aria, che l’acqua prin-
cipia bollire furioſamente, &
euaporare tanto più, quanto
più s’euacua la machina;
sìche continuandoſi l’euacuatio-
ne, l’acqua ſi diminuiſce notabilmente.
Se poi liberata
che ſia l’acqua dall’aria, e dalle parti più ſottili (il che co-
me dice il medemo Boile _alla pagina 11.
del cit.
trat_ non ſe fà
così facilmente) ſe torna à rimettere nella machina già
tornata à riempirſi d’aria il medemo vaſetto, e queſta di
nuouo s’cuacua dall’aria;
l’acqua del vaſetto ò non bolle
più, ò pochiſſimo.
Queſto dimoſtra che non bolle, &
eua-
pora per impedir il vacuo, ma che di queſto bollimento ne
ſia cagione il leuar l’aria dalla machina.
Quando ſi pone
in eſſa il vaſetto con l’acqua, queſta viene compreſſa dall’-
aria della machina con quella preſſione, &
elaterio, con la
quale preme l’aria eſteriore, eſſendo della medema natura.
Onde le parti dell’acqua ſono ſtrette inſieme;
nè può eua-
porare così facilmente.
Quando poi ſi leua l’aria dalla
machina, ſi ſminuiſse il ſuo elaterio, e compreſſione;
&
in
conſeguenza le particelle dell’ acqua reſtano più libere, e
ſciolte;
onde eſcono le più ſottili, leggieri, e pronte al mo-
to;
e queſto ſempre più continua, quanto maggiormente
s’eſtrae l’aria, ſino che dall’acqua ſiano vſcite queſte parti-
celle pronte al moto.
L’altre non così pronte rimangono,
mà più ſciolte, che quando erano premute dall’aria.
Che
poi ripoſto il vaſetto nella machina non euapori più, naſce
perche già ſono volate le parti ſottili;
onde non vi è più
coſa habbia ad vſcire, ò almeno in poca quantità.
_Ofr_.
V S.
&
hora, &
in molti altri luoghi di queſto noſtro di-
ſcorſo hà ſuppoſto vna coſa, che io tengo per impoſſibile;
cioè che l’acqua patiſca compreſſione.
_Mat_.
Io Sig.
Ofredi non ſolo tengo che l’acqua, e li altri liqui-
di patiſchino qualche compreſſione, cioè che le ſue mini-
me particelle poſſino eſſer più ſtrette, vnite, e conſtipate
inſieme da forza eſtrinſeca premente di quello che ſono,
ma anco tutti li altri corpi per duri, e ſodi che ſiano.
E pe-
rò ben vero, che in alcuni queſta compreſſione, e conſtipa-
tione difficilmente può eſſer conoſciuta dalli noſtri ſenſi;
(page 120)
e tanto ſuccede all’acqua.
A queſta compreſſione li corpi
reſiſtono quanto poſſono, inſinuandoſi, principalmente
li liquidi, con le loro minime particelle per tutto oue poſ-
ſono.
Mà quando non pono far di meno, biſogna che ſe
c’accomodino.
_Ofr_.
A queſta compreſſione repugnano manifeſtamente al-
cune eſperienze fatte dalli Signori Accademici Fioren-
tini.
_Mat_.
Queſti Signori principiando _alla pag._
197.
adducono tre
eſperienze in queſta materia, con le quali pretendono
non de dimoſtrare aſſolutamente che l’acqua non patiſca
alcuna compreſſione, ma che ad eſſi con dette eſperienze
non ſia riuſcito di notarla, e vederla con li occhi.
Il che è
neceſſario crederli in tutti li modi.
E certo che con la
prima non mi par poſſibile che la poteſſero vedere in con
to alcuno.
La legga Sig.
Ofredi.
Ofr.
sieno all’eſtremità de’ due cannelli
figure
di criſtallo AB, AC, due palle parimen.
te di cristallo, l’vna maggiore dell’al-
tra.
Empianſi ambidue questi vaſi d’-
acqua comune ſino in D,E, ed anneſtan-
dogli inſieme alla lucerna, s’auuerta à
laſciar libero nella ſaldatura il paſſag-
gio all’aria, e à tirar più lungo che ſia
poſſibile il beccuccio AF, il quale ſi la-
ſci aperto.
Dipoi s’applichino à tutt’a
due le palle due biccbieri pieni di
ghiaccio ſminuzzato in cui rimanga-
no ſepolte, perche ristrignendoſi l’ae
qua, entri nel vano del cannello quella
più aria che ſia poſſibile.
Anziper me-
glio caricarnelo ſi vada per vn pezzo
stroſinãdo eſteriormẽte con pezzuoli di
ghiaccio tutto il ſifone DE, acciocche
ristrignendo ſi di man in mano per ope-
ra del freddo l’aria, che v’entra dall’o-
rifizio F, ne venga ſucoeſſiuamente del-
lanuoua, ſi che ſigillandolo poi alla fiamma, virimanga ſti@
(page 121)
ta;
e stretta.
Sigillato ch ei ſarà, ſi caui di ſotto ’l ghiaccio la pal-
la B, e temper at ala prima nell’ acqua tiepida, ſi tuffi nella calda, e
da vltimo nella bollente, ſeguitando pero a tener ſempre immerfa
la palla C, nelghiaccio, per trattener l’acqua di eſſa in iſtato di
maſsimo ristrignimento.
Sia queſto nel punto E, oltre il quale cer-
cherà di comprimerla il cilindro d’aria GE ridotto all eftrema den-
ſita dalla forza dell’acqua ſormontata in G, per la rarefattione o-
perata in lei da lcalor dell’ acqua, che ſi ſuppone bollire attualme-
mente intorno allapalla B.
Ora ſe l’acqua patiſce compreſsione
dourà cedere di qualcbe grado al cilindro d’aria premente, abbaſ-
ſandoſi ſotto il punto E;
Ma a noi è ſucceduto al@rimenti, perche
quand@ l’acqua in E, è stala veramente ridotta allo ſtato del ſu@
maſsimo riſtrignimento, la forza dell aria GE, premente non à gua-
dagnato nulla, e innanzi à fatto crepar’il fondo della palla C, che’
ritirare vn pelo il liuello E.
E quando, per a@@reſcer maggior fer-
mezza allo ſtrumento, abbiamo fatte le due palle di rame, nondime-
no l’acqua della palla C, à retto trà la ſaldezza del metallo, e l mo-
mento della forza premente con inſuperabile reſ@tenza in E, fa-
cendo più to ſto ſcoppiare il ſifone, &
c.
_Mat_.
Deue ſapere Sig.
Ofredi, che quelli corpi, li quali mani-
feſtamehte ſoggiacciono alla compreſſione, quale è l’aria
noſtra, non ci laſciano veder creſcer queſta con quell’in-
cremento, che creſce la forza premente.
Pei eſempio,
premendoſi l’aria, che riempie vn vaſo con 4.
gradi di for-
za, ſiriſiringa in ſpazio vn decimo minore del primo, fe
premeraſſi con gradi 8.
di forza, non ſi riſtringerà già in
ſpatio minore del primo due decirni, ma meno;
e cio ſem-
pre tanto meno, quanto più ſarà condenſata.
Sì che
ſe con 100.
gradi di forza foſſe già riſtretta quattro deci-
mi, può eſſere che con 400.
non ſiriſtringa vn altro de-
cimo.
_Ofr_.
Queſta dottrina l hò per certiſſima;
hauendo oſſeruato
quando ſi gioca al pallone, che riempito, e gonfio che ſia
competentemente, ſe bene queſto ſi dilata ſempre più
per ogni ſchizzetatta, nulladimeno a farcene entrare vna
di nuouo vi vuole vna grādiſſima forza, &
a pena ſe può ot-
tener l’in tento.
Onde ſe l’acqua (al noſtro propoſito) foſſe
per altro accidente riſtrettiſſima, vi vorrebbono altro che
(page 122)
Neſpole à riſtringerla di nuouo tanto che ſi poteſſe ve-
dere.
_Mat_.
Hora di queſta ſorte è l’acqua contenuta nella palla C,
dicend o eſſi _nella pag.
200.
ſeguitando però à tene’ ſempre im-_
_merſa la palla C, nel ghiaccio, per trattener l’acqua d eſſa in inſta-_
_to di maſsimo ristrengimento_.
Se è riſtretta maſſimamente,
conſideri Signor Ofredi qual forza ſaria neceſſario ado-
prare per riſtringerla tanto che ſi vedeſſe.
In oltre, è certiſſimo che la natura procura d’ottenere ſem-
pre il ſuo fine con li mezzi più facili.
Se vna veſcica gon-
fia d’aria ſi ponerà ſopra queſto pauimento, e ſopra ſe li
ponerà qualche notabil peſo, queſto la riſtringerà qual-
che poco;
ma ſe prima foſſe veſtita, e circondata con ſpun-
ga, bambace, e ſimili corpi riſtrettibili, il peſo riſtringereb-
be prima queſti, e l’aria della veſcica ò nulla, ò aſſai meno
di prima.
_Ofr_. In ciò non hò dubio alcuno.
_Mat_.
Nel noſtro caſo adunque, quello che deue comprimer @-
acqua della palla C, è l’aria del ſifone DAE, ſpinta dalla
rarefattione dell’acqua della palla B;
la quale aria ſe bene
per lo ſtrofinamento del ghiaccio è più condenſata di
quello che ſarebbe naturalmente, nulladimeno non è ri-
ftretta quanto puole.
Prima adunque di premere ſopra
l’acqua C, ſi riſtringerà eſſa di molto.
Onde non premerà
ſopra l’acqua C, con tutta quella forza, con la quale pre-
merebbe quando non patiſce ſimil condenſatione.
_Ofr_.
Preme però molto, mentre eſſi auuertiſcono, che eſſen-
do la palla C, di Criſtallo, l’hà fatta crepare, &
eſſendo di
rame, hà fatto crepare il ſifone.
_Mat_.
Tanto credo.
La ſeconda eſperienza è molto bella;
e mi
rimetto al giuditio, che eſſi ne formano.
Sopra la terza ſi
può fare qualche conſideratione.
Fecero gettare vna
gran palla d’argento, ma aſſaiſottile, della quale habbia-
mo parlato di ſopra à carte 12.
e riempitola d’acqua
molto raffreddata con il ghiaccio, la ſerrorno ſaldiſſima-
mente con vite;
poi principiorno à martellarla in più luo-
ghi, &
ammaccarla.
Dicono che _ad ogni colpo ſi vedeua tra-_
_ſudare per li pori del metallo_.
Il che, dicono, non ſarebbe ſuc-
(page 123)
ceſſo, quando l’acqua haueſſe patito qualche compreſsio-
ne.
_Cont_.
Certo, che mentre la sfera è dimoſtrata dalli Geometri
più capace di tutti li corpi iſoperimetri, cioè del medemo
ambito, quando per l’am maccatura l’argento non ſi eſten-
deſſe, &
aſſottigliaſſe, biſognerà confeſſare che la palla
ammaccata facendoſi meno capace, l’acqua ſi riſtringeſſe,
quando che non vſciſſe.
_Mat_.
Hanno fatto la palla d’argento, perche, dicono eſsi, che
_queſto per la ſua crudezza non cõporta d’aſſottigliarſi, e diſtenderſi_
_come farebbe l’oro raffinato, òil piombo ò altro metallo più dolce._
_@ont_.
Deuono intender che l’argento non s’aſſottigli coſi
prontamente quanto li predetti metalli, e non aſſoluta-
mente, perche pur eſſo ſi rende alle martellate.
_Mat_.
Intorno a queſt’eſperienza ſi può conſiderare, che ſe be-
ne è vero, che l’acqua patiſca qualche compreſsione, nul-
ladimeno che fà tutti li sforzi per sfuggirla;
e perciò ritro-
uando la ſtrada più facile, cioè li pori del metallo, traſuda
per eſsi.
Se prenderemo paſta, creta, e ſimile materie, e le
comprimeremo con le mani, e procureremo ſtringerle trà
eſſe, più toſto che riſtringerſi vſciranno per le ſiſſure delli
diti, ma ſe non potranno vſcire, biſognerà che cedino alla
compreſsione.
Aggiuta anco la traſudatione per li pori, e
la ſottigliezza dell’argento, e la ſomma conſtipatione del-
l’acqua cagionata dal freddo del ghiaccio;
la quale renden-
dola tanto più contumace al maggiore riſtrengimento, è
cauſa che facia maggior forza per entrar nelli pori.
@@i più, mi ſarei volentieri ritrouato preſente à queſt’eſpe-
rienza, per notare ſe ad ogni ammaccatura l’ acqua traſu-
daua tutta in vna volta, &
in vn inſtante ò pure ſucceſsiua-
mente, &
in tempo.
Perche in queſto ſecondo caſo non ſi
può negare qualche condenſatione per quel tempo, ma
che procurando l’acqua liberarſi da eſſa, traſudaſse poi.
_@nt_.
Parmi che il Gaſsendo riferiſca vna ſimile eſperienza, e
dica che ammaccata la palla, e fatto in eſſa vn piccolo fo-
rame, da eſſo, come da vn ſpinello vſcì fuori dell’acqua;
in-
ditio manifeſtiſſimo della compreſsione, e conſtipatione,
che patiua.
_Ofr_.
Et à me pare d’hauer letto, che diſceſo vn tale molto
ſotto acqua, &
iui riempita vn ampollina, che haueua vn
bucco aſſai auguſto, di quell’acqua, &
otturatala ben bene@
che venuto ſopra acqua, hauendola aperta, n’vſcì viſibil-
mente dell’acqua, rimanendo piena l’ampollina.
Dal che
certo ſi raccoglierebbe che l’acqua più fonda foſse più ri-
ſtretta.
_Cont_.
Anco con il peſo hauerebbe queſti potuto conoſcere
queſta verità;
perche quella ampollina riempita con
quell’acqua del fondo, haurebbe più peſato, che riempita
d’acqua nella cima di eſ@a.
_Mat_.
Si quando foſsimo ſicuri che tutta l’acqua fo ſse homo-
genea in grauità il che difficilmente ſarà, mentre la più
fonda è più contaminata per lo più da cor puſcoli graui iu
diſceſi.
Che che ſia di queſte eſperienze, à me certo non
baſta l’animo di negare all’acqua, &
altri liquidi qualche
riſtrengimento, e compre lsione;
la quale pero ſara ſempre
tanto minore, e meno oſseruabile, quanto più gia laranno
compreſsi, e riſtretti per freddo, o altro accidente eſtrinſe
co.
Poiche anco l’aria noſtra, la quale patiſce tanta com
preſsione che ſe riduce à ſpatio ſino 15.
volte minore de
ſuo naturale, chi tentaſse com preſsa che così foſse, com
primerla di più s’affaticarebbe forſe in vano.
Non però
potrebbe queſti dire che l aria non ſoggiaceſse al riſtrin
gimento.
_Ofr_.
Molte parole habbia mo fatte queſta mane;
ne però V.
S
hà ſin’ad hora pagato pur vno delli luoi debiti, pe riſcuote
li quali ſono quà venuto con il Signor Conte E perche gi@
è hora di pagarne al ſtomaco vno di maggior im portan
za, à riuederſi hoggi.
_Mat_, L’attenderò con impacienza.
_M_.
SE bene dice il prouerbio, al pagar
non eſſer corrente, perche potria venir
qualche accidente, che tù non pagaſſ@
niente, nulladimeno hò atteſo miei Si-
gnori la loro venuta con vna inquietez-
za grandiſſima, per ſodisfare à miei de-
biti dal Signor Ofredi preteſi.
In gratia
non mi diano più la corda, ma principi-
no à sfo drare le loro pretenſioni.
_Ofr_ Il primo ſuo debito è vn’eſperienza da V.
S.
arreccata nel
_p.
Dial.
pag.
15_.
in materia d’vn bicchiere, ò vaſo pieno d’aria,
ſommerſo nell’acqua con la bocca all’ingiù.
_Mat_.
Se V.
S.
m’aſcriue à debito l’hauer detto, che quanto più
s’immerge il bicchiere, ò vaſo, tanto ſi fà minor fatica, con-
tro quello, che pare che affermi il Dottiſſimo P.
Fabris nel
luogo iui citato, ſe non haueſſi altri debiti ſarei felice, men-
tre queſta è coſa notiſſima
_Ofre_.
Non in queſto conſiſte il ſuo debito.
Hauerò però piace-
re di ſentire come queſta ſia coſa tanto triuiale.
_Mat_.
Io credo che loro Signori haueranno veduto più volte li
Ciarlatani tener in mano vn’ampolla, ò carafa piena d’ac-
qua, e dentro alcune palline vuote di vetro lauorate alla
lucerna, con vn bucchetto, &
vn poco di collo, che eſſen-
do iui più groſſo, &
in conſeguenza più graue che altroue,
le laſcia bene galleggiar nell’acqua, ma con queſto collo
immerſo, &
all’ingiù:
attaccandogli pure alle volte figuri-
ne di vetro lauorate alla lucerna, che rapreſentano Sirene,
Diauoli, Angeli, &
altre coſe per render maggior ſtupore
alli merlotti.
Hora galleggiando queſte palline, come
quelle, che con l’aria, che contengono fanno vn compo-
ſto più leggiero in ſpecie dell’acqua, premono queſti con
il popiſtrello del dito pollice ſopra l’acqua della carafa;
c
(page 126)
ſecondo la maggior, ò minor preſſione ſi vedono diſcende-
re, ò alcune, ò tutte queſte palline, chi più, chi meno, chi
ſino al fondo;
dal quale anco, rallentandoſi la preſſione
del dito, ſi vedono riſalire, chi più, chi meno, chi ſino à gal-
leggiare, ſecondo che più, e più ſi rallenta la preſſione.
_Ofr._
Et hò fatto io più volte queſto giochetto, e sò anco la
cauſa, che ne viene aſſegnata comunemente.
Premendoſi
l’acqua della carafa con il dito (che però otturi la bocca
ben bene) queſta ò non patendo compreſſione alcuna, ò
patendone qualche poco, non però quando habbia doue
cacciarſi, entra per quelli buccolini nelle palliue a propor-
tione della preſſione;
e con il ſuo ingreſſo comprimendo
l’aria contenuta entro alle palline, fa vn compoſto, ò vgual-
mente graue in ſpecie con l’acqua, ò più:
e perciò ſi vedo-
no tutte quelle varietà.
Anzi che ben ſpeſſo quando la
preſſione è molto gagliarda, e le palline ſono aſſai graui
per ſe ſteſſe, ſi che poco differiſchino dall’acqua, entra in
eſſe tanta quantità di queſta, che anco ralentata la preſſio-
ne, non perciò vſcendo l’acqua da eſſe, perſiſtono nel
fondo;
ne ſono più atte al gioco ſino che non ſi caui da
eſſe detta aqua.
_Mat._
Queſta eſperienza dimoſtra manifeſtamente che nel bic-
chiere, ò vaſo quanto più fondo ſi ſommerge, tanto ſi pro-
ua minor fatica nel tenerlo fermo acciò non riſaliſca.
Per-
che pure in eſſo può entrare tant’acqua, che l’aggregato
d’eſſa, vaſo, &
aria riſtretta, poſto entro l’acqua, ſia, ò
vgualmente graue in ſpecie con eſſa, ò più, nel qual caſo è
manifeſto, che non ſi farebbe fatica alcuna.
Immergendo
adunque più, e più il bicchiere, caminaſi ſempre più à ren-
derlo, e graue come l’acqua, e più.
Adunque ſempre ſi
rende più graue, e ſempre ſi fà minor fatica.
Cont.
_Vn eſperienza ſimile porta il dottiſſimo Claudio Beri-_
_gardo, gia Filoſofo primario di queſto Studio_, nel ſuo Circo-
lo Piſano par.
3.
circ.
6.
pag.
294.
ſit columna vitrea, _dice egli_ caua,
altitudine vnius pedis, diametro trium digitorum, aquæ plena.
Fiat vaſculum vitreum rotundum magnitudine nucis maiuſculæ,
ſed ita compreſſum, vt minor diameter altitudinem referens ſit
vnius digiti, maior verò latitudinem referens ſit duorum, paulò
(page 127)
craſſius in illa parte, quæ deorſum ſpectare debet, in qua ſit oſculum
magnitudine lentis per quod tantum aquæ demittatur intra vaſcu-
lum, vt illud demerſum ad mediam columnam ibi conſiſtat immobi-
le.
Tunc ſi paulò ſupra medium attollitur, ſpontè aſcendit ad ſu-
perficiem aquæ ſi verò paulò infra medium deprimatur ſpontè ad
fundum columnæ delabitur;
vnde ſi rursùs ad medium columnæ re-
uocatur ibi conſiſtit.
_Mat._
Vedo che la cauſa è la medema, che ſopra habbiamo det-
to militare e nell’altra carafa e nel bicchiere, o vaſo.
Cont.
_Sì ma il Berigardo l’aſſegna diuerſa dall’addotta da V.
S._
_Dice adunque_.
Ratio cur bæret in medio eſſe videtur, quod to-
tum compoſitum ex aere &
vitro in medio conſiſtens eſt eiuſdem
ponderis atque aqua eiuſdem molis.
Si paulùm deprimitur, aer ma-
gis compreſſus ob violentum deſcenſum minorem locum occupat, &
intra vaſc lum plus aquæ admittit vnde totum compoſitum ex aere
&
vitro fit grauiùs aqua eiuſdem molis.
Atque ob contrariam ra-
tionem, quando vaſculum paulò ſupra medium columnæ attollitur,
aere dilatato compoſitum ex aere &
vitro leuiùs eſt aqua eiuſdem
molis &
propterea ad ſuperficiem reuocatur.
La medema cauſa aſfegna il noſtro grand’amico, &
inſigne
Filoſofo, e Matematico, dico il Signor Rinaldini nel caſo
del bicchiere che pur’egli conſidera _nel lib.
primo de Reſ &_
_Compoſ.
Mat pag._
179.
dicendo _Quod ex eo planè cuique conſtabit_
_aduertenti longè difficiliùs impelli deorſum cyatum inuerſum in bu-_
_midum initio quàm poſtea immerſionis decurſu;
eam ob cauſam,_
_quia aer intra cy@tum incipit conſtipari ab humido ſubtus occur-_
_rente cyato deorſum pulſo;
tunc autem cum factum ſit totum corpus_
_grauius in ſpecie non reſiſtit prementis manui, vnde nulla in immer-_
_ſionis progreſſu reſiſtentia percipitur._
Vogliono adunque que-
ſti Signori che tutto ciò prouenga dall’aria, e vetro, e non
in conto alcuno dall’acqua, che ſia entrata nel vaſo, che
aggiunga grauita, come diceua V.
S.
la quale non vogliono
che ſi conſideri in conto alcuno.
_Mat._
lo dubito Signor Conte che V.
S.
non aggraui queſti Si-
gnori di molto, volendo che dicono vna coſa, la quale non
dicono eſpreſſamente.
Per intender meglio il negotio v’è
neceſſario qualche ſchema, però eſemplifichi ſopra
queſto.
_Cont._
Sia il vaſo A B C, il quale dopò la total immerſione
preciſa non contenga altro che aria (perche ſino a queſto
ſegno ſe v entrerà acqua ſarà in ſenſibile.)
Queſti ſr para-
gona con tant’acqua quanta è tuttala ſua mole;
e nor nel
tenerlo dobbiamo ſentire tutto l’ecceſſo di queſta ſopra il
peſo del vetro, &
aria.
S’immerga di più di quello che era
prima ſecondo tutta la ſua altezza, &
in queſta immerſio-
ne maggiore ſia entrata dentro l’acqua A D E C, e tutta
laria ſi ſia riſfretta in D B E.
Dico che il vetro, e l’aria
D B E, ſara più graue in ſpecie, che il medemo vetro, &
aria A B C.
Et auuerta V.
S.
che dico più graue in ſpecie, e
non aſſolutamente, cioè di grauita aſſoluta;
perche sò
anch io, che traſportato nel vacuo il vetro con l’aria con-
denſata D B E, &
il medemo vetro con l’aria naturale
A B C, che peſeriano il medemo.
Anzi che il peſare il
medemo aſſolutamenre è cagione che ſiano di differente
grauità ſpecifica, che è quella grauità, che eſercitano nel-
l’acqua.
E la ragione è queſta.
Nel primo caſo il vaſo, e
l’aria A B C, ſi paragonano con tant’acqua quanta e tutta
la loro mole, onde ſe l’acqua peſa, per eſempio, libbre 4.
&
il vetro, &
aria libbre 1.
noinel tenerlo ſentiremo @@mpul-
ſo de libbre trè Ma ſe l’acqua entrata A D E C, peſaſſe lib-
bre 2;
l’acqua, che ſi paragoneria con il vetro, &
aria con-
denſata D B E, non ſaria piuranta quanta è tutta la mole
A B C, ma tanta ſolamente, quanto ſarebbe il vetro, &
aria D B E;
la quale peſando libbre 2.
&
il vetro, &
aria lib
bre noi non ſentire ſſimo che l’impulſo d’vna libbra.
Ec
co adunque che il vetro, &
aria D B E, ſono più graun in
ſpecie del medemo vetro, &
aria A B C.
Non è adunque
vero quello che diceua V.
S.
cioè che la cagione ſia perche
l’acqua A D E C, peſi, e che ſi ponga vn’aggregato di ve-
tro, aria, &
acqua, mentre nel primo caſo ſi collocaua nel-
l’acqua vn aggregato di vetro, &
aria.
_Ofr._ In queſto mio patrone conſiſte vno delli ſuoi debiti.
_Mat._
Se bene è vero che il vetro cō l’aria D B E, ſia più graue
in ſpecie del vetro, &
aria A B C.
&
anco conceſſo che
l’aria D B E, poſſa eſſer tanto condenſata, che con il vetro
facia vna mole, e della medema grauita lpecifica con
(page 129)
l’acqua, &
anco di maggiore, e che queſto accada al vaſetto
del Sig.
Berigardo;
nulladimeno hauendo cōſideratione all’
operatione della natura, &
a quāto accade, dico aſſolutamẽ
te che biſogna parlare come hò parlato io;
e che in queſto
caſo quello, che ſi pone nell’acqua è il vetro ABC, l’aria
D B E, e l’acqua A D E C;
e che in turti doi li caſi biſogna
fare la comparatione con la medema mole d’acqua vguale
figure
alla mole medema poſta nell’acqua;
la quale nel primo ca-
ſo conteueua vetro, &
aria, e nel ſecondo vetro, aria, &
aqua;
ma ſempre moli vguali ABC.
Ne li autori ſopradetti
dicono eſpreſſamente il contrario come ſi pretende.
_Ofr._ Il punto ſtà in far ciò vedere.
_Mat._
Già Signor Ofredi che V.
S.
al vedere non reſta perſuaſa
che l’acqua nell’acqua grauiti, come habbiamo tanto di-
ſcorſo nelli noſtri antecedenti Dialogi, ſpero di farle con-
feſſare il tutto, e con’acquiſto de nuoue cognitioni forſe
non ſprezzabili.
_Ofr._
Attenderò l adempimento di queſte promeſſe;
mà prima
me dica V.
S.
ſupponiamo che A B C, ſia vn gallegiante
(page 130)
ſolido, il quale già ſia immetſo nell’acqua;
perche in te-
nerlo acciò non aſcenda farà tanta fatica quant’è l’ecceſ-
ſo della grauità d’vna mole d’acqua vguale ad eſſo, ſopra la
ſua propria?
Non è la cagione perche il galleggiante tiene
ſolleuata quella mole d’acqua ad eſſo vguale, che leuato
eſſo, diſcenderebbe ad occupar quel luogo?
_Mat._
Supponga che io riſpondi affirmatiuamente, giache è
certo tenerla ſolleuata.
_Cont._
Veda V.
S.
quello, che concede, perche è negato ſolen-
nemente dal noſtro gran Galileo _nelli galleggianti nella pag._
8.
oue proua, che _la mole dell’acqua che s’al za nell’immerger vn_
_priſma, ò cilindro ſolido, ò che s’abbaſſa nell’eſtrarlo, è minore dellæ_
_mole di eſſo ſolido demerſa, ò estratta:
e ad eſſa bà la medema pro-_
_portione, che la ſuperficie dell’acqua circunfuſa al ſolido, alla me-_
_deſima ſuperficie circunfuſa inſieme con la baſe del ſolido._
Per
eſempio ſia il vaſo A C D, con l’acqua E C N (il qual vaſo
ſe bene la figura dimoſtra come ſettore, poco importa, po-
tendolo noi immaginare anco come parallelepipedo ò
priſma) e ſia il galleggiante B L O D, che pure ſia vn priſ-
ma, la di cui baſe L O (che ſuppongo vguale alla B D,) ſia
la metà di tutta l’A D.
Immaginiamoci queſto priſma fuori
totalmente dell’acqua, e poniamolo con la baſe L O, ſopra
l’H N, ſuperficie dell’acqua, premendolo in giù nell’acqua
ſino che ſia arriuato nel ſito B L O D.
L’acqua, che ſe ſarà
ſolleuata ſopra il liuello E H N, ſarà A E H B, non vguale
à tutto il ſolido, ma alla ſola parte H L O N, che è l’acqua
ſcacciata, e ſolleuata nel ſito A E H B.
Chi adunque cre-
de, che in tanto chi tiene il galleggiante nel ſito B L O D,
facia fatica ſecondo l’ecceſſo della grauità di tant’ acqua
vguale al gallegiante ſopra la grauità del medemo, perche
nell’immergerſi habbia alzato, e tenga alzata mole d’ac-
qua ad eſſo vguale, erra di gran lunga, dice il medemo Ga-
lileo _alla pag_.
7.
perche non ſe n’alza che vna mole A E H B,
vguale alla parte H L O N, immerſa ſotto il primo liuello
H N.
_Mat._
Si come è vero che l’acqua alzata ſopra il primo liuello
E H N, è la ſola A E H B, così è anco vero che il galleggian-
te non è totalmente demerſo ſotto il medemo liuello, mà
(page 131)
Ia ſola parte H L O N.
Onde ſe s’immaginaremo che il gal-
leggiante ſia tanto diſceſo, che ſia totalmente ſotto il det-
to liuello nel ſito H M P N, ſarà anco vero che allora ha-
uera alzato ſopra il liuello E H N, l’acqua A E N D, ad eſſo
vguale.
Nè mai diſcenderà totalmente ſotto d’vn liuello
per tutta la ſua altezza, che non habbia ſolleuato, e ſcaccia-
to acqua à ſe vguale;
e che non combatta con acqua pure
à ſe vguale;
e in conſeguenza che chilo tiene acciò non ri-
ſaliſca, non debba adoperar forza vguale all’ecceſſo della
grauità dell’acqua ad eſſo vguale ſopra la ſua propria.
Nel
ſito BLOD, realmente nõ è ſolleuata ſopra il primo liuello
EHN, che la ſola acqua AEHB, vguale alla parte demerſa
HLON;
nulladimeno chi ben conſiderera le ſcambieuoli
operationi del gallegiante, &
acqua, biſognerà che con-
feſſi, che chilo tiene immerſo biſogna che facia la mede-
figure
ma fatica.
Perche non la ſola aequa AEHB, combatte
con il galleggiante, e procura diſcendere, ma tutta l’acqua
AFLB, ad eſſo vguale, La quale ſe bene nõ è tutta ſtata fat-
ta ſalire ſopra il primo liuello, nulladimeno è pur tutta ſta-
(page 132)
fatta ſalire.
E ſe bene non tutta, ſcacciando il galleggian-
te, diſcende ſotto il detto primo liuello, nulladimeno però
tutta diſcende.
Per intender la qual coſa, immaginiamo l’AFOD, vaſo ri-
dotto in priſma con l’acqua EFON auanti l’immerſione
del galleggiante, il quale immerſo ſia pure BLOD, e
l’acqua alzata ſino all’ AB.
Intendiamo &
acqua,
e galleggiante diuiſi con piani paralleli all’ FO, in
tanti priſmi minimi fiſici, cioè d’altezza minima, che
ſiano F1O, 1.
2.
2.
3.
come nella figura;
immaginiamo pari-
mente il galleggiante alzato, e traſportata la LO, in 1.
Al-
lera l’acqua F1L, diſcendendo occuperà il minimo ſpa-
figure
tio L1O;
&
1.
2.
ſarà diſceſa in F1L;
&
A12B, in 12.
11;
e
l’acqua, che vorrà diſcendere, ſarà la ſegnata nella figura
1.
12 per non multiplicare tante note, ma però il ſito del-
la ſuperficie 1 ſara occupato dalla ſuperficie 2.
e quello del-
la ſuperficie 12.
dalla ſupetficie A B, che ſaranno iui diſce-
fe.
Immaginiamo il galleggiante alzato nel ſito 2.
l’acqua
ſegnata 1.
2.
che però ſarà 2.
3.
deſcendendo occuperà pure
il ſito 1.
2.
la ſciato dal galleggiante, e nel ſito 1.
2.
dell’ac-
(page 133)
qua ſarà diſceſa la 2.
3.
ſegnata che però ſarà 3.
4.
e tutta
l’acqua, che hauerà da diſcendere ſarà 2.
11.
ma nel ſito del-
la 1.
ſarà la 3 &
nel ſito della 11.
ſarà F AB Così ſe ſeguire-
mo ad immaginarſi alzato il galleggiante nelli ſiti 3.
4.
5.
6.
&
c.
l’acqua diſcenderà ſempre nel medemo modo, in guitz
che traiportata la LO, fopra la HN, ſi fermi la diſcela.
E
adunque manifeſto che tutta l’acqua AFLB, diſcende nel
principio, ma nel progreſſo ſolo l’eſtante ſopra la baſe in-
feriore del galleggiante.
Quando poi l’immergiamo perche queſto moto è contrario
à quello dell’alza nento, biſogna anco che ſucceda il con-
trar o.
Cioè poſta la baſe L O ſopra l’HN, e principian-
doſi ad immergere.
l’acqua H6N, entra ſotto l’E6H, occu-
pando tutto quel ſpatio minimo in altezza, &
alzãdo quel
la in E7H Così ſeguitando ad immergeieil galleggiante,
l’acqua 6.
5 en@ra ſotto la 5.
6.
alzando tutta la ſoprapoſtoli
ſino all 8 e così ſucceſſiuamente.
Onde e manifeſto che
quanto p ù s immerge, tanta maggior quantita d’acqua ſi
alza;
dimodo che nel fine ſi alza, e ſi tien ſolleuata tutt
l’acqua AFLB Ecco adunque che nell’immerger il galleg-
giante, benche non@opra il primo liuelio, ſi ſolleua però
tant’acqua quant’e eſſo, e nell eſtrarlo diſcende acqua ad
eſſo vguale, benche non ſotto il detto liuello.
Sempre adũ-
que;
immerſo che ſia il galleggiante totalinente, combat-
te con tant acqua vguale ad eſſo.
Onde chi lo tiene, deue
ſentire l’ecceſſo della grauità dell’acqua ad eſſo vguale lo.
pra la lua grauità, menrre il conato di queſto pareggia
tanta grauità dell’acqua quanta è la ſua.
_Cont_.
Gia che V.
S.
ha notato, e dichiarato queſta dottrina, pri-
ma de dir altro;
voglio auuertire loro Signori d’vn modo,
che non mi par proprio, di parlare del dottiſſimo P.
Nico-
lo Cabei Geſuita.
Que ſti _nel lib 1 methæor.
quæſt 5.
pag.
27.
nel_
_fine della prima colon_.
dice.
_Sieni n corpus aere plenum tentes_
_infra aquam demergere, videbis tanta vi ſurſum repellere depri-_
_mentem, quanta eſt grauitas aquæ;
quæ ſit æqualis illi mole, vt v.
g_.
_ſi ſit globus vitreus plenus aere, magnitud ne palmari, &
tentes_
_quis deprimere infra aquam;
ſurſum pellet globus ille tanta vi,_
_quanta eſt vis, quæ deorſum premit ſphæra aquea vnius palmi_.
(page 134)
_demoſtratur hoe geometricè à mathematicis;
ſed omitto_.
_Mat_.
Queſte parole mi paiono aſſai confuſe;
ne so vedere di-
ſtintamente il loro ſignificato.
In tutti li caſi, Archimede,
che è quello, che ha demoſtrato queſta materia _nel ſuo am-_
_mirabile libretto de inſi hum.
prop_.
6.
parla come l’habbiamo
immitato noi.
Cioe, _ſolida leuiora humido vipreſſa in humidum_
_ſurſum feruntur tanta vi, quanta humidum habens molem æqualem_
_cum magnitudine eſt grauius ipſa_.
Conforme adunque à que-
ſt a fraſe _repellet deprimentem_ conlecceſſo.
_Ofr_.
Se ſono vere le ſue dottrine dichiarate di ſopra, parmi
che ne meno il Galileo parli eſquiſitamente _in quella ſuæ_
_prima prop.
de galleg.
e nella pag 7_.
perche in realta l’acqua,
che s’alza, e che s’abbaſſa nell’immerger, o eſtrare il galleg
giante non è vguale alla parte ſommerſa ſotto, ò eſtratta
ſopra il primo liuello, ma di eſſa ſempre maggiore.
_Mat_.
La propoſitione del Galileo può eſſer e vera, e falſa Ve-
ra ſe s’intende di quella, che s’alza ſopra, e che s’abbaſſa
ſotto il primo liuello;
falſa ſe s intende di quella, che s’al-
za, &
abbaſſa aſſolutamente;
poiche queſta ſempre, ſem-
pre è maggiore della detta parte del galleggiante.
Ma ill
Galileo, per ottener il ſuo intento, non ha biſogno dell’in-
vgualità nel primo ſenſo, ma nel ſecondo.
_Cont_.
Io oſſeruo vn’altra cola;
cioè che la dottrina di V.
S.
mi
par vera quando l’acqua AFLB, è vguale al galleggiante
BLOD, ma quando è minore, per eſſer più anguſto il vaſo,
allora non combatte con acqua vguale ad eſſo, ma con
minore.
_Mat_.
Sempre però con l’acqua AFLB, alta quant’è eſſa.
V.
S.
ha ragione.
Deue però ſapere che la pietra lidia di parago
nare li momẽti delle coſe graui è l’vgualita.
Il fondamento
di tutta la Mecanica ſuppoſto da Archimede nel principio
_del lib.
1.
æ quipond.
è.
Grauia ęqualia, æquali diſtantia poſita, in-_
_ter ſe æqualiter ponderare_.
Da queſto le ne cauano le ſue _prop_
7.
&
8.
cioe che le moli appefe da diſtanze reciproche alle
loro grauita habbiano momenti vguali.
Da queſto pari-
mente ne ſegue quello, che comunemente aſſeriſcono tut-
ti li mecanici;
cioè che tutti li inſtrumenti nominati me-
canici ſi riduchino alla Libra, ò ſtadera di braccia vguali.
(page 135)
Nelnoſtro caſo adunque quando l’acqua AFLB è vguale
al ſolido BLOD, queſti combatte con eſſa;
e quando è
minore, combatte anco con minore.
Ma queſta però hà
ſempre il momento medemo, che ha quella ad eſſo vguale.
_Ofr_. Io non intendo queſta coſa.
_Mat_.
Quando l’acqua AFLB, è vguale al ſolìdo BLOD ſe lo
ſcaccia fuori con la medema velocità, che ſale il ſolido, di-
ſcēde anco l’acqua.
Ma quando l’acqua è minore, diſcende
con tanto maggior velocità.
E perche li momenti con
quali diſcende l’acqua ſi compongono delle grauità dell’-
acqua, che diſcende, e delle velocita;
ſempre credo che
componghino momenti vguali;
perche tanto credo cre-
ſcere;
ò calare la velocità, quanto cala, e creſce la gran-
dezza dell’acqua, &
in conſeguenza la ſua grauità.
Eſſen-
do coſa fondamentale nella Mecanica, che volocità di
moto, e grauità di mole ſi tramutano tra ſe a puntino, e
che vna ſuppl ſce mirabilmente per l’altra.
Sempre poi il
galleggiante BLOD, ſommerſo ſino al ſommo, combat-
te con l’acqua AFLB, alta quant’è eſſo, e non ſolamente
con quella, che diſcende ſotto il liuello ABD, mentre lo
ſcaccia.
Il che fù anco beniſſimo conoſciuto dal medemo
Galileo _nella prop.
5 pag_.
10.
doue volendo dimoſtrare che
il gallegiante totalmente ſommerſo viene ſcacciato dall’-
acqua, lo paragona con queſta alta quant’è eſſo, della
quale proua il momento maggiore del momento del gal-
leggiante, e non con quella, che diſcende al ſuo ſalire ſot-
to il primo liuello.
_Ofr_.
Io non sò ſe l’acqua nell’immerger il galleggiante ſaliſca
nel modo, che hà dichiarato V.
S.
cioè che l’HN, entri ſot-
to l’EH, e le parti ſotto l’HN, entrino ſotto l’EH, e ſotto-
poſtoli.
_Mat_.
Quando il galleggiante è la metà del vaſo, ò minore io
lo tengo di certo per ragione, e per eſperienza.
La ragio-
ne è fondata ſopra quel detto comune, che è la medema
ſtrada quella, che conduce da Tebe ad Atene, e da Atene
a Tebe.
Voglio dire in buon linguaggio, che parmi che
la ſalita dell’acqua ſi facìa in conformità della diſceſa.
Mà
non vi hà diffìcolta che nelli predetti caſi la diſceſa ſi fà nel
(page 136)
modo dichiarato;
adunque anco l’aſceſa.
L’eſperienza poi
è ſtata, che hauendo ſpinto galleggianti in diuerſi vaſi, &
hauendo oſſeruato la ſuperficie dell’acqua, l’hò ſempre
veduta la medema, che s andaua alzando con tutti quelli
corpuſcoli, e lanugini, che le ſopraſtauano, &
in ſporcaua-
no.
Mà quando il vaſo è più che doppio del galleggiante,
hò notato qualche varietà tanto maggiore, e più ſenſibile
quanto è maggiore.
Al qual propoſito, credo che V.
S.
ha-
uerà oſſeruato infinite volte che, ò ſputando nell’ acqua
ſtagnante, ò laſciandoui cadere qualche ſaſſetto, che nel
luogo, oue cade ſi fà cẽtro, dal quale principiano vno, ò più
circoli, che eſtendono le loro circonferenze ſino ad vn
certo ſegno, che ſuaniſcono.
Queſti non ſono altro che l’-
acqua ſolleuata ſopra il primo liuello per l’ingreſſo, ò to-
tale, ò partiale in eſſa del corpicciolo caduto, la quale ſi
ſpande per di ſopra per ridurſi alla perfetta liuellatione.
Quì certo le parti dell’acqua fatte aſcendere, ſe ſubintrano
ſotto l’altre, e ſe le pigliano il capo, come ha bbiamo det-
to, ciò non ſuccede che in poca diſtanza.
Tanto credo che
ſucceda nell’immerſione del galleggiantein vaſi larghi più
del doppiò d’eſſo;
credo che l’acqua, che ſubintra ſia vgua-
le alla baſe del ſolido, che ſi ſommerge;
e che leuandoſi in
capo la ſuperiore, la vadi alzando ſopra il primo liuello di
modo che queſta ſi vada diffondendo come più alta ſopra
l’altra.
Hò immerſo vn galleggiante in vn maſtello aſſai
largo, &
hò oſſeruato che la lanugine, che ſopraſtaua all’-
acqua, ſecondo che il galleggiante più s’immergeua, più
s’allontanaua da eſſo, e s’accoſtaua alli lati del maſtello.
Segno che nell’immerſione ſaliua certamente dell’ acqua
ſopra la ſuprema ſuperficie, e ſi ſpandeua verſo li lati.
Nel-
la ſolleuatione poi del medemo galleggiante queſta lanu-
gine di nuouo s’accoſtaua ad eſſo, per la diſceſa certamen-
te che faceua l’acqua vicina al galleggiante, che lo circon-
daua;
nel luogo laſciato della quale diſcendeua la più lon-
tana per liuellarſi.
Il che ſuccedēdo in queſta guiſa quãdo il
vaſo è più che doppio del galleggiante, in realtà non aſ-
cende, e diſcende tutta l’acqua AFLB, ma certamente non
minore del medemo galleggiante.
Il che a noibaſta abbõ-
(page 137)
dantemente.
E dopò vna ſi lunga digreſſione, ritornando
doue è ſtata principiata, parmi di poter ragioneuolmente
concedere al Signor Ofredi, che ſi fa tanta fatica nel tener
immerſo il galleggiante, quant’è l’ecceſſo della grauità
d’vna mole d’acqua vguale ad eſſo ſopra la ſua propria, per
cheil galleggiante tenga ſolleuato quella mole d’acqua ad
eſſo vguale, che leuato eſſo diſcenderebbe, eſſendo il fatto
certiſſimo, anco quando quella non foſſe la vera cagione
_Ofr_.
Adunque tenendo il vaſo ABC, V.
S.
non ſente ſe non
l’ecceſſo della grauità di tant’acqua in mole quant’è il ve-
tro con l’aria DBE, ſopra la grauità di queſti, perche alza-
to il vaſo ABC, ſolo quell’acqua diſcende, e non altr’acqua
vguale all’acqua ADEC, che reſta in quel medemo luogo.
Adunque male paragona vetro, aria, &
acqua con tant’ac-
qua quanta è queſta mole.
_Mat_.
Dato, e non conceſſo, che non diſcendeſſe l’acqua vgua-
figure
le all’ ADEC, mentre alzando il vaſo, queſta reſti nel me-
demo luogo, io dico che ciò ſarebbe per accidente, cioè per
cagione dell’aria, che condenſata per l’acqua entrata nel
va ſo, mentre alziamo il vaſo non ſentendo tanta preſſio-
(page 138)
ne, con il proprio elaterio riſpingendo per ritornareal
ſuo poſto naturale, ſcaccia fuori l’acqua.
Mà queſta mede-
ma eſperienza, ò poco diuerſa, fà anco Signor Ofredi con-
tro di lei E per redarguirla;
adunque, dico io, quando al-
zando il vaſo ABC immerſo nell’acqua diſcende tant’ ac-
qua quant’è tutta la ſua mole con l’acqua, che contiene ſa-
rebbe vero che queſt’acqua grauitaſſe, e che ſi doueſse far
la cõparatione di tutta queſta mole con tant’acqua ad eſsa
vguale.
Hora Signor Ofredi riempia tuttoil vato d’acqua,
e l’alzi, e vedrà che non ſolo l’acqua, che contiene non di-
ſcenderà mẽtre che il vaſo è ancora ſommerſo.
ma che le-
uato in buona parte fuori dell’acqua, tanto e tanto aſcen-
derà l’acqua, che cõtiene moltoſopra il liuello dell altra;
ne
diſcenderà, ſe il vaſo nõ ſarà totalmẽte eſtratto dall’acqua.
Di più;
quando il vaſo ABC, con l’acqua ADEC, s’alza, cre-
de V.
S.
che ie foſse poſſibile diſtruggere l’aria DBE, ò vera-
mente eſtenuarla in modo che ſi riduceſse al ſuo primiero
ſtato crede dico che vſc ſſe l’acqua ADEC?
Non certo;
anzi n’entrarebbe dell’altra, ſpinta dalla maggior preſſione
dell’atmosfera.
Bene adunque in queſto caſo ſi farebbe la
predetta comparatione, e conſtarebbe che l’acqua ADEC,
grauitaſse.
Hopoidetto di ſopra, dato, enon conceſso, che non diſcen-
deſse l’acqua vguale all ADEC, perche non è vero che nõ
diſcenda, ſe non in tutto almeno in parte.
E per inrender
queſto, ſupponiamo che immergendoſi il vaſo aſcenda l’-
acqua AFGC, e che continuandoſi ad immergere di nuo-
uo per lo ſpatio della ſua altezza aſcenda l’acqua ſino in
DE;
ſe l’alzaremo per tutta la ſua altezza l’acqua di nuouo
ritornera in FG ln queſto caſo per l’alzamento del ſolido
ſara diſceſal acqua ad eſso vguale;
e pure à ſuo modo par-
lando, non ſarà rimaſta nel medemo luogo che l’acqua
vguale al FDEG.
_Ofr_ Sia come eſsex ſi voglia, torna tutto vno, ò in vn modo, ò
nell’altro che parliamo;
perche noi nel tener il vaſo non
ſentiremo che il medemo ſpingere, cioe il corriſpondente
all ecceſso lella grauita di tant’acqua quant’è il vetro, &
aria condenſata.
Tuttal’ acqua vguale alle mole ABC,
(page 139)
peſi 4.
libbre, &
il vetro, aria condenſata, &
acqua ADEC
ne peſi 3 ſentiremo il ſpingere d’vna libbra.
Supponiamo
che l’acqua del mezzo vguale all’ ADEC ſtia otioſa per eſ-
ſer contrapeſata da eſsa, e che qual ſi ſia di queſte peſi 2.
libbre;
tanto, e tanto la rimanente ſupererà il vetro, &
aria
d’vna libbra.
Onde in tutti li modi il noſtro ſenſo prouerà
la medema fatica.
_Mat_.
Se bene queſta differenza pare la medema in tutti doi li
modi, e pare che il tatto la proui la medema, nulladimeno
non è così, &
è molto diuerſa;
&
il tatto, &
vn altro ſenſo
la conoſcerà molto bene.
Queſto ſarà il vedere che ſe il
vetro ABC, &
aria CBE, ſiano più graui in ſpecie dell’ ac-
qua, diſcenderebbero più velo cemente (quando ſoli con-
tinuaſsero à deſcendere) che vetro aria, &
acqua ADEC.
Per dimoſtrare queſta coſa, la quale ſe tirerà dietro altre
cognitioni non ſprezzabili, mi dica Sig Ofredi;
ſe poneſſi-
mo nell’acqua due corpi vguali, vno d’oro, e i’altro di piõ-
bo qual crede che deſcendeſſe più velocemente?
_Ofr_.
E notiſſima la dottrina ſpiegata mirabilmente dal noſtro
gran Galileo _nel Dial.
1.
deile due nuoue ſcientie_, cioè che dalla
velocità aſſoluta, con la quale il mobile ſi mouerebbe
nel vacuo, il mezzo ne leua tanta, quanta è la ſua grauità.
Per eſempio;
ſe l’oro foſſe 20.
volte più graue dell acqua, &
il piombo 16.
eisendo le loro velocità nel vacuo vguali,
l’acqua leuerebbe alla velocità dell’oro vn vigeſimo, &
a
quella del piombo vn ſeſtodecimo:
on le la velocità dell’-
oro nell’acqua à quella del piombo ſarebbe come 19 à 18.
e tre quaiti.
_Mat_.
Tanto che l’oro diſcenderebbe con la velocità corriſpõ-
dente à 19.
D modo che ſe peſaſse lib 20.
&
tant’acqua ad
eſso vguale lib.
1.
diſcenderebbe con velocità corriſpon-
dente a lib.
19.
Il che anco quando non ſuccedeſse così per
che non ſono ſicuro di queſta dottrina del Galileo, mi ba-
ſta che l’oro diſcenderebbe più velocemente del piombo, e
nel diſcendere ſolleuarebbe acqua, che peſaria vna libbra.
Hora intenda V.
S.
che con l’oro ſia vnita tanta materia,
che peſi libre 20 e ſia dalla medema grauità in ſpeciecon
l’acqua, come ſarebbe ſettole di cauallo;
queſt aggre gato,
che ſarà lib.
40.
deſcendendo alzarà vna mole d’acqua, che
(page 140)
peſerà lib.
21.
Crede V.
S.
che deſcenderà con la medema
velocità dell’oro?
_Ofr_.
Nò Signore.
Diſcenderà con aſsai minor velocità.
Per-
che ſe bene tutti doi li ecceſſi ſono aſsolutamente de lib.
19.
nulladimeno paragonati con il mezzo, che s’alza, ſono
molto diuerſi;
mentre il primo ad eſso hauea la propor-
tione de 19.
ad 1.
&
il ſecondo de 19.
a 21;
quella tanto mag
giore.
e queſta minore.
_Mat_.
E ſe all’oro haueſſimo aggiunte lib.
20.
di materia più
leggiera in ſpecie del mezzo?
_Ofr_.
Diſcenderebbe queſto compoſto tanto più lentamente;
e potria eſsere che foſse tanto più leggiero in ſpecie del
ſolo oro, che queſto aggregato foſse, ò della medema gra-
uità ſpecifica dell’acqua, ò di minore.
Nelli quali caſi
queſt’aggregato, nel primo non diſcenderebbe, enelſe-
condo galleggierebbe.
_Mat_.
V.
S.
ha riſpoſto mirabilmente.
Hora nel noſtro caſo, già
che ſupponiamo che il vetro ABC, &
aria cõſtipata DBE,
ſiano più graui in ſpecie dell’acqua, determiniamo l’ecceſ-
ſo della loro grauità;
e ſupponiamo per eſempio che ſia vn
quinto, dimodo che peſando vetro, &
aria condenſata
lib.
5.
l’acqua ad eſſi vguale ne peſi 4.
E manifeſto che di-
ſcenderanno conla velocità corriſpõdente ad vna libbra.
_Ofr_. Certiſſimo.
_Mat_.
Intendiamo che al vetro, &
aria ſia aggiunta l’acqua
ADEC, che pur peſi lib.
5.
sì che tutto queſto compoſto
debba diſcendere, &
alzare vna mole d’acqua vguale à tut-
tala mole ABC;
è manifeſto che quello, che diſcenderà
peſerà lib.
10.
el’acqua, che s’alzerà lib.
9.
Onde la grauità
del corpo diſcendente eccederà l’acqua alzata pure d’vna
libbra, ma che ſarà vn decimo.
E perche li corpi più gra-
ui del mezzo diſcendono in eſſo con la velocità corriſpon-
dente all’ecceſſo della lor grauità ſopra quella del mezzo;
&
il compoſto del vetro, &
aria eccedeua il mezzo d’vn
quinto;
&
il compoſto di vetro, aria, &
acqua @ccede d’vn
decimo, ſi moueranno, e diſcenderanno conforme à que-
ſti ecceſſi.
Ma quel quinto ſe bene aſſolutamente è vna lib-
bra, come è anco il decimo, nulladimeno comparatiua-
(page 141)
mente al mezzo è maggiore d’vn decimo.
Adunque di-
ſcenderà più velocemente il vetro, &
aria, che il vetro, aria,
&
acqua.
_Ofr_.
Con queſte dottrine mi hà fatto conoſcer manifeſtamẽ-
te, che ſe bene pare, che eſſendo aſſolutamente il medemo
ecceſſo della grauità dell’acqua vguale al vetro, &
aria
condenſata D B E, ſopra la grauità di queſti, e dell’acqua
vguale à tutta la mole ABC, ſopra la grauità de primi, e
dell’acqua ADEC, che anco debba cagionare nel tatto la
medema ſenſatione, nulladimeno non eſſer così;
perche
il primo ecceſſo opererà più velocemente che il ſecondo;
&
in conſeguenza queſte diuerſe velocità deuono eſſer
fenſibili;
perche ſe bene quell’acceſo è il medemo aſſolu-
tamente, come già è ſtato detto, non però riſpettiuamẽ-
te, eſſendo diuerſe le proportioni trà li peſi.
E parmi di-
pender tutto il preſente negotio da vna g eometrica pro-
poſitione, che io non voglio dire.
_Cont_.
Caro Sig.
Ofredi non ne defraudi, ma ne conſoli con
queſta ſua Geometria, che sà quanto ne vada à genio.
_Ofr_. La ſeruo.
Sia BE, l’ecceſſo di B A, ſopra C D, &
ad eſſe ſiano aggiunte
AF, DG, vguali.
Sarà maggiore la Proportione di B A, à C D, di
quella di B F, à CG.
@ciaſi come BA, alla C D, coſi AH, à
figure
GD.
Perche come BA, alla C D, coſi
AH, a GD;
ſarà anco come BA, alla
CD, così BH, à C G.
Ma B H, a C G,
ha maggior proportione che BF, à
CG, Adunque anco BA, alla CD, ha-
uerà maggior proportione che BF, a
CG.
Ecco adunque che ſe bene BE,
aſſolutamente è il medemo ecceſſo
tanto della BF, ſopra la C G, quanto
della B A, ſopra la CD, nulladimeno
non ſono le medeme proportioni.
Le quali anco tanto più ſi ſminuiſ-
cono, quanto più le magnitudini vguali aggiunte ſono
(page 142)
maggiori.
_Cont._ Queſto non l’intendo.
_Ofr._
Siano aggiunte alle prime altre due grandezze vguali
FH, GK.
Già s’è prouato che B A, alla C D, hà maggior pro-
portione che BF, a CG;
ma per la ſteſſa propoſitione BF, a
CG, ha maggior proportione che BH, a CK.
Adunque _ex_
_æquali_ B A, alla C D, ha molto maggior proportione che
BH, a C K Ecco adunque che quanto maggiori ſaranno
le magnitudini vguali aggiunte, ſempre tanto più ſi dimi-
nuirà la proportione.
_Cont._ Tutto è veriſſimo.
_Ofre._
Non meno anco è vero, che ſe alla maggiore B A, foſſe
aggiunta AF minore di K D;
aggiunta alla minore
che tanto maggiore ſarebbe la proportione di B A, alla
C D, di quella di BF, a CK.
Perche eſsendoſi prouata la pro
portione di BA, alla CD magg ore di quella di BH, alla
C K, &
eſſendo quella di BH alla CK, maggiore di quella
di BF, alla CK, ſarà queila di B A, alla CD, molto maggio
re di quella di BF alla C K.
_Cont._
Tutto và bene.
Mà io non vedo come queſte verità a
ſtratte, &
vmuerſali, ſi poſſino applicar al concreto parti
colare del qual tr@ttiamo.
_Ofred._
Oggi V S è molto difficile da contentare.
Sia BA, la
grauità dell’aria condenſata, e del vetro;
e CD, ſia la gra
uità dell’acqua, che deue alzare L’alzera con la velocita
co rriſpondente all’ecceſſo della ſua propo rtione, la qua
velocità và creſcendo ſecondo che creſce la proportione
E perche aggiunti li peſi vguali AF DG, &
AH, DK, ſem
pre le proportioni del vetro, aria.
&
acqua mancano;
e
tanto più, quanto maggiori ſono le grauita dell’acque
uguali aggiunte;
adunque alzerà ſempre con minor velo
cita Che ſe alla BA, grauita del vetro, &
aria aggiungeſ
ſimo il peſo AF, minor del Dk, aggiunto al CD;
tanto più
s’impiccolirebbe queſta proportione;
&
in conſeguenza
alzerebbe con minor velocità.
_Cont._
Dio me liberi dal ſuſſeguo del Sig.
Ofredi quando ha da
parlare geometricamente.
_Ofr._
Horsù mi abbaſſerò tanto che deuenirò fanciullo, con-
(page 143)
fermando con vn’eſperienza fanciulleſca quanto è ſtato
ſin’hora detto.
Liquefanno li fanciulli del ſapone con l’ac-
qua, e prendendo vna cannucia a perta d’ambi le parti, im-
mergono vno delli ſuoi capi in quella ſaponata, poi ſoffi-
ando gentilmente dall’altra, formano certe sfere più, e
meno grandi, che hanno vna ſottiliſſima guſcia d’acqua,
e ſono ripiene di fiato.
Staccandole poi con deſtrezza
dalla canna con l’aggitatle vn poco poco, queſte diſcen-
dono.
Ma benche queſte habbino attaccato alla parte
inferiore vna goccia d’acqua, nulladimeno anco per l’aria
quieta diſcendono con grandiſſima lentezza in compara-
tione della velocità con la quale diſcenderebbe la ſola ac-
qua ſe foſſe vnita.
Queſto certo non ſuccede per altro, ſe
non perche quelle sfere conſtituiſcono vn compoſto d’ac-
qua, &
aria, ò fiato, il quale riſpettiuamente al mezzo
vguale alla loro mole, che deuono alzare, e ſcacciare, è
piu leggiero, che non è il ſolo graue paragonato al mezzo
vguale al ſuo corpo, che douerebbe alzare ſolo.
_Mat._
Da tutte a dunque queſte dottrine parmi molto euiden-
temente ſtabilito che l’acqua, che entra nel bicchiere, ò
vaſo debba grauitare, &
aggiungere peſo al vetro, &
aria;
parendomi veriſſimo, che allora il mezzo non aggiunga
peſo al corpo in eſſo collocato, quando non diſcende con
eſſo, e non cagioni ſalita di parte del medemo mezzo ad
eſſo vguale;
ma quando diſcende con il corpo, e con la ſua
diſceſa cagiona ſalita del medemo mezzo a ſe vguale, pur
troppo aggiunge peſo.
A queſto propoſito voglio ſuggerire vna maniera aſſai ga-
lante di peſare l’acqua nell’acqua, &
anco l’aria nella me-
dema acqua.
Prendaſi vn gran vaſo di vetro, ò d’altro (co-
me vna gran boccia) che habbia vn piccolo bucco, che ſi
chiuda beniſſimo con vn bocchino di ſtagno ſimile a quel-
li, che hanno le noſtre boccie quadre, che chiamiamo da
caneuetta, il quale bocchino ſi fori nella ſua ſommità con
vn piccolo bucchetto;
s’attacchi al fondo del vaſo tanto
peſo, che comodamente lo poſſi far diſcendere nell’acqua;
e legando queſto vaſo con fune di ſettolle di cauallo ſi la-
ſci diſcendere;
ſecondo che più, e più diſcendera, anderà
(page 144)
entrando nel vaſo per quel piccolo buccolino ſempre
maggior, e maggior quantità d’acqua ſenza che n’eſca vna
minima particella d’aria, la quale ſempre s’anderà più, e
più condenſando.
_Ofred._ E poſſibile queſta coſa?
_Cont._
Queſt’eſperienza è ſtata fatta dal Sig.
Sinclaro, e la regi-
ſtra _nel lib.
2.
Dial.
4.
principiando dal num._
9.
onde non occorre
dubitare d’eſſa.
_Mat._
All eſperienza ſi può aggiungere la ragione.
L’aria della
boccia è ſottopoſta alla medema preſſione dell’altra.
Quã-
do ſe và immergendo preme ſopra quel buccolino non ſo-
lo tutta l’altezza dell’atmosfera della medema forza con
eſſa, ma anco tutta l’acqua, che li ſouraſta;
onde premen-
do queſto compoſto con maggior momento, caccia dell’-
acqua nella boccia per quel piccolo pertugio;
e non po-
tendo vſcir l’aria per eſſo otturato per la ſua piccolez-
za da coſa, che più preme, è neceſſitata a riſtringerſi ſin’à
tanto, che acquiſti con queſto riſtringimento forza tale,
che pareggi il momento dell’acqua ſopraſtante, &
atmos-
fera.
_Ofred._ Reſto perſuaſo dalla ragione.
_Mat._
Hora Sig Ofredi, chi applicherà queſto vaſo ad vna bi-
lancia, ò ſtadera, trouerà che quanto più diſcenderà, tanto
più peſerà ſecondo la quantità dell’acqua in eſſo entrata.
Chi ſarà quel pazzo, che creda, che queſto maggior peſo
ſia cauſato non dall acqua entrata, ma dall’aria, che con-
denſata più di quello, che era prima, ſia fatta più graue in
ſpecie di quello ch’era?
_Ofr._
Mo patron mio, inqueſto caſo l’acqua è totalmente ſepa-
rata dall’acqua del mezzo.
_Mat._
Intendo.
In vece di far diſcender il vaſo con il fondo all’-
ingiù, lo facia diſcender con il bocchino:
tanto è tanto di-
fceſo che ſia tanto quanto nell’altra guiſa, entreràin eſſo la
mede ma quantità d’acqua;
&
applicato alla ſtadera peſerà
come prima.
In queſto caſo l’acqua del vaſo ſarà median-
te il piccolo pertuggio vnita con l’eſterna.
Dirà forſe Sig.
Ofredi che queſto peſo ſia cauſato dall’aria condenſata?
Lo vadi a dire alle marmote.
Per peſare poi l’aria nell’acqua, diſceſo che ſia il vaſo nel pri-
mo modo aſlai in fondo, sì che molta ſia l’acqua in eſſo
entrata, ſe vadi ſolleuando a poco a poco, ſecondo che più,
e più aſcenderà, ſe vedrà aſcendere quantità di bolle, cioè
l’aria contenuta nel vaſo.
_Ofr._ Cerramente n’vſcira queſt’aria?
_Cont._ V’e l’eſperienza del medemo Sig. Sinclaro.
_Mat._
E non manca la ragione Perche alzato in parte il vaſo,
l’acqua, &
atmosfera non preme iui come premeua più
fondo.
Sì che contropremen@o più l’aria del vaſo, eſce fuo-
ri in parte ſino che habbia tanto debilitato l’elaterio che
paregg la p@eſſione dell’acqua, &
atmosfera.
E queſta è la
cauſa che biſogna alzar pian piano;
perche chi alzaſſe per
molto ſpatio repentinamente, mentre vi ſaria gran diffe-
renza tra queſte preſſioni, farebbe l’aria tanta furia per v-
ſcire, che non potendo per l’anguſtezza del buccolino far-
lo così preſto, potrebbe ſpezzar il vaſo, come accadè al
medemo Sig.
Sinclaro.
Hora tirato il vaſo in pello d’acqua, sì che ne ſia vſcita l’aria
condenſata, e che la rimanente ſia dilatata quanto l’eſte-
riore, immergendo ſotto acqua tutta quella quantità di
fune, che era diſceſa, s’applichi pure alla bilancia;
che ſe
queſta ſarà eſquiſita, farà conoſcere qualche differenza trà
il vaſo in queſto ſito, e quando fù peſato nel fondo (ilche
ſe ſuppone eſſer ſtato fatto) Queſta differen za di peſo non
ſarà altro che quello che peſa tanta quantità d’aria, quãt’è
l’acqua, che ſarà entrata nel vaſo.
_Ofr._ A fare queſt’eſperienza vi vorranno’le gran diligenze.
_Mat._
Certiſſimo.
Nulladimeno, _omnia vincit labor improbus_.
Di-
chiarate, &
inteſe bene le dottrine ſoprapoſte, credo che
facilmente s’intenderà più adequatamente la cagione d’al-
tro natural Fenomeno di quello che l’abbia inteſa il no-
ſtro gran Galileo.
Queſti doppo hauer mirabilmente di-
chiarato _nel Dial.
ſopracitato_, che li corpi ſimili della mede-
ma grauità ſpecifica diſcendono per il medemo mezzo
con la medema velocità, per eccederlo con il medemo ec-
ceſſo proportionale, ricerca da che auuenga poi che ſi ve-
da tanta diuerſità nelle velocità mentre per eſempio, ve-
(page 146)
draſi che vn quadrello diſcenderà per tant’ acqua in due,
battute di polſo, che ſpezzato in particelle piccoliſſime,
tall’ vna di quelle a diſcendere la medema acqua conſu-
merà più hore, e giorni.
Ricorre egli _nella pag_.
88.
_alla ſca-_
_broſità, ò poroſità, che communemẽte, e per lo più neceſſariamente_
_ſi ritroua nella ſuperficie de i corpi ſolidi, le quali ſcabroſità nel_
_moto d’eſſi vanno vrtando nell’aria, ò altro mezzo ambiente, &_
_apportano ritardamento alla velocità, e tanto maggiore, quanto_
_la ſuperficie ſarà più grande, quale è quella de i ſolidi minori para-_
_gonati à i maggiori_.
Il che viene da eſſo dimoſtrato.
Ma io
oltre a queſta, n’aſſegnarei due altre cauſe prouenienti dal-
le dottrine ſopra dichiarate.
Mi dica Sig.
Ofredi.
Ha mai
hauuto curioſità di vedere li piccoli granelli d’arena, &
al-
tri corpiccioli poluerizatti con il microſcopio, o lente col-
ma, che notabilmente ingrandiſca l’ogetto?
_Ofr_.
Si Signore.
Et hò oſſeruato con gran mia ammiratione,
che ſe bene li loro corpiccioli paiono all’occhio libero co-
me tante sferette;
veduti però con il microſcopio ſono ri-
pieni di certe cauità, e montuoſità, e ſono corpi irrego,
lariſſimi.
_Cont_.
Quanto più irregolari, ſaranno anco le loro ſuperficie
tanto maggiori;
&
in conſeguenza prenderà maggior vi-
gore la cauſa aſſegnata dal Galileo.
_Mat_.
Ma di più ſarà anco vero, che ripoſti queſti nel mezzo
fluido, come nell acqua, ò quelle cauitàſaranno riempi-
te da eſſa, ò per la loro piccolezza, ò altro accidente reſte-
ranno pure piene d’aria.
In ambidue li caſi quello, che di-
ſcenderà non ſaràil corpicciolo ſolo, ma queſto congion-
to con dell’acqua, ò con dell’aria;
&
in conſeguenza doue-
rà nella ſua diſceſa alzare mole d’acqua non vguale al ſolo
proprio corpicciolo, ma ad eſſo, &
acqua, ò aria.
Nelli
qua li caſi diſcenderà, ma certo più lentamente che ſe di-
ſcendeſſe ſolo.
Può eſſer adunque che quel corpicciolo ſia
congionto con tant’aria, che il locato entro l’acqua, ò non
ecceda, ò molto di poco in grauitàaltre tant’acqua.
Nelli
quali caſi ò non diſcendera, ò con lentezza grande, e gran-
diſſima.
Con queſt’occaſione non voglio mancare di narrarle vn’al-
(page 147)
tro Fenomeno a queſto propoſito non ſprezzabíle.
L’al-
tro giorno per certa eſperienza il Sig.
Rinaldini.
D.
Gio.
Antonio Baglioni, &
io haueuimo riempito vn tubo di ve-
tro competentemẽte lungo d’acqua, laſciandoli luogo per
vn poco d’aria, &
oglio, che doueuano ſeruire con la loro
ſalita al noſtro propoſito.
Otturato il tubo con veſcica d’-
ambi le parti, lo voltauimo, &
riuoltauimo perpendicola,
re all’orizonte, oſſeruando per l’acqua la ſalita dell’aria, &
oglio.
Queſto non aſcendeua tutto vnito, ma ſi diuideua in
varii come globetti di diuerſe grandezze;
alcuni delli qua-
li alle volte conteneuano nella parte inferiore nella loro
corpulenza quantità di bolle molto bianche, che certa-
mente erano acqua imprigionata, credo io, dalla viſco-
ſità dell oglio.
_Ofr_. E perche non aria?
_Mat_.
L’effetto dimoſtraua che non foſſero aria;
perche que-
ſti globetti a ſcendeuano con vna tardita tanto maggiore
ſopra quella delli altri, che erano oglio puro, quanto mag-
gior quantità di queſte bolle conteneuano.
Il che non ſa-
rebbe ſucceſſo ſe foſſero ſtati aria, la quale hauerebbe ve-
locitato il loro moto, e non ritardatolo, come s’oſſeruaua
in altri, che congiunti con eſſa, ſaliuano più velocemente.
Di più;
l’aria congiunta con eſſi li precedeua, e non ſegui-
ua.
In oltre, ſe alcuno di queſti gl obetti arriuato ad alto ri-
trouaua altro globetto, che prima d’eſſo foſſe ſalito che
però nella parte inferiore conteneſſe ſimil bolle, ſi vedeua-
no manifeſtamente queſte diſcendere per la corpulenza,
dell’oglio, che arriuaua doppo il primo, &
andarſi ad vni-
re con altri inferiori, e l oglio puro con l’oglio puro.
ora queſto fenomeno dimoſtra che anco nell’eſpulſione eſ-
perimentiamo quant’ habbiamo eſperimentato nelle di-
ſceſe;
cioè che più tardamente l’acqua cacci l’oglio con-
giunto con l’acqua, che l’oglio puro;
ſe bene è il medemo
aſſolutamente l’ecceſſo della grauità di tant’acqua quant’è
l’oglio, con l’ecceſſo della grauità di tant’acqua, quant’è
l’acqua, &
oglio, ſopra queſti;
&
è vero che anch in queſto
caſo l’acqua aggiunge grauità all’ oglio in eſſa collocato
mentre con eſſo debba ſalire.
_Cont._
Io tengo di certo che queſte cauſe habbino luogo in ſi-
mil caſi.
Et hora meglio intendo, e penetro la cauſa di cer-
to Fenomeno, che rammemora il Berigardo _nel predetto_
_luogo alla pag_.
304.
con queſte parole _Vas vitreum aquæ plenum_
_deprehenderam in aqua ponderatum plus ponderare, quam omniz,_
_eius fragmenta, rem accuratè ſæpius ex aminando_.
E dice che
credeua che il medemo doueſſe ſuccedere peſandolo in
aria, ma che conobbe che non era vero;
e che tanto in ac-
qua, quanto in aria peſaua vgualmente;
ma che la cauſa per
la quale in acqua pareua che peſaſse inegualmẽte era.
_Quod_
_intra aquã illa minuta fragmenta coniunctas habẽt multas aeris ve_
_ſciculas, quæ aliquo modo ſubleuantlancẽ vbi ſunt fragmenta, quaſu_
_inflatio bullentis aquæ, ijs vero amotis eſt idem pondus_.
Io in virtù
delle ſopradette dottrine dico, che ſe bene in queſto Feno
meno può in qualche modo interuenire anco l’aria, non
però nel modo che dice il Signor Berigardo;
cioè che ſol-
leui la lance come fa l’acqua, che bolle;
poiche l’aria non
cagiona queſta maggior leggierezza, ma perche il vaſo
ſpezzato ſi paragona con maggior mole d’acqua, che in
tiero.
_Ofr_. Ciò parmi molto difficile da capire.
_Cont_.
Procurerò dichiararlo in modo che V.
S.
l’intenda.
Spez
zato il vaſo, le ſue particelle, &
anco le più grandinell
ſuperficie con le quali erano vnite, hanno infinite cauità
e montuoſità.
Queſte ſono cagione del Fenomeno.
Pe
intender il che, ſupponga V.
S.
figure
che A B C D, rapreſenti vn graue
più dell’acqua intiero.
Queſto
poſto nell’acqua peſerà tanto
meno, quanto peſa vna mole d’
acqua ad eſso vguale _per la tanto_
_decantata prop.
7.
del I.
d’Archim de_
_inſid.
humid_.
Lo ſupponghi ſpez
zato in due parti, di modo che
BEFGC, contenghi la cauità
EFG, e AEFGD, la montuoſità
EFG.
Se nella cauità EFG, può
entrare l’acqua a riẽpirla, allora
tanto peſerà B D, ſpezzato co-
(page 149)
me intiero.
Ma ſe la cauita EFG, foſse nell’acqua, ò ripie-
na d’aria, ò coſi minima, che non foſse capace ne d’acqua,
ne d’aria, ma rimaneſse vacua, allora peſerebbe meno
ſpezzato che intiero.
Perche la parte BEFGC, ſi parago-
nerebbe con l’acqua vguale a tutta la mole BEGC, che ſa-
rebbe quella collocata nell’acqua;
e l a parte AEFGD, con
lacqua vguale a tutta queſta mole.
Onde l’acqua parago-
nata con ambidue queſte parti eccederebbe la paragonata
con tutta la BD, intiera di tant’acqua quanta foſse la mon-
tuoſità EFG.
E perche l’acqua leua dal peſo del graue po-
ſto in eſsa quanta è la grauità dell’acqua, che con eſso ſi
paragona;
più leuerà l’acqua paragonata con le parti, di
quello che leui la paragonata cõ il tutto.
Adunque le par-
ti rimaneranno più leggieri del tutto.
Quello che habbia-
mo detto d’vna intendaſi di tutte.
E perche nel vaſo ſpez-
zato ſi contengono infinite cauità, e montuoſità, le quali
benche minime, nulladimeno perche _multa pauca faciunt_
_vnum ſatis_, e
Adde parum paruo, paruo ſuperadde puſillum,
Tandem de paruis magnus aceruus erit;
quindi è che formano vn tal che, il quale anco ſi conoſce
con la ſtadera, ò bilance, peſando meno il vaſo ſpezzato
che intiero.
_Mat_.
Queſti diſcorſi mi hanno ſuegliato la mente a procurare
d’inueſtigare le cagioni d’altri effetti, che eſperimentia-
mo.
Mi hanno ſempre dato gran faſtidio certi corpuſcoli
conſtanti di materia più graue in ſpecie di liquidi, nelli qua
li ſi fermano da per tutto.
Come per eſempio, dice il nobi-
liſsimo Boile Ingleſe _in Hiſt.
fluid.
&
firmit.
ſect.
5.
Atqui pa-_
_lam est plumbum, argentum viuum, quin &
aurum ipſum, licet in_
_mole ſenſibili reperta, ad fundum aquæ regis, vel ſimilis eiuſmodi_
_liquoris citiſſimè demergentur;
attamen a menſtruo corroſa, inque_
_partes valde minutas exeſa, adeo eſſe agitationis, quam ante, ca-_
_paciora, vt relicto liquoris fundo libere quaqua uerſum, ad ipſam_
_quoque ſummitatem vna cum ſociatis liquoris partibus feruntur_
_nec ad fundum relab antur_.
Mai hò potuto ſodisfarmi nell’in-
ueſtigar la cagione perche queſti corpuſcoletti ſi fermino
da per tutto, e non diſcendino al fondo, eſſendo più graui
(page 150)
in ſpecie d’eſſa acqua, e liquido.
_Ofr_.
Certo che ſe ſono più graui in ſpecie, douerebbero, ben-
che anco con grandiſſima lentezza come eſperimentia-
mo in tanti altri, finalmente diſcendere.
_Mat_.
Si quando non diueniſſero per qualche accidente della,
medema grauità ſpecifica con il liquido.
Io prego loro Si-
gnori a reflettere ſe quà poſſi hauer luogo il dire, che quel-
li corpuſcoli habbino il loro ambito coſi ſcabroſo, e ripie-
no di cauità coſi minime, che non ſiano capaci delli mini-
mi di quelli fluidi.
Onde ſe bene il puro corpuſcolo dell’-
oro, per eſempio, è aſsai più graue in ſpecie del liquido,
nulladimeno cõgiunto, ò con tutte quelle minime cauità
vacue, ò ripiene di materia ſottiliſſima, facia vn’aggregato
della medema grauità ſpecifica con quel liquido;
che per-
ciò ſi fermi da per tutto.
E perche vna notitia corre dietro all’altra, da quanto s’è det
to, forſe ſi potrebbe penetrare la vera cagione delle preci
pitationi di queſti corpuſcoli.
Per eſempio, ſoggiunge i
medemo Boile.
_Quinimò videre est pondero ſa, &
mineralia cor_
_pora, ſi in corpuſculu ſatis exilia diuidantur, ad eam leuitatem &_
_volubilitatem redigi poſſe, ut partes ingredientes stillatiorum eti_
_liquorum fiant, uti diſcere poſſumus ex illo, quem Chymiſtarum_
_alij Butyrum, alij ſimpliciter oleum, alij oleum glaciale Antimo_
_nij appellant;
qui, licet poſt retific ationem liquor fit admodum lim_
_pidus, magna tamen ſui parte ex ipſo Antimonij corpore conſtat_
_vt patet (prætermiſſa iam eius grauitate) ex eo quod magna pon_
_deroſæ calcis albæ, per artem in vitrum antimoniale reducibilis_
_quantitas beneficio aquæ limpidæ ex ipſo facilime præcipita_
_poſſit._
_Ofr_.
Io direi che quell’acqua limpida infuſa facia con quel l@
quore vn cõpoſto aſsai più leggiero in ſpecie del puro l@
quore.
Che perciò quelli corpuſcoli diuenuti più graui in
ſpecie del mezzo, diſcendino.
La cera è poco meno gr
ue in ſpecie dell’acqua comune;
onde ſe vn poco di lim
tura di ferro la farà diſcendere apena, ſe in quell’ acqua s
infonderà vn poco d’acqua ſalſa, ò vn poco di ſale, ſi vede
rà ritornar a galla.
Così ſe fatta graue con la predetta l
matura quanto è l’acqua ſalſa, s’infonderà in queſta della
(page 151)
dolce, ſi vedrà la cera diſcendere.
_Cont_.
Tutto queſto lo sò anch’io;
&
è ſtato ſaputo prima di
noi dal Galileo, e da altri.
Queſta ſua riſpoſta però Signor
Ofredi forſe non può quadrare a cert’ eſperienza del Sig-
Berigardo.
_Mat_.
Et io proporo a loro Signori da conſiderare, ſe in molti
caſi la vera cauſa poſsa eſsere (almeno vna delle cauſe) che
li minimi dell’acqua limpida infuſa eſsendo più ſottili del-
Ii minimi del primo liquido, poſſino penetrare, e cacciarſi
in quelli ſpatietti delli corpuſcoli, e coſi renderli più graui
in ſpecie, e capaci di diſcendere.
_Cont_.
Queſta certo mi pare più confacente al Fenomeno del
Signor Berigardo, che dice _nel luogo ſopra cit.
pag_.
299.
darſi
certi metalli, _Quorum ſolutione tingitur aqua, &
quæ mox ad fun-_
_dum iniecto ſale præcipitantur_.
Non sò ſe il ſale con quell’ac-
qua facia vn compoſto più leggiero in ſpecie della ſola ac-
qua, ò più graue.
Onde per queſto capo quelli corpuſcoli
meno doueſsero diſcendere.
_Mat_.
Più graue certo, ſe quella è acqua ordinaria.
Anco di
queſto Fenomeno forſe la cauſa ſa@à che li minimi del ſa-
le poſſino più prontamente cacciarſi in quelli ſpatietti de
minimi metallici, di quello che poſſino fare li minimi di
quell’acqua, e così rendendoli più graui farli diſcendere.
Se
potrebbe anco cõſiderare ſecõ queſte infuſioni di ſale, ac-
qua, e meſcolanze di diuerſe materie ſi faceſse, &
eccitaſse
vna tal fermentatione, mediante la quale le particelle di
quelli liquidi riceueſsero vn moto più efficace dell’ordina-
rio conſeruante la loro fluidità, nel quale ſempre ſono,
mediante il quale poteſſero più prontamente cacciarſi in
quelli ſpatietti.
Già è maniſeſto, come habbiamo tocco
anco di ſopra, che vn corpo in moto maggiore entrerà in
quelli luoghi, nelli quali non entrerà con moto minore.
Io
hò tocche queſte cauſe, acciò loro Signori l’eſaminino;
che per altro io non le ſpoſo.
_Vont_.
Io non sò ſe li minimi del ſale ſe poſſino cacciare più
prontamente in quelli ſpatietti che li minimi dell’acqua;
sò bene che queſti prontamente ſi cacciano nel medemo
ſale, liquefacendolo, e riceuendone vna certa quantità.
Mi
(page 152)
par coſa molto conſiderabile, e non aliena dal noſtro pro-
poſito, che ſe ſi ponerà del ſal comune pur nell’ acqua co-
mune, queſta lo liquefarà ſino ad vn certo ſegno, che ſia
fatta vna perfetta ſalamora;
la quale conoſcono queſti no-
ſtri ſalumieri che ſia fatta, quando ponendo in eſſa vn ouo
freſco, queſto galleggi.
Riceuuto che hà l’acqua il ſale,
che richiede, non è più poſſibile che liquefaccia altro ſale
comune, e che ne riceua più, ma lo laſcia intatto.
_Ofr_.
Queſto Fenomeno lo sò dalli miei primianni, ma ne vor-
rei ſapere la cagione.
_Cont_.
Credo che queſt’effetto ſia vno delli ſoliti cauſati dalla
preſſione dell’aria, e liquidi.
Preme l’atmosfera l’acqua, e
queſta la ſottopoſtoli;
ma queſta per liberarſi dalla preſſio-
ne penetra in tutti quelli ſpati, che puole:
onde incontran-
do li grani del ſale, è cacciata, e ſpinta da queſta preſſione
nelli infiniti ſpatietti, e pori, che ſono diſperſi trà li mini-
mi, che compongono il ſale.
In queſta guiſa ſeparanno
quelli minimi, e li rendono fluidi in guiſa, che con li mini-
mi dell’acqua compongono vn fluido, li di cui minimi ſo-
no maggiori, ò più craſſi delli puri minimi dell’acqua.
Queſti minimi adunque ſeguono à cacciarſi nelli ſpatiet ti
e pori del ſale ſino che queſti ne ſono capaci, e li permet-
tono l’ingreſſo;
ma quando poi dalli minimi del ſale ſono
coſi ingroſſati, che non poſſino più cacciarſi, ne quelli li
poſſino più riceuere;
allora ceſſa la liquefattione, per mol-
to che s’infonda ſale.
_Mat_.
Realmente chi voleſſe negare che li minimi della ſala-
mora non foſſero più craſſi delli minimi dell’acqua comu-
ne, meritarebbe delle ſaſſatte;
mentre manifeſtamente ſi
vede che l’acqua comune è più leggiera, più fluida, e più
ſottile della ſalamora Nulladimeno io proponerò due eſ-
perienze da fare per vedere ſe il negotio camina come di-
ce il Signor Conte.
Nella machina del Signor Boile, con la quale ſi procura il
voto, ſe ponghi vn vaſetto pieno d’a cqua comune con ſa-
le à ſufficienza per far la ſalamora, e fatto il voto, ſi noti la
qualità della ſala mora che ſi farà, e tempo.
Se è vera la dot
trina del Sig.
Co:
ſarà certo qualche differenza trà queſta.
(page 153)
quella, che ſi farà nell’aria libera.
Perche ſe queſto è effetto
della preſſione dell’aria, &
acqua, doue vi ſarà maggior
preſſione, come nell’aria libera, li minimi dell’acqua, e più
preſto, &
in maggior copia ſaranno cacciati nelli ſpatietti
del ſale.
L’altra eſperienza è queſta.
Con il medemo vaſo ſi faciano
tre, quattro, e più vaſi di perfettiſſima ſalamora;
poi pon-
gaſſi tutta queſta ſalamora in vn vaſo aſſai più alto, ſi che
le parti inferiori ſiano molto più premute da queſto peſo,
che non erano premute le parti inferiori in qual ſi ſia vaſo.
lo credo che chi infonderà del nuouo ſale, nè liquefarà par-
te.
Perche ſe bene la preſſione di qual ſi ſia vaſo non era
ſufficiente à cacciare li minimi della ſalamora nelli mini-
mi del ſale per la loro groſſezza, &
anguſtezza di queſti,
vna preſſione maggiore ne potrà pur far pe netrar in
parte.
_Of_.
V.
S.
hà ben narrato il mirabile Fenomeno della ſalomora
ordinaria, ma poi, per quanto vedo, non sà coſa molto più
ammirabile.
Cioè altr’eſperienza fatta a Firenze dal no-
ſtro Sig.
Rinaldini, che me l’ha comunicata.
Se nella ſala-
mora ordinaria V.
S.
infonderà del ſal Gemma, queſta ne
ſoleuerà parte, e riceuerà ſino ad vn certo ſeguo.
Et impre-
gnata che ſia d’eſſo non ne riceuerà più, come s’è detto del
ſal comune, &
acqua.
Se in queſta ſeconda ſalamora infō-
derà dell’alume di Rocca, ſuccederà il medemo.
Se di nuo-
uo infonderà del ſal Armoniaco, e poi ſal Nitro, e per fine
Zuccaro, ſempre ſuccederà il medemo, che ſaranno li-
quefatti ſino ad vn certo ſegno.
In conformità delle ſue
dottrine biſogneria dire, che li minimi della ſala mora non
baſtanti ad eſſer cacciati nelli ſpatietti del ſal comune, po-
teſſero eſſer cacciati nelli ſpatietti del ſal Gemma;
e così
diſcorrendo.
Ma già che ſopra ſiamo ſtati con il Signor Be-
rigardo, ritorniamoci in gratia, eſaminãdo alcuni ſuoi det-
ti non alieni dalle materie ſoprapoſte, regiſtrati da eſſo
_nella medema pag_.
294.
auanti quell’eſperienza, che c’ha dato
materie di diſcorrer tanto.
Dopò hauer detto che il fumo,
e il legno aſcendono per l’acqua tanto velocemente, che
eſcono anco da eſſa, dice.
_Aſcend it tamen eò remiſſius quò pro-_
(page 154)
_priùs accedit ad ſuperficiem aquæ ſicut ampulla aere plena, &
be-_
_ne obturata tanto deprimitur violentiùs, quantò profundiùs aquæ_
_immergitur.
Proinde celeriùs moueri debet ex profundiori loco._
_vndè plus aquæ partes eam ſurſum impellunt_.
_Mat_.
Manco male che V.
S.
non aſcriue anco queſte partite al
mio debito;
almeno le due vltime, e pure lo potria fare
con qualche fondamento, poiche ho determinato il con-
trario ad eſſe _nel noſtro pr.
Dial_.
Hò detto iui _alla pag_.
13.
che
quando s’immerge il galleggiante, ſino alla total immer-
ſione ſi fà ſempre maggior fatica quanto più s’immerge;
ma paſſata queſta total immerſione, ſi fà ſempre la mede-
ma fatica.
L’ampolla del Signor Berigardo è vn galleggiã-
te come li altri;
ne perciò deue ſoggiacere ad altre leggi-
Se adunque egli intende dopò la total immerſione, e tiene
che l’acqua non patiſca alcuno riſtringimento, credo che
dica manifeſtamente il falſo;
perche per tutto l’acqua fà
la medema forza per ſcacciar insù il galleggiante, ò altro
corpo in eſſa immerſo.
Almeno certo la ſua ragione ni-
ente vale, cioè la maggior altezza dell’ acqua quanto più
fondo ſi và.
Se poi è vero che l’acqua quanto più fonda
ſia vn poco più riſtretta, certamente che quanto più fon-
da dourèbbe ſcacciar più sù il galleggiante, cioè con mag-
gior forza.
Perche riſpingendo qual ſi ſia corpo con la
propria grauità;
&
eſſendo tanto più graue quanto più
fonda, come quella che è più condenſata;
quanto più fon-
da riſpingerà con maggior forza E douendo noi ſentire l’-
ecceſſo della ſua grauità ſopra quella del galleggiante;
ſen-
tiremo maggior riſpingimenio quanto più fonda.
_Cont_.
Se l’acqua patiſca compreſſione, ò nò, lo potremo co-
noſcere peſando in eſſa qualche corpo più graue dell’ac-
qua.
Per eſempio peſiamo in eſſa vn pezzo d’oro, che ſia
bene tutto immerſo, ma poco lontano dalla cima dell’ac-
qua;
poicaliamolo molto al fondo, e torniamo a ripeſar-
lo;
peſera certo meno, ſe l’acqua patiſce compreſſione.
Perche leuando il mezzo all’oro tanta grauità quanto è
quella d’vna ſua mole vguale alla mole del corpo, che ſi
peſa, conforme le tanto decantate dottrine d’Archimede;
e di moli vguali dell’acqua peſando più la più fonda, chela
(page 155)
meno, ſe è iui più conſtipata;
quella leuerà dalla grauità
dell’oro più di queſta.
_Mat_.
Se bene queſti diſcorſi aſtratti paiono molto ragioneuo-
li, nulladimeno non sò come la coſa ſuccedeſſe in pratica.
Perche ſe bene anco l’acqua patiſca riſtringimento, nulla-
dimeno queſto è pochiſſimo.
Onde per queſto capo due
moli vguali d eſſa, cioè vna più fonda notabilmente, &
vna più alta differiranno in grauità molto poco.
Di più, chi
n’aſſicurcrà che anco ritrouando queſta differẽza di mag-
gior, e minor peſo, non naſca eſſa da altro?
Cioè certamẽ-
te dall’acqua più denſa, e graue;
ma non già per la maggior
preſſione, ma bene per eſſer tale di ſua natura.
Non è cre-
dibile che l’acqua ſia corpo homogeneo, ma bene etero-
geneo, &
impuro;
e tanto più, quanto più fonda.
Onde
certo di due moli vguali d’eſſa, peſerà più la più baſſa, che
la più alta.
_Ofre_.
A queſto propoſito mi ſouuiene d’hauer letto _nel Dial_.
I.
_cit del Gal.
pag_.
70.
che per ingannare gentilmẽte alcuni ſuoi
amici, nel fondo d’vn vaſo poſe dell’acqua ſalata, e ſopra
della dolce;
e con limatura di ferro hauendo fatto vna bal-
la di cera tanto graue, che a pena diſcendeſſe, queſta di-
ſcendeua ſino che incontraua l’acqua ſalſa, &
iui ſi ferma-
ua.
E ſe la ſpingeua più fondo, ritornaua trà le due ac-
que.
_Mat_.
Inganno veramente gentile, e degno della filoſofica ſa-
gacità del Galileo.
Nell’eſperimentare biſogna hauer mol-
to bene li occhiaperti e conſiderare attentamente tutte
le circonſtanze.
Lidarò vn’eſempio.
Il dottiſſimo P.
Riccioli Geſuita _nell’ Almag.
lib.
2.
cap.
5.
n.
10_.
inueſtiga que
ſto Problema.
_Quantũ plumbi appendendũ ſit dato funi;
vtcertus,_
_recta &
perpendiculariter tractum ab eo iri funem deorsũ_.
Sup-
pone la lũghezza della fune eſſer 1000.
piedi;
e preſi piedi
10.
della medema, &
hauendola beniſſimo bagnata ſuppo-
ne che peſi in aria lib.
3.
e fatto altro peſo nell’acqua, troua
che tant’acqua quanto è eſſa peſi lib.
4.
Da queſto ne caua
che vn cilindro d acqua lungo, &
vguale alla fune peſerà
lib 400 Queſto ſaria vero quando tutta l’acqua foſſe della
medema natura, &
homogenea;
ma può eſſer diuerſa per
(page 156)
due capi;
primieramente perche quanto più fonda può eſ-
ſer tanto più impura;
ſecondariamente può eſſer tanto
più conſtipata.
Tutti queſti capi poſſono molto vitiar l’o-
peratione.
e cauſare che quel bolide, ò ſcandaglio, che ſi
crederà affondarſi rettamente, anderà trauerſo;
perche
quell’acqua vguale al piombo, e corda con la ſua grauità
leuerà molto più di quello che eſſo ſuppone.
_Ofr_.
Anch’io m’arricordo d’hauer vna volta viſto queſto ſuo
modo di ſcioglier detto problema, &
hauer notato non sò
che degno di eſſer auuertito da chi vorrà intendere queſta
ſua operatione.
Il peſo del piombo, che ritroua da aggiun-
ger alla fune è lib.
100.
qual peſo biſogna intenderlo in ac-
qua, e non in aria.
E perche ſuppone che lib.
2.
e mezza di
piombo in aria peſino in acqua lib.
2.
acciò che il piombo
peſi in acqua lib.
100.
biſogna che in aria ne peſi 125.
Che
poi biſogni intender che il piompo d’aggiunger alla fune
peſi lib.
100.
in acqua, e non in aria è manifeſto, perche tãt’
acqua quanto è la fune peſa lib.
400.
e la fune 300.
il piõbo
lib.
100 e l’acqua vguale ad eſſo lib.
20 Onde l’acqua vguale
a 100.
lib.
di piõbo in aria, e 1000.
piedi di fune peſerà lib.
420
è il predetto aggregato lib.
400.
Onde peſando più l’acqua
del corpo in eſſa collocato queſto galleggierà.
Biſogna
adunque che il piombo peſi in aria lib.
125.
perche così con
la fune peſerà lib.
425.
e l’acqua vguale a queſt’ aggregato
peſerà il m@demo.
_Cont_.
Vn’accidente, che occorre à queſto bolide, ſcandaglio,
ò altro corpo graue, che appeſo ad vna fune ſi laſcia diſcẽ-
dere nell’acqua, parmi che dia molto bene a vedere che l’-
acqua quanto più è profonda, tanto più iui grauiti;
accada
poi queſto per qual ſi ſia cauſa Se ſi laſcia diſcendere que-
ſto graue quanto ſi voglia, finalmente s’arriua in luogo,
che non più diſcende, ma la fune, &
il peſo ſtanno bene im-
merſi, ma però obliquamente;
e ſe ſi laſcia diſcender più
fune, più tutto queſto peſo s’obliqua.
Non ſi può dire
che queſto aggregato di fune, e di peſo attaccato ſia più
leggiero in ſpecie dell’acqua da per tutto, perche queſto æ-
ſcenderebbe à galla.
Fermandoſi adunque in vn luogo, bi-
gna dire che iui ſi pareggino li momenti dell’acqua, e del
(page 157)
detto aggregato;
e non può ſtare in ſito perpendicolare.
perche quell’acqua più profonda peſerebbe più.
Per que-
ſto capo adunque della maggior grauità, che può hauere
l’acqua più fonda della meno può eſſere, che nel deprimer
l’ampolla del Signor Berigardo ſe facia tanto maggior fa-
tica quanto più ſi profonda.
Il Sig.
Profeſſore dice ciò non
ſeguire per la maggior altezza dall’ acqua, ſentiremo co-
me ciò ſia vero;
tanto più che il medemo giuditio biſogne-
rà fare d’altra aſperienza dal Dottiſſimo Pietro Gaſſendo,
il quale pure conformandoſi al Sig.
Berigardo dice _nel lib.
2_.
_Philoſ ſect.
1 cap.
3_.
che nel tener vna veſcica gonfia ſotto
acqua ſi fa tanto maggior fatica quanto più ſi profonda.
_Mat_ Queſto Fenomeno, che lei Sig.
Ofredi ſtima ſimile all’-
ampolla piena d’aria del Signor Berigardo, è molto diſſi-
mile E ſe il Gaſſendo intende della fatica, che ſi fà nel pro-
fondar la veſcica doppo la total immerſione, credo che
non habbia vna ragione al mondo;
perche non oſtante an-
co la maggior grauità dell’acqua fonda, che della meno,
el può eſſere che per altro accidente, che più ſenſibilmen.
te accada alla veſcica di quello poſſi accadere all’ampolla,
quanto più ſi profonda tanto minor fatica ſi facia.
Ma
auanti che ciò eſplichi, giudico bene apportar certa eſpe-
rienza regiſtrata dal Sig.
Sinclaro _lib.
2.
Dial.
4.
n.
7_ Se vna
botte piena d’aria beniſſimo chiuſa con peſi attaccati ſi
renderà coſi graue che diſcenda nell’ acqua, quando in
eſſa ſia diſceſa 7.
ouero 8.
paſſi principierà ad andar in fa-
ſcio, e romperſi.
Coſi ſe ſi profonderà nell’acqua vna boc-
cia fatta di ſtagno, vn vaſo di pietra, di ferro, e di qual ſi
ſia materia più dura, come è ſtato detto della botte, final-
mente profondandoſi ſempre più, ſi rompera, tanto più
preſto, e meno profondo quanto ſarà di materia meno
dura, e forte.
La ragione è, che l’acqua circondante il
vaſo premendolo più quanto più ſi profonda, per conco@
rere à queſta preſſione tutta l’altezza dell’acqua premuta
pure dall’atmosfera, &
al contrario contrapremendo li
lati interni del vaſo la ſola aria rachiuſa, che pareggia la ſo
la preſſione dell’at mosfera, biſogna che queſta cedi alla
maggior preſſione fatta alle parti eſterne del vaſo, e ſi con-
(page 158)
ſtipi;
e che in conſeguenza il vaſo ſi renda, ſe puole;
e quan-
do non può più che ſi ſpezzi.
_Ofr_.
Queſt’eſ perienza non è bruta.
Tanto che l’ampolla del
Sig.
Berigardo potrà tanto dimergerſi, che finalmente ſe
ſpezzi.
_Mat_.
Chi ne hà dubio E ciò tanto più preſto, quanto ſarà me-
no sferica, e rotonda;
perche queſta figura arrecca mag-
gior reſiſtenza alli vaſi.
Hora Sig.
Oſredi V.
S.
hauerà oſ-
ſeruato, che premendo vna veſcica gonfia con le mani, ò
in altro modo, l’aria rachiuſa ſe conſtipa maggiormente, e
tanto più, quanto più ſi comprime, e con maggior forza;
e
che ceſſata la compreſſione, ſi torna con il proprio elate-
rio ad eſtendere come prima.
Spingẽdo adunque la veſcica
ſotto acqua incõtra queſta in acqua, che ſempre maggior-
mente ſtrige li ſuoi lati eſtrinſeci:
onde l’aria interna è ne-
ceſſitata a riſtringerſi;
&
in conſeguenza la veſcica diuē-
ta ſempre di mole minore, benche conſerui ſempre il me-
demo peſo.
E perche ſempre la veſcica è ſpinta insù dalla
mole d’acqua ad eſſa vguale, e noi nel tenerla ſentimo l’-
ecceſſo della grauità di queſt’acqua ſopra la grauità della
veſcica;
e la mole d’acqua, che riſpinge la veſcica ſi fa
ſempre minore;
quindi è che la ſupera ſempre di minor ec-
ceſſo.
Onde per queſto capo dobbiamo ſempre fare minor
fatica quanto più ſi profonda.
E può eſſere, che quello,
che ſcema per queſto capo ſia tanto notabile, che ecceda
queilo, che poteſſe creſcer per altro;
cioè per il peſar
l’acqua più profonda per qual ſi ſia cauſa, che la
più alta.
Se bene da quanto s’è detto ſi poſſi formar qualche giuditio
di quelle parole del Berigardo.
_Proinde celerius moueri debet_
_ex profundiori loco, vndè plures aquæ partes eam ſurſum impel-_
_lunt_;
e che leuato il patir l’acqua compreſſione, &
eſſendo
per tutto della medema grauità, queſte non poſſino veri-
ficarſi ſe non nel modo dichiarato _nel primo Dial pag_.
31.
cioè perche eſſendo più alto il cilindro d’acqua, che ſuc-
ceſſiuamente ſegue a ſpingerla, li da più ſpinte;
nulladime-
no a queſto propoſito ſi potrebbe fare queſt’eſperienza.
Si
prendino doi canne di diuerſe lunghezze, vna per eſempio
(page 159)
di 6.
braccia, &
vna d’vno, e ſe li ponghi vna pallina, come
nell’e ſperienza del Sig.
Rinaldini regiſtrata, _nel pr.
Dial.
no-_
_ſtro pag.
27_.
e notiſi il tempo che aſcenderà il primo brac-
cio in quella di 6.
&
il braccio in quella di vno;
poiche que-
ſti tempi credo che ſarãno ritrouati vguali.
E la ragione lo
perſuade.
Perche nelli moti all’ingiù il medemo ſpatio è
paſſato dal principio del moto più alto, e più baſſo che ſia
il mobile, nel medemo tempo.
Adunque pare che coſi
anco doueſſe ſuccedere nell’eſtruſione.
Principij a muo-
uerſi la pietra dalla cima della torre, ò dal mezzo, ſcorrerà
il primo braccio nel medemo tempo.
E ſi potrebbe fare
queſt’eſperienza.
Nella canna di 6.
braccia ſi ſommerga
vna pallina di piombo tenuta con qualche inſtrumento vn
poco ſotto acqua, ſi che con dilatare ſolo, ò aprire quell’-
inſtrumento la pallina ſubito diſcendeſſe, e ſi noti il tempo,
che conſumerà a paſſar vn braccio;
poi tenuta come ſopra
ſe ponghi ſotto acqua per 5.
braccia, e ſe la ſci diſcender pu-
re per vn braccio, e ſi noti il tempo medemamente.
Io cre-
do certo che queſti due tempi ſaranno vguali.
Coſi adun-
que nell’eſtruſione io credo che li medemi ſpatii ſijno paſ-
ſati in tempi vguali da qual ſi voglia luogo principii l’ eſ-
truſione.
_Ofr_.
Ma io direi in contrario.
Quanto più l’acqua è alta, tanto
più preme.
L’eſperienza la vediamo nella botte piena, che
quanto più fondo ſi fora, con tanto maggior empito eſce
il vino, perche ne ha ſopra maggior quantità premente.
Così nel noſtro caſo, quanto più alto è il cilindro d’ac-
qua ſopra il galleggiante, tanto più preme per cac-
ciarlo.
_Mat_.
L’eſempio non mi par a propoſito;
perche nella botte,
dalla parte dalla quale eſce il vino non vi è coſa, che pre-
mi contro eſſo atta ad impedire l’vſcita;
perche ſe bene
contraſta l’aria, &
impediſce l’empito del vino in
qualche parte, il quale vſcirebbe con maggior velocìtà, ſe
ò non foſſe l’aria, ò foſſe più leggiera, e meno premente,
nulladimeno non può impedire totalmente l’vſcita.
Ma
ſopra il galleggiante preme altr’acqua, come habbiamo
detto _nel cit.
Dial.
pag_.
14.
E perciò queſta equilibrando l’al-
(page 160)
tra ad eſſa vguale nell’altro ſettore, la quale pure pretende
diſcendere, rende nullo riſpetto il galleggiante il ſuo co-
nato Vedaſi _il cit.
luogo nel Dial_.
e ſi roccara con mano que-
ſta verità.
In confirmatione di queſto, &
in ſimil propoſi-
to potremo hauere vn’eſempio, &
eſperienza in vn tubo
ritorto, nel quale con qualche otturamento ſia impedito
il bucco, o piegatura oue comunicano le ſue gābe.
Riẽpita
vna gamba leueſi l’otturamento;
ſi vedrà che l’acqua ſalirà
con grand’empito per l’altra per la preſſione, che fanno
le parti ſuperiori ſopra l’inferiori e ſeguir à ad aſcen-
dere ſino che s’equilibrino.
Ma ſe nell’ altra gamba ſoſſe
pure infuſa acqua, ma non così alta come nella prima, per
eſempio ſino al mezzo, cioè più baſſa della prima;
l’acqua
pur ſalirà, ma con minor empito, per la contropreſſione,
che fa l’acqua ſuperiore.
_Ofr_.
Reſto perſuaſo.
Non facio poi molta ſalſa ſopra le pa-
role prime del Berigardo, cioè (parlando del fumo, e le-
gno) che _aſcendit eò remiſſiùs quò proprius accedit ad ſuperfi-_
_ciem aquæ_, perche m’arricordo beniſſimo che hauendo
V.
S.
_nel 1.
Dial.
pag.
31_.
riſpoſto a certo mio dubio, che ha-
ueuo circa _la prop.
6.
d’ Arch.
de inſid.
bumid_.
e che haueuo pro-
poſto _nella pag_ 29.
e dalla ſua riſpoſta concludendoſi che
queſto moto non ſolo non ſi ritardaua nel fine, ma che
più to ſto s’acceleraua, io confeſſai _ne lla pag_.
32.
d’eſſer ſta-
to perſuaſo dal momento delle ſue ragioni.
_Mat_.
Io reſto molto ammirato come che il Berigardo ſi ſia in-
gannato in ſimil Fenomeno tanto manifeſto, e patente ad
ogn’vno.
Se bene però credo penetrarne la cagione.
Que.
ſta credo eſſer ſtata vn troppo hauerſi cura di non eſſer in-
gannato dà Ariſtotile.
Haueua detto queſti _nel 4.
de celo_.
_Eodem modo feri leuia ſurſum, quo grauia deorſum_.
Ma queſti di-
ſcendono più velocemente per l’aria che per l’acqua, e con
maggior velocità nel fine che nel principio adunque anco
il ſumo, e legno aſcendono più velocemente per l’aria che
per l’acqua, e più velocemente nel fine che nel principio.
Volendo adunque aſſerire la falſità di queſto detto in tut-
to, e per tutto, non è ſtato contento di dire veridicamente,
che al contrario di quello, che ſuonano le parole d’Ariſto-
(page 161)
tile, il fumo, elegno aſcendono più velocemente per l’ac-
qua, che per l’aria;
ma anco poi falſamente, che il motoè
più tardo in fine che in principio.
_Cont_.
Io non voglio dire che il Berigardo ſi ſia ingannato, ſe
prima V.
S.
non ſodisfa ad vna mia inſtanza.
Dice il Gali-
leo _nel ſiſt Coſmico Dial.
1.
pag.
latina_ 18 &
è dottrina comu-
nemente riceuuta, che _acceleratio motus fit in mobili, quando_
_id fertur ad terminum inclinatione naturali deſideratum:
retarda-_
_tio autem oritur per repugnantiam, qua illud ipſum egrè diſcedit_
_ac remouetur ab eodem termino_.
Hora mentre il legno v.
g.
è
ſpinto insù dall’acqua, queſto moto non li è naturale, ma
violento, mentre è ſpinto dal centro al quale ha inclina-
tione naturale.
Adunque queſto moto deue ritardarſi, e
non accelerarſi;
altrimente biſognerebbe dire che ſi mo-
ueſſe all’insù per leggierezza poſitiua;
coſa negata da
V.
S.
_Mat_.
Io non credo chela ritardatione, &
accelerationenel
moto delli graui all’insù, &
all’ingiù ſia tanto di loro eſsen-
za, che ſenza queſte non poſſino ſuſſiſtere;
mentre ſtimo
che ſi ritrouino in eſſi per accidente;
e che tutto dipenda
dal modo di principiar queſti moti, e dal come li ſiano cō-
feriti, e li eſercitino.
Quando l’Aquila homicidiale del po-
uero Eſchilo, tenendo la Teſtudine trà li artigli, preſeil
volo all’insù, queſto moto (parlando al modo di V.
S.)
era
alla Teſtudine violento, mētre era rimoſſa dal centro delle
coſe graui.
E pure è manifeſto che l’Aquila poteua aſcen-
dere con moto, &
equabile, e ritardato, &
acceletato.
Co-
sì ſe foſſe ritornata verſo laterra, ilmoto all’ingiù ſarebbe
ſtato naturale alla Teſtudine, mentre s’accoſtaua al cen-
tro;
e pure poteua diſcendere in tutti trè li predetti modi.
Ecco adunque che ambidue queſti moti poſſono eſſer mo-
dificati in tutte trè le predette guiſe;
e che habbino più vn
modo che l’altro, naſce altronde, cioè dal modo d’eſſerli
conferito queſto moto.
Ma perche comunemente li graui
non ſi ſcoſtano dal centro che per proiettione, e non s’ac-
coſtano ſe non per diſceſa principiata dopò la remotione
di cauſa impediente, nelliquali caſi riceuono le modifica-
tioni di ritardamento in quello all’insù, e d’acceleramento
(page 162)
in queſto all’ingiù, quindi è che così ſi parla comunemẽte.
Anzi che anco in queſto modo di prencipiar il graue il mo
to all’ingiù io non credo che eſſo ſempre ſeguiſſe ad acce-
lerare il ſuo moto, il quale di propria natura ſi ridurebbe
all’equabile.
Queſta dottrina l’hò ſpiegata abbondante-
mente _nelle quarte Conſid contro l’Apologia del P.
Riccioli.
Dial._
_7.
principiando alla pag_.
54.
ſi veda iui, perche la conſideratio-
ne non mi pare ſprezzabile.
_Ofr_.
Anch’io voglio entrare in queſta diſputa.
Mi diea in gra-
tia Sig.
Conte;
perche quando il braccio ſcaglia in alto vn
graue, quel moto languiſce?
_Cont_.
Perche la virtù impreſſa (così nominiamola) languiſce
anch’eſſa.
_Ofr_.
E ſe il braccio conferente l’empito ſi ſtaccaſſe dalla ſpalla,
e ſeguitando il mobile li conferiſce il medemo empito;
ò
pure ſempre ſuccedeſſero nuoui bracci, che con vna conti-
nua ſucceſſione lo ſcagliaſsero con la medem a forza, cre-
de lei, che il moto del graue ſcemaſſe, e languiſce?
_Cont_.
Anzi al contrario, più toſto ſempre più ſe velocitareb-
be, mentre li ſucceſſiui ſcagliamenti ritrouandolo in
moto, opererebbero più efficacemente.
Almeno certo non
languirebbe.
_Ofr_.
Ecco adunque che in queſto modo non ſi ritarderebbe il
moto.
Mà perche ne li bracci continuamente ſuccedono,
ne il braccio ſcagliante ſtaccato dalla ſua ſpalla ſegue con-
tinuamente il mobile, perciò il moto languiſce.
Non coſi
ſuccede al galleggiante, ſpinto insù dall’acqua;
poiche co-
me ha detto il Sig.
Profeſſore _nel Dial.
1.
pag.
31_.
principian-
do l’acqua a ſpingerlo insù, altre acque ad eſſa vguali con-
nuamente ſuccedono.
Onde eſſendo accompagnato ſempre da ſucceſſiue cauſe
ſpingenti vguali, biſogna anco che il ſuo moto ſempre più
s’acceleri;
e tanto più, quanto più lunga è la ſalita.
Alme-
no non ſi ritardi.
Leuata però ſempre la maggior conſti-
patione dell’acqua più fonda;
che eſſendo pochiſſima in
tutti li caſi, non può fare gran differenza.
_Mat_.
Già che V.
S.
ha toccato queſte dottrine ſtabilite _nel pri-_
_mo Dial_.
anch’io repeterò quello, ch’hò detto _nel medemo alla_
(page 163)
_pag.
13_.
e ciò per più piena’cõfuttatione delle parole delSig.
Berigardo ſopradette;
cioè _Proinde celerius moueri debet ex_
_profundiori loco, vnde plures aquæ partes eam ſurſumimpellunt_.
Se
egli intẽde che le parti dell’acqua AGMB (vedaſſi la figura
a carte 37.)
tutte in vna volta ſpingano insù il galleggiante
LMPO, come altri hanno penſato, e non ſolo ſucceſſiua-
mente, come habbiamo detto, credo che s’inganni:
perche
è vero che tutta l’acqua AGMB, per eſempio, fà forza per
diſcendere, ma è anco vero che tutto il compoſto BMPD,
fà pur forza per diſcendere, E perche AFLB, e BLOD,
ſono vguali, e fãno vguali conati;
ſe pareggiano, ne LMPO
in queſto ſito ſente punto la forza di AFLB, ma ſolo quel-
la di FGML;
e così ſucceſſiuamente in tutti li luoghi.
A-
dunque poco importa che l’acqua ſia più alta, ò più baſſa,
ſe non ſucceſſiuamente, in quanto la più alta continua più
à ſpingere;
e perciò introduce forſe maggior celerità;
e
tanto la più alta quanto la più baſſa maggior in fine che in
principio.
Ma che occorre à multiplicar tante parole, mẽ-
tre vi ſono l’eſperienze, che fanno per noi?
Il famoſiſſi-
mo P.
Riccioli _nellib.
dell’Almag.
cap_.
16.
_pag_.
391.
ha tentato
queſt’ eſperienza in vna canna di vetro ſimile a quella del
Sig.
Rinaldini, della quale habbiamo parlato _nel Dial_.
1.
_pag_.
27.
e diuiſa la ſua altezza, che era di 3.
piedi in due par-
ti vguali, e riempitela d’acqua;
laſciando vn piccolo ſpatio
capace d’vn poco d’aria vna volta, e d’vn poco d’aria, &
o-
glio vn’altra, oſſeruò l’aſceſa per eſſa, e dell’aria, e dell’o-
glio.
L’aria ſalìla prima metà in 30.
vibrationi d’vn pendo-
lo, e la ſeconda in 24.
cioè più velocemente.
L’oglio la pri-
ma in 14.
la ſeconda 12.
Coſi fece diuerſe oſſeruationi in
altre canne con altri galleggianti, e nel pozzo, che potran-
no dal curioſo eſſer in eſſo vedute, dalle quali conclude, _Le-_
_uia corpora in aſcenſu naturli per aquam ita inæqualiter moueri,_
_vt velocius moueantur;
&
priorem medietatem ſpatij longori_
_tempore pertranſeant, quam poſteriorem_.
_Cont_.
Quanto alle ſalite diuerſe dell’aria per l’acqua, belliſſi-
mo modo d’eſperimentarle ſe ne può raccogliore dal vaſo
del Sig.
Sinclaro, del quale habbiamo ſopra parlato a car-
te 49.
Poiche ſe notato quanto queſto ſia ſommerſo;
&
al-
(page 164)
zandolo vn pochino notaremo con eſatti pendoli li tem-
pi, che conſumaral aria in diuerſe ſommerſioni a ſalire;
haueremo con che proportione di tempi paſſi diuerſi
ſpatij.
_Mat_.
Anch’io hò fatto l’eſperienze, che dice il P.
Riccioli con
il tubo di vetro pieno d’acqua con aria, oglio, &
vna pallina
di cera, &
hò oſſeruato diuerſe ſtrauaganze;
ma in partico-
lare miè ſem pre riuſcito di non eſperimentare il moto più
tardo in fine, che in principio;
anzi più toſto ſempre qual-
che acceleratione.
Ma però queſte coſe richiedono mag-
gior diſtintione.
Baſti che la ragione, &
eſperienza dimo-
ſtra non eſſer queſto moto più tardo in fine che in prin-
cipio.
_Ofr_.
Se vi ſono dell’eſperienze, che prouano velocitarſi que.
ſto moto, ve ne ſono anco, che prouano ritardarſi.
Così
ſuccede al fumo eſtruſo per l’aria;
che perciò il Berigardo
_nel medemo luogo pag_.
25.
dopò hauer detto, che il fumo aſ-
cende più velocemẽte per l’acqua che per l’aria, ſoggion-
ge, _Hoc quiuis obſeruare poteſt, vt ego Pariſiijs in deflagatione_
_pontium, qui obſorti aquis longo poſt tempore craſſum fumum &_
_ignis vortices emittebant, erumpebat fumus ex aquis velociſſime_,
_ſed in aere lentè aſcendebat, &
quò altiùs, eò lentius, &
c_.
_Mat_.
ſaria meglio caro Sig.
Ofredi che V.
S.
faceſse dire al Sig.
Berigardo come eſperienza in contrario, che il legno fi-
nalmente vſcito dall’acqua ſi ferma affatto.
E ſpinto il gal-
leggiante insù dal mezzo ſempre con maggior velocità
(almeno non con minore,) ſino che queſto è della mede-
ma natura, &
eccede il galleggiante con il medemo ecceſ-
ſo di grauità, non quando queſto ecceſſo ſcema.
Io credo
che V.
S.
non hauerà difficoltà in concedere, che ſe il mez-
zo conteneſſe prima acqua comune;
ſopra oglio;
e ſopra
ſpirito di vino, che vn galleggiante più leggiero di tutti a-
ſcenderebbe più velocemente per l’acqua;
meno per l’o-
glio;
e moito meno per il ſpirito di uino;
e ſempre tanto
più tardo, quanto queſto mezzo meno eccedeſſe;
di modo
che ſe più toſto foſſe ecceduto che eccedeſſe;
il galleggian-
te non ſolo non aſcenderebbe, ma ſe foſſe portato da em
pito concepito a ſalir in eſſo, di nuouo diſcenderebbe.
Coſi
(page 165)
vediamo che il legno, che ſaglie per l’acqua, port a to dall
empito fuori d’eſſa nell’aria, torna ad immergerſi nell’ac-
qua;
ma arriuato all’aria che aſſai aſſai meno l’eccede in
grauità languiſce queſto moto ſin’a tanto che ſi muoua
con moto proportionato all’ecceſſo della grauità dell’aria
ſopra la propria E perche l’aria non eſſendo da per tutto
vniformemente graue, non preme, e ſcaccia vgualmen-
te, ma meno quanto più ſi và in alto, quindi è che final-
mente il fumo nelluogo, oue è graue quanto eſſa ſi fer-
ma.
_Ofr_.
Il moto delli graui all’ingiù ſi velocita di modo che li
ſpatii paſſati ſiino come li quadrati delli tempi, come è già
coſa famoſa, oſſeruata prima dal Galileo, e poi da tanti al-
tri;
mentre adunque il moto d’eſtruſione delli galleggian-
ti ſi và anco eſſo velocitando deſidero ſapere ſe ſi velocita
con la proportion medema delli quadrati delli tempi.
Mat.
_Sodisfa il medemo P.
Riccioli al ſuo deſiderio_ nel luogo
citato pagina 362.
numero 21.
così.
Ex octauæ claſſis experimen-
tis ſatis conſtat leuia corpora à nobis adhibita, non ita, in aſcen-
ſum per aquam creſcere, vt ſpatia confecta ſe habeant inter ſe
ut quadrata temporum;
ſed quadratum totius temporis, quo per-
tranſiti ſunt pedes 14.
multo plus duplo eſſe ad quadratum tem-
poris, quo pertranſiti ſunt pedes 7.
_E poco doppo ſoggiun-_
_ge_.
Itaque proportio, quam huiuſmodi corpora ſeruant, incon-
ſtans eſt, nam in aliquibus videtur tempus primi ſpatij æqualis ad
tempus ſecundi ſpatii æqualis eſſe vt 4.
a 3.
In aliquibus ut 5.
ad 4.
in aliquibus æqualitati proprius, ſeu vt 10.
ad 9.
&
c.
_Ofr_.
Ma mi naſce altra curioſità di ſapere perche non aſcen-
dono, ò ſono eſtruſi dimodo che li ſpatii paſſati ſiino a
puntino come li quadrati delli tempi, come diſcendono li
graui, &
c.
_Mat_.
Per quanto vedo Signor Ofredi li vengono più voglie
che alle donne pregne.
Il medemo P.
Ricciolo pure poco
doppo dice, che la cauſa _vnica aut potiſſima eſt longe minor ex-_
_ceſſus grauitatis aquæ ſupra grauitatem prædictorum corporum_,
_quam ſit exceſſus grauitatis sphæræ metallicæ, aut lapideæ ſupra_
_grauitatem aquæ aut grauitatem noſtriaeris.
At ſi inuenirentur_
_corpora tantò leuiora aqua, quantò corpora metallica, vel lapidea_
(page 166)
_ſuntgrauiora quam aqua, nedum aere;
tunc valdè probabiliter eſt_
_incrementum velocitatis fore ſecundum quadrata temporum_
&
c.
_Ofr_.
Se non vi è altra riſpoſta da ſatiar il mio appetito, al ſi-
curo che ſe io foſſi vna donna pregna, come ſcherza V.
S.
farei il parto ſegnato.
Perche certo con maggior ecceſſo
di grauità eccede l’acqua l’aria pura, che li metalli, e pietre
l’acqua.
E pure l’aria nell’eſſer eſtruſa non oſſerua ne lli ſpa
tii paſſati li quadrati delli tempi.
Coſi eccede di maggior
ecceſſo l’acqua in grauità li altri corpi con li quali eſſo hà
eſperimentato, che tanti più graui dell’acqua non eccedo-
no eſſa;
e pure quelli non aſcendono li ſpatii come li qua-
drati delli tempi, e queſti li deſcenderanno.
L’ecceder il
corpo graue il mezzo per il quale deue diſcendere di poco
in grauità, non fà che ſi muti la proportione delli quadrati
delli tẽpi nelli ſpatii paſſati, ma ſolo che queſti ſpatii ſiino
minori paragonati cõ li paſſati da corpi più graui nelli me
demi tempi.
Tutti però queſti ſpatii ſono frà ſe proportio
nali, mentre ſono proportionali alli quadrati delli tempi.
Tanto douerebbe ſuccedere alli corpi leggieri, ſe queſti
aſcendeſſero per leggierezza poſitiua;
che quanto più foſ-
ſero leggieri del mezzo aſcendeſſero più velocemente;
ma
però che li ſpatii paſſati da tutti foſſero come li quadrati
delli tempi.
In ſomma queſta riſpoſta del P.
Riccioli ha
ſuegliato in me deſiderio maggiore di ſaperne qualche
cauſa più veriſſimile.
_Mat_.
Per vedere, che il parto de V.
S non naſca deturpato com
qualche machia, me cimenterò io d’incontrarne vna forſe
maggiore.
Già parmi conſtare da quanto da noi è ſtato al-
tre volte detto, che il legno v.
g.
ſaliſce per l’acqua per la
ſola eſtruſione che li fà l’acqua deſcendendo, e non per leg-
gerezza poſitiua, la quale non darſi douerebbe pure il P
Riccioli imparare da queſte ſue eſperienze;
mentre queſt
ſuoi corpi non ſaliſcono con la proportione de quadrati
de tempi, come douerebbe ſuccedere.
A dunque non puà
eſter eſtruſo per ſpatii, che habbino la proportione delli
quadrati delli tempi, ſe l’acqua non diſcende con queſta
velocità.
Biſogna adunque indagare perche l’acqua fatta
(page 167)
ſalire con l’immerſione di corpo, che da ſe poſſi ſcacciare,
non diſcenda con quella proportione.
Et à queſto propo-
ſito io oſſeruo che tutte l’eſperienze addotte ſin’hora dell’
acquiſto di queſte velocità, cioè de ſpatii paſſati come li
quadrati de tempi, ſono ſtate fatte con corpi, che eſſi, e
le ſue parti ſeguitano a muouerſi dal principio del moto
ſino al fine, non con corpi, che ſi muouino ſucceſſiua men-
te a parte per parte, come fà l’acqua deſcendendo per eſ-
truder il galleggiante.
_Ofr_. Di queſto ſuo diſcorſo non n’intendo parola.
_Mat_.
Nella figura à carte 37.
ſia il galleggianre L M P O,
ſommerſo nell’acqua in modó che li ſouraſti l’acqua
B L O D.
E manifeſto che rimoſſa la cauſa, che lo
tien ſommerſo, l’acqua principierà attualmente a di-
ſcendere, ma non tutta, poiche v.
g.
AFLB, nulla
ſi muoue, ma la prima è la ſola acqua FGLM, che prin-
cipia a diſcendere, ſuccedendone altre portioni dell’AFLB,
conforme che il galleggiante è più ſpinto insù E quando
è arriuato per eſempio in HLON, l’acqua LMOP, non ſi
muoue più in conto alcuno, ne meno l’FGML, ſucceduta
nelluogo, che occupaua prima quella;
e l’acqua AEHB,
non hà ancora principiato a diſcendere.
Sempre poi ſucce-
de nuoua acqua, che partendo dalla quiete, principia a
muouerſi.
Pare adunque ragioneuole, che non cſſendo il
medemo mobile, che ſi muoua per tutto lo ſpatio, ma le
ſue parti ſucceſſiuamente per ſpatio limitato, &
al più v-
guale all’HL;
che non poſſi ne anco acquiſtarſi quella ve-
locità corriſpondente alli quadrati delli tempi;
&
in con-
ſequenza che in vano poſſi ſperare il.
P.
Riccioli ritrouar-
ſi galleggianti, che poſſino aſcendere con queſta velocità.
Se queſta non è la vera cagione di queſto effetto, io non
ſaprei aſſegnarne altra.
Il Signor Ofredi accetti il buon
animo.
otiſi però da queſte dottrine quanto s’inganni il Sig Beri-
gardo quando dice, _Proinde celerius moueri debet ex profun-_
_dioriloco, vndè plures aquæpartes eam ſurſum impellunt_.
S’in-
ganna dico di molto s’intende altrimente che ſucceſſiua-
mente, come habbiamo detto.
E per più chiara intelligen-
(page 168)
za noteſi, che poco può importare al galleggiante
LMPO, che l’acqua AGMB, ſia più alta, ò meno, perche
tutta queſt’acqua non preme insù il gallegiante ſe non ſuc
ceſsiuamente;
ne con la ſua ſalita diſcende tutta l’acqua
in vna volta, ma a parte per parte.
Ne occore portarl’ eſempio del Baroſcopio, che in queſte
baſſe regioni l’aria ſpinge più insù il mercurio, e meno
nelli monti;
onde queſte preſſioni ſi fanno ſecondo le
maggiori, e minori altezze delli cilindri d’aria premēte:
ne
meno quello dell’argentouiuo che _nel nostro 2.
Dial.
pag_.
55.
ſaliſce più per la fiſtola P V, quanto l’acqua, G C, è
più alta;
poiche in queſti caſi è vero, perche alla ſalita del
mercurio nel Baroſcopio, e nella fiſtola P V, ne ſegue
la diſceſa di tutte le parti inſieme del cilindro d’aria in
quello, e dell’acqua in queſti;
non coſi dell’acqua, che
ſpinge insù il galleggiante.
Onde accoſtandoſi al centro
li cilindri d’aria in quello, e GC, in queſto, tutti inſieme,
poſſono anco cagionar maggior preſſione quanto ſono
più alti.
Coſi ſe faremo due bucchi nella borte vno più
alto, &
vno più baſſo, vſcirà il vino con l’empito regolato
dall’altezza del vino premente;
perche all’ vſcita d’eſſo
per l’vno, ol’altro bucco, diſcende quello, che li ſoura ſta
nel medemo momento di tempo tutto con tutte le ſue
parti.
_Ofr_.
V.
S.
non vede, che già è notte?
Queſti diſcorſi n’hanno
fatto paſſare molte hore ſenza accorgerſi.
La riueriamo,
&
a riuederſi ad vn altra più bella.
_Mat_.
Deſcenderemo tutti inſieme le ſcalle, loro Signori per
partire, &
10 per ſeruirle.
_Of_ PArtii hieri ſera tanto ſatollo dalli noſtri
paſsati colloquij che io mi credeuo che
nõ mi doueſſe venit più voglia di diſcor-
rere per vn gran tẽpo.
Nulladimeno que
ſta notte non porendo dormire, &
an-
dando penſando a quanto ſù detto, mi
ſono nati dubij tali, che ſubito fatto
giorno leuatomi dalletto, ſono anda-
to à ſuegliare il Signor Conte;
conil quale ſono venuto
à riuerirla, &
inſieme ad arreccarli le ſolite moleſtie.
_Mat_.
Riueriſco pure anch io le Signorie loro;
pronto a ſeruire
il Sig.
Ofredi in tutti li modi;
perciò diſponga di me à ſuo,
beneplacito.
_Of_.
Quello che hora deſidero da V.
S.
è che ſi compiaccia d’v-
dire li miei dubij.
Hieri volendo lei ſtabilire che li gal-
leggianti aſcendino per il mezzo più graue d’eſſi con mo-
to, che nel fine non ſia più lento;
e tardo che nel principio,
ma più toſto più veloce, arrecco eſperienze fatte dal Dot-
tiſſimo P.
Riccioli con vn tubo, ò canna di vetro ripieno
d’acqua, per la quale aſcendeuano in queſto modo &
aria,
&
oglio.
Narrò anco li tempi oſſeruati da queſto profondo
filoſofo della loro aſceſa per le due metà del detto tubo, e
diſſe, che l’aria ſalì la prima metà in 30.
vibrationi d vn
pendolo, e la ſeconda in 24;
L’oglio poi ſalì la prima metà
in 14.
vibrationi, e la ſeconda in 12.
Sì che l’oglio paſsò la
prima metà più che il doppio più velocemente, e la ſecon-
da preciſamente il doppio più velocemente.
Queſta certo
parmi vna gran ſtrauaganza;
perche eſſendo l’aria ò tanto
più leggiera, ò tanto meno graue dell’oglio;
ò aſcendino
queſti per leggierezza poſitiua, ò vengano eſtruſi dall’ac-
qua più graue, douerebbe certo di gran lunga aſcender più
velocemente l’aria dell’oglio.
_Cont_.
Queſta ſtrauaganza è ſtata bene anco auuertita dall’oc-
culatiſſimo Riccioli, il quale à queſte eſperienze ſubito
ſoggiunge.
_Cauſa autem ob quam aer qui celerior eſſe debuit_,
_tardior tamen fuit oleo, fuit quia aer ſolus raritatem ſuam reti-_
_nens per anguſtum fiſtulæ canalem ſic aſcendebat, vt circa ſe_
_aquæ in ipſius locum ſuccedenti, tenuiſſimam viam relinqueret:_
_quare cum aqua extenuari deberet morulas temporis requi-_
_rebat_.
_Mat_.
Laſcino queſte morule che ancor noi dimoriamo vn
poco circa queſta materia.
Deuono adunque ſapere, che
le predette eſperienze ſono ſtate tentate dal Riccioli in
occaſione di voler perſuadere al modo litterario, che ſe dia
leggierezza poſitiua, e che condottida queſta ſaliſcano
per l’acqua l’aria, &
oglio, e non perche ſiano eſtruſi dall’-
acqua più graue.
Della qual coſa tratta _ex profeſſo nel cit_.
_luogo pag_.
383.
&
384 Ho nutrito lungo penſiero di eſami-
nare queſte ſue ragioni;
ma hauendo comprato in queſti
giorni il nuouo, &
eccellente libro del Dottiſſimo Signor
Gio.
Alfonſo Borelli _De motionibus natur alibus à grauitate_
_pendentibus_, &
hauendo veduto che _cap.
4 prop.
71.
e per altre_
_ſeguenti_, vengono da eſſo confutate, ho conoſciuto eſſer
ſuperflua la mia fatica.
Non giudico però vgualmente ſu-
perfluo narrare à loro Signori fedelmente l’eſperienze
tentate anco da me in ſimil propoſito.
Hò preſo vn tubo di vetro come SX, lungo vn braccio, e
mezzo in circa delli noſtri, e largo in diametro più della
larghezza de due vngie del pollice, &
otturatolo prima
con veſcica legata in S V, ſtrettiſſimamente, e riempito-
lo d’acqua, laſciandoli luogo per vn poco d’aria, l hò ſer-
rato parimente nel medemo modo dalla parte R X;
&
hauendolo riuoltato in ſito perpendicolare all’orizonte,
hò oſſeruato che l’aria hauendo formato, in compara-
tione del primo, vn cilindro molto lungo, il quale termi-
naua di ſopra in figura curua come A B C, e di ſotto in
circolo poco meno largo del tubo, aſcendeua aſſai lenta.
mente, occupando quaſi tutta la larghezza del tubo;
e
nel fine aſcendeua vn poco più velocemente che nel prin-
cipio;
e nel tempo, che egli a ſcendeua ſi vedeua manife.
(page 171)
ſtamente diſcender l’acqua all’intorno.
Et hauendo tentato queſt’eſperienza più vol-
te voltando, eriuoltando il tubo, accade-
ua alle volte che non tutta l’aria aſcende-
ua vnita, &
in vna ſol volta;
ma ò ne ri-
maneſſe qualche poca attaccata alla veſci-
ca;
ò penetraſſe per la legatura;
ò foſſero
efluuii della medema acqua eccitati dal
calor delle mani;
ò che che altro ne foſſe,
e principiaſſe queſta a ſalire in tempo che
la prima foſſe ſalita molto ad alto, anco
paſſata la metà;
nulladimeno queſta ſe-
conda occupando nel tubo ſpatio molt’-
anguſto, aſcendeua con gran velocità;
non formando la predetta figura, ma co-
me vna perletta, ò pallina lucida, la quale
arriuata all’altra ò ſi confondeua con eſſa;
ò le ſi attaccaua alla baſe A C, di modo che ſe diſtingueua,
ritenendo dalla parte inferiore la ſua conueſſità.
Oſſeruino però che circa queſta figura faitigiata dell’ aria
A B C, la refrattione cagionata dalla craſſitie del vetro, e
la poſitura dell’occhio ne hà vna gran parte circa il più e
meno.
Poiche collocato l’occhio di ſotto al detto cilindro
d’aria, hò veduto la faſtigiatione B, molto eminente;
collo-
cato al liuello con la cima B, l’ho veduta minore;
ma col-
locato di ſopra non vedeuo alcuna conueſſità.
Ho poi preſo vn’altro tubo non in altro differente dall’ an-
tecedente SX, ſe non che era più ſottile, e non era tutto
largo vgualmente, ma di ſopra dell’S V, terminaua in vna
mazzocca aſſai capace come vn sferoide, ouero Ouo;
e
fatte tutte le coſe come nel precedente, hò oſſeruato che
ſino che l’acqua aſcendeua per la parte S X, del tubo, ne ſe-
guiua il medemo come nell’antecedente;
ma arriuata alla
parte più larga, non riteneua quella figura curua, e conoi-
dale, ma facendoſi in vna falda larga, e ſchizza come vna
fogatia, con gran preſtezza aſcendeua il rimanente.
Eciò
tanto ſuccedeua, ò ſaliſce dal più ſtretto nel più largo, ò da
queſto in quello.
_Cont._
Tanto che non ſempre nell’aſcendere l’aria per l’acque
ſi faſtigia in figura conoidale, ò curua?
_Mat._
Non certo nel largo.
Et à queſto propoſito l’altro gior-
no in piazza accidentalmente hò veduto appreſſo vn bo-
tegaio alcune di qúelle ampolline curue, eritonde, che
riempiono d’acqua con trè, ouero quattro di quelli glo-
betti di vetro, che hieri diſſi eſſer adoperati dalli ciarlatani,
le quali ampolline ſerrate al lume, cioè ſigillate herme-
ticamente, e poi voltate, e riuoltate ſempre moſtrano le
predette sferette nella parte ſuperiore.
Hauendo adunque
oſſeruato che conteneuano dette ampolline oltre all’ ac-
qua, e sferette, anco vn poco d’aria, preſene vna in mano
prencipiai a voltarla, e riuoltarla per oſſeruare li moti, e
figure dell’aria nel ſalire alla parte ſuperiore;
e vidi che
que ſta nel ſalire non formaua quella figura curua come
con oide, ne aſcendaua per il mezzo, ma ò vnita, ò diuiſa
aſ cendeua radendo ſempre qualche lato della ſuperficie
in teriore della carafina con figura aſlai larga, &
irregola-
re.
Anzi che quando dalla parte della cin a aſcendeua ver
ſo il fondo, ò baſe (che come ſano loro Signori è largo, e
cauo con la cauità entro l’ampolletta) afceſa l’aria, non
circondaua tutto il fondo ma ſtaua, ò vnita tutta inſieme
in vna parte d eſſo, ò diuiſa in più parti.
_ofred._
Il medemo hò oſſeruato io con vna di quelle ampolli-
nette fatte à Murano, che chia miamo da vn bezzo, riem-
pendola d’acqua con vn poco d’aria, &
otturando il bucco
del ſuo collo con il dito.
_Cont._
Che quando l’aria aſcende per illargo non formi la fi-
gura conoidale, è manifeſto quando ſi vedono ſalire per
l’acqua quelli efluuii delli quali habbiamo parlato hieri
matina ò altte bolle d’aria, che appunto ſono come tan-
te bolle di figure più ò meno curue.
_Mat._
Di più, mi vene in penſiero d’oſſeruare ſe nelli cannelli-
nidritti, &
anguſti l’aria aſcendeſſe ecome.
Si che preſi
diuerſidi queſti, le cauirà delli quali erano diuerſe, ma che
non eccedeuano la capacità d’vn grano di ſorgo, e riempi-
teli quaſi d’acqua con il ſucchiare, laſciatili però da vna
parte più, e meno quantità d’aria, eriuoltatoli, queſta non
(page 173)
aſcendeuain conto alcuno ſe non foſſe ſtata pòchiſſima;
anzi che quanto più era, ſtaua più immobile.
Da queſte oſſeruationi fatte da me parmi di poter ragione-
uolmente dedurre non eſſer proprio dell’aria aſcender per
l’acqua con quella figura curua, e nel modo che dice ilP-
Riccioli, perche quando ciò foſſe ſuo proprio, aſcendereb-
be, e nel largo, e nel ſtretto.
Ma nel largo ſaliſce velociſ-
ſima con figura larga, compreſſa, ondegiante, &
irregola-
re, allilati, e non ſempre per il mezzo.
Adunque non è
proprio il ſalire così, ma ſolo ſaliſce in quel modo nel tu-
bo predetto.
Di più, non così ſi figura quando aſcende in poca quantita,
perche allora forma come globetti.
In oltre non ſaliſce
così nellitubi molto ſtretti, nelli quali non ſaglie in conto
alcuno quando ſia in notabile quantità, la quale quanto
maggiore, tanto la rende più immobile.
Non mi pare a-
dunque che dal ſalire così faſtigiata nel tubo del P.
Riccio-
li ſi poſſa inferire leggierezza poſitiua mediante la quale
aſcenda primiera _natura, &
cauſalitate,_ come dice egli, eſ-
ſendo cagione con il ſuo aſcendere che deſcenda l’acqua;
credendo io più toſto, ammaeſtrato da tante eſperienze,
che intanto aſcendi, perche ſia ſcacciata, &
eſtruſa dall’ac-
qua, che diſcende;
di modo che quando queſta non può di-
ſcendete, come ſi è veduto nelli cannellini, non aſcenda
in conto aicuno.
Quella figura adunque faſtigiata, e co-
noidale è parto del ſalire per quel tubo, e non del ſalire
preciſamente.
Anzi che il Sig Borelli, il quale _nella prop-_
_72._
propone vniuerſalmente.
_Et primo ostendendum est, quod_
_quodlibet fluidum intra aliud fluidum traslatum ſiue virtute pro-_
_pria, ſiue aliena violentia impulſum, dummodo eius partes non_
_diſſipentur in ipſo fluido in quo mouetur, ſed ſe mutuò conting ant,_
_&
vniantur neceſſario tumorem, &
rotundam figuram acquiret_
_in parte anteriori motus eius,_ nella proua poi di queſta faſti-
glatione ſi ſerue di diſcorſo eſemplificato, &
appropriato a
queſto rubo;
dal quale ſi comprende, che non ſi faſtigia st
_facilius peruadat aquam, &
quaſi perforet illam ea figura,_ come
dice, e pretende il Riccioli.
_nt._
A propoſito dinon ſalire l’aria nelli cannelli anguſti, li
(page 174)
dirò vn’altra eſperienza fatta da me, per tentar la quale
pero n’hebbiil motiuo dal Boile _in Hiſto.
fluid.
ſect._
4.
Preſi
vn tubo di vetro d’vn palmo in circa, elargo più d’vn dito,
aperto d’ambi le parti;
&
hauendomi riempita la bocca di
fumo di tabacco, lo ſoffiai dentro ad eſſo, ſinche lo riem-
pij;
&
otturatolo da vna parte con il dito, l’alzai in ſito per-
pendicolare con la parte aperta verſo l’alto, &
oſſeruai
che quel fumo in tempo proportiona to diſceſe, e conſti-
tuì come vn liquore, il quale anco, inclinando il cannello,
ſcorreua per eſſo con la ſua ſuperficie terminata come ha-
uerebbe fatto l’acqua, ò altro liquore.
Ma quando s’incli-
naua tanto, che poteua vſcir dalla canna, gocciaua;
&
en-
trato nell’aria libera, aſcendeua.
Hora quel ſuo ſalire per
l’aria dimoſtraua che foſſe meno graue di eſſa.
Perche non
ſaliua prima mẽtre era nella canna, mà più toſto diſceſe ſi-
no a conſtituire come vn liquido viſibile?
Io direi ciò eſſer
ſtato perche l’aria non poteua entrare, e diſcender nel can.
nello a pigliarſelo in capo, come ſaria ſtato neceſſario per
eſtruderlo.
Ma poi entrato queſto nell’ aria libera, benche
foſſe di già molto rafreddato, e condenſato, nulladimeno
eſſendo però ancora più leggiero dell’aria ambiente, que-
ſta faceua il ſuo offitio d’eſtruderlo.
_Mat_ L’hauer oſſeruato che nelli cannellini la quantità d’aria
non la laſciaua aſcendere per l’acqua, perche queſta non
poteua diſcendere ad eſtruderla, m@ſece penſare ſe anco
laſciandone quantità grande nel tubo ſecondo ſopradet-
to, il quale era aſſai più ſottile del primo, haueſſe potuto
proibire queſta diſceſa.
Ne laſciai adunque dentro vn
buon palmo;
ma però ſempre queſta aſceſe;
non però vni-
ta, ma diuiſa in più parti, e molto lentamente.
Mai però ne
ſaliua, ſe prima ſotto d’eſſa non foſſe entrata dell’acqua.
Principalmente la più baſſa mai ſaliua, ſe non vedeuo, e
ſentiuo l’acqua a colpirmi nella palma della mano con la
quale haueuo otturato il bucco inferiore, e ſopra la quale
appoggiaua l’aria.
E perche il predetto tubo terminaua
nella mazzocca, ò sferoide ſopradetto, quando l’aria ar-
riuaua nellargo, e ſaliua con grandiſſimo empito, con tan-
to empito parimente diſcendeua l’acqua, che communi-
(page 175)
cando queſto ſuo empito all’altra, che già diſceſa haueua
in buona parte riempito il@tubo, faceua vn ſpingere la ma-
no molto conſiderabile, e ſenſibile.
Invece poi de riuoltar la canna con celerità, &
ergerla per-
pendicolare, come haueuo fatto nell’ antidette eſpe-
rienze, l’inclinai pian piano ſino al ſito orizontale;
nel
quale non aſcendeua l’aria, ma occupaua tutto quel ſpa-
tio, che occupaua prima;
ſecondo poi che s’inclinaua ſotto
l’orizonte, l’acqua ſubintraua per qualche poco all’aria, la
quale vnitalperò all’ altra principiaua ſalire radendo il la-
to ſuperiore del tubo;
ne mai ſi ſtaccaua dal fondo, ſe pri-
ma l’acqua non era diſceſa a ſcacciarla.
_Ofr._ Ha V. S. tentato altre eſperienze?
_Mat._
Nel medemo tubo laſciai poca aria, e l’inclinai nel me-
demo modo.
L’aria ſaliua pure radendo il lato, e formaua
vna figura curua ſotto, e ſopra con curuità coſi notabile,
che pareua quaſi vn’elliſſe, ò vogliamo dire figura ouale.
Nelli predetti tubi in vece d’aria hò poſto vn poco d’olio, il
quale alle volte non ſaliua in conto alcuno ſe non agitato
molto il tubo;
perche eſſendo queſto aſſai viſcoſo non la-
ſciaua coſi prontamente diſcender l’acqua a ſcacciarlo.
Mai però mi è riuſcito vederlo aſcender tutto vnito, ma
ſempre diuiſo in più parti ſucceſſiua vna all’altra, anco con
interſtitij molto notabili.
Ben ſpeſſo vna di queſte era a ſſai
maggiore delle altre.
Queſte poi erano conueſſe tanto dal-
la parte ſuperiore, quanto dall’inferiore;
ma molte più dal-
la ſuperiore, che dall’inferiore;
altre più da queſta, che da
quella.
Alcune formauano come vna lente;
altre s’acco-
ſtauano più alla sfera, ò sferoide.
Alcune aſcendeuano, &
inſieme girauano circa il proprio centro verticalmente.
Altre conteneuano nella parte inferiore, nella quale haue-
uano vna gran curuità, quantità di perlette lucide, che era-
no acqua, come habbiamo detto nel _Dial 5.
pagina 53._
Altre
haueuano vnito al di ſopra vna, ò più perlette, che erano
certo aria.
Tutte queſte aſcendeuano per il tubo ſtretto, &
vguale con vn tal moto, il quale ſi velocitaua di gran lunga
quando arriuauano al largo di quella mazzocca, &
allora
molto diuerſificauano la figura, facendola aſſai più larga,
(page 176)
ſchizziata, &
irregolare.
_Cont._
Mi marauiglio molto di queſte eſperienze;
le quali mē-
tre V.
S.
èandato narrando, io hò letto li titoli d’alcune
propoſitioni del Sig.
Borelli.
Nella 73.
dice.
_Poſito quod flui_-
_dum violenter ſurſum exprimatur a fluido ambiente grauiori, di_-
_uerſœque conſiſtentiœ, infima aſcendentis ſuperficies explanata,_
_vel concaua erit._
_Mat._
Io mai l’ho veduta ne nell’aria, ne nell’olio concaua;
be-
ne nell’aria, nelli cilindri d’eſſa molto notabili mi ha parſo
piana, di modo però che più toſto appariua qualche con-
ueſſità, che cauità.
La qual conueſſità era molto oſſerua-
bile nelli globetti d’eſſa, e la conſeruaua anco in alcuni at-
taccati alla baſe della maggiore, come già hò detto, ben-
che aſcendeſſero con eſſa.
Queſta conueſſità pordalla par-
teinferiore era molto notabile, come pure hò detto, in
quell’aria, che in quantità non così poca aſcendeua raden-
do il lato del tubo non perpendicolare, ma ſolo inclinato
all’orizonte.
Nell’olio poi queſta conueſſità dalla parte in-
feriore è frequentiſſima.
_Cont._
Se cosìè, haurà, in virtù delle propoſitioni di queſto Si-
gnore, ragione il P.
Riccioli di credere, che I’olio in par-
ticolare aſcendi per leggierezza poſitiua, ſoggiungendo
pur egli _la prop.
74.
Si fluidum ſpontè à virtute intrinſeca intra_
_aliud fluidum diuerſœ conſiſtentiœ moueatur in parte poſteriori, ſeu_
_termino à quo, ſui motus, non erit excauatum ſed tumidam;
&
con_-
_uexam figuram acquiret._
_Mat._
Coſa poſſi inferire il P.
Riccioli dalle propoſitioni del
Signor Borelli io non lo voglio ricercare.
Sò bene che io
hò fatto quelle eſperienze, e che non per queſto tengo che
l’olio, &
aria aſcendino per l’acqua per leggerezza poſiti-
ua, ma ſolo per eſtruſione.
_Ofr._
In gratia V.
Sig.
habb vn poco di patienza, che io con
queſta carafa cilindrica voglio fare queſt eſperienze in
qualche modo.
Ecco che riempitela d’acqua, &
otturan-
dola con il pollice, ralentando vn poco l’otturamento ſi
vedono aſcēdere velociſſimamēte alcune palline, ò sferet-
te d’aria.
Anzi che alcune di queſte aſcene ſino al fondo del-
la carafa conſeruano la cu@uità viſibile nella parte inferio-
(page 177)
re.
V S.
milaſci infondere vn poco d’olio.
Ecco che que-
ſto ſaliſce in diuerſe goccie formando diuerſe figure.
Ve-
dono loro Signori quella gocciola, che aſcende aſſai len-
tamente, la quale par quaſi vna sfera perfetta?
Vedono
quell’altra, che ha maggior conueſſità nella parte inferio-
re, che nella ſuperiore?
Con quella facilità, che noi hab-
biamo oſſeruato queſti Fenomeni, con la medema potran-
no oſſeruarſi da chi ſi ſia.
_Mat._
Non vi ha dubio.
Ceſſi adunque Sig Ofredi in lei il ſtupo-
re, che nel tubo, ecaſo del P.
Riccioli l’aria aſcenda piǹ
lentamente che I’olio, perche queſto naſce dalla quanti-
tà notabile dell’aria, e dalla qualità del tubo del P.
Riccio-
li.
Non riuoltiamo il tubo, e conſtituimo in ſito perpendi-
colare all’orizonte che prima non ſe li facia parallelo, e
poi s’inclini, e che in queſto moto l’acqua non diſcenda
ſotto l’aria nel modo, che molto euidentemente dichiara
il Sig.
Borelli _prop._
78.
Onde l’acqua ſe piglia in capo l’aria, e
principia ad eſtruderla;
ma queſta eſſendo in notabile
quantità, perciò laſciando anguſto cale all’ acqua per di-
ſcendere, non può queſta ottener il ſuo intento che lenta-
mente;
&
in conſeguenza lentamente ſpinger insù I aria-
li che poi diuerſamente ſuccede quando l’acqua ha campo
di diſcendere a ſuo talento;
perche in queſto caſo ſpinge
insù l’aria con tanto impeto che a pena l’occhio può ſe-
guire queſto moto.
Ma quando ſi poteſſe riuoltaril tubo
ſenza che l’acqua poteſſe principiar a diſcendere come in
fatti ſuccede nelli cannellini, eſpeſſe volte nelli più grandi
quando ſe vi pone dell’olio, allora l’aria, &
olio non aſcen-
dono in conto alcuno, perche l’acqua non può ſubintra-
re a ſcacciarli.
Quanto poi alla curuità, che nota il P.
Riccioli formarſi nel-
la parte anteriore, oltre a quanto habbiamo detto, s’oſſer-
ui anco la dottrina regiſtrata pure del Signor Borelli _prop._
72.
cioè, _Quodlibet fluidũ homogeneum naturali inſtintu videtur_
_ſpontè coaleſcere, ac ſimul in ſuo toto partes ſuas conglutinare_-
Che perciò per maggiormẽte vnirſi affetta la figura sferi-
ca quanto puole.
Così vediamo che le parti dell acqua ſe-
parate dall’altre ſi formano in goccie;
e didue, ò più ap-
(page 178)
proſſimandoſi vna all’altra ſi che ſi tocchino, ſe ne fà vna
ſola.
Et è tanta la propenſione al conglobarſi (prouenga
queſta da qual ſi ſia cauſa) che ſe qualche goccia d’acqua
penda da qualche luogo, e ſe diſtratta da forza non valeuo-
le à ſuperare la ſua continuità, queſta s’allunga, eſottiglia;
e ceſſata la forza diſtraibile, ritorna à conglobarſi come
prima.
_Cont._
Quanta propenſione habbino liliquidi à conſeruarſi v-
niti, e conglobati lo dimoſtra il conſeruarſi, e formarſita-
li anco nel vacuo, ò quaſi vacuo.
Al qual propoſito vedaſi
l’eſperienza regiſtrata dalli Accademici Fiorentini _nelli_
_ſaggi, &
c.
pag.
78._
_Mat._
Queſta propẽſione ritiene anco l’aria nell’acqua, che per
ciò affetta il conglobarſi quanto puole, e doue puole.
Nel
tubo del P.
Riccioli lo dimoſtra nella partc ſuperiore doue
può formarla, non dalli lati impedita dalla ſtrettezza del
tubo, e dalla propria quantità.
Non la forma cosìpronta
mente nella parte inferiore, perche le ſpinte continue del-
l’acqua, che iuiriceue, non lo permettono.
L’affetta però
quanto puole, apparendone qualche veſtigio, &
euiden-
tiſſimamente nella poca quantità;
&
in quella, che aſcen-
de radendo il lato del tubo inclinato, come ſopra habbia-
mo detto.
_Ofr._
Adunque l’acqua non potrà mai eſtruder vn galleggian-
te, ò per meglio dire queſto non aſcenderà in eſſa, ſe non
li potrà entrar ſotto?
_Mat._ Non Signore.
_Cont._
Con l’acqua non è così facile far eſperienze di queſto
per la ſua ſomma fluſſibilità, mediante la quale pronta-
mente penetra tra corpo, e corpo, che ſi combacino, ma
bene con il mercurio ſi può vedere ciò molto manifeſta-
mente, eſſendo meno fluido.
Il dottiſſimo Signor Toma-
ſo Cornelio Coſentino gran filoſofo, e mio antico amico
_Nelli ſuoi Progimn.
fiſ.
de circump.
Platon.
pag._
124.
narra vna
bella eſperienza in ſimil propoſito.
Dice che ſopra il fondo
ottimamente ſpianato d’vn vaſo ponendoſi vn circoletto
dicartone, ò legno, che lo baci eſquiſitamente, al qual
circoletto dal centro ſia attaccato vn ſpaghetto cō il qua-
(page 179)
le ſi poſſi alzare perpendicolarmente, &
infondendo nel
vaſo del mercurio, il circoletto non aſcenderà in conto
alcuno benche tanto più leggiero del mercurio.
Anzi che
chi procurerà alzarlo, tirandolo con quel ſpaghetto;
ciò
non potrà fare che adoperando forza, che poſſi ſuperare il
peſo di quel mercurio, che ſopraſta al circoletto.
Ma ſe poi
s’alzerà qualche poco, di modo che il mercurio poſſi prin-
cipiare ad inſinuarſi ſotto d’eſſo;
ſubito ſarà ſpinto insù
con moto velociſſimo.
_Ofre._
Queſta eſperienza non mi cagiona punto di merauiglia,
ne punto miperſuade;
correndo quà la medema ragione,
che corre nell’eſempio tritiſſimo delle due laſtre ottima-
mente ſpianate, e congionte, che alzandone vna petpen-
dicolarmente, ſegue l’altra il ſuo moto, ne ſi ſeparano _ne_
_detur vacuum_ tanto abborrito dalla natura.
Non aſcende il
circoletto, non potendoſi ſeparare dal fondo del vaſo ac-
ciò non ſi dia il vacuo, che neceſſariamente biſogneria che
ſi daſſe per quel tempo, che ſaria neceſſario al moto del
mercurio à riempire il ſpatio contenuto trà il circoletto,
&
il fondo del vaſo.
_Mat._
Anco lei Sig.
Ofredi è trà li fautori di queſto vacuo, al
quale forſe la natura non ha vn abborrimento immagina-
bile?
Perche ſarà ſtaccato il circoletto, ſenza che rouini il
mondo, da chi ſarà alzato con forza, che ſupcri il peſo del
mercurio, che li ſouraſta.
Horsù il Sig.
Borelli _nella prop._
82.
li leua queſto ſutterfugio con vna caſtigata eſperien-
za, che dice d’hauer fatto nell’Accademia Fiorentina.
Nel
vaſo ABCD, che há il concauo
AEFD, &
il forame E F, poſe la
figure
palla di legno G, che bene l’ottur
raſſe, ma poteſſe girarſeli intor-
no;
edi ſotto li fece il forame
HEF, poi riempì il vaſo di mer-
curio ſin’all’ AD.
In queſto caſo
aſcendendo la palla non vi era
pericolo di vacuo, potendo ſuc-
ceder l’aria, e pure non aſceſe in
conto alcuno, perche il mercu-
(page 180)
rio non poteua diſcender ad eſtruderla.
_Mat._
In gratia miei Signori mi aſpetino vn poco che horho
ra ritorno.
Eccomi à riſeruirle.
_Ofr._ Coſa vuol fare di queſta boccia piena d’acqua?
_Mat._
Come vede Signor Ofredi queſta boccia da canneuetta
piena d’acqua (poco importarebbe che foſſe altro vaſo)
è otturata con queſto ſughero, che non la ſerra eſquiſita-
mẽte, di modo che hora che è riuoltata conil bucco all’in-
giù, ſtilla all’intorno del ſughero l’acqua;
e pure queſto
non aſcende in conto alcuno.
Sà V.
S.
la cauſa di ciò?
Que-
ſta è perche l’acqua, che diſcende non ſubintra, e ſi piglia
in capo il ſughero.
Di più ecco che con queſto temperarino ſpingo lo ſughero
all’insù vn poco, poco, sì che aggiuto la ſua leggierezza
(ſe ve ne hà) all’aſcendere;
e pure _tantum abeſt_ che aſcendi,
che V.
S.
lo vede a ritornare ad otturar la boccia come
prima.
Ciò certò d’altronde non procede ſe non perche
non è eſtruſo, non potendoli ſubintrar l’acqua, e rifletten-
do cacciarlo all’insù.
_Cont._
Già che il Sig.
Ofredi hà diſopra portato l’eſempio delle
due laſtre, le quali hà creduto non ſepararſi _ne detur va-_
_cuum,_ giudico bene che ſi fermiamo vn poco circa queſto
Fenomeno, intendendo di proponer alli curioſi alcune eſ-
perienze, che deſidererai che foſſero fatte de quelli che
hannole machine a propolito.
Si pigliano due laſtre di ve-
tro, pietra, ò metallo, le quali ſiano ottimamente ſpianate,
sì che ponendone vna ſopral altra ſi combaccino total-
mente ſenza che di mezzo vi ſia aria, (anzi che per eſclu-
derla meglio ſi bagnano con acqua, acquauita, olio di mã-
dole dolci, &
c.
accioche queſti riempiano tutte quelle mi-
nime cauità, che perfortuna vi foſſero) e ſe appendono
parallele all’orizonte.
Queſte ſtanno così appeſe, ne l’infe-
riore ſi ſtacca dalla ſuperiore, benche non li ſia attaccata
che dal ſolo contatto.
L’vniuerſal opinione delle ſcuole è
ſtata comunemente, e pur hora regna trà molti, che ciò
ſucceda _ne detur vacuum_;
ma hora da chi ha giuditio, e filo-
ſofa con l’eſperienze, ſi dice ciò ſuccedere per la preſſione
dell’aria, che preme, &
ſpinge l’inferiore alla ſuperiore, la
(page 181)
qual preſſione non può eſſer ſuperata che da ſorza ad eſſa
vguale.
La proua efficaciſſima di queſto è, che ſe ciò ſuc-
cedeſſe per l’abborrimento della natura al vacuo, non po-
trebbero queſte laſtre eſſer ſeparate da forza alcuna;
anzi
che prima di ſeparaſi, ſi ſpezzarebbero;
ma queſto non.
ſuccede;
perche non ogni laſtra reſta attaccata alla ſupe-
riore, ma di vn peſo limitato, che non ſuperi quello d vn,
priſma di mercurio di baſe vguale alla laſtra, &
alto vn
braccio, &
vn quarto Fiorentino in circa, ò diti 29.
della,
miſura di Scotia.
Per eſempio ſiano le laſtre due circoli
d’vn palmo di diametro;
quando l’inferiore peſi meno di
quello che peſi vn cilindro di mercurio alto vn braccio, &
vn quarto, e di baſe d’vn palmo di diametro, reſterà attac
cata:
ſe peſerà più, ò ſarà tirata con forza che ſuperi queſto
peſo, ſarà ſeparata con grandiſsima facilità.
La ragione è
perche la forza dell’aria, che la preme, e ſpinge verſo la ſu-
periore, è vguale à queſto peſo, equilibrando queſto mer-
curio nel tubo torricelliano, ò Baroſcopio, come hab-
biamo detto tante volte.
Si potranno adunque fare le ſeguenti eſperienze.
La laſtra,
inferiore habbia attaccato qualche recettacolo d’aggiun-
ger peſo, e queſto s’aggiũga ſino che cõ il peſo della laſtra
ſia vguale al predetto peſo del mercurio;
il che otteneraſſi
con qualche diligenza, leuando, &
aggiumgendo, perche,
ogni poco di più che s’aggiunga farà cader la la ſtra.
Nota-
to tutto queſto peſo, con le laſtre s’aſcendi ſopra qualche
monte, e ſi torni a fare l’eſperienza.
Se il peſo aggiunto
con quello della laſtra ſarà, tanto minore del peſo predetto
ritrouato nel piano ſecondo quella proportione con Ia,
quale il mercurio nel Baroſcopio ſaglie meno al monte,
che al piano, perche non doueremo dire che queſto Feno-
meno ſia vn effetto della preſſione dell’aria?
_Ofr_.
Tanto che nel vacuo, ò doue l’aria foſſe di forza deboliſ-
ſima, ò poco, ò nulla ſtarebbero attaccate le laſtre.
_Cont_.
Io lo tengo di certo.
Che perciò deſidero, che due di
queſte laſtre s’aggiuſtino, ò nella machina del Boile, o in
vna di quelle machine, con le quali li Accademici Fioren
tini hanno procurato il voto (riempendole di mercurio)
(page 182)
capaci d’animali, veſciche, e coſe ſimili, che hanno ado-
prato per fare tante nobili eſperienze.
Poiche io tengo di
certo che fatto il voto, ò debilitato l’elatere dell’ aria con
l’euacuatione, che quelle laſtre ſi ſepareriano.
Chi faceſſe
poi l’eſperienze, potrebbe aggiuſtar le laſtre in modo, che
I’inferiore cadendo non portaſſe nocumento al vaſo, e ciò
come meglio li parerà.
Di più vorrei che la laſtra ſuperiore attaccata ad vn ſpago ſi
profondaſſe molto ſott acqua pur parallela all’orizonte, e
che qualche nuotatore li attaccaſſe l’altra aggrauata co-
me ſopra l’acqua.
Perche certo eſperimentarebbe che a ſe-
pararla queſto peſo, ò forza non baſterebbe, ma de più vi
vorrebbe tanto che corriſpondeſſe alla preſſione anco, che
fà l’acqua;
cioè che vguagliaſſe il peſo d’vn cilindro di
mercurio di diametro delle laſtre, e d’altezza, che foſſe vn
quartodecimo dell’altezza dell’acqua, che ſouraſta alle la-
ſtre, &
vn braccio, &
vn quarto.
Ma Sig.
Ofredi che coſa
hà, che non fà altro che ridere?
_Ofr_.
Non vuole V.
Sig.
che io rida nell’vdir proponere il fare,
tanti caſtelli in aria?
L’è vna facil coſa il dire ſi facia que-
ſta, e queſt’altra eſperienza.
Il punto ſtà nell’eſperimenta,
re, poiche s’incontrano tante difficoltà, che fanno molto
bene auuerrare quel comun detto macaronico, che
Multa dicuntur,
Quæ non fiuntur.
E quel noſtro detto Italiano.
Dal detto al fatto,
El vi è vn gran tratto.
Vidi propoſta l’eſperienza delle due laſtre, come da eſſo
fatta, dal Sig Sinclaro _lib._
4.
_Dial._
1.
n.
8.
oue dice che queſte,
erano circolari, di bronzo di tre diti in circa di diametro
dell a ſua miſura di Scotia.
Vidi con che ſecurezza il ſuo
ſeruo Dromone le attaccaua (vnite prima) ad vn chiodo
nel tetto;
poi appendeua all’inferiore libbre 60.
di peſo;
poi 30;
poi 9, e poi 1;
che con le altre ſommando libbre,
100.
cagionaua lo ſtaccamento dell’ inferiore della ſupe-
riore.
Io che haueuo vdito dire alli noſtri ſpecchieri, che
era quaſi impoſſibile il formare vn ſpecchio perfettamen-
(page 183)
te piano (che perciò da queſto deuiamento dal piano ne
naſcono quaſi tutti li vitii di render imperfette l’imagini;)
e che haueuo letto in Girolamo Sirturo _De Teleſcopio part_.
2.
_cap.
2.
Quæſiui diù Romæ, &
Venetijs laminam planam, &
mul-_
_tas examinau er am,, quibus ſpecula adfricantur, ſed reuera ex ip-_
_ſa lamina, atque ex ſpeculo in eadem elaborato vitrum_ (credo
vogli dire _vitium) deprehendebam, &
c_.
E poco doppo.
_Itaque vix vnam ex multis reperi ſine vitio, &
quæ perfectè planæ_
_dici poſſet, &
c_.
me ne rideuo.
Poiche ſe vi è tanta difficoltà
a farne vna, che coſa vi vorrà a farne due?
_Mat_.
Quanto il Sig.
Ofredi hauerebbe torto ſe ſoſpettaſſe di
queſta eſperienza del Sig.
Sinclaro, tanto hà ragione d’af-
fermare che il formare queſte due laſtre ſia coſa laborio-
ſiſsima.
Et ha dalla ſua il nobiliſsimo Boile, il quale _De_
_Firmi.
ſect_.
14.
dice di eſſe.
_Experientia nos docuit admodum eſſe_
_difficile, ſi vllatenùs poſſibile, à vulgaribus noſtris artificibus vi-_
_tra vel marmora procurare, quæ ad eiuſmodi exactitudinem acce-_
_dant_ (cioè d’eſcluder perfettamente l’aria, e non laſciare,
che tra eſſi n’entraſſe.)
_Quippe_ (ſoggiunge egli) _difficulter_
_admodum nanciſci potuimus vel expertos lapicidas vel peritos vi-_
_trorum politores, qui nobis marmorum rotundorum par conficerent_
_vnius alteriùſue duntaxat pollicis diametri, quæ ſe inuicem per_
_contactum ad duo triaue ſaltem minuta in aere ſuſtinerent, &
c_.
Hora ſe è tanto difficile à far queſto paro di laſtre di dia-
metro coſi piccolo, quanto ſarà più difficile farle di dia-
metro maggiore?
Creſcendo in eſſe la difficoltà con la,
grandezza.
_A_uuertino però che quì conſidera queſte due,
laſtre poſte in opera ſenza bagnarle con acqua, ò altro;
poiche bagnandole ſe riem piono le minime cauità, che de
neceſſità eſſendo nelle loro ſuperficie, dãno addito all’aria
da inſinuarſi trà eſſe, e facilitare lo ſtaccamento.
Che poi l’eſperienza di queſte laſtre ſia difficiliſſima in tutte
le forme, vien pure rappreſentato dal medemo Boile _ſect_.
17.
con queſte parole.
_Sed hic omnino mihi annotandum habi-_
_tum ad hoc, tum ad ſequentia experimenta de marmoribus politis_
_commemoranda reſpectum nos nullum hactenus experimentorũ ge-_
_nus deprehendiſſe, in quibus adeò leues circumſtantiarum variatio-_
_nes conatus noſtros tantum, vt hìc, eluderent.
Idque profecto nar-_
(page 184)
_rauimus, vt, ſi fortè huiuſmodi repetantur experimenta, minus mi-_
_rum videatur ſi non valeant alii primo, &
ſecundo, vel etiam deci-_
_mo aut viceſimo tentamine tantundem præſtare, ac nos præſtiti-_
_mus, poſtquam creber vſus in percurioſo hoc experimento expertes_
_nos feciſſet, &
c_.
Queſte difficoltà, l’eſperienze fatte, e li peſi alzati ſi vedano
nel me demo Boile _nel detto trattat.
de Firm_.
che a me pare,
che ad eſſe ſe remedii aſſai bene con il modo propoſto dal
medemo _ſect_.
23.
e conſiderato dal Sig.
Borelli _prop_.
89.
Vna
di queſte laſtre s’incaſtri bene nel pauimento, e ſi collochi
parallela all’orizonte, l’aItra ſe gli ponghi ſopra, e per eſ
cluder l’aria, che non poſſi entrare tra eſſe, ſe ſommerga-
no nell’ acqua di modo che la comiſura trà eſſe ſia ſotto
acqua, e ſe procuri d’alzare la ſuperiore perpendicolar-
mente.
_Ofr_.
Io credo che queſta non potrà eſſer alzata conforza alcu-
na anco infinita.
_Mat_.
V.
S è in grande errore, perche non vi vorrà altra forza
ſe non quella, che ſnperi di poco, e la grauità della laſtra,
ſuperiore, e de ll’aria, che li ſouraſta, la quale è vguale al
predetto cilindro d’argentoniuo.
Per eſenipio ſiano le la-
ſtre di 4.
dita di diametro;
la ſuperiore peſi 2.
libbre, &
vn,
cilindro di mercurio della medema baſe, &
alto vn brac-
cio, &
vn quarto peſi 30.
libbre.
Chitirera, ò adoprà forza,
ò peſo, che eccedi 32.
libbre ſeparerà la laſtra ſuperiore,
dall’inferiore;
con minore no.
V.
S.
eſper imenti ciò in que-
ſta guiſa come propone il Sig Borelli.
Sia la laſtra inferiore
D E, &
il cilindro, o laſtra ſupe-
riore C A B.
che la combacci eſ-
figure
quiſiramente in A B, ſia queſta,
attaccata in H, alla lance d’vna,
libra di braccia vguali, &
all’al-
sra eſtremità K, ſia attaccato il
peſo N, vguale à quello della la-
ſtra C A B, &
O, che ſuperi di po-
co quello del prederto cilindro
di mercurio.
Infallibilmente V.
S.
alzerà la laſtra.
_Ofr_.
Baccio la mano di V.
S.
Anch’io lo sò;
poichè in queſta,
guiſa non è poſſibile alzar la laſtra C A B, tanto rettamente
che non s’inclini qualche poco, alla quale inclinatione de-
ueſſi attrìbuire la ſeparatione;
altrimente chi tenterà alzar
la laſtra perpendicolarmente, ne anco con forza di Belze-
bù potrà ciò ottenere.
_Mat_.
Il Signor Borelli _nella predetta prop_.
regiſtra queſta ſua,
obiettione, e di eſſa dice.
_Huiuſmodi cauilloſa reſponſio con-_
_donari potest ijs Philoſophis, qui mathematicis imperiti ſunt_.
V.
S.
s’è moſtrata nelli noſtri paſſati colloqui molto intendente
di geometria, e matematiche, onde certo non può fuggire
vna buona mula.
Il Sig.
Borelli per conuincere chi fa queſta
irragioneuole obiettioue porta _la prop_.
90.
molto bella.
Io
in altro modo (che è però ſimile al ſuo) e ſoggiungendo
qualche altra coſa, voglio conuincer’il Signor Ofredi, fa-
cendogli toccar con mano che in molti caſi ſarà aſſai più
difficile alzar la laſtra ſuperiore inclinãdola, che alzandola
perpendicolarmente:
onde ſe concede che ſe poſſi ſepara-
re inclinandola, ſarà aſtai più ragioneuole che ſe poſſi al-
zare perpendicolarmente.
Per moſtrarli queſto vorrei pri-
ma imparar da eſſo la ragione della leua, ò Vette, che hà il
fulcimento trà la forza, &
il peſo.
_Ofr_.
La ſeruo in poche parole.
Sia la leua A B, il cui ſoſtegno
ſia in C;
in B, il peſo d’alzarſi;
e la forzain A.
Allora la for-
figure
za ſoſtenirà il peſo, quando la medema proportione, che
hà B C, diſtanza del peſo dal ſuſtentacolo, all’A C, diſtanza
della forza dal medemo, l’habbia reciprocamente la forza
(page 186)
A, al peſo B.
Da ciò ne naſce il beneſitio, che ne cauiamo
dalla leua;
cioè che con poca forza potemo ſoſtenere vn
gran peſo, ogni qual volta applichiamo la forza alla parte
maggiore.
Per eſempio ſia AC, centupla di CB;
vna forza
in A, valeuole, ſenza la leua, a ſoſtenere vn peſo d’vna lib-
bra;
potrà mediāte la leua ſoſtenere vn peſo di libb.
100.
col
locato in B.
Onde queſta forza accreſciuta ogni pochino,
non ſolo lo ſoſtenirà, ma anco l’alzerà.
_Mat_.
Ma ſe le braccia AC, CB, della leua ſaranno vguali, che
beneſitio ne caueremo da eſſa?
_Ofr_ Niuno certamente per queſto capo.
Perche in queſto ca-
ſo quanto ſarà il peſo, tanta forza vi vorrà a ſoſtenerlo, e
maggiore ad alzarlo.
Onde tanto ſarà alzarlo con la leua,
come ſenza eſſa.
_Mat_.
E ſe la leua ſarà de braccia ineguali, e nel fine del mag-
giore come in A, collocaremo il peſo, e la forza in B, che
vtile n’haueremo?
_Ofr_.
Non vtile, ma danno;
perche ſe A C, ſarà centupla di C B,
a ſoſtenere vna libbra dipeſo poſto in A, vi vorrà forza
equiualente a libbre 100.
poſta in B, per ſoſtenerlo.
E pure
ad alzarlo ſenza leua vi vorra forza poco più d’vna libbra,
come à ſoſtenerlo d’vna libbra ſolamente.
_Mat._
Tutte queſte dottrine V.
S.
l’hà cauate dalle viſcere delle
mecaniche.
Hora in vece della leua A B, conſideriamo la.
D A B, ancinata, &
angolara rettamente, &
imaginiamo
che D A, ſia linea retta collocata nell’orizonte, e A B, ſopra
eſſo perpendicolare;
immaginiamo parimente che in D,
ſia poſto il peſo, &
in B la forza.
Allora il ſoſtentacolo del-
la leua ſarà il punto A;
e parimente la forza in B, al peſo in
D, hauerà la proportione, che ha reciprocamente D A, ad
AB.
In queſto caſo quali benefitii ne sõminiſtrerà la leua?
_Ofred._
Li medemi che l’altra prima A B, orizontale.
Se B A, ſa-
rà maggiore d’ A D, quanto più eccederà, con tanto minor
forza B, potremo alzare il peſo D.
Se D A, A B, ſaranno
vguali, vi vorrà tanta forza quanto peſo.
E ſe D A, ſarà
maggior d’A B, vi vorrà più forza che non è il detto peſo.
_Cont._
Queſta ſorte di leua adoperiamo quando con il martel-
lo vogliamo cauare vn chiodo fitto nel muro, ò in qualche
(page 187)
tauola.
Poiche il manico corriſponde alla B A;
il ferro è l’-
A D;
il ſoſtentacolo è in A, oue s’appoggia ſopra il muro,
ò tauola;
la forza s’applica in B;
il peſo, cioè il chiodo da
cauare s’applica in D, ouc dobbiamo conſiderare la fiſſura,
ò corna del martello, trà li quali ſi piglia il capo del chio-
do.
Quanto maggiore ſarà il manico B A, tanto maggior
aggiuto ſomminiſtrerà ad eſtraere il chiodo.
_Mat._
Beniſſimo.
Hora conſideriamo nel ſchema ſeguente il
piano D E, e la colonna C A B, che lo bacci eſquiſitamente
in A B;
in C, ſia applicata la forza, che tirandola per l’M C,
procuri ſtaccarla.
Reſſiſte la colonna allo ſtaccamẽto con
la ſua grauità, e con quella d’vn cilindro d’aria, che ſe l’ap-
poggia ſopra alto quant’ è l’at-
figure
mosfera, che pure biſogna ſpin-
gere, &
alzare nell’alzar la colõ-
na;
la quale grauità come tãte fi-
bre perpendicolari premendo, e
grauitando ſopra li infiniti punti
del piano A B, ſi concepiſcono
grauitare tutte raccolte, &
vnite
nel centro I, quaſi ſiano vn gra-
ue ſolo iui collocato, come be-
niſſimo conſidera il Sig.
Borelli.
Lo ſtaccamẽto della baſe della colonna dal piano ſi fà tut-
to in vna volta, sì che nell’atto di queſto la colonna non
appoggia ſopra il piano D E, che con il ſolo B Dobbiamo
adunque concepire vna leua IBC, angolata, nella quale
il peſo ſia collocato nel centro I, e la forza in C.
Ogni vol-
ta adunque che la forza in C, al peſo in I, hauera la mede-
ma proportione che la diſtanza IB, alla diſtanza BC, la for-
za ſarà equiualente al peſo;
sì che accreſciuta vn poco po-
co la forza ne ſeguirà lo ſtaccamento.
_Ofr._
Hò inteſo il reſto.
Quando CB, ſarà maggiore di BI, ſarà
più facile ſtaccar la colonna inclinandola che alzandola
perpendicolarmente;
ma quando BC, foſſe, ò vguale a IB,
ò d’eſſa minore, allora vi vorrebbe, ò vgual forza, ò mag-
giore, che ad alzarla perpendicolarmente.
_Mat._
Vano adunque è il ſuo ſutterfugio.
Se adunque l’eſpe-
(page 188)
rienza moſtrerà che la laſtra ſuperiore s’alzi con la libra, ò
in altro ſimil modo, ſarà manifeſto che la difficoltà nell’al-
zarla non naſca dalla repugnanza al vacuo, ma bene dalla
preſſione dell’aria ſopra la colonna, che biſogna ſuperare
con il peſo della medema colonna.
_Cont._
Il nobiliſſimo Boile hauendo conſideratione a queſta v-
nione delle due la ſtre, che naſca dalla preſſione dell’aria.
prende materia di dire, e proponer da conſiderare _ſect.
1.
de_
_Firm.
Illud quoque diſquiri poſſet dependeatne a principio iam ex-_
_plicato vitri ſoliditas.
Etiamſi enim partes eius ramoſœ vel ſibi in_
_uicem intertextœ non videantur &
politœ admodum ac lubricœ ap-_
_pareant, attamen, cum ignis, qui ad fuſionem eas reduxit, proinde-_
_que fluidas reddidit, iure eas ſubdiuiſiſſe, &
in minutas valdè par-_
_ticulas red egiſſe ſupponi queat, eaſdemque adeò ad aerem a ſe-_
_metipſis ſecludendum iuuiſſe non adeò mirum videri debet, ſiim-_
_mediatus minutorum eiuſmodi &
politorum corpuſculorum conta-_
_ctus ad eas in nexu retinendas dicatur ſufficere, &
c._
Propoſta
la conſideratione, la laſcia indeciſa.
Vorrei adunque ſen-
tire il parere diloro Signori.
_Ofr._
Io ſenza molto penſarui inclino alla parte negatiua.
E la
ragione è queſta.
La contiguità naſce dalla preſſione dell’-
aria;
adunque rimoſſa queſta il vetro ſi diſſoluerebbe.
Ma
ciò non ſuccede.
Adunque, &
c.
L’eſperienza l’habbiamo
nel Baroſcopio, &
altri vaſi di vetro con li qua li ſi fà il vo-
to;
poiche fatto queſto le parti interiori di queſti non ſo-
no premute;
adunque li vaſi douerebbero diſſoluerſi, e re-
ſoluerſi nelli minimi corpuſcoli;
tanto più che le parti e-
ſteriori del vaſo ſono premute dall’aria, la qual preſſione
ſola alle volte (quando non ſono e groſſi, e di figura cur-
ua) è ſufficiente a ſpezzarli.
Ma ciò non ſuccede, perche
quando non ſi ſpezzano nel modo predetto, ſi conſerua-
no totalmente.
Adunque &
c.
Di più alla cima d’vno di queſti vaſi per di dentro s’attacchi
vnſpaghetto, ò filo, dal quale penda vn pezzetto di vetro,
che fatto voto, reſti pendente in queſto, sì che poſſi libe-
ramente vibrare, e dondolare, e s’agiti il vaſo dimodo che
il pezzetto di vetro percuota nelli lati pur di vetro del va-
ſo.
Mentre che li minimi componenti il vetro non ſono
(page 189)
tenuti vniti che dalla preſſione dell’aria, eſſendo nel va-
cuo, e di più percotendo vn vetro con l’altro douerebbero
certo diſſoluerſi.
Ma ſe ciò non ſuccederà, non doueremo
dire non eſſer il contatto ſolo delli minimi, che conſtituiſ-
chi la durezza del vetro?
Terzo è manifeſto a chi ha ò fatto da ſe, ò letto appreſſo chi
hà fatto l’eſperienze del Baroſcopio, che ſe ſopra il mercu-
rio del vaſo ſtagnante infondendoſi acqua, ò altro liquido,
e pian piano alzando il Baroſcopio, che diſcenda il mercu-
rio in eſſo contenuto, che prima era pendulo ſin’ altezza
del couſueto braccio, &
vn quarto, e che arriuata la boeca
del Baroſcopio all’acqua;
queſta ſaliſce a riempirlo con
tanto empito, che ſe non ſi teneſſe feimo con ambidue le
mani, lo ſcagliarebbbe per aria ad alto con grandiſſima
velocità:
anzi alle volte, quando la canna non è ſufficien-
temente groſſa, la ſpezza.
Hora ſalendo l’acqua con tan-
to empito, e trouato li minimi del vetro non premuti, e
ſolo contigui, ſtriſciando ſopra eſſi, e radendo li lati del
vetro farebbe vn gran raſpamento, diſſipamento, e ſpargi-
mento d’eſſi.
Ma ciò non ſuccede.
Adunque, &
c.
_Mat_ Queſte ragioni del Sig.
Ofredi mi paiono non poco cal-
zanti.
Alcuno però forſe ricorrerebbe a negare che nel tu-
bo, e valo vi foſſe vacuo, ma ò efluui di mercurio, ò altra
materia, che pur premendo li minimi del vetro impediſce
il loro diſcio glimento.
Altri poi trouerebbe forſe altre ri-
ſpoſte più adequate.
Io per me inclino a credere che non
ſolo il vetro.
ma tutti li altri corpi poſti nel vacuo non
conſeruino quella duritie, che hanno nel pieno.
Ma di
queſto con altr occaſione.
_Cont._
La prima ragione del Sig.
Ofredi mi pare di niun valo-
re Poiche ſe bene ceſſa la preſſione dell’aria, nulladimeno
non cadono li minimi del vetro mercè la loro minima gra
uità.
Che vna laſtra ſi ſepari dall’altra, leuata, ò debilitata
la preſſione dell’aria, non è merauiglia, eſſendo conſide
rabilmente graue.
Ma li minimi del vetro qual grauità
poſſono hauere?
_Ofr._
Queſta riſpoſta Sig.
Conte non vale vn fanfaro.
Perche
la medema propenſione al diſcendere, che hà la laſtra grã-
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de, l’hà qual ſi ſia minima particella, e qual ſi ſia minimo
conſtituente corpo graue.
E ſe l’eſſetto del diſcendere nel-
li minimi è impedito, e ritardato;
l’impedimento, ò ritarda-
mento naſce dalla reſſiſtenza del mezzo.
Ma queſta nel
noſtro caſo è leuata, leuato il mezzo, eſupponendoſi va-
cuo, nel quale tutti li corpi grandi, piccoli, eminimi di-
ſcendere bbero con pari velocità.
Adunque quelli minimi
ſi ſcioglierebbero, e diſcenderebbero.
_Mat._
Queſta diſceſa vgualmente veloce di tutti li graui nel va-
cuo, e con che proportione diſcendeſſero per il medemo,
ò diſcendino per diuerſi mezzi, e coſa ſopra la quale, e
per la quale mi paſſano molte coſe indigeſte per la men-
te.
Ancor loro Signori ſi prouedino dell’eruditiſſimo libro
del Sig.
Borelli vltimamente ſtampato _De Motionibus natu-_
_ralibus a grauitate pendentibus,_ che con maggior comodità
voglio che diſcorriamo ſopra queſta materia.
_Ofr._ Io venirò prouiſto di Mecanica.
_Mat._ Li farà biſogno.