ISTORIA E DIMOSTRAZIONI INTORNO ALLE MACCHIE SOLARI E LORO ACCIDENTI COMPRESE IN TRE LETTERE SCRITTE ALL'ILLVSTRISSIMO SIGNOR MARCO VELSERI LINCEO DVVMVIRO D'AVGVSTA CONSIGLIERO DI SVA MAESTA CESAREA DAL SIGNOR GALILEO GALILEI LINCEO Nobil Fiorentino, Filo$ofo, e Matematico Primario del Sereni$s. D. COSIMO II. GRAN DVCA DI TOSCANA. Si aggiungono nel fine le Lettere, e Di$qui$izioni del finto Apelle. OB@TING WALLERSTEIN
    INROMA, Appre$$o Giacomo Ma$cardi. MDCXIII.
GON LIGENZA DE' SVPERIORI.

Imprimatur, $i videbitur Reuerendi$$. P.M. Sacri Palatij Apo$t.

C{ae}$ar Fidelis Vice$gerens.

Ex ordine Reuerendi$$imi P. Magi$tri Sacri Palatij Apo$tolici F. Lu- douici Y$tella Valentini tres Epi$tolas de Maculis Solaribus Per- illu$tris & Excellenti$s. D.Galilei de Galileis ad Illu$tri$simum D. Marcum Vel$erum Augu$tæ Vind. Duumuirum Præfectum $eriptas diligenter vidi, quas cum nihil, quod $acri Indicis regulis repu- gnet, immo raram doctrinam, nouas, ac mirabiles ob$eruationes hucu$que incognitas, inaudita$que facili, ac perpolito $tilo explicatas continere inuenerim, typis digni$$imas iudicaui. Vidi etiam nonnullas de eadem materia Apellis Epi$tolas, ac Di$qui$itiones ad eumdem D. Vel$erum mi$$as, quæ nihil habent quod offendat; & ideo eas quoque imprimi po$$e cen$eo. In fidem propria manu $erip$i. Romæ die 4. Nouembris 1612.

Antonius Butius Fauentinus Ciuis Romanus, Philo$ophiæ @@ Medicinæ Doctor.

Imprimatur,

Fr. Thomas Pallauicinus Bonon. Mag. & Reuerendi$simi P.F. Ludouici Y$tella Sacri Palatij Apo$t. Magi$tri $ocius, Ord. Prædicatorum.

ALL'ILLVSTRISS.<_>MO SIG.<_>R@ IL SIG. FILIPPO SALVIATI LINCEO.

ERA que$to dono al Pubblico de gli Studio- $i deftinato per giudizio de Sig.<_>ri Lincei, @@ e$$endone io per mia particolar cura l'Ap- portatore; con$iderai douere dalle condi- zioni di quello eleggere à chi prima, e par- ticolarmente haueuo à pre$entarlo. Onde riuolgendo me- co come $ia tratto dalla più nobile e viua luce del Cielo, per filo$ofica opra, e matematica diligenza del Dotti$$imo Sig. Galilei; che con tali parti cele$ti tanto adorna la $ua, Patria: ri$guardando illuogo, l'occa$ione, & altre $ue qua- litadi, & apparendomi $empre più degno, e nobile: parmi, e conueniente, e nece$$ario d'arrecarlo à V. S. Illu$tri$s. e à tutta la Repubblica de Filo$ofi auanti à lei pre$entarlo. De- uono i $ublimi, e Cele$ti Oggetti à Per$onaggi eminenti, e di $ourana nobiltà dedicar$i: e chi non sà gl'ornamenti, lo $plendore, le grandezze della $ua Illu$tri$s. Ca$a, ch'in tan- ti, e tanti Suggetti $par$e, in lei ancor cumulate rilucono? L'opre di virtù, e dottrina à gl'amatori, e $eguaci di quella conuengono: in lei l'i$te$$a virtù raccolta delle più $celte Matematiche, e della miglior Filo$ofia le hà fatto tal' par- te, che mancandole cagioni dinuidiarn' altri, molte altrui ne porge d'e$$er' inuidiata; e tanto più deue da cia$cuno e$- $erne ammirata, e lodata, quanto di tali intelligenze è raro ne'$uoi pari l'e$empio. L'Illu$tri$s. Sig. Vel$eri forniti$$imo d'ogni $cienza e virtù, come quello che ben la cono$ce @@ ama prenderà contento particolare, che à lei dauanti co- no$cano, e godano li Studio$i, ipale$amenti, ch'ei gl'hà fatt'hauere. Contenti$$imo veggo il Sig. Galilei, che que$ta $ua Opra à Cercatori del vero inuiata prenda così buon Porto. E che merauiglia n'è s'oltre il cono$cimento de me- riti, il legame dell'amicizia, col quale egli l'ama, ammira, & o$$erua; la Lince, la Patria, l'a$$idua compagnia, li con- giungono in$ieme? La nobil' Città di Fiorenza fertile tan- to di virtuo$i ingegni, ricettacolo in$igne di dottrina, che $empre in ogni virtù hà fiorito, e fiori$ce; ben' ragion'era, che de proprij frutti, e de $uoi $coprimenti prima gu$ta$$e, e gode$$e. anzi erano que$ti prodotti nell'i$te$$a Villa di V.S. Illu$tri$s. delle Selue luogo ameni$$imo, mentre $eco l'Autore dimoraua, e $eco godeua de Cele$ti Spettacoli: ond'e$$a v'haueua $opra perciò ragioni particolari. Venen- do poi da SS. Lincei beni$$imo conueniua indirizzar$i à lei frà loro tanto $timata, & o$$eruata, facendo$i anco que$to con tanta loro $odisfazione. E$$endo per lo comune de Let- terati po$ta in via, in ottimo luogo auanti à lei v'appari$ce, che non $olo d'alto ingegno, a$$iduo $tudio, particolar dot- trina frà quelli ri$plende; ma con heroica magnificenza li fauori$ce, li protegge, li $olleua, pormouendo $empre opre di vera virtù. Finalmente $e per il mio vffizio ragioneuo- le era, ch'in que$to dono io haue$$i qualche parte grande- mente godo valermene, porgendolo à vn' tanto mio Si- gnore. Compari$ce dunque da me donatole, e dedicatole à far$i pubblico auanti à V.S. Illu$tri$s. $icuro d'e$$er'accetto. Pregola, che gradi$ca anco l'a$fetto, col quale gli $i porge. Et me le raccomando in grazia. Di Roma li 13. di Gen- naro 1613.

Di V.S. Illu$tri$$ima

Ser.<_>re Deuot.<_>mo

Angelo de Filijs Line.

ANGELO DE FILIIS LINCEO Al Lettore.

SE in que$ta. gran machina dell' V niuer$o, i Cele$ti corpi per la propria natura $ono trà tutti gl'altri nobili$$imi; dourà $enz' alcun dubbio principali$$ima ancora, e degna d'He roici intelletti e$$er' riputata la contēplatio- ne intorno ad e$$i; e di non poca gloria degni quelli, che que$ta ageuolano & arricchi$co- no, giouando tanto in cosi ardue, e remote materie l'innata auidità, c'hahbiamo tutti di cono$cere. Per laqua- le, $e mentre gl'Historici dell' inferior'natura, ch'a nostri piedi $og- giace qualche parto di quella nõ più veduto, $ia$i Pianta, Animale, ò deforme Zoofito ci pale$ano, tanto piacere ne prendiamo, e tãto del ritrouam\~eto gli lodiamo; quanto douremo godere e$$endoci appre$en- tati nuoui lumi nella $uperior'natur a dell' alti$$imo Cielo, e le faccie de i più nobili $coperte, che per prima velate n'appariuano? Quanto $aremo tenuti à lor $agaci, e diligenti ritrouatori, e quante lodi glie ne doueremo rendere? Ecco dunque à gl'intelletti, che il vero $tudio- $amente à i no$tri tempi ricercano, grande, e Cele$te materia; e doue nel Cielo con Herculee colonne chiu$o, terminato era il eampo à Cer- catori; ne dai primi A$tronomi in quà, altro di plù era stato vedu- to, che le stelle fi{$s}e vicine al Polo au$trale, e que$te mercè delle nuo- ue nauigationi, e qualche accidente nell'altre for$e vanamente o$$er- uato; hora più oltre penetrando il Signor Galilei, nuoua copia di $plendenti corpi, & altri a$co$i mi$terij della natura colasù ci $cuo- pre; e questo $egue $otto l'ombra, e felici au$picij del Sereni$$im@ D. Co$imo Gran Duca di To$cana, che per propria virtù, e ma- gnific@eza, & ad imitazione de i Gran Lorenzi, e Co$imi, & altri Heroi della Regia Famiglia de Medici$uoi Aui, veri Mecenati delle no$trali, e peregrine lettere; non ce{$s}a mai di fauorir le $cien- ze, e procurare à pubblico vtile ogni maggiore accre$cimento, e illu- $tramento di quelle. Mo$traci dunque il Signor Galileo, innume- rabili $quadre di stelle fi$$e, $par$e per tutt'il Firmamento, molte nella Gala$$ia, e molte nelle nebulo$e, che per prima erano offu$cate, & indi$tinte; ritroua la Regia compagnia di Gioue de quattro pia- neti Medicei: $corge la Luna di montuo$a, e varia $uperficie; e tutto que$to nel $uo Auui$o A$tronomico à cia$cheduno pale$a, e comunica. Nena$ce $ubito $tupore ognialtra co$a a$pettando$i, che $imil' nouità nel Cielo. Più oltre $eguendo l'impre$a, $cuopre la nuoua T riforme Venere emula della Luna, pa{$s}a al tardo, e lontano Saturno, e da due Stelle accompagnato triplice ce lo mo$tra. auui$a ciò à primi Matematici d'Europa, e il tutto con parole notifica, e per leuar'con l'e$perienza $te$$a l'incredibilità, che $empre le co$e ina$pettate, e marauiglio$e $uole accompagnare, dimostra à cia$cuno in fatti la via da vedere il tutto, e godere à $uo modo i $opradetti $coprimenti; nè ciò fà in vn luogo $olo, mà in Padoua, in Fiorenza, & poì nell'- i$te$$a Roma, doue da Dotticon vniuer$al con$en$o v\-egono riceuuti, e con $ua grã lode nelle più publiche, e famo$e cattedre $piegati. Oltre ciò, non prima $i parte di Roma, ch'egli non pur con parole bauer $coperto il Sole maccbiato vi accenna, mà con l'effetto $te$$o lo dimo- $tra, e ne fà o$$eruare le maccbie in più d'vn'luogo, come in particola- re nel Giardino Quirinale dell' Illu$tri$s. Sig. Cardinal Bandini, pre $ente e$$o Sig. Card. con li R.<_>mi Mõ$ig. Cor$ini, Dini, Abbate Caual- canti, Signor Giulio Strozzi & altri Signori. E come che $i $corga e$$er à lui $olo ri$eruato, non $olamente li Cele$ti $coprimenti in$ieme col mezo del con$eguirgli; mà di più il penetrar'con gl'occbi della mente tutta quella $cienza, che d'e$si hauer $i puote; $taua$i con vniuer$al de$iderio a$pettando il parer $uo circa di e$$e macchie, quando finalmente, s'inte$e da Signori Lincei hauer lui di tal ma- teria pienamente $critto in alcune lettere all' Illu$tri$simo e Dotti$- $imo Signor Vel$eri priuatamente inuiate, quali hauute, è vi$to, che con vna lunga $erie d'o$$eruazioni il compimento dell'impre$a $econdo il de$iderio apportauano; $timarono, che non fu{$s}e da permet- tere in alcun modo, che d'e$$e, e delle Solari contemplationi, non pote$$e sia$cuno à $ua voglia $odisfar$i; mà che doue$$ero perciò di priuate, pubbliche diuenire in$ieme con le propo$te del Sig. Vel$eri. Appre$o io il comun volere, diedi (conforme à quello, che la mia particolar cura ricerca) ordine, acciò v$ci$$ero in luce; giudicando deuano e$$er gradite da tutti gli Studio$i; da tutti dico, $e però qualche importu- na pa$sione ad alcuni particolari non le rende di$care, quali, ò per preten$ioni, ch'haue$$ero circa il ritrouamento di e$$e macchie, ò per de$iderio, che li giudiz{ij} loro, & opinioni intorno alle mede$ime re- $ta$$ero in piede, ò pure perche tal nouità, e loro con$equenze troppo perturbino, molte, e molto grandi conclu$ioni nella dottrina da loro $in'quì tenuta per $aldi$sima; for$e non riceueranno con candidezza di mente ciò che dal $inceri$simo affetto del Signor Galilei, e puro de$iderio, e $tudio della verità è deriuato: mà la $odisfattione di que$ti ($e alcuno ve n'è) non deue talm\-ete e$$er'riguardata, ne meno da e$si, che perloro particolar'intere$$e, $i deuano occultare quegli effetti veri, e $en$ati, che per aggrandimento delle $cienze vere, e reali l'i$te$$a N atura và pale$ando. à quelli poi, che pretende$$ero anteriorità nelle o$$eruazioni di tali macchie, non $i nega il poter' loro bauerle o$$eruate $enza auui$o precedente del Signòr Galilei, com'è anco manife$to hauerlo e$$i preuenuto nel farle publiche con le Stampe; mà è anco altrettanto, ò più chiaro à molti$simi hauerne il Signor Galilei molto auanti, che $crittura alcuna veni$$e in luce data priuata contezza quì in Roma, & in particolare, come di $e- pra hò detto nel Giardino Quirinale l'Aprile dell'anno 1611, e molti me$i inanzi ad amici $uoi priuatamente in Fiorenza, doue, che le prime $critture, che di altri $i $ieno vedute, che $ono quelle del finto Apelle non hanno più antiche o$$eruazioni, che dell'Ottobre del mede$imo anno 1611. Re$ti per tanto noto à cia$cuno, e$$er'vera- mente particolare determinazione, ch'in vn'$olo $oggetto ca$cbi nella no$tra età, nõ $olo il Cele$te v$o del T ele$copio, mà anco gli $coprim\-eti, & o$$eruazioni di tante nouità nelle Stelle, e corpi $uperiori. ne ciò $i a$criua, come alcuni pur tentano per diminuir for$ela gloria dell'- Autore, à $emplice ca$o, ò fortuna: poiche da loro $te$si rimangono que$ti tali conuinti, e condannati, e$$endo $tati quelli, che per lungo tëpo negarono, e $i ri$ero de primi $coprimenti del Signor Galilei; mà $e dopò l'e$$erne $tati auui$ati $tettero tanto tempo prima, che venif- $ero in certezza delle Stelle Medicee, e dell'altre nuoue o$$eruazioni, come potran'eglino non confe$$are, che per quanto dipende dalla po$- $ibilità loro, le mede$ime co$e $ariano perpetuamente rima$te occulte? non deuono dunque chiamar$i accidenti fortuiti, ò ca$uali, le gratie particolari, che vengone di $opra, $e già non vole$$imo riputar'tali anco l'eccellenza d'ingegno, la $aldezza di giudizio, la per$picacità del di$cor$o, l'integrità di mente, la nobiltà dell'animo, & in $omma tutte l'altre doti, che per natura, ò per gratia Diuina ci vengono concedute. Hora $e il Signor Gal lei per la $trana nouità de $uoi trouati, è stato per non breue tempo $oggetto del mor$o di molti, come per tante $critture oppo$togli, ripiene la maggior parte più di af- fetto alterato, che di $undata dottrina, e $alde ragioni $i $corge; non deuono mentre di giorno in giorno $i và maggiormente $copren- do, non hauerci egli proposta co$a, che vera non $ia, contender$egli quelle lodi, che giu$to, & honorato prezzo $ogliono, e deuono e$$ere di $i vtili, & hone$te fatiche. E tu di$creto Lettore sò ben, che go- dendoti ($ua mercè) il di$coperto Cielo, di nuoui giri, e $plendori ar- ricchito; e contemplandoci à tua voglia l'iste$$o Sole non men, che gl'altri chiari oggetti, glie ne $arai grati$$imo, e ma$$ime $e attenta- mente andrai con$iderando con qual maniera, e fermezza di ra- gioni (nelle quali il ca$o parte alcuna hauer'no puote) venga il tutto trattato, e stabilito. e $e in priuate lettere, che ben che $critte à Per$one di eminente dottrina; pur' $i $criuono in vna cor$a di penna, troui tal $aldezza di dimo$trazioni, tanto più deui $perare di veder l'i$te$$e materie, e molte altre appre$$o ne particolari T rattati del mede$imo Autore più perfettamente $piegate. Hora per tuo diletto, & vtile $i fanno à te publiche queste lettere. Gl'inuidi, e detrattori s'a$tenghino pur'da tal lettura, non $endo $critte per loro; anzi e$$en- do dall' Autore inuiate priuatamente à vn $olo, dotato di molta in- telligenza, e di mente $incera; non deuo io con $uo pregiudizio in- uiarle à per$one contrariamente qualificate; non però s'a$petta talmente il tuo fauore, & applau$o, che $i ricu$ino le tue cen$ure, e contradizioni in quelle co$e, che dubbie, e non ben confermate ti appari$$ero: anzi ti rendo certo, che al Signor Galilei non meno le correzzioni, che le lodi, non meno le contradizzioni, che gl'a$$en$i $aranno $empre care: anzi tanto più quelle, che que$ti, quanto, quel- le nuooua $cienza po{$s}ono arrecargli, e que$ti la già guadagnata $o- lamente confermargli. Viui felice.

GALILEO SER GRAN DVCA DI TOSC GALILEI LINCEO FILOSOFO E MATEMATICO DEL MO A IN GALILEVM GALILEVM LYNCEVM. LVCAE VALERII LYNCEI Mathematicæ, & Ciuilis Philo$ophiæ in Almæ Vrbis Gymna$i@ Profe$$oris.

DVM radio, GALILÆE, tuo C{ae}lum omne retectum, Spectat, & in$olito murmure Terra fremit:

Quæ contra tempus $olido non ære re$i$tit;

Aeterna in fragili $tat tibi fama vitro.

IOANNIS FABRI LYNCEI BAMBERGENSIS Simpliciarij Pontificij, ac Botanicam in Vrbe publicè profitentis.

NON tibi Dædaleis opus est GALILÆE volanti Ad Solem pennis, Sole tepente cadunt.

Nec Ganymedæa veheris $uper astra Volucri, Imbelles pueros hæc modo portat Auis.

Ast tibi ceu LYNCI, penetrent quæ mœnia Cœli, Lumina præclarum contulit ingenium.

Queis noua demonstras tu $ydera PRIMVS Olympo Atque $ube$$e nouas Sole doces MACVLAS.

DI FRANCESCO STELLVTI LINCEO.

SOn, GALILEO, tuoi pregi hor sì po$$enti, Che da la face del notturno borrore, Spuntan per $eggio di tua gloria fuore Ben cento Olimpi ad bonorarti intenti.

E qualhor co'tuoi vetri, indu$tre il tenti, S'inchinan l'alte spere à tuo fauore; E per far vie più chiaro il tuo valore, Na$con à mille, à mille Orbi lucenti.

L'apportator del giorno anc'ei comparte Prodigo il lume à te, cb'il fura intanto Del $uo bel volto à la più chiara parte.

Così di macchie asper$o il puro manto Tu primier ce l'additi; e con tal'arte, Fregi d'immortal luce il tuo gran vanto.

PRIMA LETTERA Del Sig. Marco Vel$eri al Sig. Galileo Galilei delle nouità $olari. MOLTO ILL.<_>RE ET ECCELL.<_>MO SIG.

Virtus, recludens immeritis mori

Cœlum, negata tentat ire via.

GIA gli humani intelletti da douero fanno forza al Cielo, e i più gagliardi $e'l vanno acqui$tando. V.S.è $tato il primo alla $calata, e ne hà riportato la corona Murale. Hora le vanno dietro altri con tanto maggior coraggio, quanto più cono$cono, che $arebbe viltà e$pre$$a non $econdar sì felice, & onorata im- pre$a, poiche lei hà rotto il ghiaccio vna volta. Veda à ciò che _Intende_ _d' Apelle_ _le cui pri_ _melettere_ _cö que$t@_ _le mã@@._ $i è arri$chiato que$to mio amico, & $e à lei non riu$cirà co$a totalmente nuoua, come credo, $pero però, che le $arà di gu$to, vedendo, che ancora da que$ta banda de monti, non manca chi vada dietro alle $ue pedate. La mi faccia gratia in propo$ito di que$te macchie $olari, di dirmene liberamente il $uo parere, $e la giudica tali materie $telle, ò altro, doue crede $iano $ituate, e qual $ia il lor moto. Bacio à V.S. le mani con annuntio di felice capo di Anno, e la prego, che v$cendo le $ue o$$eruazio- ni noue non la$ci di farmene parte. Di Augu$ta à 6. di Gen- naio 1612.

Di V.S. molto Illu$tre, & Eccellenti$s.

Seruitore affettionati$$imo

Marco Vel$eri.

PRIMA LETTERA Del Sig. Galileo Galilei al Sig. Marco Vel$eri circa le macchie $olari in ri$po$ta della precedente. ILLVSTRISS.<_>MO SIG. E PADRON COL.<_>MO

ALLA corte$e lettera di V.S. Illu$tri$$ima $critta- mi tre me$i fà rendo tarda ri$po$ta, e$$endo $tato qua$i nece$$itato à v$are tanto $ilenzio da varij ac- cidenti; & in particolare da vna longa indi$po$i- zione, ò per meglio dire da lunghe, e molte indi- $po$izioni, le quali vietandomi tutti gl'altri e$$ercizij, & occu- pazioni mi toglieuano principalmente di potere $criuere, $ico- me anco in gran parte me lo leuano al pre$ente, pure non tanto rigidamente, che io non po$$a almeno ri$pondere ad alcuna del- le lettere de gl'Amici, e Padroni, delle quali mi ritrouo non picciol numero, che tutte a$pettano ri$po$ta. Hò anco taciuto sù la $peranza di potere dar qualche $atisfazione alla domanda di V.S. intorno alle macchie $olari, $opra il quale argomento ella mi hà mandato quei breui di$cor$i del finto Apelle, mà la difficoltà della materia è'l non hauere io potuto far molte o$- $eruazioni continuate, mi hanno tenuto, e tengono ancora $o- $pe$o, & irre$oluto, & à me conuiene andare tanto più cauto, e circon$petto nel pronunziare nouità alcuna, che à molti altri, quanto che le co$e o$$eruate di nuouo, e lontane da i commu- ni, e popolari pareri, le quali come ben sà V.S. $ono $tate tu- multuo$amente negate, & impugnate, mi mettono in nece$$ità di douere a$condere, e tacere qual $i voglia nuouo concetto, $in che io non ne habbia dimo$trazione più che certa, e palpa- bile, perche da gl'inimici delle nouità, il numero de i quali è in- finito, ogni errore, ancorche veniale, mi $arebbe a$critto a fal- lo capitali$$imo, già che è inual$o l'v$o, che meglio $ia errar con l'vniuer$ale, che e$$er $ingolare nel rettamente di$correre; aggiugne$i che io mi contento più pre$to di e$$er l'vltimo à pro- durre qualche concetto vero, che preuenir gl'altri, per douer Del Sig. Galileo Galilei. poi di$dirmi nelle co$e con maggior fretta, e con minor con$i- derazione profferite. Que$ti ri$petti mi hanno re$o lento in ri- $ponder alle domande di V.S. Illu$tri$$ima; e tuttauia mi fanno timido in produrre altro che qualche propo$izion negatiua, pa- rendomi di $aper più to$to quello, che le macchie $olari non $ono, che quello, che elleno veramente $iano, & e$$endomi mol- to più difficile il trouar il vero, che'l conuincere il fal$o. Mà per $atisfare almeno in parte al de$iderio di V.S. anderò con$i- derando quelle co$e, che mi paiono degne di e$$er auuertite nelle tre lettere del finto Apelle già che ella così comanda, @@ che in quelle $i contiene ciò che $in qui è $tato immaginato per de$inire circa l'e$$enza, il luogo, & il mouimento di e$$e macchie.

E prima che e$$e $iano co$e reali, e non $emplici apparenze, _Le ma@_ _chie $ono_ _reali._ ò illu$ioni dell'occhio, ò de i cri$talli: non hà dubbio alcuno, come ben dimo$tra l'amico di V.S. nella prima lettera, & io le hò o$$eruate da 18. me$i in quà, hauendole fatte vedere à di- uer$i miei intrin$eci, e pur l'anno pa$$ato appunto in que$ti tempi le feci o$$eruare in Roma à molti Prelati & altri Signori. E vero ancora che non re$tano fi$$e nel corpo $olare, mà appa- ri$cono muouer$i in relazion di e$$o, & anco di mouimenti re- golari, come il mede$imo autore hà notato nella mede$ima let- tera: è ben vero che à me pare, che il moto $ia ver$o le parti _Mouime@_ _to dells_ _macchie._ contrarie à quelle che l'Apelle a$$eri$ce, cioè da Occidente ver- $o Oriente declinando da Mezzogiorno in Settentrione, e non da Oriente ver$o Occidente, e da Borea ver$o Mezzogiorno; il che anco nell'o$$eruazioni de$critte da lui medemo, le quali in que$to confrontano con le mie, e con quante io ne hò vedute di altri, a$$ai chiaramente $i $corge, doue $i veggon le macchie o$$eruate nel tramontar del Sole mutar$i di $era in $era de$cen- dendo dalle parti$uperiori del Sole ver$o le inferiori; e quelle della mattina a$cendendo dalle inferiori ver$o le $uperiori; $co- prendo$i nel primo apparire nelle parti più au$trali del corpo $olare, & occultando$i, e $eparando$i da quello nelle parti più Boreali de$criuendo in $omma nella faccia del Sole linee per quel ver$o appunto che fariano Venere, ò Mercurio, quando nel pa$$ar $otto'l Sole s'interpone$$ero trà quello e l'occhio no- Delle Macchie Solari $tro; il mouimento dunque delle macchie ri$petto al Sole ap- par $imile à quello di Venere, e di Mercurio, e de gl'alrri pia- neti ancora intorno al mede$imo Sole, il qual moto è da Ponen- te, à Leuante; e per l'obliquità dell'Orizonte ci $embra declina- re da Mezzogiorno in Settentrione. Se Apelle non $uppone$$e, che le macchie gira$$ero intorno al Sole, mà che $olamente gli pa$$a$$ero $otto, è vero che il moto loro doueria chiamar$i da leuante à ponente, mà $upponendo, che quelle gli de$criuino intorno cerchij & che hora gli $iano $uperiori, hora inferiori, tali reuoluzioni deuono chiamar$i fatte da Occidente ver$o Oriente, perche per tal ver$o $i muouono quando $ono nella parte $uperiore de i loro cerchi. $tabilito che hà l'autore, che le macchie vedute non $ono illu$ioni dell'occhiale, ò diffetti dell'occhio cerca di determinare in vniuer$ale qualche co$@ circa il luogo loro, mo$trando, che non $ono ne in aria, ne nel corpo$olare. Quanto al primo la mancanza di paralla$$e nota- bile mo$tra di concluder nece$$ariamente le macchie non e$$er nell'aria, cioè vicine alla Terra dentro a quello $pazio, che com- munemente $i a$$egna all'elemento dell'Aria. Mà che le non po$$in' e$$er nel corpo $olare non mi par con intera nece$$ità di- mo$trato, perche il dire, come egli mette nella prima ragione non e$$er credibile che nel corpo $olare $iano macchie o$cure, e$$endo egli lucidi$$imo non conclude, perohe intanto douiamo noi dargli titolo di puri$$imo, e lucidi$$imo in quanto non $ono in lui $tate vedute tenebre, ò impurità alcuna; ma quando ci $i mo$traffe in parte impuro, e macchiato, perche non doueremo noi chiamarlo e macolato, e non puro? i nomi, e gl'attributi $i deuono accomodare all'e$$enza delle co$e, e non l'e$$enza à i nomi; perche prima furon le co$e, e poiinomi. La $econda ragione concluderebbe nece$$ariamente, quando tali macchie fu$$ero permanenti, & immutabili; mà di que$ta parlerò più di $otto. Quello che vien da Apelle in que$to luogo detto, cioè, che le macchie apparenti nel Sole $iano molto più negre di quelle che mai $i $iano vedute nella Luna, credo che a$$oluta- mente $ia fal$o; anzi $timo, che le macchie vedute nel Sole $ia- no non $olamente meno o$cure delle macchie tenebro$e, che Del Sig. Galileo Galilei. nella Luna $i $corgono, mà che le $iano non meno lucide delle _Le mac-_ _chie $ono_ _non men_ _lucide che_ _le lumino-_ _$e parti_ _della Lu-_ _na._ più lumino$e parti della Luna, quand'anche il Sole più diret- tamente l'illu$tra; & la ragione, che à ciò creder m'induce è tale. Venere nel $uo e$orto ve$pertino, ancorche ella $ia di co- sì gran $plendor ripiena, non $i $corge $e non poiche è per mol- ti gradi lontana dal Sole, e ma$$ime $e amendue $aranno eleuati dall'Oriente; e ciò auuiene per e$$er le parti dell'etere circon- fu$e intorno al Sole non meno ri$plendenti dell'i$te$$a Venere, dal che $i può arguire, che $e noi pote$$imo por la Luna accan- to al Sole $plendida dell'ifte$$a luce, che ella hà nel plenilunio, ella veramente refterebbe inui$ibile come quella, che verria collocata in vn campo non meno $plendente e chiaro della $ua propria faccia. Hora ponga$i mente, quando col Tele$copio, cioè con l'occhiale, rimiriamo il lucidiffimo di$co $olare, quan- to, e quanto egli ci appar più $plendido del campo, che lo cir- conda, & in oltre paragoniamo la negrezza delle macchie $o- lari, sì con la luce dell'i$te$$o Sole, come con l'o$curità del- l'ambiente contiguo, e trouaremo per l'vno, e per l'altro pa- ragone non e$$er le macchie del Sole più o$cure del campo cir- confu$o; $e dunque l'o$curità delle macchie $olari non è mag- gior di quella del campo, che circonda il mede$imo Sole; e $e di più lo $plendor della Luna re$terebbe impercettibile nella chiarezza del mede$imo ambiente, adunque per nece$$aria con$equenza $i conclude, le macchie $olari non e$$er punto men chiare delle parti piu $plendide della Luna, benche $ituate nel fulgidi$$imo capo del di$co $olare ci $i mo$trino renebro$e, e ne- re, e $e e$$e non cedono di chiarezza alle più lunpino$e parti del- la Luna, quali $aranno elleno in comparazione delle più o$cure macchie di e$$a Luna? e ma$$ime $e noi vole$$imo intender del- le macchie tenebro$e cagionate dalle proiezzioni dell'ombre delle montuo$ità lunari, le quali in comparazione delle parti illuminate non $ono manco nere che l'inchio$tro ri$petto à que- $ta carta. E que$to voglio che $ia detto non tanto per contra- _Materia_ _delle mac_ _chie non_ _molto den_ _$a._ dire ad Apelle, quanto per mo$trare, come non è nece$$ario por' la materia di e$$e macchie molto opaca e den$a, quale $i deue ragioneuolmente $timare che $ia quella della Luna, e Delle Macchie Solari. de gl'altri pianeti, mà vna den$ità, & opacità $imile à quella di vna nugola è ba$tante nell'interpor$i trà'l Sole, e noi à far vna tale o$curità, e negrezza. Quanto poi à quello che l'A- pelle in que$to luogo accenna, e che più diff@$amente tratta nella $econda epi$tola, cioè di poter con quella $trada venir in certezza, $e Venere, e Mercurio faccino le loro reuoluzioni $ot- to, ò pur intorno al Sole, io mi $ono alquanto marauigliato che non gli $ia peruenuto all'orecchie, ò $e pur gl'è peruenuto, che ei non habbia fatto capitale del mezzo e$qui$iti$$imo $en$ato, e che frequentemente potrà v$ar$i, $coperto da me qua$i due anni $ono, e communicato à tanti che hormai è fatto notorio, e que- $to è che Venere và mutando le figure nell'i$te$$o modo che la _Venere_ _Cornuta_ _o$$eruata_ _dall' Au-_ _tore è di_ _differenti_ _grande@-_ _ze._ Luna, & in que$ti tempi potrà Apelle offeruarla col Tele$copio e la vedrà di figura perfetta circolare e molto piccola, $e bene a$$ai minore $i vedeua nel $uo e$orto ve$pertino, potrà poi $e- guitare di o$$eruarla, & la vedrà intorno alla $ua ma$$ima di- gre$$ione in figura di mezzo cerchio; dalla qual figura ella pa$- ferà alla forma falcata a$$otigliando$i pian piano $econdo che ella $i anderà auuicinando al Sole, intorno alla cui congiunzio- ne $i vedrà così $ottile come la Luna di due, ò tre giorni, e la grandezza del $uo vi$ibil cerchio $arà in gui$a accre$ciuta, che ben $i cono$cerà l'apparente $uo diametro nell'e$$orto Ve$per- tino e$$er meno che la $e$ta parte di quello, che $i mo$trerà nel- l'occultatione mattutina, ò e$orto ve$pertino, & in con$equenza il $uo di$co apparir qua$i 40. volte maggiore in que$ta po$itu- ra, che in quella, le quali co$e non la$cieranno luogo ad alcu- no di dubitare qual $ia la reuoluzione di Venere mà con a$$o- luta nece$$ità cõchiuderanno conforme alle po$izioni de i Pita- gorici, e del Copernico, il $uo reuolgimento e$$er intorno al Sole; intorno al quale come centro delle lor reuoluzioni $i rag- girano tutti gl'altri pianeti. Non occorre dunque a$pettar con- giunzioni corporali per accertar$i di così manife$ta cõclu$ione, ne produr ragioni $ogette à qualche ri$po$ta, benche debole per guadagnar$i l'a$$en$o di quelli, la cui Filo$ofia viene $tranam\~e- te perturbata da que$ta nuoua con$tituzion dell'vniuer$o, per- che loro, quand'altro non gli $tringe$$e, diranno, che Venere ò Del Sig. Galileo Galilei. ri$plenda per $e $te$$a, ò $ia di $u$tanza penetrabile da i raggi $olari, $i che ella venga illu$trata non $olamente $econdo la $u- perficie, mà $econdo tutta la profondità ancora; e tanto più animo$amente potranno far$i $cudo di que$ta ri$po$ta, quanto non $ono mancati Filo$ofi, e Matematici che hanno creduto così, e que$to $ia detto con pace d'Apelle, che $criue altramen- te, & al Copernico mede$imo conuien ammettere come po$$i- bile, anzi pur come nece$$aria, vna delle dette po$izioni, non hauendo egli potuto render ragione in qual gui$a Venere, quando è $otto'l Sole non $i mo$tri cornicolata; e veramente altro non poteua dir$i auanti che il Tele$copio veni$$e à farci vedere, come ella è veramente per $e $te$$a tenebro$a come la Luna, e che come quella và mutando figure. Mà io oltre à ciò po$$o muouer gran dubbio nell'inqui$izione d'Apelle, mentre egli nella congiunzione pre$a da lui cerca di veder Venere nel di$co del Sole, $upponendo che veder vi $i dourebbe in gui$a d'vna macchia a$$ai maggiore d'alcuna delle vedute, e$$endo il $uo vi$ibil diametro minuti tre, & in con$equenza la $ua $uper- ficie più di vna delle centotrenta parti di quelle del Sole, mà ciò con $ua pace non è vero, & il vi$ibil diametro di Venere non _Venere_ _piccioli$$i-_ _ma ri$pet_ _to al Sole._ era all'hora ne anco la $e$ta parte di vn minuto, & la $ua $uper- ficie era minore di vna delle quaranta mila parti della $uperfi- cie del Sole, $icome io sò per $enfata e$perienza, & à $uo tem- po farò manife$to ad ogn'vno; vegga dunque V.S. gran campo, che $i la$cerebbe à coloro, che vole$$ero pur con Tolomeo rite- ner Venere $otto il Sole, i quali potrebbon dire che in vano $i cerca$$e di veder vn $i picciol neo nell'immen$a, e lucidi$$ima faccia di quello. E finalmente aggiongo, che tale e$perienza non conuincerà nece$$ariamente quelli che nega$$ero la reuoluzione di Venere intorno al Sole, perche potrebbon $empre ritirar$i à dire, che lei fo$$e $uperior al Sole, fortificando$i appre$$o con l'àutorità di Ari$totele, che tale la $timo, non ba$ta dunque che Apelle mo$tri, che Venere nelle corporali congiunzioni mattutine non pa$$a $otto'l Sole, $e egli non mo$tra$$e ancora, come nelle congiunzioni ve$pertine ella gli pa$$a$$e $otto, mà tali congiunzioni ve$pertine, che $iano però corporali $i fanno Delle Macchie Solari rari$$ime volte, & à noi non $uccederà il poterne vedere. ad n- que l'argumento d'Apelle è mancheuole per concluder il $uo intento. Vengo hora alla terza lettera, nella quale Apelle più rifolutamente determina del luogo, del mouimento, e della $u- $tanza di que$te macchie, concludendo che $iano $telle, le qua- li poco lontane dal corpo $olare intorno $e gli vadino volgendo alla gui$a di Mercurio, e di Venere.

Per determinar del luogo comincia à dimo$trar quelle non e$$er nell'i$te$$o corpo del Sole, il quale col riuolger$i in $e $te$- $o ce le rappre$enti mobili, perche pa$$ando il veduto emisfero in giorni quindeci doueriano ogni me$e ritornar l'i$te$$e, il che non fuccede.

L'argomento farebbe concludente tuttauolta che prima con$ta$$e, che tali macchie fu$$ero permanenti, cioè che non $i produce$$ero di nuouo, & anco $i cancella$$ero, e fuani$$ero; mà chi dirà che altre $i fanno, & altre $i disfanno, potrà anco $o$te- nere che il Sole riuolgendo$i in $e $te$$o le porti $eco $enza ne- ce$$ità di rimo$trarci mai le medeme, ò nel medemo ordine di- $po$te, ò delle mede$ime forme figurate. Hora il prouar che elle $ian permanenti l'hò per co$a difficile, anzi impo$$ibile, & à cui _Macchie_ _non per@_ _manenti._ il $en$o repugni, & il mede$imo Apelle ne hauerà vedute alcu- ne mo$trar$i nel primo apparir lontane dalla circonferenza del Sole, & altre $uanire, e perder$i prima che fini$chino di trauer$a- re il Sole, perche io ancora di rali ne hò o$$eruate molte. Non però affermo, ò nego, che le $iano nel Sole, mà $olamente dico non e$$er à $i $$icienza $tato dimo$trato, che le non vi $ijno. Nel re$to poiche l'autore $oggiugne per dimo$trare, che le non $ono in aria, ò in alcun de gl'orbi inferiori al Sole mi par di $corger- ui qualche confu$ione, & in vn certo modo incon$tanza, repi- gliand'ei pur come vero l'antico e commune Si$tema di Tolo- meo, della cui fal$ità ei mede$imo poco auanti hà mo$trato di e$$er$i accorto, mentre che hà conclu$o, che Venere non hà al- tramente la $ua sfera inferiore al Sole, mà che intorno à quel- lo $i raggira, e$$endo hora di $opra, & hora di $otto, & affer- mato l'i$te$$o di Mercurio, le cui digre$$ioni e$$endo a$$ai mi- nori di quelle di Venere nece$$itano à porlo più propinquo al Del Sig. Galileo Galilei. Sole, tuttauia in que$to luogo qua$i rifiutando quella, che egli hà poco fà creduta, & che in effetto è veri$$ima cõ$titutione, in- troduce la fal$a, facendo alla Luna $ucceder Mercurio, & à lui Venere. Vol$i $cu$ar que$to poco di contradizione con dir che egli non haue$$e fatto $tima di nominar dopo la Luna prima. Mercurio, che Venere, ò que$ta, che quello, come che poco importa$$e il regi$trargli prepo$teramente in parole, purche in fatto $i ritene$$ero nella vera di$po$izione; mà il vedergli poi prouar per via della Paralla$$e, che le macchie $olari non $ono nella sfera di Mercurio, e $oggiugner che tal mezzo non $areb- be per auentura efficace in Venere per la piccolezza della Paral- la$$e $imile à quella del $ole; rende nulla la mia $cu$a, perche Venere hauerà delle Paralla$$i maggiori a$$ai, che quelle di Mercurio, e del Sole. Parmi per tanto di $corgere che Apelle come d'ingegno libero, e non $eruile, & capaci$$imo delle vere dottrine, cominci mo$$o dalla forza di tante nouità à dar orec- chio, & a$$en$o alla vera, e buona filo$ofia; e maffime in que$ta parte, che concerne alla con$tituzione dell'vniuer$o, mà che non po$$a ancora $taccar$i totalmente dalle già impre$$e fanta- $ie, alle quali torna pur talhora l'intelletto habituato dal lungo v$o à pre$tar l'a$$en$o, il che $i $corge alttesì pur in que$to me- de$imo luogo mentre egli cerca di dimo$trare, che le macchie non $ono in alcun de gl'orbi della Luna, di Venere, ò di Mer- curio, doue ei và ritenendo come veri e reali, & realmente trà loro di$tinti, e mobili quelli Eccentrici totalmente, ò in parte quei Deferenti, Equanti, Epicicli & c. po$ti da i puri A$tronomi per facilitar' i lor'calcoli, ma non già da ritener$i per tali da gl'A$tronomi filo$ofi, li quali oltre alla cura del $aluar' in qua- lunque modo l'apparenze cercano d'inue$tigare come problema ma$$imo, & ammirando, la vera con$tituzione dell'vniuer$o, poi- che tal con$tituzione è, & è in vn modo $olo, vero, reale, & im- po$sibile ad e$$er' altramente, & per la $ua grandezza, & nobil- tà degno d'e$$er antepo$to ad ogn'altra $cibil que$tione da gl'ingegni $pecolatiui. Io non nego già i mouimenti circolari intorno alla Terra, e $opra altro centro che quello di lei, ne tanpoco gli altri moti circolari $eparati totalmente dalla Ter- Delle Macchie Solari ra, cioè, che non la circondano, e ri$errano dentro i cerchi lo- ro; perche Marte, Gioue, e Saturno con i loro appre$$amenti, e di$co$tamenti mi accertano di quelli, e Venere, e Mercurio, e più i quattro pianeti Medicei mi fanno toccar con mano que- _Moti cir-_ _colari che_ _de$criuono_ _Eccentrici_ _& Epici-_ _cli._ $ti, e per con$equenza $on $icuri$$imo, che ci $ono moti circo- lari, che de$criuono cerchi eccentrici, & Epicicli: ma che per de$criuerli tali, la natura $i $erua realmente di quella faragine disfere, & orbi figurati da gl'A$tronomi, ciò reputo io così po- _Natura_ _non $i $er-_ _ue delli or_ _bi._ co nece$$ario à creder$i, quanto accommodato all'ageuolezza de' computi A$tronomici; & $ono d'vn parer medio trà quegli A$tronomi, li quali ammettono non $olo i mouimenti eccen- trici delle $telle, mà gli orbi, e le sfere ancora eccentriche, le quali le conduchino; & quei filo$ofi, che parimente negano, e gli orbi, e i mouimenti ancora intorno ad altro centro, che quello della Terra. Però mentre $i tratta d'inue$tigar il luogo delle macchie $olari, haurei de$iderato, che Apelle non l'haue$- $e $cacciate da vn luogo reale, che $i troua trà gl'immen$i $pazij, ne i quali $i raggirano i piccioli corpicelli della Luna, di Vene- re, e di Mercurio; $cacciate dico in virtù d'vna immaginaria $uppo$izione, che tali $pazij $ieno interamente occupati da Or- bi Eccentrici, Epicicli, e Deferenti di$po$ti, anzi nece$$itati à portar con loro ogn'altro corpo, che in e$$i veni$$i $ituato, $i ch'ei non pote$$e per $e $te$$o vagare ver$o niun'altra banda, $e non doue con troppo dura catena il Ciel ambiente gli rapi$$e; e tanto meno vorrei que$to, quanto io veggo il mede$imo A- pelle a canto, a canto conceder que$to $te$$o che prima hauea negato. Hauea detto, che le macchie non po$$ono e$$ere in alcuna de gli orbi della Luna, di Venere, ò di Mercurio, perche $e in quelli fo$$ero, $eguitarebbono il mouimento loro. Suppo- ne dunque, che elleno mouimento alcuno proprio hauer non vi pote$$ero: concludendo poi, che le $iano nell'orbe del Sole, ammette, che le vi $i muouino con reuoluzioni proprie, $i che le $iano potenti à vagar per la $olare sfera; mà $e mi $arà con- ceduto, che le po$$ino muouer$i per il cielo del Sole, non doue- rà e$$ermi negato, che le po$$ino $imilmente di$correr per quel di Venere, e $e mi vien conceduto di muouer$i vn poco, & il Del Sig. Galileo Galilei. non vbbidire interamente al rapimento della sfera continente, io non hauerò per inconueniente il muouer$i molto, e'l non vbbidir punto.

Io non voglio pa$$ar vn'altro poco di $crupolo, che mi na- $ce $opra que$to mede$imo luogo nel chiuder che fà Apelle la $ua vltima illazione, doue par ch'ei determini, che le mac- chie $iano finalmente nel ciel del Sole; & è ben nece$$ario il poruele; poiche per $uo parere le $i raggirano intorno ad e$$o, & in cerchi molto angu$ti. Soggiugne poi, quelle non poter e$$ere nell'Eccentrico del Sole, ne negli Eccentrici $ecundum quid, ne in altro orbe, $e altro ve ne fo$$e. Hor qui non po$$o intendere in qual modo le po$$ino e$$ere nel cielo del Sole, @@ intorno al corpo $olare raggirar$i $enza e$$er in alcun de gli or- bi, de' quali la sfera del Sole vien compo$ta.

Li tre Argomenti, che Apelle pone appre$$o per nece$$aria- mente conuincenti le macchie muouer$i circolarmente intorno al Sole, par che habbino ben'a$$ai del probabile, non però man- cano di qualche ragione di dubitare. Quanto al primo lo $ce- mar la larghezza delle macchie vicino al lembo del Sole dareb- be $egno, che le fu$$ero $telle, che girando$i in cerchi poco più ampli del corpo $olare comincia$$ero à mo$trar la parte illu$tra- ta alla gui$a della Luna, ò di Venere, onde la parte tenebro$a veni$$e à diminuir$i, $e non che ad alcuni, che diligentemente hanno o$$eruato, pare che la diminuzione delle tenebre $i fac- cia al contrario di quello, che bi$ognarebbe, cioè non nella _Le mac-_ _chie vici-_ _no al lem-_ _bo del Sole_ _fi a$$otti-_ _gliano._ parte che ri$guarda ver$o il centro del Sole, mà nell'auuer$a, @@ à me non appare altro, $e non che le $i a$$ottiglino. Quanto al $econdo, il diuider$i quella, che vicino alla circonferenza pa- reua vna macchia $ola, in molte; hà que$ta difficoltà, che anco nelle parti di mezzo $i $corgono grandi$$ime mutazioni d'ac- cre$cimento, di diminuzione, d'accopiamento, e di $epara@ zione trà e$$e macchie; & io porrò appre$$o alcune mutazioni o$$eruate da me. La differenza poi che $i $corge trà la velocità del moto loro circa le parti medie, & la tardità nell'e$treme pre$a per il terzo argomento, e$$endo come pare, molto notabi- le, parrebbe, che argui$$e più pre$to quelle douer e$$er nell'i$te$- Delle Macchie Solari $o corpo $olare, e muouer$i al mouimento di quello in $e $te$$o, che il raggirar$egli intorno in altri cerchi, perche $imil diffe- renza di velocità re$terebbe qua$i impercettibile al $emplice $en$o, ogni volta che tali cerchi per qualche notabile $pazio, benche non molto grande, $i allarga$$ero dalla $uperficie del Sole, come nella mede$ima figura po$ta da Apelle $i comprende. E qui par che na$ca in lui vn poco di contradizzione à $e $te$$o, perche in que$to luogo è nece$$ario porre i cerchi del- le conuer$ioni delle macchie vicini$$imi al globo $olare, altra- mente l'accre$cimento della velocità del moto, e la $eparazione & allontanamento delle macchie ver$o il mezzo del di$co, le quali pre$$o alla circonferenza mo$trauano di toccar$i, re$tareb- bono nulle: all'incontro dall'argomento, col quale ei poco di $opra prouò le macchie non e$$er contigue al Sole, bi$ogna, che nece$$ariamente ei conclude$$e, i detti cerchi e$$er dal mede$i- mo a$$ai lontani, poiche $olamente la quinta parte al più della lor circonferenza poteua re$tar interpo$ta trà'l di$co $olare, e l'occhio no$tro, già che trauer$ando le macchie l'Emisfero ve- duto in 15. giorni, non erano ancora ritornate à comparire in due me$i: bi$ogna dunque diligentemente o$$eruare con qual proporzione vada cre$cendo, e poi diminuendo la detta veloci- tà dal primo apparir di qualche macchia, all'vltimo a$conder$i, perche da tal proporzione $i potrà poi arguire, $e il mouimen- to $uo è fatto nella $uperficie $te$$a del corpo $olare, ò pure in@ qualche cerchio da quella $eparato, po$to però, che tal muta- zione di macchie dependa da $emplice mouimento circolare.

Re$taci da con$iderar que$to, che Apelle determina circa l'e$- $enza, e $u$tanza di e$$e macchie, ch'è in $omma, che le non@ $iano nè nugole, nè comete, mà $telle, che vadino raggirando$i intorno al Sole. Circa à cotal determinazione io cõfe$$o à V.S. non hauer $in'hora tanto di re$oluto appre$$o di me, ch'io m'a$- _Suftanza_ _delle mac_ _chie può_ _e$$er à noi_ _incognita,_ _& inopi-_ _nabile._ $icuri di $tabilire, & affermare conclu$ione alcuna, come certa: e$$endo molto ben $icuro, la $u$tanza delle macchie poter e$$ere nelle co$e incognite, & inopinabili à noi, & gli accidenti, che in e$$e $corgiamo, cioè la figura, l'opacità, & il mouimento per e$$er communi$$imi, ò niuna, ò poco, & molto general cogni- Del Sig. Galileo Galilei. zione ci po$$ono $ommini$trare. Onde io non crederei, che di bia$imo alcuno fo$$e degno quel filo$ofo, il qual confe$$a$$e di non $apere, e di non poter $apere qual $ia la materia delle mac- chie $olari.

Mà $e noi vorremo con vna certa Analogia alle materie no- $tre familiari, e cono$ciute proferir qualche co$a di quello, che le $embrino di poter e$$ere, io $arei veramente di parere in tut- to contrario all'Apelle, perche ad e$$e non mi par che $i adatti condizione alcuna dell'e$$enziali, che competono alle $telle, @@ all'incontro non trouo in quelle condizione alcuna, che di $i- _Similitu-_ _dine delle_ _macchie_ _Solari, e_ _no$tre nu_ _gole._ mili non $i veggino nelle no$tre nugole, il che trouaremo di$cor- rendo in tal gui$a.

Le macchie $olari $i producono, e $i di$$oluono in termini più e men breui, $i conden$ano alcune di loro, e $i di$traggono gran- demente da vn giorno all'altro, $i mutano di figure, delle qua- li le più $ono irregolari$$ime, e doue più, e doue meno o$cure, @@ e$$endo ò nel corpo $olare, ò molto à quello vicine, è nece$$a- rio che $iano moli va$ti$$ime, $ono potenti per la loro difforme opacità ad impedir più, e meno l'illuminazion del Sole, e $e ne producono talhora molte, tal volta poche, & anco ne$$una.

Hora moli va$ti$$ime, & immen$e, che in tempi breni $i pro- duchino, e $i di$soluino, e che talhora durino più lungo tem- po, e tal'hora meno, che $i di$tragghino, e $i conden$ino, che facilmen@e vadino mutando$i di $igura, che $iano in que$te par- ti più den$e, & opache, & in quelle meno, altre non $i trouano appre$so di noi fuori che le nugole; anzi che tutte l'altre mate- rie $ono lontani$$ime dalla $omma di tali condizioni; e non è dubbio alcuno, che $e la terra fo$se per $e $te$sa lucida, & che di fuori non li $opragiunge$se l'illuminazione del Sole, à chi pote$se da grandi$$ima lontananza ri$guardarla, ella veramente farebbe $imili apparenze, perche $econdo che hor que$ta, & hor quella prouincia fo$se dalle nugole ingombrata, $i mo$trarebbe $par$a di macchie o$cure, dalle quali $econdo la maggior, ò mi- nor den$ità delle lor parti verrebbe più, ò meno impedito lo $plendor terre$tre: onde e$se doue più, e doue meno o$cure ap- parirebbono: vedrebbon$ene hora molte, hor poche, hor allar- Delle Macchie Solari gar$i, hora ri$tringer$i; e $e la Terra in $e $te$$a $i riuolge$$e, quel- le ancora il $uo moto $eguirebbono, e per e$$er di non molta profondità ri$petto all'ampiezza, $econdo la quale commune- mente elle $i di$tendono; quelle, che nel mezzo dell'Emisfero veduto apparirebbono molto larghe venendo ver$o l'e$tremità parrebbono re$tringer$i, & in $omma accidente alcuno non cre- do che $i $corge$$e, che $imile non $i vegga nelle macchie $olari; A B C D E F G H L _Offeruazio_ _ni delle@_ _mutationi_ _di den$ità,_ _e figura@_ _delle mac-_ _chie, e $ua_ _irregolari-_ _tà._ ma perche la terra è o$cura, e l'il- luminazione viene dal lume e$ter- no del Sole, $e hora pote$$e da lon- tani$$imo luogo e$$er veduta, non $i vedrebbe a$$olutamente in lei ne- grezza, ò macchia alcuna cagiona- ta dallo $pargimento delle nugole, perche que$te ancora riceuerebbo- no, & refletterebbono il lume del Sole. Della mutazion poi di figu- ra, della irregolarità, e della di$pari den$ità, prendane V.S. que$ti dua e$$empli.

La macchia A. che il di 5. d' A- prile pa$$ato nel tramontar del So- le $i vedeua tenui$sima, e poco o$cu ra, il giorno $eguente $i vidde pur nel tramontar del Sole, come la macchia B. cre$ciuta in $curita, e mutata di figura, & il giorno $etti- mo fù $imile alla figura C. e la po- $itura loro fù $empre lontana dalla circonferenza del Sole.

Il giorno 26. dell'i$te$$o me$e nel tramontar del Sole cominciò ad apparir nella parte $uprema della $ua circonferenza vna mac- chia $imile alla D. la quale il gior- no 28. era come la E. il 29. co- Del Sig. Galileo Galilei. me la F. il 30. come la G. il primo di Maggio come la H. il 3. come la L. e fuori le mutazioni delle macchie F.G.H.L. fatte a$$ai lontane dalla circonferenza del Sole; $iche l'e$$er di- uer$amente vedute (ilche appre$$o alla circonferenza, median- te lo sfuggimento della $uperficie globo$a fà gran diuer$ità) non poteua caggionar tanta mutazione d'a$petto. Da que$te o$$eruationi, e da altre fatte, e da quelle, che potranno di gior- no in giorno far$i manife$tamente $i raccoglie niuna materia e$$er trà le no$tre, che imiti più gli accidenti di tali macchie, che le nugole, e le ragioni che Apelle adduce per mo$trar, che le non po$$in e$$er tali, mi paiono di pochi$sima efficacia, perche al dir egli. Chi porrebbe mai nubi intorno al Sole? ri$ponderei; quello che vede$$e tali macchie, e che vole$$e dir qualche veri- $imile della $ua e$$enza, perche non trouerà co$a alcuna, che più lo ra$$omigli. All'interrogazione, ch'ei fà quant'e$$e fu$- $ero grandi? direi, quali noi le veggiamo e$$ere in comparazio- ne del Sole; grandi quanto quelle, che taluolta occupano vna gran prouincia della terra, e $e tanto non ba$ta$$e, direi, due, tre, quattro, e dieci volte tanto. Et finalmente al terzo impo$- $ibile, ch'ei produce, come e$$e pote$$ero far tant'ombra? ri- $ponderei la lor negrezza e$$er minore di quella, che ci rappre- $entarebbono le no$tre nugole più den$e, quando tra l'occhio no$tro, & il Sole fo$$ero interpo$te; ilche $i potrà o$$eruare be- ni$simo quando tal volta vna delle più o$cure nugole ricuopre vna parte del Sole, e che nella parte $copertà vi $ia alcuna del- le macchie, perche $i $corgerà tra la negrezza di que$ta, e di quella differenza non picciola, ancorche l'e$tremità della nu- gola, che trauer$a il Sole, non po$$a e$$er di gran profondità, perloche po$siamo arguire, che vna cra$si$sima nugola potreb- be far vna nigrezza molto maggiore di quella delle più $cure macchie: ma quando pur ciò non fo$$e, chi ci vietarebbe il cre- dere, e dire alcuna delle nubi $olari e$$er più den$a, & profon- da delle terrene?

Io non per que$to affermo, tali macchie e$$er nugole della mede$ima $u$tanza delle no$tre con$tituite da vapori aquei $ol- leuati dalla terra, & attratti dal Sole, ma $olo dico, che noi non Delle Macchie Solari hauiamo cognizione di co$a alcuna, che più li ra$$omigli, $iano poi ò vapori, ò e$alationi, ò nugole, ò fumi prodotti dal corpo $olare ò da quello attratti da altre bande, que$to à me è incer- to potendo e$$er mille altre co$e impercettibili da noi.

_Il nome_ _di stelle_ _non con_ _uiene alle_ _macchie._

Dalle co$e dette $i può raccorre come à que$te macchie mal conuenga il nome di $telle, poiche le $telle ò $iano $i$$e, ò $iano erranti, mo$trano di mantener $empre la loro figura, e que$ta e$$ere sferica; non $i vede, che altre $i di$$oluano, & altre di nuouo $i produchino, mà $empre $i con$eruano le mede$ime @@ hanno i mouimenti loro periodici, li quali dopò alcun determi- nato tempo ritornano; mà que$te macchie non $i vede che ri- tornino le mede$ime, anzi all'incontro alcune $i veggono di$- $oluere in faccia del Sole, e credo, che in vano $i a$petti il ri- torno di quelle, che par che po$$ino riuolger$i intorno al Sole in cerchi molto angu$ti, mancano dunque delle principali con- ditioni, che competeno à quei corpi naturali à i quali noi hab- biamo attribuito il nome di Stelle: che poi le $i deueno chia- mare $telle, perche $on Corpi opachi, e più den$i della $o$tan- za del Cielo, e però che re$i$tino al $ole, e da quello grande- mente venghino illu$trate in quella parte, ch'è perco$$a da i raggi, e dall'oppo$ta produchino ombra molto profonda, que- $te $on condizioni, che competono ad ogni $a$$o, al legno, alle nugole più den$e, & in $omma à tutti i corpi opachi, & vna pal- la di marmo re$i$te per la $ua opacità al lume del $ole, da quello viene illu$trata, come la Luna, ò Venere, e dalla parte oppo$ta produce ombra; talche per que$ti ri$petti potrebbe nominar$i vna $tella; mà perche gli mancano l'altre condizioni più e$$en- ziali, delle quali $ono altre$i $pogliate le macchie $olari, però parche il nome di $tella non deua e$$erli attribuito. Io non vor- _Pianeti_ _Medicei_ _co$täti$$i-_ _mi, $i ecli$-_ _$ano, han-_ _no periodi_ _ordinati_ _già ritro_ _uati dall'_ _Autore._ rei già, che Apelle annumera$$e in que$ta $chiera, come cgli fà i compagni di Gioue, Credo che voglia intender de'quattro pianeti Medicei, perche loro $i mo$trano co$tanti$simi, come ogn'altra $tella $empre lucidi, eccettoche quando incorrono nell'ombra di Gioue, perche all'hora s'ecli$$ano, come la luna in quella della terra hanno i lor periodi ordinati$$imi, e trà di loro differenti, e già da me preci$amente ritrouati, nè $i muo- Del Sig. Galileo Galilei. uono in vn cerchio $olo come Apelle mo$tra, ò d'hauer credu- _Medicei_ _bäno moti_ _ne' $uoi_ _cerchi di-_ _$tinti._ to, ò almeno pen$ato, che altri habbino creduto, mà hanno i lor cerchi di$tinti, e di grandezze diuer$e intorno à Gioue, come lor centro, le quali grandezze hò parimente ritrouate, come anco mi $on note le cau$e del quando, e perche hor l'vno, hor l'altro di loro declina ò ver$o Borea, ò ver$o Au$tro in relazio- ne à Gioue: e for$e potrei hauer le ri$po$te all' obiezzioni, che Appelle accenna cadere in que$ta materia, quando ei l'haue$$e $pecificate. Ma che tali pianeti $iano più di quattro $in quì o$- $eruati, come Apelle dice di tener per certo for$e potrebbe e$- $er vero, e l'affermatiua cosi re$oluta di per$ona per quel ch'io $timo molto intendente, mi fà creder ch'ei ne po$$a hauer qual- che gran coniettura, della quale io veramente manco; e però non ardirei d'affermare co$a alcuna, perche dubitarei di non m'hauer poi col tempo à di$dire. E per que$to mede$imo ri$pet- _Stelle l@_ _terali di_ _Saturno_ _$coperte_ _dall' Au-_ _tore, e loro_ _condizi@-_ _ni._ to non mi ri$oluerei à porre intorno à Saturno altro che quello, che già o$$eruai, e $coper$i, cioe due piccole $telle, che lo toc- cano, vna ver$o Leuante, e l'altra ver$o Ponente, nelle quali non s'è mai per ancora veduta mutazione alcuna, nè re$oluta- mente è per veder$i per l'auuenire, $e non for$e qualche $traua- ganti$$imo accidente lontano non pur da gli altri mouimenti cogniti à noi, mà da ogni no$tra immaginazione. Ma quella che pone Apelle del mo$trar$i Saturno hora oblongo, & hor' ac- compagnato con due $telle à i fianchi, creda pur V.S. ch'è $ta- ta imperfezzione dello $trumento, ò dell'occhio del riguardan- _Diuer $ità_ _nel veder_ _Saturno_ _cagionata_ _da difetto_ te, perche $endo la figura di Saturno così , come mo$tra- no alle perfette vi$te i perfetti $trumenti, doue manca tal perfezzione appari$ce così non $i di$tinguendo perfetta- mente la $eparazione, e figura delle tre $telle; ma io che mil- le volte in diuer$i tempi con eccellente $trumento l'hò riguar- dato, po$$o afficurarla, che in e$$o non $i è $corta mutazione alcuna, e la ragione $te$$a fondata $opra l'e$perienze, che hauia- mo di tutti gl'altri mouimenti delle $telle ci può render certi, che parimente non vi $ia per e$$ere. perche quando in tali $tel- le fo$$e mouimento alcuno $imile à i mouiment idelle Medicee, ò di altre $telle, già doueriano e$$er$i $eparate, ò totalmente Delle Macchie Solari congionte con la principale $tella di Saturno, quando anche il mouimento loro fo$$e mille volte più tardo di qual$iuoglia al- tro di altra $tella, che vadia vagando per lo Cielo.

A quello, che da Apelle vien po$to per vltima conclu$ione, cioè che tali macchie $iano più pre$to $telle erranti, che fi$$e, & che trà il Sole, e Mercurio, e Venere ce ne $iano a$$ai$$ime, delle quali quelle $ole ci $i manife$tino, che s'interpongono trà il Sole, e noi. Dico quanto alla prima parte, che non credo, che _Macchie_ _non $ono_ _stelle._ le $iano nè erranti, nè fi$$e, nè $telle, nè meno, che $i muouino intorno al Sole in cerchi $eparati, e lontani da quello, e $e ad vn'amico, e padrone doue$$i dir in confidenza l'opinion mia, _Che crede_ _@ e$$e._ direi che le macchie $olari $i produce$$ero, e ri$olue$$ero intorno alla $uperficie del Sole, e che à quella fo$$ero contigue, e che il mede$imo Sole riuolgendo$i in $e $te$$o in vn me$e lunare in circa le porta$$e $eco, e for$e riconducendone tal volta alcuna di loro di più lunga durazione, che non è il tempo d'vna $ua conuer$ione; ma tanto mutate di figura, e di accompagnature, che non po$$iamo ageuolmente ricono$cerle; E per quanto fin'hora s'e$tende la mia coniettura hò grande $peranza, che V.S. habbia à vedere que$to negozio terminato in que$to, che gl'hò accennato: che poi po$$a e$$ere qualche altro Pianeta trà il Sole, e Mercurio, il quale $i vadia mouendo intorno al Sole, & à noi re$ti inui$ibile per le $ue piccole digre$$ioni, e $olo po- te$$e farci$i $enfibile, quando pa$$a$$e linearmente $otto il di$co $olare, ciò non hà appre$$o di me improbabilità alcuna, e parmi egualmente credibile, che non vene $iano, e che vene $iano, _Poche $tel_ _le po$$ono_ _e$$er trà'l_ _Sole, e_ _Mercu-_ _rio, &_ _Mercu-_ _rio e Ve-_ _were._ mà non crederei già gran moltitudine, perche $e fo$$ero in gran numero ragioneuolmente $pe$$o $e ne douerebbe vedere alcuno $otto il Sole, il che à me $in'hora non è accaduto, ne vi hò veduto altro che di que$te macchie, e non hà del probabile, che trà quelle po$$a e$$er pa$$ata alcuna $i fatta $tella, benche que$ta ancora fo$$e per mo$trar$i quant' all'a$petto in forma d'vna macchia nera, non hà dico del probabile, perche il mo- uimento $uo douerebbe apparire vniforme, e veloci$simo ri- $petto à quel delle macchie, veloci$$imo perche mouendo$i in cerchio minore di quello di Mercurio è veri$imile $ecõdo l'ana- Del Sig. Galileo Galilei. logia de i mouimenti di tutti gl'altri pianeti, che'l $uo periodo fo$$e più breue, & il $uo moto più veloce del moto, e del perio- do di Mercurio, il qual Mercurio nel pa$$ar $otto il Sole trauer- $a il $uo di$co in 6. hore in circa, talche altro pianeta più veloce di moto non gli douerebbe re$tar congiunto per più lungo $pa- zio, $e già non $i vole$$e far muouere in vn cerchio così piccolo, che qua$i tocca$$e il corpo $olare; il che par che haue$$e poi trop po del chimerico, mà in cerchi, purche fu$$ero di Diametro due, ò tre volte maggior del diametro del Sole, $eguirebbe quanto hò detto; hora le macchie re$tano molti giorni congiunte col Sole, adunque trà loro, ò $otto loro $pezie non è credibile, che pa$$i Pianeta alcuno: il quale oltre alla velocità douerebbe an- cora muouer$i qua$i vniformemente, $endo però per qualche $pazio notabile di$tante dal Sole; perche poca parte del $uo cer- chio re$tarebbe $ottopo$ta al Sole, e quella poca diretta, e non obliquamente oppo$ta a i raggi dell'occhio no$tro, per lo che parti eguali di lei $arebbon vedute $otto angoli in$en$ibilmente di$eguali, cioè qua$i eguali, onde il moto in e$$a apparirebbe vniforme, il che non accade nel moto delle macchie, le quali velocemente trapa$$ano le parti di mezzo, e quanto più $ono vicine alla circonferenza, tanto più pigramente caminano. Po- che dunque in numero po$$ono e$$ere veri$imilmente le $telle che trà il Sole, e Mercurio vadano vagando; e meno trà Mercu- rio, e Venere, perche hauendo que$te nece$$ariamente le lor ma$sime digre$sioni maggiori di quelle di Mercurio, douereb- bono nella gui$a di Venere, e dell'i$te$$o Mercurio e$$er vi$ibili, come $plendide, e ma$$ime $endo poco di$tanti dal Sole, e dal- la terra, $iche per la poco lontananza da noi, e per l'efficace illuminazione del Sole vicino, $i farebbono vedere mediante la viuezza del lume, quando ben fo$$ero piccoli$$ime di mole.

Io cono$co d'hauer con gran lunghezza di parole, e con poca re$oluzione $ouerchiamente tediato V.S. Illu$tri$s. ricono- $ca nella lunghezza il gu$to che hò di parlar $eco, & il de$ide- rio di obedirla, e $eruirla, purche le forze me'l permette$$ero; e per que$ti ri$petti perdoni la troppa loquacità, e gradi$ca la prontezza dell'affetto; la irre$oluzione re$ti $cu$ata per la no- Delle Macchie Solari uità, e difficultà della materia, nella quale i vari pen$ieri, e le diuer$e opinioni, che per la fanta$ia $in'hora mi $on pa$$ate hor trouandoui a$$en$o, hor repugnanza, e contradizzione, m'hanno re$o in gui$a timido, e perple$$o, che non ardi$co qua$i d'aprir bocca per affermar co$a ne$$una. Non per que$to voglio di- $perarmi, & abandonar l'impre$a, anzi voglio $perar che que$te nouità mi habbino mirabilm\~ete à $eruire per accordar qualche canna di que$to grand'organo di$cordato della no$tra filo$ofia, nel qual mi par vedere molti organifti affaticar$i in vano per ri- durlo al perfetto temperamento, e que$to perche vanno la$cian- do, e mantenendo di$cordate tre, ò quattro delle canne princi- pali, alle quali è impo$$ibile co$a, che l'altre ri$pondino con perfetta armonia.

Io de$idero, come Seruitore di V.S. e$$er à parte dell'amici- tia, che tien con Apelle, $timandolo io per$ona di $ublime in- gegno, & amator del vero; però la $upplico à $alutarlo cara- mente in mio nome, facendogl'intendere, che frà pochi giorni gli manderò alcune o$$eruazioni, e di$egni delle macchie $olari _O$$eruæ-_ _zioni, e_ _di$egni_ _delle mac_ _chie da_ _mãdar$i._ d'a$$oluta giu$tezza, $i nelle figure d'e$$e macchie, come ne' $iti di giorno in giorno variati, $enza error d'vn minimo capello, fat- te con vn modo e$qui$iti$$imo ritrouato da vn mio di$cepolo, le quali potranno e$$ergli per auuentura di giouamento nel filo- $ofare circa la loro e$$enza. E tempo di finir di noiarla, però ba- ciandogli con ogni riuerenza le mani, nella $ua buona gratia mi raccomando, e dal Signore Dio gli prego $omma felicità.

Dalla Villa delle Selue li 4. di Maggio 1612.

Di V. S. Illu$tri$sima

Deuoti$simo Seruitore

Galieo Galilei L.

SECONDA LETTERA Del Sig. Marco Vel$eri al Sig. Galileo Galilei. MOLTOILL. ET ECC.<_>MO SIG. OSS.<_>MO

GROSSA v$ura paga V.S. per dilazione di poco tempo, mandandomi in ri$po$ta di poche righe di lettera $i copio$o, e diffu$o di$cor$o. Lo le$$i, an- zi po$$o dire, lo diuorai con gu$to pari all'appe- tito, e de$iderio che ne haueua, & le affermo, che mi $eruì d'alleuiamento di vna longa, e doloro$a indi$po$izione, che mi trauaglia $traordinariamente nella co$cia $ini$tra; non hauendo fin'hora i Medici $aputo trouarui efficace rimedio, an- zi hauendomi detto vno de principali in termini molto chiari, che i primi della profe$$ione haueuano la$ciato $critto di que- $to male. _Al{ij} ægrè curantur, al{ij} omnino non curantur:_ di che conuiene rimetter$i alla parerna di$po$itione della bontà d'Id- dio_: Dominus e$t faciat quod e$t bonum in oculis $uis_. Ma troppo mi diffondo in materia maninconica, torno à dire, che il di- $cor$o mi fù caro $opra modo, e per quel poco, ch'io po$$o di- $cernere in que$to propo$ito mi pare $critto con $i buone, e fon- date ragioni, $piegate mode$ti$$imamente, che Apelle, con tutto che V. S. contradica per lo più alla $ua opinione, $e ne debbe $timare onorato molto. Ci vorrà del tempo à farlo ca- pace del contenuto, poiche non intende la lingua Italiana, e gl'interpreti intendenti della profe$$ione, come il bi$ogno ri- chiede, non $ono $empre alla mano, mà $i cercherà di $uperare ancora que$ta difficoltà. Hò $critto al Clari$$imo Sig. Sagredi, e lo replico à lei, che $e io fu$$i in Città, doue $i ritroua$$ero Stampatori Italiani $pererei d'impetrare dalla gentilezza di V.S. di poter publicar $ubito que$ta fatiga, credendo di poter- lo fare $icuramente; poiche e$$a procede con maniera tant o giudizio$a, e circon$petta, che quando bene $i $cuopra all'au- uenire in que$to propo$ito co$a, alla quale di pre$ente noi non penfiamo, non $arà mai ta$$ata di precipitanza, nè di hauer af- Delle Macchie Solari fermato co$e dubbie per certe: e $arebbe benefizio publico, che di mano in mano v$ci$$ero trattatelli circa que$ti noui trouati; per tenerne la memoria fre$ca, e per potere inanimire maggior- mente altri ad applicarui la loro indu$tria, e$$endo impo$$ibile che tanto gran macchina $ia $o$tentata dalle $palle di vna $ola per$ona, quantunque gagliarda. Prometterò ad Apelle $opra la parola di V.S. le o$$eruazioni, e di$egni delle macchie $olari di a$$oluta giu$tezza, che sò da lui $aranno $timate come vn te$oro. Io per hora non mi po$$o più diffondere, e re$to con baciarle la mano, e pregarle ogni bene. Di Augu$ta il primo di Giugno 1612.

Di V.S. molto Illu$tre, & Eccellenti$s.

Seruitore affettionati$s.

Marco Vel$eri.

SECONDA LETTERA Del Sig. Galileo Galilei al Sig. Marco Vel$eri: delle macchie Solari. ILLVSTRISS. SIG. ET PADRON COL.<_>MO

INVIAI più giorni $ono vna mia lettera a$$ai lunga à V.S. Illu$tri$$ima, $critta in propo$ito delle co$e contenute nelle tre lettere del finto Apelle, doue promo$$i quelle difficoltà, che mi ritraeuano dal pre$tar a$$en$o alle opinioni di quello Autore, e più le accennai in parte doue inclinaua allora il mio pen$iero; dalla quale inclinazione io non pure da quel tempo in quà non mi $ono rimo$$o, ma totalmente mi vi $ono _Conferma_ _zione del-_ _le co$e ac-_ _cennate_ _nella Pri-_ _ma._ confermato, mo$trandomi le continuate o$$eruazioni di giorno in giorno con ogni rincontro po$$ibile ad hauer$i, e col manca- mento di qual$iuoglia contradizzione e$$er$i la mia opinione incontrata co'l vero; di che mi è par$o darne conto à V.S. con l'occa$ione del mandargli alcune figure di e$$e macchie con giu- $tezza di$egnate, & anco il modo del di$egnarle, in$ieme con vna copia di vn mio Trattatello intorno alle co$e, che $tanno $opra l'acqua, ò che in e$$a de$cendono, che pur' hora $i è finito di $tampare.

Replico dunque à V.S. Illu$tri$s. e più re$olutamente confer- mo, che le macchie o$cure, le quali col' mezo del Tele$copio $i $corgono nel di$co $olare, non $ono altramente lontane dalla _Natura, e_ _accidenti_ _delle mas@_ _chie._ $uperficie di e$$o, ma gli $ono contigue; ò $eparate di così po- co interuallo, che re$ta del tutto impercettibile: di più non $o- no $telle, ò altri corpi con$i$tenti, e di diuturna duratione, ma continuamente altre $e ne producono, & altre $e ne di$$oluono, $endouene di quelle di breue duratione, come di vno, due, tre giorni, & altre di più lunga, come di 10. 15. e per mio credere anco di 30. e 40. e più; come appre$$o dirò; $ono per lo più di figure irregolari$$ime, le quali figure $i vanno mutando conti- _Muta@io-_ _ni._ nuamente, alcune con pre$te, e differenti$$ime mutazioni; & Delle Macchie Solari altre con più tardezza, e minor variazione; $i vanno ancora alterando nell'incremento, e decremento dell'o$curità, mo$tran- do come tal'hora $i conden$ano, e tal'hora $i di$traggono, e rarefanno; oltre al mutar$i in diuer$i$$ime figure, frequente- mente $i vede alcuna di loro diuider$i in tre, ò quattro, e $pe$- $o molte vnir$i in vna, e ciò non tanto vicino alla circonferen- za del di$co $olare, quanto ancora circa le parti di mezo; oltre à que$ti di$ordinati, e particolari mouimenti di aggregar$i in- _Moti par_ _ticolari di-_ _$ordinati._ $ieme, e di$gregar$i, conden$ar$i, e rarefar$i, e cangiar$i di $i- gure, hanno vn' ma$$imo, commune, & vniuer$al moto, co'l quale vniformemente, & in linee trà di loro parallele vanno _Moto cõ_ _mune ordi_ _nato._ di$correndo il corpo del Sole, da i particolari $intomi, del qual mouimento $i viene in cognizione, prima, che il corpo del Sole è a$$olutamente sferico, $econdariamente, ch'egli in $e $te$$o, e circa il proprio centro $i raggira, portando $eco in cerchi pa- ralleli le dette macchie, e finendo vna intera conuer$ione in vn me$e lunare in circa, con riuolgimento $imile à quello de gli orbi de i Pianeti, cioè da Occidente ver$o Oriente. Di più è _Zona del-_ _le macchie_ _nel corpo_ _Solare._ co$a degna di e$$er notata, come la moltitudine delle macchie par che ca$chi $empre in vna $tri$cia, o vogliono dir zona del corpo $olare, che vien compre$a trà due cerchi, che ri$pondo- no à quelli, che terminan le declinazioni de i Pianeti, e fuori di que$ti limiti non mi par di hauer' $in' hora o$$eruata macchia alcuna, ma tutte dentro à tali confini, $i che nè ver$o Borea, nè ver$o Au$tro mo$trano di declinar dal cerchio ma$$imo della conuer$ion del Sole più di 28. ò 29. gradi incirca.

Le loro di$$erenti den$ità, e negrezze, le mutazioni di figu- re, e gl'accozzamenti, e le $eparazioni $ono per $e $te$$e mani- fe$te al $en$o $enz'altro bi$ogno di di$cor$o, onde ba$teranno alcuni $emplici rincontri di tali accidenti $opra i di$egni, che gli mando; li quali faremo più à ba$$o; mà che le $iano conti- gue al Sole, e che al riuolgimento di quello venghino portate in giro, hà bi$ogno, che la ragione di$correndo lo deduca, e concluda da certi particolari accidenti, che le $en$ate o$$erua- zioni ci $ommini$trano, E prima il vederle $empre muouer$i con vn moto vniuer$ale, e commune à tutte, ancorche in nu- Del Sig. Galileo Galilei. mero ben $pe$$o $iano più di 20. & ancor 30. era fermo argo- mento vna $ola e$$er la cau$a di tale apparente mutazione, e non che cia$cheduna da per $e anda$$e vagando nella gui$a de i Pianeti intorno al corpo $olare, e molto meno in diuer$i cer- chi, e diuer$e di$tanze dal mede$imo Sole; onde $i doueua nece$$ariamente concludere, ò che elle fo$$ero in vn'orbe $olo, il quale à gui$a di $telle fi$$e le porta$$e intorno al Sole, ouero che le fo$$ero nell'i$te$$o corpo $olare, il quale riuolgendo$i in $e $te$$o, $eco le conduce$$e: Delle quali due po$itioni, que$ta $econda per mio parere è vera, e l'altra fal$a, $icome fal$a, @@ impo$$ibile $i trouerà e$$er qual$iuoglia altra po$izione, che a$- $umere $i vole$$e, come tenterò di dimo$trare co'l mezo di ma- nife$te repugnanze, e contradizzioni. All'Ipote$i, che le $iano contigue alla $uperficie del Sole, e che dal riuolgimento di quello venghino portate in volta, ri$pondono concordemente tutte l'apparenze, $enza che s'incontri inconueniente, ò diffi- coltà veruna. Per il che dichiarar, è ben che determiniamo nel _De$criz-_ _zione del-_ _la Sfera_ _Solare._ Globo del Sole i poli, i cerchi, le lunghezze, e le larghezze conformi à quelle, che noi intendiamo nella cele$te sfera. Però dunque quando il Sole $i riuolga in $e $te$$o, e $ia di $uperficie sferica, i duoi punti $tabili $i diranno i $uoi poli, e tutti gli al- tri punti notati nella $ua $uperficie de$criueranno circonferen- ze di cerchi paralleli frà di loro maggiori, ò minori, $econdo la maggiore, ò minore di$tanza da i poli; e ma$$imo $arà il cer- chio di mezzo egualmente di$tante da ambedue i poli, la lon- gitudine, ò longhezza della $uperficie $olare $arà la dimen$io- ne, che $i con$idera $econdo l'e$ten$ione delle circonferenze de' cerchi detti; ma la latitudine, ò larghezza $arà la dilatatione per l'altro ver$o, cioè dal cerchio ma$$imo ver$o i poli; onde la lunghezza delle macchie $i chiamarà la dimen$ione pre$a con vna linea parallela à i $opradetti cerchij, cioè pre$a per quel ver$o, $econdo'l quale $i fà la conuer$ione del Sole, e la lar- ghezza s'intenderà e$$er quella che s'e$tende ver$o i Poli, e che vien determinata da vna linea perpendicolare alla linea della lunghezza.

Dichiarati que$ti termini, cominciaremo à con$iderar tutti i Delle Macchie Solari particolari accidenti, che $i o$$eruano nelle macchie $olari, da i quali $i po$$a venire in cognizione del $ito, e mouimento loro; e prima, il mo$trar$i generalmente le macchie nel lor primo ap- parir', e nell'vltimo occultar$i vicino alla circonferenza del So- le di pochi$$ima lunghezza, ma di larghezza eguale à quella, che hanno, quando $ono nelle parti più interne del Di$co $ola- re, à quelli, che intenderanno, in virtù di Per$pettiua, ciò che importi lo sfuggimento della $uperficie sferica vicino all'e$tre- _Pro$$imi-_ _tà delle_ _macchie_ _al globo_ _Solare, e_ _moto $o_ _pr'e$$o._ mità dell'Emisfero veduto, $arà manife$to argomento, $i della globo$ità del Sole, come della pro$$imità delle macchie alla $olar' $uperficie, e del venir e$$e poi portate $opra la mede$ima $uperficie ver$o le parti di mezo; $coprendo$i $empre accre- $cimento nella lunghezza, e mantenendo$i la mede$ima lar- ghezza; e $e bene non tutte $i mo$trano, quando $ono vicini$- $ime alla circonferenza egualmente attenuate, e ridotte à vna $ottigliezza d'vn filo, mà alcune formano il loro ouato più gra- cile, & altre meno; ciò prouiene, perche le non $ono $emplici _Macchie_ _hano gro$_ _$ezza, e_ _profondi_ _tà._ macchie $uperficiali, mà hanno gro$$ezza ancora, ò vogliamo dir'altezza, & altre maggiore, & altre minore, $icome nelle no$tre nugole accade: le quali di$tendendo$i per lo più quanto alla lunghezza, e larghezza decine, e tal'hor centinaia di mi- glia, quanto poi alla gro$$ezza $on ben' hor' più, & hor' meno profonde, ma non $i vede, che tal profondità pa$$i molte centi- naia, ò al più migliaia di braccia; così potendo e$$er la gro$$ez- za delle macchie $olari, ancorche picciola in comparazione dell'altre due dimen$ioni, maggiore in vna macchia, e minore in vn'altra, accaderà, che le macchie più $ottili vicine alla circonferenza del Sole, doue vengono vedute per taglio, $i mo- $trino gracili$$ime (e ma$$ime perche la metà interiore di e$$o taglio viene illu$trata dal lume pro$$imo del Sole) & altre, di maggior profondità, appari$chino più gro$$e: ma che molte di loro $i riduce$$ero alla $ottigliezza di vn filo, come l'e$perienza ci in$egna, ciò non potrebbe in conto alcuno accadere, $e il mouimento, co'l quale mo$trano di trauer$are il Di$co del Sole fo$$e fatto in cerchij lontani, benche per breue interuallo, dal globo Solare, perche la diminuzion grande delle lunghezze Del Sig. Galileo Galilei. $i fà sù lo sfuggimento ma$$imo, cioè sù la $uolta del cerchio, la quale verrebbe à ca$car fuori del corpo del Sole, quando le macchie fo$$ero portate in circonferenze per qualche $pazio notabile lontane dalla $uperficie di lui.

Nota$i nel $econdo luogo la quantità de gli $pazij apparenti, $econdo i quali le macchie mede$ime mo$trano di andar$i mo- uendo di giorno in giorno, & o$$erua$i, che gli $pazij pa$$ati in tempi eguali dalla mede$ima macchia appari$cono $empre minori, quanto più $i trouano vicini alla circonferenza del So- le; & vede$i diligentemente o$$eruando, che tali diminuzio- ni, & incrementi notati l'vn dopo l'altro con l'interpo$izione di tempi eguali molto proportionatamente ri$pondono à i $ini ver$i, e loro ecce$$i, congruenti ad archi eguali, il qual' feno- meno non hà luogo in verun'altro mouimento, che nel circolar _Moto cir-_ _colar delle_ _macchie_ _contigue_ _al Sole._ contiguo all'i$te$$o Sole; perche in cerchij, ancorche non mol. to lontani dal Globo Solare, gli $pazij pa$$ati in tempi eguali, apparirebbono pochi$$imo trà di loro differenti incontro alla $uperficie del Sole; Il terzo accidente, che mirabilmente con- ferma que$ta conclu$ione, $i caua da gl'inter$titij, che $ono trà macchia, e macchia, de i quali altri $i mantengono $empre gli $te$$i; altri grandi$$imamente $i agumentano ver$o le parti di mezo del Di$co $olare, li quali furon auanti, e $on poi dopo breui$$imi, & anco qua$i in$en$ibili vicino alla circonferenza, & altri pur $i mutano, ma con mutazioni differenti$sime, tutta- uia $on tali, che $imili non potrebbono incontrar$i in altro mo- to, che nel circolare fatto da diuer$i punti diuer$amente po$ti $opra vn Globo, che in $e $te$$o $i conuerta. Le macchie, che hanno la mede$ima declinatione, cioè, che $ono po$te nell'i$te$- $o parallelo nel primo apparire, par qua$i che $i tocchino, quan- do la lor vera di$tanza $ia breue; che $e $arà alquanto maggio- re, appariranno ben $eparate, mà più vicine a$$ai, che quando $i truouano ver$o il mezo del Di$co $olare, e $econdo, che $i di$co$tano dalla circonferenza, vengono $eparando$i, & allon- tanando$i l'vna dall'altra $empre più, $in che $i trouano con pari di$tanze remote dal centro del Di$co, nel qual luogo è la lor ma$sima $eparazione; d'onde partendo$i tornano di nuouo Delle Macchie Solari à rauuicinar$i trà di loro più, e più $econdo che s'appre$$ano al- la circonferenza, e $e con accuratezza $i noteranno le propor- zioni di tali appre$$amenti, e di$co$tamenti, $i vedrà, che pari- mente non po$$ono hauer luogo, $e non in mouimenti fatti $o- pra l'i$te$$a $uperficie del Globo Solare: E perche que$ta ragio- ne è potenti$sima, $i che e$$a $ola ba$tarebbe à dimo$trar l'e$- $enza di que$to punto, io voglio dare à V.S. vn metodo pratti- co, che gli dichiari più apertamente l'intenzione mia, e nel- l'i$te$$o tempo gli manife$ti la verità di e$$a.

E prima deue V. S. notare, ch' e$$endo la di$tanza trà'l Sole, e noi grandi$$ima, in proportione del Diametro del corpo di _Si dimo-_ _$tra che le_ _macchie_ _non hãno_ _diftanza_ _$en$ibile_ _dal Sole._ quello, l'angolo contenuto da i raggi prodotti dall'occhio no- $tro all'e$tremità di detto Diametro vien tanto acuto, che ben po$$iamo $enza errore $en$ibile prender' tali raggi, come $e fo$- $ero linee parallele. In oltre e$$endo, che non qual$iuoglia due macchie indifferentemente pre$e $ono accommodate à far l'e$pe rienza, che io intendo, ma $olamente quelle, che vengono por- tate nell'i$te$$o parallelo, però douiamo far'eletta di due in tal gui$a condizionate; le quali cono$ceremo e$$er tali, tuttauolta che nel lor mouimento pa$$ano amendue per l'i$te$$o centro del Di$co $olare, ouero da e$$o egualmente lontane; e ver$o l'i$te$- $o Polo; tale accidente alcune volte s'incontra, come auuiene delle due macchie A.B. della figura del dì primo di Luglio, del- le quali la B. pa$$a il dì $econdo vicina al centro, e la A. pa$$a in $imil di$tanza il giorno 7. & amendue con inclinatione Bo- reale, e perche tal di$tanza dal centro è a$$ai picciola, il paral- lelo de$critto da loro è qua$i in$en$ibilmente minore del cer- chio ma$$imo: però s'imagini primieramente V.S. la linea G.Z. la quale ci rappre$enti la lontananza del Sole; e $ia Z. l'occhio no$tro, & G. il centro del Sole, circa il quale $ia de$critto il mezo cerchio C.D.E. di $emidiametro eguale, ò pochi$$imo mi- nore del $emidiametro de i cerchi, ne i quali io noto le mac- chie, $iche la circonferenza C.D.E. rappre$entarà quella, che vien de$critta dalle macchie A. B. la quale all' occhio lontani$- $imo Z. e che è nell'i$te$$o piano del cerchio C. L. E. $i rappre- $entarà retta, e la mede$ima che il Diametro C. G. E. (e que$to Del Sig. Galileo Galilei. dico, perche dalle o$$eruationi, che hò potute far' $in quì, non comprendo, che la conuer$ione delle macchie $ia obliqua al piano dell'Eclit M R C N H F Q P O L I Z D G X V @ K T S E tica, $otto la. quale è la ter- ra:) prenda$i poi la di$tanza del- la macchia A. dalla circonfer\~e za à $e pro$$ima, e $i tra$porti in C.F. e per il pũ- to F. $ia tirata la perpendicolare alla C. G. che $ia F.H. la quale $a- rà parallela alla G.D.Z. e $arà il raggio vi$uale, che và dall'oc- chio alla mac- chia A. la quale apparendoci nel punto F. del dia metro del Sole C. E. verrà ad e$$er in H. pi- glia$i dipoi l'in- teruallo trà le due macchie A. B. e $i tra$porti nel diametro C. E. da F. in I. e $imilmente $i ecciti la perpendicolare I. L. che $arà il raggio vi$iuo della macchia B. e la linea F. I. la di$tanza appa- rente trà le macchie A. B. ma l'interuallo vero $arà determina- to dalla linea H.L. $uttendente all'arco H. L. ma come quella, Delle Macchie Solari che vien compre$a trà i raggi F. H. I. L. & vien veduta obliqua- mente mediante la $ua inclinazione, non appati$ce d'altra gran- dezza, che la F. I. ma quando per la conuer$ion del Sole i pun- @i H. L. calando ver$o E. comprenderanno in mezzo il punto D. che all'occhio Z. appar l'i$te$$o, che il centro G. allora le due macchie A.B. vedute non più in $corcio, ma in faccia, appari- ranno lontane, quanto è la $otte$a H. L. $e però il $ito di e$$e macchie è nella $uperficie del Sole: hora guardi$i la figura del quinto giorno, nella quale le mede$ime due macchie A.B. $ono qua$i egualmente lontane dal centro, e trouera$$i la loro di$tan- za preci$amente eguale alla $utte$a H.L. il che in modo alcuno accader non potrebbe, $e il riuolgimento loro $i face$$e in vn. cerchio, quanto $i voglia remoto dalla $uperficie del Sole, il che $i prouerà così: Ponga$i per e$$emplo l'arco M. N. O. lontano dalla $uperficie del Sole, cioè dalla circonferenza C.H. L. $ola- mente la vige$ima parte del diametro del Globo $olare, e pro- longate le perpendicolari F. H. in N. e la I. L. in O. è manife$to, che quando le macchie A.B. $i muoue$$ero per la circonferenza M. N. O. la macchia A. $arebbe appar$a in F. quando ella fo$$e $tata in N. e $imilmente per apparire in I. bi$ogneria, che la fo$$e in O. onde il lor vero interuallo $arebbe quanto è la retta $uttendente N. O. la quale è molto minore della H. L. per lo che trasferite le macchie N. O. ver$o E. $in che la linea G. Z. $ega$$e in mezo, & ad angoli retti la $utte$a N. O. $ariano le macchie nella lor ma$$ima lontananza vera, & apparente minore a$$ai della $utte$a H. L. al che repugna l'e$perienza, la quale ce le mo$tra di$tanti trà di loro $econdo la retta H. L. non $on dun- que le macchie lontane dalla $uperficie del Sole per la vige$ima parte del $uo diametro. E $e con $imile e$ame o$$erueremo le mede$ime macchie nel giorno ottauo, doue la B. è vicina alla circonferenza, e tra$portaremo la $ua di$tanza da e$$a circonfe- renza dal punto E. nel S. tirando la perpendicolare S. T. $opra il Diametro C.E. $arà i punto T. il $ito di e$$a macchia nella $u- perficie del Sole: E trasferendo di poi la di$tanza B. A. in S. V. e producendo $imilmente la perpendicolare V. X. trouaremo l'in- teruallo T. X. (che è la vera di$tanza delle macchie B. A.) e$$ere Del Sig. Galileo Galilei. l'i$te$$o di H. L. il quale accidente in modo alcuno non può ha- uer luogo, quando le macchie B. A. procede$$ero in cerchij $en$i- bilmente lonta- M R C N H F Q P O L I Z D G X V @ K T S E ni dalla $uperfi- cie del Sole. E noti$i, che quan do $i piglia$$ero due macchie meno di$tãti trà di loro, e più vi- cine al termine C. ouero E. ta- le accidente $i farebbe molto più notabile. Imperoche $e fo$$ero due mac- chie, delle quali vna fo$$e sù'l $uo primo apparire nel punto C. e l'altra appari$$e in F. $iche la lor di$tanza appa- rente fo$$e C. F. il vero interual- lo trà e$$e quan- do fo$$ero nella $uperficie del So le, $arebbe la $ut- te$a H. C. mag- giore $ette, ò più volte di C. F. Ma quando tali macchie $o$$ero $tate in R. N. la loro reale di$tanza $aria $tata la $utte$a R. N. che è meno della terza parte della C. H. laonde transferite tali macchie intor no al punto D. quando l'e$perienza ci rappre$enta$$e Delle Macchie Solari la lor di$tanza eguale alla C. H. cioè maggiore $ette volte della C. F. e non eguale alla R. N. che è à pena doppia del- la mede$ima C. F. non rimarria luogo di dubitare le mac- chie e$$ere contigue al Sole, e non remote; ma $i haueranno e$perienze, le quali ci mo$treranno la $utte$a C. H. cioè la ve- ra di$tanza delle macchie, quando $ono vicine al centro del di- $co $olare, contenere non $olo $ette, ma dieci, e quindeci volte, la prima apparente di$tanza C. F. il che $arà quando le macchie $iano realmente meno, e meno di$tanti trà di loro, che non è la $utte$a C. H. il quale accidente non potria mai accadere, quan- do bene la circonferenza M. N. Z. fu$$e lontana dalla $uperficie del Sole la cente$ima parte del diametro Solare, come appre$$o dimo$trerò. Adunque per nece$$aria con$eguenza n'è $eguita la di$tanza delle macchie dalla $uperficie del Sole non e$$er $e non in$en$ibile. E la dimo$trazione di quanto pur hora hò det- to, $arà tale. Sia per e$$empio l'arco C. H. gr. 4. $arà la retta C. F. parti 24. di quali il $emidiametro C. G. è 10000. e di tali farà la $utte$a C. H. 419. cioè dicia$ette volte maggiore della C.F. Ma quando il $emidiametro G. M. fo$$e maggiore $olamen- te la cente$ima parte del $emidiametro G. C. $iche di quali par- ti G. C. è 10000. G. M. fo$$e 101000. $i trouerà l'arco M. R. e$- $er gr. 8. 4. e l'arco N. R. M. gr. 8. 58. e l'arco R. N. gr. o. 54. e la $ua corda 94. di quali la C. F. era 24. cioè maggiore di lei meno di 4. volte, dal che di$cotda l'e$perienza non meno, che $i ac- cordi con l'altra po$itione. Potremo anco con l'i$te$$o metodo veder di giorno in giorno gl'accre$cimenti, e le diminuzioni de i mede$imi interualli ri$pondenti alle conuer$ioni fatte $ola- mente $opra la $uperficie del Sole: imperoche prenda$i la figu- ra del terzo giorno di Luglio, e po$ta la di$tanza P. C. eguale alla remotione della macchia A. dalla circonfereza del Di$co Solare, ponga$i poi parimente la linea P.K. eguale all'interual- lo A. B. e prodotte le due perpendicolari P@Q@ K. Y. trouaremo la $utte$a Q Y. eguale alla H. L. argumento irrefragabile della conuer$ion fatta nella $te$$a $uperficie del Sole. Dico di più, che tali macchie non $olamente $ono vicini$$ime, e for$e contigue alla $uperficie del Sole, mà oltre à ciò $i eleuano poco da quel- Del Sig. Galileo Galilei. la, inquanto alla lor gro$$ezza, ò vogliamo dire altezza, cioè _Gro$$ezza_ _delle mac_ _chie è po-_ _ca._ dico, che $ono a$$ai $ottili in comparazion della lunghezza, e larghezza loro, il che raccolgo dall'apparire, che fanno i loro inter$titij diui$i, e di$tinti ben $pe$$o $ino all'vltimo lembo del Di$co $olare; ancorche $i o$$eruino macchie poco trà loro di- $tanti, e po$te nell'i$te$$o parallelo, come accade delle 2. Y. del giorno 26. di Giugno; le quali cominciano ad apparire, e ben- che molto vicine all'e$trema circonferenza del Di$co, tuttauol- ta l'vna non occupa l'altra, mà $corge$i trà e$$e la $eparazione lucida, il che non auuerrebbe, quando e$$e fo$$ero a$$ai eleua- te, e gro$$e; e ma$$ime e$$endo molto vicine trà di loro, come dimo$tran gl'altri di$egni $eguenti de' giorni 27. e 28. La mac- chia M. parimente, compo$ta di vna congerie numero$a di mac- chie picciole mo$tra le di$tintioni trà e$$e $ino all'vltima occul- tazione, benche tutto l'aggregato vadia molto $corciando me- diante lo sfuggimento della $uperficie globo$a, come $i vede ne i di$egni de i mede$imi giorni 26. 27. & 28. Mà quì potreb- be per auuentura cadere in opinione ad alcuno, che tali macchie pote$$ero e$$ere $emplici $uperficie, ò almeno di vna $ottigliez- za grandi$$ima, poiche nel ritrouar$i vicine alla circonferenza del Di$co, non più $corciano gli $pazij lucidi, che trà quelle s'interpongono, che $i diminui$chino le lunghezze loro pro- prie, il che pare, che accader non pote$$e, quando la loro al- tezza fo$$e di qualche notabile momento; à que$to ri$pondo non e$$er tal con$equenza nece$$aria, e que$to perche quando bene la loro altezza $ia notabile in comparazione della loro lunghezza, ò de gli $pazij trapo$ti trà macchia, e macchia, tut- tauia potrà apparir la di$tinzion lucida $ino à gran vicinanza alla circonferenza, e ciò per lo $plendore del Sole, che illu$tra per taglio le $te$$e macchie, imperoche $e V. S. intenderà la $uperficie del Sole $econdo l'arco A. F. B. e $opra di quella le due macchie C. D. E. & il raggio della vi$ta $econdo la linea retta O. C. che venga così obliqua, ò inclinata, che non po$$a $coprir punto la $uperficie del Sole $egnata F. che re$ta inter- po$ta trà le due macchie; tuttauia le potrà $corger di$tinte, e non continuate, come vna $ola, in virtù del canto D. della Delle Macchie Solari macchia D.E. la quale viene $ommamente illu$trato dal pro$$i- @ E D C B F A mo $plendore della $u- perficie F. oltre che l'oc chio così obliquo $cuo- pre alcuna parte della $uperficie del Sole, cioè quella, che vien $otto- po$ta alla macchia D.E. la quale nõ vedeua m\~e- tre i raggi vi$iui andauano diretti. Auuerti$co di più, che nõ tut- te le macchie trà di $e vicini$$ime $i mo$trano $eparate $ino al- l'vltima circonferenza, anzi alcune par che $i vni$chino, che può accadere taluolta, per e$$ere la più remota dalla circonfe- renza più gro$$a, & alta della più vicina: oltre che ci $ono i mo- uimenti lor proprij irregolati, & vagabondi, che po$$ono ca- gionare varie apparenze in que$to partlcolare; ma noto bene _Negrez-_ _za delle_ _macchie $i_ _diminui-_ _$ce nell'_ _estremità_ _del di$c@._ vniuer$almente, che la negrezza di tutte $i diminui$ce a$$ai, a$- $ai, quando $on vicine all'e$tremo termine del Di$co, il che ac- cade per mio parere dallo $coprir$i il taglio illuminato, e dal- lo a$conder$i molto i dor$i o$curi delle macchie, le cui tenebre re$tano a$$ai confu$e à gl'occhi no$tri dalla copia della luce. Io potrei addurre à V.S. molti altri e$empli, ma $arei troppo pro- li$$o, e mi ri$erberò à $criuerne più diffu$amente in altro luogo, e voglio per hora contentarmi di hauergli accennato il mio pa rere nato dalla continuazione di molte o$$eruazioni, che è in $omma, che la lontananza delle macchie dalla $uperficie del Sole $ia ò nulla, ò così poca, che non po$$a cagionare acciden- te alcuno compren$ibile da noi: e che la profondità, ò gro$$ez- za loro $ia parimente poca in comparazion dell'altre due di- men$ioni, immitando anco in que$to particolare le no$tre mag- giori nugolate.

E que$ti $ono gl'incontri che hauiamo dalle macchie, che $i trouano nell'i$te$$o parallelo. Le macchie poi che $ono po$te in diuer$i paralleli, ma $ono per così dire, $otto'l mede$imo me- ridiano, cioè, che la linea, che le congiugne taglia i paralleli à $quadra, e non obliquamente, non mutano di$tanza frà di lo- Del Sig. Galileo Galilei. ro, ma quella, che hebbero nel loro primo comparire vanno _Interualli_ _frà le ma@_ _chie, e le-_ _ro differ@_ _ze circa'l_ _m@tar$i._ manten\~edo $empre $ino all'vltima occultazione: le altre poi, che $ono in diuer$i paralleli, & in diuer$i meridiani, vanno pur cre- $cendo, e poi diminuendo i lor interualli; ma con maggiori dif- ferenze quelle, che $i rimirano più obliquamente; cioè, che $ono in paralleli piu vicini, & in meridiani più remoti; & con minor varietadi, all'incontro quelle, che meno obliquamente $ono trà loro $ituate; & chi bene andrà commen$urando tutte le $imili diuer$ità, trouerà il tutto ri$pondere, e con giu$ta $im- metria concordar $olamente con la no$tra Ipote$i, e di$cordar da qualunque altra. Deue$i però tuttauia auuertire, che non. $endo tali macchie totalm\~ete fi$$e, & immutabili nella faccia del Sole, anzi andando$i continuamente per lo più mutando di figu ra, & aggregando$i alcune in$ieme, & altre di$gregando$i, può per $imili picciole mutazioni cagionar$i qualche poco di varie- tà ne i rincontri preci$i delle narrate o$$eruazioni, le quali di- uer$ità per la lor picciolezza in proporzion della ma$$ima, @@ vniuer$al conuer$ione del Sole, non douran partorire $crupolo alcuno, à chi giudizio$amente andrà, per così dire, tarando l'eguale, & general mouimento con que$te accidentarie altera- zioncelle. Hora quanto per tutti que$ti rincontri l'apparenze, che $i o$$eruano nelle macchie, puntualmente ri$pondono al- l'e$$er loro contigue alla $uperficie del Sole, all'e$$er quella sferica, e non d'altra figura, & all'e$$er dal mede$imo Sole por- tate in giro dal $uo riuolgimento in $e $te$$o, tanto con incontri di manife$te repugnanze contrariano ad ogni altra po$izione, che $i tenta$$e di dargli. Imperoche $e alcuno vole$$e co$tituir- _Non $ono_ _nell'aria._ le nell'aria, doue pare, che altre impre$$ioni $imili a quelle con- tinuamente $i vadano producendo, e di$$oluendo con acciden- ti conformi di aggregar$i, e diuider$i, conden$ar$i, e rarefar- $i, e con mutazioni di figure inordinati$$ime. Prima ingom- brando e$$e molto piccoli $pazij nel di$co $olare, m\~etre frà l'oc- chio no$tro, e quello s'interpongono, & e$$endo così vicine al- la terra, bi$ognarebbe che le fo$$ero moli, non maggiori di pic- cioli$$ime nugolette, poiche ben minima domandaremo vna nugola, che non ba$ti ad occultarci il Sole, & $e così è; come Delle Macchie Solari in $i piccole moli $arà tal den$ità di materia, che po$$a con tanta contumacia re$i$tere alla forza de i raggi $olari, $i che nè le penetrino co'l lume, nè le di$$oluino per molti, e molti giorni con la lor virtù? Come generando$i nelle regioni circon- uicine alla terra, e s'io bene $timo per detto altrui, for$e delle euaporazioni di quella, come dico ca$cano tutte trà'l Sole, e noi, e non in altra parte dell'aria? poiche niuna $e ne $corge $otto la faccia della Luna illuminata, nè $i vede $eparata dal Sole in a $petto o$curo, ouero illu$trata da i $uoi raggi, come delle nugole accade, delle quali continuamente ne veggiamo dell'o$cure, e dell'illuminate intorno al Sole, & in ogni altra parte dell'aria. Più $corgendo noi la materia di tali macchie e$$er per $ua natura mutabile, poiche $enza regola alcuna s'ag- gregano frà di loro, e $i $eparano, qual virtù $arà poi quella, che gli po$$a communicare, e con tanta regola contemperar il mouimento diurno, $iche mai preteri$chino di accompagnare il Sole, $e non quanto vn mouimento commune à tutte, e re- golato le fà tra$correre in 15. giorni in circa al Di$co Solare, doue che l'altre aeree impre$$ioni tra$corrono in minimi mo- menti di tempo, non pur la faccia del Sole, ma $pazij molto maggiori? A $imili ragioni, come molto probabili ri$ponder@ non $i può, $enza introdur grand'improbabilità. Mà ci re$tano le dimo$trazioni nece$$arie, e che non ammettono ri$po$ta ve- runa; delle quali vna è il veder$i quelle nel tempo mede$imo da diuer$i luoghi della terra, e molto trà di loro di$tanti, di- $po$te con l'i$te$$o ordine, e nelle parti mede$ime del Sole, $i- come per varij rincontri di di$egni riceuuti da diuer$e bande _Sono lon-_ _tani$$ime_ _dalla ter-_ _ra._ hò potuto o$$eruare; argomento nece$$ario della lor grandi$$i- ma lontananza dalla terra; al che con ammirabil a$$en$o $i ac- corda il cader tutte dentro à quella fa$cia del Globo Solare, che ri$ponde allo $pazio della sfera cele$te, che vien compre$o dentro à i Tropici, ò per meglio dire dentro à i due paralleli, che determinano le ma$$ime declinationi de i Pianeti; Il che non deuo io credere, che $ia particolar priuilegio della Città di Firenze, doue io habito, mà ben deuo $timare, che dentro à i mede$imi confini $iano vedute da ogni altro luogo quanto $i Del Sig. Galileo Galilei. voglia più Au$trale, ò Boreale; Di più il non fare altra muta- zione di luogo $otto il Di$co $olare, che quella vniuer$ale, e commune à tutte le macchie, con la quale in 15. giorni incirca lo trauer$ano, e quelle piccole, & accidentarie; $econdo le quali tal'ora alcune $i aggregano, & altre $i $eparano, nece$$a- riamente conuince à porle molto $uperiori alla Luna, perche altramente, come ben nota ancora Apelle, bi$ognarebbe, che nel tempo trà'l na$cere, e'l tramontar del Sole tutte v$ci$$ero fuori del Di$co $olare, mediante la Paralla$$e: E $e pure alcuno vole$$e attribuir loro qualche mouimento proprio, per il quale la diuer$ità d'a$petto fo$$e compen$ata, non potrebbono le me- de$ime macchie vedute hoggi da noi, tornar' à mo$trar$i di- mane, il che è contro l'e$perienza, poiche non pure ritornano à far$i vedere il $econdo giorno, ma il terzo, e quarto, & $ino al quartodecimo. Son dunque le macchie per nece$$arie dimo- $trationi $uperiori di a$$ai alla Luna, & e$$endo nella region _Sono $upe_ _riori alla_ _Luna, nel_ _cielo, e_ _nella $u-_ _per$iciedel_ _Sole._ cele$te, niun'altra po$izione, che nella $uperficie del Sole, e niun'altro mouimento, fuori, che la conuer$ion di quello in $e $te$$o, $e gli può $enz'altre repugnanze a$$egnare; Imperoche trà tutte l'imaginabili Ipote$i, la più accommodata à $atisfare alle apparenze narrate, $arebbe il porre vna sferetta trà il cor- po $olare, e noi, $iche l'occhio no$tro, & i centri di quella, e del Sole fo$$ero in linea retta, e più che il $uo diametro appa- rente fo$$e eguale à quel del corpo $olare, nella $uperficie del- la quale sfera $i produce$$ero, e di$$olue$$ero tali macchie, e dal riuolgimento della mede$ima in $e $te$$a veni$$ero portate in volta: tal po$izion dico, che $atisfarebbe alle $opradette apparenze, quando però $e gl'a$$egna$$e luogo tanto $uperiore alla Luna, che fo$$e libero dall'oppugnazione delle paralla$$i, così di quella, che depende dal moto diurno, come dell'altra, che na$ce dalle diuer$e po$izioni in terra: e que$to accioche à tutte l'hore, e da tutti i riguardanti i centri di detta sfera, e del Sole $i mantene$$ero nella mede$ima linea retta; ma con tutto que$to vna ineuitabil difficoltà ci conuince, & è, che noi douremo vedere le macchie muouer$i $otto il Di$co $olare, con mouimenti contrarij, imperoche quelle, che fo$$ero nell'Emi$- Delle Macchie Solari fero inferiore della imaginata sfera $i mouerebbono ver$o il termine oppo$to à quello, ver$o il quale camina$$ero l'altre po- $te nell'emisfero $uperiore; il che non $i vede accadere: oltre che $icome à gl'ingegni $pecolatiui, e liberi, che ben intendo- no non e$$er mai $tato con e$$icacia veruna dimo$trato, nè anco poter$i dimo$trare, che la parte del mondo fuori del concauo dell'orbe lunare non $ia $oggetta alle mutazioni, & alterazioni, niuna di$$icoltà, ò repugnanza al credibile hà apportato il ve- der produr$i, e di$$oluer$i tali macchie in faccia del Sole $te$$o; così gli altri, che vorrebbono la $u$tanza cele$te inalterabile, quando $i vegghino a$tretti da ferme, e $en$ate e$perienze à porre e$$e macchie nella parte cele$te, credo, che poco fa$tidio di più gli darà il porle cõtigue al Sole, che in altro luogo. Con- uinta ch'è di fal$ità l'introduzione di tale sfera trà'l Sole, e noi, che $ola, ma con poco guadagno di chi vole$$e rimuouere le macchie dal Sole, poteua $odisfare à buona parte de i feno- meni, non occorre, che perdiamo tempo in riprouar ogni altra imaginabil po$izione, perche cia$cheduno per $e $te$$o imme- diatamenre incontrerà impo$$ibili, e contradizioni manife$te, tuttauolta, che $ia ben re$tato capace di tutti i fenomeni, che di $opra hò raccontati, & che veramente $i o$$eruano di continuo in e$$e macchie; Et acciò che V.S. habbia e$empli di tutti i par- ticolari, gli mandò i di$egni di 35. giorni, cominciando dal $econdo di Giugno, ne i quali V.S. primieramente harà e$em- _Addita i_ _di$egni_ _delle mac_ _chie che_ _$ono alla_ _fin di que_ _$ta propo-_ _nendoli p_ _e$s\-epi del-_ _le co$e_ _dette._ pli del mo$trar$i l'i$te$$e macchie più breui, e gracili nelle parti vicini$$ime alla circonferenza del Di$co $olare, paragonando le macchie notate A. del 2.e 3. giorno, che $ono l'i$te$$a: le B.C. del giorno 5. con le mede$ime del 6. le A. del 10. e del 11. le B. parimente de i giorni 13.14.15.16. Et le C.de i 14. 15. 16. Le B. de i 18.19.20. Le C. de i 22. 23. 24. Le A. del 1. 2. e 3. di Lu- glio. Le C.e B del 7.& 8. & altre ancora, che per breuità trala- $cio. Quanto alla $econda o$$eruazione, ch'era, che gli $pazij pa$$ati in tempi eguali $iano $empre minori, quanto più la macchia è vicina alla circonferenza, ce ne danno euidenti e- $empli. Le macchie A.del 2. e 3. di Giugno. Le B. C. del 5. 6. 7.8. le C. A. de i giorni 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. le F. G. de i 16. Del Sig. Galileo Galilei. 17. 18. 19. 20. 21. la C. del 22. 23. 24. 25. 26. le A.B. del 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. di Luglio, & molte altre.

Che poi gli $pazij trauer$ali trà macchia, e macchia $i man- tenghino $empre gli $teffi, ch'era la prima parte della terza o$- $eruazione, $corge$i dalle macchie B.C. dal di 5. di Giugno $i- no al 16. e dalle macchie F. G. dal di 13. $ino al 20. doue in vltimo il lor interuallo diminui$ce vn poco, perche le non $ono giu$tamente locate $otto l'i$te$$o cerchio ma$$imo, che pa$$a per i poli della conuer$ion del Sole. E l'i$te$$o $i $corge ne gl'inter- ualli trà la macchia A. & il centro della macchia F. dal di 2. di Luglio $ino à gli 8. li quali vengono alquanto cre$cendo, per- che dette macchie $i riguardano obliquamente, e l'i$te$$o fan- no le macchie E. F. de i mede$imi giorni, ma con minori diffe- renze, ri$pondendo$i meno obliquamente. Ma che gl'interual- li delle macchie, che ca$cano $otto'l mede$imo parallelo appa- rentemente $i mutino, diminuendo $empre quanto più $ono lontane dal centro, lo mo$trano apertamente le macchie B. O. dal giorno 5. di Giugno $ino al 14. doue la lor di$tanza vien. cre$cendo $ino à i giorni 8. & 9. e poi cala $ino all'vltimo. Le 3. macchie H. del giorno 17. erano nel precedente molto più $e- parate, & l'interuallo F. H. dal di 14. $ino al 18. và $empre di- minuendo, e $empre con maggior proporzione.

Circa poi à gl'altri accidenti; vedrà primieramente V.S. gran mutazioni di figura nella macchia B. dal di 5. di Giugno $ino al 14. variazion maggiore vedrà nella G. dal giorno 10. $ino al 20. con incremento grande, e poi diminuzione. La macchia M. cominciò à produr$i il giorno 18. & il giorno 20. appar$e grandi$$ima, & era vna congerie di molti$$ime infieme, andò poi mutando figure, come $i vede $ino alla fine. Le macchie R. cominciaron' ad apparire piccioli$$ime il giorno 21. e poi con grand' agumento, e $trauaganti$$ime figure $i andarono mutando $ino al fine. La macchia F. $i produ$$e parimente il giorno 13. non $i e$$endo veduta cos'alcuna in quel luogo i giorni auanti, andò poi cre$cendo, & in fine diminuendo$i, e variamente mutando$i di forma. La macchia S. cominciò ad apparire il 3. giorno pur di Giugno, e furon due piccole mac- Delle Macchie Solari chiette, le quali crebbero, e formaron altra figura, e poi anda- ron anco diminuendo, come $i vede ne i di$egni. Nel gruppo delle macchie P. cominciate ad apparire il di 25. di Giugno, $i vede con$eguentemente gran mutazione, & agumento in nu- mero, e grandezze, e poi anco gran diminuzione dell'vno, e dell'altro $ino al fine. La macchia F. cominciata à $cuoprir$i li 2. di Luglio, fece, come mo$trano i di$egni $trauaganti, e gran mutazioni ne i giorni $eguenti. Nel giorno 8. di Giugno $i ved- dero di nuouo le macchie E.L.N. delle quali le L. pre$to $i di$- fecero, e la N. crebbe in mole, & numero. le P. del giorno 11. fendo compar$e allora, 2. giorni dopo $uanirono. la Q. appar- $a il di 24. $i diui$e il $eguente in 3. e poi $i con$umò. la C. pa- rimente del giorno 25. il $eguente $i diui$e in 3. & nel mede$i- mo giorno $i veddero prodotte di nuouo tutte le X. la macchia G. del giorno 27. $i diui$e in molte nel $eguente giorno, & al- tre diui$ioni, & mutazioni di $iti fece ne gli altri giorni; come anco $i veggono ne i giorni mede$imi gran mutazioni nelle macchie intorno al P. le 7. macchie M. N. del 3. di Luglio ap- paruero quel giorno; ele N. il $eguente $i ridu$$ero à 2. e$$endo prima 5. e le M. crebbero prima in numero, e poi $i aggregarono, & in vltimo tornarono à diuider$i ancora. E da tutti que$ti ac- cidenti, e da altri, che V. S. potrà ne i mede$imi di$egni o$$er- uare, vede$i à quante irregolate mutazioni $iano tali macchie $oggette, la $omma delle quali, come altra volta gli hò accen- nato non troua e$emplo, e $imilitudine in niuna delle no$tre materie, fuori che nelle nugole.

Quanto poi alle ma$$ime durazioni delle maggiori, e più den $e, benche non $i po$$a affermare di certo, $e alcune ritornino l'i$te$$e in più d'vna conuer$ione ri$petto à i continui muta- menti di figure, che ci tolgono il poterle raffigurare, tuttauia io $arei d'opinione, che alcuna ritorna$$e à mo$trarci$i più d'vna _Macchie_ _ritornano_ _à mo$trar_ _ci$i._ volta, & à così credere m'induce il vederne alcuna comparire grande a$$ai, & accre$cer$i $empre, $in che l'emisfero veduto da volta, e $icome è credibile, ch'ella $i fo$$e generata molto auan- ti la venuta $ua, così è ragioneuole il credere, ch'ella $ia per du- rare a$$ai dopò la partita, $iche la durazion $ua venga ad e$$er Del Sig. Galileo Galilei. molto più lunga del tempo di vna meza conuer$ion del Sole; e come que$to è alcune macchie po$$ono $enza dubbio, anzi ne- ce$$ariamente e$$er da noi vedute due volte; e que$te $arebbo- no tal'vna di quelle, che $i produce$$ero nell'Emisfero veduto vicino all'occultar$i, e poi pa$$ando nell'altro, $eguita$$ero di prender agumento, nè $i di$$olue$$ero, $in che torna$$ero ancora à $coprirci$i; e perciò fare ba$ta la durazione di tre, ò quattro giorni più del tempo di vna meza conuer$ione: ma io di più credo, che ve ne $iano di quelle, che più d'vna volta trauer$ino tutto l'Emisfero veduto, quali $on quelle, che dal primo comparire $i vanno $empre agumentando, $in che le veggiamo, e fanno$i di $traordinaria grandezza, le quali po$- $ono continuar di cre$cere ancora, mentre ci $i occultano, e non è credibile, che poi in più breue tempo $i diminui$chino, e di$$oluino, perche niuna delle grandi$$ime $i è o$$eruato, che repentinamente $i disfaccia, & io hò più volte o$$eruato dopò la partita di alcuna delle ma$$ime, $endo $cor$o il tempo di vna meza conuer$ione tornarne à comparire vna, ch'era per mio credere l'i$te$$a, e pa$$ar per l'i$te$$o Parallelo.

Dalle co$e dette $in quì, parmi s'io non m'inganno, che ne- ce$$ariamente $i conchiuda le macchie $olari e$$er contigue, ò vicini$$ime al corpo del Sole, e$$er' materie non permanenti, e fi$$e, ma variabili di figura, e di den$ità, e mobili ancora, chi più, e chi meno di alcuni piccoli mouimenti indeterminati, @@ irregolati, & vniuer$almente tutte produr$i, e di$$oluer$i, altre in piu breui, altre in più lunghi tempi; è anco manife$ta, & in- dubitabile la lor conuer$ione intorno al Sole; Ma il determi- nare $e ciò auuenga, perche il corpo $te$$o del Sole $i conuerta, e rigiri in $e $te$$o portandole $eco, ò pure che re$tando il cor- po $olare immoto, il riuolgimento $ia dell'ambiente, il quale le contenga, e $eco le conduca, re$ta in certo modo dubbio, _Sole $i con_ _uerte in_ _$e $te$$o, e_ _porta $eco_ _le mac-_ _chie._ potendo e$$ere e que$to, e quello; tuttauia à me pare a$$ai più probabile, che il mouimento $ia del Globo $olare, che dell'am- biente; & à ciò credere m'induce prima la certezza, che io prendo dell'e$$er' tale ambiente molto tenue, fluido, e cedente dal veder così facilmente mutar$i di figura, aggregar$i, e diui- Delle Macchie Solari der$i le macchie in e$$o contenute, il che in vna materia $olida, e con$i$tente non potrebbe accadere (propo$izione che parrà a$$ai nuoua nella commune filo$ofia:) hora vn mouimento con- $tante, e regolato, quale è l'vniuer$ale di tutte le macchie, non par, che po$$a hauer $ua radice, e fondamento primario in vna $o$tanza flu$$ibile, e di parti non coerenti in$ieme, e però $og- gette alle commozioni, e conturbamenti di molti altri moui- menti accidentarij; ma bene in vn corpo $olido, e con$i$tente, oue per nece$$it à vn $olo è il moto del tutto, e delle parti, e ta- le è credibile, che $ia il corpo $olare in comparazion del $uo ambiente; tal moto poi participato all'ambiente per il contat- to, & alle macchie per l'ambiente, ò pur conferito per il mede- $imo contatto immediatamente alle macchie le può portar' in- torno.

Di più quando bene altri vole$$e, che la circolazione delle macchie intorno al Sole procede$$e da moto, che ri$ede$$e nell' ambiente, e non nel Sole, io crederei ad ogni modo e$ser qua- $i nece$sario, che il mede$imo ambiente communica$se per il contatto l'i$te$so mouimento al Globo $olare ancora.

Imperoche mi par di o$seruare, che i corpi naturali habbino naturale inclinazione à qualche moto, come i graui al ba$so, il qual mouimento vien da loro per intrin$eco principio, e $enza bi$ogno di particolar motore e$terno e$ercitato, qual volta non _Natura,_ _delli corpi_ _ne' moui-_ _menti._ re$tino da qualche o$tacolo impediti: à qualche altro moui- mento hanno repugnanza, come i mede$imi graui al moto in, sù, e però giamai non $i moueranno in cotal gui$a, $e non cac- ciati violentemente da motore e$terno; finalmente ad alcuni- mouimenti $i trouano indifferenti, come pur gl'i$te$$i graui al mouimento orizontale, al quale non hanno inclinazione, poi- che ei non è ver$o il centro della terra, nè repugnanza, non $i allontanando dal mede$imo centro, e però rimo$$i tutti gl'im- pedimenti e$terni, vn graue nella $uperfioie sferica, e concen- trica alla terra, $arà indi$$erente alla quiete, & à i mouimenti ver$o qualunque parte dell'orizonte; & in quello $tato $i con- $eruarà, nel qual vna volta $arà $tato po$to, cioè $e $arà me$so in $tato di quiete, quello con$eruerà, & $e $arà po$to in moui- Del Sig. Galileo Galilei. mento v. g. ver$o Occidente, nell'i$te$so $i manterrà; e così vna naue per e$sempio hauendo vna $ol volta riceuuto qualche im- peto, per il mar tranquillo, $i mouerebbe continuamente in- torno al no$tro globo $enza ce$sar mai, e po$taui con quiete, perpetuamente quietarebbe, $e nel primo ca$o $i pote$sero ri- mouere tutti gl'impedimenti e$trin$eci, e nel $econdo qualche cau$a motrice e$terna non gli $opragionge$$e; e $e que$to è ve- ro, $icome è veri$$imo, che farebbe vn tal mobile di natura am- bigua, quando $i troua$$e continuamente circondato da vn'am- biente mobile d'vn moto, al quale e$$o mobile naturale fo$$e per natura indifferente? Io non credo, che dubitar $i po$$a, ch'egli al mouimento dell'ambiente $i moue$$e: Hora il Sole corpo di figura sferica $o$pe$o, e librato circa il proprio centro, non può non $econdare il moto del $uo ambiente, non hauendo egli à tal conuer$ione intrin$eca repugnanza, nè impedimento e$teriore; Interna repugnanza hauer non può, atte$o che per $imil conuer$ione nè il tutto $i rimuoue dal luogo $uo, nè le parti $i permutano trà di loro, ò in modo alcuno cangiano la lor naturale con$tituzione, talche per quanto appartiene alle con$tituzioni del tutto con le $ue parti, tal mouimento è come $e non fo$$e; quanto à gl'impedimenti e$terni, non par che o$tacolo alcuno po$$a $enza contatto impedire ($e non for$e la virtù della Calamita) ma nel no$tro ca$o tutto quel che tocca il Sole, che è il $uo ambiente, non $olo non impedi$ce il moui- mento, che noi cerchiamo di attribuirgli, ma egli $te$$o $e ne muoue, e mouendo$i lo communica oue egli non troui re$i$ten- za, la qual'e$$er non può nel Sole. adunque quì ce$$ano tutti gl'e$terni impedimenti; il che $i può maggiormente ancora confermare, perche oltre à quel che $i è detto, non par, che alcun mobile po$$a hauer repugnanza ad vn mouimento, $en- z'hauer propen$ion naturale all'oppo$to (perche nella indiffe- renza non è repugnanza) e perciò chi vole$$e por nel Sole reni- tenza al moto circolare del $uo ambiente, pur vi porrebbe na- tural propen$ione al moto circolare oppo$to à quel dell'am- biente, il che mal con$uona ad intelletto ben temperato. Do- uendo$i dunque in ogni modo por nel Sole l'apparente con- Delle Macchie Solari uer$ione delle macchie, meglio è poruela naturale, e non per participazione, per la prima ragione da me addotta. Molte altre con$iderazioni potrei arrecar per con$irmazion maggiore della mia opinione, ma di troppo trapa$$erei i termini di vna lettera; però per finir di più tenerla occupata, vengo à $atis- fare alla prome$$a ad Apelle, cioè al modo del di$egnar le mac- chie con $omma giu$tezza ritrouato, come nell'altra gl'accen- nai, da vn mio Di$cepolo Monaco Ca$$inen$e nominato D. Be- _Come $i_ _vedono le_ _macchie_ _s\-eza guar_ _dar il So-_ _le._ nedetto dei Ca$telli, famiglia nobile di Bre$cia, huomo d'in- gegno eccellente, e come conuiene libero nel filo$ofare; & il modo è que$to: Deue$i drizzare il Tele$copio ver$o il Sole, co- me $e altri lo vole$$e rimirare, & aggiu$tatolo, e fermatolo, e$ponga$i vna carta bianca, e piana incontro al vetro concauo, lontano da e$$o vetro quattro, ò cinque palmi, perche $opra e$- $a caderà la $pecie circolare del Di$co del Sole, con tutte le macchie, che in e$$o $i ritrouano ordinate, e di$po$te con la mede$ima $immetria à capello, che nel Sole $on $ituate; e quanto più la carta $i allontanerà dal cannone, tanto tale im- magine verrà maggiore, e le macchie meglio $i figureranno, e $enz'alcuna offe$a $i vedranno tutte $ino à molte piccole, le quali guardando per il cannone con fatica grande, e con dan- no della vi$ta appena $i potrebbono $corgere: E per di$egnarle _Come $i_ _di$egnino._ gui$te, io de$criuo prima $opra la carta vn cerchio della gran- dezza, che più mi piace, e poi acco$tando, ò rimouendo la carta dal cannone, trouo il giu$to $ito, doue l'immagine del Sole $i allarga alla mi$ura del de$critto cerchio; il quale mi $erue anco per norma, e regola di tener il piano del foglio ret- to, e non inclinato al cono lumino$o de i raggi $olari ch'e$cono del Tele$copio, perche quando e fo$$e obliquo, la $ezzione viene ouata, e non circolare, e però non $i aggiu$ta con la circonferenza $egnata $opra'l foglio; ma inclinando più, ò meno la carta, $i troua facilmente la po$itura giu$ta, che è quando l'immagine del Sole s'aggiu$ta col cerchio $egnato; ri- trouata che $i è tal po$itura con vn pennello $i và notando $o- pra le macchie $te$$e, le figure, grandezze, e $iti loro, ma con- uien'andare de$tramente $econdando il mouimento del Sole, e Del Sig. Galileo Galilei. $pe$$o mouendo il Tele$copio bi$ogna procurare di mantenerlo ben dritto ver$o il Sole, il che $i cono$ce guardando nel vetro concauo, doue $i vede vn piccolo cerchietto lumino$o, il qua- le $tà concentrico ad e$$o vetro, quando il Tele$copio è ben diritto ver$o il Sole. E per veder'le macchie di$tinti$$ime, e ter- minate, è ben in$curir la $tanza $errando ogni fine$tra, $iche altro lume non vi entri, che quello, che vien per il Cannone, ò almeno in$curi$ca$i più che $i può, & al Cannone $i accommo- di vn cartone a$$ai largo, che faccia ombra $opra la carta doue $i ha da di$egnare, e impedi$ca, che altro lume del Sole non vi ca$chi $opra, fuor che quello, che vien per i vetri del Canno- ne. Deue$i appre$$o notare, che le macchie e$cono del Can- none inuer$e, e po$te al contrario di quello, che $ono nel Sole, cioè le de$tre vengono $ini$tre, e le $uperiori inferiori, e$$endo che i raggi s'inter$egano dentro al cannone auanti ch'e$chino fuori del vetro concauo: ma perche noi le di$egniamo $opra vna $uperficie oppo$ta al Sole, quando noi volgendoci ver$o il Sole, tenghiamo la carta di$egnata oppo$ta alla no$tra vi$ta, già la $uperficie doue prima di$egnammo non è più contrapo- $ta, mà auer$a al Sole, e però le parti de$tre $i $ono già ridriz- zate, ri$pondendo alle de$tre del Sole, e le $ini$tre alle $ini$tre, onde re$ta, che $olamente s'inuertano le $uperiori, & inferiori; però riuoltando il foglio à roue$cio, e facendo venire il di $o- pra di $otto, e guardando per la tra$parenza della carta contro al chiaro $i veggono le macchie giu$te, come $e guarda$$imo di- rettamente nel Sole, & in tale a$petto $i deuono $opra vn'altro foglio lucidare, e de$criuere per hauerle ben $ituate. Io hò poi ricono$ciuto la corte$ia della natura, la quale mille, e mille anni $ono por$e facoltà di potere venire in notitia di tali mac- chie, e per e$$e di alcune gran con$equenze, perche $enz'altri _Si vedono_ _$enza $tro_ _mento._ $tromenti da ogni piccolo foro, per il quale pa$$ino i raggi $o- lari, viene in di$tanze grandi portata, e $tampata $opra qual $i voglia $uperficie oppo$ta l'immagine del Sole con le macchie, ben è vero che non $ono à gran pezzo così terminate come quelle del Tele$copio, tuttauia le maggiori $i $corgono a$$ai di$tinte, e V.S. vedendo in Chie$a da qualche vetro rotto, e Delle Macchie Solari lontano cader il lume del Sole nel pauimento, vi accorra con vn foglio bianco, e di$te$o, che vi $corgerà $opra le macchie. Ma più dirò e$$er la mede$ima natura $tata così benigna, che per no$tro in$egnamento hà tal'ora macchiato il Sole di mac- _Se ne $ono_ _vedute cõ_ _la $empli-_ _ce vista._ chia così grande, & o$cura, ch'è $tata veduta da infiniti con la $ola vi$ta naturale, ma vn fal$o, & inueterato concetto, che i corpi cele$ti fo$$ero e$enti da ogni alterazione, e mutazione fece credere, che tal macchia fo$$e Mercurio interpo$to trà il _Macchia_ _credut@_ _Mercurio_ Sole, e noi, e ciò nõ $enza vergogna de gl'A$tronomi di quell'e- tà. E tale fù $enza alcun dubbio quella di cui $i fà menzione ne gl'Annali, & I$torie de i Franze$i Ex Bibliotheca P. Pithoci I. C. $tampat' in Parigi l'anno 1588. doue nella vita di Carlo Magno à fogli 62. $i legge e$$er$i per otto giorni continui ve- duta dal popol di Francia vna macchia nera nel di$co $olare, della quale l'ingre$$o, e l'v$cita per l'impedimento delle nugole non potette e$$er o$$eruata, e fù creduta e$$er Mercurio allho- ra congiunto co'l Sole; Ma que$to è troppo grand' errore, e$- $endo che Mercurio non può re$tar congiũto co'l Sole, ne anco per lo $pazio di hore $ette; tale è il $uo muouimento, quando $i viene à interporre trà'l Sole, e noi; fù dunque tal fenomeno a$$olutamente vna delle macchie grandi$$ima, & o$curi$$ima, e _Macchie_ _grandi da_ _veder$i._ delle $imili $e ne potranno incontrare ancora per l'auuenire, e for$e applicandoci diligente o$$eruazione, ne potremo veder al- cuna in breue tempo. Se que$to $coprimento fo$$e $eguito al- cuni anni auanti hauerebbe leuat' al Keplero la fatica d'inter- pretar, e $aluar que$to luogo con le alterazioni del te$to, & al- tre emendazioni de tempi: $opra di che io non $tarò al pre$en- te ad affaticarmi, $icuro che detto Autore come vero Filo$ofo, e non renitente alle co$e manife$te non prima $entirà que$te mie o$$eruazioni, e di$cor$i, che gli pre$terà tutto l'a$$en$o.

Hora per raccor qualche frutto dalle inopinate merauiglie, che $ino à que$ta no$tra età $ono $tate celate, $arà bene che per l'auuenire $i torni à porgere orecchio à quei $aggi Filo$ofi che della Cele$te $u$tanza diuer$amente da Ari$totele giudica- rono, e da i quali Ari$totele mede$imo non $i $arebbe allonta- nato, $e delle pre$enti $en$ate o$$eruazioni haue$$e hauuta Del Sig. Galileo Galilei. contezza: poiche egli non $olo amme$$e le manife$te e$perien- ze trà i mezi potenti à concludere circa i Problemi natutali, mà diede loro il primo luogo. Onde $e egli argomentò l'immu- tabilità de Cieli dal non $i e$$er veduta in loro ne' decor$i tem- pi alterazione alcuna, è ben credibile, che quando'l $en$o gl'ha- ue$$e mo$trato ciò che à noi fà manife$to, harebbe $eguita la contraria opinione, alla quale con $i mirabili $coprimenti ven- ghiamo chiamati noi. Anzi dico di più, ch'io $timo di contra- riar molto meno alla dottrina d'Ari$totele, col porre ($tante ve- _Cielo alte_ _rabile A-_ _ristoteli-_ _camente._ re le pre$enti o$$eruazioni) la materia Cele$te alterabile, che quelli, che pur la vole$$ero $o$tenere inalterabile: perche $on $icuro, ch'egli non hebbe mai per tanto certa la conclu$ione dell'inalterabilità, come que$ta: che all'euidente e$perienza $i deua po$porre ogni humano di$cor$o; e però meglio $i filo$ofe- rà pre$tando l'a$$en$o alle conclu$ioni dependenti da manife$te o$$eruazioni, che per$i$tendo in opinioni al $en$o $te$$o repu- gnanti, e $olo confermate con probabili, ò apparenti ragioni, quali poi, e quanti $ieno i $en$ati accidenti, che à più certe conclu$ioni c'inuitano, non è difficile l'intenderlo. Ecco da virtù $uperiore per rimouerci ogni ambiguità vengono in$pira- ti ad alcuno metodi nece$$arij, onde s'intenda la generazion _Indizij,_ _proue di-_ _mo$trazio_ _ni dell'al-_ _terabilità_ _celeste._ delle Comete e$$er nella regione Cele$te; à que$to come te$ti- monio, che pre$to tra$corre, e manca, re$ta ritro$o il numero maggiore di quelli, che in$egnano à gli altri; Eccoci mandate nuoue fiamme di più lunga durazione in figura di $telle lucidi$- $ime prodotte pure, e poi di$$olute$i nelle remoti$$ime parti del Cielo: ne ba$ta que$to per piegar quelli, alla mente de i quali non arriuano le nece$$ità delle dimo$trazioni Geometriche: Ecco finalmente $coperto in quella parte del Cielo, che meri- tamente la più pura, e $incera $timar $i deue, dico in faccia del Sole $te$$o, produr$i continuamente, & in breui tempi di$$ol- uer$i innumerabile moltitudine di materie o$cure, den$e, e ca- ligino$e; eccoci vna vici$$itudine di produzioni, e disfaci- menti, che non finirà in tempi breui; ma durando in tutti i fu- turi $ecoli, darà tempo à gl'ingegni vmani di o$$eruare quan- to lor piacerà, e di apprendere quelle dottrine, che del $ito lo-

Lector corrigat. _Tag._ 7 # _Ver$._ 35 # $potio # $patio 11 # 20 # errores # errones # 24 # qnamplurimos # quamplurimo@ 26 # 9 # cæu$are # cau$are 34 # 20 # tempare # tempore 39 # 28 # $ectrum # $pectrum # 33 # n mu$ca # mu$ca # 34 # fluitas # fluitans 40 # 30 # expetieris # experieris # 36 # omnos # omnes 46 # 24 # Peætorius # Prætorius REGESTVM.

a CDEFG.

Omnia $unt integra folia, pr{ae}ter a, quod e$t folium cum dimidio. ROMÆ,
    Apud Iacobum Ma$cardum. MDCXIII.
SVPERIORVM PERMISSV. DISEGNI DELLE MACCHIE DEL SOLE Vedute & o$$eruate dal Sig. Galileo Galilei nel me$e di Giugno, e parte di Luglio 1612. giorno per giorno. Del Sig. Galileo Galilei. Ging. D. 2. A Delle Maccbie Solari Gin. D. 3 A S A Del Sig. Galileo Galilei. Ging. D. 5. B A O S C Delle Macchie Solari Ging. D. 6 B O C S Del Sig. Galileo Galilei. Ging. D. 7 B O C S Delle Maccbie Solari Ging. D. 8 B O E L C S Del Sig. Galileo Galilei. Ging. D. 9 B C O S Delle Maccbie Solari Ging. D. 10 G B O C A Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 11. G P B C O A Delle Maccbie Solari Giug. D 12. G B C O Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 13. F G B O C Delle Maccbie Solari Giug. D. 14 F G H B O C Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 15 F H G C Delle Maccbie Solari Giug. D. 16. F H G B C Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 17. F H G Delle Maccbie Solari Giug. D. 18. M B F H G Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 19. M B F G Delle Maccbie Solari Giug. D. 20. M B F G Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 21. R M F Delle Maccbie Solari Giug. D. 22. C R M Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 23. C R M Delle Maccbie Solari Giug. D. 24 C R Q M Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 25 C R M Delle Macchie Solari Giug. D. 26. y C R M x x Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 27. y R M Delle Macchie Solari Giug. D. 28. y R M Del Sig. Galileo Galilei. Giug. D. 29. y R Delle Macchie Solari Luglio. D. 1 A B Del Sig. Galileo Galilei. Lugl. D. 2. A B Delle Macchie Solari Lug. D. 3. A B Del Sig. Galileo Galilei. Lug. D. 4. A B Delle Macchie Solari Lug. D. 5. A B Del Sig. Galileo Galilei. Lug. D. 6. M 2 A B Delle Macchie Solari Lugl. D. 7 A B Del Sig. Galileo Galilei. Lug. D. 8 A B Di$egni della Macchia grande Solare, veduta con la $emplice vi$ta dal Sig. Galilei, e $imilmente mo$trata a molti; nelli giorni 19. 20. 21. d'Ago$to 1612. Agost. D. 19. Hor. 14 Del Sig. Galileo Galilei. Agos. D. 20. H. 14. Delle Macchie Solari Agost. D. 21. H. 14. TERZA LETTERA Del Sig. Marco Vel$eri al Sig. Galileo Galilei. MOLTOILL. ET ECC.<_>MO SIG. OSS.<_>MO

LA mia graue indi$po$izione continoua à traua- gliarmi tuttauia, $iche non po$$o vi$itar gli amici con $pe$$e, & copio$e lettere, come $arebbe mio obligo, & de$iderio, particolarmente ver$o V.S. con la quale di$correndo $ento tanto gufto, ma l'impo$$ibilità me lo vieta, _Et in lucro putandum est,_ quando Iddio mi fà grazia di $alutargli breuemente con poche righe, come $egue per la pre$ente. Mando à V.S. alcune nuoue $pecu- _Manda_ _con que$t@_ _le $econde_ _$eritture_ _d'Apelle._ lazioni del mio amico _circa res cœlestes,_ quali hò con$entito $ia- no $tampate principalmente ri$petto alle o$$eruazioni, che mi dò à credere $iano per e$$er grate à tutti gli amatori, & inue$ti- gatori del vero, non mi arri$chiando di pender' nella deci$ione del re$to più da vna parte, che dall'altra, poiche manco il mio affetto non mi permette di applicarui l'animo debitamente. In- tendo che V.S. hà $critto vna $econda copio$a lettera $opra _Preceden_ _te ancora_ _non riceu_ _ta._ que$ta materia diretta à me, quale non mi è ancora venuta vi- $ta, mà la $tò a$pettando con $ingolar' de$iderio. Re$tando frà tanto con baciar à V.S. la mano cordiali$$imamente, & pregarle ogni bene. Di Augu$ta à 28. di Settembre 1612.

Di V.S. molto Illu$tre, & Eccellenti$s.

Affettionati$s. Ser.

_Marco Vel$eri L._

QVARTA LETTERA Del Sig. Marco Vel$eri al Sig. Galileo Galilei. MOLTOILL. ET ECC.<_>MO SIG. OSS.<_>MO

COMPARVE finalmente la $econda lettera di V.S.di 14. di Ago$to, mandatami dal Sig. Sagre- do. Creda pure, che fù riceuuta come Manna; ta- le, e tanto era il de$iderio di vederla. Sin'hora non hò hauuto $pazio di leggerla con$iderata- mente, mà per vn poro di $cor$a datale, le affermo $ince- ramente; che ne riceuo grandi$$imo gu$to. E $e bene mi co- no$co $empre inetto per e$$er giudice in $i graue cau$a, & hora manco l'infermità mi permette di applicar' gran fatto l'animo alla $peculazione, o$arò dire, che gli di$cor$i di V.S. procedono con molta veri$imilitudine, & probabilità. Che arriuino la verità preci$amente non ci permette di poter' affermare la de- bolezza humana, $ino che Iddio benedetto ci farà la grazia di mirare d'alto in giù ciò che hora contempliamo in sù in que$ta valle di mi$erie. Rendo infinite grazie à V.S. del fauore, che mi v$a in que$ta occa$ione, & il Sig. Federico Ce$i Prencipe, farà co$a degna del grado, e della profe$$ione, che tiene di e$- fer' Protettore delle virtù, & buone lettere, facendo $i $tampi l'vna, e l'altra lettera quanto prima, come intendo che hà ri- $oluto. le figure delle o$$eruazioni faranno vn poco di difficoltà, ma $e $i re$tringeranno in forma minore occuperãno poco $pa- zio. De$iderarei grandemente; che Apelle haue$$e vi$to que$ta $crittura, prima che $tampare gli $uoi vltimi di$cor$i; & pure con$idero, che per qualche ri$petto è for$e meglio à que$to mo- do. Io non mancherò di communicargliela, $aziato che me n'habbia prima vn poco, mà egli pati$ce vna grand'incommo- dità di non intendere la lingua Italiana, e le traslationi, oltre che procedono lentamente, $pe$$e volte perdono non $olo l'energia dell'originale, mà peruertono ancora il $en$o, $e l'interpetre non è molto perito. Il Sig. Sagredo ritenne per alcuni giorni il Del Sig. Galileo Galilei. Trattato delle co$e che $tanno sù l'acqua, così pregato da vn Senatore $uo amico, che gli fece molta in$tanza di poterlo leg- gere, for$e $arà $tato Protogene. Io lo ne di$pen$o, tanto più fa- cilmente; quanto, che hò hauuto $orte di veder'vn'altra copia, la cui lettura mi conuertì in modo, & non mi vergogno di con- fe$$arlo, che ciò che da principio mi parue paradof$o, hora mi rie$ce indubitato, e talmente munito, e fortificato da ragioni, & i$perienze, che certo non sò di$cernere come, & doue gl'au- uer$arij $iano per a$$altarlo; $e bene $ento, che non $e ne po$- $ono dar pace. V.S. continoi di honorar' $e, & il $ecolo no$tro con tirar'vna verità dietro all'altra dal cupo pozzo dell'igno- ranza, & non $i la$ci $gomentare da gl'inuidi, & emuli. Con- $eruando à me $empre la $ua gratia. Iddio la feliciti. Di Au- gu$ta à 5. d'Ottobre 1612.

Di V.S. molto Illu$tre, & Eccellentifs.

Affettionati$s. Seruitore

Marco Vel$eri Linc.

TERZA LETTERA

Del Sig. Galileo Galilei al Sig. Marco Vel$eri: delle macchie del Sole.

Nella quale anco $itratta di Venere, della Luna, e Pianeti Medi- cei, e $i $coprono nuoue apparenze di Saturno. ILLVSTRISS. SIG. ET PADRON COL.<_>MO

TROVOMI à douer ri$pondere à due gratiffi- me lettere di V. S. Illu$tri$sima, $critte l'vna $otto li 28. di Settembre, e l'altra li 5. d'Ottobre. Con la prima riceuei li $econdi di$cor$i del finto Apelle; e nell'altra mi auui$a la riceuuta della mia $econda lettera in propo$ito delle macchie Solari; la qua- le io gli inuiai $ino li 23. di Ago$to; ri$ponderò prima breue- mente alla $econda; poi verrò alla prima, ponderando vn po- co più diffu$amenre alcuni particolari contenuti in que$ta re- plica di Apelle; già che l'hauer con$iderate le $ue prime lettere, e l'hauer egli vedute le mie con$iderazioni, mi mette in certo modo, in obligo di $oggiugnere alcune co$e concernenti alla mia prima lettera, & alle $ue $econde $critture. Quanto all'vl- tima di V.S. hò ben $entito con diletto, che ella in vna repen- tina $cor$a habbia trapa$$ate come veri$imili, & a$$ai probabili le ragioni da me addotte per confermar le conclu$ioni, che io prendo à dimo$trare; mà il punto $tà in quello, à che la per- $uaderà la $econda e le altre letture; non e$$endo impo$$ibile, che alcuni, benche di per$picaci$$imo giudizio, po$$ino talora in vna prima occhiata, riceuer per opera di mediocre perfe- zione, quello, che poi ricercato più accuratamente gli rie$ca di a$$ai minor merito; e ma$$ime doue vna particolare affezio- ne ver$o l'Autore, & vna concepita opinion buona, preoccu- pino l'affetto indifferente, & ignudo: onde io con animo an- cor $o$pe$o $tarò attendendo altro $uo giudizio, il quale mi $er- @irà per quietarmi, $in che, come prudenti$$imamente dice V.S. Del Sig. Galileo Galilei. ci $orti$ca per grazia del vero $ole puro, & immacolato appren- dere in lui, con tutte le altre verità, quello, che hora abbaglia- ti, e qua$i alla cieca, andiamo ricercando nell'altro Sole ma- teriale, e non puro. Mà non però douiamo, per quel che io $ti- mo, di$torci totalmente dalle contemplazioni delle co$e, an- corche lontani$$ime da noi; $e già non haue$$imo prima deter- minato e$$er ottima re$oluzione il po$porre ogni atto $pecola- tiuo à tutte le altre no$tre occupazioni. perche ò noi vogliamo $pecolando tentar di penetrar l'e$$enza vera, ed intrin$eca del- _Cono$ce@_ _l'intrin$e_ _co @ ver@_ _e$$er delle_ _naturali_ _$u$tanz@ è_ _à noi im-_ _po$$ibile._ le $u$tanze naturali, ò noi vogliamo contentarci di venir'in notizia d'alcune loro affezioni. Il tentar l'e$$enza, l'hò per im- pre$a non meno impo$$ibile, e per fatica non men vana, nelle pro$$ime $u$tanze elementari, che nelle remoti$$ime e cele$ti. E à me pare e$$ere egualmente ignaro della $u$tanza della ter- ra, che della Luna; delle nubi elementari, che delle macchie del Sole, ne veggo che nell'intender que$te $o$tanze vicine ha- uiamo altro vantaggio, che la copia de particolari, mà tutti egualmente ignoti, per i quali andiamo vagando trapa$$ando con pochi$simo, ò niuno acqui$to dall'vno all'altro. E $e do- mandando io qual $ia la $u$tanza delle nugole mi $arà detto che è vn vapore vmido, io dinuouo de$iderarò $apere, che co$a $ia il vapore, mi $arà per auuentura in $egnato e$$er acqua per vir- tù del caldo attenuata, & in quello re$oluta, mà io egualmen- te dubbio$o di ciò che $ia l'acqua, ricercandolo intenderò fi- nalmente e$$er quel corpo fluido, che $corre per i fiumi, e che noi continuamente maneggiamo, e trattiamo; mà tal notizia dell'acqua è $olamente più vicina, e dependente da più $en$i, mà non più intrin$eca di quella, che io haueuo per auanti delle nu- gole, e nell'i$te$$o modo, non più intendo della vera e$$enza della terra, ò del fuoco, che della Luna, ò del Sole; e que$ta _Si po$$ono_ _cono$cer_ _alcune af_ _fezioni, e_ _nonmeno_ _nelli lon-_ _tani, che_ _nelli prof-_ _$imi corpi._ è quella cognizione, che ci vien ri$eruata da intender$i nello $tato di beatitudine, e non prima. Mà $e vorremo fermarci nel- l'appren$ione di alcune affezioni, non mi par, che $ia da de- $perar di poter con$eguirle anco ne i corpi lontani$simi da noi, non meno che ne i pro$$imi, anzi tal'vna per auentura più e$at- tamente in quelli, che in que$ti; e chi non intende meglio i pe- Delle Macchie Solari riodi de i mouimenti de i Pianeti, che quelli dell'a cque di di- ner$i mari? chi non sà che molto prima, e più $peditamente fù compre$a la figura sferica nel corpo lunare, che nel terre$tre? e non è egli ancora controuer$o $e l'i$te$$a terra re$ti immobile, ò pur vadia vagando, mentre che noi $iamo certi$$imi de i mo- uimenti di non poche $telle? Voglio per tanto inferire, che $e bene indarno $i tenterebbe l'inue$tigazione della $u$tanza delle macchie $olari, non re$ta però che alcune loro affezioni, come il luogo, il moto, la figura, la grandezza, l'opacità, la muta- bilità, la produzione, & il di$$oluimento non po$$ino da noi e$$er appre$e, & e$$erci poi mezi à poter meglio filo$ofare in- torno ad altre più controuer$e condizioni delle $u$tanze natu- rali; le quali poi finalmente $olleuandoci all'vltimo $copo delle no$tre fatiche, cioè all'amore del diuino Artefice ci con$eruino la $peranza di poter apprender in lui, fonte di luce, e di verità ogn'altro vero.

Il debito del ringraziare re$ta in me con molti altri oblighi, che tengo à V.S. Illu$tri$$ima, perche $e hauerò inue$tigato qual- che propo$izion vera, $arà $tato frutto de i comandamenti $uoi; e i mede$imi diranno mia $cu$a, quando non mi $ucceda il con$eguir l'intero d'impre$a nuoua, e tanto difficile.

Circa à quello, che ella m'accenna del pen$iero dell'Eccel- lenti$$imo Sig. Federico Ce$i Principe, è ben vero, che io man- dai à S.E. copia delle due lettere $olari, mà non con intenzione che fo$$ero publicate con le $tampe, che in tal ca$o vi harei ap- plicato $tudio, e diligenza maggiore; perche $e ben l'a$$en$o, e l'applau$o di V.S. $ola è da me de$iderato, e $timato egualmen- te come di tutto'l mondo in$ieme, tuttauia tal'indulto mi pro- metto dalla benignità $ua, e dalla corte$e propen$ione del $uo genio ver$o me, e le co$e mie, quale prometter non mi deuo dalle $crupulo$e inqui$izioni, e $euere cen$ure di molti altri. Et alcune co$e mi re$tano ancora non ben dige$te, ne determinate à modo mio; dalle quali vna principale è l'incidenza delle macchie $opra luoghi particolari della $olar' $uperficie, e non altroue; perche rappre$entãdoci$i i progreffi di tutte le macchie Del Sig. Galileo Galilei. $otto $pecie di linee rette, argumento nece$$ario l'a$$e di tali conuer$ioni e$$er'eretto al piano, che pa$$a per i centri del Sole, e della terra, il quale è il $olo cerchio dell'eclittica, re$ta per mio parere degno di gran con$iderazione, onde auuenga che le ca$chino folamente dentro ad vna zona, che per larghezza non _Zona per_ _la quale @_ _muouono_ _le macchie_ _degna di_ _gran con-_ _$iderazio-_ _ne._ $i allontana più di 29. ò 30. gradi di qua, e di là dal cerchio ma$$imo di tal conuer$ione, $iche appena delle mille vna tra$ gredi$ca e ben di poco, tali confini; imitando in ciò le leggi de i pianeti, alli quali vengono da $imili interualli limitate le di- gre$$ioni dal cerchio ma$$imo della conuer$ion diurna; que$to, e qualche altro ri$petto mi fanno ritardar il publicar in più dif- fu$o trattato que$ta materia. Con tutto ciò il Sig. Principe pol di$porre, & è padrone a$$oluto delle co$e mie, l'e$$er poi io $icu- ro del purgati$$imo $uo giudizio, e del zelo, che egli hà della re- putazion mia mi a$$icura colla$ciarle egli vedere, di hauerle $timate degne della luce.

Quanto ad Apelle, à me ancora di$piace che e non habbia veduta la mia $econda lettera, auanti la publicazione della $ua più accurata di$qui$izione, e che la mia ambiguità, e pigrizia nello $criuere, non habbia potuto tener dietro alla $ua re$olu- zione, e prontezza; ben'è vero, che buona cau$a della dilazio- ne n'è $tato l'e$$er trattenute le mie lettere più d'vn me$e in Ve- nezia dalla troppa $tima, che di e$$e fece l'Illu$tri$s. Sig. Gio. France$co Sagredo, volendo che ne re$ta$$e copia in quella Cit- tà, doue à me pareua d'e$$ere à ba$tanza honorato da vna $emplice $ua lettura, il che per la moltitudine delle figure ri- cercò a$$ai tempo. Di$piacemi ancora della difficoltà, che ap- porta ad Apellc l'hauer io $critto nella no$tra fauella Fiorenti- na, il che hò fatto per diuer$i re$petti, vno de i quali è il non _Gagioni_ _del' $cri-_ _uer'in To_ _$cano._ volere in certo modo abu$are la ricchezza, e perfezion di tal lingua ba$teuole à trattare, e $piegar e concetti di tutte le facol- tadi; e però dalle no$tre Accademie, e da tutta la Città vien gradito lo $criuere più in que@to, che in altro Idioma. Ma in oltre ci hò hauuto vn'altro mio particolar' intere$$e, ed è il non priuarmi delle ri$po$te di V.S. in tal' lingua, vedut@ da me, e da gl'amici miei con molto maggior diletto, e merauiglia che fe Delle Macchie Solari fo$$ero $critte del più purgato $tile Latino; e parci nel leggere lettere di locuzione tanto propria, che Firenze e$tenda i $uoi confini, anzi il recinto delle $ue mura $ino in Augu$ta.

Quello che V.S. mi $criue e$$ergli interuenuto nel leggere il _Con@u$io_ _ni vere_ _del Di$cor_ _$o dell'Au_ _@ore delle_ _co$e che_ _$tann@ sù_ _@ ac qua: e_ _chi le con_ _tradica._ mio trattato delle cofe che $tanno sù l'acqua, cioè, che quelli, che da principio gli paruero parado$$i, in vltimo gli riu$cirono conclu$ioni vere, e manife$tamente dimo$trate; $appia che è accaduto quà à molti, reputati per altrilor giudizij, per$one di gu$to perfetto, e $aldo di$cor$o: re$tano $olamente in con- tradizzione alcuni $eueri defen$ori di ogni minuzia Peripateti- ca, li quali per quel che io po$$o comprendere, educati, e nu- triti $in dalla prima infanzia de i lor $tudij i@ que$ta opinione, che il filo$ofare non fia, ne po$$a e$$er altro, che vn far gran pratica $opra i te$ti di Ari$torele, $iche prontamente & in gran numero $i po$$ino da diuer$i luoghi raccorre, & accozzare per le proue di qualunque propo$to Problema, non vogliono mai $olleuar gl'occhi da quelle carre, qua$i che que$to gran libro del Mondo non fo$$e $critto dalla natura per e$$er letto da altri, che da Ari$totele, e che gl'occhi $uoi haue$$ero à vedere per tutta la $ua po$terità. Que$ti che fi $ottopongono à così $trette leggi, mi fanno $ouuenire di certi oblighi, a i quali tal volta per i$cherzo $i a$tringono i capriccio$i pittori di voler rappre- $entare vn volto humano: ò altra figura, con l'accozzamento hora de $oli $trumenti d'agricoltura, hora de frutti $olamente, ò de i fiori di que$ta, ò di quella $tagione, le quali bizzarie, $in- che vengono propo$te per i$cherzo, $on belle, e piaceuoli, e mo- $trano maggior per$picacità in que$to artefice, che in quello, $econdo che egli hauerà $aputo più acconciamente elegger, @@ applicar que$ta co$a, ò quella, alla parte imitata; mà $e alcuno per hauer for$e con$umati tutti i $uoi $tudij in $imil foggia di dipignere, vole$$e poi vniuer$almente concludere, ogni altra maniera d'imitare e$$er imperfetta, e bia$imeuole, certo che'l Cigoli, e gl'altri Pittori Illu$tri $i riderebbono di lui. Di que- $ti che mi $on contrarij di opinione, alcuni hanno $critto, & al- tri $tanno $criuendo; in publico non $i è veduto $in'hora altro che due $critture, vna di Accademico incognito, e l'altra di vn Del Sig. Galileo Galilei. Le@tor di lingua Greca nello $tudio di Pi$a, & amendue le inuio con la pre$ente à V.S. gl'amici miei $on di parere, & io da loro non di$cordo, che non comparendo oppo$izioni più $alde non $ia bi$ogno di re$ponder altro, e $timano che per quietar que$ti che re$tano ancora inquieti ogn' altra fatica $arebbe vana non men che $uperflua per i già per$ua$i, & io deuo $timar le mie conclu$ioni vere, e le ragioni valide, poiche $enza perder l'a$- $en$o di alcuno di quei, che $in da principio $entiuano meco, hò guadagnato quel di molti, che erano di contrario parere, però $taremo att\~endendo il re$to, e poi $i ri$oluerà quello che parerà più à propo$ito.

Vengo hora all'altra lettera di V.S. Illu$tri$$ima, condolen- domi $opra modo, che la pertinacia della $ua infermità contur- bi con l'afflizione di V.S. la quiete di tanti $uoi Amici, e $erui- dori, e di me $opra tutti gl'altri, trauagliato altresì da più mie indi$po$izioni familiari, le quali con l'impedirmi qua$i conti- nuamente tutti gl'e$ercizij, mi tengono ricordato, quanto ri- _E$ercizio_ _continuo_ _nece$$ario_ $petto alla velocità de gl'anni, $arebbe nece$$ario lo $tare in e$ercizio continuo, à chi vole$$e la$ciar qualche ve$tigio di e$- $er pa$$ato per que$to mondo; hor qualunque fi $ia il cor$o del- la no$tra vita douiamo riceuerlo per $ommo dono della mano di Dio, nella quale era ripo$to il non ci far nulla; anzi non pur douiamo riceuerlo in grado, mà infinitamente ringraziar la $ua bontà, la quale con tali mezzi ci $tacca dal $ouerchio amore delle co$e terrene, e ci $olleua à quello delle cele$ti, e diuine.

Le $cu$e dell'e$$er breue nello $criuere $ono $uperflue apre$$o di me, che $empre $ono per appagarmi nell'intender $olamente che ella me continoi la $ua buona grazia: dourei ben'io $cu$ar la mia proli$$ità, ò per meglio dire pregar lei à $cu$arla; e lo farei, quando io dubita$$i delle $cu$e, che io mi prometto dalla $ua corte$ia.

Riceuei con la lettera di V.S. la $econda $crittura del finto Apelle, e mime$$i à leggerla con gran curio$ità, mo$$o $i dal no- me dell'Autore, come dalla qualità del titolo, il quale promet- te vna più accurata di$qui$izione non $olo intorno alle macchie _Della Di$_ _qui$izione_ _d'Apelle._ $olari, ma ancora intorno à i Pianeti Medicei; e perche il ter- Delle Macchie Solari mine relatiuo di Di$qui$izione più accurata, non può non rife- rir$i all'altre di$qui$izioni fatte intorno alla mede$ima materia, non $i può dubitare, che ei non habbia riguardo ancora al mio Auui$o Sidereo, che pure è in rerum natura, e non viene eccet- tuato da Apelle; onde io entrai in $peranza d'e$$er per trouar re$oluto tutto que$t'argomento, del quale non potei toccarne in detto mio Auui$o, altro che i primi abbozzamenti: Oltre alle co$e prome$$e nel titolo, vi hò trouato l'o$$eruazion di Ve- _O$$eru@_ _zion' d'A_ _pelle circa_ _Venere._ nere più diffu$amente e$plicata, che nelle prime lettere; e di più alcuni particolari intorno alla Luna, nelle quali tutte ma- terie $corgo molte opinioni di Apelle contrarie alle mie, e va- rie ragioni, e ri$po$te implicite alle co$e prodotte da me nella prima lettera, che $cri$$i à V.S. le quali per la $tima che io fò dell'autore. non conuiene, che io trapa$$i, ò di$$imuli, perche non hauendo dinanzi tauola che m'a$conda, e po$$a impedirmi la vi$ta di chi pa$$a innanzi, e indietro, conuien, che per termi- ne io gli $aluti almeno. E perche tutto il progre$$o di que$te differenze $i è $in quì trattato innanzi à V.S. Illu$tri$s. di nuouo con$tituendomiui produrrò più breuemente che potrò quanto mi occorre in que$to propo$ito. E $eguendo l'ordine tenuto da Apelle, con$idererò l'vltimo $copo della $ua prima parte; che è di dimo$trare come la circolazion di Venere è intorno al Sole, _Circola-_ _zion' di_ _Venere ri_ _cercata_ _i@@torno al_ _Sole._ e non in altra gui$a, e fonda tutta la $ua dimo$trazione, come anco fece nella prima $crittura $opra la congiunzione matutina di e$$a $tella co'l Sole, occor$a circa li 11. di Decembre 1611. aggiugnendoci ad e$$o vna inue$tigazione della quantità del $uo moto $otto'l di$co $olare, raccolta con calcoli, e dimo$tra- zioni geometriche. E quì mi na$cono due $crupoli, l'vno intor- no alla maniera del maneggiare tali demo$trazioni, non intie- ramente da $odisfare à perfetto Mathematico, e l'altro circa l'vtilità che apporta tal'apparato, e progre$$o all'intenzion primaria dell'Autore.

Quanto alla maniera del dimo$trare, trapa$$o, che qualche A$tronomo più $crupolo$o di me, potrebbe ri$entir$i nel veder trattar archi di cerchi come $e fo$$ero linee rette, $ottoponen- dogli à gli $te$$i $intomi, ma io non ne voglio tener conto, per- Del Sig. Galileo Galilei. che nel ca$o no$tro particolare non ca$cano in v$o archi così grandi, che l'error nel computo rie$ca poi di $ouerchio notabi- le: ma più pre$to haurei de$iderato Apelle alquanto più re$olu- to Geometra nel Lemma, che ei propone, & anco nel re$to del- la $ua dimo$trazione; e non sò $corgere per qual ragione e fac- cia vn Lemma in forma di propo$izione, e con tanta lunghezza e$plicato, quello che è vna $emplice propo$izione vniuer$ale, e demo$trabile in poche parole.

Perche in ogni triangolo accade, che prolungando$i i $uoi lati, e producendo$i per il $egamento di due di loro vna paral- lela al lato oppo$to, i tre angoli fatti ò da vna banda di e$$a pa- rallela, ò di vno de i lati prolungati, $ono à vno à vno eguali à gli interiori del triangolo, io non aggiugnerò, come fà Apel- le, che detti angoli non $olo pre$i à vno à vno, mà che anco tut- ti tre in$ieme $ono eguali à tutti à tre in$ieme, perche direi co- fa troppo manife$ta e $uperflua, però che $iano prolungatili due lati AC, BC, del triangolo ABC, in G, & I, e per il $egamento C, $ia tirata la MN, parallela alla AB, è manife$to li tre angoli fatti da vna banda del lato prolungato ACG, e$$er nel modo detto e- guali alli tre interni del triangolo, cioè l'angolo MCA, all'angolo A, per- che $ono alterni, l'e$te- riore MCI, all'interiore B, & il rimanente ICG, A B C M I G N al rimanente A C B, perche fono alla cima. E $e in luogo del- l'angolo ACM, pigliaremo NCG, farà manife$ta l'altra parte della conclu$ione, e$$endo li tre angoli MCI, ICG, GCN, dalla mede$ima banda della parallela M C N. Accade poi che nel triangolo particolare rettangolo, tali linee parallele $ono anco perpendicolari à i lati del triangolo; E tanto ba$taua per l'v$o, à che Apelle $i $erue di tal Lemma. Anzi dirò pure, con $ua pace, che anco tutto il Lemma è $tato $uperfluo, atte$o che quello, à che egli l'applica poi nel $uo principal Problema, de- Delle Macchie Solari pende immediatamente da vna $ola propo$izione del primo d'Euclide; perche ripigliando la $ua figura, e la $ua dimo$tra- zione; que$ta, & il Lemma non tendono ad altro, che à dimo- $trar l'angolo OME, e$$er eguale all'angolo MIP, il che è per $e noto, e$$endo angoli, e$terno, ad interno, della retta OMI, $e- gante le due parallele E B, G I. E $iami pur anco lecito di dire, che non $olo col rimuouere il detto Lemma $i doueua abbreuia- re tutto'l pre$ente metodo, mà co'l re$tringer a$$ai il re$to della dimo$trazione; della quale l'vltima conclu$ione è il ritrouar la quantità della linea RQ, $upponendo per note li GH, HE, KH, & IG. Hora per le cognite KH, IG, $i fanno note le IL, LG, e perche come IL ad LG, così IK à KF, e GH ad HF, e $on note IL, LG, GH. $arà dunque nota ancora la HF, ma è data la HE; adunque la rimanente EF, $i fà parimente manife$ta. E perche come FE, ad EM, così KL ad LI, per la $imilitudine de'trian- goli FEM, KLI, e $on note le tre KL, LI, FE, $arà nota altresì la EM. In oltre perche nel triangolo rettangolo KLI, i lati KL, LI, $on noti, $arà noto ancora KI. Et e$$endo come IK à KL, co- sì ME ad EO, (e$$endo i due triangoli KLI, MEO, $imili al me- de$imo F E M, e però $imili trà di loro) e $ono le tre linee IK, K L, M E, note, $ara parimente nota la E O, ma è nota la E R, compo$ta de i $emidiametri del Sole, e di Venere, adunque la rimanente RO, nel triangolo rettangolo ERO, & la $ua doppia R Q, $arà manife$ta, che è quello che $i cercaua.

Ma amme$$a anco per e$qui$ita tutta la dimo$trazione di Apelle, io non però po$$o ancora penetrar' interamente quello, che egli habbia in virtù di e$$a prete$o di ottenere da chi vole$$e per$i$tere in negare la conuer$ione di Venere intorno al So- le; perche ò gl'auuer$arij ammetteranno per giu$ti i calcoli del Magini, ò gl'haueranno per dubij, e fallaci; $e gli hanno per dubbij, la fatica d'Apelle re$ta come inefficace, non dimo$tran- do ella, che Venere veramente veni$$e alla corporal congiun- zione; ma $e gli concedono per veri, non era nece$$ario altro computo, ba$tando la $ola differenza de i mouimenti del Sole, e della $tella, in$ieme con la $ua latitudine, pre$a dall'i$te$$e Efemeride, à intender come tal congiunzione doueua nece$$a- Del Sig. Galileo Galilei. riamente durar tante ore, che molte, e molte volte $i poteua re- plicar l'o$$eruazione; ne meno era nece$$ario il far triplicato e$a- me $opra'l principio, mezo, e fine del congre$$o, e$$endo noti$$i- mo: che i calcoli $ono aggiu$tati al mezo della congiunzione: li quali quando ammette$$ero errore non però verrebbono ne- ce$$ariamente emendati dal referirgli al principio, ò al fine del congre$$o, non con$tando ragion alcuna per la quale s'intenda non e$$er po$$ibile in vn calcolo d'vna congiunzione errar di maggior tempo di quello della durazione del congre$$o. Maio non credo che i contradittori ricorre$$ero al negar la giu$tezza de i computi A$tronomici, e ma$$ime hauendo refugij più $icu- ri, quali $ono quelli, che io propo$i nella prima lettera. E $i come à i molto periti nella $cienza A$tronomica, ba$tawa l'ha- uer inte$o quanto $criue il Copernico nelle $ue reuoluzioni, per accertar$i del reuolgimento di Venere intorno al Sole, e della verità del re$to del $uo Si$tema, così per quelli, che intendono $olamente $otto la mediocrità, faceua di bi$ogno rimuouere le da me $opradette ritirate, delle quali io non veggo, che Apel- le habbia toccate $e non due, e quelle anco mi par che non re- $tino totalmente atterrate. Io di$$i nella prima lettera, che gli auuer$arij potrebbono ritirar$i à dire, che Venere ò non $i veg- ga $otto'l Sole per la $ua piccolezza, ouero perche $ia lucida per $e $te$$a, ouero perche ella $ia $empre $uperiore al Sole.

Nella e- ditione Augu$ta- na. fac. 14. ver. 3.

Quello che Apelle produce per leuar la prima fuga à i con- tradittorinon ba$ta perche loro primieramente negheranno che l'ombra di Venere $otto'l Sole deua apparir così grande, come la luce della mede$ima fuori del Sole, mà vicina à quello; per- _Nella_ _editione_ _Roma-_ _na $ec._ _fac. 25._ _ver. 14._ che l'irradiazione a$citizia rappre$enta la $tella a$$ai maggiore del vero, il che è manife$to nella i$te$$a Venere, la quale quan- do è $ottilmente falcata, & in con$eguenza per pochi gradi $e- parata dal Sole, $i mo$tra in ogni modo alla vi$ta naturale ro- tonda come l'altre $telle, a$condendo la $ua figura trà l'irradia- zione del$uo $plendore; per lo che non $i può dubitare, che ella ci $i mo$tri a$$ai maggiore, che $e fo$$e priua di lume; & all'in- contro co$tituita $otto'l lucidi$$imo di$co del Sole, non è dub- bio, che il $uo corpicello tenebro$o verrebbe diminuito non po- Delle Macchie Solari co (dico quanto all'apparenza) dall'ingombramento del ful- gor del Sole; e però re$ta molto fallace il concluder, che ella fu$$i per apparir eguale alle macchie di mediocre grandezza; e chi sà che tali macchie, per douerci apparire nel campo $plen- dido del Sole, non $ieno molto maggiori di quello, che mo- $trano? anzi che pur di ciò può e$$er'ottimo te$timonio à $e $te$- $oil mede$imo Apelle, riducendo$i in mente quello, che $cri$$e nella terza delle prime lettere al $econdo corollario; cioè, _Ma-_ fac. B 3. ver 3. _culas $atis magna, e$$e; alias $ol magnitudine $ua illas irradiando_ _penitus ab$orberet;_ e l'i$te$$o conuiene affermar del corpo di Ve- _fac. 10._ _ver. vlt._ nere. Doppiamente adunque $i può errare nell'agguagliar la grandezza di Venere lumino$a, à quella delle macchie o$cure, poiche quanto que$ta vien apparentemente diminuita dal ve- ro, mediante lo $plendor del Sole, tanto quella vien ingrãdita.

Ne con maggior efficacia conclude quel che Apelle $oggiu- gne in que$to mede$imo luogo, per mantenere pur Venere in- Venere molto più pic cola di quello che è $tata te- nuta. comparabilmente maggiore di quello, che è, e che io accennai nella prima lettera: E contro à quello, che ci mo$tra il $en$o, le l'e$perienza, in vano $i produce l'autorità d'huomini per altro grandi$$imi, li quali veramente s'ingannarono nell'a$$egnar' il diametro vi$uale di Venere $ubdecuplo à quel del Sole; ma $o- no in patte degni di $cu$a, & in parte nò. Gli $cu$a in parte il mancamento del Tele$copio, venuto ad apportar agumento non piccolo alle $cienze A$tronomiche: mà due particolari la- $ciano da de$iderar qualche co$a nella diligenza loro. Vno è che bi$ognaua o$$eruar la grandezza di Venere veduta di giorno, e non dinotte, quando la capellatura de'$uoi raggi la rappre$en- ta dieci, ò più volte maggiore, che'l giorno mentre ella ne è pri- ua, & harebbono facilmente compre$o, che'l diametro del $uo piccoli$$imo globo non agguaglia tal volta la cente$ima parte del diametro $olare; Era $econdariamen@e nece$$ario di$tingue- re vna co$tituzione da vn'altra, e non indifferentemente pro- nunziare il diametro vi$uale di Venere e$$er la decima parte di quel del Sole, e$$endo che tal diametro, quando la $tella è vici- ni$$ima alla terra, è più di $ei volte maggiore, che quando è lontani$$ima, la qual differenza $e bene non è preci$amente Del Sig. Galileo Galilei. o$$eruabile $e non col Tele$copio, è nondimeno a$$ai percettibile anco con la vi$ta $emplice. Ce$$a dunque in que$to particolare l'autorità de gli A$tronomi citati da Apelle, $opra la quale egli $i appoggia. E quando bene $i ammette$$e tal'vna macchia e$- $er vi$ibile nel di$co $olare, che non agguaglia in longhezza la centefima parte del diametro, ne in $uperficie vna delle dieci mila parti del cerchio vi$ibile del Sole, non creda perciò di ha- uer conclu$o maggiormente l'apparizion di Venere; perche io gli replico, che il $uo diametro nella congiunzione matutina, non pareggia la dugente$ima, ne la $ua $uperficie la quaranta- mile$ima parte del diametro, e del vi$ibil di$co del Sole.

fac. 14. ver. 22.

Quanto alla $econda fuga de gli auuer$arij, cioè che non $ia nece$$ario che Venere o$curi parte del Sole, potendo ella e$$er _fac. 25._ _ver. 32._ corpo per $e $te$$o lucido, non re$ta per mio parere conuinta per quello, che produce Apelle; perche quanto alla $emplice au- torità de gl'antichi, e moderni Filo$ofi, e Matematici, dico che non hà vigore alcuno in $tabilire $cienza di veruna conclu$ione _Autorit à_ _pol indur-_ _re opinio-_ _ne, non_ _$cienza_ _naturale._ naturale; & il più che po$$a operare è l'indurre opinione, e in- clinazion'al creder più que$ta, che quella co$a; oltre che io non sò quanto $ia vero, che Platone s'induce$$e à por Venere $opra'l Sole, ri$petto al non vederla nelle congiunzioni $otto'l $uo di$co in vi$ta tenebro$a; sò ben che Tolommeo parla in que$to propo$ito molto diuer$amente da quello, che vien'alle- gato da Apelle; e troppo graue errore $arebbe $tato nel Princi- pe de gl'A$tronomi il negar le congiunzioni dirette di Venere, e del Sole. Quello, che dice Tolommeo nel principio del libro nono della $ua gran con$truzione, mentre e ricerca qual $i deua più probabilmente co$tituir l'ordine de i Pianeti; impugnando la ragion di quelli che metteuano Venere, e Mercurio $uperio- ri al Sole, perche non l'haueuano mai veduto o$curar da loro, mo$tra l'in$irmità di que$to argumento, dicendo non e$$er ne- ce$$ario che ogni $tella inferiore al Sole gli faccia ecli$$e, poten- do e$$er $otto'l Sole, mà non in alcun de cerchi che pa$$ano per il centro di quello, e per l'occhio no$tro, mà non per que$to afferma ciò accadere à Venere; anzi $oggiugnendo egli l'e$$em- pio della Luna, la quale nella maggior parte delle congiunzio- Delle Macchie Solari ni non adombra'l Sole, mo$tra chiaramente che e non hà volu- to intender altro di Venere, $e non che ella può e$$er $otto'l So- le, ne però o$curarlo in tutte le congiunzioni, onde po$$a be- ni$$imo e$$er accaduto, le congiunzioni o$$eruate da quei tali non e$$ere $tate dell'eclittiche. Molto $icuramente parla il molto Reuerendo P Clauio, affermando tale ombra re$tar inui- $ibile à noi per la $ua piccolezza; e $e bene da i detti di que$ti Autori par che gl'inclina$$ero à $timar Venere nõ $plendida per $e $te$$a, mà tenebro$a, tuttauia tale opinione pura non ba$ta à conuincer gl'auuer$arij, à'quali non mancherà il poter produr- re opinioni di altri in contrario. L'altro argomento che Apelle produce tolto dall'ottenebrazione della Luna, nel pa$$ar $otto'l Sole non può hauer vigore s'è non dimo$tra, prima che'l man- oamento nel Sole $i faccia con$picuo $in quando la Luna oc- cupa del $uo di$co meno di vna delle quarantamila parti; altra- mente la proporzion dalla Luna à Venere non procede; hor quanto ciò $ia difficile ad e$$eguir$i è manife$to ad ogn'vno. _Hà del in_ _credibile@,_ _che Mer-_ _curio $ia_ _$tato vi$to_ _$otto'l So-_ _le._ Che Mercurio $ia $tato da diuer$i veduto $otto'l Sole, è non $o- lamente dubbio, mà inclina a$sai all'incredibile, come nell'al- tra accennai à V.S.e quanto al Keplero citato in que$to luogo, io non dubito punto, che, come d'ingegno per$picaci$$imo, e libero, e amico a$sai più del vero, che delle proprie opinioni, ei $ia per re$tar per$ua$i$$imo tali negrezze vedute nel Sole e$sere _Negrez-_ _ze vedute_ _nel Sole_ _$ono state_ _delle mac_ _chie._ $tate alcune delle macchie, e le congiunzioni di Mercurio ha- uer $olamente porto occa$ione d'applicarui in quelle hore più fi$sa, & accurata con$iderazione, con la qual diligenza anco in altri tempi $i $arieno vedute, $icome frequentemente $i $ono per vedere per l'innanzi, e già le hò fatte vedere à molti. Re$ti per tanto indubitabilmente dimo$trata l'o$curità di Venere dal- _O$curità_ _di Venere_ _e reuolu-_ _zion d'e$-_ _$a circa'l_ _Solo, come_ _$i dimo$tri_ la $ola e$perienza, che io $cri$$i nella prima lettera, e che hora pone quì Apelle nel terzo luogo, cioè dal veder$i variar in lei le figure al modo della Luna: e $iaci oltre à ciò per $olo, fermo, e così forte argomento da $tabilir la reuoluzione di Venere circa'l Sole che non la$ci luogo alcuno di dubitare, e però $i de- ue reputare degno d'e$ser da Apelle delineato, come figura. principali$$ima nella più con$picua, e nobil parte della $ua ta- Del Sig. Galileo Galilei. uola, e non in vn'angolo in gui$a di pila$tro per appoggio, e $o- $tegno di qualche figura, che $enz'e$$o $embra$$e à riguardanti di minacciar rouina. Mà pa$$o ad alcune con$iderazioni intor- no à quello che Apelle in parte replica, & in parte aggiugne al già $critto in propo$ito delle macchie $olari, doue in generale mi par, che nelle loro determinazioni e vadia più pre$to manco re$oluto, che auanti non haueua fatto, $e ben in$ieme in$ieme $i mo$tra de$idero$o di pre$entarle più to$to modi$icate, che diuer$i$icate; anzi che nel fine afferma tutte le co$e dette nelle prime lettere re$tar con$tanti: con tutto ciò vengo in qualche $peranza d'hauerlo à vedere nella terza $crittura d'opinioni in- trin$ecamente a$$ai conformi alle mie; non dico già in virtù di que$te lettere, le quali per la difficoltà della lingua non po$$ono da lui e$$er vedute, mà perche col pen$are verranno ancora à lui in mente quelle o$$eruazioni, quelle ragioni, e quelle $oluzioni mede$ime che hanno per$ua$o me à $criuere ciò che hò $critto nella prima, e nella $ecõda lettera, e che aggiũgo nella pre$ente; e già $i vede quanti particolari, e mette in que$ta $econda $crit- tura non o$$eruati ancora nella prima. Stimò auanti le macchie $olari e$$ere tutte di figura sferica, dicendo che $e le $i pote$$e- ro veder $eparate dal Sole ci apparirebbono tante piccole Lu- ne, altre falcate, altre in forma di mezzo cerchio, altre di più che mezzo, e for$e altre interamente piene: hora con maggior verità $criue rari$$ime e$$ere sferiche, e $pe$$i$$ime di figure irre- fac. 17. ver. 16. fac. 28. ver.14. golari. Hà parimente o$$eruato, come rari$$ime ò ne$$una man- _Figure ir_ _regolari, e_ _in$iabili_ _delle mac_ _chie, & al_ _tre loro_ _mutazio-_ _ni cono-_ _$ciute._ tengono la mede$ima figura per tutto'l tempo, che re$tano con- $picue, ma $trauagantemente $i vanno mutando, & hora cre- fac. 17. ver. 18. fac. 28. ver. 16. $cendo, hora $cemando; e quello che è più, hà veduto, come improui$amente altre na$cono, altre $i di$$oluono anco nel me zo del Sole, e come alcune $i diuidono in due e più, & all'in- fac. 17. ver. 25. fac. 28. ver. 23. contro molte $i vni$cono in vna; i quali particolari furon da me toccati nella prima lettera. Stimò già che le fo$$ero $telle er- fac. 18. ver. 2. fac. 28. ver. 29. ranti, e $ituate in diuer$e lontananze dal Sole, $iche alcune fu$- $ero meno, & altre più remote in gui$a, che molti$$ime anda$$e- ro vagando tra'l Sole, e Mercurio, e ancora trà Mercurio, e Ve- nere in debite di$tanze, facendo$i vi$ibili $olamente quando Delle Macchie Solari s'incontrano co'l Sole; mà hora non $ento ra$$ermar vna tanta lontananza, e parmi che e $i contenti di mo$trar che le non $ono denrro al corpo $olare, ne contigue alla $ua $uper$icie, ma fuori in lontananza $olamente di qualche con$iderazione, come $i può ritrarre dalle ragioni che egli v$a in dimo$trar la $ua opi- nione. Io facilmente conuerrei con Apelle in creder che le non $ieno nel Sole, cioè immer$e dentro alla $ua $u$tanza, mà non affermerei già que$to in vigor delle ragioni addotte da e$$o nel- la prima delle quali e piglia vn $uppo$to che $enz'altro gli $arà fac. 19. ver. 13. negato da chi vole$$e difender il contrario, perche non è alcu- _fac. 29._ _ver. 34._ no così $emplice, che volendo $o$tener le macchie e$$er immer- $e dentro alla $olar $o$tanza, e appre$$o ammetter la loro conti- nua mutabilità di figura, di mole, di $eparazione, & accozza- _Sodezza_ _del corpo_ _Solare co_ _me $ia cõ-_ _erouer$a._ mento, conceda in$ieme il Sole e$$er duro, & immutabile: ma re$olutamente negherà tale a$$unto, e la proua che di e$$o ap- porta Apelle, fondata sù l'opinione per $uo detto, commune di tutti i Filo$o$i, e Mathematici, ne piccola ragione hauerà di ne- garla, $i perche l'autorità dell'opinione di mille, nelle $cienze _Antorità_ _val poco à_ _paragon_ _della ra-_ _gione._ non val per vna $cintilla di ragione di vn $olo, $i perche le pre- $enti o$$eruazioni $pogliano d'autorità i decreti de' pa$$ati Scrit- tori, i quali $e vedute l'haue$$ero, haurebbono diuer$amente determinato. In oltre quei mede$imi autori che hanno $timaro il Sole non e$$er cedente ne mutabile, hanno molto men credu- to ch'e fo$$e $par$o di macchie tenebro$e, e però doue fo$$e for- za che l'opinione del non e$$er macchiato cede$$e all'e$perien- za, indarno $i ricorrerebbe per dife$a all'opinione della durez- za, e dell'immutabilità, perche doue cede quella che pareua. piu $alda, molto meno re$i$teranno le men gagliarde, anzi gl'auuer$arij acqui$tando forza negheranno il Sole e$$er duro ò immutabile, poiche non la $emplice opinione, ma l'e$perienza glie lo mo$tra macchiato. E quanto à i Matematici non $i sà che aIcuno habbia mai trattato della durezza, & immutabilità del corpo $olare, ne che l'i$te$$a $cienza matematica $ia ba$tan- te à formar dimo$trazioni di $imili accidenti. La $econda ra- fac. 20. ver. 25. gione fondata sù'l veder$i alcune macchie più o$cure ver$o la circonferenza del Sole, che quando poi $ono verlo le parti me- _fac. 31._ _ver. 2._ Del Sig. Galileo Galilei. die, doue par che $i vadino ri$chiarando non par che $tringa l'auuer$ario à douerle por fuori del Sole; $i perche l'i$perienza del $atto per lo più, $e non $empre, accade in contrario, $i per- che la rarefazione, e conden$azione, accidenti non negati alle macchie, $on ba$tanti per render ragione di tal' effetto, e for$e non men di quello che Apelle n'apporta, dicendo che l'irradia- zione più diretta è più forte, fatta, quando la macchia è intorno al mezo del di$co che quando è vicina alla circonferenza, pro- duce tal diminuzion di negrezza, perche ripigliando la $ua figu- ra, e rileggendo la $ua dimo$trazione; dico non e$$er vero, che i raggi deriuanti dalla $uperficie A G, $ieno debili$$imi per l'in- clinazione sferica del Sole in quella parte; anzi diffondendo$i da ogni punto della $uper$icie del Sole non vn raggio $olo, mà vna sfera immen$a di lume, non è punto alcuno delle $uper$i- cie $uperiori, & auer$e all'occhio di amendue le macchie D, @@ IK, al quale non peruenghino egualmente raggi, onde e$$e mac- chie re$tino egualm\~ete illu$trate; ne parim\~ete è vero che i raggi della $uperficie decliue A G, peruenghino più debili all'occhio che quelli di mezo come l'e$perienza ci dimo$tra. E però per mio parere meglio per auuentura $arebbe il dire(qual volta non $i vole$$e ricorrere al più, ò men den$o, e raro) che l'i$te$$a mac- chia appar meno o$cura intorno al centro, che ver$o l'e$tremità, perche qui vien veduta per coltello, e quiui per piatto, acca- dendo in que$to l'i$te$$o che in vna pia$tra di vetro, la quale veduta per taglio appar o$cura, e opaca molto, mà per piano chiara, e tra$parente; e que$to $eruirebbe per argomento à di- mo$trar che la larghezza di tali macchie è molto maggior che la loro profondità. Quello che $i $oggiugne per prouale che le fac. 22. ver. 20. macchie non $on lagune, ò cauerno$e voragini nel corpo $olare _Macchie_ _non $ono_ _lagune, nà_ _cauità nel_ _corpo $o-_ _lare._ _fac. 32._ _ver. 3._ $i può liberamente cõcedere tutto, perche io non credo che alcu no $ia per introdur mai vna tale opinione per vera. Mà perche ne io, ne che io $appia altri, hà conte$o, che le macchie $iano immer$e nella $u$tanza del Sole, mà ben' hò replicatamente $critto à V.S.e s'io non m'inganno nece$$ariamente conclu$o, che le $iano ò contigue al Sole, ò per di$tanza à noi in$en$ibile $eparate da quello, è bene che io e$amini le ragioni, che Apelle Delle Macchie Solari produce per argomenti irrefragabili, onde la di loro lontanan. za non piccola dalla $olar $uperficie ci $i faccia manife$ta.

Prende Apelle la $ua ragione dal veder$i le macchie dimorar fac. 18. ver. 26. tempi ineguali $otto la faccia del Sole, e quelle, che la trauer- $ano per la linea ma$$ima pa$$ando per lo centro, dimorar più, _fac. 29._ _ver. 16._ che quelle che pa$$ano per linee remote dal centro; e ne addu- ce l'o$$eruazion di due, l'vna delle quali dimorò giorni 16. nel diamerro, e l'altra pa$$ando alquanto lontana dal centro, $cor- le la $ua linea in giorn@ 14. hor quì vorrei trouar parole di po- @er $enza offe$a di Apelle, il quale io intendo di honorar $em- pre, negare tale e$perienza: perche hauendo io circa que$to particolare fatte molte, e molte diligenti$$ime o$$eruazioni non hò trouato incontro alcuno, onde $i po$$a concluder altro, $e _Macchie_ _dimorano_ _tempi v._ _guali $ot_ _to'l $olar_ _di$co._ non che le macchie tutte indif$erentemente dimorano $otto'l $olar di$co tempi eguali che al mio giudizio $ono qualche co$a più di giorni 14. e que$to affermo tanto più re$olutamente quanto che $arà per auanti in pote$tà di cia$cheduno il farne $enza incommodo mille, e mille o$$eruazioni: e quanto alla particolare e$perienza che Apelle ci propone, v'hò qualche $crupolo per hauer egli eletto nella prima o$$eruazione, non il tran$ito di vna macchia $ola, mà di vn drapello a$$ai numero$o, e di macchie che molto $i andorono variando di po$izione trà di loro, dalle quali co$e ne con$eguita, che tale o$$eruazione, come $oggetta à molte accidentarie alterazioni, non $ia à ba- $tanza $icura per determinare e$$a $ola vna tanta conclu$ione, anzi gl'irregolari mouimenti particolari di e$$e macchie rendo- no le o$$eruazioni $oggette à tali alterazioni che non è da pren- der re$oluzione, $e non dalla conferenza di molti, e molti par- ticolari, il che hò fatto $opra la moltitudine di più di I oo. di- $egni grandi, & e$atti; ed hò incontrate bene alcune piccole differenze di tem pi ne i pa$$aggi; mà hò anco trouato alterna- tamente e$$er non meno talor più tarde le macchie de cerchi più vicini al centro del di$co che altra volta quelle de più re- moti.

Ma quando anco non ci fo$$e in pronto di poter far incontri $opra di$egni già fatti, e $opra quelli che $i faranno; parmi ad Del Sig. Galileo Galilei. ogni modo di poter dalle co$e $te$$e propo$te, & amme$$e da Apelle ritrar certa contradizione, per la quale molto ragione- uolmente $i po$$a dubitare circa la verità dell'addotta o$$erua- zione, & in con$equenza della conclu$ione, che indi $i deduce. Imperò che io prima con$idero che douendo egli valer$i della _Macchie_ _non $ono_ _remote_ _dalla $u-_ _perficie_ _del Sole._ di$egualità de'tempi de pa$$aggi delle maccbie, come di argo- mento nece$$ariamente concludente la notabil lontananza loro dalla $uperficie del Sole; e forza che è $upponga quelle e$$ere in vna $ola sfera, che di vn moto commune à tutte $i vada vol- gendo; perche $e e vole$$e, che cia$cuna haue$$e $uo moto par- ticolare, niente da ciò $i potrebbe raccorre, che concerne$$e alla proua della remozion loro dal Sole, perche $i potria $empre dire, che la maggior, ò la minor dimora di que$te, ò di quelle, na$ce$$e, non dalla di$tanza della lor sfera dal Sole, mà dalla vera, e reale di$egualità de lor proprij moti. Con$idero appre$$o che le linee de$critte nel di$co $olare dalle macchie non s'allar- gano dall'eclittica, ma$$imo cerchio della lor conuer$ione, ò ver$o Borea, ò ver$o Au$tro; oltre à certe limitate di$tanze, che al più arriuano à 28. 29. e rare volte à 30. gradi. Hora po$te que$te co$e, mi par di poter con a$$ai manife$te contradizioni de i pronunziati d'Apelle trà diloro mede$imi render inefficace quant'egli in que$to luogo produce per argomento della remo- zion delle m acchie dalla $uperficie del Sole. Imperò che, conce- d\~edogli i $uci a$$unti anco nel $ommo è più fauoreuol grado, che e$$er po$$a in pro della $ua conclu$ione, cioè che le prime mac- chie trauer$a$$ero la ma$$ima linea, dico il diametro del Sole in giorni 16. almeno; e che l'altra in giorni 14. al più trauer$a$- $e vna parallela di$tante dal diametro non manco di 30. gradi, mo$trerò di quì $eguire la lontananza loro dal Sole douer e$- $er tanto grande che molti altri particolari accidenti manife$ti non potrebbono $u$$i$tere in modo alcuno, E prima per pie- ni$sima intelligenza di que$to fatto, dimo$trerò che trauer$an- do due macchie il di$co $olare vna per il diametro, & l'altra per vna linea minore, i tempi de lor pa$$aggi hanno $empre trà di loro minor proporzione che le dette linee qualunque $i $ia la grandezza dell'orbe che le porta$$e in giro; per la cui dimo- Delle Macchie Solari $trazione propongo il $eguente Lemma.

Sia il mezzo cerchio ACDB conuertibile intorno al $uo dia- metro AB, nella cui circonferenza $iano pre$i due punti CD, e da e$$i venghino $opra'l dia- E F C D B O I M G A metro AB, le perpendicola- ri C G, DI, & intenda$i, nel riuolgimento transferito il mezzo cerchio A C B, in AEB, $i che il punto E, $ia l'i$te$$o che'l punto C, e'l F, $ia il D, e la linea E G $ia la mede$ima, che la GC, & IF, $ia la ID, e da punti $ublimi, EF, ca$chino le perpendico- lari al piano $oggetto E M, FO; le quali caderanno $opra le prime linee GC, ID, & è mani- fe$to, che $e'l cerchio AE, FB, $i fo$$e mo$$o vna quarta, e fo$$e in con$equenza eretto al piano dell'altro cerchio AC, DB, le perpendicolari cadenti da i punti E F, $arebbono l'i$te$se E G, FI, mà $endo eleuato meno d'vna quarta ca$chino, come s'è det- to in M O. Dico le linee C G, D I, e$ser $egate da i punti M O, proporzionalmente, perche ne' triangoli EGM, FIO, i due an- goli EGM, FIO, $ono eguali, e$sendo l'inclinazion mede$ima de i due piani ACB, AEB, e gl'angoli EMG, FOI, $on retti, adun- que i triangoli EMG, FOI, $on $imili; e però come EG, à C M, così FI ad IO, e $ono le due E G, F I, le mede$ime che le C G, DI, e però come CG à GM. così DI ad IO, e diuidendo come CM ad MG, così DO ad OI, il che dimo$trato.

Intenda$i il cerchio HBT, $egante il Globo $olare $econdo il diametro HT, che $ia a$$e delle reuoluzioni delle macchie, e $ia dal centro A, il $emidiametro AB, perpendicolare all'a$$e HT, $i che nella reuoluzione la linea AB, de$criua il cerchio ma$$imo; e pre$o qual$iuoglia altro punto nella circon$erenza TBH, che $ia il punto L, tiri$i la linea LD, parallela alla B A, la quale $a- rà $emidiametro del cerchio, la cui circonferenza vien de$crit- ta nella reuoluzione dal punto L. Hora è manife$to che quando Del Sig. Galileo Galilei. il Sole $i riuolge$$e in $e $te$$o, e fo$$ero due macchie ne punti BL, amendue trauer$arebbono nel tempo i$te$$o il di$co $olare veduto dall'occhio, po$to in di$tanza immen$a nella linea pro- dotta dal centro A, perpendicolarmente $opra'l piano HBT, che $arebbe il cerchio del di$co, e le linee BA, LD, apparirebbono la metà di quelle che dette macchie B L, de$criue$$ero ne lor mo- uimenti. Ma quando le macchie non fo$$ero contigue al Sole, mà fo$$ero in vna sfera che lo circonda$$e, e di lui fu$$e notabil- mente maggiore non è dubbio, che quella macchia che appa- ri$$e trauer$are il $olar di$co per il diametro BA, con$umerebbe più tempo, che l'altra, che trauer$a$$e per la minor linea LD, e la differenza di tali tempi diuerrebbe $empre maggiore, e mag- giore, $econdo che l'orbe deferente le macchie $i pone$$e più, e più grande, mà non però accader potrebbe già mai, che la dif- ferenza di tali tempi fo$$e tanta quanta è la differenza delle li- nee pa$$ate BA, LD, mà $empre auuerrà che'l tempo del tran$i- to per la ma$$ima linea B A, al tempo del tran$ito per qualun- que altra minore, come per e$$empio per la L D, habbia minor proporzione di quella che hà la linea BA, alla LD, che è quello che io intendo hora di dimo$trare. Perloche $iano prolungate infinitamente le linee DL, AB, ver$o EC, e l'a$$e HT, ver$o RO, & intenda$i nell'i$te$$o piano HBT, il cerchio ma$$imo di qual $i voglia sfera, e $ia PECO, e per li punti BL, $iano prodotte le BGF, LN, parallele all'a$$e OAR, e centro D, de$criua$i con l'interuallo D E, il quadrante ENR, la cui circonferenza $eghi la parallela LN, in N, e per N, pa$$i la MNF, parallela alla DE, la quale $eghi la BF in F, e congiunga$i la FD, che $eghi la cir- conferenza ENR, nel punto I, dal quale tiri$i la IS, parallela alla FG, e congiunga$i la linea retta ND.

E perche il quadrato della linea FD, è eguale alli due qua- drati delle line FM, MD, e$$endo M, angolo retto; & il qua- drato N D, è eguale alli due NM, MD, l'ecce$$o del quadrato FD, $opra'l quadrà to ND, $arà eguale all'ecce$$o delli due qua- drati FM, MD, $opra li due NM, MD, il quale (remo$so il com- mune quadrato MD) e l'i$te$$o che l'ecce$so del quadrato FM, $opra'l quadrato MN, ma perche FM, è eguale alla BA, lati op- Delle Macchie Solari F N R M I D H E S D G L C B A T O po$ti nel parallelogrammo, e la N M, è eguale alla L D, e l'ec- ce$so del quadrato BA, $opra'l quadrato LD, è il quadrato DA, adunque l'ecce$so del quadrato F D, $opra'l quadrato N D, è eguale al quadrato D A, e però il quadrato F D, è eguale alli due quadrati delle linee ND, DA, cioè delle due ED, DA, mà à Del Sig. Galileo Galilei. que$ti due mede$imi quadrati è eguale ancora il quadrato del $emidiametro C A, adunque la linea F D, è eguale alla linea CA. In oltre perche nel triangolo FGD, la linea I S, è parallela alla FG, $arà come FD, à DG, cioè come CA, ad AB, così ID, cioè ED, à DS, e diuidendo come CB, à BA, così ES, à S D. Onde $e intorno all'a$$e PO, intenderemo riuolger$i la sfera, @@ eleuar$i il mezo cerchio PCO, $in che la perpendicolare caden- te dal punto C, fatto $ublime venga $opra'l punto B, è manife- $to per il conuer$o del Lemma precedente, che la perpendico- lare cadente dal punto E, verrà in S, e però quando la macchia C, comincerà ad apparire nel limbo del di$co $olare, cioè nel punto B, l'altra E, $arà ancora lontana dalla circonferenza del di$co per l'interuallo S L, e perche fatta la quarta parte della conuer$ione i perpendicoli delle macchie C E, caderanno ne punti DA, nel momento $te$$o, e chiaro, che'l tempo dal pa$- $aggio per B A, è eguale al tempo del pa$$aggio dell'altra mac- chia per tutta la SD, del qual tempo è parte quelle del tran$ito per L D, $egue hora, che dimo$triamo il tempo del pa$$aggio per BA, al tempo per L D, hauer minor proporzione, che la linea BA, alla LD, e perche già con$ta che il tempo del tran$ito per B A, è eguale al tempo per S D, $e $arà dimo$trato, che il tempo per SD, al tempo per DL, ha minor proporzione, che la linea B A, alla LD, $arà prouato l'intento; mà il tempo del pa$$aggio per SD, al tempo del pa$$aggio per L D, hà la mede- $ima proporzione che l'arco I R, all'arco R N, (e$$endo l'arco ENR, eguale alla quarta, che il punto E, de$criuerebbe nella $uperficie della sfera, nel rigirar$i intorno all'a$$e P O, nella cui circonferenza le perpendicolari erette da i punti S L D, taglie- rebbono archi eguali alli due IR, NR, & e$$e linee SD, L D, $a- rebbono loro $ini, $icome $ono delli due archi I R, N R) re$ta dunque che dimo$triamo la retta BA, alla DL, cioè la FM, alla MN, hauer maggior proporzione, che l'arco I R, all'arco R N. E perche il triangolo FDN, è maggiore del $ettore IDN, harà il triãgolo FND, al $ettore NDR, maggior proporzione, che il $et- tore IND, al mede$imo $ettore NDR, mà il triãgolo mede$imo FDN, hà ancora maggior proporzione al triangolo NDM, che Delle Macchie Solari al $ettore NDR, e$$endo il triangolo NDM, minore del $ettore N D R, adunque molto maggior proporzione harà il triangolo FDN, al triangolo NDM, che'l $ettore IDN, al $ettore NDR, o componendo il triangolo FDM, al triangolo MDN, harà mag- gior proporzione che il $ettore IDR, al $ettore RDN, mà come il triangolo FDM, al triangolo MDN, così la linea F M, alla linea MN, e come il $ettore IDR, al $ettore RDN, così è l'arco IR, all'arco RN, adunque la linea FM, alla MN, cioè la BA, al- la LD, hà maggior proporzione, che l'arco IR. all'arco R N, cioè che'l tempo del pa$$aggio per BA, al t\~epo del pa$$aggio per LD.

Di quì può e$$er manife$to, quanto vicino ad vn'impo$$ibile af$oluto $i conduce$$e Apelle, nel dir di hauer' o$$eruato vna macchia trauer$are il diametro del di$co $olare in giorni 16. al- meno, & vn'altra vna minor linea in 14. al più, perche po$to anco che come di $opra hò detto, à fauor ma$fimo della $ua a$$erzione, la $econda macchia trauer$a$$e vna linea lontana 30. gradi dal diametro, co$a che à rari$$ime, ò ne$$una delle macchie grandi, qual fù quella, $i vede accadere; $e la propor- zione de i giorni 16. e 14. che e mo$tra ad abondante cautela di hauer ri$tretta, $i allarga$$e hore 3 {1/2} $olamente, $i che l'vn tempo fo$$e $tato giorni 16. e l'altro 13. & hore 20 {1/2} la pro- po$izione $arebbc $tata a$$olutamente fal$a, & impo$$i bile, perche la proporzione di que$ti t\~epi $arebbe maggior di quella che hà il diametro alla $utte$a di gradi 120. la quale hà il t\~epo di giorni 16. al rempo di giorni 13. hore 20. 33. mà cõ tutto ciò benche $i $ia sfuggito vn impo$$ibile a$$oluto, pur s'incorre in vno ex $uppo$itione, che ba$ta per mo$trar l'inefficacia dell'ar- gomento; onde io vengo à dimo$trare, come, po$to che vna macchia trauer$a$$e il diametro del $ole in vn tempo $e$qui$et- timo al tempo del pa$$aggio di vn'altra, che $i moue$$e per il parallelo di$tante 30. gradi nece$$arianente $egua che la sfera, che conduce dette macchie, habbia il $emidiametro più che doppio al $emidiametro del globo $olare. Sia il cerchio ma$$imo del globo $olare, il cui a$$e PR, il centro A, & $ia la linea ABC, perpendicolare alla PR, e ponga$i l'arco B L, e$$er gra: 30. e $ia tirata la DLE, parallela alla A C, e di vna sfera, che riuolgen- Del Sig. Galileo Galilei. do$i intorno al Sole porti le macchie, che trauer$ino la linea BA, e la LD, quella in tempo $e$qui$ettimo al tempo di que$ta, $ia il cerchio ma$$imo FECH, nel piano del cerchio PBR, dico, che il $emidiametro di tale sfera, cioè la linea CA, è di nece$$ità più che doppio del $emidiametro del Sole B A, imperò che $e non è più che doppio, $arà ò doppio, ò meno che doppio. $ia prima, $e è po$$ibile doppio, & intenda$i per il punto B, la B G, paral- lela alla DA, e faccia$i come la CA, alla ED, così la BA, alla ID, e perche CA, è maggiore di E D, $arà ancora la B A, mag- giore della ID, e per le co$e precedenti, è manife$to che quando la macchia C, apparirà in B, la macchia E, apparirà in I, @@ amendue po@ nell'i$te$$o tempo appariranno in A D, perloche il tempo del tran$ito apparente della macchia C, per B A, $arà F P E 1 L D G O C B A R H eguale al t\~epo del tran$ito dellamac chia. E per I D, e però il t\~epo per B A, al t\~epo per L D, ha- rà la me- de$ima propor- zione, che'l tem po per I D, al tem po per I D, laqual propor- zione è quella che hà l'arco del $ino I D, all'arco del $ino L D, pre$i nel cerchio, il cui $emidiametro $ia la linea DE. E perche Delle Macchie Solari nel triangolo EAD, la IO, è parallela alla E A, $arà come ED, à DI, così AD, à DO, & AE, a IO, mà ED, e doppia di DI, per- che ancora la CA, $i pone e$$er doppia della AB, adunque AD, $arà doppia di DO, & AE, di IO, adunque IO, è eguale al $emi- diametro AB, e perche l'arco B L, $i pone e$$er gradi 30. $arà il $ino tutto BA, cioè IO, doppio di A D, e per con$equenza qua- druplo di O D, po$to dunque il $ino tutto IO, e$$er 1000. $arà OD, 250. e DI, 968; e la $ua doppia D E, 1936. mà di tali an- cora è la LD, ($ino dell'arco LP,) 866. Adunque di quali E D, $ino tutto fo$$e 1000. di tali $arebbe ID, 500. e DL, 447. & l'ar- co, il cui $ino ID, $arebbe gradi 30. ò e l'arco, il cui $ino LD, gr. 26. 33. mà bi$ognarebbe che e fo$$e gradi 25. 45. per o$fer- uar la proporzione $e$qui$ettima del tempo detto, al tempo: adunque l'arco del $ino L D, e maggior di quel che bi$ognaua per mantener la detta proporzione: adũque non è po$$ibile che'l $emidiametro C A, $ia doppio del $emidiametro A B, e molto maggiore inconueniente $eguirebbe à porlo men che doppio, $eguita adunque che di nece$$ità e$ia maggior che doppio. Che è quanto $i doueua dimo$trare.

Dalle a$$erzioni dunque di Apelle che alcune macchie hab- bino trauer$ato il diametro del di$co in giorni 16. & altre la parallela da quello remota al più gr. 30. in giorni 14. $eguita co- me vede V.S. che la sfera, che le conduce $ia lontana dal Sole più del $emidiametro del Sole, la qual co$a poi è per altri in- contri manife$tamente fal$a, perche quando ciò fo$$e, del eer- chio ma$$imo di tale sfera s'interporrebbe trà l'occhio no$tro, e'l di$co $olare molto meno di 60. gradi; e molto minor archi verrebbono interpo$ti de gl'altri paralleli: onde per nece$$aria con$equenza, i mouimenti delle macchie nel Sole apparireb- bono totalmente equabili nell'ingre$$o, nel mezo, e nell'v$cita; gl'interualli trà macchia, e macchia e le figure, e grandezze lo- ro (per quello che depende dalle diuer$e po$iture, & inclinazio- fac. 17. ver. 21. ni) $empre fi mo$trerebbono l'i$te$$e in tutte le parti del Sole; _fac._ 28. _ver._ 19. il che quanto $ia repugnante dal vero, $iane Apelle $te$$o à $e fac. 18. ver. 5. mede$imo te$timonio, il quale hà pure o$$eruato l'apparente _fac._ 28. _ver._ 32. tardità di moto, l'vnione, ò propinquità, e la $ottigliezza del- Del Sig. Galileo Galilei. fac. 18. ver. 22. _fac._ 29. _ver._ 12. le macchie pre$$o alla circonferenza, e la velocità, la $eparazio- ne, & ingro$$a mento molto notabile circa le parti di mezzo; on- de io per tale contradizione non temerò di dire e$$ere in tutto impo$$ibile, che trauer$ando vna macchia il diametro $olare in 16. giorni, vna altra trauer$i la $opradetta parallela in 14. Ma $oggiugnerò bene ad Apelle che ritorcendo l'argomento, & o$- $eruando più e$attamente i pa$$aggi delle macchie in qual $i voglia linea del di$co far$i tutti in tempi eguali ($icome io hò da molt'o$$eruazioni compre$o, e cia$cuno potrà per l'auuenire o$$eruare) $i deue concluder nece$$ariamente loro e$$ere, come $empre hò detto, ò contigue, ò per di$tanza à noi in$en$ibile $e- _Si chiari-_ _$ce tutta-_ _uia mag-_ _giormente_ _che le_ _macchie_ _fono con-_ _tigue alla_ _$uperficie_ _del Sole._ parate dalla $uperficie del Sole. E per non la$ciar indietro co$a che po$$a confermare e $tabilire conclu$ione tanto principale in que$ta materia, aggiungo che Apelle poteua di ciò altresì ac- corger$i (vegga V.S. quanta è la forza della verità) da due al- tre conietture nece$$arie, le quali per rimouer ogni cagione di dubitare che io qua$i più intento alla ricoperta de'miei errori, che all'inue$tigazione del vero, for$e non accommoda$$i le mie figure alle proprie conclu$ioni, voglio cauar da i di$egni mede- $imi d'Apelle; $e bene più e$attamente lo potrei dedurre da al- cuni miei per auuentura, almeno ri$petto alla maggior grandez- za, più giu$tamente delineati.

Prenda dunque V. S. le figure de i due giorni 29. Decembre hore 2. e 30. hor. pur 2. ne' quali comincia à far$i vedere la mac- chia μ, a$$ai in$igne trà le altre: la quale come re@@ri$ce il me- de$imo autore, $i mo$trò il primo giorno in a$petto di vna $ottil linea nera, e $eparata dall' e$tremità del Sole per vn inter$tizio lucido non più largo della $ua gro$$ezza: mà come dimo$trano i di$egni, il giorno $eguente all'i$te$$a hora fù la $ua di$tanza qua$i triplicata, e la gro$$ezza della macchia parimente agu- mentata a$$ai.

In oltre, egli af$erma di que$ta macchia (trà l'incon$tanza dell'altre a$$ai con$tante) che il $uo vi$ual diametro $ù vna delle 18. parti in circa del diametro del di$co $olare, e perche ella crebbe $ino alla figura di mezo cerchio, e fù nel $uo primo ap- parir col $uo diametro intero parallelo alla circonferenza del Delle Macchie Solari di$co, $eguita per nece$$ità, che la dilatazione apparente della $ua figura fo$$e fatta, non $econdo la lunghezza del $uo diame- tro intero, mà $econdo il $emidiametro perpendicolare à quel- lo; e così mo$tra il di$egno; talche la dimen$ion di tal macchia che sù'l primo comparire fu $ottile a$$ai ver$o'l mezo del di$co $i dilatò tanto, che occupò circa la trente$ima$e$ta parte del diametro del Sole, cioè quanto è la $utte$a di tre gradie vn ter- zo. Hora $tanti que$te due o$$eruazioni, dico non e$$er po$$ibile, che tal macchia fo$$e per notabile interuallo $eparata dalla $u- perficie del Sole. Imperò che $ia il cerchio ABD, nel globo $o- lare, quello, nella cui circonferenza appari$ca muouer$i la mac- chia, & intenda$i l'occhio e$$er po$to nell'i$te$$o piano, mà in lontananza immen$a, talche i raggi da quello prodotti al dia- metro di e$$o $ieno come linee parallele. Et intenda$i la mac- chia, la cui larghezza μ, occupi gr. 3. 20. il cui $ino, ò la cui $ut- te$a, poco da e$$o differente in tanta piccolezza $arà 5814. par- ti di quelle, delle quali il $emidiametro AM, contiene 100000. intenda$i appre$$o l'arco AB, e$$er gradi 8. e l'arco BD, gr. 3. 20. cioè quanta $i pone la larghezza della macchia: e per i punti B D, pa$$ino le perpendicolari al diametro A M, le quali $ieno CBG, ODQ, $arà A C O, $ino ver$o dell'arco A B D, 1950. @@ AC, $ino ver$o dell'arco A B, 973. & il rimanente C O, 977. Dal che habbiamo primieramente la macchia μ, po$ta in B D, apparirci molto $ottile, cioè la $e$ta parte $olamente di quello, che $i mo$tra circa il mezo del di$co, cioè nel luogo μ, appa- rendoci in BD, eguale à CO, cioè 977. & in M, $i mo$tra 5814. il qual numero contiene pro$$imamente $ei volte l'altro 977- Di più habbiamo l'interuallo lucido A C, eguale all'apparente gro$$ezza della macchia, e$$endo AC, 973. e CO. 977. & que$ti particolari requi$iti acconciamente ri$pondono alle o$$erua- zioni di Apelle. Hora veggiamo $e tali particolari pote$$ero incontrar$i, ponendo$i la conuer$ione delle macchie, remota dal globo del Sole, $olamente per la vente$ima parte del $uo $emidiametro. Ponga$i dunque il $emidiametro d'vna tale sfe- ra M F, $iche A F, $ia 5000. de quali il $emidiametro A M, è 100000. $arà donque tutta la FM, 105000. Ma de quali parti Del Sig. Galileo Galilei. MF, è 100000. de tali FA, $arà 4762. & AC, 927. CO, 930. F A C O S R M B D L P E G Q H T I p FAC 5689. @@ FA CO, 6619. @@ de$criu\~e do il cer chio FE GQ, e tirando la paral- lela AE, $i troue- rà l'arco FE, e$$er gra. 17. 40@. FEG 19.25′. EG, i. 45′. FEGQ, 21. GQ. 1. 35′. e la $ua $utte$a nel luogo incontro à μ, $arebbe 2765. e$$endo $tata in GQ, eguale à CO, cioè 930. il qual numero non arriua alla terza parte di 2765. Quando dunque la macchia μ, $i moue$$e in tanta lontananza dal Sole, non potria mai mo$trar$i ingro$$ata più di tre volte, il che è molto repugnante alle o$$eruazioni di Apelle, ed alle mie: E noti V. S. ch'io fò la pre$ente illazione $upponendo che la macchia μ, fu$$e appar$a trauer$are il diametro del Sole, e non, come fece, vna linea più breue; che $e di que$ta più breue ci $erui$fimo, la repugnanza $i trouarebbe ancor maggiore, $icome molto più notabile $i vedrebbe $eruendoci di macchie più $ot- tili; e notabili$$ima, & immen$a la trouarebbe, chi vole$$e por la di$tanza delle macchie lontana dal Sole, quanto il $uo dia- metro, ò più: perche in tal ca$o niuna differenza a$$olutamen- te $i potrebbe notare in tutto'l pa$$aggio loro. Vengo hora al. l'altra coniettura pre$a dall'accre$cimento, che fece in vn $ol giorno l'interuallo lucido, e la gro$$ezza della macchia confor- me alle note di Apelle; e ripigliando la figura mede$ima, e po- nendo prima la macchia contigua al Sole: triplicò il $ino ver$o Delle Macchie Solari dell'interuallo lucido AC, (che tanto $i dimo$trò accre$ciuto @el $eguente giorno) & hò la linea A S, 2919. parti, de quali AM, è 100000. Onde l'arco ABDL, $arà gr. 14. à' quali aggiun- go gr. 3. 20′. per l'arco LP, occupato dalla vera gro$$ezza della macchia, & ho. gr. 17. 20′. per l'arco ALP, il cui $ino ver$o ASR, è 4716. dal quale $ottratto AS, re$ta 1797. e tanta apparirà la gro$$ezza della macchia in que$to luogo, ch'è qua$i doppia di quello, che apparue il giorno auanti in BD, e$$endo $tata la li- nea CO, 977. Mà $e noi intenderemo la macchia e$$er pa$$ata, non per l'arco ALP, mà per FEH. e$$endo AC, ade$$o parti 927. di quali il $emidiametro FM, è 100000. $arà il $uo triplato ACOS. 2781. al quale aggiunto il $ino ver$o FA, ch'è 4762. fà 7543. per il $ino ver$o FAS, onde l'arco FEH, $arà gr. 22.20′. à i quali giungendo gr. 1. 35′. per la vera gro$$ezza della macchia (che tanto $i trouò douer e$$er quando ella pa$$a$$e per l'arco FEH) $i hauranno gr. 23.55′. per tutto l'arco FET, il cui $ino ver$o FSR, è 8590. dal quale $ottraendo il $ino FS, re$ta SR, 1047. apparente gro$$ezza della macchia locata in HT, la qua- le $upera quella del precedente giorno, cioè la CO, di meno d'vn'ottaua parte. Talche quando la $ua conuer$ione fo$$e fat- ta in vn cerchio di$tante dal Sole per la vente$ima patte del $uo $emidiametro $olamente, la $ua vi$ibil gro$$ezza non $arebbe nel $eguente giorno cre$ciuta vn'ottauo; mà ella ne crebbe più di $ette; adunque nece$sariamente vede la $olar $uperficie. E perche que$to è vno de' capi principali, che in que$ta materia venghino trattati, non deuo pretermetter di con$iderare alcu- ne altre o$seruazioni, che Apelle produce à fac. 43. e 44. dalle quali ei pur tenta di per$uadere la lontananza delle macchie del Sole, v$ando la mede$ima maniera di argumentare tolta dalla di$egualità de' tempi, della dimora $otto'l di$co $olare; la quale quando fo$se, come Apelle $criue conuienerebbe ne- ce$sariamente le macchie, non $olamente non e$ser nel Sole, mà nè anco ad e$so vicine à gran pezzo, anzi di più pigliando i mo- uimenti di quelle e$ser in genere equabili, & vniformi, $icome la $omma dell'accurati$$ime o$seruationi mi dimo$tra, è impo$- $ibile a$solutamente, come di $opra hò dimo$trato, che $imili Del Sig. Galileo Galilei. differenze di tempi, quali in que$to luogo pone Apelle, po$$ino ritrouar$i giamai, $e non quando alcune delle macchie pa$$a$- $ero per linee lontane dal centro del Di$co, non pur li 30. gra- di al più da me o$$eruati, mà 50. e 60. e più; il che repugna, non $olo alle mie o$$eruazioni, mà à que$te mede$ime che Apel- le produce, delli quali la macchia G, pa$$a per il centro $te$$o, come $i vede nel di$egno del giorno 30. di Màrzo la E, come dimo$tra il di$egno del 25. di Marzo non pa$$a lontana 30. gr. ne anco 24. l'i$te$$o accade alla macchia H, come $i vede nel di- $egno del giorno 30. dell'i$te$$o me$e: po$te que$te co$e, egli appre$$o $oggiugne la macchia E, e$$ere $tata $otto il Sole al- meno 12. giorni intieri, mà la G, 11. al più, & la H, al più 9. Mà come è po$$ibile, che la macchia G, che trauer$a tutto il diametro pa$$i in manco tempo, che la E, che pa$$a lontana dal centro più di 20. gradi? E che trà il tempo del pa$$aggio di que- $ta, e dell'altra H, vi $ia differenza tre giorni, ò più, benche pa$$ino in paralleli poco, ò nulla differenti, e come s'è $corda. _fac. 29._ _ver. 16._ to Apelle di quello, che $opra à fac. 18. nel x. notabile $cri$$e con tanta re$oluzione, cioè. Que$to e$$er certo, che le mac- chie, che trauer$ano il mezo del Sole fan maggior dimora $otto di lui, che quelle che pa$$ano più ver$o gli e$tremi. Que$ti $o- no impo$$ibili a$$oluti, quando non $i vole$$e dire, i mouimen- ti delle macchie e$$er tutti di periodi differenti, il che nè è ve- ro, nè da Appelle $uppo$to, e dato che vero fu$$e, ce$$arebbe tutto il vigor del di$cor$o nel voler egli da tali pa$$aggi dedur- _Tempi de_ _pa$$aggi_ _delle mae_ _chie frà lo_ _ro eguali._ re, & inferir il luogo delle macchie ri$petto al Sole. Mà perche troppo inuincibile è la forza della verità, ripigliamo pure i me- de$imi di$egni, e con$ideriamogli $pogliati d'ogn'altro affetto fuori, che del venire in notizia del vero, e troueremo i tempi di detti pa$$aggi e$$ere eguali frà di loro, e tutti circa 14. giorni. E _E$ame_ _nelle mac_ _chie de le_ _ro pa$$ag@_ _gi._ prima la macchia G, appar$a li 26. di Marzo, e non veduta per auanti, è tanto lontana dalla circonferenza, quanto importa il moto di 3. giorni, e for$e di 4. del che, $enza molto di$co- $tar$i, ne è chiaro te$timonio nella mede$ima carta la macchia B, delli 4. di Aprile, la quale è men lontana dalla circonferen- za della detta G, 26. di Marzo; e pure haueua di già caminato Delle Macchie Solari tre giorni, ò più, come i 2. $uoi precedenti di$egni ci mo$trano: l'hora poi della $ua v$cita non fù altramente il giorno 3. d'Apri- le, mà due, ò tre giorni doppo, tanta rimane ancora la $ua di- $tanza dalla circonferenza; perche ($tando pur negli $te$$i di- $egni) vedremo e$emplificato que$to che io dico nella macchia E, la quale il di 29. di Marzo non è più lontana dalla circonfe- renza, che la G, del 3. d'Aprile, e pur $i vede ancora per due giorni, $e non più: Se adunque à gli otto giorni della macchia G, notati nella tauola ne aggiugneremo 4. auanti, e 2. doppo, haremo giorni 14. Che poi nè auanti, nè doppo li 8. giorni ella non fo$$e o$$eruata, ciò $i deue attribuire al non $i e$$er generata auanti, nè con$eruata$i dopo: E que$to dico, perche $uppongo le o$$eruationi e$$ere $tate accurate, che quando non fo$$er tali, potrebbe alcuno attribuir la cau$a di tale occultazione non al- l'a$$enza delle macchie, mà à qualche minor diligenza dell'o$- $eruante; $olo à me par che $ia qualche difetto nell'elezion dell'o$$eruazioni, le quali doueuano e$$er di macchie vedute entrare, & v$cire nell'e$trema circonferenza, e non di macchie appar$e, & occultate$i tanto da quella remote, & oltre à ciò di macchie di continua durazione tutto il tempo del tran$ito, per non mettere in dubbio, $e la macchia ritornata fo$$e l'i$te$$a, che la $parita. La macchia E, parimenre mo$tra di hauer con$u- mato altri giorni 14. in trauer$are il Sole, perche nella $ua pri- ma o$$eruazione delli 20. dì di Marzo vien lei ancora po$ta tanto remota dalla circonferenza, quanto può ragioneuolmen- te importare il mouimento di tre giorni: il qual tempo con li 11. notati arriua alla $omma ch'io dico. Quanto alla macchia H, dirò, con pace d'Apelle, d'hauerla per $o$petta in tale atte- $tazione, e credo, che la H, delli giorni 1.2.e 3. d'Aprile non $ia altrimente la H, delli 28.e 30. di Marzo: anzi che hò dub- bio ancora, $e que$te due trà di loro $ieno l'i$te$$a: atte$o che l'interuallo trà le H, G, delli 28. è molto maggiore (e pur do- ueria e$$ere a$$ai minore ri$petto all'e$$er tanto più vicine alla circonferenza) che quello delli 30. $enza che ilnon $i e$$er'ella veduta il giorno intermedio, cioè il 29. è a$$ainece$$ario argo- mento, lei non poter e$$ere la mede$ima, e l'i$te$$o dubbio Del Sig. Galileo Galilei. cade trà l'H, del 30. di Marzo, e l'H, del primo d'Aprile, non $i e$$endo veduta il giorno di mezo 31. di Marzo. Mà $icuro ar- gomento di tal permuta $i caua non meno dalla diuer$a $itua- zione, poiche l'H, delli giorni 28. e 30. di Marzo mo$tra di ca- minare nel mede$imo paralle lo, che la G, dalla quale è lonta- na, $econdo la longitudine del mouimento, mà la H, delli 1. 2. 3. d'Aprile è per fianco alla mede$ima G, e da lei remota $olo per latitudine, onde a$$olutamente ella non è l'i$te$$a che la prima, e però ce$$a la $ua autorità in que$ta deci$ione.

E perche, come hò detto ancora, que$to e punto principali$- $imo in que$ta materia, e la differenza trà Apelle, e me è gran- de, (poiche le conuer$ioni delle macchie à me paiono tutte eguali, e trauer$are il di$co $olare in giorni 14. e mezzo in cir- ca, & ad e$$o tanto ineguali, che alcuna con$umi in tal pa$$ag- gio giorni 16. e più, & altra 9. $olamente) parmi, che $ia molto nece$sario il tornar con replicato e$ame à ricercar l'e$atto di que$to particolare; ricordandoci, che la Natura $orda, & ine- $orabile à no$tri preghi, non è per alterare, ò per mutare il cor$o de'$uoi effetti, e che quelle co$e, che noi procuriamo ade$$o d'inue$tigare, e poi per$uadere à gli altri, non $ono $ta- te $olamente vna volta, e poi mancate, mà $eguitano, e $egui- teranno gran tempo il loro $tile, $i che da molti, e molti $aran- no vedute, ed o$$eruate; il che ci deue e$$er gran freno per ren- derci tanto più circo$petti nel pronunziare le no$tre propo$i- zioni, e nel guardarci, che qualche affetto, ò ver$o noi $te$$i, ò ver$o altri non ci faccia punto piegare dalla mira della pura verità.

E non po$$o in tal propo$ito celare à V. S. vn poco di $crupo- _Macchie_ _o$$eruate_ _dall' Au-_ _tore, pro-_ _dotte poi_ _da Apelle._ lo, che m'è nato dall'hauer voluto Apelle in que$to luogo pro- fac. 47. _fac. 50._ dur quelle due macchie, e loro mutazioni, che mandai di$e- gnate à V.S. nella mia prima lettera; e benche io bene intenda, ciò e$$er deriuato dal $uo corte$e affetto, de$idero$o di procac- ciar credito à loro, co'l dir, che molto s'aggiu$tauano con le $ue, e far na$cere occa$ione di mo$trar, come egli di me ancora teneua grata ricordanza, non però harei voluto, ch'ei pa$$a$$e poi tanto auanti, che $i mette$$e in pericolo di $capitare qual- Delle Macchie Solari che poco nell'opinione del lettore, col dire, che dall'incontrar- $i tanto e$attamente i miei di$egni con i $uoi, e ma$$ime quei della $econda macchia, $i accertaua del mancamento di Para- la$$e, & in con$equenza della loro gran lontananza da noi; per- che cõ gran ragione potrà e$$er me$$o dubbio $opra tal $ua con- clu$ione, poiche le figure, ch'io mandai furon di macchie di$e- gnate $olitarie, e $enza ri$pondenza ad alcun'altra, ò alla $itua- zion nel Sole, il cui cerchio nè anche fù da me di$egnato: il che mi la$cia altresì alquanto confu$o, onde egli habbia potuto ac- corger$i dell'hauerle io preci$amente, ò no compartite, e di$po- $te. Io $pero, che di quanto $in quì hò detto, Apelle douerà re- $tar $atis$atto, e ma$$ime aggiugnendoui quello, che hò $critto nella $econda lettera, e crederò ch'e non $ia per metter diffi- coltà non $olo nella ma$$ima vicinanza delle macchie al Globo _Riuoluzio_ _e del So-_ _e in $e_ _medefimo_ _fi confer-_ _ma._ $olare, mà ne anco nella di lui reuoluzione in $e mede$imo, in confirmazion di che po$$o aggiugnere alle ragioni, che $cri$$i nella $econda lettera à V.S. che nella mede$ima faccia del Sole $i veggono tal volta alcune piazzette più chiare del re$to, nelle quali con diligenza o$$eruate, $i vede il mede$imo mouimento, _Piazzet-_ _te nella_ _faccia del_ _Sole più_ _chiare del_ _re$to._ che nelle macchie, e che que$te $ieno nell'i$te$$a $uperficie del Sole, non credo, che po$$a re$tar dubbio ad alcuno, non e$sen- do in verun modo credibile, che $i troui fuor del Sole $u$tanza alcuna più di lui ri$plendente; e $e que$to è, non mi par, che ri- manga luogo di poter dubitare del riuolgimento del Globo $o- lare in $e mede$imo. E tale è la conne$$ion de veri, che diquà poi corri$pondentemente ne $eguita la contiguità delle mac- chie alla $uperficie del Sole, e l'e$$er dalla $ua conuer$ione me- nate in volta; non apparendo veruna probabil ragione, come e$$e (quando fo$$ero per molto $pazio $eparate dal Sole) doue$- $ero $eguitare il di lui riuolgimento. Re$tami hora il con$idera- re alcune con$equenze che Apelle và deducendo dalle co$e di$putate; la $omma delle quali par che tenda al $o$tentamen- fac. 2@. nel fine to di quel ch'egli $i troua hauere $tabilito nelle $ue prime lette- _fac. 34._ _ver. 2@._ re; cioè, che tali macchie in fine altro non $ieno, che $telle vaganti intorno al Sole; perche non $olamente e torna à nomi- narle $telle $olari, mà và accomodando alcune conuenienze, e Del Sig. Galileo Galilei. requi$iti trà e$$e, e l'altre $telle, acciò re$ti tolta ogni di$cre- panza, e ragione di $egregarle dalle vere $telle per tal ri$petto & anco per applauder alle mie montuo$ità lunari (del quale af- fac. 26. ver. 1. _fac. 34._ _ver. 26._ fetto io gli rendo grazie) dice che tal mia opinione non è im- probabile, $corgendo$i anco l'i$te$$o nella maggior parte di que$te macchie; ràgione in vero, che congiunta con le altre dimo$trazioni, ch'io produco, douerà quietare ogn'vno.

Che il parer di quelli, che pongono habitatori in Gioue, in _Nelle stel_ _le non $o-_ _no babi-_ _tatori no-_ _$trali._ Venere, in Saturno, e nella Luna $ia fal$o, e dannando, inten- dendo però per habitatori gl'animali no$trali, e $opra tutto fac. 26. ver. 2. _fac._ 34. _ver._ 27. gl'huomini, io non $olo concorro con Apelle in reputarlo tale, ma credo di poterlo con ragioni nece$$arie dimo$trare. Se poi $i po$$a probabilmente $timare, nella Luna, ò in altro Pianeta e$$er' viuenti, e vegetabili diuer$i, non $olo da i terre$tri, mà lontani$$imi da ogni no$tra immaginazione, io per me nè lo af- fermerò, ne lo negherò, mà la$cerò, che piu di me Sapienti de- termino $opra ciò, e $eguiterò le loro determinazioni, $icuro, che $ieno per e$$er'meglio fondate della ragione addotta da Apelle in que$to luogo; cioè che $arebbe a$$urdo il mettergli in tanti corpi; qua$i che il porre animali, per e$$empio, nella Lu- na, non $i pote$$e far $enza porgli anco nelle macchie $olari: nè fac. 26. ver. 4. _fac._ 34. _ver._ 29. anco ben capi$co l'illazione, che fà Apelle del douer$i conceder qualche lume refle$$o alla terra per$uadendone ciò le macchie $olari: anzi perche la loro refle$$ione non è molto con$picua, e quello, che in e$$e $corgiamo non può e$$er altro, che lume re- fratto; $e nulla conueni$$e dedur da tale accidente, $arebbe più pre$$o che la Terra fo$$e di $o$tanza tra$parente, e permea- bile dal lume del Sole; il che poi non appar vero: non però di- co, che la Terra non lo refletta, anzi per molte ragioni, & e$pe- rienze $on $icuri$simo, ch'ella non meno s'illu$tra di qualunque _Terra nõ_ _s'illu$tra_ _meno del_ _le $telle ri_ _fteuȅdo il_ _lume del_ _Sole._ altra $tella, e che con la $ua refle$$ione, luce a$$ai maggiore ren- de alla Luna di quella, che da lei riceue. Mà poiche Apelle $i rende così difficilo à conceder que$ta così potente refle$$ione di lume fatta dal Globo terre$tre, e così facile ad ammettere il corpo lunare tra$picuo, e penetrabile da i raggi $olari; come in que$to luogo, & ancor più apertamente replica ver$o il fine Delle Macchie Solari di que$ti di$cor$i, voglio produrre vna, ò due delle molte ra- gioni, che mi per$uadono quella conclu$ione per vera, e que$ta per fal$a; le quali per auentura ri$olute, con qualche occa$io- ne da Apelle, potrebbono farmi cangiar opinione. Non tacerò _Cagione_ _che la ter_ _ra $ia te-_ _nuta inba_ _bile à ri-_ _$tetter il_ _lume $o-_ _lare._ in tanto, che io fortemente dubito che que$to comun concetto che la Terra come opachi$$ima o$cura, ed a$pra, che l'è, $ia in- habile à reflettere il lume del Sole, $icome all'incontro molto lo reflette la Luna, e gli altri pianeti, $ia inual$o trà'l popolo, per- che non ci auuien mai il poterla vedere da qualche luogo tene- bro$o, e lontano nel tempo, che il Sole la illumina; come per l'oppo$ito frequentemente vediamo la Luna quando ed ella $i troua nel campo o$curo del cielo, e noi $iamo ingombrati dal- le tenebre notturne, & accadendoci dopò hauer non $enza qualche merauiglia, fi$$ati gli occhi nello $plendor della Luna, e delle $telle, abba$$argli in terra, re$tiamo dalla $ua o$curità in certo modo attri$tati, di lei formiamo vna tale appren$ione, come di co$a repugnante per $ua natura ad ogni lucidezza; non con$iderando più oltre, come nulla rileua al riceuere, e reflet- tere il lume del Sole la den$ità, o$curità, & a$prezza della ma- teria, e che l'illuminare è dote, e virtù del Sole non bi$ogno$a d'eccellenza veruna ne i corpi, che deueno e$$ere illuminati; an- zi più pre$to $endo nece$$ario, il leuargli certe condizioni più nobili, come la tra$parenza della $u$tanza, e la li$ciezza della $uperficie, facendo quella opaca, e que$ta ruuida, e $cabro$a; & io $on molto ben $icuro contro alla comune opinione, che _Se la Lu-_ _na fo$$e po_ _lita, e li-_ _$cia non_ _riftettereb_ _be il lume_ _ne $i ve-_ _derebbe._ quando la Luna fo$$e polita, e ter$a, come vno $pecchio, ella non $olamente non ci refletterebbe, come fà il lume del Sole, mà ci re$tarebbe a$$olutamente inui$ibile, come $e la non fo$$e al mon- do, il che à $uo luogo con chiare dimo$trazioni farò manife$to; mà per non trauiare dal particolare, che hora tratto, dico, che facilmente m'induco à credere, che $e giamai non ci fo$$e oc- cor$o il veder la Luna di notte, mà $olamente di giorno, haure- mo di lei fatto il mede$imo concetto, e giudizio che della Ter- ra; perche $e porremo cura alla Luna, il giorno quando tal vol- ta, $endo più che'l quarto illuminata, ella s'imbatte à trouar$i trà le rotture di qualche nugola bianca, ouero incontro à qual- Del Sig. Galileo Galilei. che $ommità di torre, ò altro muro di color mezzanamente chiaro, quando rettamente $ono illu$trati dal Sole, $iche della chiarezza di quelli $i po$$a far parallelo col lume della Luna, certo $i trouerà la lor lucidezza non e$$er inferiore à quella della Luna: onde $e loro ancora pote$$ero mantener$i così illu- $trati $in'alle tenebre della notte, lucidi ci $i mo$trerrieno non meno della Luna, ne men di quella illuminerebbono i luoghi à loro conuicini $in'à tanta di$tanza, da quanta la lor grandezza non appari$$e minor della faccia lunare; mà le mede$ime nugo- le, e l'i$te$$e muraglie $pogliate de'raggi del Sole rimangono poi la notte non men della Terra tenebro$e e nere. Di più gran $icurezza doueremo noi pur prender dell'efficace refle$$ion della _Rifte$$ion_ _efficace_ _della Ter_ _ra._ Terra, dal veder quanto lume $i $parga in vna $tanza priua d'ogn'altra luce, e $olo illuminata dalla refte$$ion di qualche muro oppo$togli, e tocco dal Sole, ancorche tal rifte$$ione pa$$i per vn foro così angu$to che dal luogo doue ella vien riceuuta non appari$ca il $uo diametro $ottendere ad angolo maggiore che'l vi$ual diametro della Luna, nulla di meno tal luce fecõda- ria, e così pot\~ete, che riperco$$a è rimandata dalla prima in vna feconda $tanza, $arà ancor tanta, che non punto cederà alla pri- ma refle$$ione della Luna, di che $i hà chiara, e facile e$perien- za dal veder, che più ageuolmente leggeremo vn libro con la $econda refle$$ion del muro, che con la prima della Luna.

Aggiungo finalmente, che pochi $aranno quelli, à quali $cor- gendo di notte da lontano qualche fiamma $opra d'vn monte non $ia accaduto $tar in dubbio, $e fo$$e vn fuoco, ò vna $tella radente l'orizonte, non ci apparendo il lume della $tella $upe- riore à quel d'vna fiamma; dal che ben $i può credere, che $e la terra fo$$e tutta ardente, e piena di fiamme, veduta dalla par- te tenebro$a della Luna $i mo$trarebbe non men lucida d'vna $tella; mà ogni $a$$o, & ogni zolla perco$$a dal Sole è a$$ai più lucida, che $e arde$$e, il che $i cono$cerà facilmente acco$tando vna candela acce$a appre$$o vna pietra, ò vn l@gno direttamen- te fe@ ito dal raggio $olare, al cui paragone la fiamma re$ta in- ui$ibile; adunque la terra perco$$a dal Sole veduta dalla parte tenebro$a della Luna $i mo$trerà lucida, come ogo'altra $tella, Delle Macchie Solari e tanto maggior lume refletterà nella Luna, quanto ella vi $l dimo$tra di $mi$urata grandezza, cioè di $uperficie circa 12. vol- te maggiore di quello, che la Luna appari$ce à noi; oltre che trouando$i la Terra nel Nouilunio più vicina al Sole, che la Lu- na nel plenilunio, e però $endo piu gagliardamente, cioè più d'appre$$o illuminata quella, che que$ta, più gagliardamente in con$equenza refletterà il lume la Terra ver$o la Luna, che la _Rifle$$ion_ _della Ter_ _ra è ba$tä_ _te alla $e-_ _condaria_ _illumina-_ _zion del-_ _la Luna._ Luna ver$o la Terra. Per que$te, e per molte altre ragioni, @@ e$perienze, che per breuità trala$cio, dourebbe per mio credere $timar$i la refle$$ion della Terra ba$tante alla $econdaria illumi- nazion della Luna $enza bi$ogno d'introdurui alcuna per$picui- tà; e ma$$ime per$picuità in quel grado, che da Apelle ci viene a$$egnata, nella quale mi par di $corgere alcune ine$plicabili contradizioni. Egli $criue la tra$parenza del corpo lunare e$$er tanta, che ne gli ecli$$i del Sole, mentre di lui vna parte era ri- _Luna no_ _è tran$pa-_ _rente._ coperta dalla Luna $i $corgeua $en$ibilmente per la di lei pro- fondità, tralucer il di$co del Sole notabilmente dintornato, e di$tinto: hora io noto, che vna $emplice nugola, e non delle più den$e interponendo$i trà il Sole, e noi, talmente ce l'a$con- de che indarno cercheremo di appo$tare à molti gradi il luogo, doue ei $i ritroua nel Cielo, non che pote$$imo vedere il $uo pe- rimetro di$tinto, e terminato, e molto frequentemente $i vedrà il Sole mezo coperto da vna nugola, $enza che appaia nè anco accennato vn minimo ve$tigio della circonferenza della parte celata, e pure $iamo $icuri, che la gro$$ezza di tal nugola non $arà molte decine, ò al più centinaia di braccia; & oitre à ciò, $e tal volta e$$endo sù'l giogo di qualche montagna, c'imbat- tiamo à pa$$ar per vna tal nugola, non la trouiamo e$$er tanto den$a, e opaca, che almeno per alcune poche braccia non dia il tran$ito alla no$tra vi$ta, il che non farebbe per auentura al- tretanta gro$$ezza di vetro, ò di cri$tallo: onde per nece$$aria con$equenza $i raccoglie, $e è vero quanto Apelle $criue, che la tra$parenza della Luna $ia infinitamente maggiore, che quella d'vna nugola, poiche molto meno impedi$cono il pa$$aggio di raggi $olari due mila miglia di profondità della $u$tanza luna- re, che poche braccia di gro$$ezza d'vna nugola, $arà dunque Del Sig. Galileo Galilei. la $u$tanza lunare a$$ai più tra$parente del vetro, ò del cri$tallo, la qual co$a poi per altri ri$petti $i conuince d'impo$$ibilità: perche primieramente da vn diafano, nel quale tanto $i profon- da$$ero i raggi $olari, niuna, ò pochi$$ima refle$$ione $i farebbe doue che all'incontro grandi$$ima $i fà dalla Luna. Seconda- riamente il termine, che di$tingue$$e la parte illuminata della. Luna dalla parte non tocca da iraggi diretti del Sole, $arebbe nullo, ò indi$tinti$$imo, come $i può vedere in vna gran palla di vetro piena d'acqua, benche torbida, ò d'altro liquore non intieramente tra$parente (che $e fo$$e acqua limpida tal termi- ne non $i vedrebbe punto) terzo: e$$endo tanto tra$parente la $u$tanza lunare, che in gro$$ezza di due mila miglia de$$e il tran$ito allume del Sole, non $i può dubitare, che vna gro$$ez- za della mede$ima materia, che non fo$$e più di vna delle du- gento, ò trecento parti $arebbe in tutto tra$parenti$$ima, al che totalmente repugnano le montuo$ità lunari, le quali tutte, benche molte di loro $i vegghino a$$ai $ottili, e $trette, o$curano d'ombre neri$$ime le parti circonuicine, e ba$$e, come in luoghi innumerabili $i $corge, e ma$$ime nel confine trà l'illuminato, e l'o$curo, doue taglienti$$imamente e crudamente quanto più imaginar $i po$$a i lumi conterminano con le ombre; il quale accidente in verun modo non può hauer luogo, $e non in ma- terie $imili in a$prezza, ed opacità alle no$tre più alpe$tri mon- tagne. Finalmente quando lo $plendor del Sole penetra$$e tut- ta la corpulenza della Luna, la chiarezza dell'Emisfero non tocco da i raggi douria mo$trar$i $empre l'i$te$$a, nè mai dimi- nuir$i, poiche $empre è nell'i$te$$o modo illuminata la metà della Luna; ò $e pur diuer$ità alcuna veder vi $i doue$$e, do- urebbe$i nel nouilunio veder la parte di mezzo più o$cura del re$to, e$$endo quiui maggior la profondità della materia da e$$er penetrata; e nelle quadrature maggior chiarezza douria e$$er vicino al confin della luce, e minor nella parte più remo- ta, le quali co$e, e molte altre, che per breuità trapa$so, ren- dono di$cordi$sima tal'Ipote$i dall'apparenze: doue che l'a$- funto dell'opacità, e dell'a$prezza della Luna, e la refle$$ione, dellume del Sole nella Terra, Ipote$i tutte, e vere, e $en$ate, Delle Macchie Solari con mirabil facilità, e pienezza $atisfanno ad ogni particolar Problema; ma di ciò più diffu$amente tratto in altra occa$ione. E tornando à i particolari d'Apelle $ento na$cermi qualche po- co d'inclinazione à dubitar, ch'egli traportato dal de$iderio di mantenere il $uo primo detto, ne potendo puntualmente acco- modar le macchie à gli accidenti per l'addietro creduti conue- nir$i all'altre $telle, accommodi le $telle à gli accidenti, che veggiamo conuenir$i alle macchie; ilche a$$ai manife$to par che $i $corga in due altri gran particolari, ch'egli introduce; l'vno fac. 26. ver. 10. _fac._ 34. _ver._ 34. de' quali é, che probabilmente $i po$$a dire anco, le altre $telle _Stelle d'A_ _pelle di fi-_ _gure di-_ _uer$e._ e$$er di varie figure. ed apparir rotonde mediante il lume, e la di$tanza, come accade nella fiamma della candela (e ci $i potria aggiugnere in Venere cornicolata) e in vero tale a$$erzione non $i potrebbe conuincer di manife$ta fal$ità, $e il Tele$copio, col mo$trarci la figura di tutte le $telle, così fi$$e, come erranti, di a$$oluta rotondità, non decide$$e tal dubbio. L'altro parti- colare è, che non $i potendo negare, che le macchie $i produ- chino, e $i di$$oluino per non le $eque$trar per tale accidente dall'altre $telle, non dubita d'affermare, che anco le altre $telle $i vadino disfacendo, e redintegrando, & in particolare repu- ta per tali quelle, ch'io hò o$$eruato mouer$i intorno à Gioue; delle quali torna à replicare il mede$imo che $cri$$e nelle prime fac. 3@. ver. 8. _fac._ 38. _ver._ 23. lettere raffermandolo, come fundatamente detto; cioè che al modo $te$$o dell'ombre $olari, altre repentinamente appari$co no, & altre $uani$cono, $iche pur come quelie altre $empre ad altre $uccedono, $enza mai ritornar le mede$ime; nè picciolo argomento caua in confirmazion di ciò dalla difficoltà, e for$e impo$$ibilità, come egli $tima, del cauare i loro periodi ordi- nati dalle o$$eruazioni, delle quali egli a$$erma hauerne molte, & e$atte, e $ue proprie, e di altri. Hor quì de$idererei bene, che Apelle non continua$se di reputarmi per huomo così vano, e leggiero, che non $olo i haue$$e pale$ate, & offerte almondo macchie, & ombre per I$telle; mà quello, che più importa ha- ue$$i dedicato alla gloria di $i gran Prencipe, qual'è il Sereni$- $imo Gran Duca mio Signore, & all'eternità di ca$a tanto re- gia, co$e momentanee, in$tabili, e tran$itorie. Replicogli per tan- Del Sig. Galileo Galilei. to, che i quattro Pianeti Medicei $ono $telle vere, e reali, per- _Medicee_ _$telle vere_ _e perpet@e_ manenti, e perpetue, come l'altre, nè $i perdono, ò a$condono, $e non quanto $i congiungono trà loro, ò con Gioue, ò $i o$cu- rano tal volta per poche hore nell'ombra di quello, come la Luna in quella della Terra; hanno i lor moti regolati$$imi, @@ i lor periodi certi, li quali $e egli non hà potuto inue$tigare, for- $e non vi $i è affaticato quanto me, che doppo molte vigilie pur li guadagnai, e già gli hò pale$ati con le $tampe nel Proemio del mio trattato delle co$e, che $tanno sù l'acqua, ò che in quella $i muouono; come V.S. harà potuto vedere, & accioche Apelle po$sa tanto maggiormente deporre ogni dubbio. Io mando à V.S. le co$tituzioni future per due me$i, cominciando dal di primo di Marzo 1613. con le annotazioni dei progre$$i, e mutazioni che d'hora in hora $on per fare: le quali egli potrà andar incontrando; e trouaralle ri$pondere e$attamente, $e già non mi $arà per inauuertenza occor$o qualche errore nel calco- larle. De$idero appre$so, che con nuoua diligenza torni ad o$- $eruarne il numero, che trouerà non e$ser più di 4. e quella _Medicee_ _$ono $ola-_ _mente 4._ che e nomina, fù $enz'altro vna fi$sa; e le conietture, dalle quali e $i la$ciò $olleuare à $timarla errante, hebbero per lor fondamento varie fallacie: concio$ia co$a, che le $ue o$serua- _Della_ _quintapro_ _po$ta da_ _Apelle._ zioni primieramente $ono errate bene $pe$so, comeio veggo da $uoi di$egni, perche la$ciano qualche $tella. che in quelle hore fù con$picua; Secondariamente gl'inter$tizij trà di loro, e ri- $petto à Gioue $ono errati qua$i tutti per mancamento, com'io credo, di modo, e di $trumento da potergli mi$urare; Terzo vi $ono grandi errori nella permutazione delle $telle, $cambiando- le il più delle volte l'vna dall'altra, e confondendo le $uperiori con l'inferiori, $enza ricono$cerle di $era in $era; le quali co$e gli $ono $tate cau$a dell'inganno.

La $tella D, notata nella figura delli 30. di Marzo, fù quella, che de$criue il cerchio maggiore intorno a Gioue, & all'hora $i ritrouaua nell a ma$$ima digre$$ione, cioè nella $ua media lon- gitudine, e qua$i $tazionaria, e lontana da Gioue circa à 15. minuti (che tanto è il $emidiametro del $uo cerchio) e non 6. come Apelle, giudicando tali interualli così à vi$ta, doue è Delle Macchie Solari grande occa$ione d'allucinar$i; po$ta dunque tale, qual vera- mente fù, la $ua di$tanza da Gioue, & e$$endo, che la $tella E, fo$$e veduta vn poco più occidentale di lei, beni$$imo incontra, che per la retrogradazion di Gioue; ella $i mo$tra$$e, quanto al- la longitudine, congiunta con lui il di 8. d'Aprile. Si è di più grauemente ingannato Apelle nel voler concluder, che il moto di que$ta $tella E, fo$$e più veloce di quel della $tella D. E prima s'inganna à dir, che l'angolo contenuto da lei dalla $tella D, e da Gioue, li 30. di Marzo, fo$$e ottu$o, cauando$i da i $uoi me- de$imi detti, e$$er di nece$$ità $tato acuto; poiche la longitudi- ne della $tella D, à Gioue fù allhora (dice egli) min. 6. e tanta fù la latitudine au$trale della $tella E, & il $uo interuallo da Gioue min. 8. mà in vn triangolo equicrure, che habbia cia$cu- no de' lati equali 6. e la ba$e 8. l'angolo compre$o da e$$i lati è nece$$ariamente acuto, e non ottu$o, e$$endo il quadrato di 8. men che doppio del quadrato di 6. E fal$o, oltre à ciò, che tale e $i mantene$$e $ino alli 5. d'Aprile; prima perche la $tella D, delli 5. d'Aprile $egnata occidentale da Gioue, non è la $tella D, delli 30. di Marzo; anzi que$ta D, di Marzo, e poi l'orien- tali$$ima pre$$o all'e$tremità B, delli 5. d'Aprile, con la quale ella non contiene altramente angolo acuto, mà ottu$i$$imo, @@ in con$equenza è fal$o quello, che concludeua Apelle, cioè, che il mouimento della $tella E, $ia più veloce, anzi è molto più tar- do, che quello della D, oltre che quando ben e fu$$e più veloce non sò quello, che ciò conclude$$e per mo$trar la $tella E, e$$er mobile, e non $i$$a; potendo$i referir la cau$a d'ogni di$agua- glianza nel mouimento della D. Ce$$a per tanto que$ta prima ragione, anzi conclude l'oppo$ito di quello, à che ella fù in- drizzata. Mà più, qual'incon$tanza è que$ta d'Apelle à voler, per prouare vna $ua fanta$ia, $uppor in que$to luogo, che le $telle notate nelle $ue o$$eruazioni, e contra$egnate co i mede$i- mi caratteri, $i con$eruino le mede$ime? dicendo poi poco più à ba$$o creder fermamente che le $i vadino continuamente pro- ducendo $ucce$$iuamente, e di$$oluendo, $enza ritornar mai l'i$te$$e? E $e que$to è, qual co$a vuol egli, ò può raccor da que- $ti $uoi di$cor$i? All'altra ragione, che Apelle adduce pur in Del Sig. Galileo Galilei. confirmazione della vera e$i$tenza del $uo quinto pianeta Gio- uiale, non mi permettendo la fede, e l'auttorità, ch'ei tiene ap- pre$$o dime, ch'io metta dubbio nel, _an $it_, non po$$o dir altro, $e non che io non $on capace, come po$$a accadere, che vna $tella veduta col Tele$copio di mole, e $plendore pari ad vna della prima grandezza po$$a in manco di 10. giorni, e quel che più mi confonde $enza muouer$i più d'vn quarto, ò di vn'otta- uo di grado, anzi per più ver dire $enza punto mutar luogo, po$$a dico diminuir$i in maniera, che anco del tutto $i perda. Non sò che $imil portento $ia mai $tato veduto in Cielo, fuori che le due nominate $telle nuoue del 72. in Ca$$iopea, e del 604. nel $erpentario: e $e que$ta fù vna tal co$a, ò tanto inferior di cond zione, quanto men lucida, e più fugace, prouido fù il con$iglio di Apelle nel procurargli durazion, e lume dall'Illu- $iri$$ima ca$a Vel$era. Non $on dunque le Giouiali, nè l'altre $telle macchie, ed ombre, nè l'ombre, e macchie $olari $ono $telle. Ben'è vero, ch'io metto così poca difficoltà $opra i nomi, anzi pur sò, ch'è in arbitrio di cia$cuno l'imporgli à modo $uo, che tuttauolta, che col nome altri non crede$$e di conferirgli le condizioni intrin$eche, & e$$enziali, poco ca$o farei del nomi- narle $telle in quella gui$a, che $telle $i di$$ero le $opranominate del 72. e del 604. $telle nominano i Meteorologici le crinite, le cadenti, e le di$correnti per aria, & e$$endo in fin perme$$o à gli amanti, & à Poeti chiamare $telle gli occhi delle lor donne.

# Quando $i vidde il $ucce$$or d'A$tolfo # Sopra apparir quelle ridenti $telle.

Con $imile ragione potran$i chiamare $telle anco le macchie $olari, mà e$$enzialmente haueranno condizioni differenti non _Paragone_ _delle $telle_ _vere con_ _le macchie_ _del Sole._ poco dalle prime $telle. Auuenga che le vere $telle ci $i mo$tra- no $empre di vna $ola figura, & è la regolari$$ima frà tutte, e le macchie d'infinite, & irregolari$$ime tutte. Quelle con$i$ten- ti, nè mai mutate$i di grandezza, ò di forma, e que$te in$tabili $empre, e mutabili, Quelle l'i$te$$e $empre, e di permanenza, che $upera le memorie di tutti i $ecoli decor$i, que$te generabi- li, e di$$olubili dall'vno all'altro giorno. Quelle non mai vi$i- bili, $e non piene di luce, que$te o$cure $empre, e $plendide Delle Macchie Solari non mai. Quelle, ò in tutto immobili, ò mobili ogn'vna per $e di moti proprij, regolari, e trà di loro differenti$$ime, que$te mobili di vn moto $olo commune à tutte, regolare $olamente in vniuer$ale, mà da infinite particolari di$agguaglianze altera- to. Quelle co$tituite tutte in particolare in diuer$e lontanan- ze dal Sole; e que$te tutte contigue, ò in$en$ibilmente remote dalla $ua $uperficie. Quelle non mai vi$ibili, $e non quando $o- no a$$ai $eparate dal Sole, que$te non mai vedute, $e non con- giuntegli. Quelle di materia probabili$$imamente den$a, & opa- ci$$ima, que$te rare à gui$a di nebbia, ò fumo. Hora io non sò per qual ragione le macchie $i deuino a$criuere trà quelle co$e, con le quali non hanno pure vna particolar conuenienza, che non ve l'habbino ancora cento altre, che $telle non $ono più pre- $to, che trà quelle, con le quali mo$trano di conuenire in ogni particolare. Io le agguagliai alle no$tre nugole, ò à fumi, e certo chi vole$$e con alcuna delle no$tre materie imitazione, non credo, che facilmente $i troua$$e più aggiu$tata imitazione, _Imitazio-_ _ne delle_ _macchie._ che'l porre $opra vna rouente pia$tra di ferro alcune piccole $tille di qualche bitume di difficil combu$tione, il quale sù'l fer- ro imprimerebbe vna macchia nera, dalla quale, come da $ua radice $i eleuerebbe vn fumo o$curo, che in figure $trauaganti, e mutabili $i anderebbe $pargendo: E $e alcuno pur vole$$e opi- nabilmente $timare, che alla re$taurazione dell immen$a luce, che da $i gran lampada continuamente $i di$$onde per l'e$pan- $ion del mondo face$$e di me$tiere, che continuamente fu$$e $ommini$trato pabulo, e nutrimento, ben'hauerebbe non vna $ola, mà 100. e tutte l'e$perienze concordemente fauoreuoli, nelle quali vediamo tutte le materie fatte pro$$ime all'incen- der$i, e conuertir$i in luce, ridur$i prima ad vn color nero, @@ o$curo, e così vediamo ne legni, nella paglia, nella carta, nelle candele, & in $omma in tutte le co$e ardenti e$$er la fiamma impiantata, e $orgente dalle contigue parti di tali materie pri- ma conuettite in color nero; e più direi, che for$e più accurata- mente o$$eruando le $opranominate piazzette lucide più del re- $to del di$co $olare, $i potrebbe ritrouare, quelle e$$er i luoghi mede$imi doue poco auanti $i fo$$ero di$$olute alcune delle Del Sig. Galileo Galilei macchie più grandi. Io però non intendo di a$$erire alcuna di que$te co$e per certa, nè di obligarmi à $o$tenerla, non mi pia- cendo di me$colar le co$e dubbie tra le certe, e re$olute.

Di quà dall'Alpi va attorno, come intendo, tra non piccol numero de i Filo$ofi Peripatetici, à i quali non graua il filo$o- _Opinione_ _che le mac_ _chie $iano_ _cögerie di_ _$telle mi-_ _nuti$$ime,_ _e $ue e$$a-_ _me, e re-_ _futazione._ $ofare per de$iderio del vero, e delle $ue cau$e (perche altri, che indifferentemente negano tutte que$te nouità, e $ene bur- lano, $timandole illu$ioni; è hormai tempo, che ci burliamo di loro, e che e$$i re$tino inui$ibili, & inaudibili in$ieme) và at- torno dico per difender l'inalterabilità del Cielo (la qua- le for$e Ari$totele mede$imo in que$to $ecolo abbandonareb- be) vna opinione, conforme à que$ta d'Apelle, e $olamente diuer$a, che doue egli pone per cia$cuna macchia vna $tella $ola; que$ti fanno le macchie, congerie di molte minuti$$ime le quali con loro differenti mouimenti aggregando$i, hor'in maggior copia, hora in minore, e quindi $eparando$i, formino, e maggiori, e minori macchie, e di $regolate, e diuer$i$$ime $igu- re: io già che hò pa$$ato il $egno della breuità con V. S. $i che ella è per leggere in più volte la pre$ente lettera, mi prenderò libertà di toccare qualche particolare $opra que$to punto. Nel quale il primo concetto, che mi viene in mente è, che i $egua- ci di que$ta opinione non habbino hauuto occa$ione di far molte, e molto diligenti, e continuate o$$eruazioni, perche mi per$uado, ò che alcune difficoltà gli hauerebbono re$i non poco dubij, e perple$$i nell'accommodare vna tal po$izione alle ap- parenze; perche $e bene è vero in genere, che molti oggetti, benche per la lor piccolezza, ò Iontananza inui$ibili, cia$cuno per $e $olo, vniti in$ieme po$$ono formare vn'aggregato, che diuenga percettibile alla no$tra vi$ta, tuttauia non è da fermarfi sù que$ta generalità; ma bi$ogna, che de$cendiamo à i partico- lari proprij delle $tellè, & à quelli, che $i o$$eruano nelle mac- chie, e che diligentemente andiamo e$aminando, con qual concordia que$ti, e quelli po$$ino me$chiar$i, e conuenire in- $ieme; E per non far, come quel Ca$tellano, che $endo con pic- col numero di $oldati alla dife$a d'vna fortezza, per $occorrer quella parte, che vede a$$alita, vi accorre con tutte le forze, Delle Macchie Solari la$ciando intanto altri luoghi indife$i, & aperti, conuiene, che mentre ci sforziamo di difender l'immutabilità del Cielo, non ci $cordiamo de i pericoli, à i quali per auuentura potrian o re- $tar e$po$te altre propo$izioni pur nece$$arie alla con$eruazione della filo$ofia Peripatetica. E però $e que$ta deue re$tare nella $ua integrità, e $aldezza, conuiene, che per mantenimento d'al- tre $ne propo$izioni, diciamo primieramente delle $telle altre e$$er fi$$e, altre erranti, chiamando fi$$e quelle, che $endo tutte in vn mede$imo Cielo al moto di quello $i muouono tutte, re- $tando intanto immobili trà di loro; mà erranti quelle, che han- no ogn'vna per $e mouimento proprio; affermando di più, che le conuer$ioni non meno di que$te, che di quelle, $ono cia$che- duna equabile in $e mede$ima, non conuenendo dare alle lor motrici intelligenze briga di affaticar$i hor più, hor meno, che $aria condizione troppo repugnante alla nobiltà, & alla inalte- rabilità loro, e delle sfere. Stanti que$te propo$izioni non $i può primieramente dire, che tali $telle $olari $ien fi$$e, perche quando non $i muta$$ero trà di loro, impo$$ibil $arebbe vedere le mutazioni continue, che pur $i $corgono nelle macchie, mà $empre vedremmo ritornar le mede$ime configurazioni; re$ta dunque, che le $iano mobili cia$cheduna per $e di mouimenti di$eguali frà di loro; mà ben cia$cuno equabile in $e mede$imo, & in tal gui$a potrà $eguire l'accozzamento, e la $eparazione di alcuna di loro; ma non però potranno mai formar le macchie; ilche intenderemo, con$iderando alcuni particolari, che nelle macchie $i $corgono: vno de' quali è, che vedendo$ene alcune molto grandi produr$i, e di$$oluer$i, è forza, che le fiano com- po$te, non di due, ò di quattro $telle $olam\~ete, mà di 50. e 100. perche altre macchiette pur $i veggono minori della cinquan- te$ima parte d'vna delle grandi; $e dunque vna di que$te $i di$- $olue, $iche totalmente $uani$ca da gli occhi no$tri, è nece$$a- rio, che la $i diuida in più di 50. $tellette, cia$cheduna delle quali hà il $uo proprio, e particolar moto equabile, e differen- te da quello d'ogn'altra: perche due, che haue$$ero il moto commune non $i congiugnerebbono, ò non $i $epararebbono giamai in faccia del Sole. Mà $e que$te co$e $on vere, chi non Del Sig. Galileo Galilei. vede e$$ere a$$olutamente impo$$ibile la formazione delle mac- chie? E ma$$ime durando e$$e non $olamente molte hore, ma molti giorni, $icome è impo$$ibile, che cinquanta barche, mo- uendo$i tutte con velocità differenti $i vni$chino giamai; e per lungo $pazio vadino di con$erua. Quando le $tellette fu$$ero di$unite, e però inui$ibili non potriano e$$ere, $e non per lunghi ordini di$po$te, l'vna dopò l'altra, $econdo la lunghezza de'lor paralleli, nei quali ($icome nelle vi$ibili macchie $i $corge) tut- te ver$o la mede$ima parte $i vanno mouendo; onde _tantum_ _abe$t_, che 40. ò 50. ò 100. di loro pote$$ero tanto frequente- mente aggregarfi, e così vnite per lungo $pazio con$eruar$i, che per l'oppo$ito rari$$ime volte accader potrebbe, che trà moui- menti di$eguali cade$$e $i numero$o concor$o di $telle in vn $ol luogo: mà a$$olutamente poi $arebbe impo$$ibile che e' non fi di$$olue$$e in breui$$imo tempo; e pur all'in contro $i veggono molte macchie con$eruar$i talhora per molti giorni con poca alterazion di figura. Chi dunque vorrà $o$tener, le macchie e$- $er congerie di minute $telle, bi$ogna che introduca nel Cielo, & in e$$e $telle mouimenti innumerabili, tumultuarij, difformi, e lontani da ogni regolarità, il che non ben con$uona con alcu- na probabil filo$ofia.

Sarà di più nece$$ario porle più numero$e di tutte l'altre vi$i- bili $telle; perche $e noi riguarderemo la moltitudine, e gran- dezza di tutte le macchie, che tal volta $i $on vedute $otto l'E- misferio d@l Sole, e quelle andremo ri$oluendo in particelle così piccole, che diuenghino incon$picue, troueremo bi$ognar che nece$$ariamente le $iano molte centinaia, & e$$endo di più credibile, che altre ne $iano non $olamente $opra l'altro Emisfe- rio; ma dalle bande ancora del Sole, non $i potrà ragioneuol- mente sfuggire di douer porle oltre al migliaio. Hor qual $im- metria $i andrà con$eruando trà le lontananze delle $telle erran- ti, & i tempi delle lor conuer$ioni, $e di$cendendo dall'immen- $o cerchio di Saturno $in'all'angu$ti$$imo di Mercurio non s'iu- contrano più di 10. ò 12. $telle, ne più di 6. conuer$ioni di pe- riodi differenti intorno al Sole, douendone poi collocar centi- naia, e migliaia dentro à così piccolo orbe? che pur $aria nece$- Delle Macchie Solari $ario racchiuderle dentro alle digre$$ioni di Mercurio, poiche giamai non $i rendono vi$ibili in a$petto lucido, e $eparate dal Sole; Mà che dico io di racchiuderle dentro all'orbe di Mercu- rio? diciamo pure, che e$$endo$i nece$$ariamente dimo$trato, le macchie e$$er tutte contigue, ò in$en$ibilmente remote dalla $uperficie del Sole, bi$ogna à chi le vuol far creder congerie di minute $telle, trouar prima modo di per$uadere, che $opra la $olar $uperficie, molte, e molte centinaia di globi o$curi, e den- _Ridicoli_ _vrti, e cal_ _ca di folte_ _$telle._ $i vadino $erpendo con differenti velocitadi, e $pe$$o vrtando$i, e trà di loro facendo$i o$tacolo, onde le $cor$e de più veloci re- $tino per alcuni giorni impedite da i più pigri, $i che dal con- cor$o di grã moltitudine $i formino in molti luoghi varij drap- pelli di ampiezza à noi vi$ibile, $in tanto che la calca della $o- prauegnente moltitudine, sforzando finalmente i precedenti, $i faccia $trada; e $i di$perda il gregge. A grandi angu$tie bi$o- gna ridur$i, e poi per $o$tener che? e con quale effcacia dimo- _Alterazia_ _mi non $o-_ _no incon-_ _uenienti,_ _ne di pre_ _giudicio_ _al Cielo._ $trato? per mantenere la materia cele$te aliena dalle condizio- ni elementari, in$ino da ogni picciola alterazioncella. Se quel- la, che vien chiamata Corruzzione, fo$$e annichilazione haue- rebbono i Peripatetici qualche ragione à e$$ergli così nemici; mà, $e non è altro, che vna mutazione, non merita cotanto odio; ne parmi, che ragioneuolmente alcuno $i querela$$e della corruzion dell'vouo, mentre di quello $i genera il pulcino. In oltre, e$$endo que$ta, che vien detta generazione; e corruzio- ne, $olo vna piccola mutazioncella in poca parte de gli elemen- ti, e quale nè anco dalla Luna, orbe pro$$imo, $i $corgerebbe, perche negarla nel Cielo? pen$ano for$e, argomentando dalla parte al tutto, che la Terra $ia per di$$oluer$i, e corromper$i tutta in gui$a, che fia per venir tempo, nel quale il mondo, ha- uendo Sole, Luna, e l'altre $telle, $ia per trouar$i $enza Terra? non credo già, che habbino tal $o$petto. E $e le fue piccole mutazioni non minacciano alla Terra la $ua total de$truzione, nè gli $ono d'imperfezione, anzi di $ommo ornamento, perche priuarne gli altri corpi mondani, e temer tanto la di$$oluzione del Cielo, per alterazioni non più di que$te nemiche, della na- tural con$eruazione? Io dubito, che'l voler noi mi$urar il tutto Del Sig. Galileo Galilei. con la $car$a mi$ura no$tra, ci faccia incorrere in $trane fanta- $ie, e che l'odio no$tro particolare contro alla morte, ci renda odio$a la fragilità.

Tuttauia non sò dall'altra banda, quanto per diuenir manco mutabili, ci fo$$e caro l'incontro d'vna te$ta di Medu$a, che ci conuerti$$e in vn marmo, ò in vn diamante, $pogliandoci de' $en$i, e di altri moti, li quali $enza le corporali alterazioni in noi $u$$i$ter non potrebbono. Io non voglio pa$$ar più inanzi, ne entrar à e$aminare la forza delle Peripatetiche ragioni, al che mi ri$erbo in altro tempo, Que$to $olo $oggiugnerò: parer- _Nõ $eguir_ _$chietta-_ _mente il_ _vero, nel_ _filo$ofare;@_ _degno di_ _molto @ia$_ _mo._ mi azione non interamente da vero filo$ofo, il voler per$i$tere, $iami lecito dir, qua$i o$tinatamente in $o$tener conclu$ioni Pe- ripatetiche $coperte manife$tamente fal$e; per$uadendo$i for$e, che Ari$totele, quando nell'età no$tra $i ritroua$$e, fo$$e per far il mede$imo: qua$i che maggior $egno di perfetto giudizio, e più nobil effetto di profonda dottrina $ia il difendere il fal$o, che'l re$tar per$ua$o dal vero. E parmi, che $imili ingegni die- no occa$ione altrui di dubitare, che loro per auuentura apprez- zin manco l'e$attamente penetrar la forza delle Peripatetiche, e delle contrarie ragioni, che'l con$eruar l'imperio all'autorità d'Ari$totele, come ch'ella $ia ba$tante con tanto lor minor tra- uaglio, e fatica, à $chiuargli tutte l'oppo$izioni pericolo$e, quanto è men difficile il trouar te$ti, e'l confrontar luoghi, che l'inue$tigar conclu$ioni vere, e'l formar di loro nuoue, e con- cludenti dimo$trazioni. E parmi oltre à ciò, che troppo vo- gliamo abba$$ar la condizion no$tra, e non $enza qualche offe$a della Natura, e direi qua$i della Diuina benignità (la quale per aiuto all'intender la $ua gran co$truzione ci hà conceduti 2000. anni più d'o$$eruazioni, e vi$ta 20. volte più acuta, che ad Ari$totele) col voler più pre$to imparar da lui quello, ch'egli ne $eppe, nè potette $apere, che da gli occhi no$tri, e dal no- $tro proprio di$cor$o. Mà per non m'allontanar più dal mio principal intento: Dico ba$tarmi per hora l'hauer dimo$trato, _Conclu-_ _$ione._ che le macchie non $ono $telle, nè materie con$i$tenti, nè loca- te lontane dal Sole, mà che $i producono, e di$$oluono in- torno ad e$$o con maniera non di$$imile à quella delle Delle Macchie Solari nugole, ò altre fumo$ità intorno alla Terra.

Que$to è quanto per hora m'è par$o di dire à V.S. Illu$tri$$i- ma in propo$ito di que$ta materia, la quale io credeua, che do- ue$$e e$$ere il $igillo di tutti i nuoui $coprimenti, che hò fatti nel Cielo, e che per l'auuenire mi fo$$e per re$tar ozio libero di poter tornare, $enza interrompimenti, ad altri miei $tudij, già che mi era anco felicemente $ucceduto l'inue$tigare do pò mol- te vigilie, e fatiche i tempi periodici di tutti i quattro Pianeti _Tauole@_ _per i calco_ _li de Pia-_ _neti Me-_ _dicei fatte_ _dall' Au-_ _tore._ Medicei, e fabricarne le tauole, e cio che appartiene à calcoli, & altriloro particolari accidenti, le quali co$e in breue man- derò in luce, con tutto il re$to delle con$iderazioni fatte intor- no all'altre cele$ti nouità: mà è re$tato fallace il mio pen$iero per l'ina$pettata merauiglia, con la quale Saturno è venuto vl- timamente à petturbarmi, di che voglio dar conto à V.S.

Già le $cri$$i, come circa à 3. anni fà $coper$i con mia gran- _Nuoua, e_ _ina$petta-_ _@a mera-_ _uiglia di_ _Satur no._ de ammirazione Saturno e$$er tricorporeo, cioè vn aggregato di tre $telle di$po$te in linea retta parallela all'equinoziale, delle quali la media era a$$ai maggiore delle laterali: que$te furono credute da me e$$er immobili trà di lo@o; ne fù la mia creden- za irragioneuole, poiche, hauendole nella prima o$$eruazione vedute tanto propinque, che qua$i mo$trauano di toccar$i, e tali e$$endo$i con$eruate per più di due anni, $enza appatire in loro mutazione alcuna, ben doueuo io credere, che le fo$$ero trà di $e totalmente immobili; perche vn $olo minuto $econdo (mouimento incomparabilmente più lento di tutti gli altri, an- co delle ma$$ime sfere) $i $arebbe in tanto tempo fatto $en$ibile, ò col $eparare, ò coll'vnire totalmente le tre $telle. Tri$orme hò veduto ancora Saturno que$t'anno circa il $ol$tizio e$tiuo, @@ hauendo poi interme$$o di o$$eruarlo per più di due me$i, come quello, che non metteuo dubbio $opra la $ua co$tanza, final- _Saturno_ _$olitarie._ mente tornato à rimirarlo i giorni pa$$ati, l'hò ritrouato $olita- rio, $enza l'a$$i$tenza delle con$uete $telle, & in $omma perfet- tamente rotondo, e terminato, come Gioue, e tale $i và tutta- uia mantenendo. Hora che $i hà da dire in così $trana meta- morfo$i? for$e $i $ono con$umate le due minori $telle, al modo delle macchie $olari? for$e $ono $parite, e repentinamente fug- Del Sig. Galileo Galilei. gite? for$e Saturno $i hà diuorato i proprij figli? ò pure è $tata illu$ione, e fraude, l'apparenza con la quale i cri$talli hanno per tanto tempo ingannato me con tanti altri, che meco molte volte gli o$$eruarono? E for$e hora venuto il tempo di rinuerdir la $peranza già pro$$ima al $eccar$i, in quelli, che retti da piu profonde contemplazioni, hanno penetrato tutte le nuoue o$- $eruazioni e$$er fallacie, nè poter in veruna maniera $u$$i$tere? Io non hò che dire co$a re$oluta in ca$o così $trano, inopinato, e nuouo, la breuità del tempo, l'accidente $enza e$empio, la de- bolezza dell'ingegno, e'l timore dell'errare mi rendeno grande- mente confu$o. Mà $iami per vna volta perme$$o di v$are vn poco di temerità, la quale mi dourà tanto più benignamente e$$er da V.S. perdonata, quanto io la confe$$o per tale, e mi pro- te$to, che non intendo di regi$trar quello, che $on per predire, _Predizio-_ _ne delle_ _mutazio-_ _ni di Sa-_ _turno per_ _coniettu-_ _ra._ trà le propo$izioni dependenti da principij certi, e conclu$ioni $icure, mà $olo da alcune mie veri$imili conietture, le quali allhora farò pale$i, quando mi bi$ogneranno, ò per mo$trare la $cu$abile probabilità dell'opinione, alla quale per hora inclino, ò per $tabilire la certezza dell'a$$unta conclu$ione qual volta il mio pen$iero incontri la verità. Le propo$izioni $on que$te. Le due minori $telle Saturnie, le quali di pre$ente $tanno cela- te, for$e $i $copriranno vn poco per due me$i, intorno al Sol- $tizio e$tiuo dell'anno pro$$imo futuro 1613. e poi s'a$conde- ranno, re$tando celate $in ver$o il brumal $ol$tizio dell'anno 1614. circa il qual tempo potrebbe accadere, che di nuouo per qualche me$e face$$ero di $e alcuna mo$tra, tornando poi di nuouo ad a$conder$i $in pre$$o all'altra $eguente bruma; al qual tempo credo bene con maggior ri$olutezza, che torneranno à comparire, ne più $i a$conderanno, $e non che nel $eguente $ol- $tizio e$tiuo, che $arà dell'anno 1615. accenneranno alquanto di voler$i occultare, mà non però credo, che $i a$conderanno interamente, mà ben tornando poco doppo à pale$ar$i, le vedremo di$tintamentc, e più che mai lucide, e grandi, e qua$i ri$olutamente ardirei di dire, che le vedremo per molti anni $enza interrompimento veruno. Sicome dunque del ritorno io non ne dubito, così vò con ri$erbo ne gli altri particolari acci- Delle Macchie Solari denti, fondati per hora $olamente $u probabil coniettura; mà ò $uccedino cosi per appunto, ò in altro modo, dico bene à V.S. che que$ta $tella ancora, e for$e non men, che l'apparenza di Venere cornicolata, con ammirabil maniera concorre all'accor- damento del Gran Si$tema Copernicano, al cui pale$amento vniuer$ale veggon$i propizij v\~eti indirizzarci con tanto lucide $corte, che hormai poco ci re$ta da temere tenebre, ò trauer$ie.

Fini$co di occupar più V. S. Illu$tri$s. mà non $enza pregarla ad offerir di nuouo l'amicizia, e la $eruitù mia ad Apelle; e $e lei determina$$e di fargli vedere que$ta lettera, la prego à non la mandar $enza l'accompagnatura di mie $cu$e, $e for$e gli pa- re$$e, ch'io troppo di$$enti$$i dalle $ue opinioni, perche non de$iderando altro, che'l venire in cognizion del vero, hò libe- ramente $piegata l'opinion mia, la quale $on anco di$po$to à mutare qualunque volta mi $ieno $coperti gli errori miei, e ter- rò obligo particolare à chiunque mi farà grazia di pale$argli, e ca$tigargli.

Bacio à V.S. Illu$tri$s. le mani, e caramente la $aluto d'ordine dell'Illu$tri$s. Sig. Filippo Saluiati, nella cui ameni$$ima Villa mi ritrouo à continuar in $ua compagnia l'o$$eruazioni cele$ti. N. Sig. Dio gli conceda il compimento d'ogni $uo de$iderio. Dalla Villa delle Selue il 1. di Decembre 1612.

Di V.S. Illu$tri$$ima

Deuoti$s. Ser.<_>re

Galileo Galilei Linc.

MOEDICEORVM PLANETARVM ad inuicem, et ad IOVEM Coristitutiones, futuræ in Mensibus Martio et Aprile An: M D CXIII. à GALILEO G.L. earundem Stellarū, nec non Periodicorum ipsarum motuum Repertore primo, Calculis collectæ ad Meridianum Florentiæ Mart{ij} Die 1. Hor. 3 ab Occasu. Hor. 4. Hor. 5. Die 2 H 3 Die 3 H 3 Die 4 H: 3 Die 5 H: 2. H: 3 Pars versus Ortum Pars versus occ. Die 6 H. 1. 30 H. 3 Die 7. H. 2 Die 8. H. 2 Die 9. H. 3 Die 10. H. 3. Die 11. H. 2. Die 12 H: 2. H: 3. H: 4. H: 5. Mart{ij} Die. 13. Ho. 1 Ho: 2 Ho: 3.20 Die 14 Ho:2 Ho:9 Die 15. Ho: 2. Die 16. Ho: 2. Die 17. Ho: 2. Die 18. Ho: 2. Ho. 5 Ho: 6 Ho: 7 Die. 19 Ho: 2 Ho: 3 Die. 20 Ho: 3 Ho: 4.30 Die 21. Ho: 1 H. 3 Ho 5 Ho. 6 Die. 22. Ho. 1 H2 Mart{ij} Di. 23. Ho. 1. Di. 24. Ho. 1. Di. 25. Ho. 1. Ho. 1. 30. Di. 26. Ho. 1. Ho. 5 Di. 27. Ho. 1 Di. 28. Ho. 1. Di. 29. Ho. o. 30 Ho. 1 Ho 1. 30 Di. 30. Ho. 1. Ho. 2.50 Di. 31. Ho. 1. April. Di. 1. Ho. 1. Ho. 2. 30 Di. 2. Ho. 9 Ho. 10. 30 Di. 3. Ho. 1. Di. 4. Ho. 1. Di. 5. Ho. 1. Ho. 3 Di. 6. Ho. 1. Ho. 4. April Di. 7. Ho. 2 Ho. 4. Ho. 5 Di. 9. Ho. 1 Di. 10. Ho. 1 Di. 11. Ho. 1. Di. 12. Ho. 1. Ho. 4.20 Ho. 5. Di. 13. Ho. 1 Di. 14. Ho. 1. Ho. 2. Di. 15. Ho. 1. Di. 16. Ho. 1. Ho. 10. Di. 17. Ho. 1. Di. 18. Ho. 1. Di. 19. Ho. 1. Di. 20. Ho. 1 Di. 21. Ho. 1. Ho. 2. Di. 22. Ho. 1. Di. 23. Ho. 1. Ho. 8. April Di. 24. Ho. 1. Ho. 2. Ho. 3. Ho. 4. Di. 25. Ho. 1. Di. 26. Ho. 1. Di. 27. Ho. 1. Di. 28. Ho. 1. Ho. 3. Di. 29. Ho Di. 30. Ho. 1. Ma{ij} Di. 1. Ho. 1. Ho. 2. Ho. 3. Di. 2. Ho. 1. Di. 3. Ho. 1. Ho. 5. Di. 4. Ho. 1. Di. 5. Ho. 1 Ho. 5. Di. 6. Ho. 1. Di. 7. Ho. 1. Di. 8. Ho. 1. Ho. 2.20. Ho. 4. Po$critta.

LE Co$tituzioni delle Medicee, che inuio à V. S. Illu$tri$s. $ono per li due me$i Marzo, & Aprile, e più $ino à gl'otto di Maggio, & altre potrò in- uiargliene alla giornata, e per auentura più e$at- te, ma ficuramente più commode ad e$$er' rin- contrate con le apparenti po$iture, ri$petto alla $tagione più remperata, & all'hore meno importune. In tanto circa que$te $ono alcune confiderazioni, che è bene $ieno accennate à V. S. e per lei ad Apelle, ò ad altri à chi accade$$e farne i rincontri; E prima è da auuertire, che le Stelle vicini$$ime al corpo di Gioue, per il molto fulgor' di quello non $t veggono facilmen- te $e non da vi$ta acuti$$ima, e con eccellente $trumento, mà le mede$ime nell'allontanar$i, v$cendo fuori dell'irradiazione, @@ in con$equenza $coprendo$i, meglio, dan $egno, come poco auanti erano veramente pro$$ime ad e$$o Gioue; come per e$em- pio. Nelle tre co$tituzioni della prima notte di Marzo la $tella occidentale vicini$$ima à Gioue non $i vedrà nella prima o$$eruazione delle tre hore ab Occa$u, $endogli qua$i contigua, mà perche $i allontana da quello alle 4. hore potrà veder$i, e meglio alle 5. e'n tutto'l re$to della notte. La Stella orientale pro$$ima à Gioue della notte 9. di Marzo con fatica $i vedrà al- l'hora notata, mà perche $i allontana da e$$o, nelle hore $e- guenti $i vedrà beni$$imo. Il contrario accaderà della Orien- tale del giorno 15. dell'i$te$$o me$e, perche all'hora notata pottà, $endoui po$ta diligente cura, e$$er veduta, che non molto dopò, mouendo$i ver$o Gioue $i offu$cherà frà i $uoi raggi. Vero è, che vna di e$$e quattro, per e$$er' alquanto mag- gior dell'altre tre, quando l'aria è ben'$erena (il che $omma- mente importa in que$to negozio, $i di$tingue anco $in qua$i all'i$te$$o toccamento di Gioue, come $i potrà o$$eruare nella pro$$ima occidentale delli 22. di Marzo, la quale $e gli andrà acco$tando, e $i potrà $corgere $ino à grandi$$ima vicinità.

Mà più merauiglio$a cagione dell'occultazione di tal'vna di loro è quella, che deriua da gl'Ecli$$i varij, à i quali $ono va- riamente $oggette mercè delle diuer$e inclinazioni del cono dell'ombra dell'ifte$$o corpo di Gioue, il quale accidente con- fe$$o à V.S. che mi trauagliò non poco auanti, che la $ua cagio- ne mi cade$$e in mente. Sono tali Ecli$$i, hora di lunga dura- zione, hora di breue, e tal'bora inui$ibili à noi, e que$te diuer- $ità na$cono dal mouimento annuo della Terra, dalle diuer$e latitudini di Gioue, e dall'e$$ere il Pianeta, che $i ecli$$a de i più vicini, ò de più lontani da e$$o Gioue, come più di$tinta- mente $entirà V.S. à $uo tempo; in que$to anno, e ne i dui $e- guenti non haremo Eccli$$i grandi; tuttauia quello, che $i ve- drà $arà que$to. Delle due $telle orientali della notte 24. d'A- prile, la più remota da Gioue $i vedrà nel modo, e nel tempo de$critto, mà I'altra più vicina non apparirà, benche $eparata da Gioue, re$tando immer$a nell'ombra di quello; mà circa le cinque hore di notte v$cendo dalle tenebre, vedra$$i improui- ui$amente comparite lontana da Gioue qua$i due diametri di e$$o. Il 27. pur di Aprile il Pianeta Orientale pro$$imo à Gio- ue non $i vedrà $ino circa le 4. hore di notte, dimorando $ino à quel tempo nell'ombra, v$cirà poi repentinamente, e $corge- ra$$i già lontano da Gioue qua$i vn diametro, e mezzo. O$$er- uando diligentemente la fera del primo di Maggio $i vedrà la $tella Orientale vicini$$ima à Gioue, mà non prima, che da e$$o $i $arà allontanata per vn $emidiametro di e$$o Gioue, re- $tando prima nelle tenebre; & vn' $imile effetto $i vedrà li otto dell'i$te$$o me$e. Altri Ecli$$i piu notabili, e maggiori, che $eguiranno dopò, gli $aranno da me mandati con l'altre cofti- tuzioni. Voglio finalmente mettere in con$iderazione al di- $creti$$imo $uo giudizio, che non voglia prender' merauiglia, anzi, che faccia mie $cu$e, $e quanto gli propongo non ri$con- tra$$e così puntualmente con l'e$perienze, e o$$eruazioni da far$i da lei, ò da altri, perche molte $ono le occa$ioni dell'er- rare, vna è qua$i ineuitabile, e l'inauertenza del calcolo; oltre à que$to la piccolezza di que$ti Pianeti, e l'o$$eruar$i col Te- le$copio, che tanto, e tanto aggrandi$ce ogni oggetto veduto, fa, che circa i congre$$i, e le di$tanze di tali $telle l'error $olo di vn' minuto $econdo $i fà più apparente, e notabile, che altro fallo mille volte maggiore ne gl'a$petti dell'altre Stelle; ma quello, che più importa, la nouità della co$a, e la breuità del tempo, e il poter e$$er ne' mouimenti di e$$e $telle altre diuer- $ità, & anomalie oltre alle o$$eruate da me $in quì, appre$$o gl'intendenti dell'arte douranno rendermi $cu$ato, & il non hauere ancora gran numero di huomini, in molti migliai d'an- ni perfettamente ritrouati i periodi, & e$plicate tutte le diuer- $ità dell'altre $telle vaganti, ben' farà $cu$abile, e fauorabile la cau$a di vn $olo, ch'in dui, ò tre anni non haue$$e puntual- mente $piegato il picciol Si$tema Giouiale, che come fabrica del $ommo Artefice creder $i deue, che non manchi di quegli artifizij, che per la lor grandezza $uperano di lungo interualìo l'intelletto humano.

Errori più con$iderabili occor$i nello $tampare, rimettendo al giudizio del Lettore gl'altri, & in particolare gl'atte- nenti alle virgole, e punti. _Fac._ # _Ver._ # _Errori_ # _Correzioni_ 10 # 8 # longa # lunga 10 # 19 # è'l non # , e'l non 13 # 7 # Oriente # Orizonte 14 # 24 # mattu tina, ò e- # ve$pertina, ò e$or # # $orto ve$ptino # to mattutino 15 # 28 # aggiongo # aggiungo. # 31 # lei # ella # 32 # $timo, # $timò; 16 # 11 # quindeci # quindici # 22 # medeme, ò nel # mede$ime, ò nel # # medemo # mede$imo # 31 # poiche # poi, che # 33 # repigliand' # ripigliand' 18 # 28 # alcuna # alcuno # 29 # $eguitarebbono # $eguiterebbono 19 # 25 # bi$ognarebbe # bi$ognerebbe 20 # 34 # nelle # mille # 36 # poco # poca 21 # 11 # trouaremo # troueremo 22 # 6 # re$tringer$i # ri$tringer$i 23 # 2 # fuori # furon' # 15 # lo ra$$omigli # le ra$$imigli # 30 # nigrezza # negrezza # 31 # vietarebbe # vieterebbe 24 # 8 # di$$oluano # di$$oluino # 15 # angu$ti # angu$ti; # 17 # deueno # debbino # 31 # Credo che # (Credo che # 32 # Medicei # Medicei) 26 # 1 # congionte # congiunte # 12 # ri$olue$$ero # di$$olue$$ero 27 # 28 # poco # poca 29 # 9 # longa # lunga # 29 # fatiga # fatica _Fac._ # _Ver._ # _Errori_ # _Correzioni_ 32 # 20 # vogliono # vogliamo 33 # 26 # longhezza # lunghezza 42 # 1 # la quale # il quale 55 # 18 # , quali # . Quali 102 # 33 # dalle quali # delle quali 103 # 12 # pol # può 105 # 28 # me # mi 106 # 14 # autore. # autore, 106 # 30 # ad e$$o # ade$$o # 33 # intieramente # interamente 107 # 13 # , io non # (io non # 16 # $uperflua, # $uperflua) 108 # 5 # ad interno # ed interno 110 # 9 # alias # aliàs 111 # 5 # longhezza # lunghezza 112 # 13 # manoamento # mancamento # 34 # Sole # Sole, 118 # 17 # AE, FB # AEFB # 18 # AC, DB # ACDB 119 # 24 # e centro # e fatto centro 121 # 17 # quelle # quello 128 # 24 # vede # rade # 31 # conienerebbe # cõuincerrebbe 129 # 6 # delli # delle # 17 # differenti, # differenti? 130 # 24 # lei # ella 133 # 2 # $telle per # Stelle. Per 134 # 16 # di lei # e di lei 135 # 8 # conuicini # circonuicini 136 # 34 # di # de 140 # 14 # equali # eguali 142 # 2 # differenti$$ime # differenti$$imi 143 # 24 # per$uado, ò che # per$uado, che 150 # 12 # di$$entiffi # di$$entiffi REGISTRO. ABCDEFGHIKLMNOPQRSTV. Tutti $ono fogli intieri, eccetto A, & T, che cia$cun è vn foglio, e mezo. INROMA, Appre$$o Giacomo Ma$cardi. MDCXUI. CON LICENZA DE' SVPERIORI. DE MACVLIS SOLARIBVS TRES EPISTOLÆ. DE @ISDEM ET STELLIS CIRCAIOVEM ERRANTIBVS. Di$qui$itio AD MARCVM VELSERVM Augu$tæ Vind. II. Virum Præf. APELLIS POST TABVLAM LATENTIS. Tabula ip$a aliarumq. ob$eruationum delineationibus $uo loco expo$itis. IACOBVS MASCARDVS T@POGRAPHVS Lectori S.

LATENTIS Apellis epi$tolas, ac di$qui$itio- nes hìc tibi exponere nece$$arium omninò duxi; Illarum enim exemplaria perpauca ex Germa- nia hùc peruenere, pauca quoque in alijs Re- gionibus audio fui$$e di$tributa; quare difficiliùs ea per$picere, perpendereq. po$$es, ni hic exhi- berem recu$a. Videre autem ac con$iderare nece$$e erat, cùm in præmi$$o Phœbeo Volumine Docti$$imi Galilei crebra de illis mentio, ac di$qui$itio intercedat. Indicibus indè norulis in eiu$dem margine $æpe iam indigitaui, quæ harum epi$tolarum, ac di$qui$itionum loca, ac particulæ in quæ$tionem ibidem venirent. & id quidèm dupliciter, diuer$oq. charactere; habi- ta primùm ratione Augu$tanæ, deinde huius meæ editionis. Ad idem $pectant argumentum. Eidem Illu$tri$$imo Vel$ero mittuntur. Meumq. erat tibi ita $atisfacere, vt hi$ce prædicto Volumini additis quæcunque de Solaribus maculis dicta $unt $imul haberes, & forta$$e quæcunque dici, excogitariq. po$- $unt. Tuum iam erit illis pro voto perfrui, & Solaribus con- templation@@ @ exerceri. poteris namque $ic, vel alienis labori- bus, ac Tele$copio Helio$copus fieri, illaq. cogno$cere, quæ omnem antiquitatem latuerunt. Vale. Romæ Kalen. Februar. 1613.

MARCO VELSERO Augu$tæ Vind, II. Viro Præfecto.

PH AE NO MENA quæ circa $olem ob$eruaui petenti affero, mi Vel$ere, noua, & p{ae}ne incredibi- lia. Ea ingentem non $olum mibi , $ed & amicis , primum admirationem, deinde etiam animi vo- luptatem pepererunt, quod eorum ope plurima ha- ctenus A$tronomis, aut dubitata, aut ignorata, aut etiam forta$$is pernegata, in clari$simam veritatis lucem, per fontem luminis & a$trorum ductorem Solem, protrahipo$$e, planè per$ua$um ha- beamus. Ante men$es $eptem octo circiter ego vnaque mecum amicus quidam meus, tubum opticum, quo, & nunc vtor, quique obiectum $excenties, aut etiam octingenties in $uperficie ampli$i- cat in Solem direximus, dimen$uri illius ad Lunam magnitudi- nem opticam, inuenimusq. vtriu$que ferè æqualem. Et cum buic rei intenderemus, notauimus qua$dam in Sole nigricantes quodammodo maculas, in$tar guttarum $ubnigrarum: quia ve- ro tum id ex in$tituto non inue$tigauimus, parui rem i$tam pen$i- tantes, di$tulimus in aliud tempus. Rediuimus ergo ad hoc nego- tium men$e præterito Octobri, reperimusq. in Sole apparentes ma- culas, eo modo ferè quo de$criptas vides. Quia vero res hæc om- ni fide prope maior erat, dubitauimus initio, ne forte id latente, quodam, vel oculorum vel tubi, vel aeris vitio accideret. Itaque adhibuimus diuer$i$simorum oculos, qui omnes nullo dempto, ea- dem, eodemq. $itu, & ordine, & numero viderunt: conclu$imus er- go vitium in oculis non e$$e; aliàs enim qui fieri po$set, vt tàm di- uer$orum oculi vniu$modi affectione laborarent, eandemq. certis diebus mutarent in aliam? accedebat, quod $i hæc oculi vitio eueni- rent, oportebat maculas vna cum oculo Solem peragrante etiã eun- dem peragrare, quod tamen minimè accidebat: oculi ergò errore bæc in Sol\~e introduci neutiquam po$$e, vnanimiter, à quamplurimis, @@ rectè e$t conclu$um. Vitri itaque malitia nos $ollicitos tenebat, time- bamus enim ne tubus nobis imponeret. Ad hoc explorandum, tubos diuer$i$simæ virtutis adbibuimus octo, qui omnes pro $uo modulo eadem in Sole o$tendebant, & $i $ucce$$u temporis vnus aliquid nobis, vel noui, vel mutati exhibuit; idem præ$tabant, & cæ- teri; præterea tuborum quilibet circumgyratus, bùc illùc com- motus, maculas nequaquam $ecum loco mouit, quæ tamen ac- cidere debebant $i id ph{ae}nomenon tubus efficiebat. Vnde rectè pariter conclu$imus, tubum hac in re omni culpa merito vacare. Supererat aer, cui quidam vi$a bæc attribui non potuerunt: pri- mo quia phænomena i$ta motu diurno, quem Sol à primo mobili accipit, pariter cum Sole oriebantur, & occidebant, aerem vero gyrari, aut aliquid in aere, tàm con$tanter, inauditum e$t, præ- cipuè $ub tantillo $olis corpore, quod est grad. o. minut. 30. plus minus. Secundo. Quia phænomena i$ta nullam admittebant pa- rallaxim, quæ tamen fieri debebat manè, & ve$peri $i in aere cum Sole rotarentur. Tertio. Quia motu proprio, eoq. constanti, vel $ub Sole, vel cum Sole vertebantur, inq. alio alioq. Solis loco con$piciebantur, donec ab eodem penitus po$t multos dies di$pa- rebant, ab ortu ( vt mihi videtur) in occa$um, vel certè à Bo- rea ex parte in Au$trum: de quo tamen motu, certiora dabunt ob- $eruationes diuturniores & exactiores. Quarto. Quia hæc phæ- nomena inuariata a$peximus etiam per nubes; tenuiores tamen, infra Solem tumultuosè tran$currentes. Non igitur $unt in aere, vt taceam plures alias rationes. Nece$se e$t ergo illa e$$e, vel in Sole, vel extra Solem in aliquo cœlo. In Sole, corpore lucidi$simo, $ta- tuere maculas, easq. nigriores multò quam $int in Luna vn- quam vi$æ, præter vnicam paruulam, mihi inconueniens $emper e$t vi$um, & verò nec dum fit probabile: propterea quod $i in So- le e$$ent, Sol nece$$ario conuerteretur cum ip$æ mutentur, redi- rent ergo primæ vi$æ aliquando eodem ordine, & $itu inter $e, @@ ad Solem, at nunquam adhuc redierunt, cum tamen aliæ nouæ il- lis $uccedentes hemi$pbærium $olare nobis con$picuum ab$oluerint, quod argumento est eas in Sole non ine$$e. Quin nec veras maculas e$$e exi$timauerim, $ed partes Solem nobis eclip$antes, & con$e- quenter $tellas, vel infra Solem, vel circa: quorum vtrum verum $it, $uo tempore vtique, Deo iuuante, patefaciam. Iam via mu- nita e$t, qua $cientiam euidentem acquiramus, vtrum Venus, @@ Mercurius aliquando $upra an $emper infra Solem ferantur, quod o$tendent in coniunctione diametrali cum $ole, corporibus enim $uis maculas in $ole efficient, $imulq. nobis motus $uos declarabunt. Et verò aperti$$ima est ianua, qua ad $olis quantitatem intuen- dam liberrimè ingrediamur. Et plurima denique alia, quæ iam libens $ubtice$co, innote$cent: i$ta enim paucula nunc degustanda proponere placuit, quæ $i $apuerint, de ip$o nucleo operam dabi- mus, vt propediem aliquid eruamus: dummodo $olem $plende$cen- tem nubila nobis non inuideant; nam quo $erenior micuerit, eo ocu- lis no$tris, vel ip$o meridie a$pectus accidit iucundior, eum enim haud $ecus quàm lunam contemplamur.

De ob$eruationibus ip$is bæc monere habeo. Primo, non omnes e$$e exacti$$imas; $ed eo modo, vt oculo videbatur manu in char- tam traductas, $ine certa & exqui$ita illarum men$uratione; quæ fieri non poterat, nunc ob cœli clementiam, & incon$tantiam, nunc ob temporis angu$tiam, nunc alia ob impedimenta. Secundo, ma- culas in$igniores, & constanter apparentes, notatas literis {ij}$dem. Tertio, Vbicunque dies aliquos tran$il{ij} illis $olem nubibus inuolu- tum a$pici non potui$$e. Quarto, Si quas adiunxi maculas $ine literis, illas vel con$tanter non e$$e animaduer$as, propter aeris turbulentiam, vel $i con$tanter apparuerunt negligendas quodam- modo vi$as aliarum comparatione propter exilitatem.

Sed & hæc notanda. Macularum ad $olem proportionem ex de- lineatione non e$$e de$umendam, maiores enim illas debito feci, vt e$$ent magis con$picuæ, præ$ertim propter paruulas qua$dam, quæ aliàs oculis ægrè $ub{ij}ci potui$$ent. E multis $æpè maculis paruis, vnam magnam conflari, vt proinde videatur vna longa, aut etiam triangula, $icut fit in maculis A. & C. quæ tamen per tubos mul- tæ virtutis di$cernuntur, $icut ego feci in macula A. quæ conflatur ex tribus; at vero C. ex quinque, D. ex quatuor, quas proinde vt & reliquas coniunctas, vnicis litteris con$ignaui. Maculas quæ ea$dem $emper adiunctas retinent litteras $emper ea$dem e$$e, ita tamen apparui$$e tum $icut pinguntur, quando pinguntur: quando aliquæ maculæ cum $uis literis non amplius appinguntur, illas tunc in $ole apparere des{ij}$$e: quando vero aliæ cum al{ij}s li- teris con$ignantur, illas e$$e alias nouiter apparentes. Quando vero aliæ nullis $ignat{ae} literis, modo pinguntur, modo non pin- guntur, illas aut occubui$$e omnino, quando non $ignantur, aut certe (quod ${ae}pe accidit) non apparui$$e, propter cœlu $ubcra$$iu$culu: ta- les enim, ni$i $ole nitidi$$imo, c{ae}loq purgati$$imo, con$piciendas $e mi- nimè præbent. Et quoniam memini te aliquando quærere, quinam e$$ent i$ti aquilarum pulli, qui $olem recta auderent intueri, cõpen- dia etiam quæ Mathematici qui propr{ij}s in tanta cau$a oculis quã alienis credere malunt, tutò $equantur, expertus monstrabo. Primo, Sol matutinus, & ve$pertinus, vicinus horizonti, per quartam boræ partem, nudo tubo, bono tamen, apertus, & $erenus, vtcũque impunè aspicitur. Secundo, Sol vbicũque opertus nebula, vel nube debitè per- spicua, nudo tubo, $aluis oculis videtur. Tertio, Sol vbicunque aper- tus, per tubum, præter conuexum, & concauum vitrũ, vitro in$uper vtrinque plano cæruleo, aut viridi debitè cra$$o munitum, ea ex parte qua admouetur oculus, indemnes aduer$us $eruat oculos, vel in ip$a meridie: & hoc amplius $i ad ip$um c{ae}ruleum vitrum non $atis attemperatum, acce$$erit in aere tenuis, vel vapor, velnu- becula, $olem veli instar $ubobumbrans. Quarto, Solis intuitus inchoandus à perimetro, & paulatim in medium est tendendum, ibiq. paulisper immorandum, lux enim circum$tans vmbras non $tatim admittit. His nunc vtere, fruere, alia, Deo volente, $e- quentur. Vale 12. die Nouembr.anni 1611.

DIe Decembr. 11. qui fuit $olis, incæpit $ecundum Ephemerides Magini, coniunctio Veneris cum Sole hora noctis 11. quod juo loco examinabitur; & durauit, $uppo$ito Magini calculo, horis minimum 40. vnde fit, eam ante horam tertiam diei Martis $e- quentis nequaquam ce$$a$$e. Sic ergo ratiocinatus $um: Si Cœlum Veneris, vti communis bactenus A$tronomorum $chola docuit, e$t in$ra $olem, $equitur in omni Veneris cum Sole coniunctione, Ve- nerem inter nos & Solem con$i$tere, & cum b{ae}c coniunctio fiat in 9. latitudinis gradu, nece$$e est, vt Venus nobis Solem aliqua $ui portione obtegat, nobi$q. maculam multò maiorem (eum diameter eius $it 3. minimum) offerat, quam $it vlla ui$arum, & in$uper $ub S ole in ortum, contra macularum motum tran$eat. Re$tabat, ut $erenitas cœli ob$eruationem admitteret. Dies Lun{ae} nubilus me ualde anxium habuit, dolebam enim mibi eripi tam paratam oc- ca$ionem veri inquirendi, intra multos annos, ni$i fallor, non redituram: $ed Martis dies, totus $erenus à primo mane v$que in $eram vesperam, me rur$us exhilarauit, nam pulchriorem ne- que vidi intra duos men$es, neque pro temporis ratione optare po- tui. Itaque Solem limpidi$$imè exorientem lætus $alutaui, $edulò inspexi, non ego $olus, $ed & al{ij} mecum quamplurimi, $olisq. cum Lucifero coniunctionem toto die celebrauimus. Quid expectas? Venerem $ub Sole, quæ tamen $ecundum calculum erat $ub Sole, nequaquam vidimus. Erubuit $cilicet, & proripuit $e$e, ne $uas intueremur nuptias. Quid hinc $equatur, non dico, ip$emet palpas: & $i careremus omnibus al{ij}s argumentis, hoc vno euinceretur, Solem à Venere ambiri: quod item à Mercurio fieri, nullus am- bigo, neque id $imili modo inuestigare omittam, quamprimum opportuna $e obtulerit coniunctio. Nihil contra dici pote$t, ni$i, vel nos negligenter ob$erua$$e, quod profectò $ecus e$t; vel Magini calculum 7. minutis, & horis quamplurimis à vero deuia$$e, quod de tam in$igni Mathematico ab$urdum cogitare, & nos $uo tempo- re exqui$itè indagabimus: vel Veneris A$trum vmbram, $iue maculam nobis ideo non offerre, quod luce propria, non à Sole ac- cepta, in$tar Lunæ, $it præditum: $ed hic reclamabant, experien- tiæ, rationes, & communis omnium Mathematicorum veterum, recentium $ententia. Supere$t ergo $i Venus cum Sole coniuncta fuit, aut eam à nobis videri debui$$e, aut cum vi$a non $it in $u- periori emi$pherio Soli aβociatam ince$$i$$e. Vale 19. Decembris ann. 1611.

MIrum quam $ucce$$us audaciæ lenocinetur. Memini$ti, quæ $uperioribus diebus timidè attigi, ea nunc certis, & comper- tis rationibus nixus, quas tui iudic{ij} facio, planè affirmare non vereor, lubet enim corpus Solis à macularum iniuria omnino libe- rare, quod hoc argumento fieri po$$e per$ua$um habeo. Maculas accuratè ob$eruanti, con$tateas, vt multum, non plus quindecim diebus $ub Sole con$umere. Po$ita ergo Diametro Solis vi$uali gr. 0.34. $ecundum communem, videbimus nos de circulo Solis maxi- magr. 179.26. Iam $i macula aliqua percurrit $ub Sole gr.179.26. spotio dierum quindecim, eadem in oppo$ita Solis parte euoluet gradus eiu$dem 180. 34. diebus itidem quindecim horis duabus $crupulis vigintiduobus. Ergo $i in Sole ine{$s}e talem maculam ponamus, nece$$e e$t, vt po$tquam in auer$a Solis parte ver$ari cœperit, reuertatur po$t dies 15. horas 2. $crup. 22. At hacte- nus vt inspicienti patet, duum ferè men$ium curriculo, eodem $itu & ordine nulla red{ij}t; impo$$ibile itaque e$t, vt vlla Soli in- $it. V bi ergo?

Primo, Non in aere, quod $ic demonstro. Si maculæ hæ ver$an- tur in aere, maiorem nanci$centur parallaxin in quam Luna, vel apog{ae}a vel perigæa: at maior\~e non nanci$cuntur: $equitur in aere nõ e$$e. Maior e$t euidens: Minor experientia con$tat: nam macula in perimetro Solis p{ae}ne ver$ans, qualis est, r vel δ, toto die locum eundem in$en$ibiliter mutatum occupat, quod impo$$ibile e$$et $i tantam paterentur parallaxin, quantam Luna, cum Lunæ paral- laxis etiam apogææ $it ferè integri gradus. Nece$$e ergo e$$et, vt quæuis macula Solem quotidie de$ereret, alio atque alio tempore, & $equenti tamen die $ub eodem videretur, cui experientia con- tradicit; Non ergo $unt in aere.

Secundo. Non in cœlo Lunari. Quod $ic demon$tro. Primo ex parallaxi; priora enim, contra experientiam, acciderent. Secun- do ex motu Lunæ, & macularum: nam hæ uniformiter in occa- $um, Lunæ orbes omnes, & $inguli, $iue per $e, $iue per accidens, feruntur in ortum quotidie, idq. multo celerius Sole. Tertio, ex ip$a experientia: nàm aliàs h{ae} macul{ae} in oppo$ita Cœli Lunaris parte noctu illu$tratæ uiderentur, & lucerent, quod tamen non accidit.

Tertio. Non in cœlo Mercur{ij}, ob rationes ea$dem, qu{ae} allat{ae} $unt de cœlo Lunæ, in $ua tamen proportione.

Quarto. Non in cœlo Veneris ob duas postremas, quas de Lu- na adduxi rationes. Nàm parallaxis hic, cum fermè eadem $it quæ Solis, forta$$e non admodum urgeat. Restat ut in cœlo Solis h{ae} uer$entur umbr{ae}: cumq. in Solis eccentrico e$$e non po$$int, eo quod ip$ius, & Solis motus idem $it, neque in duobus $ecundum quid eccentricis, aut in ullo alio, $i quis alius Solis orbis e$$et, $u- perest ut moueantur motibus propr{ij}s, idq. uel fixè, uelerraticè, quorum utrum $it, dicere nondum habeo. Hoc certum, uolui circa Solem, cuius rei argumenta tria conuincentia affero. Primum omnis macula $eor$um spectata, circa Solis limbum, $iue in in- gre{$s}u, $iue in exitu, gracile$cit: phænomenon hoc defendi nequit, ni$i per motum maculæ circa Solem, ergo. Secundum, duæ, vel tres, aut plures maculæ circa limbum Solis videntur coire in vnam magnam, in medio $e $e diducunt in plures: hoc defendi ne- quit, ni$i per motum earum circa Solem. Ergo. Tertium medio celerius mouentur, quàm circa perimetrum Solis: hoc defen di ne- quit, ni$i per motum circa Solem. Ergo. Taceo nunc multa alia argumenta ob angustiam temporis.

Sed quid e æ tandem $unt? Non nubes: nam quis illic poneret nubes? & $i e$$ent, quantæ e$$ent? quare eodem modo, & motu $emper agerentur? quomodo tantas vmbras efficerent? Nubes er- go non $unt. Sed neque cometæ, propter ea$dem, & alias cau$as, quas modo prætereo. Reliquum ergo vt $int vel partes alicuius cœli den$iores, & $ic erunt $ecundum philo$ophos $tellœ, aut $int cor- pora per $e exi$tentia $olida, & opaca, & hoc ip$o erunt $tellæ, non minus atque Luna, & Venus, quæ ex auer$a à Sole parte nigræ apparent; & affirmauit nudiusquartus N. ante duodecim, aut plures annos à $e, & parente $uo conspectam Venerem $ub Sole, specie cuiu$dam maculæ: maculas ergo has $ydera e$$e Heliaca, probatur, & ex pr{ae}mi$$is, & ex {ij}s, qua $equuntur. Quia efficiunt vmbras valdè den$as, & nigras, vnde credibile e$t Soli valde re$i$tere, ergo probabile eas ab eodem multum illu$trari. Quia in margine Solis gracile$cunt, vti diximus, neque hoc phænome- non $olo motu circulari defendi pote$t, ergo alia etiam ratio afferri debet, hæc autem est illuminatio, quæ partem opacam ad nos im- minuit, & $ic vmbram gracilem facit, quod $ic demonstro.

Sit Sol A.B.C.D.E. cuius centrum A. perimeter B.C.D.E. cen- tro $it de$criptus circulus F. G. H. I. K. in quo feratur macula L. per G. in H. ex H. in K. quam Solillu$tret rad{ij}s B.G.O.M. quando macula e$t in G. quando in H. rad{ij}s C N. D H. quando in I, rad{ij}s P Q. E I. oculus autem in terra R. po$itus, aspiciat maculam L. $tatutam in G. per radios R G. R M. in H. per ra- dios R N. R H. in I. per radios R Q. R I. experientia autem constans docet, eandem maculam L. $ub angulo minori con$pici in G. & I. quam in Sic appæref, plus mi@@s In medio $ic@$i quod illu$trafus Circulus, $icuf @neg in ex$remif@@: bus cornua gibbo$a apparean@ ob @men$olis maius F A B C P O D L G L N H Q L IL H. It\~e etiam graci- lem, & oblongã in G. & I. rotundã in H. & hoc accidit ideo, quia macula L. ver- $us Solem uehem\~eter illu$tratur, & in G. atque I. po$ita, oculo magnam illustratio- nis $u{ae} portionem of- fert; partem uero nõ illustratam obliquè ob{ij}cit, propter circu- lum FG. HIK. $u{ae} lationis, in H. autem directè opponit $ui portionem ob$curam: unde fit, ut minus de ob$curo uideatur, @@ minori $ub angulo, quãdo macula e$t in G. atque I. quam in H. Item vt in G. @@ I. c{ae}teris paribus gra cilis, & oblonga, uti in figura uidere e$t, in H. uero rotunda. E quibus omnibus de ducuntur i$ta corol- laria.

1 Has maculas à Sole non multum re- cedere.

2 Eas $atis magnas e$$e, aliàs Sol magnitudine $ua illas irradian- do penitus ab$orberet.

3 Valde opacas, & profundas e$$e. eo quod tàm nigras efficiant vmbras, in tanta $olis vicinia, tàm vehementer ex aduer$a ad $o- lem parte illustratæ, & in tanta di$tantia, videlicet ad nos v$que.

4 Si per $plendorem $olis liceret partes illarum collustratas à non collu$tratis di$cernere, vi$uras nos plurimas circa $olem lunulas, cornutas, gibbas, nouas, & forta$$e etiam plenas.

5 Eandem forta$$is e$$e rationem, quo ad $ui illu$trationem alio- rum astrorum.

6 Con$entaneum hinc etiam e$$e, Iouiales comites, quoad motum, & $itum, haud disparis e$$e naturæ: vnde nos ferme pro certo te- nemus, illos non tantum e$$e quatuor, $ed plures, neque in vnico tantum circulo latos circa Iouem, $ed pluribus. Quo dato, facilè respondeatur ad qua$dam obiectiones, & multæ etiam circa illos in motibus diuer$itates $oluantur, apparent enim {ij} ad Iouem ali- quando in Austrum, aliquando in Boream inclinati.

7 Neque omnino vereor $u$picari $imile quid circa Saturnum: quare enim modo oblonga $pecie, modo duabus $tellis latera tegen- tibus comitatus apparet? Sed hic adhuc me contineo.

Interim an $ydera hæc erratica an fixa $int, hæreo, inclino ta- men in errores, pro quibus argumenta non pauca, licet $ubo$cura militant. Sed hæc $uo tempore: quemadmodum, & de motu, de Figura, quantitate, rece$$u à $ole, & reliquis affectionibus. Subit opinari à $ole v$que ad Mercurium, & Venerem, in di$tantia, @@ proportione debita, ver$ari errones qnamplurimos, è quibus nobis $oli {ij} innote$cant, qui $olem motu $uo incurrant: $i fieri po$$et, de quo necdum penitus de$peraui, vt $tellas etiam $oli propinquas con- templaremur, lis hæc tota decideretur. Vale 26. die Decembris Ann. 1611.

Tuus

Apelles latens po$t tabulam.

In omnibus di$ciplinis ingens via re$tat, & inueniendorum mi- nima pars cen$eri debent inuenta, cuius rei

Sol quoque $igna dabit, $olem quis dicere fal$um audeat-------------------

Epi$tola $ecunda de coniunctione Veneris cum Sole, inchoata, non perfecta e$t, & de die 13. concludit ex hypothe$i coniunctio- nis prime factæ die Decembr. 11. Nam $i probabilius docti$$imus Maginus ponat eodem 11. die coniunctionem accidi$$e mediam, epi$tola in illum ip$um diem uer$a plena e$t: & $ic concludit in omni $ententia, $ecundum Magini calculum.

Apelles.

MACV-

MACVLAE IN SOLE A APPARENTES, OBSERVATAE Anno 1611 ad Latitu grad. 48. min. 40 a c, horizon, a b c, $olis diurnus. Soloriens ex parte a, maculas exhibet quas vides, occidens verò c, ratione primi motus, nonnihil inuertit. Et hanc matutinam vcspertinam@ mutationem, omnes macul quotidie $ubeunt. Quod $emel exhibui$$e et monui$$e, $ufficiat. Macula. M, est (ad Nou. v$@) vi$arum maxima, nulli@ primæ magnitudimis $ideri fixo cedit. Macula I $uit vade con$picua, propter notabilem præ reli quis magnitudinem. (30 Oct. Figura quæ habetannexum $ignum x, e s t o littera (t Nou. 21 Octob. hora 9 et 10. antemeridianà. G F E D C B A a b c 22. Octob. Sol orien@ A B C D E G 22. Octob. Sol occidens. A B C D E F G 23. Oct. h. @. A B C D E F 24. Oct A B C D E 25. Oct. h. 9. A B C D E H 25. Oct. h. 4 I A B C D E H 26. Oct. h. 8. A B C D E H 26 Oct. h. 12. A B C D E I 26. Oct. h. 4. A B C D E I H 27. Oct. h. 9. A B C E I H 28. Oct. h. 2 et. 3. I K A B H 29. Oct. h. 8 K I H L 39. Oct. h. 3. I K H L 30. Oct. h. 8. K H I L 30. Oct. h. 2. I K L H 1. Nou. h. 4. G N I K M L H 2. Nou. h. 8. I N H M L 2. Nou. h. 4. N I K M L H 5. Nou. h. 10 N I M X 5. Nou. h. 4. N I M X 6. Nou. h. 12. et 1. N M X O 7. Nou. h. 9. N M P X 8. Nou. h. 12. M P X 9. Nou. h. 12. M P X 10. Nou. h. 12. M P X 12. Nou. h. 10. R Q M P X 13. Nou. h. 3. R Q X P 14. Nou. h. 3. Q X 23. Nou. h. 2. Y X V r S 26. Nou. h. 9. y s x v z 27. Nou. h. 9. y S Z X V 27. Nou. h. 3. y X V S 28. Nou. h. 2. y X E V 1. Dec. h. 3. X Z V 8. Dec. h. 3. y z 10. Dec. h. 10. E @ 11. Dec. h. 2. E @ 13. Dec. h. 1. E @ 14. Dec. h. 8. E @ Accuratior Di$qui$itio eiu$dem Apellis. MARCO VELSERO Augu$tæ Vind. II. Viro Præfecto.

TAMETSI quam præfixi$ti vino meo hederam, tui nominis auctoritatem, tuæ celebritatem famæ, tui generis claritatem, tam $plendida est, vt bi- bulum quemuis vel ad emendum, aut certè gu- $tandum inducat; tanti ponderis, vt quemuis nau- $eabundum à contemptu laticis huius auertat; quia tamen mu$tum nonnihil turbidum atque fæculentum propinaui, @@ partum rudem imformemq. effudi: oportet & illud colare bonorum viticolarum more, & bunc vr$arum instar lambere, inq. mem- brorum venustam effingere proportionem. Venus enim inuenu$ta iacet adhuc; è cuius ma$$a partes aliæ eminent tanquam perfectæ, aliæ vel latent, vel promicant tantum: neque enim tam magni res inter Astronomos momenti, vna pari potuit hora, qua epi$tolam ad te modò editam exaraui: vnde ad quæ ibidem me reieci, ea modo promo, & rem totam de coniunctione Veneris cum Sole per- ficio; idq. nonni$i è fundamentis A$tronami clari$$imi Anton{ij} Magini, de$umptis ex ip$ius ephemeridibus, & mobilibus $ecundis, po$tquam paucula hæc præmi$ero.

LEMMA.

SI productis trianguli cuiu$cunque rectanguli quaquauer$um lateribus, agatur per communem illorum $ectionem quam- @unque perpendicularis, ad quodcunque trianguli illius latus, fa- cietea in$ectione communi, ver$us eandem, $eu $uimetip$ius, $eu lateris cuiu$cunque $ecti partem, tres angulos æquales tribus da- ti trianguli angulis, omnes omnibus $imul, $ingulos $ingulis $eor$im.

D K F A L K I M I G C L N K B M N H E L

Sit datum triangulum ABC, an- gulusq. B A C, rectus. producan- tur latera quaquauer$um, AB in D, & E, AC in F & G, BC, in H & I. Dico iam, $i per $ectionem quamlibet laterum communem A, B, C, agatur recta quælibet, quæ $it perpendicularis ad vnum aliquod latus trianguli, fore vt anguli tres facti in $ectione illa communi, per quam perpendicularis tran$it, quo- modolibet a$$umpti ad vnãpartem, $int æquales tribus dati triãguli angulis; vniuer$im & $ingillatim.

Tran$eat K L perpendicularis primùm communem $ectionem A, & incidat rectæ H I, in puncto L ad perpendiculum: aio tres angulos, vel B A F, F A K, K A D, ad vnam partem rectæ B D, factos: vel F A K, K A D, D A C, ad vnam partem rectæ F C factos; veltres K AD, D AC, CAL, ad vnam partem rectæ KL fa- ctos, vel D AC, C AL, LAB, ad vnam partem DB factos vel CAL, L A B, B A F, factos tres ad vnam partem C F angulos; vel deni- que L A B, B A F, F A K, ad vnam partem rectæ L K tres fa- ctos angulos, æquales e$$e tribusdati trianguli rectanguli A B C angulis, tam collectim omnes omnibus, quam $eparatim $ingulos $uis $ingulis.

Cum enim tres anguli B A F, F A K, K A D, æquales $int $i- mul $umpti duobus rectis, per 13. 1. Euclidis, $int etiam tres inter- ni dati trianguli anguli æquales duobus rectis, per 32. 1. Euclid. erunt etiam inter $e æquales tres isti anguli @d vnam rectæ B D partem a$sumpti, tribus internis dati trianguli angulis, per pro- nunc. 1. Et $ic tres quilibet ad eandem vnius rectæ lineæ partem. a$$umpti anguli, o$tendentur e$$e æquales tribusdati trigoni angu- lis. Quod erat primum.

Rur$us cum duo anguli F A B, B A C, ad punctum A rectæ FC $int facti per rectam B A incidentem, erunt ip$i per 13. 1. Euclid. duobus rectis æquales; e$t autem angulus B A C ex hypothe$ire- ctus, ergo etiam B A F, illi deinceps rectus erit: ideoq. illi æqua- lis per pron. 7. & 12. ablatis ergo his, remanebunt duo anguli F A K, K AD, duobus angulis ABC, ACB æquales per pron. 3. an- gulus quidem F AK, angulo ABC, propterea, quod vterque eidem angulo LAC æquetur, alter quidem F AK ad verticem oppo$itus, per 15. 1. Euclid. alter autem quia in triangulo ALC, angulus ad L rectus e$t, propter perpendicularem K L, ideoq. angulo B AC æqualis, angulus verò LCA, communis vtrique triangulo, & ALC, & ABC: igitur & reliquus LAC, reliquo ABC. ergo inter $e æquales duo anguli ABC, F AK, per pronunc. 1. Quare & re$idui KAD, ACB, inter $e æquales $unt per pronunc. 3. lgitur tres an- guli ad vnam partem rectæ B D facti, æquantur tribusdati trian- guli orthogoni angulis etiam $ingillatim, quod erat $ecundum. Et $ic totum lemma ex hac parte o$ten$um manet. Eodem enim pror- $us modo demon$trabitur de tribus al{ij}s quibu$uis ad vnam par- tem a$$umptis angulis, beneficio duorum triangolorum A B L, A L C.

Tran$eat nunc recta KL per communem $ectionem C, & $it 1. perpendicularis ad bypotenu$am B C, vtrinque protractam in H & I. Cum ergo KL $it perpendicularis ad H I, erunt duo anguli, HCK, HCL, recti per definitionem 10. {ij}$dem autem, tanquam partes toti, æquantur tres anguli, LCH, HCF, FCK, per pro- nunc. 19. $unt autem & tres anguli, trianguli ABC, æquales duo- bus rectis, per 32. 1. Eucl. ergo tres anguli LCH, HCF, FCK, æqua- les $unt tribus trianguli A B C angulis. per pron. 1. & hoc e$t vnum. Porro angulus L C H, cum $it rectus, @qualis est angulo B AC, vtpote recto: & angulus HCF, communis: igitur & reli- quus FCK, reliquo ABC æquatur, per pron. 3. Et hoc e$t alterum. Rur$us $i $umamus ad @lteram lineæ KL partem, tres angulos, KCI, ICG, GCL, erit, vt ante, KCI rectus recto BCA æqualis, per pronunc. 12. & angulus ICG, æquabitur angulo ACB, adver- ticem oppo$ito, per 15. 1. Eucl. ergo & reliquus GCL, reliquo ABC, per pron. 3. Eademq. probatio a$$umetur, de omnibus al{ij}s tribus angulis quomodocunque ad vnum vnius line@ rectæ partem factis, in aliqua trium communium $ectionum, A, B, C, etiam $i trahatur @lia perpendicularis M N, ad rectam FG, $emper enim vnus trium illorum angulorum probabitur beneficio perpendicularis vel K L, vel M N, ductæ, rectus; alter vel communis erit dato triangulo rectangulo, vel vni illius angulo ad verticem oppo$itus: & $it ne- ce$$ario tertius tertio æqualis relinquetur. Simili ratione procedes in $ectione communi B, $i per eandem agas perpendiculares K L, M N. Et $ic totum lemma demon$tratum manet, quod erat pro- po$itum.

CALCVLVS CONIVNCTIONIS VENERIS & Solis, quæ accidit Anno Domini 1611. die 11. De- cembris $upputatus ex Ioan. Ant. Magini Ephemeri- dibus & Mobilibus Secundis.

Sol hoc tempore non procul à perigao abfuit; ideoq. diameter eius vi$ibilis maxima extitit, fuitq. $ecundum communem, Con$titutio ☉ & ♀ quoad Longitudi- nem & Latitudinem. Anno \\ 1611. # ☉ \\ ♂ # # Longi- \\ tudo. ♀ Latitu- \\ do. Menfe \\ Dec\~ebri. # # # ♂ # S # D Die # p # ′ # ″ # ′ # P ′ 1 # 8 # 28 # 23 # 5 # 51 # 0 # 26 2 # 9 # 29 # 12 # 7 # 7 11 # 18 # 37 # 18 # 18 # 30 # 0 # 9 12 # 19 # 38 # 17 # 19 # 46 minutorum 34@.

Venus boc tempore ex- titit in auge epicycli $ui, ideoq. & Soli proxima (po$ito ip$ius curriculo in- fra eundem) & à terris remoti$$ima, vi$uq. mini- ma fuit, vniu$q. forta$- $is minuti primi, vel $um- mum duorum in $ua dia- metro.

CALCVLVS.

Quibus omnibus $ecundum Magini $ententiam $uppo$itis:

1. Fuit motus ☉ diurnus, 1. gr. 59._ 2. Motus ♀ diurnus 1. gr. 16′. præcisè._ 3. Differentia, qua motus Venereus Solarem $upe- rat. 15′. 1″. præcisè._ 4. Centrum ♀ abfuit à centro ☉ die 11. Decembris bora 12. meridiana, 7′. 18″._ 5. Venus à primo De- cembris die ad eiu$dem 11. idest, diebus 10. à meridie primi diei, ad meridiem vndecimi, decreuit in latitudine minutis 17′. @gitur.

6. Sit in expo$ita bac figura, circulus ABCD Sol, & A pun- ctum Solis orientale, B boreale, C occiduum, D australe, per quæ centrumq. E, acta recta FG, $it ecliptica: & in ea a$$umpta E H, $it 7′. 18′. di$tantia ♀ à ☉ & H G, $int dies 10. & GI perpendicu- laris ad eclipticam, $it 26′. respondens latitudini Veneris, quam babebat 1. Decembris: HK verò, itidem perpendicularis ad FG, $it latitudo ♀ 11. Decemb. ip$a autem IK, in F v$que producta erit via Veneris, at recta KL parallela ad eclipticam, ab$cindet nobis rectam LI, ex recta GI, quæ LI, erit 17′. propterea quod to- t@ GI, ponatur 26′. & $egmentum eius GL, id est, HK, propter B K i L R Q M N P F A E H C G D parallegrammum H L, ponatur 9′. re$iduum ergo LI, erit 17′. Quamobrem in triangulo KLI, nota $unt duo latera, kL, & LI, e$t autem & angulus kLI rectus, eò quod angulus kLG illi deinceps $it re- ctus, quia figura KG, est parallelogramma, habetq. angulum ad G rectum, propter G I perpendicularem, ex bypotbe$i, igitur per 47. 1. Euclid. innote$cet etiam latus tertium kI, videlicet 151′. 7″. Igitur per tria latera kL, 9010″. LI, 1020″. Ik, 9067″. trianguli kLl patefacta, in cognitionem aliorum nece$$ariorum facilè veniemus: nam:

7. Ex kL cognita, & LI, itemq. EH, $iue M N, perueniet per regulam auream recta Nk, 49″. Rur$us ex kL, & kI, necnon MN, cognitis per eandem regulam, prodibit recta Mk, 7′. 20″. Et $ic pariter innotuit totum triangulum MNK, triangulo kLI, propter parallelas kL & M N, k N & II, proportionale. Vnde $i

8. Subducatur kN, 49′. ex Hk, 9′. latitudine ♀ re$iduum 8′. 11″. erit recta HN, id est, E M, Latitudo ♀ in ♂ media $eu ve- ra. Quod $i ex E centro Solis, adrectam I M protractam in F v$- que erigi cogitetur recta E O perpendicularis, erit triangulum, EOM, propter angulum MOE rectum rectangulum, ideoq. cum in productarum EM, & OM, communem $ectionem M, incidat recta PM, faciens angulum rectum PME, cum producta E B, eò quòd ip$a $it parallela ad latus G I, e$t per lemma præmi$$um, angulus MEO, æqualis angulo PMI, e$t autem & angulus MPI rectus, eo quòd duæ rectæ MP, & kL ponantur parallelæ, ergo an- gulo kLI recto, æqualis e$t angulus MPI, internus & ad eandem partem oppo$itus. Igitur duo triangula MPI, EOM, cum ba- beant duos angulos duobus $ingillatim æquales, etiam reliquum reliquo babebunt æqualem angulum videlicet MIP, angulo EMO: igitur latera erunt proportionalia. Nota $unt autem latera MP, PI, IM, trianguli IMP: quia no@um est latus IP, per partes $ci- licet $uas I L, 1020″. & L P, quæ e$t N k 49″. totum ergo PI, 1069″. Latus verò I M, per partes IK 9067″. & k M, 440″. to- tum ergo I M 9507″. latus denique MP, per partes MN 438″. & N P, idest, K L, 9010″. totum ergoest 9448″. Per bæc igitur latera beneficio Regul{ae} proportionum, vna cum latere E M cognito, minutorum $cilicet 8′. 11″. acquiremus latus M O 55″. latus autem EO, 8′. 7″. Notificato bac ratione triangulo EMO.

9. Facile venabor, quod vnicum $pectatur, viam $ub Sole Veneris Q R, ope trianguli EMO, iam cogniti, & lineæ vel EQ, vel ER a$$umptæ, & conflatæ è $emidiametris vi$ualibus, Solis perigæi maxima boc tempore, minutorum 17′. Veneris apogææ minima, 1′. $cilicet minuti primi, ita vt tota E Q $tatuatur 18′. quibus factis, quia angulus vel EOQ, vel EOR e$t rectus, & no- ta recta EO, videlicet 487″. item etiam EQ, vel ER 1080″. prodibit etiam per 47. 1. Eucl. latus tam OQ, quam OR, 16′. 3″. totaq@ via Veneris $ub Sole, Q R, $iue coniunctionis duratio, mi- nutorum 32′. 6′.id e$t D. 2. H. 3. 18′. 10″. quod vniuer$im confi- cit horas 51. {1/3} ferme horæ.

10. Iam latus MO, demptum à linea OQ, relinquit MQ latus incidentiæ, 15′. 8″. id e$t, boras 24. 11′. 11″.

Additum verò idem latus MO ad OR, efficiet nobis lineam MR minutornm 16′. 58″. pro ca$u Veneris, qui e$t D. 1. H. 3. 6′. 59″.

11. Rur$us cum 7′. 18″. quibus Sol Venerem præcedit, respon- deant boræ 11.40′. 3″. incidit m@dia coniunctio in diem Decemb. 11. boram 11.40′. 3″. po$t meridiem, à quibus ablatum tempus in- cidentiæ, relinquit coniunctionis initium, 10. Decemb. diem, boram 11.28′. 52″. po$t meridiem, quæ e$t media ferme duodeci- ma nocturna.

Additum tempus ca$us, ad D. 11. H. 11. 40′. 3″. Decembris, exbibet nobis D. 12. H. 14. 47′. 2″. finem coniunctionis, exiuitq. Venus à Sole, 13. Dec. v$uali die, hora ferme 5. matutina.

C Alculo ita demon$trato, haud ab$onum fuerit, verum & ger- manum huius coniunctionis typum, ($iquidem ea infra Solem accidi$$et) $ubnectere.

Est igitur in adiecto diagrammate, A B A Solis di$cus, cuius centrum C, diameter cum ecliptica concurrens, partium æqualium 34′. Orbiculus verò D, E, F, est V eneris circulus, cuius via per So- lem, est recta D F, principium coniunctionis e$t D, medium E, finis F.

Per lineam verò G H, minutorum 15′. diui$am in 24. æquales partes, $ecundum diei naturalis numerum horarium, pvteris etiam geometricè tam viam V eneris DF, adeoq. totam coniunctionis hu- ius durationem, quàm incidentiam DE, & ca$um EF, atque re- liqua men$urare per horas.

F E D A C B H G PKO I NQ ML 33 20 10 24 18 2 6

Si igitur ponamus con- iunctionem V eneris cum Sole, in D cœpi$$e, 11. De- cembr. hora noctis 11. 40′. 3″. tum fatendum e$t, eam nece$$ariò duraui$$e vltra diem Decembris 13. quo die V enus infra Solem vi$ fui{$s}et nece{$s}ariò hora ma- tutina octaua circa I, @@ quarta ve$pertina circa K, totoq. interlap$o tempore inter I & K. Vi$a verò e$t minimè, tamet$i quæ$ita diligenti$$imè, frequenti$$imè: igitur ex hoc capite, manet & $alua est; portiv epi$tolæ editæ.

Si dicamus 2. cum Magino, coniunctionem V eneris mediam cum Sole, accidi$$e eodem vndecimi diei tempore in puncto E, tunc abnui nequaquam pote$t, quin V enus hora 9. ver$ari debuerit in puncto L, hora verò 10 in puncto M, & hora tertia in pũcto N, eo- dem vndecimo Decembris v$uali die, at in nullo horum inuenta fuit, diligenti$$imè quæ$ita, citatis horis, igitur conclu$um est etiam ex hoc capite.

Si tandem tertio $tatuamus, coniunctionem V eneris cum Sole, die 11. Decembris, hora noctis 11. fui$$e vltimam, tunc fierinon poterat, vt Venus obtutum no$trum declinaret eodem 11. Decembris v$uali die, hora 9. antemeridiana, in puncto O, & hora 2. po- meridiana in P, & hora 10. antemeridiana diei 10. Decembris in puncto Q, quibus omnibus temporibus, & pluribus etiam, Sol in- spectus e$t, non à me tantum, $ed ab al{ij}s etiam, idq. per tubos alios aliosq. at borum dierum & horum locorum in nullo. V enus comparuit, tamet$i $ecundum dicta, $olerti$$imè inuestigata: igi- tur ex hoc etiam capite, argumentum concludit. Cum ergo horum trium modorum aliquo V enerem $ub Sole tran$iui$$e $it nece{$s}arium è prœ$uppo$itis, & in nullo fuerit $ub Sole, vti ob$eruationes conuin- cunt, aut fatendum e$t, totam computationem Magini, vt vt $um- ptam, nullam e$$e, (quod ego non credo) aut, cùm $uum teneant & ob$eruationes no$træ vigorem, & debitum calculus Magini ho- norem, V enerem non infra, $ed $upra cum sole ince$$i$$e. F unicu- lus triplex difficulter rumpitur, & ne rumperetur, triplicandus fuit, rumpat aliquis primum, rumpat $ecundum cum primo, ter- tium cum $ecundo, cum tertio primum: omnes tamen tres nun- quam ruperit.

Anticipa V enerem vno die & amplius, eandem à Sole tantun- dem remorare, aut eidem cur$u æqua; $emper coniunctio eius cum Sole, $i fuit corporalis, in aliquam vel meam, vel amici cuiu$- dam mei, ob$eruationem incurret. Diducendus porrò fuit eo mo- do Magini calculus, cùm vt euitari vis argumenti nequiret, tum vt error, $i quis in eo commi$$us e$$et, trimembri hac dilatatione compen$aretur. Nam $icut in Sole Mercurius anno 1607. mon$e Maio, à Keplero ob$eruatus, tam in longitudine quàm in latitu- dine, ab Antonio Magino di$$en$it non parum, ita fieri po$$e time ndum erat, ne & Venus $imile quid auderet. Quare vir Am- pli$$ime, etiam te atque etiam rogatum volo, vti pro tuo in vem litterariam fauore, & ea qua polles apud i$tos viros præclari$$i- mos gratia, digneris impetrare ab Antonio Magino, hanc V ene- ris cum Sole coniunctionem, vti de nouo accurati$$imè $upputan- dam re$umat, & mibi per te communicet, idem etiam, vt præstes Keplerus è fundamentis Braheanis, quibus nos vtinam etiam ali- quando potiremur: ad idem etiam ex aliorum bypothe$ibus præ- standum, nunc rogaui alium, & ego ip$e etiam per otium tentabo: quòd $i omnes calculi condicant in 4. hos, aut 5. etiam, & plures dies, & Venerem latitudine à Sole nobis non eripiant: pæana ca- nemus. Sin quod vix mibi per$uadeo, coniunctionem corporalem factam e$$e negent, ob latitudinem forta$$is maiorem quam po$ue- rit Maginus, $cias totam meam ratiocinationem e{$s}e bypotheti- cam, calculoq. Magini innixam: data & firmata bypothe$i, $tet argumentum, euer$a verò & de$tructa hypothe$i, ruat etiam quod erat $uper$tructum: erigatur & $tet, quod verum est. Hoc enim vnicum in bi$ce & quæritur, & spectatur. Vnicum quod buic argumento labem afferre præter dicta po{$s}et, e$t quod V enus $cilicet $ub Sole exi$tens, aut vmbram omnino non faceret, aut tantillam certè, vti præ vehementia lucis Solaris attendi acie ocu- lorum non po$$et. Ad quorum po$tremum respondeo, vmbram Veneris, ab$que vlla dubitatione $ub Sole ver$antis non mino- rem apparituram, quam $it lux plena V eneris eiu$dem extra, $ed proximè Solem incedentis, vnde cum hæc videatur, maculis Solaribus mediocribus (vti $uo loco fu$ius dicetur) æqualis, con- $equens e$$e, vti illis vmbra minor nequaquam $it futura; ideoq. æquè atque ip$æ maculæ contemplanda. Præ$ertim $i verum e$t, quod Chri$tophorus Clauius, Mathematicorum hoc tempore facilè princeps, & Tycho Brahe a$$erit, Veneris diametrum vi$ui pa- tentem, ad Solarem e$$e in proportione $ubdecupla. Certum est enim, maculas innumeras & vi$as & videndas e$$e, quarum ad Solis dimetientem diameter, proportionem habeat longè longè mi- norem, imo vix & ne vix quidem $ub$exagecuplam: aliquando etiam tantum $ubcente$imam, quæ exploranti cuilibet, mani$esti$- $imè patebunt.

Ad primum dico, V enerem $ub Sole incedentem vmbram effice- re, atque adeò Solem à V enere, pro portione V eneris $ub eodem incedentis eclip$ari: quod probo;

1. Communi omnium tam antiquorum quam recentium Philo- $ophorum & Mathematicorum con$en$u. Ideo enim Plato cum $uis a$$eclis, quia hanc vmbram non aduertit, V enerem $upra Solem stabiliuit. Ideo Ptolemæus cum $uis $equacibus, V eneris cum Sole concur$um directum vnquam e$$e noluit. Ideò Clauius in $ua $phæra, vmbram hanc tantam e$$e negat, vt ab oculi acie na-turali percipiatur, cui con$entiunt Conimbric. 1. 2. de Cœlo. cap.7. quæ$t. 4. art. 2. & alij pa$$im.

2. Similitudine. Quia con$tat omnibus pa$$im, Lunam $uo $ub Solem incur$u, in eodem vmbram nobis apparentem, pro $ui portione c@u$are, vnde non ab$onum videatur, idem etiam à Ve- nere$ub Sole commorante effici. Quia experientia idem à Mercu- rio $ub Sole ver$ante fieri proditum est: vidit enim Mercurium $ub Sole, $pecie nigræ cuiu$dam maculæ quidam Monachus ante annos 804. vt refert in $uo $ingulari Phenomeno Ioan. Keplerus, & ip$emet Keplerus eundem $ub Sole vidit, vt ibidem probatur, Anno 1607. men$e Maio, die 28. Quod idem etiam de $e te$tætur Scaliger Exerc. 72. contra Cardanum, apud Conimbr. 1. 2. de Cœlo, cap. 7. 9. 4. ar. 2. Siergo Mercurius Soli eclip$in inducit, cur non & Venus?

3. Experientia. Eodem enim qua$i tempore quo Galilæus in var{ij}s Italiæ vrbibus V enerem cornutam contemplatus e$t, admi- rati$unt, & verò inuenerunt eandem$e bemate eodem cornuto, bi$ecto, gibbo, Romæ etiam al{ij} Mathematici. E quo incredibili phænomeno duo ineluctabilia argumenta habemus alterum, V ene- rem perinde vt Lunam propria luce carere, & con$equenter $ub Sole nigram vmbram referre: alterum, ab eadem ambiri Solem. De quo, cum omnia phænomena ita conspirent, omnes rationes ita concinant, dubitare in po$terum, qui$quam cordatus vir vix @@debit.

Parto igitur bac ratione, & plenè, vt opinor, conformato Lu- @i$ero, ad ip$um lucis parentem nos referamus, Solem videlicet, ip$iusq. numero$am prolem, à 10. Decemb. (non habita ratione quod nuper aliquid $pectandum mi$erim) v$que ad 12. Ianuar{ij}, velut in pompam deducamus, quo magis hæc tanta familia, vno intuitu $pectata, oculosq. animumq. mulceat spectatoris. Ratio- @es facti i$tius mei $e$e sponte paulo po$t prodent.

Primis

II Ian claudere placuit quod macula n hoc die Solem exiuerit. 10. Dec. h. 10. d C A @ B 11. Dec. h. 9. C E F d A @ 11. Dec. h. 2 d F E A B 13. Dec. h. @. d D C A @ B 14. Dec. h. 8 A @ B 16. Dec. h. 8 H A B 17. Dec. h. 9. H A B 17. D. h. 3 H A B 18. Dec. h. 2. Non mulfū fauit $eremitas 17. 18. 19 Dec. H A B 19. Dec. h. 9 H A B 24. Dec. h. 11. A I B 25. Dec. h. 2. A I B 28. Dec. h. 2. Nebulo$a. A X I B 29 Dec. h. 12. a c d I X A b B 29. Dec. h. 2. A X B @ 30. Dec. h. 12. c d a e f I A b B @ 30. Dec. h. 2. A a e f b X I B @ 31. Dec. h. 11. c d a e f X I A b B @ 2. Jan. h. 12. c d e X A b B @ 2. Ian. h. 2. c e d A @ b B @ 3. Ian. h. 2. c d a e b A B @ @ 3. Ian. h. 2. c d e b A B V @ 4. Ian. h. 10. c a d e b A V B @ 5. Ian. h. 9. c a d e A V B @ 8. Ian. h. 1. A V B @ 9. Ian. h. 12. A V B 10. Ian. h. 10. A V B @ 10. Ian. h. 2. A V B @ 11. Ian. h. 10. A V B @ 11. Ian. h. 3. A V B @

Primis quatuor diebus a$trum V cneris cum Sole coniunctum, con$piciendum erat horis a$$ignatis, in linea CD, V eneris nimirum CD, per Solem via, ad Eclipticam A B, nonnihil inclinata, in magnitudine, $ecundum communem Mathematicorum $ententiam, præ$enti, iuxta aliquam trium factarum hypothe$eon, $ecundum primam quidem, vbi Venus ge$tat D, $ecundum alteram, vbi E, $ecundum po$tremam, vbi F, idq. in a$pectu & $itu, qualis hic de- pictus e$t. Vi$um e$t etiam proximè $equentibus maculis eclipti- cam AB in$erere, propter cau$am inferius ponendam.

Hæ ob$eruationes omnes, quantum quidem per tempe$tatem licuit (licuit autem fermè $emper quando ob$eruaui) $unt accu- rati$$imæ, tamet$i non tam acuratè forta$$is, in chartam vitio ma- nuum $int traductæ: multaq. me præclara docuerunt. Ftenim,

1. Maculæ $phæricæ ad vi$um $unt rari$$imæ, creberrimæ, mix- tæ, oblongæ, polygonæ.

2. Rari$$ima e$t macula ($i qua tamen est, quæ o$ten$am $ub ingre$$um Solis figuram, ad exitum v$que retinet: nulla autem, quod $ciam, magnitudinem pror$us eandem.

3. In medio $ui $ub Sole ince$$us, pleræq. apparent maximæ, minimæ verò in exitu & ingre$$u.

4. Pleræq. $atis magno à circumferentia Solis interstitio, aut con$pectui $e dant, aut $ubtrahunt, pauci$$imæ in ip$a Solis ora con$pectum admittunt: nonnullæ autem, eæq valdè magnæ, in medio ferme Sole inopinato exoriuntur, contra aliæ, eæq. $imili- ter corpulentæ, $atis repente (id est $patio nocturno, vel diurno) in medio quodammodo cur$u deficiunt, & videri de$inunt.

5. Multæ è maioribus, paruulas $ubinde o$tentant hinc, inde antè, post, circum circa, easq. ex improui$o, a$pectui nvstro de- nuo $urripiunt: & quod mirabilius, vna magna, in par coniugum $æpi$$imè euadit, duæ verò aut plures in vnam frequenter coëunt, & $ic ad exitum v$que per$euerant.

6. In ingre$$u, quæ eadem vehuntur orbita, omnes ferme ar- cti$$imè $e$e complectuntur, circa medium $atis longo de$erunt in- terstitio, in fine verò, quando ad exitum tenditur, $e$e vici$$im præstolari & con$ociare, vtin ingre$$u, ordinariè videntur.

7. Perimeter macularum qua$i omnium e$t fibrulis veluti qui- bu$dam a$peratus, albicantibus, nigricantibus, & maculæ pleræq. circa limbos $uos maiori $unt albedine dilutæ, quàm ad $ui corpo- ris medium, vbicunque tandem exi$tant. Species autem macula- rum plurimarum in memoriam reuocat contemplatori, nunc qua$i floccum quendam niualem, $ed $ubnigrum, nunc fru$tillum quod- dam panni nigri dilacerati, nunc conglobatam pilorum ma$$am, magnæ faculæ obtentam, prout varia $cilicet e$t, vel cra$$itudo, vel den$itas, opacitasuè istorum corporum, alias veluti nubeculam nigricantem.

8. Quædam macul{ae} nigriores $unt ad oras Solis, albiores ad extremum.

9. Omnes apparent celerius ferri in medio, quàm in extemis Solis partibus.

10. Motus omnium videtur e$$e, parallelus eclipticæ, de quo tamen $ententiam tanquam certi$$imam nondum tulerim. Hoc certum, quæ medium Solem tran$eunt, plus moræ facere $ub Sole, {ij}s quæ magis ad extrema Solis vergunt. Vnde nouum argumen- tum & euidens, in Sole has maculas, non ine$$e.

Macul{ae} δ, primum conspectæ $unt, 10. Decemb. hora 10. vl- timo $unt vi$æ, 24. Dec. hora 11. in vtroque autem aspectu, pr{ae}- $ertim primo, interuallum lucidum A δ, inter maculas δ, & mar- ginem Solis A, vi$um, fuit amplum $atis, vnius minimum diei ($i quidem ab experientia aliarum macularum licet argumenta- ri) Igitur maculæ δ, $ub Sole con$ump$erunt minimùm 16. dies, & tran$itus illarum fuit qua$i$ub ecliptica AB, maculæ verò μ, a$pectus primus contigit, 29. Dec.h.2.cum circumferentiam Solis penè adhuc raderet, & ui$a e$t eandem contingere & ueluti $ecare $uperiore $ui parte, die Ian. 11. hora 3. pomeridiana in @@itu: igi- tur totum ip$ius $ub Sole curriculum, eclipticæ tamen (ut in$pi- cienti patet) parallelum, fuit ut plurimum dierum 14.

Manife$tam igitur eas maculas, qu{ae} Solis diametrum eclipti- cam $ubeunt, diutius $ub eo, Sole inquam uer$ari, quàm eas qua- rum uia ab eadem $iue in Austrum $iue in Boream recedit. Irre- fragabile etiam e$t (Sole inuariabili & duro po$ito, $iue rotetur interim $iue non) ip$as Soli nequaquam inh{ae}rere.

Eædem macul{ae} δ, cum in Solis introitu contract{ae} fui{$s}ent, didu- xerunt $e$e in progre$$u, & in fine rur$us $e contraxerunt.

V arias etiam figuras, vti delineatio refert, exhibuerunt, iux- ta eclipticam tamen constanter perrexerunt. Vnde babes, nota- bile 6. & alia, præ$ertim $ecundum. E quo rur$us validè argu- mentor, pro macularum extra Solem po$itu. Cum enim Sol $i@ corpus durum & inuariabile ($ecundum communem Philo$opbo- rum & Mathematicorum omnium $ententiam, de quo tamen aliàs ex in$tituto) impo$$ibile est, i$tam tantam figurarum ob- $curarum variationem accidere, etiam vertigine Solis quacunque conce$$a, ni$i extra Solem. Cuius quidem figuræ alteratio, multo notabilior animaduer$a est in maculis λ, vti intuenti obuiam fiet; conatus enim $um, eas in chartam fideli$$imè traijcere: cum enim primo a$pectu, diei 28.Dec.h.2.ve$p.apparui$$ent duæ tantùm ma- culæ A & B, vna cum oblongo quodam & tenui apiculo C, die ta- men $equenti apiculus ille, in duas plenas maculas CD distractus e$t, cumq. A & B, 28. & 29. Dec. apparui$$ent $atis rotundæ, ver$a e$t macula A, paulatim, non tamen in oblongam, $ed veluti geminam, interce$$itq. die 30. inter A & C, etiam alia E, & in- ter C, & D, alia minor F, habueruntq. multis diebus aliquæ illa- rum laterales paruulas adiunctas, quam quidem apparitionem vitio oculi, tubi, aut medij, ideo non ad$cribo, quod ij$dem momen- tis, & aspectu eodem, ad diuer$as partes adiunctæ $int paruulæ, @@ quibu$dam maculis penitus nullæ: vitium autem vitri, medij, aut oculi, eodem modo $e habet ad maculas omnes, eademq. operatur ver$us partem eandem, eodem tempore, vti $æpi$$imè expertus $um. Creuerunt etiam hæ maculæ incredibiliter, v$que ad medium $ui curriculi, præter maculam B, qu{ae} hoc peculiare habuit, quod & cæteris nigrior, & magnitudine eadem femper, figuraq. $phæ- rica, excepto 2. I an. per$titerit. Fuerunt autem omnes, etiam 5. I an. die, quo contractæ & multum diminutæ procer{ae}què, præ- ter maculam B, vi$ebantur, $emper in$tar ferè atramenti nigræ: in medio autem Solis albedinis plus o$tentabant, quod & macula μ, maculæ A in diametro dupla, pre$titit. Etenim cùm alias ater- rima $emper, in$tar talpæ mortui dependeret, $ub medio tamen Sole, veluti rarior & luce pa$$im con$per$a apparuit, idq. per to- tum $ui corpus, vbi etiam perimeter ip$ius, magis lacer, & flocci- dus quodammodo apparuit: ex quo ph{ae}nomeno, efficax iterum produco argumentum, maculas ha$ce in Sole non ine$$e. Alias enim, qu{ae} ratio a$$ignabitur, cur qu{ae}dam maculæ, qualis & ista μ fuit, in extremis Solis partibus nigr{ae}, in medio verò $ubalbid{ae} compareant? Ego Solis irradiationem in auer$am à nobis macula- rum partem a$$igno, qui quidem radij cum $int ad nos directiores quando macula circa medium Solis ver$atur, $it vt etiam fortius feriant, & ip$as maculas nonnihil penetrent, quod $ecus fit, $i macul{ae} Solis limbo existant propinquiores.

C A B G L D I @ G @ F

Sit enim in expo$ita figura, A B, Sol, ex ip$ius centro C, de$criptus arcus DE, macul{ae} alicuius circa eundem cur$us. I am $i macula illa existat in D, inter Solem AB, & oculum F, in terra po$itum, ra- dij qui à Sole per maculam in oculum de- $cendunt, aut de$cendere po$$ent, $unr tantùm, AF, GF, & qui inter A & G à Sole exeunt, & pauculi pr{ae}terea, è dex- tra puncti ex vicinia per maculam ad oculum refracti for$itan: at hi omnes mo- dò dicti radij, ad oculum deriuati, $unt debili$$imi, propten Solis $ph{ae}ricam decli- uitatem AG, etiam nudè vi$i, igitur mul- to erunt debiliores per maculam tran$mi$- $i: quam proinde, in hoc $itu, oculo minimè illu$tratam o$tendent, & quod inde $equitur, nigram relinquent. Qu{ae} nigredo multum iuuabitur à macul{ae} contracta in $patium angustius amplitudine, propter motum quem peragit circa Solem, vt demonstratum in tabula edita.

Radius verò CH, qui maculam perpendiculariter arradiando, vnacum vicinis forti$$imè illustrat, ad oculum F, nunquam re- fringitur, ideoq. albificata etiam macula in hoc pofitu non nota- tur. Secus est, quando macula medium Solis ad punctum I, $ub- intrauerit, tunc enim, quia axis CF, vna cum IF, & KF radijs, tàm ad maculam, quàm ad oculum orthogonaliter peruenit, idcir- co fit, vt oculus, quidquid $ecum radij inferunt in maculam ex obuer$a Soli parte luminis, id$ubob$curiu$culè notet, ideoq. & ma- culam nonnullo dilutam candore attendat, aliter quàm eueniat in puncto D & E, cum radij BF & LF, ob $ui debilitatem, nil aut parum, tam in macula, quàm in oculo po$$int.

Et hanc ego ph{ae}nomeni pr{ae}$entis rationem a$$igno, qu{ae} $i macu- lę in Solem introducantur, locum non habet, & tamen, qu{ae} cau$a commoda obuio huic effectui a$$ignetur, non est. Quin etiam fi macul{ae} bæ e$$ent in Sole veluti lacun{ae} qu{ae}dam, oporteret eas dire- cto, quod in medio Sole fieret, vi$as, ob$curiores multò apparere, vti experientia quotidiana in alijs atte$tatur, quàm obliquè, quod in extremis accideret. Ratio buius rei est, quodin medio tota $pe- cus illius profunditas, in extremo, extima ora $olum vi$ui obijce- retur. Dices, radios directos à $ole medio in oculum mi$$os, @@ antrum illud circum$tantes, efficere, vt oculus confu$am quandam lucem, $pecui illi oberrantem $ibi videre videatur: respondeo 1. Cur id etiam non, & multò magis accidat, macula in exitu, vel ingre{$s}u con$tituta, pr{ae}$ertim quòd ora tantum antri illius videa- tur? respondeo $ecundò, maculam B, diametro $ubquadruplam macul{ae} μ, in medio $ole, nigriorem fui$$e quam extra medium, ni- griorem etiam, quam fuerit macula μ in medio, cum tamen à ra- d{ij}s circumiectis propter $ui paruitatem, tota fuerit ab$orbenda Extra $ol@m ergo vagantur corpora i$ta vmbrifera, vel ex hoc etiam ph{ae}nomeno, non in frequenti, iuxta notabile 8.

De macula μ.

Multa habet h{ae}c macula in$ignitè peculiaria, vnde breui$$imè percurrenda cen$eo.

1. Ortum & occa$um $ubijt, in ip$a propemodum circumferen- tia $olis, figura lineole cuiu$dam tenui$$im{ae} nigerrimæ, neque plus albicantis à $ole spatij inter $e $olemq. faciens, quàm quan- tam ip$a o$tendit oculo cra$$itiem, quæ gracilitatem litteræ L, Ita- licè pict{ae}, vix ad{ae}quabat: quinetiam dum occideret, $uperiore $ui parte, hora tertia ve$pertina, 11. Ian. peripheriam $olis atti- git, inferiore verò in $olem nonnihil intrauit, ex qua ortus, & oc- ca$us ob$eruatione.

2 Habetur, $atis iu$ta maculæ huius $ub Sole mora, dies vi- delicet 13. nam spatio i$ti tenui$$imo, in ortu & occa$u relicto, ali- quid e$t tribuendum: & $i multum tribuamus, dabimus dies 14.

3. Sen$ibiliter creuit ab ortu v$que in medium, id est, ad diem 4. Ianuar{ij}, & à 5. Ianuar{ij} eodem modo decreuit ad occubitum v$que.

4. Figura eius fuit in principio recta tenui$$imaq. lineola, cui ad medium v$que $olis, $en$im accreuit in dextra parte gibbus, à minimo circuli $egmento paulatim excre$cens in plenum $emicircu- lum, eoq. amplius, à medio verò $ui curriculo, pedetentim defecit parte $ui dextra, in $egmenta $emicirculo minora, diametro ad $i- nistram angulum qua$i quendam rectilineum ad{ij}ciens, donec cir- ca exitum in lineã rur$us quodam modo, $upernè cra$$iu$culam, @@ veluti capitatam clauæ alicuius in$tar, eua$it. Vnde nouum habeas indicium, ferri hæc ph{ae}nomena circa $olem: alias angularis ille gibbus $inister, vnde emer$i$$et?

5. Nigredo ip$ius omnium bactenus vi$arum macularum ($o- la macula B excepta) vmbras aliarum macularum multum an- tece$$it, vnde con{ij}cimus, eam admodum cra$$am & den$am fui$$e.

6. In medio tamen $ui cur$us, dilutiori fuit albore quam extra: quòd ideo accidere demon$tratum e$t, quia directiores ibidem ra- d{ij} à Sole immi$$i, tran$itum nonnullum ad vi$um no$trum reperi- n Macula no$tra. K Mercurius Kepleri. @ k re potuerint. E quo $u$pice- ris, bæc corpora non penitus e$$e $ed cra$$itudi- ne illorum poti$$imum ra- diorum officere tran$itioni.

7. Perimeter ip$ius, in me- dio præ$ertim, floccis tenui$- $imis creberrimis vndique a$peratus albuit.

8. A macula@, æque in extremitatibus ab$uit, plus ab eadem in medio di$titit.

9. Hactenus con$pecto- rum istorum corporum i$tud apparuit maximum. Diameter etiam eius vi$ualis e$t in proportione $uboctodecupla vt plurimum ad dia- metrum Solis vi$ualem, vnde $i verum e$t quod $cribit Keplerus in $uo $ub Sole Mercario, nece$$e est, hanc maculam Mercuri@ multò maiorem e$$e, cum in charta per foramen à Sole immi$$o collu$trata, maiorem etiam o$tenderit proportionem ad $uũ di$cum. Accedit quod Soli vicina, multo maiore dimid{ij} $ui parte $it irra- diata: vnde eam V eneri æquare non reformido. Et vt rem oculis cernas, Mercurius Kepleri retulit proportionem in Solis inuer$a imagine inferiorem, K, no$tra verò macula $uperiorem μ, quam clari$$imè vi$endam exhibuit N. mihi & al{ij}s: accepimusq eius diametrum circino, $tudio minorem debito: nam $i vt $e$e vmbra exerebat accepi$$emus, e$$et ea in Solis diametro decies & quater. Cape hinc nouum argumentum, maculas ha$ce, non e$$e vel præ$ti- gias oculorum, vel ludificationem tubi, eiusuè vitrorum: cum $ine tubo videantur in charta.

10. Sola $emper man$it, præter morem aliarum magnarum, quæ $e$e hactenus communiter in plures vmbras ex$inuarunt, vti ob$eruationum coni$mi edocent. In medio tamen, nonnullam deor- $um caudulam mi$it, & circa exitum, 9. I an. ne$cio quid appen- dicis $iniflra inferiore $ui parte monstrauit. Mota est æquidi$tan- ter Eclipticæ. At enim de motu i$torum phænomenon, vtpote car- dine principe, enucleatiora multò $uo tempare proferam, Deo ita & Mu$is minorumq. gentium d{ij}s fauentibus. Quòd $i vmbra- rum barum delineatio in charta ad vnguem non respondet, oculis meis & manui tribuatur.

Con$ectaria.

Exhactenus disputatis, non improbabilem quis exi$timet aspe- ram Galilæi Lunam, cum pleræq. hoc præ $e ferant maculæ. Sen- tentiam quoque illam vel ioco$am vel $eriam, de Iouis, V eneris, Saturni Lunæq. incolis facilè respuat: cum ab$urdum $it, eos in his tot corporibus reponere. Terræ verò splendorem reflexum ali- quem, non grauatè concedat. Nam $idera ista $olaria, hæc omnia $uadent: quemadmodum & illud innuunt, splendorem illum in Luna eclip$is tempore vi$um, e$$e radios Solis Lunam $ubob$curè penetrantes: quod num a$$eri forta$$is non etiam po$$it de luee Lu- næ nouæ $ecundaria, dubium meritò fuerit. Stellas etiam, non improbabiliter variarum e$$e figurarum, rotundas autem appare- re propter lumen & di$tantiam, $icut experimur in candela ac- cen$a, cuius flamma eminas con$pecta $phærica videtur, cominu pyramidalis, $iue conica.

Pluribus modò lubens $uper$edeo: hæc etiam arbitror vteunque $atisfactura lectori intelligenti. Nam cum duplex æmulorum $it genus, alter eorum, qui cum non po$$int ip$i præclarè quidquam præ$tare, præclara quæque quomodocunque carpunt: illorum al- terum, qui cum po$$int, $ed non fecerint, mox vt alios in$igne quid tenta$$e animaduertunt, aduolant ip$i & inuolant, vt aliena ra- piant: vtrosq. ab opere no$tro arceo hac epi$tola: primi enim prio- ra non arguent, $i hoc $upplemento pleraque perfecta cernent, po- $tremi non hæc $ibi arrogabunt, $i pleraque dicenda dicta, & ple- raque ob{ij}cienda $oluta $pectabunt. Vnde cum phænomenon hoc, multo maius quam qui$piam facilè $uspicetur, quemadmodum progre$$u ip$o intelliges, & iam ni$i fallor mente $agaci$$ima per- cipis, $it futurum: cuiq. (iudicio meo, & pace tamen aliorum) par osten$um $it nullum, neque forta$$is etiam ostendendum: ma- turaui bas ad te litteras, longo iam tempore coctas, præ$ertim quoad priora, vt eas, vti priores, cedro illinas, & banc qualem qualem, Germaniæ no$træ tuæq. Augu$t{ae} gloriam $erues illibatam. Quod tum fieri confido po$$e, $i editio diutius nequaquam differa- tur. Paria aut maiora his propediem à me habebis. Hæc, quanta $int, & quo tendant vna mecum animaduertis, vnde timeo, ni$i anteuertas, è manibus ea no$tris penè extortum iri: vi$o enim tanto rei buiu$ce exitu, Mathematici non erit vt $e contineant. Continebunt autem, $i tanto à nobis relictos interuallo $emet per- penderint: & $ic vel $ua & propria proment, vel certè aliena non arrogabunt. Quod prohibere, penes te est totum. Faxit Deus, vt $icut hæc cœpimus, ita in gloriam nominis $ui feliciter pro$equa- mur, finiamusq. V ale vir ampli$$ime, litteratorum Mœcenas mu- nificenti$$ime. 16. Ianuar{ij} 1612.

Solent in Magnatum conuiuia inferri, mi$$us non e$iles $olùm, $ed $pectabiles etiam, qui pa$cant non ventrem, $ed oculos de- lectent, exhilarent mentem. Ego non ita pridem, vti nosti, $upe- rùm diuis accumbere men$is admi$$us, admiranda vidi multa apponi fercula, terris bactenus inui$a, gustaui multa, bucu$que mortalibus nequaquam conce$$a, cumq. $apore & a$pectu eorum mirificè caperer, etiam te eorundem participem e$$e volui, tu alios. Proximè elap$is diehus, $olitis deliciatus epulis, ecce tibi, nihil opi- nanti, magnus quidam regiæ illius cæle$tis aulicus, Iuppiter in- quam, noui quid nobis appo$uit, quod ego $pectandum tibi pariter mitto: ita etiam me rapuit, vt ordinariæ ob$eruationum de$criptio- ni interruptæ, banc inter{ij}ciendam e{$s}e cen$uerim, quod utrum re- ctè $it factum, tuo iudicio relinquo.

Notæ.

A, Stella Iouis, B C, linea eclipticæ parallela, reliquæ litteræ reliquas $tellas ad Iouem ui$as in$igniunt, in ea quam referunt à 1. Mar. 29. h. 9. V. 1 B A D C 2. Mar. 30. h. 9. Ve$p. 2 B H F G A D E 3. Mar. 31. h. 10. Ve$p. 3 B F G A D E 4. April. 1. h. 9. V. 4 B F G A H D C E 5. Apr. 3. h. 8. V. 5 B F A D C E 6. Apr. 5. h. 9. V. 6 B F A C E 7. Apr. 6. h. 9. Ve$p. 7 B F G H A C E 8. Apr. 7. h. 8. Ve$p. 8 B D F G A C E 9. Apr. 8. h. 8. {1/2} Ve$p. 9 B D C E Ioue di$tantia, & ad $e magnitudinis proportio- ne, itemq. ad oculum è terra illas con$picientem optico pro$pectu, bora denotata. B punctum orientale. C, occidenta- le. 1. 2. 3. & reliqui $u- pra in$cripti numeri, $e- ptentrionem occupant, il- lis oppo$ita inferior pars, austrum re$picit.

Ob$eruationes omnes $unt factæ $tudio $ummo, c{ae}lo $ereni$$imo $emper, tum cum ob$eruatum e$t, tum cum ob$eruatum e$t, & ob$curi$$imo plerumque, in ab$entia videlicet Lunæ: tubis verò var{ij}s & excellenti$$imis, quorum vno, meliorem bactenus ad stellas Iouiales non vidi. In$pexerunt stellas ea$dem etiam al{ij}. Hæc eo di$puto, vti apparent{ij}s i$tis $ua con$tet fides. Circulo com- prehendi $ingulas ob$eruationes, vt quæ $tellæ ad quam pertine- rent, $ine confu$ione $pectaretur. His igitur $tabilitis:

Cum $tellulas in linea BC exi$tentes Iouiales & non fixas e$$e certum $it, de $ola inferiore $tellula E, controuertatur, erratica ne $it ad Iouem, an stabilita in firmamento? Po$terius hoc ego puta- bam, aliquot diebus, ob quam etiam rem, ad$crip$eram illi in ob$eruationibus, fixa, at verò $i prima med{ij}s, media postremis confero, a$$eclam Iouis agno$cere, his indic{ij}s cogor.

Primus illius contuitus mibi obtigit 30. Mart{ij}, quo tempore $tellæ D longitudo à Ioue fuit 6. veluti minutorum, quanta fuit latitudo au$tralis stellæ F, cuius longitudo à Ioue fuit minutorum fermè 8. V ltimas illius a$pectus accidit 8. Aprilis die, (nam $e- quentibus diebus etiam diligenti$$imè quæ$ita, vi$a vlterius non e$t, tamet$i aliæ stellulæ I ouiales, vel minimæ comparerent, cœ- lumq. & reliqua omnia fauerent) quo tempore latitudo stellulæ E au$tralis fuit e ædem quæ die 30. Mart{ij}, at verò longitudo ad Io- uem qua$i nulla, centra etiam tam Iouis A, quam $tellæ E, concur- ri$$e videntur 8. Aprilis in eandem A E, perpendicularem ad re- ctam BC. Igitur à die Mart{ij} 30.ad 8. Aprilis, inclu$iuè, ad con- iunctionem v$que Iouis & $tellæ huius E, con$umpta $unt minuta 8′. Iuppiter autem, his ip$is decem diebus, à 30. nimirum Mart{ij} ad 8. Aprilis, proce$$it contra $ignorum con$equentiam ab ortu in occa$um minutis minimùm 14. impo$$ibile ergo est, vt $tella E, fuerit fixa: alias 8. Aprilis non fui$$et coniuncta Ioui lateraliter, $ed ab eodem porrò retru$a e$$et in punctum I, ver$us ortum, hoc autem factum non e$t, igitur neque fixa e$t: erratica ergo e$t ad Iouem, cumq. 30. Mart{ij}, angulus ADE, à Ioue $tella D & E repræ$entatus, fuerit maior recto, v$que ad 5. Aprilis, & ex illo tempore $emper minor recto, con$equens e$t, motum stellæ E appa- rentem, velociorem fui$$e motu $tellæ D. Et bæc est ratio vna quæ buc me impulit: accipe alteram, non minus efficacem.

Stellæ fixæ, eadem $emper apparent, cœlo $ereno & ob$curis no- ctibus, & lucis claritudine, & magnitudine molis, at i$ta stellula E, cum 30. Mart{ij}$e nobis præberet vi$endam & lucenti$$imam, & maximam per tubum, (vtpote tantam, quanta e$t liberæ ocu- lorum aciei $tella quælibet bonoris primi, & quanta bactenus quæ- uis con$pecta e$t $tella Iouialis) $en$im tamen $uccedentibus diebus, in vtri$que defecit, ita vt reliquas stellulas Iouis, quibus ante par fuerat, de$ereret, donec tandem vel minimis inferior, 8. Apri- lis, per tubum præstanti$$imum, ægerrimè, cœlo licet $udi$$imo, vl- timumq. vi$a est, cum tamen, diebus primis $uæ apparitionis, tu- bis etiam debilioribus $emet ingereret, luculentam $atis & corpu- lentam, po$t 8. autem Aprilis, ad bunc v$que diem, quo bæc $cribo, con$pici penitus de$ierit, cùm tamen aliæ $e$e $tellulæ I ouiales, lucis & corporis multò quam potiebatur stella E, minoris, nobis pa$$im obtruderent. Stella ergo firmamenti, hoc $idus non est, cur enim, modò non amplius apparet? I mo $i $tella firmamenti est, 2I. Apri- lis apparebit in eodem ad I ouem $itu, quo apparuit die 30. Martij, cum Iuppiter iam $it directus. In firmamento itaque $tella hæ@ non e$t: vnde con$onum e$t, Iouis illam e$$e comitem, eamq. la- teralem.

Habemus itaque nouum nunc, & quintum Iouis Lateronem, quem ego tibi familiæq. tuæ dicatum & donatum voluerim, cumq. 30. & 31. Mart{ij}, itemq. 1.6. & 8. Aprilis, luculenter ful$erin@ quatuor alij louis planetæ, negari nequit, bunc $imul allucentem, quinarium aulicorum istorum numerum expleui$$e.

Habemus etiam, ministros ho$ce, dominum $uum ad latus etiam circumstare, non $ecus atque $atellites $ui Solem circumcur$ant. Quod $i $tella hæc $uum circa Iouem curriculum vniformiter perfi- cit, neee{$s}e erit vt $uo tempore reuideatur, nam licet Iuppiter $em- per hactenus a$cendat à nobis, multumq. minuatur, ne$cio tamen an a$pectum huius $tellæ po$t dies 10. aut 18. non $it redditurus, cum ver$ari deberet tum in $emicirculi $ui parte inferiore. Quod $i numquum redibit, quod nonnibil vereor, & reliqui Iouis a$$eclæ vtcunque in$inuant, cum repente quidam appareant, repente al{ij} euane$cant, ad eum ferè modum quo vmbræ in Sole, quid de his stellulis $tatuamus difficulter equidem animaduerto. Motum, etiam earum ordinatum promere, ex apparitionum ob$eruationi- bus, quas multas & meas & aliorum, easq. $atis exactas habeo, ego arduum exi$timo, $i non etiam impo$$ibile. Itaque, non fru$tra in editis maculis Solaribus dixi, eandem videri rationem & ma- cularum Solis, & $tellarum Iouis. Sicut etiam aliæ & aliæ hacte- nus $emper maculæ $ibi $uccedunt, ita videntur & $tellæ Iouis, quò ergo, inquis, abeunt, vnde veniunt? Hoc opus, hic labor e$t, @@ hic iubet modò Plato quie$cere. Hac enim in tanta re, præcipitare $ententiam merito formido. Veritatem tamen breui eruendam non de$pero. Tuinterim hoc tuo $idere arradiare, & $i pote$t fieri à morbo leuare, vt Reipublicæ tuæ, nobisq. diu luceas incolumis: Apelles autem tuus tibi $oli notus, al{ij}s ignotus luceat. 14. Apri- 1612.

VAriè à var{ij}s $entitur, de Maculis Solaribus in tabula A- pellea à me depictis, $unt nonnulli, qui adhuc de rei $ub$tan- tia ambigant, & illudi ab oculis, vitris, aereue interiecto formi- dent, plerique hoc po$ito timore, capite relicto, membra truncant, alius enim parallaxin animaduerti po$$e, vel non po{$s}e negat, alius maculas ine$$e Soli contendit, alius $emper $ube$$e, alius $plendo- rem illis adimit, nigriorem alius atque den$itatem, nec de$unt qui gracilitatem ingre$$is & mox egre$$uris adimant, motum etiam $ub ingre$$um egre$$umq tardiorem, in medio autem celeriorem A B C D E F G qui inficietur, non deeft. De- nique nil ferme dictum, quod non ab aliquo $it impugnatum. Ego vt & mihi, & tibi, & rei veritati, omnibusque, $i fieri pote$t, $atisfaciam, ad omnia obiecta respondebo, breui$$imè tamen, hac epi$tola. Atque vt ab illu$ionibus incipiam: omnis quæ in v$u tubi optici, ( quem vt in Solem dirigitur, Helio$copium haud ineptè quis indigitet ) fallacia contingere pote$t, aut ab oculo, aut à vi- tris, aut ab eo quod e$t tubum uter Solemq. corpore transpi- po, proueniat oportet. Se- ctrum igitur quod oculus in Solem introducere videtur, ap- paret modò aranea in centro telarum $uarum pendula, modò nmu$ca, modò $ubnigra per in- tegrum Solem tran$uer$um fluitas & inæqualiter lata, deor$umq. præ$ertim lacerata Zona, modò nubecula $ubumbro$a, modò aliæ aliæq. guttulæ nonnibil ad nigredinem vergentes: quæ omnia in appo$itis cernuntur figuris. In A, habes araneas & mu$cas, in, B, zonas vndantes, in C, nubeculas, in D, $tillas. Et b{ae}c omnia $ubinde in Sole apparent purgati$$imo, per tubum excellenti$$imum: & ab oculi $olius humore aqueo agitato prouenire inde manife$tum e$t, quod eiu$modi phanta$mata frequenter ob{ij}ciantur {ij}s qui $unt oculis humidioribus, aut qui $icciore fruuntur vi$u, vt plurimum po$t men$am, deinde, quod alia oculus dexter, alia $ini$ter, eodem etiam tempore, per Helio$copium idem referat, quod ${ae}pe nihil ni$i purum Solem, & quæ $ub eo vi$untur, vnus referat oculus, dum alter i$ta mon$tra obtrudit, quod alius homo eodem tempore & tu- bo h{ae}c videat, alius non, quod idem homo $patio vnius vel duorum primorum minutorum, plus minus, hæc eadem aut euane$cere, aut locum in Sole, c{ae}teris omnibus inuariatis, commutare $entit, quod vi$a h{ae}c omnia plerumque abigantur aut forti ciliorum clau$u, aut oculi ballucinantis perfrictione: quod b{ae}c omnia tandem, $i in Sole compareant, tubo translato in aliud obiectum quodcunque vel lu- eidum vel illu$tratum, nobisq. vicinum & prcbè cognitum, $imi- liter videantur etiam in eodem, dummodo oculum dictis modis non emendauerimus antè. Et h{ae}c ph{ae}nomena quidem ludicra non ego tantum experior frequenti$$imè, $ed & omnes al{ij} iuxta mecum, qui con$uetudinem in$trumenti huius vel exilem $unt nacti. Vnde qui deceptionis huius ignari $unt, facile Soli affingant, quod oculis illorum ine$t, & quia h{ae}c oculorum ludibria in dies, quin etiam boras & momenta ferme, $unt mutationi obnoxia, facilè quod in Sole $tabiliter ine$$e apparet, vi$us incon$tanti{ae} ip$i ad$cribant. Quo ex fonte illud fluxi$$e arbitror, quod iam olim literis tuis $i- gnifica$ti, vt in Italia alicubi con$piceretur Sol lineis quibu$dam nigris qua$i perpendicularibus $ectus. Et ne quis ambigat appa- rentias ha$ce, à $olo plerumque oculo, non autem à vitris $imul, aut aere profectas e$$e, ecce tibi, nocte ob$cura expetieris h{ae}c omnia in $atis magna ad candelam vel lucernam ard\~etem di$tan- tia: in qua eodem tempore $iue per tubum eumdem, $iue etiam ab$que vllo tubo, videbis alia oculo dextro ( nam rari$$imè accidit vt ambo oculi in idem repre$entandum con$pirent ) alia $ini$tro, alia vtri$que apertis, alia alterutro tantùm: alia tu, alia alius, omnos tamen omnium & $ingulorum oculi, videbunt aut araneas quodammodo nigras, aut fluctuantes tran$uer$im fumorum in me- dio igne zonas, aut nebulas nubeculasuè vi$um hebetantes, aut gut- tulas crebras lucem in varia, dirimentes: non $ecus atque per tu- bum hæc eadem oculus in Sole contemplatur, cum tamen in$int ip- $imet oculo, vti declaratum e$t $atis.

Alter tubi optici error cau$atur à vitris, aut enim $phæricae ro- tunditatis non $unt, & figuram obiecti adulterant, aut ad $ufficien- tem perpolitionem non adducta, & nubeculas, vel æqualiter $par- $as nebulas inducunt, propterea quod $pecies pyramidis opticæ ab obiecto in vitrum asperum incidens, aut tran$itum non inueniat, aut ordinem certè perturbet, ideoque confu$ionem in oculo pariat: aut vndis bullisuè $unt infecta: quorum prius vitium in ip$um obiectum adeo redundat, vt quod e$t in vitro, oculus planè $ibi per$uadeat e$$e in obiecto, posterius autem bullarum ob$taculum, in contraria peccat; vel enim bullæ per$picuæ $unt totæ, vel non $iprimum, effaundunt $ingulæ $ingulos quodammodo vi$ui $oles, $i $ecundum, $ingulæ $ingulos veluti carbones oculis ingerunt, idque non ni$i per $peciei inuer$ionem, vt quæ bullæ $unt in dextra vitri parte, appareant oculo e$$e in $inistra vitri eiu$dem latere. Sed hæc melius in $chematis intelligentur, vbi E, mon$trat vndantes vitri tractus, qui totam inficiunt obiecti $peciem, quod patet $i So- lem per $imile vitrum in murum leuem, vel tran$mittas, vel à $i- mili vitro in eundem reflectas, etenim tota Solis imago istis tra- ctibus fluctuabit: haud aliter accidit in oculo, quando per tale vi- trum participat rei vi$æ $imulachrum: ex quo etiam rationem reddamus, cur ab aqua mota res non tam liquidè reflectantur, at- que à quieta figura F, exhibet bullarum opacarum effectus, qui à guttis in oculo decidentibus & aranearum $imulachris, in circulis A, & D, $uperioribus expre$$is, parum ab$unt, ni$i quod illa $pectra facilè abigantur, hæc autem bullis durantibus numquam. In vi- tro G, apparent bullæ tralucidæ, diffundunt enim $ingulæ in$tar Solis parui radios, & liquidam vi$ionem multum remorantur. Hæc autem peccata à vitris committi argumento $unt $equentia. Etenim eodem tempore ambo vnius hominis, aut etiam diuer$o- rum hominum oculi vici$$im adhibiti, in vitia eadem planè incur- runt, aut vnus, vel ambo quorumuis oculi, tempore quocumque in tubum i$tum admi$$i, in eadem rur$us vitia impingunt, & eodem, vel diuer$o tempore, $i vitra ista è tubo amoueantur, inq. locum alia in$erantur, non amplius cernentur quæ prius, præterea, $i vi- tio$a ista vitra in tubo girentur, circumagentur vna cum ip$is, $er- uato interim ordine, numero & $itu & magnitudine, prædicta phanta$mata, ampliùs tubus à Sole, quaquauer$um alio, etiam in purgati$$imum æthera directus, $ecum defert istas apparitiones, quod mirabilius, $i tubum in fenestram habitaculi tui ante te po$i- tam, aut $ub dio in candidum parietem proximum, obtendas, vel chartam albi$$imam eidem obuertas, intueberis tamen nihilominus hæc phænomena omnia, vt prius, Quæ $atis $uperque conuincunt, ea nec ab a$pcctatare, nec ab aere, nec ab oculo, $ed à vitris exo- riri. Et vt certus e$$em, vtrum hanc phanta$iam bullæ lentium vitrearum efficerent, alleui iuxta nonnullas, & $upra aliquas fru- $tilla ceræ, & $ic inueni alias à $uperlita cera penitus occupari, alias cum eadem iuxta $e po$ita cera, osten$a con$ueta obtrudere, in quo illa mirificenti$$ima mihi $unt vi$a, quod bull{ae} alias ita exi- les, vt aspectum ferme effugerint, vi$æ $unt referre magna $anè carbonum fru$ta, & hoc euenit ob vicinitatem bullæ ad oculum, qui eam idcirco $ub maiore angulo hau$it, tàm ob humoris aquei, quàm vitrei factam refractionem, in $uperficie enim $ui conuexa anteriore, antequam $en$atio eliciatur, refractio speciei immi$$æ an- gustias radiationes propter conuexitatem bumorum dilatat, & $ic angulus vi$ionis maior, rem alias paruam, valde amplam præbet con$piciendam. Ex quo obiter colligo duo: alterum, fieri po$$e, vt res in oculo repre$entetur maior multo quam $it ip$a, alterum, ac- cidere po$$e, vt oculus percipiat obiectum etiam $uæ tunicæ corneæ contiguum, cum bullæ i$tæ $int eidem vicini$$imæ: imò verò huius ip$ius rei veritatem vt adipi$cerer, admoto ad oculum tubo, $ecun- dum morem, inconniuentiq. eidem ( quod fieri poteft ) immi$i le- uem calamum, eumq. ad tunicam corneam hinc inde leniter admo- tum traxi & constanti$$imè vidi: ex qua experientia certi$$ima, verum alias Ari$totelis dictum. Sen$ibile $upra $en$um po$itum non facere $en$ationem, explicandum e$t in oculo, $i totum occupet: $ic enim lucem omnem ad videndum nece$$ariam excludit, vt pa- tet in cil{ij}s, aut certè, locutus e{$s}e dicendus est, de ea $en$atione qnæ fit & fieri $olet ordinariè cum mentis aduertentia, plurima enim $entimus, quæ tamen non aduertimus neque aduertere po$$umus, propter $en$ibile maius, à quo minus in genere illo vt $entiatur, pro- bibetur. Gum enim bullarum i$tarum a$pectus, quem priore am- plius mirabar, contingat $ecundum $peciei inuer$ionem, ita vt pu- $tulæ in vitro concauo $upernæ, videantur infra, & quæ $unt in $ini$tra, dextram occupent vi$æ partem, fit vt species bæ in $e $int valde debiles, & quia inuertuntur, & quia raræ $unt, propterea quod latitudinem obiecti à quo promanant excedant, & quia lu- mine debili$$imo vtuntur, è quibus rationem do, cur ea quæ ab ocu- A B C D G H F E A B C lo remotiora $unt, vicini$$ima ista ne aduertantur, $upprimant. Illa enim radios directiores, collectio- res, lucidiores immittunt, bæc omnia debiliora. Sed & boc ip$um oculorum experimentum, oculis tuis $ubijcere placet. In figura enim adiecta $it vitrum concauum A, cui oppo$itus oculus B, videat duas in concauo bullas C, $ini$tram in vitro, D, dextram in eodem, itaque $ini$tra bulla C, incidet in E, dex- tram bumoris cri$tallini partem, & D, in F, eiu$- dem bumoris partem $inistram, propter G, & H, inuer $ionum puncta. Et cum distantia G C, $it mi- nor quam GE, idcirco nece$$e e$t, ba$in coni optici GE, maiorem e$$e, ba$i coni GC, ideoq. bullam C, in E, vi$am, maiorem multo apparere, quam $it in C. Sed de his exactius aliàs.

Ad banc porrò è vitris ortam fallaciam, reuoco & istud $pectaculum, quod è vitris indebitè à $e di$tantibus ena$citur, aut enim nimium dilata, So- lem in radios eosq. var{ij} coloris dispe$cunt, aut con- tracta nimis, eundem in nubes conden$ant, quæ ambo con$ideres in allatis $cbematis, in quorum altero A. refertur Sol nimium ampliatus, in altero B, nimis ar- ctatus, inq. nubes candicantes inæqualiterq. terminatas compa- ctus: ex quo illud fluxi$$e arbitror, vt non nemo in Sole non con- temnendam aduerterit a$peritatem, de qua tamen etiam paulo po$t. Ex {ij}$dem fontibus quidam in Nodo $uo Gordio, mala & præcoci nimis, imo imperita experientia, qua Iouis $idus in faculam tri$ul- cam accendit, negauit $tellas Iouiales.

Tertium circa maculas erratum inducere pote$t, med{ij} inter nos & Solem pofiti varia temperies. De quo tamen quid conque- rar $ingulariter, non babeo. In duobus autem vim $uam exerit, aliam quidem in colorando Sole, & maculis, aliam in eodem vel exa$perando, vel illis tremefaciendis. Etenim nubes tenues ma- culis nigrorem augent, vapores lenti Solis lucem in colorem dedu- cunt, {ij}dem den$i & vi$co$i eundem nubi candidi$$imæ in perime- tro non munditer præcisè a$$imilant, {ij}dem puri $ed agitati, eun- dem in peripberia multifariam exa$perant. Quod in cau$a poti$$i- mum fuit, vt Solis ambitus nonnullis etiam lacuno$us videretur. Sed hoc à $olis interiectis vaporibus in Solem introduci certum e$t ex eo, quod eodem tempore di$ci $olaris terminus vbi fi$$us appa- rebat, mox redintegretur, vbi integer, mox $cindatur, idq. vici$$i- tudinaria fluctuatione, donec aut vapores illi quie$cant, aut Sol ver$us altitudinem meridianam ex illis emergat: tum etiam sta- bili perfecti{$s}imaq. rotunditate nitet. Figura autem Solis in am- bitu $uo vacillantis, offertur littera C. Keliqua prioribus multum $unt affinia. Inquies autem i$torum vaporum in ip$as frequenter etiam maculas re$ultat, nam & ip$æ non rarò ebulliunt quodam- modo in $uo loco, tremunt, & ne$cio quam nutationem vibrant: $ed bæc omnia $ubiectorum vaporum malitia contingunt.

Et bæc quidem $unt, quæ buius celeberrimi phænomeni clarita- tem ob$curare, veritatem labefactare, $anitatem inficere queant, at ego, ex ip$is vmbris lucem, ex erroribus $cientiam, medicinam conficio è veneno: Scorpius etiam i$te, et$i nonnibil feriendo videa- tur lædere, compre$$us tamen fortiter oleum ex$udat, quo vulnus factum clementer $anat. Age ergo, laruas demamus primum portentis i$tis, talia uitra adhibeamus quæ uit{ij}s dictis careant, oculos diligenter lu$tremus, tubum illis debite applicemus, tubum inquam numeris $uis ab$olutum: Solem purgato cœlo in illos ad- mittamus, dico in hoc ca$u, quidquid umbrarum $e$e offerat, fu- turas non umbras, $ed uera corpora Periheliaca, eo quod nullam earum $ubeant conditionum, quas circa ludificationes retuli, $ed $ub Sole quotidie $en$im ab ortu in occa$um in plano, uel eclipticæ, vel eclipticæ parallelo tran$eant, contra $ignorum ordinem, $ub So- le inquam, nam in $emicirculo $uperiore mouentur $upra Solem ab occa$u in ortum, $ecundum $ignorum con$equentiam. Et hoc ar- gumentum irrefragabile est. Sed uici$$im a$tringamus ui$is i$tis, A stronomo glaucomata ne$cio quæ ob{ij}cientibus, laruas pre$$ius, @@ oleum mox $alutare eliciemus. Etenim delicta aeris maculas $o- lares, aut penitus non attingunt, aut omnino aspectui tollunt, ut $ic aeris uitia, nequeant dici macul{ae}. Apertio uerò tubi aut nimia, aut nimis parua, maculas pariter conspectui adimit, ut etiam ex hoc capite illis periculi nibil immineat. Sol{ae} bull{ae}, $ol{ae} uitrorum arenul{ae}, $olæ $tillarum ex oculo fluitantium aranul{ae}, maculas ip- $i$$imas mentiuntur, nam qui ha$ce mu$cas unà cum maculis cer- nat, is neutiquam di$cernat, ni$i prioribus adhibitis uer$ationis, translationis, compre$$ionis remedijs: & hoc è compre$$o Scorpione oleum uulneratum oculum $anat, mendacium à uero $eparat. Ma- cul{ae} etiam $olares $emper & $ub $olo Sole $tabiles, reliqu{ae} quaqua- uer$um rotatiles, & in omnem locum tralatici{ae} $pectabuntur. Et boc argumentum irrefragabile e$t. E quo nouerit iudicare non nemo, quid $it illud quod vidit in aere puri$$imo nigrorum corpu$- culorum, cum tamen vel ip$o te$te, ea in aere non ine$$ent. In$unt autem vel vculo, vel vitris.

I am $i ostendero maculas $olares etiam videri $ine vllo tubo, oculo bominis cuiu$uis, quid opponet qui$quis opponit, vt non im- ponat? Certè nec oculus, nec vitra, nec aer poterunt culpari. Acci- pe ergò, Sol per foramen rotundum, buius circiter amplitudinis, O, aut paulò maioris, immi$$us perpendiculariter in chartam mun- dam, aut aliud planum album, & $e & omnia $ub $e corpora ista ostendit, in protortione, di$tantia, & $itu, & numero, quem $er- uant tàm ad$e, quàm ad Solem. Et hoc modo ob$eruationes quam- plurimas peregi, maculas o$tendi quibu # uis volentibus, quæ tam magnæ, tam den$æ, tam nigræ quandoque fuerunt, vt per nubes etiam cra$$as valdè tra$parerent. Et hoc argumentum omni frau- dis $uspicione vacuum e$t. Nec opus e$t, vt multi non rectè opi- nantur, locum adeo tenebrico$um e$$e: ego enim i$ta ob$eruo in locis talibus, in quibus & $cribere po$$em & legere. Di$tantia magna ab inuer$ionis foramine, multum valet.

Rur$us, $i $peculum ter$um Soli obtendas, inq. parietem man- dum chartamq. debitè di$tantem, $peciem Solis à speculo reflectas, videbis maculas Solis, numero, ordine & magnitudine, tàm ad $e, quàm ad Solem. Et hunc ob$eruandi modum, diu fru$tra quæ$i- tum, accepi ab optimo quodam amico meo. Quæ maculas indagan- di ratio, omni etiam pror$us errandi labe caret.

Tandem præter experientiam, præter rationum momenta, tàm bìc quàm $uperioribus litteris prolata, accedit virorum hoc æuo do- cti$$imorum ad$tipulatio: quorum al{ij} auriti $unt te$tes huius phæ- nomeni, al{ij} oculati. Auritorum, id est eorum, qui aures in Solis arcana erigere, quàm oculos dirigere malunt, tot $unt, vt $un auctoritate pertinacem quemlibet flectere meritò deberent, & ab errore $uo deducere: quorum quidem præstanti$$imorum virorum $ententiam & nomina per te nactus, non ingrata arbitror memo- ria refricabo. Ip$am igitur phænomeni buius $ub$tantiam baud in- uitis animis admi$erunt in Italia buius æuilumina, Reuerendi$$i- mus & Illustri$$imus Cardinalis Borromæus Archiepi$c. Medio- lanen$is; Andreas Chioccus Medicus Veronen$is: celeberrimus & $uo iam $plende$cens iubare Ioan. Antonius Maginus: Admo- dum Reuerendus Angelus Grillus; Octauius Brentonus; Leonar- dus Canonicus: & quidam al{ij}, nomine mibi incogniti. Moguntiæ Ioannes Reinbardus Ziegler Soc. Ie$u Rector. In Belgio, docti$$i- mus vir Simon Steuinius. In Bobemia, Ioannes Keplerus Cæ$areus Mathematicus. In Germania no$tra Ioannes Peætorius, Profe$$or nunc Altorfij, olim à Mathe$i Imperatori Maximiliano, quem- admodum è relatione fide digna habeo. Ioannes Georgius Breng- ger, Doctor Medicinæ Kauffburnæ. Et alij quamplurimi, nunc non commemorandi. Et hi quidem omnes, licet in $entent{ij}s va- rient, tum inter $e, tum à me di$crepent, in eo tamen quod e$t ca- put, nimirum experientiam banc in re exi$tere, & non eam e{$s}e vel vitri, vel oculi ludificationem, libenter con$onant, tamet$i ocu- lis $uismet nunquam v$urparint. Sapientis $cilicet e$$e probè per- $piciunt id quod cum ratione a$$eritur, non e{$s}e temeraria per$ua- $ione refellendum, $ed maturitate iudic{ij} prudenter pen$itandum.

Ad illos nunc me confero, qui eadem non a$$en$u tantum, $ed @@ $en$u comprobarunt $uo: quorum Italia$at multos dedit. Etenim 1 16 Mart{ij} h. 5. V a b c d e 2 12 Mart{ij} hora 4 {1/2} V a b c d e 3 18 Mart{ij} h 5 {1/4} V 8a b c 4 19 Mart{ij} h. 5 {1/3} V. 8a b c d 5 20 Mart{ij} h. 5 {1/2} V Macula e e$tdiamebo $e$qb altera adlouem, lupicer $e$quialter ad Venere, hoc tempore. e f b 6 21 Mart{ij} hora 5 {1/2}. V. e f a b 7 22 Mart{ij}. h 6 {1/4}. M c 8 22 Mart{ij}. h. 5. V a 9 24 Mart{ij} h. 5 {1/4} V. c f 10 25 Mart{ij}. h. 4 {1/4}. V C 11 26. Mart{ij}. 5 {1/2}. V. Macula e @oucm @quat diamctro g c 12 27 Mart{ij}. h. 1 {1/2} g c 13 28. Mart{ij}. h. 7. M. e h g 14 29 Mart{ij}. h. 5. V. g I e 15 29 Mart{ij}. h. 4 {1/2} V h I e 16 l g 31. Mart{ij} hora 6 {1/2}. M @ e g 17 1 April. h. 5. V. I g h 18 2. April. h. 10. M. b I k g h 19 3. April. 9. {1/2} M. b m g k 20 4 April h. 10 {1/2} M b m k Chri$tophorus Gruenberger Soc. Ie$u, in$ignis Mathematicus, eas videre cœpit 2. Februar{ij}, in fe$to B. Virginis Purificationis. Sed & Paulus Gulden. itidem Romæ eiu$dem Soc. Mathematicus no- bilis, à 18. Mart{ij} v$que ad 22.eiu$dem in Sole maculas ob$erua- uit. Quarum ob$eruationum maculæ, quia animaduer$iones di- gnas comprebendunt, $unt altius repetendæ. Et quia omnes ab$o- lutæ$unt per foramen inuer$ionis, idcirco tenendum illarum figu- ram & $itum atque amplitudinem talem e$$e, qualis $ufficiat ad multa inde concludenda, à die igitur 16. men$is Martij v$que ad 4. Aprilis i$ti fuerunt Solis aspectus.

Has ob$eruationes apponere nece$$arium vi$um est, vt & tu videas, quàm cen$orem minimè timeam, cum vix ambigam bo- rum dierum animaduer$iones ab alijs factas, & Paulus Gulden perspiciat, quàm ille mecum, quàm ego cum illo concordem, quod accidi$$e ad vnguem arbitror. Deinde quia omnia ferme quæ in bi$ce phænomenis contingunt miracula, horum dierum curriculo $unt o$ten$a. Macula quippe a, decimo$exto Mart{ij}à me & dosti$- $imo quodam viro: profe$$ore Mathematico Romano, tàm tubo, quàm $ine tubo con$pecta, Iouem illo tempore maximum, æquauit diametro: $ed $en$im & magnitudine & figura defecit, bifida enim vi$a e$t 18. Mart{ij}, & 19. at trifida 20. tum ad $implicita- tem $e$e reduxit, donec post 23. con$pici de$ijt. Sed ex hac appari- tione non continuo inferre audeo, hæc corpu$cula, imo ingentia cor- pora, vel augeri & minui re ip$a, vel na$ci penitus & dena$ci, cum eadem macula a, vige$imo$ecundo Mart{ij} $e$e belio$copio $ubtra- xerit, stiterit denuo vige$imotertio: at verò f, po$t duum dierum occultationem, reddiderit $emet 24. Mart{ij}, parua alias & igno- bilis vmbra, quæ res cum alias $æpe accidat, etiam in minimis @@ tenui$$imis eiu$modi corpu$culis, quemadmodum $i oporteret, pro- dere po$$em boram, diem, & men$em, $uspicari cogor, contra quam multi opinantur, corpora i$ta vix na$ci & interire pc$$e, $ed eiu$- modi epiphanias, aphanias, anaphanias, a$pectuumq. reciprocatio- nes euenire propter alias cau$as, referendas in motum, in rarita- tem & den$itatem, $itum ad Solem, illuminationem reciprocam, medij accedentis uarietatem, figuram denique propriam, que ta- men ita omnia dixerim, non ut à $ententia hac in aliam abire non uelim, aut non po$$im, $i ip$a rei ueritas in aliam nos deduxerit. V $itatiora autem $equimur bactenus, & à Philo$ophis magis rece- pta. Eadem porro macula A, 17. Mart{ij} tum à disto profe$$ore reui$a e$t, tum etiam à quodam alio dosti$$imo uiro con$pecta, cu- ius magnam Chronologiam propediem, uti spero uidebimus: tam 17. Martij b.4.{1/2}V A den$æ porrò nigredinis speciem nobis infudit, uticũ Solis circulo in chartã proiecto, ip$a per tales nubes, quæ $olar\~e di$cum penitus ferme obfu$cabant (quod in adiecta cernis figura) tamen nigerrima tran$itũ ad oculum inuenerit, tenebro$ior ergo erat nubibus; minus enim tenebro$um per maius haudquaquam tran$paret, uti neque tela tenuis per cra$$um ali- quem $accum, licet $accus per telam ad oculum peruadat. Hoc idem præ$titit, & amplius multo, macula e, hoc idem efficiunt pleræq. maiores in hodiernum v$que diem: res $olum animaduer$ione in- diget. Habeoq. huius rei te$tes oculatos quamplurimos. E macula in$uper g, & h, colligas difformitatem motus: macula enimg, in- gre$$a e$t Solem 26. Martij, quin & ante hunc, $ed vi$a non est, at verò maculæ h, introitus accidit Martij 28. egre{$s}us verò vtriu$- que videtur fui$$e $imul, 4. $cilicet Aprilis: quid inde fiat, facilè vides, has videlicet vmbras in Sole non ine$$e, ni$i Solem mari mu- tabiliorem velis $tatuere. Nam cum macula e, $ub Sole ince$$erit minimum duodecim integros dies, at verò g, $ummum vndecim, h vt plurimum nouem, impo$$ibile e$t vt in$int Soli etiam ro@ato, non tamen plurimum $ecundum qua$dam $ui partes corrupto. Sicut au- tem macula a, & f, ante exitum defecit, ita maculæ tres l, & duæ m, cum quadam alia, in principio non $unt vi$æ. Motus tardita- tem in ingre$$u & exitu, celeritatem in medio, quemadmodum @@ Metamorpho$in, di$cas è plerisque, poti$$imum qutem ex e, ma- cula: quæ ab ingre{$s}u $uo nonnihil auxit per aliquot dies, $ed po- $tea $en$im magnitudinem ami$it, gracilitatem vtrinque, vti ad- pista e$t, ostendit. Nam hæ ob$eruationes ferè omnes exceptæ non folum tubo, verum etiam charta Soli per foramen deducto orthogo- naliter obiecta: itaque verum macularum $itum & motum $uppe- ditauit Solis di$cus in chartam traiestus, figurationem tubus in Solem direstus: vnde arbitror ba$ce ob$eruationes tales e$$e, quales de$iderari, vel à te in omnibus exaggerati$$imo, po$$int. Vincentij pariter Docti Parauini circa maculas pbænomena iampridem cum meis contuli, & tibi $pectanda remi$i.

Sed inclyta nobili$$imi cuiu$dam vnaq. docti$$imi viri Veneti modectia prætereunda non est, qui $uo $uppre$$o, Protogenis nomen induit, dignus boc ip$o, tam $uo, quam alieno nomine celebrari: is igitur in $uo de maculis iudicio, hæc inter alia, oculatus promit.

Con$equentiæ harum ob$eruationum $unt hæ.

1. Has apparitiones non e$$e tantum in oculo.

2. Non e$$e vitri vitium.

3. Non aeris ludibrium, $ed neque in ip$o, neque in aliquo cæ- lo ver$ari quod $it Sole multo inferius.

4. Moueri circa Solem.

5. A Sole prope di$tare, quòd alias in longa ab ip$o remotione illu$tratæ viderentur, vt Luna, Venus, & Mercurius.

6. E$$e corpora multum plana $iue tenuia, propterea quod in longitudine $phæræ diminuatur ip$arum diameter, at in latitudine con$eruetur, (hoc e$t, quod gracile$cant iuxta perimetri $olari exten$ionem.)

7. Non e$$e in numerum stellarum recipiendas.

1. Quia $int figuræ irregularis.

2. Quia eandem varient.

3. Quia æqualem omnes $ubeant motum, & cum parum ab- $int à Sole, oportebat eas iam aliquoties red{ij}$$e, contra quam factum.

4. Quia $ubinde in medio Sole oriantur, quæ $ub ingre$$um ocu- lorum aciem effugerint.

5. Quia nonnunquam dispareant aliquæ, ante ab$olutum cur$um.

Et hæc quidem eximius iste Protogenes, pleraque meis confor- mia eruditè ob$eruauit annotauit, à quo, $i à me nolunt, di$cant qui pleraque ista labefactare conantur. De istis verò duobus, Cor- pora hæc tenuia e{$s}e, at perm anentia $iue $tellas non e$$e, Astrono- mi certant, & adbuc $ub iudice lis e$t: $iout lis e$$e amplius vix pote$t, an inæqualiter moueantur, cum tam $æpe id modo depreben- derim, quod $i verum e$t, vti e$$e reor, finis quæstioni huic, cur cadem corporum istorum ad $e conformatio non redeat, est impo$i- A B C 21 5.April.h6.M p n k 22 6.April.h.6. {1/4}.M p n k 23 7.April.h.6. {1/4}.M. p n k tus. Sed neque alterius te$tis omni exceptione maioris, obliui$ci fas e$t. Nam Galilæus Galilæi ob$eruauit 5. Aprilis maculas hoc $che- mate, A: at verò $exto Aprilis i$to, B: tandem die Aprilis 7. hoc, C: Ego verò hi$ce tribus debus Solem inueni talem, e$tq. vera @@ magnitudinum & figurarum, tàm ad $e, quàm ad Solem propor- tio. Vbi patet Galilæum in principali figuratione, omniumq. ad $e macularum conformatione à me nequaquam di$$idere, $ed $olum in $ingularum apta præci$ione nonnihil à me abire. Quod fieri po- tuit vel è luminis vehementia, vel tubi inbabilitate, aut med{ij} in- teriectu, vel tandem oculorum ægritudine. Ego enim $æpi$$imè hoc experior, vt eodem ferè tempore maculas inter $e di$cretas, & mox vno qua$i tractu confu$as, $ibiq. connexas intuear. Quod vnde & quomodo eueniat, nunc ostenderem, ni$i prolixitas epi$tolæ ve- taret. Nam quas ille producit ob$eruationes à 26. Aprilis v$que ad 3. Ma{ij}, meis ex toto pariter congruunt: è quo comprobatum maneat, bæc phænomena re$pectu Solis omni pror$us parallaxi ca- rere, cum in tam di$$itis orbis partibus, quales $unt nostra Ger- mania & Italia, in eodem loco Solis videantur.

Prætereo nunc innumeros alios Phænomeni huius te$tes oculatos, bic mecum ver$antes, viros cum in Mathematicis, tum in Theolo- gicis & prudentia Iuris ver$ati$$imos.

Eclip$is nupera Lunaris quæ men$e Maio, accidit, hæc ad rem meam quam nunc tracto edocuit. Cæpit ante boram nonam ve- spertinam, dimidio veluti quadrante, de$ijt hora nostis duodeci- ma, $icut ergo duratione, $ic & magnitudine calculum $uperauit, digitorum enim fuit minimum osto: $ed hæc modò non ventilo: illa nonnibil conferunt: vmbra terrena à centro $uo remoti$$ima rarior fuit, ideoq. nonnullam lucis $olaris admixtionem $ecum in Lunam detulit, vti videntibu, manife$tum fuit, at verò centro vicinior, ita conden$ata, vt corporis Lunaris, neque micam conspiciendam præ- beret, $iue oculo libero, $iue ocularibus communibus, $iue tubo ar- mato: vmbræ terre$tris perimeter circularis fuit, nigredinem ma- cularum Lunarium antiquarum non $uperauit, quo factum e$t, vt vmbræ terrenæ cum ip$is maculis concur$us inæqualem oculis of- ferret perimetrum, ita vt $u$picaremur id à terræ eminent{ij}s, pro- uenire $ed decre$cente eclip$i, vidimus illos vmbrarum gibbos in Luna manere, & maculas antiquas e$$e. Tand\~e ante finem eclip$eos con$peximus $egmentum paruum Lunæ per ip$am terræ vmbram extenuatam, adbibito tubo, cum tamen per vmbræ meditullium id nequidquam $æpe tenta$$emus. Exi$tis concludo, Lunam pro- priæ lucis nihil po$$idere; terræ inæqualitates procul intuenti non e$$e $en$ibiles: maculas $olares plera$que e$$e corpora non minus opaca quàm $it terra, cum umbra illarum nigrior appareat quàm ullæ maculæ Lunares antiquæ, quin & nouæ, uti innumeri qui me. cum eas contuentur ultrò & libenter fatentur, uiri $anè rerum ha- rum periti. Inconstans autem umbræ terreæ in Luna uacillatio, quam creberrimè aduerti, prouenire non pote$t, ni$i è uario uapo- rum inter terram Solemq. agitatu, qui radios Solis uariè $ecant, & ita tremidos uibrantesq. reddunt.

Eclip$is Solis eodem men$e inchoari ui$ae$t, hora decima ante- meridiana quodammodo, de$ijt hora 12 {3/4} durauit uniuer$im horis duabus & tribus quadrantibus circiter, ad $eptem digitos uix ac- ce$$erit, de quibus tamen exactius $uo loco. Notatu digna & ad rem præ$entem facientia $unt hæc. Tubus inter eam Lunæ partem quæ Solem obtexit, & eam quæ exce$$it, quoad ob$curitatem nullum penitus di$crimen fecit, $edneque Lunam totam ullo modo di$tin- xit à reliquo Soli circumiecto @@lo, uel quali quali tandem corpore. Circa mediam tamen eclip$in, o$tendit nobis tubus, dimidiæ horæ spatio, eam Lunæ perimetrum qua Solem operuit, aurea quodam- modo circum$erentia amictam, exeunte utrinque extra Solem, ad unius quodammodo digiti longitudinem, arcu aureo circulari: ne- que fuit phanta$ma hoc ludibrium. Deinde idem tubus ostendit no- bis maculas Solares {ae}que nigras, imo ut omnes ex in$tituto ad boc intendimus, nigriores, quam ip$a apparuerit Luna, magis enim h{ae}c ad fu$cum colorem appropinquabat, confirmatur hoc ex eo, quod Sol per foramen in chartam proiectus, etiam macularum umbras distinstè repr{ae}$entarit. Et h{ae}c quidem tubus effecit, cælo $ereni$$i- mo: oculi autem $ine tubo, $iue $oli, $iue ocularibus communibus adiuti, aliquid aliud & mirabilius deprehenderant, oculi inquam, primum--------, dende-------, tum i$torum monitu, mei, aliorumq. quamplurimi, idq. quolibet deliqu{ij} huius tempore: uidimus au- tem, quotquot uidere contendimus, eam Lune portionem, qu{ae} Soli obducta fuit, totam in$tar cri$talli, aut uitri alicuius pellucidam, in{ae}qualiter tamen, ita ut alicubi albicaret tota, alicubi albe$ceret tantum, totum itaque Solem uidi con$tanter, $ed cum maximo di- $crimine, nam pars à Luna occupata, traluxit remi$$i$$imo & ma- ximè fracto candore, & hanc quidem experientiam tubo adhibito stabilire nequaquam licuit, donec vnus circa exitum Lunæ à Sole, con$tanti$$imè a$$euerauit, vi$am à $e per tubum totam Solis peri- pheriam, etiam$i Luna nonnullam adhuc portionem ip$ius occuparet.

Quæ phænomena, $i ludibria non $unt, quemadmodum e$$e non putamus, intelligis, opinor, maculas Solares corpora non minus den- $a, atque opaca e$$e, quàm $it Luna, ideoq, pro nebulis nubibusuè necdum agno$cenda. Lunam ip$am (quod & maculis compluribus accidit, & ex quo laceratio multarum defendatur ) per totum e$$e per$picuam, magis & minus, $ecundum maiorem minoremuè den$i- tatem: quo dato, facilè illa hactenus agitata quæ$tio, de $ecunda- ria illa nou@ Lunæ luce, di$$oluatur: e$t enim illa nihil aliud quàm lux Solis, Lunam peruadens, & ab eadem in oculos no$tros refra- cta, debilis quia refracta, & quia penetrans Lunam, at verò alte- ra, quia à Lunæ $uperficie ad nos reflexa, fortior, & illu$trior: quo autem Luna magis à Sole recedit, hoc refractio illa remi$$ior, & contra hæc reflexio fit fortior, è quibus vtri$que cau$a illius lu- minis imminuti, huius aucti pate$cit. Neque mibi terrenæ lucis, $i qua e$t, reflexio tanta e{$s}e videtur, vtillud phænomenon pro- creet, hæc autem via, rationi opticæ & philo$ophiæ congruenti$$i- ma e$t. Oper æ igitur pretium fuerit, futuris Eclip$ibus ad hoc pun- ctum $olerter aduigilare. Ex hac eadem experientia intelligas vti Lunam, ita & maculas ab$que comparatione vlla nigriores e$$e, quam $it vllum circumiectum Soli corpus cæleste, quod non $it stel- la, cum enim eadem $it natura eius quod est inter nos & Solem, & illius quod est iuxta Solem po$iti, Luna autem nigrore $uperet id quod est inter nos & Solem directè interiectum, vti patet expe- rientia, manife$tum e$t, nigriorem e$$e etiam eo quod e$t $ecus So- lem, tamet$i æqualis vtriu$que appareat nigredo.

Tandem, vt litterarum finem faciam, $iue maculas has in Sole, $iue extra eundem, $iue generabiles statuamus $iue non, $iue nu- bes dicamus, $iue non, quæ omnia adhuc vacillant, illud certè con$equens videtur, $ecundum communem A$tronomorum $enten- tiam, duritiem & banc cælorum con$titutionem $tare non po$$e, præ$ertim ad Solis, Iouisq. cælum, vt proinde iure merito audien- dus $it, Matbematicorum huius æui choragus Chri$tophorus Cla- uius, qui in vltima $uorum operum editione, monet A$tronomos, vt $ibi propter hæc tam noua & hactenus inui$a phænomena, anti- qui$$ima autem re, $ine dubio, de alio cælorum $y$temate proui- deant. Nam $i Venus, vti in prima Apellis tabula in $inuatum, & è quotidiana ip$ius metamorpho$i paulatim con$tat, & iam olim hoc Tycho Brahe docuit, idemq. ob$eruarunt eodem tempore ferè, in locis tamen diuer$is, Mathematici Romani, & Galilæus, @@ nos iam quotidie experimur, Solem circuit, $i & Mercurius pro- babili$$imè idem præ$tat, vnum idemq. trium i$torum planetarum cælum e$t a$truendum, de quibus omnibus tamen, $olicitius $uo tempore di$quiretur.

Illud interim tacendum non e$t, ab his Solis $atellitibus, cuiu$- quemodi tandem $int indolis, $iue vernæ, $iue coempta aliunde mancipia existant, Aflrologiæ diuinatrici, genethliacæ præ$ertim (nam tempe$tatum prædictiones hic non morer) ingens infligi vul- nus: cum enim corpora i$ta $int va$titatis prægrandis, diuer$imo- dè vtique Solem afficiunt, lucem ip$ius ad nos directam interciden- do, refringendo, reflectendo, dilatando, conden$ando, & $imul na- turales $uas affectiones in hæc inferiora deriuando, & $ic pluri- mum valent: quod $i vna alicuius Mercur{ij} cum Sole conuentio tantum in nostratia pote$t, iudicio Astrologorum, quid non pote- tunt tot continuæ Solis cum i$tis corporibus (quorum pleraque pla- netas plero$que aut æquant, aut $uperant,) coniunctiones? de qui- bus cum bactenus nihil cognorint Iudiciar{ij}, mani$estum fit $cien- tiam ip$orum bactenus o$tentatam, meram fortuitam & temera- riam fui$$e diuinationem, vnoq. verbo ludicram vanitatem, quæ pueris non cordatis, terriculamenta incu$$erit. Sed de his & alijs pluribus dabitur, ni$i fallor, $uus & locus & modus disputandi. Monere hic tantum volui, videant quid agant præ$agi i$ti futura- rum euentuum enunciatores, $i tamen cau$as præcipuas, illorum iudiciv, quæ in hi$ce phænomenis vtique latent, ignorant.

Atque hoc priorum omnium complementum Tuæ Amplitudini lubens communicaui, vti $entias, quàm malè hoc magnum ph{ae}no- menon, à nonnullis in dubium vocetur, à pleri$que malè di$cerpa- tur. Nam reliqua omnia qu{ae} in prima tabula expo$ui, $ibi con- $tant. Invnico adhuc h{ae}remus, vtrum corpora b{ae}c generentur @@ intereant, an verò {ae}ternent: quod dum ea qu{ae} hominis e$t, aut e$$e potest indu$tria & $agacitate inquirimus, tu interim, vir Am- pli$$ime, hi$ce $ufficiente rventilatis fruere. Vale, Deo, tibi, tuo Apelli, domui no$tr{ae}, totiq. literatorum collegio. Monach{ij}, vbi banc epi$tolam legendam & cen$endam docti$$imo cuiq. tibiq. ami- ci$$imo ip$emet dedi, 25. Iul{ij}. Anno 1612.

Tuus

Apelles latens poft tabulam,

vel $i mauis,

Vly$$es $ub Aiacis clypeo.

Delle Macchie Solari

ro gli po$$a rendere $icuri, benche anco in que$ta parte douia- mo ricono$cere la benignità diuina, poiche di a$$ai facile, @@ pre$ta appren$ione $on quei mezi, che per $imile intelligenza ci ba$tano; e chi non é capace di più, procuri di hauer di$egni fat- ti in regioni remoti$$ime, e gli conferi$ca con i fatti da $e ne gli $te$$i giorni, che a$$olutamente gli ritrouarà aggiu$tar$i con i _Confron_ _-tazioni_ _delle mac_ _cbie vedm_ _te da di-_ _uer$i luo-_ _ghi._ $uoi, & io pur hora ne hò riceuuti alcuni fatti in Bru$$elles dal Sig. Daniello Antonini ne i giorni 11.12.13.14.20. & 21. di Luglio, li quali $i adattano à capello con i miei, e con altri mandatimi di Roma dal Sig. Lodouico Cigoli famo$i$$imo Pit- tore, & Architetto, argomento, che dourebbe ba$tar per $e $olo à per$uader'ogn'vno, tali macchie e$$er di lungo tratto $uperiori alla Luna.

E con que$to voglio finir di occupar più V. S. Illu$tri$s. fa- uori$cami di mandar con $uo commodo i di$egni ad Apelle, ac- compagnati con vn mio $ingolare affetto ver$o la per$ona $ua; & à V. S. reuerentemente bacio le mani, e dal Sig. Dio gli prego felìcità. Di Firenze li 14.di Ago$to 1612.

Di V.S. Illu$tri$sima

Po$critta. Conforme à quello, che mi ero imaginato, e $critto $eguì 6. giorni dopò l'effetto, perche li gior ni 19.20.& 21. del pre$ente me$e Seruitore Deuoti$simo fù veduta da me, e da molt' altri gentil'huomini amici miei con la $emplice vi$ta naturale vna mac- chia o$cura vicina al mezo del Di- $co $olare nel $uo tramontare, la quale era la ma$$ima trà molt' al- tre, che $i vedeuano co'l Tele$copio, _Galileo Galilei L._ e d'e$$a ancora mando à V. S. li di$egni.