metadata: dcterms:identifier ECHO:D09WWP72.xml dcterms:creator (GND:102501580) Gallaccini, Teofilo dcterms:title (it) Trattato sopra gli errori degli architetti dcterms:date 1767 dcterms:language ita text (it) free http://echo.mpiwg-berlin.mpg.de/ECHOdocuView/ECHOzogiLib?mode=imagepath&url=/mpiwg/online/permanent/library/D09WWP72/pageimg log: parameters: despecs=1.1.2 unknown: <007> = i or ı (dotless i) (occurs 3 time(s)) replacements: [0001] [0002] [0003] [0004] [0005] TRATTATO DI TEOFILO GALL ACCINI SOPRA GLI ERRORI DEGLI ARCIIITETTI ORA PER LA PRIMA VOLTA PUBBLICATO IN VENE ZIA MD CCLXVII PER GIAMBATISTA PASQUALI. _Con Licenza de’Superiori, e Privilegio._ [0006] [0007] VITA LETTERARIA DEL CELEBRE FILOSOFO, MEDICO, MATEMATICO, E ISTORICO TEOFILO GALLACCINI SANESE, SUCCINTAMENTE DESCRITTA, IN QUEST’ANNO MDCCLIX. DAL CAVALIERE GIO: ANTONIO CONTE PECCI PATRIZIO DELLA MEDESIMA CITTA’ DI SIENA.

NON inferiore certamente ad alcun altro Lettera- to Sane$e comparirebbe all’ età no$tra la fama, e il grido del dotti$$imo _Teo$ilo Gallaccini_, $e la di lui incomparabile mode$tia, il $avi$$imo, e abbietti$- $imo contegno, col quale regolava tutte l’operazioni, e le innumerabili virtù Cri$tiane, che l’adornavano, non l’ave$$ero alienato dalla pubblicazione colle $tam- pe di taluna almeno di quelle tante opere, che $cri$- $e, e compo$e. Se compari$$ero pale$i i Trattati Filo- $ofici, che egli la$ciò inediti, potrebbero gli Speculati- vi dicifrare i più a$tru$i arcani di quella $cienza; $e $i vede$$ero i di$cor$i Medici, e Anatomici, di quanto profitto $i renderebbero per la più facile guarigione dell’ infermità più o$tinate! $e i ragionamenti A$trono- mici, $e i dilucidamenti Meccanici $i pale$a$$ero, oh! quanto vantaggio arrecherebbero per una più $icura co- gnizione dell’ incerti$$imo cor$o de’ Pianeti, e per un più raffinato, e perfetto po$$edimento delle Arti, e de’ Me$tieri; e finalmente $e non re$ta$$ero incogniti i nu- mero$i Volumi dell’ Architettura Civile, e Militare, le $toriche o$$ervazioni, e tant’ altre materie, nelle qua- li egli, nel lunghi$$imo cor$o della vita $ua, s’ occupò, [0008] chi potrebbe controvertere al no$tro _Gallaccini_ il prima- to della Letteratura Sane$e? Ma l’Alti$$imo Creatore di tutte le co$e, che $aggiamente tutto opera, e tutto di- $pone, così decretò, così volle, e niuna, niuna delle Opere del no$tro Letterato, finora permi$e, che alla cognizione de’ mortali $i pale$a$$e.

Nacque in Siena _Teo$ilo_ il 22. di Settembre dell’ an- no 1564., da poveri, ma onorati Genitori; e $e di quel tempo non $i potea la di lui Famiglia con$iderare tra le Nobili, non è per que$to, che più anticamente, e fin dall’ anno 1397., nella Per$ona di _Gabriele_, e d’ al- tri A$cendenti, non ave$$e goduti i $upremi Onori del- le Magi$trature della Patria. Fu $uo Padre _Claudio d’_ _Alberto Gallaccini_, e la Madre _Eufra$ia d’ An$ano di Nic_- _colò Molandi_. Educarono que$ti _Teofilo_ unico Figliuolo, che ottennero, prima nelle virtù morali, e dipoi lo con$egnarono, per apprendere l’Umanità, a’Padri del- la Compagnia di Gesù, che appena intrapre$o il cor$o Grammaticale $i re$e meritevole di pa$$are all’ acqui$to della Rettorica, e $u$$eguentemente delle materie $cien- tifiche; e perchè nell’ Univer$ità di Siena con fama non ordinaria in$egnavano, tra molti altri di quel tem- po, _Livio Rettori_ la Filo$ofia, _Niccolò Finetti_ la Medicina Teorica, e _Cre$cenzio Landi_ la Pratica, il _Gallaccini_ voglio- $o allora di profe$$are quegli $tudj, ad e$$i pre$enta- to$i, e velocemente i$truito$i, il 19 di Giugno 1583. fu giudicato meritevole della Laura Dottorale; e così, e$- po$to$i al cimento delle pubbliche Conclu$ioni, con plau- $o univer$ale fu dottorato in Filo$ofia, e Medicina.

Andava $empre più avanzando$i il fervore di _Teofilo_ nel profitto delle mediche cognizioni colle continuate vi$ite, che praticava più volte il giorno fare a’ mala- ti dello Spedale di S. Maria della Scala; e per inda- gare le occulte cagioni delle infermità più pericolo$e, bene $pe$$o tagliava egli mede$imo i Cadaveri, ed o$- $ervando minutamente le Vi$cere, l’ Arterie, i nervi, e la $truttura tutta de’Corpi Umani, ne ritraeva non [0009] ordinarie cognizioni, leggeva continuamente gli Auto- ri più accreditati, conferiva co’Profe$$ori più e$perti le o$$ervazioni, ed in $omma non trala$ciava occa$ione al- cuna per avanzar$i $empre più nel merito, e nella ri- putazione. Per lo che con$iderando, che nella Città di Roma maggiormente potea incamminare i principiati $tudj, colà porto$$i $ollecitamente l’anno 1590., dove con gran fervore applicato$i alla Medicina, poco dopo amma$- $ato un pingue capitale degli $perimenti, e dalla Let- tura de’Libri $cri$$e il _Trattato della Notomia_, e aggiun- $e varie ri$le$$ioni alla _Notomia già pubblicata del Valver_- _de_; e perchè colla Medicina prudentemente con$iderava non poter andar di$giunta la Filo$o$ia, pertanto an- che in que$ta $cienza $cri$$e un altro Trattato, intito- lato _il Te$oro della Filo$o$ia_. Avvalorò con nuove, e più valide ragioni il nuovo _$i$tema introdotto nella Filo$ofia di_ _Annibale Tartaglia_, e $o$tenne ne’ circoli, e nelle di$pute Filo$ofiche le più a$tru$e qui$tioni, con ragioni e auto- rità, e con rifle$$ioni le più $ottili, e per$picaci, che po$$ano giammai pen$ar$i da un intelletto ben fondato, dotato d’ intelligenza, e ornato di numero$i$$ime co- gnizioni.

Ma come che il _Gallaccini_ per naturale inclinazione era portato più volentieri ad altre dilettevoli applica- zioni, abbandonò gli $tudj della Filo$ofia, e della Medi- cina, e dato$i con tutto l’animo agli altri dell’A$tro- nomia, della Matematica, della Geometria, e della Meccanica, e dell’ Architettura Civile, e Militare: nella prima compo$e i Trattati, _de Radio Latino, & de_ _Natura Angelorum_, nella $econda altri Trattati, _de Cir_- _culo, & de Angulo_; nella Matematica $cri$$e _De’ Porti_ _di Mare, de Templo, & de Itinerario_; nella Geometria la plau$ibile Opera intitolata, _I Principj di Geometria_; nella Meccanica un gro$$o Volume, che prende il nome dal- la mede$ima Profe$$ione; e unì a que$ta l’altra fatica, a cui diè titolo _di Zibaldone, di Arcbitettura, e di Meccani_- _ca_: e perchè tali Profe$$ioni portano $eco la cognizio- [0010] ne del di$egno, non volendo _Teofilo_ tra$curare parte al- cuna, per cui pote$$e maggiormente render chiare, e di$tinte le di lui Opere, pertanto procurò nella mede- $ima Città di Roma, $otto eccellenti mae$tri, apprende- re una tal di$tinzione, e così ben pre$to di$egnò, delineò, e dipin$e con vaghe Figure, e re$e ornati i di lui Trat- tati con Piante, e Pro$pettive, conforme può da chiun- que veder$i nelle numero$e Opere di$te$e, e compo$te, e par- ticolarmente in quella intitolata _degli Errori degli Arcbi_- _tetti_, che $e ne pubblica in que$ta Sereni$$ima Dominan- te di Venezia pre$entemente la cognizione, finita nell’ anno del Giubileo 1621. e pre$entata a Mon$ig. Giulio Mancini Medico, e Camerier $egreto di N. S. Papa Ur- bano VIII. che fu letto da Sua Santità; e nell’ altro Trattato, il di cui Titolo $i è _Il Te$oro dell’ Arcbitettura_.

Cono$ceva molto bene il _Gallaccini_, che a’ $opra ri- feriti $tudj per una migliore perfezione non doveano nece$$ariamente andar di$giunti gli altri della Storia, e dell’ Antiquaria cognizione, e però tra$cri$$e, e di$egnò gran quantità delle I$crizioni Greche, e Latine, che fre- quenti$$ime $i ritrovano nella Città di Roma; eforman- done un’ampla raccolta in un va$ti$$imo Tomo, quelle illu$trò, e con erudite note $piegò i $entimenti più a- $tru$i degli Antichi; e, come che $pe$$e volte $uccede, che, o per invidia, o per far$i onore dell’ Opere altrui, gli venne tolta que$ta diligenti$$ima fatica, e pervenu- ta all’ età no$tra, benchè con grave di$pendio, $e n’im- padronì il Barone _Filippo Sto$cb_ Tede$co, nato $uddito del Re di Pru$$ia, allorchè ritrovava$i commorante in Roma, ed io $te$$o po$$o a$$erire, che conver$ando in Siena con que$to Letterato, me la fece vedere, e mi diede commodo d’ o$$ervarla, e di leggerla. Non furo- no que$te $ole le occupazioni $toriche del _Gallaccini_, mentre $i trattenne in Roma, perchè applicato l’animo non meno che alle numero$e $cienze, che po$$edeva, alla mede$ima $toria, compo$e, e $cri$$e un’ altr’ Opera intitolata _Tbe$aurus Hi$toricorum_, che vuol dire una $pie- [0011] gazione de’Pa$$i più reconditi degli Storici Greci, e La- tini, e gli dimo$trò con chiare, e dotte $piegazioni più intelligibili all’ univer$ale cognizione, e che con par- ticolar piacere degli Eruditi, nel proprio originale con- $erva$i in potere di chi ha $te$o la pre$ente narrativa.

Ma finalmente $tanco _Teofilo_ di dimorare fuori della Patria, e benchè dotato di $car$i beni di fortuna de$i- derando acca$ar$i per i$tabilire la di lui Famiglia, non avendo alcun altro Fratello, $e ne ritornò in Siena, nel 1602. e nel $u$$eguente anno 1603. $posò _Camilla di Fortu_- _nio Jacomini_, Cittadina Sane$e. Ne ottenne da que$ta don- na in progre$$o di tempo numero$i Figliuoli, che furo- no, _Claudio_ il maggiore, che $i accasò di poi con _Ale$$an_- _dra di Fabio Fondi_, de’ quali nacque altro _Teo$ilo_, e da que- $ti _Maria Ale$$andra_, che dopo e$$er rima$ta Vedova d’ un certo Medico del cognome de’ _Bertoni_, pa$sò alle $e- conde nozze con _Giu$eppe Luti. Fau$to_ il $econdogenito, che $eguì in gran parte gli $tudj Paterni delle Mate- matiche, e tra gli _Accademici Intronati_ fece cono$cere e$- $er degno Figliuolo di _Teofilo_; e in oltre di ma$chi, nacquero _Carlo, Alberto, Angelo, e Bernardino_, che profe$- sò le materie legali, e divenne non ordinario Giurecon- $ulto: e di Femmine, _Fra$ia, Bartolommea_, e _Virginia_; al- cuni di que$ti morti nell’ età fanciulle$ca, e altri pa$$a- ti a diver$e Religioni; e le Femmine maritate in Fa- miglie onorate, e civili.

Trattenendo$i dunque _Teo$ilo_ in Siena, continuamente frequentava le Accademie degl’ _Intronati_, e de’ _Filomati_, alle quali era a$critto, e in e$$e facea bene $pe$$o $piccare i $uoi talenti con i$toriche di$$ertazioni, e Poetici compo- nimenti; poichè nelle prime, compo$e _l’ Antiquario Politi-_ _co_, e _Gentilizio_; Una _raccolta di Pro$e_, e _di Lettere To$cane_, _dei Secoli_ XIII. e XIV. Altro _Trattato dell’ Origine e avanza_- _mento della Città di Siena; In re Militari, atque Medica nefa_- _$ti dies; la $toria di Partavita F_. e pa$$ata all’ altra vita con fama di non ordinaria $antità, la madre _Suor Pa$citea Crogi_ _Fondatrice delle Cappuccine di Siena l’ anno_ 1615. _ne $cri$$e la_ [0012] _vita;_ E nelle Poe$ie compo$e, oltre a molti _Sonetti_, _Capitoli, o Canzoni_ nella To$cana lingua, e nella Latina _Epigrammi, Elegie, e Poemi_, le Commedie, intitolate _La_ _Modana Geroglifica_, e _la Modana Cele$te_, e $piegò moral- mente i _cento Proverbj_.

Conversò continuamente co’ più celebri Letterati dell’ età $ua; poichè $empre l’accol$ero, l’a$coltarono con di- $tinta dimo$trazione di $tima, e d’affetto, _Cel$o Cittadi_- _ni, Alcibiade Lucacini, Belli$ario Bulgonini_, il gran _Filo$o_- _fo France$co Piccolomini, Diomede Borgbe$i, Scipione, Girola_- _mo, e Cel$o Bargagli, Giugurta Tomma$i_, ed altri non po- chi pae$ani, e Fore$tieri, tutti uomini chiari, e rino- mati appre$$o la Repubblica intiera delle Lettere, per l’ opere loro colle $tampe pubblicate.

Accompagnava il _Gallaccini_ le occupazioni Letterarie colle più $ingolari eroiche virtù Cri$tiane, poichè non ci era Compagnia Laicale di più $tretta o$$ervanza, che egli non frequenta$$e: conver$ava bene $pe$$o co’Regolari di maggior perfezione, frequentava i Sacramenti, e i Sa- cri Oratorj; umile nel portamento, abbietto ne’ ve$ti- menti, alieno dalle Pompe mondane, e tutto intento nell’ ammini$trazione della Gioventù, e nell’ educazione de’ proprj Figliuoli.

Se era talmente dilatata la fama, eil grido delle vir- tù morali di _Teo$ilo_, molto più cre$ceva il nome delle $tudio$e materie, che po$$edeva, e particolarmente delle matematiche; per lo che vacando nell’ anno 1621. per la morte del celebre _Guglielmo Gangioli_, nell’Univer$ità Sane$e la Cattedra di quella $cienza, dal Sereni$$imo Gran Duca _Co$imo II_. con onorato $tipendio venne pro- mo$$o a quella Lettura il _Gallaccini_, il quale di poi le$$e, ed in$egnò per tutto quel tempo, che $opravvi$$e; $e non che, due anni dopo, nell’ anno 1623. gli fu ingiunto il pe$o d’ in$egnare ancora la Logica, e la Filo$ofia; e così i$truen- do nell’una, e nell’altra $cienza la numero$a Scolare$- ca, tanto Oltramontana, che Italiana, e Pae$ana, che correva affollata ad a$coltarlo, ne ritra$$ero da un così [0013] dotto Mae$tro non ordinario frutto, e divennero non pochi eccellenti Filo$ofi, e Matematici. Troppo m’ e$tenderei, $e io mi pone$$i in que$to breve racconto a far menzione di tutti gli Scolari, o almeno di quelli, che maggior profitto ne ritra$$ero, perchè $on così nume- ro$i, che facilmente $e n’empierebbe un gro$$o Volu- me; onde ba$terà $olamente accennarli in genere, per- chè il $olo nome del _Gallaccini_ rimane per anche chia- ro, e pale$e non $olo in Siena, ma per tutta l’Italia. Mentre era tutto intento _Teofilo_ all’in$egnamento della Filo$ofia, e della Matematica, fu di nuovo per la ter- za volta ri$tampata in Siena nel 1628. per _Ercole Govi_, un anno dopo la morte dell’ Autore, la _Grammatica, o_ _$iano Regole per apprendere perfettamente la lingua To$cana_ del tanto rinomato _Cel$o Cittadini_, e benchè veni$$e uni- ver$almente acclamata que$t’ Opera, nondimeno il no$tro _Gallaccini_ non potendo in molte parti concorrere nel $entimento di quel di lui grand’ Amico, pre$e a $crive- re $u tali materie, e compo$e nel 1629. quell’ eruditi$- $ima, e dotti$$ima _Opera_, che nel proprio Originale con gran gelo$ia pre$$o me $te$$o con$erva$i, e che ha per titolo, _i Sinonimi della Lingua To$cana_, dove con grazia, con forza, e con validi$$ime autorità, e con dotte o$- $ervazioni, appoggiate a documenti, a I$crizioni, e a Scrittori, ribatte, e confuta in gran parte l’opinioni del _Cittadini_, e fa vedere, come in Italia, e particolar- mente in To$cana $ia $tato introdotto il giu$to, vero, e puro Dialetto, e da qual principio, e cagione abbiano $ortito la loro origine diver$e voci, e vocaboli, e come ne’ tempi dell’ Autore $i dove$$ero $crivere, e pronunziare.

Finalmente carico d’anni, perchè di 76. compiuti, e di meriti per tante Opere $critte, e compo$te, benchè niuna, niuna fin ora publicata colle $tampe, morì _Teo_- _filo Gallaccini_ in Siena il 27. del Me$e d’ Aprile dell’ an- no 1641. univer$almente compianto; e fu interrato il dì poi nella Chie$a de’PP. Pred. di S. Domenico, nel $epolcro di _Fra$ia Molandi_ $ua Madre.

[0014]

_Le autorità, dalle quali $ono $tate e$tratte le $opra$critte notizie, $ono_:

L’Albero Genealogico della Famiglia _Gallaccini_, compilato da _Cel$o_ Cit- tadini, che prova ad evidenza e$$ere $tata un’ i$te$$a della Famiglia Bettini, che produ$$e il tanto rinomato _Antonio Bettini_ Ge$uato di Fuligno, Autore _del Monte Santo di Dio_, e d’altre numero$e opere Teologiche.

Il Padre _I$idoro Ugungieri_ nelle Pompe Sane$i Parte I. Tit. XXI. a c. 676. e nella Terza Parte mano$critta.

I Ruoli de’ Lettori dell’ Univer$ità Sane$e, e$i$tenti nell’ Archivio del Mae- $trato di Balia.

I Regi$tri de’ Dottori di Filo$ofia, e Medicina appre$$o i re$pettivi Col- legj.

I Libri della re$idenza de’Soggetti innalzati al $upremo grado della Signoria di Siena, addimandati i Leoni.

_Giulio Mancini_ nel ragguaglio $torico, mano$critto delle co$e più notabili di Siena.

_Giulio Piccolomini_, nel $uo Libro mano$critto, intitolato _Siena illu$tre_.

Le memorie e$i$tenti pre$$o gli Eredi del $oprannominato _Teofilo_, e partico- larmente pre$$o _Maria Ale$$andra Gallaccini_ ne’$uoi Luti.

Le di lui Opere mano$critte, in gran parte con$ervate pre$$o di me Gio: Antonio Cav. Pecci.

Diver$e altre memorie, $critture, Autori, e documenti $par$i pre$$o diver$i Soggetti della Città di Siena.

II regi$tro de’ Nati, e Battezzati in Siena, con$ervato nell’ Archivio del Mae$trato, detto di Biccherna.

Altro regi$tro de’ Morti nella Pieve di S. Gio: Batti$ta, con$ervato nell’ Archivio Arcive$covile.

E il Necrologio dei $epolti nella Chie$a de’ Padri Predicatori di Siena To- mo II.

[0015] TAVOLA DEICAPITOLI Contenuti in que$to Libro. PARTE PRIMA. _Cap. I._ _D_EL Compartimento degli Errori degli Architetti. # _pag. 5._ _II._ Degli Errori, che $i commettono avanti il fabbricare. # _ivi_ _III._ Degli Errori, che $eguono nell’ elezione dei Siti. # _6_ _IV._ Degli Errori, che accadono nella mala $celta delle Materie. # _8_ _V._ Degli Errori della mala elezione dei Fabbricatori. # _13_ _VI._ Degli Errori della mala elezione del tempo. # _16_ _VII._ Degli Errori, che avvengono nella mala di$po$izione del di$egno, # nella mala ordinazione, e nel cattivo comparto. # _17_ _VIII._ Del provvedimento u$ato dagli Autori Romani contro gli Errori delle Fabbriche. # _18_ PARTE SECONDA. _I._ Degli Errori, che occorrono nel fabbricare. # _pag. 23_ _II._ Degli Errori, che $i fanno nei fondamenti. # _ivi_ _III._ Degli Errori, che accadono nella proporzione delle parti. # _32_ _IV._ Degli Errori della di$po$izione del compartimento. # _37_ _V._ Degli Errori degli Architetti nel collocar le co$e fuor del lor # luogo. # _38_ _VI._ Degli Errori, che con$i$tono nell’ abu$o di alcuni ornamenti intro- # dotti dagli Architetti moderni. # _44_ _VII._ Degli Errori, che accadono nella ino$$ervanza del decoro. # _49_ _VIII._ Degli Errori, che dagli Architetti $i permettono, mentre i mi- # ni$tri u$ano cattivo amma$$amento, e mala $truttura di mattoni e # di pietre, facendo mala compo$izione di muraglia. # _50_ _IX._ Degli Errori nella $uper$tuità, e nel difetto. # _53_ _X._ Degli Errori della mutazione dell’ordine delle parti, dell’u$o e # della mala corri$pondenza loro. # _56_ PARTE TERZA. _Cap. I._ Degli Errori, che $i $cuoprono poichè è $tato fabbricato. # _pag. 59_ _II._ Degli Errori, che avvengono nei coprimenti. # _61_ _III._ Degli Errori, che avvengono per la poca, e non diligente cura # intorno alle fabbriche fatte. # _65_ _IV._ Degli Errori, che accadono nella poca avvertenza nei condotti [0016] # dell’ acque delle ci$terne, e dei pozzi, delle fogne, cioè, delle cloa- # che e d’ altri luoghi. # _67_ _V._ Degli Errori dei cavamenti $otterranei vicini ai fondamenti del- # le muraglie. # _ivi_ _VI._ Degli Errori, che accadono nei tagliamenti delle muraglie. # _68_ _VII._ Degli Errori, che procedono dalle nuove cariche, le quali $i pon- # gono $opra i muri vecchi. # _ivi_ _VIII._ Degli Errori, che accadono nei ri$tauramenti. # _70_ _IX._ Quanto importi il non $ervir$i degli Architetti, e il $idar$i della # pratica dei mini$tri. # _ivi_ [0017] AMONSIGNORE GIULIO MANCINI MEDICO E CAMERIERE SEGRETO DI N. S. PAPA URBANO VIII.

SON già pa$$ati due anni, ch’io doveva mo$trare a V. S. Illu$tri$s. e Reverendi$s. l’Operetta mia degli errori degli Architetti, avendogliela prome$$a quando mi trovava in Roma di pa$$aggio. Ma perchè non mi pareva convenevole condurla innanzi a Lei di pochi$$i- ma età, e qua$i in fa$ce, onde non Le avrebbe recata $oddisfazione alcuna; perciò ho indugiato fino a que$to tempo, pel quale è già cre$ciuta in età perfetta, ed in maniera, che può favellando e$primere il $uo concetto: benchè for$e non $ia giunta a quella perfezione, che po$- $a $ommamente piacere a Lei, ed agli altri cagionar qual- che maraviglia. Pure, comunque ella $ia, la rappre$en- to avanti a V. S. Illu$tri$s. e Reverendi$s. in abito di nuova Spo$a fatta bella, e adorna, $e non come $i con- veniva, acciocchè meglio compari$$e, almeno $econdo che è $tato po$$ibile al troppo debole ingegno mio. L’ accolga dunque colla $ua $olita benignità e corte$ia, e la favori$ca, donandole, mentre la vede, qualche parte del $uo $plendore, acciocchè più lieta, e con ardimento mag- giore po$$a di $e mede$ima far mo$tra chiari$$ima in cote$to mirabile augu$ti$$imo Teatro delle virtù, delle grandezze, e delle dignità maggiori del Mondo; laddo- ve a mio nome umile e riverente Le s’inchina, e Le ba- cia la Ve$ta.

Di V. S. Illu$tri$s. e Reverendi$s.

Servitore affezionati$$imo. TEOFILO GALLACCINI. [0018] [0019] DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. D I TEOFILO GALLACCINI. INSIEME CON ALCUNI INSEGNAMENTI D’ARCHITETTURA PER GIOVAMENTO DEGLI STUDIOSI DI TAL PROFESSIONE, E DI TUTTI QUELLI, CHE HANNO BISOGNO DI FABBRICARE. PARTE PRIMA IL PROEMIO.

SIccome nella Medicina, $cienza veramente $alutevole, pregiati$$ima, e per l’ origine $ua, divina, e viepiù antica d’ogn’altra, natural magìa maravi- glio$a, imitatrice della Natura, e $ua mini$tra, ritrovata per comune $alute, non $olamente del genere umano, ma ancora degli animali bruti, delle pian- te, e de’minerali; una delle co$e da e$$a propo$te (benchè ci di$piaccia il no- minarla, non che rivolgervi il pen$iero) $i è la cognizione de’veleni: non per- chè ella $ia il $uo fine, che è l’acqui$to, e il con$ervamento della $anità, e con$eguentemente la lunghezza della vita; nè per l’u$o, il quale a tutte le det- te co$e è contrario, e nemico della natura di tutti i viventi; ma perciò che dalla cognizione di e$$i po$$iamo imparare a fuggirli per $icuro con$ervamento delle vite no$tre; così nell’ Architettura, mini$tra principale della magnificenza de’ Principi, e delle Repubbliche, imitatrice delle opere della Natura, ritrova- trice degli umani comodi, degli ornamenti pubblici, e privati, della comune, e della particolar dife$a di tutti gli Stati, ed in pace, ed in guerra, e del con- $ervamento loro: perizia invero, od arte, della quale non $i $degnano i Prin- cipi, e $e ne gloriano le per$one nobili, non $olo è naturalmente proporzionata agli uomini, come con$ueti imitatori del $ovrano Architetto della mirabile ed immen$a $abbrica dell’ Univer$o (onde avviene, che non vi $ia uomo alcuno, $e non è privo d’ingegno, o $enza l’u$o dell’intelletto, e della ragione, che non $i diletti del fabbricare) ma ancora convenevole ai Re, ed Imperadori, ai Monarchi del Mondo, ed ai Pontefici, e$$endo un mezzo $ufficienti$$imo, col quale in gran parte po$$ono far mirabil mo$tra dell’eroica virtù, e della ma- gnificenza loro. Que$ta, come un bene, e un ornamento politico, nobili$$ima- mente appari$ce nella diver$ità delle fabbriche delle Città, e dei Regni. In que- $ta, io dico, la cognizione di tutti quelli errori, che talvolta accadono, è una di quelle co$e (benchè per $ua natural condizione $ia rea, e danno$a) per av- vertimento della quale avevamo pen$ato di giovare, non intendendo, che la propo$ta di e$$i $erva per in$egnare a cia$cuno il modo di commetter gli errori nell’Architettura; imperciocchè, $iccome il fine d’ogni $cienza contemplativa $i è il ritrovamento della verità delle co$e, e non della menzogna; e d’ogni $cien- za morale il trovare il buono, il giu$to, l’one$to, ed il convenevole: così il fine d’ogn’arte è il non far errore nell’operare, non partendo$i giammai dalla diritta ragione della pratica $ua. Imperciocchè fra le Arti umane non ve ne ha alcuna, che in$egni a peccare; anzi il $olo mae$tro ne è il mal u$o. Ma per introdurre la cognizione degli errori dell’Architettura male u$ata, affinchè alcuno $tudio$o di tal profe$$ione po$$a imparare a fuggirli, ed in e$$a divenire eccellenti$$imo; concio$$iachè errando s’impari, ed imparando s’acqui$ti con per$ezione qualunque abito di $cienza, e d’arte; poichè l’errore, bene o$$er- vando, ne conduce alla notizia della co$a mal fatta, e que$ta ci fa cono$cer l’ opera buona e perfetta, tale e$$endo la natura de’contrarj, che l’ uno $i cono- $ca per l’altro. Avendo adunque per le ragioni inte$e cono$ciuto, di quanto gio- vamento fo$$e per e$$ere la cognizione degli errori degli Architetti, mi propo- $i di ri$tringere in un breve Trattato una parte di e$$i: non già con animo di [0020] formar la cen$ura contro a cia$cuno, ma con volontà d’in$egnare col mezzo di tal cognizione la buona, e regolata Architettura. Il che manife$tamente dimo- $treremo, tacendo i nomi degli Architetti particolari, ba$tandoci $olo l’e$ami- nare gli errori di cia$cuno indifferentemente, $eguendo il no$tro principale in- $tituto, che è il giovare in$egnando, fuggendo di bia$imar cia$cuno. E $icco- me, acciocchè meglio $i pale$i l’intenzione di chiunque prende a $crivere di qual$ivoglia materia, dee propor$i l’argomento, e l’idea di tutta l’opera; così noi avanti di porci a $crivere _degli errori degli Architetti_, proporremo l’idea di que$to Libro, ordinandola nell’appre$$o gui$a.

IDEA DEL LIBRO.

GLi errori degli Architetti $i commettono, o prima di fabbricare, o nel fabbricare; O $i $cuoprono, poi che $i è fabbricato.

PRIMA DI FABBRICARE, E TUTTO QUESTO NELLA PRIMA PARTE.

Nell’elezione dei Siti.

Nella mala $celta delle materie.

Nella rea elezione de’fabbricatori.

Nella mala elezione del tempo.

Nel di$egno mal di$po$to, e male ordinato, e mal compartito.

NEL FABBRICARE, E CIO’ NELLA SECONDA PARTE.

Ne’ fondamenti.

Nella proporzione delle parti.

Nella di$po$izione del componimento.

Nel collocar le co$e fuor del luogo loro conveniente.

Nell’abu$o d’alcuni ornamenti.

Nel decoro.

Nel cattivo amma$$amento, e nella $truttura de’mattoni, e delle pietre, e della mala compo$izione dei muri.

Nella $uperfluità, e nel difetto.

Nella mutazione dell’ ordine delle parti, dell’u$o loro, e della mala cor- ri$pondenza fra e$$e.

POICHE’ SI E’ FABBRICATO, E QUESTO NELLA TERZA PARTE.

Nei coprimenti.

Nella poco diligente cura u$ata intorno alle fabbriche.

Nella poca avvertenza dei condotti dell’acque, delle ci$terne, dei pozzi, delle fontane, e delle pe$chiere: delle cloache, e d’altre co$e tali.

Nei cavamenti $otterranei vicini ai fondamenti.

Nei tagliamenti delle muraglie.

Nei nuovi carichi, che $i pongono $opra le muraglie vecchie.

Nei ri$tauramenti.

[0021]PARTE PRIMA. CAPO I. _Del Compartimento degli errori degli Architetti._

TUtti gli effetti, e tutte le opere di qualunque Arte operativa $i di$tinguo- no $econdo tre tempi; perciocchè ogni movimento, ed ogni e$ercizio $i mi$ura col tempo. Il primo tempo $i è avanti, che l’opera $ia po$ta in effetto. Il $econdo, nel cor$o $te$$o, nel quale $i fa, cioè nell’atto dell’operare. Il ter- zo, quando la $te$$a co$a è fatta. E perchè in que$ti tre tempi $i $corge la perfezione, e il difetto, cioè nella preelezione, o nell’atto d’operare, o nel ter- mine ultimo di tutta la pratica, che è l’opera condotta al $uo fine; pertanto $i proporranno gli errori degli Architetti, cagionati, o dal difetto dell’elegge- re, o dall’operare, o dal concluder l’opera, e nella cura di e$$a; di$tinguen- dogli in tre tempi, cioè, avanti al fabbricare, nel fabbricare, e poi che $i è fabbricato. Ma per dar principio, nel $econdo capitolo $i tratterà degli errori comme$$i prima di fabbricare.

CAPO II. _Degli errori, che $i commettono avanti al fabbricare._

GLI errori, che avvengono prima di fabbricare, $ono i maggiori, e i più importanti, che po$$ano accadere in qualunque ragion di fabbrica, per cagione de’ grandi$$imi pericoli, che ne $uccedono: $i perchè vengono da man- camento di providenza, la quale è la prima regola, che conduce a buon fine ogni pratica operazione; e $i ancora per le molte male con$eguenze, che ri- $ultano da tali di$etti; onde $i dice, che un piccolo errore da principio, $i fa maggiore nel fine. E que$ti tali errori nel principio del fabbricare $i com- mettono per più cagioni. O dalla confu$ione dei di$egni, o dalla mancanza di buon giudice, o dalla $celta di peggiori operatori; o per affetto, o per favore, o per fal$a opinione; ovvero dall’inclinare per imperfezione umana più ai peg- giori, che ai migliori; o dal volere $pender poco, o per avarizia, o per di- fetto di facoltà; o dalla mancanza del primo Architetto, il quale, fatto il di- $egno, non s’impaccia più dell’opera; tantochè, nè altro Architetto, nè Ca- pomae$tro Muratore è valevole ad e$eguir perfettamente l’intenzione del pri- mo, $iccome $i $corge nelle fabbriche grandi, alle quali non ba$ta l’età d’un uomo per condurle a fine; onde pa$$ando $otto diver$e mani, s’allontanano dall’ intenzione dell’ inventore del primo di$egno. E però avendo$i a fabbricare è meglio fare $celta d’ un componimento mediocre, purchè $ia onorevole, che d’ un troppo grande, benchè nell’a$petto dimo$tri più mae$tà. O da ingegnero po- co accorto, men $aputo, e molto meno e$ercitato nella $ua profe$$ione: o dall’ avarizia di chi fa fabbricare; o dalla troppa confidenza, che $i ha negli arte- fici: o dalla credenza, che hanno i Signori delle fabbriche d’ intender$i del me- $tiero dell’ Architettura, e del fabbricare, confidati pur troppo in un proverbio volgare male inte$o, _che non vi $ia il migliore Architetto del Signor della Ca-_ _$a_: o dal non aver cognizione della mala pratica dei manipolatori; o dal non aver provveduto di chi a$$i$ta a tutte le operazioni, che $i richiedono nelle fab- briche: o dallo $tabilire un tempo determinato, e breve, nel cui $pazio quel- li, che fanno fabbricare, vogliono che la fabbrica $i fini$ca: onde le muraglie non avendo fatto ugualmente il $uo po$amento, aggravate dal pe$o, e$$endo la- vorate di fre$co, $i aprono, e talvolta minacciano rovina: o finalmente dalla mala $celta della $tagione del fabbricare, e $pecialmente nell’inverno. E per que$te, e per altre cagioni $uccedono diver$i e notabili errori intorno al fab- bricare, dei quali ragioneremo a parte a parte nei $eguenti capitoli.

[0022]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI CAPO III. _Degli errori, che $eguono nella elezione dei $iti._

UNA delle più importanti co$e, che $i richieggono in tutte le $pezie delle fabbriche, è la buona $celta dei $iti, la quale perchè è la prima di tutte, è ancora la più nece$$aria: imperciocchè a qualunque opera d’Architettura $i antepone il Luogo, e il Sito, non generale, ma particolare, in cui $i ha da collocare la fabbrica. Laonde da Vitruvio nel 4. Cap. del primo Libro $i an- tepone a tutto l’in$egnamento dell’ Architettura, mentre prima che egli tratti della fabbrica della Città, e di tutti gli edi$icj, che $i fanno dentro il circuito di e$$a, primieramente c’in$egna le ragioni, e le regole di far buona $celta dei $iti. Come ancora $i fa da Leon Bati$ta Alberti nobile Architetto Fiorentino, che dopo Vitruvio tiene il primo luogo, dal primo Libro della $ua Architettu- ra in$ino al nono. Onde noi per que$ta ragione imitando que$ti Autori pri- marj, tratteremo primieramente in que$ta prima parte degli errori, che acca- dono nella elezione dei Siti, nei quali $i ha da fabbricare.

I Siti adunque, o $ono di Città, o di luoghi dentro le Città, cioè, $ono o di edificj pubblici, o di privati, o di luoghi, che riguardano la $ola comodità, o $olamente l’ornamento, o l’uno, e l’altro in$ieme. Nei $iti di Città gli er- rori po$$ono e$$ere di più maniere, cioè, o che $otto aria non $ana, come in regione d’aria troppo grave, troppo mole$ta, o $pecialmente d’ aria impura, nella quale $i radunano gro$$e, e den$e caligini, e nebbie, puzzolenti vapori, e dannevoli impre$$ioni, la quale è grave alla vi$ta, e non $i può con rimedio alcuno ri$anare, $iccome afferma di Venezia Niccolò Ma$$a, trattando delle in- fermità cagionate dall’aria pe$tilenziale l’anno MDLV. favellando in que$to modo.

E $ebbene quei delle I$torie di quel tempo, ed anche molti Medici $crivo- no, che il divino Ipocrate caccia$$e la pe$tilenza d’ Atene frequentando fuochi per tutta la Città, e ancora il non mai a ba$tanza lodato Galeno il mede$i- mo face$$e a Roma, a rimuover la pe$tilenza dell’aria; nientedimeno in que$ta così gran Città con le $opraddette condizioni, io non $o come $i pote$$e far que$to, e ma$$ime dove $empre abbiamo mali vapori, che $i alzano da così gran laghi, e da paludi; e non $olo que$ti, ma ancora quelli, che vengono dalle valli del continente, molte volte putridi, menati però da venti di terra, che la notte $i levano, e durano qua$i fino a mezzo giorno, molte volte tutto il giorno, e la notte, e per più giorni continui: nè la quantità degli abitatori è $ufficiente a correggerla intieramente; così ancora dove l’aria $ia gro$$a, e che to$to riceva $temperamento di freddo, o di caldo, e lo ritenga lungo tempo; e dove non $arà agitata da venti; perciocchè ella, come l’acqua, $i puri$ica col movimento: o che $ieno i Siti in regione e$po$ta a venti non $alutiferi, come a’venti Au$trali, che $econdo l’opinion d’ Ipocrate, di Teofra$to, e di Plinio, $on più nocivi d’ ogni altro vento; e gli Occidentali, $econdo il parere d’altri Autori, non $on molto buoni per la $anità dei luoghi; perciocchè per la pa$- $ata ripercu$$ione dei raggi del Sole di tutto il giorno, ridotto il Sole nella quarta d’Occidente, accre$ce il calore, onde i Siti rimangono $enza re$rigerio alcuno: oppure $ieno Siti, che abbiano di contro montagne, le quali chiuda- no il pa$$o ai venti $alutiferi: ovvero che $ieno in terreno $terile, ed in luogo de$erto, dove per di$etto di vitto non $i po$$ano $o$tentar gli abitanti, i quali non po$$on ricever utile alcuno dalla coltivazione del terreno: e volendo poi abitarvi $ono nece$$itati a condurre i viveri da pae$i lontani, il che co$ta lor caro, o è loro negato, o impedito, o rubato per via, e talvolta convien loro prenderlo non buono, ed alterato, o vien loro condotto in$etto di contagione: o $ieno po$te in luogo, che $ia nido di grandi$$ima copia di $iere, o di ani- mali veleno$i, e morti$eri, onde non vi $i po$$a abitare, o per la grandi$$ima $alvatichezza, difficilmente $i po$$a addome$ticare; o per e$$er $olitario, non è [0023]PARTE PRIMA $enza qualche mala qualità d’aria. Tale era, $iccome $i ritrae da Varrone, quella parte della Gallia, che egli trovò di là dal Reno, come riferi$ce Leon Bati$ta Alberti nel 4. Cap. del primo Libro dell’Architettura, e della $te$$a con- dizione è l’ Inghilterra, come racconta Ce$are: o che il terreno $ia privo d’ acque, quale era il $ito della Città, che da Democrate $i di$egnava di fabbri- care ad Ale$$andro Magno nel monte Ato: o che il luogo eletto per fondarvi la Città abbia intorno i campi magri, le colline nude di buona terra, e quel- la poca, che vi è, infrutti$era, e tutta ripiena di pietre, e di piante $pino$e, ed inutili: ovvero che il $ito per natura non $ia forte, onde per $e $te$$o non $i po$$a difendere dalle offe$e de’nemici; benchè per arte $i po$$a render forte; nondimeno è molto meglio la fortificazione, che $i riceve dalla Natura, che con poco ajuto dell’arte, e con molto minore $pe$a, $i conduce a perfezione conforme al bi$ogno: o che $ia in luogo troppo a$pro, e troppo malagevole a praticarvi, $iccome era il $ito di quella Città, che Caligola aveva ordinato, che $i fabbrica$$e $opra le Alpi, luoghi, ove non $i dee collocar Città, $enza e$$er forzato da nece$$ità alcuna. Sebbene, quando ei l’ave$$e edificata con buona forti- ficazione, e ben munita, e$$endo nei confini naturali dell’ Italia, $arebbe $tata una chiave, e un propugnacolo di e$$a, onde impedite le genti barbare, non $areb- bero più pa$$ate a danneggiarla, ed a $oggiogarla: la qual co$a fu molto ben con$ide- rata da France$co Petrarca, il quale qua$i pre$ago, pare, che abbia preveduto il molto danno, che ella ha ricevuto dal pa$$o degli Oltramontani, che non $olo hanno potuto $accheggiarla, ma dominarla, e porla $otto un duro, e perpetuo giogo, che ancora $i mantiene ai tempi no$tri; e però di$$e figuratamente nomi- nando una parte dei popoli $tranieri in vece di tutti: Ben provvide Natura al no$tro $tato, Quando dell’ Alpi $chermo Po$e fra noi, e la Tede$ca rabbia. Ma for$e non è piaciuto a Dio, che all’Italia $ia $ucceduta cotanta ventura. La qual co$a è $tata poi imitata con traver$amento di muraglia da’popoli della China nei confini dei loro Stati, per chiudere il pa$$o alle incur$ioni $traniere. E $icco- me racconta il $opraddetto Alberti nel X. Libro dell’ Architettura nel mede$imo Capitolo, Arta$er$e fra $e, e il nemico fece una fo$$a larga $e$$anta piedi pre$$o all’Eufrate, e lunga diecimila pa$$i. E i Ce$ari, fra i quali fu Adriano, fecero un muro per l’ Inghilterra lungo ottantaquattro miglia, col quale divi$ero i cam- pi dei Barbari da quelli dei Romani. Antonino Pio fabbricò nell’ I$ola mede$ima un muro di piote, cioè di zolle di terra. Severo dipoi a traver$o dell’I$ola da un capo all’altro fino al mare fece un argine di centoventiduemila pa$$i. Appre$- $o la Margiana Provincia dell’India, Antioco Sotero, dove edificò Antiochia, cin$e la provincia intorno d’un muro lungo quindicimila $tadj: e Se$o$tri lungo l’Egitto ver$o l’Arabia, fece un muro da Pelu$io $ino alla Città del Sole. O fi- nalmente il $ito $ia paludo$o, vicino a $tagni, a lagune, e acque ferme, putri- de, ed immonde, e a luoghi minerali. Negli edificj pubblici talvolta $i veggono errori di grandi$$ima con$iderazione, come quando $i fabbricano Porti non molto capaci, nè $icuri dai venti, non forti, fatti di mala $truttura, mal fondati, faci- li a riempir$i di rena, di terra, o d’immondezze, $iccome $ono i Porti di Na- poli, e d’Ancona, i quali, quando vi $i u$a$$e diligenza in vuotargli, e ri$tau- rargli, $arebbero migliori, e più capaci; in uno d’e$$i, cioè in quel d’Ancona e$$endovi naturalmente il difetto del Monte di San Ciriaco, che gli $ta a cavalie- re, ed acqui$tando maggior luogo. Ma quello di Napoli $i renderebbe migliore, qualora gli $i cambia$$e il Sito. Così ancora quando un Ponte ave$$e poco fon- do, o non riu$ci$$e comodo alla Città, pre$$o la quale fo$$e collocato: o quando $i face$$e non i$cegliendo$i comodo luogo alle $trade, e quando il letto del fiume e le $ponde, non hanno $aldezza alcuna, $icchè non $i po$$an difendere dallo $calzamento fatto dalle acque correnti, dal calcamento cagionato dal pe$o, mo- vendo$i il terreno inumidito, il quale forza la muraglia po$tagli $opra ad accom- [0024]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI pagnare il $uo movimento, come $uol fare la creta, onde $i muovono i pila$tri, e le moli, o calando al ba$$o, o tra$correndo, $i rompono gli archi, e tutta l’o- pera va in rovina: o $e non ave$$e i fianchi cominciati oltre alle $ponde del fiu- me, o del torrente, e nel terreno più $aldo, acciocchè, allargato l’alveo, anche il ponte rimanga dentro terra, $enza $calzamento alcuno: e finalmente nelle fab- briche d’altri luoghi pubblici, come $ono di Tribunali, di Studj, o d’Accade- mie, di Dogane, e d’altri, cioè quando non $aranno molto capaci, mal compar- titi, privi di molte comodità nece$$arie, e mal collocati: o nelle fabbriche delle Chie$e, di Spedali, o di Mona$terj, come quando $on collocati in luoghi lontani, o fondati alle rive de’fiumi, e delle rupi, che del continuo $grottano, e rovina- no, ed in terreno di non continua $aldezza, o caverno$o, ed a cui $oggiaccia qual- che altra $pecie di terra, che non po$$a far re$i$tenza al pe$o; o difficili ad an- darvi, o troppo ba$$i, o $uperati da grotte, dalle quali $i partecipi alcuna conti- nua umidità, o qualche rovina: o troppo angu$ti, $icchè la fabbrica non po$$a ricevere quella capacità, e quella forma, che $e le richiede: o quando il luo- go $ia vicino a paludi, a draghe, a fogne, a fo$$e, a luoghi profondi, nei quali concorrano tutte le immondezze, e tutte le acque della Città. O quando $ia e$po$to a venti Meridionali, nè po$$a godere il benefizio di Tramontana, o di Po- nente: e quando non ha comodità di luoghi per giardini, o per pa$$eggj $otto l’ombra in tempo d’e$tate, dagli Antichi detti Crittaportici, e diete; od al So- le in tempo d’inverno: e quando non ha terreno da farvi ortaggj, e giardini, nè ha copia d’acque vive. Nelle fontane, quando non $i fanno in luogo, che $ia comodo al concor$o della Città, e quando gli acquedotti, o $otterranei, o $opra terra, non $on fatti a perfezione, o di cattiva, e di non $alutevole materia, co- me di legno, di piombo, o di rame. Ma negli edificj, che $olo riguardano la comune utilità, $i $corge talora qualche difetto, vale a dire, che alcunee volte $ono incapaci, mal di$po$ti, e pe$$imamente compartiti, $enza le convenienti utilità, e $enza i debiti comodi, $enza libertà di $tanze, e di appartamenti, di $cale, di anditi, e di trapa$$i; ma obbligati a danno$e $ervitù, e talvolta $on collocati troppo lontani dalle abitazioni. Quelli, che con$i$tono $olamente nell’ornamento, talora $on difetto$i nella $ituazione, mentre non $ono in luogo conveniente, e non rendono dicevole pro$petto; o $on $opraffatti, ed occupati da altre fabbriche, da rupi, da $a$$i, o da altra co$a eminente, o $on piantati in luogo troppo angu$to: o quando $i preme più nell’ornamento, che nell’uti- le: o quando gli ornamenti non corri$pondono all’ utile, ed al bi$ogno, ed han- no del barbaro, e da lontano non $on veduti: e finalmente in quelle fabbri- che, le quali debbon e$$er comode, e ornate, $i erra talvolta facendo$i ornamen- ti, o $uperflui, o non a propo$ito, non procurando$i, che l’utile accompagni l’ ornato, e che l’uno $ia corri$pondente all’altro. E tutti que$ti po$$on e$$ere gli errori, che na$cono nella $celta dei Siti di qual$ivoglia fabbrica, che nel vero e$$endo i particolari in$initi, e variabili, ancora molti più, e vie più diver$i po$$ono e$$ere i di$etti, che $on per accadere nella $celta del Sito di qual$ivo- glia edificio: e però, per non dilungar$i dalla brevità, ci contenteremo d’aver mo$trato una parte, la$ciando in arbitrio di qualunque $tudio$o l’o$$ervare tutti gli altri.

CAP. IV. _Degli errori, che accadono nella mala $celta delle materie._

DOpo gli errori, che $ogliono avvenire circa la $celta dei Siti, i più im- portanti $on quelli, che per diver$e cagioni $pe$$e volte $uccedono nella $celta delle materie. Imperciocchè, $iccome dalle buone materie, che s’adopra- no nella fabbrica, $i produce la bontà, e la perpetuità delle muraglie; così per lo contrario dalle cattive procede qua$i ogni loro mala condizione, e la breve loro durata. Laonde uno dei principali avvertimenti degli Architetti, o di chi a$$i$te alle fabbriche, o di chi fa murare, $i è il porre grandi$$ima diligenza [0025]PARTE PRIMA. nelle materie, delle quali $i dee far la $truttura; poichè le buone, e le ree con- dizioni delle materie $on cagione delle buone, e delle male condizioni di qua- lunque edificio. E perchè que$to non ba$ta per venire in cognizione dei di$et- ti appartenenti alle materie, perciò importa il fare una matura con$iderazione di e$$e, affinchè $i rendano più noti. Dichiamo adunque, procedendo con qual- che ordine, che le materie delle muraglie, o $i ricevono $olamente dalla Na- tura, o dalla Natura in$ieme, e dall’Arte. Quelle, che $i hanno $olamente dal- la Natura, o $ono la rena, o le pietre, o l’acqua, o i legnami. Quelle, che $i ricevono dall’Arte, e dalla Natura, $ono la calcina, i mattoni, le pietre la- vorate, i legnami lavorati, e i ferramenti.

Gli errori, i quali appari$cono nelle materie $olamente della Natura, $ono, come quando s’adopera rena di cava, e $pecialmente quella, che è terro$a, fango$a, e gro$$a, la quale $i mangia la calcina, e impa$tata con e$$a non fa pre$a, nè forte legamento di muro, ed è come $e $i mura$$e colla $emplice ter- ra, come anticamente $i u$ava in Siena, ove $i veggono molte mura vecchie murate con terra, la quale tanto tiene, e lega in$ieme i mattoni, e le pietre, quanto dura l’umidità $ua fango$a, che di$$eccata, finalmente $i $nerva, $i ri- duce in polvere, e $i fa $imile alla terra dei campi, o al terreno, come $pe$$o avviene in quelle parti di To$cana, ove non $i trova la puzzolana. Ma quan- do $i ha da u$ar la rena di cava, non $i piglia la bianca, perchè è la peggio- re di tutte, di pari che la rena gro$$a, benchè $ia la più tenace, perciocchè $i fende facilmente, così ancora ogni rena, che maneggiata colle mani non $tri- de, e macchia i panni, e me$colata coll’acqua l’intorbida, o la rende fango- $a. E finalmente quella, che $arà $tata lungo tempo all’aria, al Sole, alla Lu- na, e alle piogge, per aver natura di terreno, $arà me$colata con umor mar- cido, e di$po$ta $pontaneamente a produrre erbe, e arbo$celli. Nè perchè da noi s’e$cluda la rena di cava, $i dee perciò intendere a$$olutamente; impercioc- chè fra le rene, che $i cavano, la migliore di tutte $i è la puzzolana, della quale abbondano Napoli, e Roma, e noi in vece di e$$a abbiamo una $pecie di rena, che $i cava da una ragione di tufo, che è dotata di tutte le buone qua- lità: que$to è pro$$imo alla pietra pure di tufo, di color più chiaro, e di terra d’ombra meno o$cura, che s’acco$ta al color giallo $morto. E que$ta rena $i po- trà dire rena pietro$a, molto differente dalla rena terro$a, la quale $i cava dal tu- fo, che ha più natura di terra, e$$endo più umido, più gro$$o, più frangibile, e di color di terreno da coltivare. Ovvero quando $i adoprano le pietre non lavora- te, come le pietre tonde, pulite, eguali, cioè, le $celte de’letti de’fiumi, e dei campi: ovvero $e $aranno troppo tenere, e frangibili: imperciocchè le prime nel- la $truttura delle muraglie non fanno buon legamento, nè ritengono fortemente la calcina, nè fanno buon ripieno: concio$$iachè acco$tando$i coll’ altre pietre, o con i mattoni, la$ciano $pe$$e vacuità, le quali malamente $i po$$ono riempiere, $e non vi $i con$uma gran quantità di calcina, o $e non vi $i pone gran copia di minuti pezzi, i quali, benchè $ieno ben battuti, nondimeno di e$$i non $i fa buon componimento di muro, e$$endo d’opera cementizia, bia$imata meritamen- te dagli Architetti; di modo che per ogni lieve occa$ione, o pel calare della mu- raglia, o per la pre$$ione del pe$o, o per lo $pegner degli archi, o per gl’introna- menti, $i aprono; e to$to che una parte comincia a rovinare, facilmente, e con poca forza tutta rovina, e $i converte in macia, ed in cumulo di $a$$i, $iccome $i vede bene $pe$$o nelle fabbriche di villa: come $ono quelle $trutture, e quei muramenti, che da Vitruvio nel cap. 3. del $econdo Libro $i dicono di muro in- certo: o quelle, che $i appellano opere cementizie, delle quali, $iccome delle altre $pecie di $trutture $i fa menzione da Marziale nel IX. Libro, Epigramma 77. che ha per titolo = _De balneo Tuccœ:

Non $ilice duro, $tructilive cemento, Nec latere cocto, quo Semyramis longam Babylona cinxit, Tucca balneum fecit; Sed $trage nemorum, pineaque compage, [0026]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI Ut navigare Tucca balneo po$$it. Idem beatas lautus extruit thermas De marmore omni, quod Chari$tos invenit, Quod Phrygia, Symnas, a$$a, quod Nomas mittit, Et quod virenti fonte lavit Eurotas. Sed ligna de$unt, $ubijce balneum thermis.

E come era la fabbrica di Nicea, della quale parla Plinio il giovane nel X. Li- bro delle $ue Epi$tole, $crivendo a Trajano in tal modo: _=Theatrum, Domi_- _ne, Niceœ maxima jam parte con$tructum, imperfectum tamen $extertium, ut_ _audio, neque enim ratio plus excu$$a e$t, amplius centies bau$it, vereor, ne_ _fru$tra; ingentibus enim rimis de$cendit, & biat, $ive in cau$$a $olum bumi_- _dum, & molle, $ive lapis ip$e gracilis, & putris._ (E que$te pen$ava egli e$- $er le cagioni, per le quali la fabbrica del detto Teatro $i fo$$e aperta, e fo$$e calata, cioè, l’umido $overchio, la tenerezza della terra, le pietre frangibili, e marce; onde facilmente penetrato il terreno, o dal pe$o premuta la muraglia, e ridotte in minuti pezzi, e qua$i in polvere le pietre, tutta la fabbrica fo$$e calata, ed aperta) _dignum e$t certe deliberatione, $itne faciendum, aut $it_ _relinquendum: nam fulturæ, ac $ub$tructiones, quibus $ubinde $u$cipitur, non_ _tam firmœ mibi, quam $umtuo$œ videntur: buic Theatro ex privatorum polli_- _citationibus multa debentur, ut ba$ilicœ circa, ut porticus $upra caveam, quœ_ _nunc omnia differuntur ce$$ante eo, quod ante peragendum e$t. Iidem Nicen$e_ _gymna$ium incendio ami$$um, ante adventum meum re$tituere cœperant longe_ _numero$ius, laxiu$que, quam fuerat; etiam aliquantum erogaverunt, pericu_- _lum e$t, ne parum utiliter; incompo$itum enim, & $par$um e$t. Prœterea_ _Architectus $ane œmulus ejus, a quo opus inchoatum e$t, adfirmat, parietes_ _(quamquam viginti, & duos pedes latos) impo$ita onera $u$tinere non po$$e_, _guia $int cemento medii fa$ti, nec te$taceo (cioè laterizio) opere prœcincti_. E $e peravventura altri è nece$$itato a $ervir$i di que$te pietre naturali $ciolte, procuri di prender quelle, che $ono a$pre, ruvide, $pungo$e, poro$e, e che ab- biano $pe$$i cantoni; perciocchè quelle di que$ta maniera ricevono, e ritengo- no meglio la calcina, e molto meglio $i $errano in$ieme coll’altre pietre, e co’ pezzi de’ mattoni, onde $i fa ottimo incatenamento di muraglia. E quando $i adoprano le pietre tenere, e frangibili, come quelle di tufo, e $pecialmente di quello più tenero, e reno$o, del quale $i trova gran copia in To$cana, e particolarmente in Siena, e ne’$uoi contorni; benchè vi $i trovi un’altra $pecie di tufo di buona $aldezza, e molto duro, di maniera che $e ne può fare ogni lavoro, come ba$i, colonne, capitelli, cornici, ed altro, $iccome è ancora la pietra tenera, e la pietra forte: oppure quando s’adopera una ragione di tufo bianco, e così tenero, che $i può tagliar coll’accetta, quale è quello, che $i ca- va in Napoli dalle gran ma$$e dette monti, il quale è leggiero $pungo$o, e gial- letto, che s’acco$ta al bianco, e tenacemente s’uni$ce colla calcina; e tuttavia le muraglie, che d’e$$o $i fabbricano (che quivi non $i fanno d’altra materia) bene $pe$$o $i vedono $paccate, ed aperte, non $olamente per la mala legatu- ra, che $i fa con e$$e, ma anche per la loro tenerezza, e perchè nel murar$i non $on battute, nè $errate bene in$ieme, o perchè non $ono quadrate; ma ta- gliate a ca$o: o quando $i prende una $pecie di tu$o nero pomicio$o, leggie- ro, e tenero, come è quello, che $i cava in Roma; il quale benchè faccia buona lega colla calcina, contuttociò le mura fatte di e$$o mo$trano $empre qualche apertura: ovvero quando $i adopra l’acqua $alma$tra, e untuo$a per fa- re l’impa$to della calcina colla rena; perciocchè, $e è $alma$tra, rode la calci- na, i mattoni, e le pietre, mentre $i converte in $ale; onde la calcina impa- $tata con tale acqua, non è tenace, e la $abbrica rimane come $e fo$$e murata a $ecco: imperciocchè, $iccome la rena di mare non è buona, perchè pre$to $i $ecca, e pre$to $i bagna, e $i disfà a motivo della $al$edine; così per la me- de$ima ragione l’acqua marina non è buona per murare. Ma $e è untuo$a, per e$$a non $i uni$ce il componimento, e quando pur $i uni$ca, non $i attacca al- [0027]PARTE PRIMA. le materie, onde il muro non ha legamento, nè $aldezza, poichè la calcina così compo$ta non s’impietri$ce, nè $i converte in tartaro. E l’acque de’bagni non debbono e$$er tenute per buone, perchè o po$$ono e$$er cagione di troppo di$$eccamento, o di manife$ta corro$ione. O finalmente gli errori degli Archi- tetti $i trovano nell’u$o dei legnami, cioè, quando $i prendono per far palchi, $offitte, la$trichi, tetti, travature $emplici, ed armate, di legnami frangibili, pieghevoli, e che facilmente marci$cono, come $ono le travi d’oppio, di gatta- ro, o di qualunque altra ragione di legname bianco. E l’olmo, benchè $ia le- gno forte, nondimeno facilmente $i piega, $e non è $tato tagliato di molto tempo, perchè indugia molto a $eccar$i. Si fa dunque notabile errore adoperando tali materie, $enza alcuna con$iderazione, come a non rigettare i legnami mal tenuti, cioè allo $coperto, all’acque, ai venti, ai ghiacci, e ai Soli, onde o $i marci$cano, o $i cuocano, di maniera che po$ti in opera, e aggravati dal pe$o $i troncano. Si erra $pe$$e volte nelle lunghezze, e nelle gro$$ezze, cioè, quan- do $i prendono gli arcali, o le travi troppo lunghe, o troppo $ottili; poichè o $i piegano, o $i rompono, non potendo $o$tenere il pe$o; e quando $i adoprano travi di legnami troppo gro$$i, come di querce, di leccio, o d’altra ragione; poichè quelli, che $ono di que$ta natura, aggravano troppo le muraglie, $icchè calando $i aprono, e minacciano rovina. Ed oltre a ciò $i reputa errore grandi$- $imo il $ervir$i di legnami tagliati in mala $tagione, cioè mentre la Luna è piena, e nella Primavera, quando gli alberi $on pieni d’umore, e quando $ono in $uc- chio, e di$po$ti a germogliare; poichè $iffatti legnami pre$to $i marci$cono, e generano gran copia di tarli; onde i travi cavati da e$$i, aggiuntovi il pe$o, e per $e $te$$i $i rompono. Il che non è $enza gran pericolo, e $enza $pe$a degli abitatori. Quelle materie finalmente, le quali $i ricevono dalla Natura, e dall’ Arte, $ono le pietre lavorate, i mattoni, la calcina, e i ferramenti. Ed in tut- te que$te co$e $pe$$o accade l’errore: imperciocchè $i erra, facendo lavorar pie- tre troppo tenere, come $ono alcune $pezie di tufo, e di macigno, che a Ro- ma $i dice _Peprino_, concio$$iachè, oltre il non re$i$tere al pe$o, non po$$ono di- fender$i dal freddo, e dal ghiaccio, come $i vede in Firenze nelle colonne degli Uffizj. Così ancora $ervendo$i d’alcuna ragione di travertino poro$o, il quale u$ato per traver$o, come per architravi, e per $oglie di porte, non regge alcun pe$o, nè $o$tiene il pe$o di $e mede$imo, come $i vede nelle porte d’alcuni luoghi, e particolarmente in Siena in diver$e fabbriche, e $ingolarmente nella porta della Chie$a della Madonna di Provenzano, ove $i vede tutto l’Architrave. Onde il $uo più conveniente u$o è il farne colonne, che in que$to modo re$i$te ad ogni gran pe- $o. O $econdo il con$iglio degli Architetti, non $i debbono i travertini porre in opera, to$to levati dalla cava, e lavorati, ma bi$ogna, che $ieno cavati, e lavo- rati per qualche tempo avanti, acciocchè $ieno$i fatti più duri, e più $aldi. Sier- ra talora $ervendo$i del marmo nei luoghi $coperti, come nelle facciate de’palazzi, e dei Tempj. E ciò avviene, quando le fabbriche $on molto ver$o il vento ma- rino, $iccome è la facciata della Cattedrale di Siena, la quale, e$$endo e$po$ta a tal vento, che bagnando rade, e per ogni lieve incontro riceve grandi$$imo danno, e$$endo i marmi renduti frangibili, e qua$i ridotti in $ale. Errano anco- ra gli Architetti, che non fanno diligenza d’aver mattoni fatti di buona creta, ben lavorati, ben cotti, fatti a mi$ura uniforme; poichè i mattoni mal fatti, e mal cotti rendon la fabbrica non durevole: che per ogni umidità $i marci$ce; e quelli, che $on troppo cotti, che $i chiamano ferretti, per la $omiglianza, che hanno nel colore, di pari che nella durezza alle loppe del ferro; concio$$iachè, $ebbene hanno durezza di pietra, nondimeno perchè $on troppo torti, e collega- ti in$ieme in forma di pietre a motivo del colamento fatto dalla troppa cottu- ra, e dal fuoco $overchio, non $on buoni per lavori di fuori, come nelle facce delle muraglie, perchè non $i po$$ono porre in piano, e collegare con gli altri mattoni; ma $on buoni nei riempimenti dei muri, e nei fondamenti, quando però $i fanno gro$$i. E i mattoni non fatti a mi$ura uniforme non $on tutti eguali di gro$$ezza, e di lunghezza, e però gua$tano il lavoro, non potendo$i or- dinare i filari in piano. Ma gli Antichi, per a$$icurar$i d’aver buoni mattoni [0028]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI per i muramenti loro, avevano ordinato, che ogni fornace $egna$$e i $uoi mat- toni col $uo impronto, acciocchè $i $ape$$e chi face$$e buono, e chi cattivo la- voro, e chi migliore, onde alcuno non rimane$$e ingannato, potendo fare $celta $empre del migliore. Ordine veramente di molta importanza, che dovrebbe imi- tar$i dai moderni, e ma$$ime in Roma, ove $i lavorano i mattoni di pe$$ima condizione; talchè mi pare una mancanza troppo grande il veder negli avanzi delle fabbriche antiche i mattoni e$$er$i mantenuti tante migliaja d’anni, e dura- re tuttora (onde Plinio nel Cap. 13. del Lib. 35. chiama le muraglie de’mat- toni eterne, dicendo=

_Grœci, prœterquam ubi e $ilice fieri poterat $tructura, parietes lateritios prœ_- _tulere. Sunt enim œterni, $i ad pendiculum fiant_). E non e$$er$i trovata giam- mai per$ona di tanto ingegno, che abbia $aputo rinvenire, onde $i cava$$e la creta, della quale $i formavano tali mattoni, e dove fo$$ero già le fornaci. Imper- ciocchè, quando que$ti luoghi $i trova$$ero, Roma non avrebbe bi$ogno di pez- zami di tufo tenero, e di $a$$i nel fabbricare per la mancanza di mattoni, e le muraglie $ue $arebbero più durevoli. E perchè non paja, che ciò io a$$eri$ca di propria immaginazione, e per congettura, vi mo$trerò quì appre$$o gli e$em- Pj d’alcuni $egni di mattoni antichi ritratti dalle Note delle Antichità di Ro- ma di Cel$o Cittadini, uomo intendenti$$imo delle Antichità, ma$$imamente di Roma, e che è $tato il primo a o$$ervare, e a pubblicare $critti di tali mate- rie; da’quali $egni $i comprendeva, di qual cava, e di qual fornace fu$$ero.

Jl Pentadrro Trovato $rà la Trinità de Monti al palazzo del Gran Duca [0029]PARTE PRIMA.

Le $pezie de’quali mattoni pre$$o gli Antichi erano diver$e, $iccome $i può ritrarre da Plinio nel Lib. 35. cap. 13. e da Vitruvio nel $econdo Lib. Cap. 31. = Plinio dice =

Genera eorum, tria, Didoron, quo utimur, longum $exquipede, latum pede: alterum Tetradoron, tertium Pentadoron. Græci enim antiqui doron palmum vocabant, & ideo doras munera, quia manu darentur. Ergo quatuor, & quin- que palmis, prout $unt, nominantur. Eadem e$t & latitudo: Minore in pri- vatis operibus, Majore in publicis.

Vitruvio nel Lib. 2. cap. 3. =

Fiunt autem laterum genera tria, unum quod Græce, δυόδωρον appellatur, ide$t, quo no$tri utuntur, longum pede, latum $emipede, cæteris duobus Græco- rum ædificia $truuntur. Ex his unum Pentadoron, alterum Tetradoron dicitur. Doron autem Græci appellant palmum, quod munerum datio δῶρον appellatur . Id autem $emper geritur per manus palmum, ita quod e$t quaquaver$us quin- que palmorum pentadoron, quod quatuor tetradoron dicitur, & quæ $unt pu- blica opera, pentadoro, quæ privata tetradoro $truuntur. Fiunt autem his la- teribus $emilateres, qui cum $truuntur, una parte lateribus ordines, altera $e- milateres ponuntur.

Nè ba$tò agli Antichi ordinare, che $i $egna$$ero i mattoni per $icurezza lo- ro; ma non gli ponevano nelle fabbriche, $e non $apevano, che fo$$ero $tati approvati dal magi$trato $opra ciò deputato, onde lo $te$$o Vitruvio nel $oprad- detto luogo dice: =

Igitur tectoria ab $tructura $ejuncta propter tenuitatem per $e $tare non po$- $unt, $ed franguntur ip$ique parietes fortuito, $identes vitiantur, ideoque et- iam Uticen$es, latere, $i $it aridus, & ante quinquennium ductus, cum ar- bitrio Magi$tratus fuerit ita probatus, tunc utuntur in parietum $tructuris.

Ed in Siena per ordine de’no$tri Antichi $i trovano le mi$ure, e le forme de’mattoni di tutte le ragioni, ed ove $ono delle tegole fatte di ferro pre$$o il Magi$trato della Biccherna, o $ia pubblica Te$oreria, dalle quali i fornaciaj $on tenuti a prendere le mi$ure, e le forme de’mattoni, e di tutto ciò, che lavo- rano, acciocchè le grandezze $ieno giu$te, e uniformi per cagione della bontà delle muraglie, ed affinchè non $ieno defraudati i compratori, Errano ancora, quando prendono per le fabbriche i mattoni interi vecchj, o i pezzi, e ogni frammento vecchio; imperciocchè i mattoni vecchj non $ono eguali, e con frammenti non $i fa buono incatenamento di muraglia, onde le fabbriche non $ono perpetue, e così $i fa grandi$$imo con$umo di calcina, e $i richiede più tempo nel murare. Non è difetto di minor con$iderazione il $ervir$i di calcina non buona, come di quella, che $ia fatta di pietre non cavate, raccolte pe’ campi, e di cave, che non $ieno umide, di pietra nera, e non dura: o di cal- cina ridotta in polvere, la quale non è fre$ca, ed è $enza nervo. Finalmente nell’u$o de’ferramenti, prendendogli troppo crudi, e frangibili, e mal tirati, e mal $aldati, onde $i $pezzano, o $i piegano facilmente. E tutti que$ti $ono gli errori, che accadono nella $celta delle materie per fabbricare.

CAPO V. _Degli errori della mala elezione de’fabbricatori._

QUal$ivoglia fabbrica, per e$$er con buona ragione incamminata alla $ua do- vuta perfezione, non $olamente dee e$$er collocata in buon $ito, e po$ta in e$ecuzione con ottime materie, ma ancora le bi$ognano fabbricatori, e mini$tri d’ottime condizioni, e dotati di tutte le qualità convenienti all’ Arte loro. Pertanto l’ Architetto, o chiunque ìntende di far murare, dee u$are molto accorgimento nella $celta de’fabbricatori, nè mo$$o dalla volontà di $pender poco, dee pre$tar fede a quelli, che s’offrono a tirare innanzi l’ Opera con lieve $pe$a; poichè que$ti non o$$ervano quella diligenza, che $i conviene; ma riguardano $ol- tanto a fare il lavoro con poca cura, e più pre$to, che po$$ono, per tirare il pa- [0030]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI gamento, e per poter$i procacciare altro lavoro. Laonde le fabbriche fatte da tali Muratori in brev’ora $cuoprono i difetti loro, calando, aprendo$i, e rovi- nando. E que$ta è la ragione, per la quale gli antichi Romani avevano i Curato- ri delle fabbriche così pubbliche, come private, i quali rivedevano, ed approvava- no le fabbriche allegate ai fabbricatori dal Pretore, e le giudicavano come inten- denti, o $econdo veniva loro riferito dai Capimae$tri dei Muratori, e dagli Ar- chitetti, o da altri Periti a darne il giudizio loro. Onde il Budeo nelle Annota- zioni alle Pandette nel Titolo _Ad Legem Juliam repetundarum_, nel paragrafo = _Ne in accept. Jurat_. dice in que$ta maniera. _Probatum autem, & approbatum o-_ _pus dicitur, quod magi$tri opificiorum evocati in$pectum, retulerunt e$$e ido-_ _neum, & recte factum_. Dipoi $oggiunge un luogo di Cicerone nella VI. delle Verrine, e particolarmente là, dove introduce uno de’tutori di Junio pupillo fi- gliuolo di P. Junio. Egli dice del Tempio di Ca$tore, e$$endo Con$oli L. Silla e Q. Metello, Cajo Verre Pretore voleva, che il detto Pupillo fo$$e obbligato a far le colonne perpendicolari. = _Locatur opus id, quod ex mea pecunia reficiatur:_ _ego me refecturum e$$e dico: probatio futura e$t tua, qui locas: prædibus, & præ-_ _diis populo cautum e$t: & $i non putas cautum, $cilicet, tu Prætor in mea bo-_ _na, quos voles, immittes? &c._

E poco più oltre lo $te$$o Budeo aggiunge = _Probare vero, & approbare Re-_ _demtoris e$t, non locatoris; e$t enim approbare, quod Cicero fere probare dicit,_ _efficere, ut probum, & rectum dijudicetur id, quod quis facit, vel dicit_..... E pa$$ate poche linee = _Opus autem probare, e$t, ut vulgus loquitur, recte,_ _& probe con$ummatum præbere_.. e $egue = _Paulus $upra in Tractatu Locati_. _Si in lege locationis hoc comprehen$um e$t, ut arbitratu domini opus approbe-_ _tur, perinde habetur ac $i viri boni arbitratu comprehen$um e$$et_ = Tali Cura- tori delle fabbriche avevano cura d’approvar le opere degli edificatori; che $e riu$civano buone, le approvavano, e per te$timonianza di tale approvazione ne face- vano memoria nelle I$crizioni intagliate nelle pietre. E però in un marmo antico $opra la Porta volta a Settentrione della Città di Roma $i legge così =

L. NVMISTRONIVS. L. F. DECIAN.

C. LVCIVS M. F.

M. FVNTIVS. L. F. MESS.

AEDILES. PORTAS. TVRRES.

MVRVM. EX. S. C.

FACIVND. CVRARVNT.

IDEMQVE PROBARVNT.

Nell’acquedotto dell’ Acqua Claudia pre$$o a S. Tomma$o dei Cattivi.

PVBLIVS CORNELIVS P. F. DOLABELLA.

C. JVNIVS. Q. F. SILANVS. FLAMEN. MARTIAL.

EX. S. C.

FACINVDVM. CVRAVERVNT. IDEMQ. PROBAVERVNT.

E in un altro Arco fra l’ Aventino, e il Tevere, dove oggi $i dice Marmorata.

P. LENTVLVS. CN. F. SCIPIO.

T. QVINCTIVS. CRISPINVS. VALERIANVS.

EX. S. C.

FACIVNDVM. CVRAVERE. IDEMQ. PROBAVERE.

E nel Ponte Ce$tio, oggi di S. Bartolommeo.

L. FABRICIVS. L. F. CVR. VIAR. FACIVNDVM. CVRAVIT.

IDEMQ. PROBAVIT.

Q. LEPIDVS. M. F. M. LOLLIVS. M. F. COS. EX. S. C.

PROBAVERVNT.

E come $i vede pre$$o France$co Albertino nel $uo Libro _de Roma pri$ca,_ [0031]PARTE PRIMA. _& nova_, negli acquedotti $opra un arco, pre$$o la Chie$a di S. Maria in Do- minica, ora detta della Navicella, e a quella di S. Gio: e Paolo.

P. CORNELIVS. P. F. DOLABELLA. COS. C. JVNIVS. C. F.

SILANVS. FLAMEN. MARTIAL. EX. S. C.

FACIVNDVM CVRAVERVNT. IDEMQ. PROBAVERVNT.

E molti altri $imili.

Ma quando le fabbriche non erano approvate, gli edificatori erano obbligati a rifarle a $pe$e loro, avendo dato per $icurtà, conforme al comandamento del- la Legge i lor beni, $iccome $i vede appre$$o Cicerone nella terza delle Verri- ne. Ma que$ta cautela nei no$tri pae$i non $i potrebbe avere, e$$endo, $e non tutti, almeno la maggior parte, i Muratori fore$tieri, e non acca$ati; onde $i po$$ono partire a lor voglia, $iccome $pe$$o fanno, e non po$$egono alcun be- ne $tabile. Il che $tando in tal maniera, $i potrebbero forzare a trovare qual- che per$ona, che promette$$e per loro. Oltre di che que$ti tali debbon e$$ere ri- gettati, mentre promettono di tirare innanzi il lavoro con poca $pe$a, per in- citare, e inanimire altri a fabbricare; i quali indi a non molto, dato principio, mo$trano, che alla fabbrica fa bi$ogno di molto più materia, e molto maggio- re $pe$a di quella, che fu propo$ta: onde qualunque padrone della fabbrica, non piacendogli d’accre$cer la $pe$a, è forzato a far ce$$are il lavoro, e rima- nere imperfetto, e non atto a $ervir$ene, e la $pe$a fatta rie$ce affatto vana: o per nece$$ità bi$ogna, che faccia continuare la fabbrica, perchè la prima $pe$a non $ia perduta, e po$$a in parte con$eguire il fine propo$to$i. Ma per dare a cono$cere ormai gli errori comme$$i nella $celta dei fabbricatori, porremo fine a que$te con$iderazioni, e cominceremo ad e$aminargli particolarmente, dicendo, che almeno $ei $ono le maniere degli Edificatorori, che adoperate nelle fabbriche $on cagione d’importanti$$imi, e di molto danno$i difetti ad ogni ragion di fab- brica. Concio$$iachè i fabbricatori, o $ono troppo avidi del guadagno, o poco affezionati all’ Arte loro, o non curanti della propria riputazione, o non molto pratichi ne’lavori importanti, e non ordinarj; o non capaci de’di$egni, e de’ modelli delle fabbriche fatte dagli Architetti; o che $ieno di propria, e d’o$ti- nata opinione, e non docili, nè obbedienti, ed o$$ervatori di quanto $i dice da- gli Architetti.

Quando i fabbricatori $on troppo affezionati al guadagno, allora è grandi$$i- mo errore il $ervir$ene, ed è molto danno$o; sì perchè non $i contentano del pagamento, che loro $i dà, che $empre il vorrebbero maggore, onde è un gran- di$$imo tormento a chi dà le $ue fabbriche a tali muratori; sì ancora, perchè co$toro non hanno altro fine, che il proprio intere$$e, e il $olito vantaggio, e nulla $i curano di dar buon conto di loro $te$$i nelle opere, che fanno, non u$ando quella diligenza, che $i conviene, nè operando come vuole il debito dell’ Arte loro; ma con ogni a$tuzia, e con ogni $ottile ed iniqua indu$tria, $i forzano di finire la loro opera quanto più pre$to $i può, rie$ca pure fatta in qualunque modo, purchè pre$to $ia condotta al termine, per trarne il pagamen- to, e $i faccia co$tar caro il mal lavoro, e $i venda con ingiu$to prezzo il bre- ve tempo, che vi $i è $pe$o. Quando $on poco affezionati all’ Arte loro, tutto quello, che fanno, lo fanno $trappazzatamente, e con di$pregio, poichè po$- pongono al guadagno la buona riputazione dell’ Arte, e di loro $te$$i, la perfe- zione dell’opera, e la perpetuità, $tudiando $olamente in una certa apparenza di bontà di lavoro, la quale tanto dura, quanto ba$ta ad aver tempo di condurre il la- voro a quel fine, che $i $ono propo$ti, per giungere al pagamento bramato. Ma dopo non lungo $pazio di tempo la fabbrica dà $egno della malvagità, e della iniqua, e volon- taria negligenza; onde la $pe$a rie$ce tutta vana, e bi$ogna tornar da capo a edifica- re, e prima gua$tare tutto il mal fatto. Il che è di $ommo pregiudizio a chi fabbrica. E $e non fanno alcuna $tima della propria riputazione, e $ono puri, e abbietti mercenarj, non è da fidar$ene punto, perchè poco loro importa l’ope- rar male, e a danno di chi gli adopera, purchè venga lor fatto di guadagna- re quanto de$iderano; e perchè non manchi loro da fabbricare, s’ajutano col pro- [0032]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI metter di lavorare con poca $pe$a, e di contentar$i di minor pagamento di quello, che $i richieda dagli altri. E $e peravventura non $aranno molto prati- chi nelle fabbriche importanti, e $traordinarie, non è co$a $icura il $ervir$ene, poichè $i dee temere, che non $ieno per imparare a $pe$e di chi $e ne fida; che la poca pratica, che hanno nell’ Arte loro, non e$$endo avvezzi ad altro, che a ri$arcir mura vecchie, e a fabbricar $emplici ca$e di per$one private, e povere, non ba$ta per u$ar$i nelle fabbriche nobili, pubbliche, e di molta importanza: concio$$iachè que$ti tali non $anno quanto è nece$$ario, per condurre alla $ua con- veniente perfezione qualunque fabbrica di grandi$$imo conto. Quelli poi, che non intendono i di$egni, nè i modelli di qual$ivoglia maniera d’edificio, e$$endo d’ingegno gro$$i$$imo, e più atti a portare la calcina e i mattoni, che ad ado- prare la murajola, il martello, e l’archipenzolo, debbono totalmente e$$ere e$clu$i da ogni fabbrica, e$$endo privi di quella cognizione, che, bene in- te$a, apre la $trada, ed agevola il modo di porre in effetto ogni opera, benchè difficile. Ma e$$endone in tutto ignoranti, o non $on ri$oluti, e $icuri nell’ope- rare, e operando s’allontanano dallo $copo dell’ Architetto, o contraffanno al- la volontà de’padroni, o confondono l’ordine delle parti della fabbrica, e la fan- no mo$truo$a, o finalmente volendo mo$trare d’aver inte$o il modello alla gui$a de mal $aputi, e de’$uperbi, o$tinatamente pretendono d’aver bene operato, e di non aver bi$ogno de’di$egni, nè degli avvertimenti degli Architetti. Co$a la più dan- no$a alle fabbriche, e la più nemica delle buone ragioni d’ Architettura e dell’ Arte $te$$a del murare. Come, perchè per e$$a s’ e$ce del dritto, e del giu$to, $econ- do il quale $i regola ogni Arte meccanica, e mini$trativa; così perchè non fe- guendo$i i di$egni degli Architetti, formati $econdo la buona ragion d’ Architet- tura, e le $ue regole, in quanto $i richiede al $ito, alla comodità, e al bi$ogno dell’ edificio, non obbedi$cono alla dritta regola dell’ Architettura, la quale è la Tramontana del bene operare. Onde la fabbrica diviene inutile, e la $pe$a in tut- to vana; e per nece$$ità convien dare a terra tutto il lavoro fatto per rifarlo di nuovo, e $ervir$i d’ altri artefici: oppure forz’ è la$ciar l’ opera così mal condot- ta in abbandono; almeno cercar d’ emendarla, lo che è molto difficile: o fi- nalmente ridur$i ad u$arla con grandi$$imo di$piacere, per mo$trare in parte di non aver gittato i danari. Finalmente i muratori d’ o$tinata opinione di loro $tef- $i, i quali $timano di $apere abba$tanza, e di non aver bi$ogno d’ Architetti, che $tieno lor $opra, e che affermano d’ e$$er più atti ad in$egnar loro, che a $e- guitare i di$cor$i, le regole, e i di$egni loro: ed e$$endo così pertinaci nella loro preten$ione, non $on docili, nè obbedienti, ma $empre contra$tano al parer lo- ro, e fanno $empre profe$$ione di $eguir tutto il contrario di ciò, che da quelli con buona ragione, e con ottime regole è $tato lor dimo$trato, e di far tutto quello, che lor detta il proprio capriccio, il quale non ha altro fondamento, che una certa pratica $regolata, $enza rettitudine alcuna. Laonde i fabbricatori, e gli Architetti, e$$endo di$uniti, non $i può far opera, che non abbia molti di- fetti. E tutti que$ti $ono i di$ordini, e gl’ inconvenienti, e gli errori, che ven- gono dagli Architetti, i quali hanno fatto mala elezione dei fabbricatori.

CAPO VI. _Degli errori della mala elezione del tempo._

AVendo a ragionare degli errori appartenenti all’ elezione del tempo, che $i fa dagli Architetti per fabbricare qual$ivoglia $pecie d’ edifizio, è nece$$a- rio primieramente vedere ciò, che $ia que$to tempo. E perchè non $i può co- no$cer que$to tempo, di cui s’intende trattare in que$to Capitolo, $enza proce- der con di$tinzione; pertanto prima lo divideremo, e poi dimo$treremo, quale $ia il tempo inte$o in que$to luogo. Diciamo dunque, il tempo e$$ere di due ragioni, l’una il tempo comune, e l’altra il tempo proprio, e particolare. Il tempo proprio, cioè, adattato, $i è quello $pazio breve, o lungo, il quale è la mi$ura di tutto il cor$o, o di qualunque parte di qual$ivoglia operazione. E [0033]PARTE PRIMA. que$to è l’ anno, il me$e, la $ettimana, il giorno, e l’ ora. Secondo que$to $i mi$ura tutto il maneggio della fabbrica, conforme alla grandezza, o piccolezza $ua, e alla facilità, e difficoltà, che vi $i trova. E quindi na$ce, che talvolta i lavori $i mi$urano a giornate, $econdo le quali $i regolano i pagamenti. Il tempo comune non è altro, che una delle quattro parti, nelle quali è com- partito tutto l’ anno. E detto comune, perchè conviene a cia$cun’anno indiffe- rentemente, non riguardando ad alcune differenze di numero. Ogn’ anno $i di- vide in quattro parti, le quali $i chiamano quattro tempi, e quattro $tagioni, e $ono la Primavera, l’ E$tate, l’ Autunno, e l’ Inverno. Se $i con$idera il tem- po adattato, e proprio delle fabbriche, po$$iamo dire, che talvolta $i determina un tempo breve a qual$ivoglia fabbrica, o piccola, o grande, o mediocre, ch’ ella $ia. Come a un’anno, o a pochi me$i, o a pochi giorni. Ed in que$to modo le fabbriche non avendo tutto il lor tempo debito, rie$cono finalmente imperfette, o $on poco durevoli. Come fu quella parte di fabbrica di San Pietro di Roma cominciata da Bramante, e il Palazzo, che fece fare Papa Si$to V. a S. Giovanni Laterano.

E perchè le operazioni delle fabbriche $ono variabili, e $i multiplicano $econ- do varj accidenti, perciò non $i può co$tituire un tempo determinato in qual $ivoglia opera di fabbrica. Quindi è, che non $i può fare elezione di tempo preci$o, in cui $i po$$a condurre a perfezione ogni muramento. Onde mala- mente fanno quelli, che $i sforzano di finire le fabbriche loro in breve tempo, a vendo gu$to di vederle finite, e di $ervir$ene: ma to$to veggono con lor di- $gu$to, che minacciano rovina. Imperciocchè a dir vero le fabbriche $ono come le piante, che pre$to na$cono, e che pre$to cre$cono, le quali hanno brevi$$ima vita: così le fabbriche, le quali in corto $pazio di tempo $i fini$cono, durano poco. Per la qual co$a nel fabbricare $i dee fuggire la $overchia pre$tezza, ma $i dee concedere qualche $pazio di quiete ai fondamenti, e quindi alle parti al- zate delle muraglie, acciocchè abbiano tempo di far maggior pre$a, ed a$$o- dar$i maggiormente, e perchè acqui$tino fermezza tale, da far re$i$tenza al pe- $o del rimanente di tutta la muraglia. Che non la$ciando$i po$are i fondamen- ti, è nece$$ario, che aggravati dal pe$o calino, e tutto il muro $i apra, $i $com- ponga, e minacci rovina. Ed in que$to modo accadono gli errori dalla parte del tempo particolare. Ma $e ci voltiamo al tempo comune, cioè, alle quattro $tagioni dell’ anno, potremo dire, che $i fa errore in eleggere il tempo per mu- rare nell’ Invernata, non $olamente a motivo della brevità dei giorni, ma an- cora per cagione delle nevi, della molte piogge, e dei diacciati, che impedi- $cono il fabbricare. Si fa altresì errore ( benchè for$e non tanto, nè $empre, nè ugualmente in ogni luogo) fabbricando nell’ E$tate per cagione della gran $iccità, e del gran caldo: l’una, che $overchiamente ra$ciuga le muraglie avan- ti che facciano pre$a, l’altra perchè in tal tempo $i $uole aver penuria d’ acqua, $e peravventura nel luogo, ove $i fabbrica, non è copia d’acque vive, o gran- di con$erve d’acque piovane, o non vi è vicino fiume, o lago, o comodità di condurvi l’acque da altre parti. Onde $olamente la Primavera, e l’Autunno $on buoni$$ime $tagioni per fabbricare, $ebbene talora l’E$tate non $i rigetti. Chiunque pertanto elegge que$te, non fa mai errore nei muramenti $uoi.

CAPO VII. _Degli errori, che avvengono nella mala di$po$izione del Di$egno, nella_ _mala ordinazione, e nel cattivo comparto._

NOn vi è alcun dubbio, che gli errori comme$$i nella di$po$izione, nell’or- dine, e nel compartimento dei di$egni, $ono i maggiori, che oltre all’ elezione dei Siti, delle materie, degli Artefici, e del tempo, $i trovino: im- perciocchè i di$egni degli Architetti e$$endo le forme, e le idee delle fabbriche, e la norma di tutte le opere, e il primo principio immediato di e$$e, bi$ogna immaginar$i, che tutti gli errori de’di$egni $ieno i principj, e le porte di tut- [0034]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI ti gli errori, che accadono nelle fabbriche, e $pecialmente nella forma loro. La qual co$a è cagione di grandi$$imo $capito agli Architetti, poichè toglie loro la grazia dei Principi, l’ opinione acqui$tata nelle Città, e la molta confiden- za già guadagnata, onde ne ri$ulta loro $ommo danno, e nell’ onore, e nell’in- tere$$e.

Allora i di$egni appari$cono mal di$po$ti, quando non $on proporzionati ai $iti, e quando hanno difetto nelle mi$ure, nelle corri$pondenze, e nelle propor- zioni delle parti, e finalmentete non hanno buono, e intiero componimento, avendo difetto di luoghi, e di comodità, e mala di$po$izione di $cale, di trapa$$i, e di lumi. E allora $on male ordinati, quando non $i è fatta buona di$po$izione, o di$tribuzione delle parti della fabbrica, cioè, quando le membra, che debbo- no e$$ere le principali, e le signore dell’ Arte, $on fatte $oggette, e collocate nel $econdo, e nell’ ultimo luogo: e quelle parti, che debbono e$$er libere, $on po$te $otto qualche $ervitù. Il mede$imo avviene nel compartimento: poichè talvolta gli appartamenti delle abitazioni non $on fatti proporzionati a tutte le co- modità, e ai bi$ogni, alle $cale, alle porte, alle fine$tre, ai trapa$$i, alle log- ge, ai cortili, e non hanno buona di$tribuzione di lumi, di modo che non vi $ia luogo, che non abbia lume; e bene $te$$o nei compartimenti delle fabbri- che, e degli ornamenti loro non $i u$a quella corri$pondenza di numero, di mi$ura, di proporzione, e di $omiglianza dovuta. E finalmente i di$egni non $on buoni, i quali non corri$pondono al de$iderio di chi vuol fabbricare; e quindi procede, che le fabbriche le più volte non $oddisfanno. Laonde per fug- gire que$to inconveniente, l’ Architetto dee prima procurare d’e$$er bene infor- mato dell’intenzione di chi gli richiede il di$egno, della grandezza, e della fi- gura del $ito: di poi dee fare un primo di$egno, non determinato, ma tenta- tivo; e $e non ba$ta que$to, ne faccia degli altri, e gli conferi$ca con quelle per$one, che vogliono fabbricare, acciocchè, $e in qualche parte il di$egno fo$- $e fuor del voler loro, o vi manca$$e alcuna co$a, o vi fo$$e alcuna co$a $uperflua, inte$a meglio l’intenzione, e dove con$i$ta il mancamento, po$$a poi formare un di$egno determinato, in tutto corri$pondente alla volontà lo- ro, totalmente perfetto, e che intieramente piaccia. E in tal gui$a l’ Archi- tetto non erra, ed appaga chicche$$ia, e con$erva, e accre$ce con $ua notabile utilità la propria riputazione.

CAPO VIII. _Del provvedimento u$ato dagli Antichi Romani contro gli errori_ _delle fabbriche._

GIà $i $ono dimo$trati gli errori degli Architetti, che $i commettono avanti al fabbricare: e nella parte $eguente $i dee ragionare di quelli, che acca- dono nello $te$$o fabbricare. Ora in que$t’ultimo Capitolo della prima Parte per non la$ciare indietro co$a, che po$$a e$$ere di $omma utilità all’ in$egnamento dell’ Archittetura, m’ ingegnerò di mo$trare, qual provvedimento u$a$$ero gli an- tichi Romani, che con l’e$qui$ito governo loro furono mai $empre la regola del più perfetto Reggimento politico. Diciamo pertanto, come e$$i cono$cendo bene, quanti errori accorre$$ero intorno alle fabbriche, e per cagione degli Ar- chitetti, e per colpa de’ mini$tri loro, dico de’fabbricatori, pen$arono di rime- diarvi con legge, ordinando, e comandando tutto quello, che $i dove$$e fare in qual$ivoglia fabbrica. E per que$to fine i$tituirono alcune Leggi, e particolar- mente quella, che $i legge nelle Pandette $otto il Titolo _Ad Legem Juliam re-_ _petundarum_. E nel Paragrafo = _Ne obl. æxtim_. nella legge. _Ne in accept. ferat_. è $critto così. = _Ne in acceptum feratur opus publicum faciundum; frumen-_ _tum ne pubblice dandum, præbendum, apprehendendum: Sarcta tecta tuenda,_ _antequam perfecta, probata, præ$tita legerint_. Dove il Budeo nelle Annota- zioni predette dice, dover$i leggere; _non apprehendendum, $ed approbandum, &_ _lege erunt_, non _legerint_; e $egue dicendo: = _Omnino enim $ic legendum e$t._ [0035]PARTE PRIMA. _Id quod etiam ip$e $u$picatus e$t Accur$ius. Sunt autem verba pri$cæ Formulæ_ _in iis rebus, quæ publice locabantur. Lex pactum $ignificat. Cicero in Prætu-_ _rara Urbana de $arctis tectis loquens: Rabonius qui Legem no$$et, qua in lege_ _numerus tantum columnarum traditur, Perpendiculi nulla fit mentio, negat_ _oportere columnas ad perpendiculum exigi; ide$t qui no$$et formulam, qua_ _$arcta tecta a Prætoribus tuenda locabantur_. Anzi più chiaramente ciò potre- mo intendere o$$ervando quello, che $i dice da Cicerone $te$$o nell’Orazione contro a Cajo Verre: = _Cum e$$et omnibus in rebus aperti$$ime impudenti$$i-_ _meque prædatus, hoc voluit clari$$imum relinquere indicium latrociniorum $uo-_ _rum, de quo non audire aliquando, $ed videre quotidie po$$emus. Quæ$ivit,_ _quis Aedem Ca$toris $arctam tectam deberet tradere. Junium ip$um mortuum_ _e$$e $ciebat: $cire volebat, ad quem illa res pertineret; audit pupillum e$$e fi-_ _lium; homo, qui ita $emper palam dictita$$et, pupillos, & pupillas certi$$i-_ _mam prædam e$$e Prætoribus , optatum negotium $ibi in $inum delatum e$-_ _$e, dicebat._ = E $eguendo a ragionare del mede$imo, mo$trando la mala in- tenzione di C. Verre, il quale voleva, che il pupillo fo$$e obbligato ai re$tau- ramenti del tetto del Tempio di Ca$tore, chiamato a $e Rabonio Tutore di e$$o da Verre Pretore, egli gli di$$e: = _Signa & dona comparere omnia : ip-_ _$um templum omni opere e$$e integrum_. = A cui il Pretore $oggiun$e: = _Sibi_ _videri indignum, ex tanta Aede, tantoque opere, $e non opimum præda, præ-_ _$ertim a pupillo, di$cedere_. = E per chiarir$i di ciò, e per cercare occa$ione di condannare il pupillo a qualche ri$arcimento, andò al detto Tempio, $iccome $i vede dalle parole $eguenti: = _Venit ip$e in Aedem Ca$toris: con$iderat tem-_ _plum: videt undique tectum pulcherrime laqueatum, prærerea cetera nova, atque_ _integra: ver$at $e: quærit, quid agat: dicit ei quidam ex illis canibus, quos i$te_ _Ligur dixer at e$$e circa $e multos: Tu Verres, hic quod moliare nihil habes, ni-_ _$i forte vis ad perpendiculum columnas exigere. Homo omnium rerum imperitus_ _quærit, quid $it ad perpendiculum. Dicunt ei, fere nullam e$$et columnam,_ _quæ a d perpendiculum e$$e po$$it: jam mehercule inquit, $ic agamus: columnæ_ _ad perpendiculum exigantur. Rabonius, qui Legem no$$et, qua in Lege nume-_ _rus tantum columnarum traditur, perpendiculi mentio fit nulla: & qui non_ _putaret, $ibi expedire ita accipere, ne eodem modo reddendum e$$et, negat id_ _$ibi deberi, negat oportere exigi, &c._

Ma A$conio Pediano $opra que$to luogo ci riferi$ce l’appre$$o erudizione: = _Nullam columnam, quæ ad perpendiculum e$$e po$$it. Perpendiculum linea la-_ _terum æqualitatem probat_ (il che $i vede nell’ u$o del piombino u$ata dai fab- bricatori) _a $ummo ad imum altitudinem probans; hoc enim in columnis o-_ _mnibus, tum maxime in $tructilibus vetus_ (manca) _amotio, tumoris non aliun-_ _de provenit_ (vi manca) _non autem in quibus_ (_$cilicet columnis_) _aut media,_ _aut ima cra$$iora $unt._ = E ciò $i dice con ragione: imperciocchè nelle co- lonne non $truttili, cioè non fabbricate di $truttura di pietre, o di mattoni, $ic- come $ono i pila$tri, non $i $uol fare ingro$$amento alcuno nel primo terzo da ba$$o, o nel mezzo; ma $olamente nelle colonne d’un pezzo, o di più pezzi di pietra ottimamente po$ti in piano, e $qui$itamente congiunti, come $ono le tre colonne del Foro Romano, detto Campo Vaccino. E veramente con ragione la Legge non tratta, che le colonne $i formino, o $i collochino a perpendico- lo, trattando $oltanto del numero, che $i dee u$are nelle fabbriche; ed altresì ancora dice, non e$$er bi$ogno far le colonne a perpendicolo, cioè, a piombo; imperciocchè $i diminui$cono ver$o il $ommo capo, e s’ingro$$ano ver$o l’imo, cioè nel primo terzo della loro altezza. Ma quando $i legge _$arta tecta_ nel nu- mero del più, e nel numero del meno $i direbbe _$artum tectum,_ $i dee inten- dere, e$$ere una certa formula della Legge, la quale, per quel, ch’io credo, non era altro, che il dinotare il lavoro, la fabbrica, o l’ armadura dei tetti, cioè il collegamento delle materie, e il coprimento di tegole, ec. Fra Giovan- ni Genove$e nel Dizionario intitolato Cattolicon, prende que$ta parola pel ri- $tauro dei tetti de’ Templi; e per prova di ciò adduce un luogo della Scrittu- ra Sagra, cioè del 4. Lib. dei Re nel cap. 12. = E_t in$tauraverunt $arta te-_ [0036]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI _cta Templi_: = E l’Artefice di ciò $i diceva _Sarcitector_, che è l’i$te$$o, che _faber tignarius_.

E quella Legge, il cui Titolo è que$to = _Lex parieti faciundo_, intagliata in marmo, trovato a Pozzuolo, e $econdo che riferi$ce Cel$o Cittadini, $i tro- va in Ca$a del Sig. Adriano Spata$oro detto di Guglielmo, pre$$o la Chie$a di S. Giovanni Maggiore in Napoli, la quale in conferma di ciò, che $i è detto, e per maggior notizia degli Architetti $i porrà quì appre$$o.

AB . COLONIA . DEDVCTA. ANNO. XC.

NEVFIDIO. N F. M PVBLIO. DVOVIR.

P. RVTILIO GN. MANLIO.

COS. OPERVM. LEX. II.

LEX. PARIETI. FACIVNDO. IN. AREA. QVAE.

EST. ANTE. AEDEM. SERAPI. TRANS. VIAM.

QVI. REDEMERIT. PRAEDES. DATO. PREDIAQ.

SVBSIGNATO. DVVMVIRVM ARBITRATV.

IN. AREA. TRANS. VIAM. PARIES. QVI. EST. PROPTER.

VIAM. IN. EO. PARIETE. MEDIO.

OSTEI. LVMEN. APERITO. LATVM. P. VI. ALTVM. P. VII.

FACITO. EX. EO. PARIETE.

ANTAS. DVAS. AD. MARE. VORSVM. PROICITO. LONGAS.

P. II. CRASSAS. P. I. - - -

INSVPER. ID. LIMEN. ROBVSTVM. LONGVM. P. VIII.

LATVM. P. I - - ALTVM. P. S. - -

IMPONITO. INSVPER. ID. ET. ANTAS. MVTVLOS.

ROBVSTOS. II. CRASSOS. P. S. - - ALTOS.

P. I. PROICITO. EXTRA. PARIETEM. IN VTRAMQVE.

PARTEM. P III. INSVPER. SIMAS.

PICTAS. FERRO. OFEIGITO. INSVPER. MVTVLOS TRA.

BICVLAS. ABIEGNAS II. CRASSAS.

QVOQVOVERSVS. A. S. IMPONITO. FERROQVE. FIGITO.

INASSERATO. ASSERIBVS. ABIEGNEIS.

SECTILIBVS. CRASSIS. QVOQVOVERSVS = = DISPONI- TO. IN. PLVS. S. - - OPERCVLAQVE ABIEGNEA.

IMPONITO. EX. TIGNO PEDARIO. FACITO. ANTEPAGMEN- TA. ABIEGNEA. LATA. S. - -

CRASSA. E. CVMATIVMQVE. IMPONITO. FERROQVE. PLANO.

FIGITO. PORTVLAQVE. TEGITO.

TEGVLARVM. ORDINIBVS. SENEIS. QVOQVOVERSVS.

TEGVLIS. PRIMORES. OMNES. III. ANTE.

PAGMENTO. FERRO. FIGITO. MARGINEMQVE. IMPONITO.

EISDEM. FORES. CLATRATAS.

II. CVM. POSTIBVS. ESCVLNIEIS. FACITO. STATVITO.

OCCLVDITO. LIGATOQVE. ITA. VTEI.

AD. AEDEM. HONORIS. FACTA. SVNT. EISDEM. MATERIA.

EXTREMA. PARIES. QVI.

[0037]PARTE PRIMA.

EST. EVM. PARIETEM. CVM. MARGINE. ALTAM. FACITO.

P. X. EISDEM. OSTIVM. INTROITV.

IN. AREA. QVOD. NVNC. EST. ET. FENESTRAS. QVAE. IN.

PARIETE. PROPTER. AREAM.

PERPETVOM. IMPONITO. EOSQVE. PARIETES. MARGINES- QVE. OMNES. QVAE. LITA. NON.

ERVNT. CALCE. HARENATO. LITA. POLITAQVE. ET. CALCE.

VDA. DEALBATA. RECTE.

FACITO. QVOD. OPVS. STRVCTILE. FIET. IN. TERRA. CAL- CIS. EXTINCTAE. PARTEM. QVARTAM.

INDITO. NI. VE. MAIOREM. CAEMENTA. STRVITO.

QVAM. QVAE. CAÉMENTA.

---- ARBA. PENDAT. P. XV. NI. VE. ANGOLARIA. ALTIO- REM. - - E. FACITO.

LOCVMQVE. PVRVM. PRO. EO. OPERE. REDDITO. DIEM.

SACELLA. ARAS. SIGNAQVE. QVAE.

IN. CMPO. SVNT. QVAE. DEMONSTRATA. ERVNT. EA.

OMNIA. TOLLITO. DEFERTO. COM- PONITO. STATVITOQVE. VBEI. LOCVS. DEMONSTRA- TVS. ERIT. DVOVIR. IDVVMVIRVM. ARBITRATV.

HOC. OPVS. OMNE. FACITO. ARBITRATV. DVOVIR. ET.

DVOVIRATIVM. QVI. IN. CON- SILIO. ESSE. SOLENT. PVTEOLIS. DVM. NI. MINVS. VIGINTI.

ADSIENT. CVM. EA. RES. CON- SVLETVR. QVOD. EORVM. VIGINTI. PROBAVE- RIT. PROBVM. ESTO. QVOD.

IEIS. IMPROBARINT. IMPROBVM. ESTO. DIES. OPERIS.

K. NOVEMBR. PRIMEIS. DIES.

PEQVN. PARS. DIMIDIA. DABITVR. VBEI. PRAEDIA.

SATIS. SVBSIGNATA. ERVNT.

ALTERA. PARS. DIMIDIA. SOLVETVR. OPERE. EFFECTO PROBATOQVE. C. BLOSSIVS.

Q. F. HS. CID. IDEMQVE. PRAES. Q. FVFICIVS. Q. F.

CN. TETTEIVS. Q. F. C. CRANVS. C. F. T. CRASSICIVS....

Nella qual Legge, non $olo $i ordina ciò, che $i dee o$$ervare nella fabbrica dei muri, e nella forma delle porte, e dei coprimenti; ma $i fa menzione an- cora dell’approvare, e del riprovare le opere delle fabbriche, dando autorità ai Curatori Edili di giudicarle, e d’approvarle; e in uno $te$$o tempo $i ordina, quando s’abbiano a fare i pagamenti, cioè, dando la metà del danaro, men- tre $i fabbrica l’opera, e l’altra metà, quando è finita, perfetta, e approvata. Siccome $i può ricavare dal Te$to nel Vocabolario, ove dice = _Redemtores_ _proprie, atque antiqua con$uetudine dicebantur, ut cum ad faciundum, velut_ _præbendum quod induxerant, illud re efficiendum, tum demum pecunias reci-_ _piebant_. Indi Cicerone, $crivendo a Quinto $uo Fratello, dice: = _Redemtori_ _tuo dimidium pecuniæ paravi_. Il che è una cautela di chi ha allogato il la- voro ai fabbricatori. Que$ta Legge per ora non $i e$porrà, per non dilungarci [0038]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI troppo dal no$tro $copo, ba$tandoci d’averla dichiarata nel no$tro Te$oro dell’ Architettura, ma porgendo$ene a noi l’occa$ione, non ricu$eremo d’eíporla. E per non tacer le Leggi, che $opra di ciò erano $tate co$tituite in Roma, vi re- citerò quelle, che $i trovano nell’ Orazione VI. di Cicerone contro Cajo Verre nel I. Libro.

QVI. DE. L. MARTIO. M. PERPENNA. CENSORIBVS. REDE- MERIT. EVM. SOCIVM. NE. ADMITTITO. NEVE. EI. PAR.

TEM. DATO. NEVE. EI. REDIMITO.

SI. QVID. OPERIS. CAVSA. RESCIDERIS. REFICITO.

QVI. REDEMERIT. SATIS. DET. DAMNI. INFECTI. EI.

QVI. A. VETERE. REDEMTORE. ACCEPERIT.

PECVNIA. PRAESENS. SOLVATVR.

HOC. OPVS. BONO. SVO. QVOQVE. FACITO.

Nondimeno prima, ch’io termini il pre$ente Capitolo, e que$ta prima Par- te, fa di me$tieri porre nell’altrui con$iderazione, e $ingolarmente di quelli, che comandano, e che reggono, e governano le Città, che $arebbe molto conve- niente a qualunque Città bene ordinata l’avere alcuna Legge $omigliante, $pet- tante alle Fabbriche, $econdo la quale $i de$$e regola, e norma tale agli Archi- tetti, ed ai loro mini$tri, che fo$$e cagione, che non $i commette$$e errore al- cuno nelle fabbriche, e che i fabbricatori fo$$ero obbligati a fare quanto co- manda$$e la Legge, obbligando le loro facoltà, e gli eredi, o procacciando$i buone prome$$e, o mallevadori, ed errando, fo$$ero tenuti a rifar la fabbrica a loro $pe$e: e non pote$$ero domandare il pagamento a lor piacere, ma la me- tà $oltanto quando $i fabbrica, e l’altra poi che il lavoro fo$$e finito e appro- vato; e così cia$cuno $arebbe $ervito a dovere, e $i toglierebbe ogni occa$ione di litigare. Nè ciò $arebbe irragionevole, avendo drittamente riguardo ad una $pecie di ben pubblico, e politico, e privato. E $e $i con$idera bene la detta Legge in quanto ha cura della forma della fabbrica, noi potremo affermare, che ad e$ta $i conforma l’i$tituzione, e l’u$o delle fabbriche de’Religio$i Regolari, e Clau$trali. E ciò (come $i ritrae da Guido Pancirolo nel Lib. intitolato _No-_ _va reperta_), procede dall’aver e$$i $eguito il modo di fabbricare delle abi- tazioni degli Antichi, avendo e$$i donato i palazzi loro alle Religioni, on- de poi hanno pre$o il modello delle fabbriche loro: benchè i Monaci Certo- $ini, e i Frati Cappuccini abbiano inventato un’altra foggia di fabbricare, la quale, $econdo la Regola loro, o$$ervano ovunque $ono inviolabilmente. Anzinon $olamente gli Antichi provvidero al di$ordine delle fabbriche pubbliche, e del- le private delle Città con Leggi particolari; ma ancora impo$ero Leggi $opra la fabbrica delle Città, e particolarmente circa il compartimento delle Ca$e, comandando, che $i face$$ero $ciolte l’una dall’altra con una certa mi$ura d’ intervallo infra e$$e, acciocchè l’una non fo$$e impedimento all’altra, $iccome oggi $ono i Palazzi in i$ola, e come $ono alcune ca$e in Siena, che hanno l’ l’inter$epio: (benchè $i face$$e per vietare l’appoggiamento alle mura del vi- cino, e per a$$icurar$i dagli abbrugiamenti): ed in Ca$ole, Ca$tello dello Sta- to di Siena, ove le ca$e $ono tutte i$olate, for$e con$orme alla Legge, che $i vede nell’ Autentica, nel Col. V. _De novi operis nunciatione maritimi a$pe-_ _pectus_, parlando l’Imperador Giu$tiniano della Città di Co$tantinopoli, dice co- sì: = _Cau$am, que dolo$a fit in hac Regin Civitate, circa domuum ædificia,_ _cohibere, & emendare ju$tum credimus. Quia enim certis men$uris di$tare do-_ _mos ab invicem Zenonis piæ memoriæ Con$titutio dicit, $ed & nos aliquid ta-_ _le $ancimus. Sequitur autem in hac regia Urbe non po$$e aliquid ultra centum_ _pedes prohibere maris a$pectum terræ grati$$imum, &c_. Imperciocchè in Con- $tantinopoli alcuni fabbricavano le ca$e lontane dal vicino cento piedi, e più; ma per malignità alzavano un muro, ed impedivano la vi$ta del mare, che è la più dilettevole, e la più grata co$a, che $i po$$a vedere, quando però è quieto, e pacifico.

[0039] SECONDA PARTE CAPO I. _Degli errori, che occorrono nel fabbricare._

GLl errori, che accadono nel fabbricare, $ono di grandi$$ima con$iderazio- ne; poichè quantunque $ia$i eletto buon $ito, buone materie, fabbricato- ri eccellenti, e buona $tagione per fabbricare; nondimeno non ba$ta a condur- re a perfezione qualunque fabbrica, quando $i commettono errori nel fabbrica- re: concio$$iachè tutte le dette co$e $ieno ordinate all’operazione dell’edificare. E la fabbrica allora procede $enza errori, quando vi a$$i$te la diligenza dell’ Architetto, che $ia eccellenti$$imo, e accorto, e quando $i $ono eletti mini$tri molto pratichi, e dabbene, e intendenti$$imi d’ogni ragion di fabbrica, e ca- paci d’ogni avvertimento, e d’ogni regola d’Architettura, obbedienti, non o- $tinati, nè di propria opinione. Ma quando le fabbriche $on prive di tale a$- $i$tenza, ed e$eguite da Artefici non pratichi, e poco intendenti dell’Arte lo- ro, allora è nece$$ario, che gli edifizj non $i fini$cano $enza notabili errori. E la colpa di tutto ciò cade $opra gli Architetti; poichè è uficio di buono Ar- chitetto eleggere buoni Mini$tri, e continuamente a$$i$tere alle fabbriche.

CAPO II. _Degli errori, che $i fanno nei fondamenti._

QUelli errori nelle fabbriche $ono di grandi$$imo danno, che $i commetto- no nei fondamenti; imperciocchè portan $eco la rovina di tutta la fabbri- ca, nè $i po$$ono $enza $omma difficoltà, e $enza certi$$imo pericolo e- mendare. Ma non $i può aver perfetta cognizione di e$$i, $e prima non $i $a, quante $ieno le $pecie de’fondamenti. Diciamo pertanto, che i fondamenti, o $i fanno in terreno a$ciutto, $olido, e fermo: o in luogo paludo$o; ovvero in acqua. O di$tinguendo altramente, affermiamo, che de’fondamenti altri $ono naturali, e altri artificiali. E in tutte que$te maniere $pe$le volte occorre l’er- rore, $iccome dimo$treremo.

Quando adunque $i fanno i fondamenti nel terreno a$ciutto, e $odo, $i com- mette notabile errore, non u$ando$i avanti del cavamento, ed al gittare i fon- damenti quella diligenza, che $i conviene in o$$ervare i cavamenti de’pozzi, delle ci$terne, e delle cantine, che $on pre$$o al luogo delle fabbriche, e riguardando l’erbe, e gli alberi $oliti na$cere in terreni fermi, e $odi, come la canapicchia, cioè tigna- mica, la nepitella, la pimpinella, ed altre: l’olmo, il leccio, la quercia l’uli- va$tro, la gine$tra, il ginepro, e più diver$e piante $pino$e: ovvero $e $i fan- no in terreni non fermi, nè $tabili, come $ono le $pecie della creta, del cre- tone, la terra cimolia, detta terra da purgo, le quali $entendo l’umidità a mo- tivo di lor natura untuo$a, $i muovono, e $corrono, e mutan luogo: nè facen- done prova, la$ciando cader $opra il $uolo qualche grave pe$o dall’alto, e o$$ervan- do, $e ri$uona, o trema: nè facendo altre $perienze, per e$aminar bene la bontà del terreno per i$tabilirvi i fondamenti: imperciocchè, $e non $i fanno tutte le diligenze nece$$arie avanti al cavare i fondamenti, ma $i procede $con$iderata- mente, e a ca$o fidando$i de’cavatori, la muraglia non riceve conveniente, e $tabile po$amento, e avanti che $ia finita, minaccia rovina. Si erra, ol- tre a ciò, mentre non $i o$$erva, $e il terreno $ia per tutto ugualmente fermo e $odo: poichè quando cono$ciuto, e$$er così in una parte $ola, pen$iamo, che $ia così nel tutto: fidando$i di tale o$$ervazione vi gettiamo i fondamenti to$to che il muro $i alza, e $i aggrava, la prima falda del terreno cede al ba$$o, e la muraglia calando, s’affonda più in giù, e $i $tacca da quella parte, che ha [0040]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI ottenuto buon fondamento, onde finalmente rovina. Per la qual co$a, $econdo l’avvertimento dell’Alberti, non bi$ogna contentar$i, trovato il terreno $odo, avendo cavato poco addentro, e in una $ola parte, ma $i deve cavar più giù, tanto che $i trovi il terreno $odo, fermo, $tabile, unito, non poro$o, nè ca- verno$o, e buono per i$tabilirvi i fondamenti: e così dee far$i fondando le mu- raglie per i$chivare ogni inconveniente.

Nella $te$$a gui$a, trovato buon terreno in una parte, $i dee vedere, $e in un’altra $i trova, e non trovando$i, $i dee cavar più al ba$$o; poichè il terre- no $odo non $i trova nel mede$imo piano; concio$$iachè le parti della terra $on fatte a falde, e alla gui$a delle $caglie delle cipolle, $econdo l’incurvamento, e $econdo la pendenza dei monti, dei colli, e delle valli. E non o$$ervando$i que$te co$e, $i commette gravi$$imo errore; poichè la muraglia poco indugia a dar $egno di rovina. Ma $e il detto terreno $arà reno$o, e $mo$$o, e $ciolto, $arà error peggiore il fabbricarvi, mentre in e$$o non $i po$$ono $tabilire le mu- raglie non $olo per lungo tempo, ma nemmeno per breve. Adunque, per non errare, dee ogni Architetto e$$ere informato di tutte le $pecie di terreni. Però di- ciamo, che il terreno, ove $i ha da fabbricare, o è per tutto ugualmente $odo, e que$to è ottimo per farvi i fondamenti, che è di più ragioni; poichè altro è cosi duro, che appena $i può tagliare col ferro, ed è uua $pecie di tufo la mi- gliore di tutte: altro non è così $odo; ma tutta via re$i$te ottimamente al pe- $o: od è un terreno, che nereggia; e que$to è buono per fondamenti, mentre è più arido: od è un altro, che biancheggia; e que$to è più debole; onde po- tendo$i fuggire, $arebbe errore il fabbricarvi; poichè in e$$o le fabbriche non po$- $ono avere buono, e perpetuo fondamento, qualora non vi $i $uppli$ca coll’arte, cioè, facendo i fondamenti molto più gro$$i e fortificandogli intorno con con- trafforti, o con $peroni, o con barbacani; ovvero almeno fortificandogli ver$o la parte, che inclina: ed altro è un terreno tutto creta, o creto$o, e que$to nei fondamenti è fallace, e$$endo $oggetto all’umido, per cui cede al pe$o, e $i muo- ve, e$$endo fatto a modo di falde (come $i è detto altrove) e fra una falda, e l’altra trovando$i una $pecie di terra bianca, la quale è di $o$tanza $ottile, gra$- $a, e untuo$a, che è una $pecie di morga, che da Giorgio Agricola $i dice e$$e- re la più gra$$a terra, che $i trovi; la quale, to$to che $ente l’umidità, $i fa come un unguento, onde la falda, che le $ta $opra, aggravata dal pe$o, $corre, e calando al ba$$o muta luogo. Il che è cagione, che le fabbriche rovina- no, aprendo$i; o tutte intiere $i muovono in$ieme col terreno, e mutan luo- go, $iccome alcune volte hanno fatto i campi, e le intere Città. E perciò è grandi$$imo errore, non e$$endo forzati, il fabbricarvi. Ma $e altri $arà pur ne- ce$$itato a porvi i fondamenti, dovrà tener que$t’ordine per a$$icurar$i bene. Faccian$i alla muraglia dei fondamenti, ad ogni due, o tre braccia, alcuni $pe- roni fatti a modo di branche, ovvero a mezz’archi, i quali, come Saettoni, o puntelli, entrino $otto il muro dalla parte del terreno, che piega, (il che $i cono$ce per le $ue vene) facendo il po$amento loro molto più ba$$o di quello della muraglia, e tanto lontano da e$$o, che vi $i po$$a far l’arco, o la branca, cavando il terreno, dove $i dee fare a modo di mezze centine. Il che $i ren- derà più chiaro col di$egno po$to quì appre$$o, e accompagnato coll’e$empio del modo di fare i fondamenti.

[0041]PARTE SECONDA Profilo del fondamento insieme col contraforte [0042]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. Forma del Jerreno di gretn Fondamento da farsi nella greta Speroni fatti ad’ archi. Profilo del medesimo fondamento insieme col modo di assicurar il terreno sospeso. Cavamento per far lo sperone [0043]PARTE SECONDA.

Altro è quello, che comunemente è detto tufo, il quale, benchè $ia $odo, alcuna volta è fallace, e$$endo caverno$o, e fatto come la creta, benchè non abbia le falde, e gli sfogli così $pe$$i, e non $ia così di$po$to a muover$i, con tutto che gli@ $i frapponga una $pecie di terra, che bagnata $i faccia co- me unguento. E però è agevol co$a l’errare facendovi i fondamenti, $enza u$are accorgimento alcuno: poichè non ba$ta nel cavare averlo trovato, ma bi$ogna penetrar più $otto, far diligenza, o$$ervando bene il terreno. Che $e vi $i fabbrica, $enza cavar più ba$$o, può accadere, che $otto vi $ia qual- che caverna, o qualche poro$ità naturale, onde aggravato il fondamento la muraglia sfonda il terreno, $icchè ne rimane buona parte a$$orbita da e$$o, $iccome s’avverte molto bene da Leon Batti$ta Alberti nel 3. Lib. dell’Architet- tura al Cap. 3., ove dice, che in ne$$un luogo non è da fidar$i così $ubito tro- vato il bancone, che ricusi il ferro. Perchè que$to potrebb’e$$ere in una pia- nura, ed e$$ere infermo; anzi ancora vi potrebb’e$$ere alcuna concavità, o ac- qua, o terreno gra$$o, e in$tabile, come terra cimelia, o rena, o $abbia. On- de l’Alberti $oggiunge d’aver veduto una torre pre$$o a Me$tre Ca$tello de’ Veneziani, la quale fabbricata, dopo qualche anno, che fu $atta, forato col $uo pe$o il terreno, $opra cui era piantata, $ottile, e debole, $i $otterrò qua- $i infino alle merlature. E $e avviene, che tutta la fabbrica non $i di$co$ti dal terreno, rimanendovi una parte $opra il $uo po$amento, que$ta re$i$ten- do, e quella calando, cagiona e$pre$$a rovina, e lo $te$$o Autore nel X. Lib. Cap. 1 dice = Per l’i$torie $appiamo, come Bun, ed Elide, l’una da un’ apertura della terra, e l’altra dall’onde furono $ommer$e. E non è $icuro di non errare chi fa i fondamenti in luoghi paludo$i, poichè in e$$i il terre- no è troppo umido, e molto $i profonda dal pe$o delle muraglie. Ma per non errare, bi$ogna fare le fo$$e larghe, fortificar le $ponde di qua, e di là, con pa- li, con graticci, con tavole, con alga, o con paglia, o con altro, affinchè l’ acqua non penetri, e non $coli, e riempia i cavamenti: che $e vi $arà calata l’acqua, $i dee to$to cavare, o vi $i debbono prima fare le palificate di legna- mi, che re$i$tano all’umido, e con pali di conveniente lunghezza, e di gro$$ezza po$ti in$ieme $pe$$i, e beni$$imo battuti. Che quando per negligenza, e per ava- rizia, o per brevità di tempo $i face$$e il contrario, $arebbe gravi$$imo errore. E finalmente, $iccome è molto difficile, e di molta fatica il fare i fondamen- ti in acqua, così è facili$$ima co$a il commettervi errori, e$$endo l’acqua un impedimento qua$i in$uperabile, pel quale altri non può vedere, e $qui$itamen- te o$$ervare il terreno, dove $i hanno da fondare le muraglie, e $pecialmente nel Mare, e ne’Laghi, $e prima non $i cerca per mezzo di macchine di cavar l’ acqua, e ritenerla, affinchè non torni a riempire il luogo del fondamento. La- onde non potendo$i veder da vicino la qualità del terreno, non e$$endo $icuri, $e $otto l’acqua $ia $odo, efermo, e $e vi è $abbione, o rena, o fango, è facili$$imo l’errare, o per inavvertenza, o per avarizia. Benchè, $econdo l’opinione d’alcuni il miglior terreno, che $i trovi per fondare, $ia quello, che $i trova $ott’acqua. Il che per le ragioni dette non $i può a$$olutamente a$$ermare. E tutto que$to, che $i è detto, appartiene alla prima di$tinzione dei fondamenti. Ora, per con- durre a fine il di$cor$o di que$to Capitolo, il quale for$e per la nece$$ità della materia è più importante d’ogni altro del pre$ente Trattato, prenderemo a con- $iderar quello, che appartiene alla $econda di$tinzione dei fondamenti, là, dove $i di$$e, altri e$$ere i fondamenti naturali, e altri gli artificiali. I fondamenti naturali $ono tutte le $pecie di terreni, de’quali $i è for$e ragionato a ba$tanza, fra i quali $i dee porre il terreno $a$$o$o, cioè quello, in cui $i trovano ma$$i di tufo du- ri$$imo, di pietra forte, di pietra $erena, e di ti$chio, che è una ragion di pietra fatta naturalmente di $pe$$i$$ime, e di minute, e di gro$$e ghiare, collegate in- $ieme da una terra impietrita, la quale è come tartaro, e fa il mede$imo ufi- cio che la calcina nei calce$truzzi, o negli $malti, o di travertino da torre; le cave del quale $i vedono in$ino a Siena, e più lontane. Ed in que$to terreno, $iccome anche negli altri, non è $empre $icuro il fare i fondamenti: con- [0044]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI cio$$iachè le pietre poco $i profondino, onde $otto $i trova una $pecie di ter- reno ro$$o, vi$co$o, e penetrabile, che in$ieme coll’acqua è la materia pro$- $ima delle dette pietre; che da e$$a $i forma con certo $ugo, in cui con$i- $te la virtù petrificabile; e $e profondano, non $ono continuate; perlochè il terreno interpo$to non è $empre buono per fondamento: ovvero i ma$$i del- le pietre $tanno $o$pe$i da qualche parte, e $otto ad e$$i $i a$conde qualche concavità; talchè e$$endo $overchiamente aggravati, $i rompono, e $on ca- gione di rovina, e $pecialmente e$$endo $ottili, o per natura non atti a $o- $tentare il pe$o. E benchè ciò fu$$e (come $i riferi$ce dall’Alberti nel me- de$imo luogo) nondimeno l’Architetto, e i $uoi Mini$tri non debbono perder- $i d’animo. Imperciocchè egli dice = Cava con buona ventura i fondamenti, finchè tu trovi il terreno $odo; benchè non vi $ia regola ferma, poichè la ter- ra per $ua natura è compo$ta di doppj filoni, i quali $ono di varie maniere, cioè, o $abbiono$i, o reno$i, o $a$$o$i, $otto ai quali variamente $i trova un bancone $errato, $pe$$o, gagliardo, duri$$imo, e atto a reggere gli Edifizj. E que$to è vario; poichè le parti $ue infra loro $ono molto di$$imili, mentre in una parte $i trova duri$$imo, in un’altra è ro$$o, o nero, o bianco, il qua- le è il più debole di tutti, $iccome $i è mo$trato avanti. Altrove $ono di cre- ta, o di tufo, o d’argilla me$colata con ghiara. Delle quali $pecie di terreno non $i può far certo, e $icuro giudizio. I fondamenti artificiali $ono, o le pa- lificate, o travamenti, o modelli di legname, o gran ma$$i di pietra ammonta- ti l’un $opra l’altro, o le navi, ovvero le barche, o finalmente le muraglie vec- chie. Nelle palificate è facil co$a il fare errore, $iccome è noto per le co$e det- te, cioè, quando non $i fanno tutte le diligenze, che $i richiedono; cosìanco- ra fabbricando $opra travamenti, cioè, quando le travi $aranno verdi, o $otti- li, o di legname pieghevole, o frangibile; e lo $te$$o po$fiamo dire dei Mo- delli. O quando que$ti legnami non po$$ono durare $tando $ott’acqua. Laon- de per fuggire $if$atti inconvenienti, $i u$ino i legnami di ca$tagno, e di quer cia, che $ono di natura immarce$cibile. Si adoperi l’alno, il quale (come di- ce Ca$tor Durante) è buono nei fondamenti in acqua, e non $i putrefà $ott’ acqua, e le palificate, che $e ne fanno, ben $errate, $oftentano $opra $e ogni gran macchina d’edifizio. Il fare i fondamenti $opra i ma$$i di pietra gittati, e ammon- tati, come $i co$tuma nelle fabbriche dei Porti, $e non $i accompagna con buono ac- corgimento, e con diligenza, procurando$i, che le pietre gittate $ieno grandi, e $i acco$tino bene in$ieme; che $e $aranno altrimenti, non vi $i muri $opra, e $e vi $i murerà, la muraglia non avrà buon fondamento: imperciocchè en- trando l’acqua del Mare con impeto nei luoghi vacui, e lavorando del conti- nuo, finalmente potrebbe $calzare le pietre, e cacciarle fuori del luogo loro. Ma il fare fondamenti $opra navi, ovvero barche ($iccome $i legge, e$$ere $ta- ta fondata la Torre al Faro del Porto Romano da Claudio Imperatore, che fu edificata a $omiglianza del Faro d’Ale$$andria, $iccome $i legge nel Capitolo 20. della Vita del detto Claudio nelle appre$$o parole: = _Portum O$tiæ extruxit,_ _circumdato dextra, $ini$traque brachio, & ad introitum profundo jam$alo mole_ _objecta, quam con$tabilis fundaret, navem ante demer$it, qua magnus Obeliscus_ _ex Ægypto fuerat advectus, conge$tisque pilis $uperpo$uit alti$$imam turrim in_ _exemplum Alexandrini Fari, ut ad nocturnos ignes cur$um navigia dirigerent._

E Plinio nel Lib. 36. cap. 9. = _Super omnia exce$$it difficultas mari Romam_ _devehendi, $pectatis admodum navibus. Divus Augu$tus priorem advexerat, mi-_ _raculique gratia Puteolis navalibus perpetuis dicaverat: $ed incendio con$umta_ _e$t. Divus Claudius aliquot per annos a$$ervatam, qua Cajus Cæ$ar importave-_ _rat, omnibus, quæ unquam in mari vi$æ $unt, mirabiliorem, turribus Puteola-_ _no ex pulvere exædificatis, perductam o$tiam, portus gratia mer$it & c._)

Il far, dico, tali fondamenti è molto $icuro, poichè aggravata la nave, o la barca dal pe$o della muraglia, $i profonda fortemente nel letto del mare, il quale ricevendola nel fondamento, l’abbraccia fortemente, di maniera che non vi è pericolo, che cali, nè che $ia forzata da parte alcuna dall’impeto dell’ac- qua, nè $ia $cavato il $uo fondamento; la qual maniera di fabbricare $i può ri- [0045]PARTE SECONDA. trarre da Plinio 2. nel $e$to Libro delle $ue Epi$tole, e $pecialmente in quel- la, che $crive a Corneliano, circa il fine della quale parla del Porto di Tra- jano, che era ove è oggi Civita-vecchia, altramente detta _Centumcellæ_, di- cendo così: = _Villa pulcherrima cingitur viridi$$imis agris: imminet littori, cu-_ _jus in $inum quam maximus portus, velut amphitheatrum. Hujus $ini$trum bra-_ _chium firmi$$imo opere munitum e$t, dextrum elaboratur. In ore portus in$ula_ _a$$urgit, quæ illatum vento mare objacens frangat, tutumque ab utroque late-_ _re decur$um navibus præ$tet. Ad$urgit autem arte vi$enda. Ingentia $axa la-_ _ti$$ima navis provehit, contra hæc alia $uper alia dejecta ip$o pondere manent,_ _ac $en$im quodam veluti aggere con$truuntur. Eminet jam, & apparet $axeum_ _dor$um, impacto$que fluctus in immen$um elidit, & tollit. Va$tus illic fragor,_ _canumque circa mare. Saxis deinde pilæ adjiciuntur, quæ procedenti tempore_ _enatam in$ulam imitentur. Habebit hic portus etiam nomen auctoris, eritque_ _vel maxime $alutaris. Nam per longi$$imum $patium importuo$um hocrecepta-_ _culo utetur. & c._

Ecco il modo di fare i fondamenti $opra navi. Ma la Nave $opraddetta $i mo$trerà coll’appre$$o di$egno.

Jl disegno della sopradetta Nave [0046]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI

Ma l’obeli$co già detto fu collocato nel Circo del Vaticano da Cajo Ce$are Caligola, che dipoi mutata la Religione in Roma, rima$e accanto al fianco de$tro della Chie$a di S. Pietro edificata dal gran Co$tantino. Ed a’tempi no- $tri è $tato tra$portato da Si$to V. nella Piazza di S. Pietro per opera di Do- menico Fontana $uo Architetto, benchè al tempo di Gregorio XIII. ne fo$$e fatto il di$egno della macchina per tra$portarlo, da Cammillo Agrippa. Sic- chè di lui $i potrebbe dire ciò, che di$$e Virgilio de’$uoi versi: _Hos ego ver-_ _$iculos feci, tulit alter honores._ = Il Porto di Nerone era quello, che era det- to An$io, e ora po$to nella $piaggia Romana, a man $ini$tra andando ver$o Na- poli, dove oggi appari$cono le reliquie, il cui ritratto $i. vede nel rove$cio del- la Medaglia di detto Nerone.

Nel fondare fabbricando $opra muraglie vecchie, cioè, $opra rovine, o$opra mura di ca$amenti vecchj, che s’abbiano a ri$taurare, od a ridurre a miglior forma, $i farà grande errore, non provando molto bene prima, $e la muraglia $ia buona a $o$tenere il pe$o, e $e ella ha buon fondamento, o $e è $tata lun- go tempo $coperta, e con$umata da varj accidenti, la quale non $i uni$ce mol- to bene colla muraglia nuova, e $e $i uni$ce, non è durevole. E que$ta è una delle cagioni principali, che ci fa cono$cere, non e$$er molto lodevole il fabbri- car $opra il vecchio. E que$ti $ono gli errori, che accadono nel fare i fonda- menti $econdo la varia natura, e $econdo la diver$a di$po$izione de’luoghi, do- ve $i $tabili$cono i fondamenti delle fabbriche. Ora $i debbono con$iderare gli errori, che accadono dalla parte del modo del fabbricare i fondamenti. Imper- ciocchè nel fondare le muraglie $i procede diver$amente, $econdo la diver$ità de’luoghi. Onde chi non opera conforme alla di$po$izione di qualvoglia luogo, non è $icuro di non cadere in qualche notabile errore. Imperciocchè i luoghi, ne’quali $i hanno da cavare i fondamenti delle mura, o $ono rilevati, o ba$$i, o po$ti in mezzo a que$ti, come $ono le $piagge, e le valli. I luoghi alti $o- no aridi, e $ecchi, $iccome $ono i gioghi, e le cime dei monti. I luoghi ba$$i $ono troppo umidi, e molli, come quei, che $ono vicini al Mare, agli $tagni, ai laghi, a paludi, a fiumi, e a torrenti. I luoghi di mezzo, come quelli, che $on pendenti, i quali del tutto non $ono $empre bagnati, e$$endo di$po- $ti con pendenza, dove l’acqua non $i ferma, nè vi si corrompe; ma ca- lando $empre $cola. Il terreno de’gioghi non è buono per farvi i fonda- menti, perchè facilmente $i ri$olve in rena, e in polvere. Quello de’luo- ghi ba$$i, per la $overchia umidità, cede a qual$ivoglia pe$o di muraglia. E finalmente quello, che è in luogo pendente, benchè per $e $te$$o $ia buono per fondamenti, nondimeno tira tutto il pe$o delle muraglie ver$o la parte più ba$$a, onde la parte di e$$e po$ta in alto, rimanendo, $i $tacca da quella, che cala, e però $i fanno aprimenti notabili, che danno indizio di certa rovina. E pertanto nei $iti pendenti, $econdo il precetto di Columella, $i debbono comin- ciare i fondamenti dalla parte di $otto, e dal luogo più ba$$o, acciocchè la mu- raglia, che $i fa nel ba$$o, faccia $palla a quella, che $i fa nel luogo al- to. Il che più $icuramente, e con maggior forza verrà fatto, quando le mu- ra, che $i fanno ne’fondamenti, più ba$$i, $aranno più gro$$e dell’altre. Ma fondando in detti $iti, $enza u$are le debite diligenze, s’incorre in errori dan- no$i$$imi, non cavando nei luoghi delle fabbriche i pozzi, col mezzo dei qua- li $i $cuopre la condizione di qualunque terreno, e non u$ando quei rimedj ba- $tevoli a $upplire ai difetti dei fondamenti. Oltre a ciò è grandi$$imo errore il non cavare i fondamenti in piano, che è cagione, che le fabbriche calando più in una parte, che in un’altra, $i aprano: e il non purgargli bene dal fan- go, dal $abbione, o dalla rena, o dalla terra mo$$a; e il non cavar l’acqua, che talvolta vi $i trova: e nel gittare i fondamenti, non proccurare, che i fab- bricatori battano bene le pietre, e i mattoni, acciò meglio $i acco$tino, e s’im- pa$tino in$ieme colla calcina, poichè, quando non $on ben battuti, $opraggiun- to il pe$o, la muraglia $i acca$cia, e produce aperture, e peli. E que$ti $ono i difetti, che si cagionano dal modo di fare i fondamenti. Rimane ora per $i- gillo di que$to di$cor$o la con$iderazione degli errori appartenenti alla forma di [0047]PARTE SECONDA. fare i fondamenti, i quali $i pale$eranno, dimo$trate prima tutte le maniere d’ e$$i fondamenti. Si dice pertanto, che i fondamenti $i fanno con platea, o qua- $i con platea, o $enza platea, o con archi. Quelli, che $i fanno con platea, $ono i più $icuri, poichè, quando il fondamento da qualche parte non po$$a reggere il pe$o, facendo$i la platea, e formando$i il fondamento come tutto un corpo unito, e $odo; o $i regge nella parte più $alda, e re$i$te a tutto il pe- $o; o $eppur $i piega, è cagione, che tutta la muraglia $i pieghi, e $enza a- prir$i in parte alcuna. I fondamenti, che $i fanno qua$i con platea, $on quel- li, che ricevono la platea negli angoli, i quali ingro$$ati, e ripieni, fortifi- ficano tutta la muraglia, e $i fanno $palla l’uno all’altro, e dando forza a tut- to il po$amento della fabbrica, ne ricevono i comodi, che $i cavano $otto ter- ra, di cantine, e di cellieri, e d’altri luoghi. E facendo$i i fondamenti in que- $ta forma non $i può errare; imperciocchè la forza delle muraglie con$i$te ne- gli angoli, e $pecialmente, quando $i fanno ripieni, e raddoppiati, $iccome $i vede nell’appre$$o e$empio.

Esempio delli angoli ingrossah e ripieni

I fondamenti, che $i fanno $enza la platea, $on quelli, che $i cavano conti- nuati, $econdo le gro$$ezze convenienti alle muraglie, ne’quali accade $pe$$o l’ errare, $iccome $i è dimo$trato, e i più $icuri, $ono i più profondi, i più gro$- $i, e i più $errati, e uniti: e quei, che $ono fatti bene in piano, ed alzati per tutto ugualmente: che $e $i faranno in altra maniera, $aranno in tutto e per tutto difetto$i. Finalmente i fondamenti, che $i fanno con archi, per far mi- nore la $pe$a, e per condur pre$to a fine la muraglia, $on quelli, che $i for- mano, facendo prima tanti pila$tri, quanti bi$ognano alla lunghezza delle mu- ra; alzandogli quanto ba$ti, per fabbricarvi $opra gli archi, $u i quali $i po$$a poi alzare il muro continuo. Que$ti fondamenti $ono i più imperfetti, e i me- no $icuri degli altri. Imperciocchè può accadere, che alcuno dei pila$tri $ia mu- rato in terreno, che $ia $odo sì, ma che abbia $otto concavità, o non $ia $ta- bile; onde aggravato dal pe$o del muro, cali, e $eco $i tiri ancora la parte, che gli $ta $opra; e finalmente $ia cagione, che rovini. E que$to è quanto $i poteva dire intorno agli errori, che per mala cura degli Architetti accadono ne’ fondamenti di qual$ivoglia fabbrica.

[0048]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI CAPO III. _Degli errori, che accadono nella proporzione delle parti._

COme dalla proporzione delle parti del Mondo grande, le quali fanno un’ armonìa maraviglio$a; e dalla proporzione del Mondo piccolo $i cagiona la perfezione, e la bellezza; così dalla proporzione delle fabbriche $i produce la perfezione, e la bellezza loro. Così anche pel contrario in qualunque fabbri- ca la $proporzione è cagione di varie imper$ezioni, e di bruttezze diver$e. On- de gli errori, che na$cono dalla $proporzione delle parti degli edificj, $ono di $omma importanza. Imperciocchè la proporzione delle parti loro è una delle condizioni più nece$$arie. Que$ta poi con$i$te, o fra le parti alte, o fra le ba$- $e, o fra le laterali, o fra i vani, che $i fanno nelle parti inferiori, e nelle $uperiori: o fra le interne, e le e$terne: o fra le membra degli ornamenti, e fra le parti loro. Laonde, allora gli Architetti errano nelle proporzioni delle par- ti delle opere, quando le mi$ure non $ono fra loro corri$pondenti, e propor- zionali. Come quando le parti $uperiori delle muraglie non hanno le gro$$ez- ze proporzionate alle inferiori, cioè, quando o $ono più gro$@e delle parti vici- ne ai fondamenti, o $ono troppo $ottili: e quando le altezze de’luoghi non $on fatte a proporzione delle larghezze. Come le altezze dell’impo$te delle volte non $ono a proporzione delle larghezze, $iccome $i vede in molte nobili$$ime fabbriche, e particolarmente nella Chie$a di S. Pietro di Roma, ove l’impo$ta della volta non e$$endo proporzionata alla larghezza a motivo dell’aggetta della cornice, è cagione, che $i mo$tri troppo ba$$a: sì ancora, perchè non le è $ta- ta data quella giunta, che $i richiedeva, con$orme alla mi$ura dello $porgiment- to, e del rilievo della cornice; onde alla no$tra vi$ta da e$$o $i toglie buona parte della volta, e però $i mo$tra ba$$a. E que$to è un errore nato dal non aver cognizione alcuna di pro$pettiva; il quale errore, perchè più appari$ca, ne daremo quì $otto un e$empio.

[0049]PARTE SECONDA. [0050]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI

Fra le laterali, come quando la parte da man de$tra è così larga, o più lun- ga di quella da man $ini$tra, e così vicever$a. Fra i vani, cioè, fra quelli de- gli archi delle logge, e de’portici, e fra le aperture dei lumi, cioè, delle fi- ne$tre, e delle riquadrature po$te nelle parti $uperiori, e nel $econd’Ordine: ovvero fra i vani inferiori, e pieni o $odi $uperiori. Come, quando le apertu- re delle fine$tre non corri$pondono ai vani degli archi, po$ti $otto, o nel nu- mero, o nella grandezza, o nella $ituazione: e così quando i vani delle logge non corri$pondono alle fine$tre: o, quando ai vani degli archi, e delle porte non corri$pondono quei delle fine$tre: così, quando i vani di $opra non $i ac- cordano in numero, in po$izione, e in grandezza, con quei di $otto: e quando il $odo, e il pieno non concorda col $odo, e col pieno, ma è collocato $opra vano; come, quando al mezzo degli archi $i pongono i pila$tri, e le colonne: e al mezzo il vano delle porte, e delle fine$tre, la muraglia, o pila$tri delle Logge. Benchè gli Antichi alcune volte, non per errore, ma per nece$$ità del- la forma della fabbrica abbiano po$te le colonne del $econd’Ordine al mezzo degli archi del primo da ba$$o, $iccome $i vede negli avanzi della villa pubbli- ca di T. Didio, la quale $i dimo$tra da Balda$$ar Peruzzi nel Serlio al 3. Li- bro dell’Antichità $otto nome di Portico di Pompeo, e Ca$a di Mario. Ma nel vero edificio, che oggi tiene da Santa Maria del pianto, fino avanti a piaz- za Santa Croce, era la Villa pubblica di T. Didio, $iccome $i ricava dal ro- ver$cio della $ua Medaglia, ed era di que$ta forma

E per tornare al propo$ito no$tro, $i erra nelle proporzioni, quando i vani de’lumi, e delle porte delle parti laterali delle fabbriche di$cordano nel nume- ro, e nella grandezza: e quando i lumi, o gli archi, o le parti $olide $upe- riori, non hanno proporzionatamente quell’accre$cimento, che loro $i deve, per $upplire a tutto quello, che $i toglie dalla lontananza, acciò $i mo$trino eguali. Il che $i co$tuma, quando $i pongono più ordini di colonne l’un $o- pra l’altro, come $i o$$ervò dagli Antichi nei Teatri, e negli Anfiteatri. E tale errore procede dal non u$are la ragion di Pro$pettiva, e dal non $aper l’ u$o del Quadrante di$tinto in gradi novanta. Il quale, applicato all’occhio, $tando incontro alle linee a piombo delle fabbriche, col mezzo di quelle, che vengono dal centro, e dall’occhio, $i fanno i compartimenti in tutta l’altezza, [0051]PARTE SECONDA. ne'quali $i $tabili$ce un cre$cimento proporzionale di tutte le parti, che $i al- lontanano dall'occhio, le quali nondimeno alla vi$ta $i mo$trino eguali, $icco- me appari$ce nella Colonna Trajana, e nell'Antoniana. Que$to $i potrà age- volmente intendere col mezzo di que$to e$empio.

Fra le mi$ure, come, quando l'altezze non corri$pondono alle lar- ghezze. Il che accade $pe$$e volte nelle $tanze: e quando ne'Tempj le gran- dezze de'fianchi, e delle $palle, $ono $proporzionate al rimanente del corpo della fabbrica: e, quando il comparto dell'Architrave, del fregio, e della cor- nice, non è proporzionato all'altezza della colonna. Oltre a ciò gli Architetti errano nelle mi$ure, quando mi$urano le fabbriche antiche con le mi$ure mo- derne, e non con le antiche, colle quali furono fabbricate, cioè, o colla de- cempeda, o col cubito, o col piede, o col palmo antico Romano, il quale è diver$o dal palmo moderno, che oggi $i u$a in Roma, che è maggiore del pal- mo antico, compo$to di quattro dita, $iccome $i ritrae da Vitruvio; ma il palmo moderno è piutto$to lo $te$$o, che la Spitama detta volgarmente Span- na. E benchè le moderne $i po$$ano ridurre alle mi$ure antiche, nondimeno nel mi$urar le fabbriche antiche è meglio $ervir$i delle mi$ure antiche, poichè le moderne non corri$pondono preci$amente alle antiche, $iccome $i vede nel braccio Sane$e, che è alquanto differente dalla mi$ura di due piedi antichi Ro- mani; for$e perchè le dita $on formate di quattro più gro$$i grani d'orzo per traver$o, che ogni dito è compo$to di quattro granelli d'orzo, e ogni palmo di quattro dita; onde cre$cendo$i le dita in gro$$ezza, $i accre$ceva l'e$ten$ione del palmo, e per l'aumento di que$to veniva slungato il piede. O perchè il pie- de contenuto nel no$tro braccio, corri$pondente qua$i al piè d'Ercole, dal quale fu mi$urato lo $tadio Olimpico, che in lunghezza era maggiore del Greco, e$- $endo cavato dal $uo piede maggiore, $iccome $i ritrae da Aulo Gellio.

[0052]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI

Fra le membra degli ornamenti, come, quando a una gran colonna, ovvero a un gran pila$tro $i $oprappone un piccolo capitello, o a un grande Architra- ve un fregio troppo ba$$o, o vicever$a: o una cornice di piccola altezza, come $i vede négli ornamenti de'fianchi della fabbrica di S. Pietro di Roma. Errore nato dal non con$iderare, che la lontananza $cema ogni grandezza, $econdo l'ap- parenza, che vicina alla vi$ta $i mo$tra della mi$ura $ua propria. E tal con- $iderazione non $i può avere, $enza la notizia della Pro$pettiva. Nè ba$ta perti- nacemente u$ar le regole dell'Architettura in ogni luogo, e in ogni $ito, dando all'altezza del compo$to dell'Architrave, del fregio, e della cornice, o la quinta parte, o la quarta dell'altezza della colonna. Ma con$iderato, che la lontananza dall'occhio $cema le grandezze, $i dee accre$cere la detta mi$ura, affinchè alla vi$ta non i$- corci. Così anche per l'oppo$to $i erra nella proporzione degli ornamenti, quan- do a una cornice, a un gran fregio, e a un grande architrave $i $ottopone una colonna troppo corta, e troppo gro$$a, come $i vede nella Cattedrale di Siena, nell'ornamento della Cappella de'quattro Coronati, benchè il lavoro fra gli An- tichi-moderni $ia uno dei più lodevoli. Dove la cornice, il fregio, e l'architrave in$ieme s'avvicinano alla metà dell'altezza della colonna. Finalmente $i erra, quando $i fanno le colonne $ottili, e $opra vi $i pone un gran capitello: o quan- do $i fanno le colonne $ottili, e molto alte, e $i dà loro un capitello troppo pic- colo: e quando non $i dà la debita mi$ura a cia$cun membro. Ma tutto ciò $i renderà più chiaro con gli appre$$o e$empj.

Colonne grandi con capitelli piccioli Architrave grande e fregio picciolo Fregio grande, e archi trave picciolo Colonna con cornice fuor di proporzione [0053]PARTE SECONDA

E quello, che $i è detto dei Capitelli, $i dee intendere ancora delle ba$i, men- tre non $olo non $on fatte proporzionevoli, e$$endo, o troppo grandi, o troppo piccole; ma ancora non $on formate colla mi$ura della metà della gro$$ezza in- feriore delle colonne. Fra le membra e$terne, e le interne delle fabbriche, cioè, allora si erra nelle proporzioni, quando le parti interne non corri$pondono alle e$terne nella mi$ura, nel numero, nella posizione, e nella forma.

Colonna tozza con bassa, e capitelo grande Figura tozza e non conveni- ente nelle sue parti. Cornice con fregio gran- de, gocciolatojo, e gola piciola che leva la proporzion alla medesima CAPO IV. _Degli errori della di$po$izione del Compartimento._

IL compartimento delle fabbriche $i può intendere in tre modi, cioè, od in quanto appartiene al componimento delle mura, ovvero in quanto appartie- ne alla di$po$izione delle parti principali, e non principali.

Nel primo modo s'intende la maniera della $truttura delle muraglie, che $i fa, ponendo in$ieme pietre, mattoni, pezzami, pietre riquadrate, in$ieme con la calcina. Dove allora $i $uole errare, quando dall'Architetto non $i procura, che $i uni$cano, e $i colleghino bene in$ieme, e $i battano quanto bi$ogna, e vi $i riempia ogni luogo vuoto, benchè piccolo. Che quando la pietra e$teriore del muro non $i col- lega bene coll'interiore, facilmente l'una $i $tacca dall'altra, come, quando $i fa la muraglia di mattoni a faccia netta, alcune volte, o per diacciato, o per for- zamento di pe$o, o per altro accidente, tutta la parte di fuori del muro $i $cro- $ta, o $i $compone, e cade; onde il muro rimane $cortecciato, rozzo e indebo- [0054]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI lito, non rimanendovi altro, che il ripieno. Il mede$imo avviene, quando nel- le mura $i pongono pietre lavorate $ottili, e qua$i nella $uperficie, le quali per- chè non s'inca$trano nelle muraglie, facilmente cadono, $e non $i tengono le gate con grappe di ferro. Nè però que$to ba$ta, perchè non $i legano tutte, ma poche, e quelle $i pongono nei filari più ba$$i; ma quelle, che vi $i po- $an $opra, $i fidano nella calcina, la quale tanto tiene, quanto dura di re$i$te- re al pe$o, ed a qualunque accidente. Si fa errore ancora, mentre nel far la muraglia i mattoni, e le pietre non $i pongono bene in piano, nè $i accomo- dano a perpendicolo, talmente che l'opera rie$ce $torta in più parti, o penden- te, u$cendo della dirittura della linea del piombo; che per un grano, o per un minuto, o per un dito, che da principio e$ca in fuora, quanto più $i al- za, tanto più cre$ce l'inclinazione; che la quantità continua, come anche la di$creta, da un piccolo aumento cre$ce qua$i in infinito. Per la qual co$a la fabbrica diviene mal $icura, e$$endo aggravata da tutto il pe$o, che le è po$to $opra. Nella $econda maniera, cioè, nel di$tribuir le parti delle fabbriche $i può talvolta errare, o non ponendole di numero uniforme in cia$cun luogo, o di numero difetto$o, o $uperfluo, mancando nella nece$$ità, e abbondando ove non bi$ogna: e non o$$ervando l'ordine conveniente; e quando l'ordine $arà $ciolto, cioè, non unito con legamento delle parti: o non di$po$to con una compo$izione di parti convenevoli; e finalmente, quando nel compartimento delle parti non $i $cor- ge grazia, nè decoro alcuno: onde nel pro$petto non $i mo$tra bellezza, nè digni- tà alcuna. Nel terzo modo, cioè, nel collocare gli ornamenti, dove allora $i erra, quando dagli Architetti non $i pongono nel debito luogo, come quando gli ornamenti dell'Ordine To$cano, e del Dorico $i pongono nelle parti $upe- riori, e quelle del Compo$ito, del Corintio, e dell'Ionico, nelle inferiori: Ov- vero quando gli ornamenti de'cinque Ordini $i adattano confu$amente, ponen- do le colonne Ioniche in$ieme con le cornici, $opra le Compo$ite: e finalmente $arà grande errore il far collocar l'opere di Scultura troppo minute, e troppo tri- te ne'luoghi lontani dalla vi$ta, poichè $on perdute; che da lontano non $i può rilevare la lor forma. Il che è peccar di giudizio, e co$tume barbaro, il quale to- glie la $odezza, la nobiltà, e la magnificenza agli ornamenti delle fabbriche. La qual co$a è molto di$dicevole al fabbricare con buona ragione d'Architettura Greca, e Romana. E quell'Architetto non opera, $enza errare, formando i di- $egni, e i modelli delle fabbriche, il quale da e$$a $i parte, fidando$i più nelle capriccio$e, e $regolate invenzioni, che nelle regole degli ottimi Architetti, co- me fanno quelli, i quali dal lavorare i legnami, e gli $tucchi, e dalla Pittura, $i $on dati all'Architettura: i quali colle loro licenze (e ciò $icuramente credo) $on per far tanto, che una volta ritorni in Italia la maniera barbara, e venga del tutto abbandonata l'antica, e la buona Architettura.

CAPO V. _Degli errori degli Architetti nel collocar le co$e fuor del lor luogo._

NOn vi è dubbio alcuno, che (dato, e non conceduto, poichè il $ommo Crea- tore fece il tutto perfettamente in numero, in pe$o, in mi$ura, in po$i- zione convenienti$$ima) quando l'Architetto di que$ta macchina mondiale ave$- $e po$ta nel luogo della Terra l'Acqua, e nel luogo dell'Aria il Fuoco, oltre che non $olo $arebbe riu$cita un'opera mo$truo$a, e un novello caos, e una mole to- talmente rozza, come dice Ovidio nelle Trasformazioni, ma non avrebbe tampoco potuto avere alcuna $u$$i$tenza. Così, quando nel formar l'Uomo, ave$$e po$to la te- $ta nel luogo de'piedi, o gli occhi nel petto, invece d'e$$er$i formato un Uomo, ne $arebbe ri$ultato un mo$tro. Dove la te$ta e$$endo po$ta nel luogo più ba$$o, non avrebbe potuto far l'ufizio de'piedi, come altresì gli occhi non avrebber potu- to così facilmente riguardar d'ogn'intorno, e fare la $entinella in dife$a di tut- te le parti. Nella mede$ima gui$a veggiamo talora per errore degli Architetti accadere alle fabbriche, mentre e$$i non co$titui$cono le parti nel debito luogo; [0055]PARTE SECONDA. imperciocchè, oltre che fanno l'opere del tutto imperfette, e mo$truo$e, tolgo- no a cia$cuna il fine proporzionato, e naturale. Siccome quando $i pongono le parti principali nel luogo delle non principali, e delle aggiunte; e le non prin- cipali $i accomodano all'ufizio, e nel luogo delle principali, cioè, a reggere il pe$o, e a formare il principale e il maggiore ornamento della Fabbrica. Come, quando negli ornamenti degli Altari, e delle porte, $i pongono talvolta i te- lari a regger tutto il pe$o della cornice, e del fronte$pizio; e $i pongono le co- lonne dalle bande, di qua, e di là, nelle giunte qua$i per ripieno. E quando talvolta $i fa ri$altare l'Architrave delle porte, quanta è la larghezza del vano, ponendovi $opra il fregio, la cornice, il fronte$pizio, o qualche cartella, od or- namento di fine$tra, o di qualche quadro; di maniera che tutto il pe$o mo$tra d'e$$er collocato $opra il vano. La qual co$a e$$endo la più contraria alle buone regole d'Architettura, è anche la più erronea. Perciò a ogni pe$o, e ad ogni ope- ra $uperiore, $empre $i dee $ottoporre il $odo e il pieno, affinchè faccia ufizio di ba$e, e di $tabilimento delle parti $uperiori delle fabbriche. Così, quando $opra le co- lonne, o $opra i pila$tri, ri$altando$i l'Architrave in$ieme col fregio, e con la cornice, $i fa $eguir più indentro lo $te$$o Architrave, e $i mo$tra, che la parte, che $e- gue, divi$a dal ri$alto infra le colonne, re$ta in aria, e $enza po$amento alcu- no, poichè la colonna, o il pila$tro è po$to $olamente a reggere l'Architrave, che ri$alta, $econdo il vivo, e $econdo il $odo della $ua gro$$ezza $uperiore, in- $ieme con ciò, che gli è $opra; ma non a $o$tenere il rimanente, e però com- pari$ce come collocato in aria. Lo che non accade, quando l'Architrave $i fa andare, e continuare $enza ri$altamenti; poichè in que$to modo l'opera $i reg- ge nel vivo, e nel $odo de'pila$tri, e delle colonne, come $i richiede, e con- forme all'in$egnamento della Natura. Ma per e$$er meglio inte$i, porremo quì appre$$o gli e$empj.

csempio di poner li telari a regger tutto il peso della cornice, e del frontis- pizio, con colonne alle parte delle gionte. csempio di far risaltar sopra le colonne ò pilastri, l'architrave, il freggio, è la cornice, e la parte che segue più in dentro mostra eser in aria. [0056]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI csempio di collocar sopra il vano d'una porta ò finestra tutto il peso del architrave freggio, e cornice, con il frontispizio.

Vi $ono, oltre a ciò, altri errori circa la po$izione delle parti degli orna- menti, e $pecialmente, quando quelle membra, che non po$$ono convenevol mente $tare in$ieme, come, colla colonna To$cana, e con la Dorica, il Capitello Corintio; così con la Compo$ita, e con la Dorica, la ba$e Ionica; e così di tutti gli altri Ordini, cambiando$i fra loro, e le ba$i, i capitelli, le cornici, e i piedi$talli: e quando nella giunta laterale degli ornamenti, accanto alle co- lonne i$olate, $i pongono altre colonne, le quali, oltre l'e$$ervi indarno, non avendo pe$o proporzionato, e non v'e$$endo nece$$arie; poichè l'aggiungimen- to dei lati può molto ben con$i$tere $enza le colonne; $on cagione, che l'Ar- chitrave, e$$endo rotto, o piegato dal ri$altamento, rimanga $enza aver dove po$ar$i. Ovvero le dette colonne non $on po$te nella mede$ima dirittura, e nella mede$ima linea delle contra-colonne, come $i comprenderà nella pianta e$po$ta a carte 44.

[0057]PARTE SECONDA. csempio di colonne iñutili collocate nelle parti laterali.

Finalmente è notabili$$imo errore, quando $opra gli ornamenti de'Templi, delle Cappelle, degli Altari, e delle Porte, in luogo di farvi i fa$tigj, e i fron- te$pizj interi, accomodarvi i rotti, credendo con la rottura di dar grazia all'or- namento. Che veramente i fronte$pizj non $ono altro, che il fa$tigio, e il tetto della fabbrica. E chi è quegli, che vole$$e rompere il tetto della propria abita- zione, per dare maggior grazia all'a$petto della Ca$a? Certamente niuno. Nè $i trovò mai, che gli Antichi u$a$$ero di fare il fronte$pizio rotto, ma lo forma- rono $empre intiero, o tondo, o angolare con due pendenze, che comunemen- te $i $uol dire a due acque, cioè, a due $colamenti d'acque, ovvero con una $ola pendenza. E quando pure, $econdo la licenza moderna, altri vole$$e rom- pere il fronte$pizio, s'incorrerebbe in uno di due inconvenienti, cioè, o facendo$i la rottura corri$pondente al $odo delle colonne, la parte del fronte$pizio verrà troppo angu$ta; ma facendo$i tal parte maggiore del vivo delle colonne, ella u$cirebbe fuori del $odo, e $tarebbe $o$pe$a. E que$ti $on due notabili difetti nati dal rompere i fronte$pizj. Nè perchè ne $ia $tato inventore Michelangiolo Buo- narrotti detto il Divino, ed e$$endo eccellenti$$imo nella Scultura, nella Pittura, e nell'Architettura, mo$$o da nece$$ità, $i dee tra$portare $imigliante u$o in ogni propo$ito, e in ogni luogo, $enza nece$$ità, e grazia alcuna: impercioccchè quello, che una volta, e per accidente è $tato u$ato, non può, nè dee $ervire per regola di bene operare; che gli accidenti violentano gli Artefici a partir$i dal- la rettitudine dell'arte loro; e tal violenza non forza $empre, ma qualche volta, e però non può farci regola: che la regola è $empre buona. Ma perchè meglio s'intenda quanto $i è detto, $i porranno gli e$empj quì appre$$o.

[0058]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. [0059]PARTE SECONDA Questa maniera di frontespitij cosi difettuosi come si è dimostrato, non fù mai usata dagli Antichi, che non se ne trova esempio alcuno. Questa forma di frontispizio piegato fù inventata da Bartolommeo Neron detto il Piceio Sanese pittore eccellentissimo, e si vede posto sopra nel coro della Cattedrale di Siena. Questa maniera di frontespizij doppi viene condannata di superfluità co- me si tratta in avanti della Porta pia. Forma de frontespizij degli Antichi, la quale non si trova già mai variata altramente. [0060]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI Queste due forme de'frontespizij si vedono in Roma ne bagni di Paulo cmilio, ora detti Magnanapoli, e se ne vede il disegno appresso il Sorch. Pianta che dà à divedere il falso per le colonne fuor della drita linea delle con tra colonne ò pilastri, comesi è detto a C. Alzato della pianta in maestà, e mostra la cornice tagliata in Zanca, e serve per telaro alla pala, tall Zanche non si devono usare e$sendo false, in aria, e sgarbate CAPO VI. _Degli errori, che con$i$tono nell'abu$o d'alcuni ornamenti introdotti_ _dagli Architetti moderni._

SIccome l'abu$o d'alcuni co$tumi nelle Città, e nelle Comunanze di$trugge tutta la rettitudine del viver politico; e nell'Arti, e nelle Scienze è cagio- ne, che e$$e divengono danno$e; così l'abu$o di alcuni ornamenti nell'Archi- tettura rimuove la bontà dell'opere, è cagione dell'imperfezione degli Edifizj, e toglie la riputazione agli Architetti. E però oltre agli altri errori, cia$cuno Architetto, a cui molto preme il con$ervar l'onor $uo, quanto più può dee procurare di tenersi lontana ogni danno$a, ed immaginevole u$anza. E per mo$trare alla bella prima, ove consi$ta l'abu$o d'alcuni ornamenti delle fabbri- [0061]PARTE SECONDA. che, diremo, e$$er que$to collocato nel trala$ciare gli ornamenti in$egnatici dai buoni Architetti antichi, e dimo$tratici dalle reliquie delle fabbriche antiche di Roma, e d’altre Città dell’Italia, e della Grecia: e nel $overchiamente di- lettarsi di trovar nuove invenzioni, ora $cemando, ora $cemando, ora mutando, ora rompen- do le membra principali, e $inalmente convertendo ogni abu$o in regola, e trala$ciando ogni dritta norma d’operare con buona ragione d’Architettura. Lo che avviene dal non intendere, che nelle fabbriche di qualunque maniera gli ornamenti $ono determinati di forma, nè si può inventare, $e non si prende troppa licenza, e $e altri non si vuole acco$tare al co$tume barbaro, a grotte- $camenti, a ghiribizzi, ed alle $antasìe degli Ore$ici, e degli Argentieri, dei Mae$tri di legname, degl’Intagliatori, degli Stuccatori, e dei Pittori. Ma per venire ormai al particolare, si proporrà parte degli errori, affinchè cono$ciuti dagli Architetti, $e ne po$$ano guardare. Diciamo adunque, che allora $ucce- de uno degli abusi degli ornamenti delle fabbriche, quando s’aggiungono per ornamento alcune membra non nece$$arie alle fronti loro, nè per reggere alcu- ne membra, nè per corri$pondenza delle parti. E per dirla chiaramente, quan- do tutto il corpo dell’ornamento è per$etto, $enza d’e$$e; come, quando ai pi- la$tri s’aggiungono, o termini, o ri$altamenti di cornici, o nuove membra po- $ticce, e riportate, che rendono il lavoro troppo $ecco, troppo trito, ed i- gnobile, e non corri$pondente alla $odezza, e alla magni$icenza del rimanente, come si vede in Roma nel $econd’Ordine della faccia, e de’$ianchi di S. Pie- tro, e negli ornamenti fra le colonne. Dove $i mo$trano gli ornamenti, più d’opera di legname, e di $tucco, che di pietra; poichè non rappre$entano la $odezza della pietra, come $anno le cornici, le colonne, e i pila$tri. Che la maniera dell’ornamento, che è proprio del legno, e dello $tucco, non $i con- viene alla pietra: concio$$iachè nello $tucco, e nel legno non $i di$dice u$are qualche licenza, e l’aggiunger qualche capriccio di propria invenzione; per- ciocchè in cotali lavori gli ornamenti aggiunti $on tutte co$e po$ticce, e non hanno legamento reale col tutto, e non na$cono in$ieme con e$$o; ma tutte $i legano con ferramenti, con chiodi, e con colle. Ed appre$$o alle colonne prin- cipali hanno troppo del trito, e del $ecco, nè mo$trano la mede$ima nobiltà, e grandezza, come $i vede in quelle porte frappo$te alle tre porte maggiori, le quali, e per la poca apertura del vano, e per gli ornamenti loro, $i mo- $trano d’una maniera non corri$pondente a tutto il corpo della fronte, ed alla grandezza, ed alla mae$tà del Tempio. Che a un Tempio così grande, e a un antiporto con$orme alla di lui grandezza, non $i convengono le porte così piccole, $iccome $i di$converrebbero porte, e lumi grandi a un Tempio picco- li$$imo. Senza che bi$ogna non $olamente aver riguardo alla grandezza della Chie$a, per collocarvi le porte proporzionatamente; ma ancora al numero grande del Popolo, ed alla gran $requenza, che $econdo varie occa$ioni vi $uol concorrere. E’ancora grandi$$imo abu$o rompere gli architravi, e i $regj, per accre$cere i vani, come $i vede alcune volte negli ornamenti degli Altari, e $pecialmente in Siena in S. Ago$tino negli Altari de’Bargagli, e dei Birin- gucci, invenzione condottavi di fuori. E que$to è un errore molto peggiore di quello del rompere i fronte$pizj; poichè in tutte le $abbriche gli architravi $ono quel- le membra principali, e nece$$arie, le quali in$ieme colle colonne reggono tutto il pe$o dell’Edi$izio. Concio$$iachè nè il fregio, nè la cornice $on de$tinati per $o$tentamento, e$$endo e$$i una parte del pe$o, che $i regge nell’architra- ve; poichè le membra po$te in luogo alto non po$$ono e$$er $o$tentanti, e $o- $tentate in uno $te$$o tempo, ma $olamente $ono $o$tentate. Nè è buona ri$- po$ta il dire, che talora all’architrave già levato, $uccede il telaro della ri- quadratura del vano in $ua vece; poichè il fine del telaro è di legare, e ter- minare la detta riquadratura con ornamento. Con que$to abu$o s’accompagna il rompimento del fregio, e della cornice, per po$are nel $olo architrave alcu- na co$a, come cartella, o $cudo, o $tatua, o va$o, o altro, $econdo l’umore dell’Architetto. Il che non $i fa, $enza notabile errore, perchè $i rompe la continuazione degli ornamenti, $i di$uni$ce il compartimento, e $i $cioglie il [0062]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI legame delle parti infra loro, e col tutto; e finalmente $i gua$ta l’uni$ormità. Così ancora s’incorre in un altro abu$o, quando $i adattano nell’e$tremità del- le logge, o de’portici, o delle facciate de’palazzi, e delle Chie$e, pila$tri, o colonne, che non abbracciano gli angoli, ma la$ciando l’angolo a dietro, facendo ri$altar la colonna, o il pila$tro, $enza far ri$altare la cornice; onde ella $i mo$tra in aria, o, come $i dice, in fal$o. E in tutto u$cendo delle re- gole degli Antichi, le quali c’in$egnano fare i pila$tri, che prendano gli an- goli, o a porvi le colonne quadre, e a raddoppiarle nella gro$$ezza, e$$endo nel rimanente dell’Opera le colonne tonde; e perciò in tal modo la fabbrica riceve maggiore $tabilimento, e più fortezza. Il che $i fa con buona ragione; perchè la $aldezza delle $abbriche con$i$te negli angoli, che $on quelli, i qua- li chiudono, e $tringono in $e $te$$a tutta l’opera; onde la perpetuità degli e- di$izj è collocata negli angoli. Ma veggiamo gli e$empj, affinchè appari$cano con molto maggior chiarezza le co$e dette.

Con le presenti figure si fà conoscere il sgarbato modo di poner li Jermini, e Pilastrate ad uso di Jermini, li quali levano la sodezza è maestà, alle fabriche. [0063]PARTE SECONDA. Pilastri ornali con Mensole, Cartelle, Festoni, e Membri riportati cose tutte che danno nel trito, e devano la magnificenza dell’Architettura. Figura che dà a divedere il falso della cornice, che sorpassa la collonna, e rimane in aria. Figura la quale fa conoscere l’errore di romper l’Architrave e il Freggio alle cornici per accrescer il vano. [0064]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. L’esempio presente fà vedere quanto scong il tagliar le Cornici, e Freggio per poner sopra l’Architrave alcu- na cosa, sia Cartelle, Scudi, Vasi ò altro, secondo il bizaro capricio di chi inventa tali cose. [0065]PARTE SECONDA. CAPO VII. _Degli errori, che accadono nella ino$$ervanza del decoro._

FRa tutti gli errori, che provengono dagli Architetti, uno $i è il contra$ta- re alla per$ezione, e alla bellezza delle $abbriche; onde nell’apparenza loro non $i dimo$tra grazia, nè nobiltà; nè muovono a maraviglia chi le riguar- da. E que$to è il non o$$ervare il decoro, il quale allora io pen$o, che po- tra$$i facilmente intendere, quando $i $arà dichiarato ciò, che $ia e$$o decoro. Diciamo adunque, il decoro non e$$er altro che una bellezza, e una grazia del- le co$e, che na$ce da una certa giu$tezza di$tributiva, $econdo la quale $i dà tutto quello, che $i conviene a cia$cuna parte. Ma per adattare al no$tro pro- po$ito que$ta de$inizione, $i dice, che il decoro delle fabbriche altro non è, che una bellezza cagionata dalla convenienza delle parti; quando, $econdo una giu$ta, e proporzionevol di$po$izione $i è conceduto a cia$cuna quanto $e le conveniva. Perciò, affinchè intendiamo gli errori di que$ta maniera, $i dice, che qualunque fabbrica, come imitatrice del corpo umano, è compo$ta di mem- bra, poichè in e$$e $i trovano il capo, le $palle, i $ianchi, il ventre, e le gam- be. Ed a cia$cun membro $ono a$$egnati i $uoi ornamenti; che quei delle $pal- le, dei fianchi, e del rimanente, non $i attribui$cono al capo, e così vicever$a. Che è $overchia diligenza il continuare i mede$imi ornamenti particolari, e i mede$imi compartimenti di membra, di vani, e di particelle, che $i trovano ne’$ianchi, nelle $palle, nella fronte, o nella faccia, la quale è la parte principale, e il capo della fabbrica. Il che è totalmente $uper$luo, $iccome $i vede nella fabbrica di S. Pietro di Roma; ba$tando pure a$$ai la continuazio- ne, e il concor$o delle colonne, dei pila$tri, dell’architrave, del fregio, e del- la cornice in$ieme col $econd’Ordine; e$$endo ba$tevole, $econdo il buon di$e- gno formare il portico di Michelagnolo Buonarruoti. E tanto più che $empre nelle fronti dei Templi è $tato co$tume di collocare il portico, o qua$i porti- co, come $appiamo da Vitruvio. Oltre a ciò $i erra nel decoro, non dando$i alle membra il debito adornamento, come, quando nella fronte non $i pone il fa$tigio e il $ronte$pizio, che è il principale ornamento del Capo, $iccome l<_>2 acconciatura delle donne, dagli Antichi detta _Caliendro_, come $i vede pre$$o Orazio nel Lib. I. dei Sermoni ---- _altum Saganæ caliendrum_ _Excidere_ ----

E Tutolo, come $i ritrae da Fe$to Pompeo = _Aponiæ a tulis_, onde perav- ventura $i è tratto il _Titolo_, che appre$$o noi è il fa$tigio, e il $ronte$pizio delle Chie$e, dove in luogo d’i$crizione dedicatoria, $i fanno dipignere le im- magini dei Santi Titolari dei luoghi. Ma che il fronte$pizio delle Chie$e $i di- ca Titolo, $i può provare per quello, che $i legge nel Terzo Libro delle Cro- niche Ca$$inen$i: =

_Ba$ibus $uppo$itis, columnas de$uper decem ex uno latere, & ex altero toti-_ _dem erexit cubitorum novem: fene$tras quoque in $uperioribus amplas, in na-_ _vi quidem viginti, & unam: in Titulo vero $ex longas, & rotundas qua-_ _tuor; ac duas in ab$ida media $tatuit. Porticus vero utriu$que parietes in al-_ _titudine cubitorum quindecim, $ubjungens fene$tris, binc decem, totidemque_ _inde, di$tinxit_. = E que$to errore $i $corge nella facciata di S. Pietro in Vati- cano: imperciocchè in vece di terminare nel fa$tigio, termina nella balau$tra- ta, e nelle $tatue, che vi $on po$te per ultimo finimento, ma non ba$tevole, oltre al non e$$er quello luogo loro conveniente, $iccome anche nell’ultima cor- nice del Campidoglio, benchè vi $ieno $tate po$te per mo$trar più alta la fab- brica; sì perchè in tal luogo non $i con$ervano; sì ancora, perchè $on troppo lontane alla vi$ta. Nè ba$ta aver $atto il fronte$pizio alla parte di mezzo della fronte, che viene in fuori; poichè il fa$tigio dei Templi dee avanzare tutto il rimanente della fabbrica; $iccome $i vede in tutte le fronti dei Templi antichi, degli anti- chi moderni, e dei moderni. Ed in vero (mi $i conceda pure il dirlo) pare co$a molto di$dicevole, che quella Chie$a, che è Capo di tutte le Chie$e del- [0066]DEGLI ERRORI DEGI ARCHITETTI la Cri$tianità, $ia $enza fa$tigio, e $enza Titolo, che per antico Rito, e per Legge Eccle$ia$tica, non $i trova alcun’altra Chie$a, che non l’abbia.

Si pecca nel decoro, quando $i u$ano per ornamento co$e non convenevoliai luoghi $agri, e ai luoghi profani: e quando $i adattano, $enza con$iderazione alcuna, e $uori d’ogni corri$pondenza, gli Ordini d’Architettura, cioè, dove conviene più la $odezza dell’Ordine To$cano, e del Dorico, e della maniera ru- $tica, applicando l’Jonico, il Corintio, o il Compo$ito, e vicever$a; e quel- lo, che conviene a un $e$$o, e a una condizione, attribuendo a un’altra. Fi- nalmente $i erra nella mede$ima gui$a, quando non $i danno alle membra le de- bite mi$ure, e proporzioni con$ormi alle $pezie di cia$cun’Ordine: quando non $i dà quella corri$pondenza degli ornamenti, quel collegamento uni$orme, che $i richiede: e quando le altezze $i fanno $proporzionate, e le lunghezze alle lar- ghezze, $e però non ne è cagione il $ito, e la lontananza dall’occhio: e final- mente, quando per una particolare comodità, che $i po$$a trarre dall’altra par- te, $i gua$ta, e $i confonde il componimento, e s’interrompe l’ordine degli or- namenti della fronte. E tutti que$ti $ono i più notabili errori, che occorrano nel trala$ciare il decoro della fabbrica.

CAPO VIII. _Degli errori, che dagli Architetti $i permettono, mentre i Mini$tri u$ano cat-_ _tivo amma$$amento, e mala $truttura di mattoni, e di pietre, facendo_ _mala compo$izione di muraglia._

GLi errori, che gli Architetti la$ciano commettere dai fabbricatori nell’am- ma$$amento, e nella $truttura delle muraglie, non $olamente $on cagione della difforme apparenza loro; ma ancora (e que$to è ciò, che più importa) di fare che non durino lungo tempo. E però gli Architetti $on tenuti a o$$er- vare, colla maggiore indu$tria loro po$$ibile, il modo tenuto dai Muratori nel $abbricare. Que$ti errori con$i$tono nel fare i muramenti non e$attamente livella- ti, e $quadrati, e negli ordini, e nei filari delle pietre, e dei mattoni non ben po$ti in piano, nè ben battuti, e con troppa calcina, e che $ia di mala quali- tà, e mal compo$ta: ovvero nel mal collegamento dei mattoni, e delle pietre, e dei $ilari in$ieme in cia$cun piano; non $olo nella corteccia, e nella fodera del muro dalla parte di fuori, ma ancora nel riempimento della parte di dentro, e nel congiungere il ripieno con e$$a: onde $i fa una muraglia male unita, e non $oda, e tale, che per $e $te$$a $i può $cro$tare, e facilmente a poco ridur$i in rovina: imperciocchè la molta calcina, e mal lavorata, e peggio impa$tata, ra$ciugando$i perde il nervo, e $i converte in terra: benchè la calcina me$co- lata colla puzzolana non $ia di que$ta natura, onde $i vede nelle muraglie anti- che di Roma in tal quantità, che agguaglia la gro$$ezza dei mattoni, non $ola- mente gli lega, ma gli $upera nella durezza. E il buon collegamento delle mu- ra non con$i$te nella quantità della calcina; poichè la mede$ima nell’unire le pietre, e i mattoni $a l’u$izio della colla nel congiungere i legnami, e della $al- datura, per attaccare in$ieme metalli; laonde ba$ta prenderne poca. O gli er- rori $on collocati nel non procurare, che le pietre, che $i pongono per ornamen- to, s’inca$trino bene dentro la gro$$ezza del muro: e que$to accade in Siena, dove per nece$$ità $i conducono pietre di piccola grandezza, per ri$parmio del- la $pe$a, perchè non $i po$$on condurre $e non per mezzo di carri, o a $chiena di mulo per la lontananza delle Cave, e per la difficoltà delle $trade; e perchè tali pietre $i mantengano negl’incro$tamenti delle muraglie, è nece$$ario legarle con grappe di ferro, onde vi durano, mentre e$$o $i mantiene; ma con- $umato dalla ruggine, le pietre rimangono $ciolte, e cadono, e una, che ne rovini, dà occa$ione alla caduta delle altre. Si veggono gli errori non guardan- do$i, che le parti delle muraglie, e $pezialmente $e gli angoli facciano mala le- gatura: o le mura nuove $i legano bene colle vecchie, acciocchè $ieno più $ta- bili: o nell’u$ar poca diligenza, non avvertendo, che l’opera non $i alzi più in [0067]PARTE SECONDA. una parte, che in un’altra, onde $i viene a pericolo mani$e$to di rovina. Ed avendo a far le fabbriche con volta, non $i facciano i $ianchi troppo deboli, e $pezialmente quando $i hanno a fare le volte piane, che per cagione del poco $e$to, e del molto pe$o, hanno forza di $pigner le muraglie in maniera, che non ba$tano le catene di ferro a tenerle imbrigliate, e $trette in loro $te$$e, af- finchè non precipitino, e ma$$ime $e non vi è chi le fiancheggi. Ma contro la violenza loro non $i può fare altra re$i$tenza, che colla gro$$ezza della mura- glia; mentre è grandi$$imo errore il $idar$i nelle catene, che $pe$$e volte $i $on vedute rotte. Ovvero o$$ervando il co$tume degli Antichi, i quali avendo a far le volte piane, non cominciavano il $e$to, nè facevano l’impo$ta loro nella $u- per$icie delle mura dei $ianchi, e poco addentro; ma formando un intiero $e- $to di mezzo cerchio, per altezza, e per ritto co$tituivano l’impo$ta della vol- ta nel centro della gro$$ezza delle muraglie: di modo che il piombo di e$$e in ambedue i fianchi determinava il $e$to, e l’impo$ta della parte piana della volta, $iccome $i vede in Roma nelle Terme di Diocleziano, in quel luogo, dove era la Pinacoteca, ove per trattenimento di chi vi andava, erano po$te varie pitture, e $culture, a imitazione del qual luogo oggi $ono $tate inventa- te dai Principi le Gallerie. La forma di dette volte $i mo$tra quì appre$$o.

La forma del intiero sesto per formar la volta piana, secondo il costume degli antichi [0068]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI

Tale era ancora la volta della Cella Soliare, che dagli Architetti $i $timava non poter$i imitare, e$$endo di gran $e$to, e piana, $embrando male atta a reg- gere il pe$o dell’acqua, che vi $i faceva andare ai bi$ogni; onde $u nece$$ario farle $otto un’armadura, che la regge$$e, fatta di rame, in forma di cammel- li, come $i legge pre$$o Elia Sparziano nella Vita d’Antonio Caracalla. =

Opera Romæ reliquit, Thermas nomini $uo eximias, quarum Cellam Solearem (alcuni leggono Soliarem) Architecti negant, po$$e ulla imitatione, qua facta e$t, fieri: nam & ex ære, vel cupro Cameli $uppo$iti e$$e dicuntur, quibus ca- meratio tota concredita e$t; & tantum e$t $patii, ut id ip$um fieri negent po- tui$$e docti Mechanici. =

Que$ta cella era detta _Soliare_ da’Solii, $iccome il triclinio era detto da’tre letti di$cubitorj; imperciocchè in e$$a erano collocati i $olii, cioè, una maniera di $edie fatte di pietra, le quali avevano il piano, dove $i $edeva, a modo di mezza luna, e così fatto, acciocchè le per$one $i pote$$ero bagnar le parti da ba$- $o $tando a $edere, come $i può vedere pre$$o Girolamo Mercuriale nel primo Li- bro dell’Arte Ginna$tica nella pag. X. in una figura datagli da Pietro Ligori: della quale fa menzione France$co Alberti Fiorentino nel Libro dell’Antichità di Roma dedicato a Papa Giulio II., favellando delle Terme in que$ta gui$a. = _Thermæ Antonianæ, quas Ba$tianus Antonius Caracalla incboavit, & Alexan-_ _der perfecit, adhuc vi$untur $emidirutæ apud Eccle$iam S. Xi$ti, quarum Cel-_ _lam Solearem Architecti negant, po$$e ulla imitatione, qua facta e$t, fieri;_ _nam ex ære, vel cupro (ut ait Spartianus) cameli $uppo$iti e$$e dicuntur,_ _quibus cameratio tota concredita e$t; & tantum e$t $patii, ut id ip$um fieri_ _negent potui$$e docti mechanici, ut adhuc vi$untur ingentes ruinæ cum altis_ _parietibus, & $emi$epultis columnis._

Figura della Cella Soliare

Ma nel fabbricar le volte $i erra talora u$ando la materia troppo grave, la quale di $overchio affatica i fianchi, talchè appena po$$on re$i$tere allo $pingi- mento, ed al gravitar loro; e però gli Antichi le fecero di pietre leggiere di po- mici, di cannoni, di va$i di terra cotta, come, vettine, coppi, ovvero orci, e $imili, di tufo leggiero: (e quando fo$$e po$$ibile, $i potrebbero fabbricare di mattoni di Mar$ilia, Città della Francia, e di Pitane Città dell’A$ia, i quali $i formavano di creta pomicio$a, e tanto leggiera, che $tava a galla $opra l’acqua, [0069]PARTE SECONDA. dice Vitruvio nel Lib. 2. cap. 4., e Plinio nel Lib. 35. cap. 13. Nè $arebbe impo$- $ibile l’aver copia di tali mattoni, quando pur vi $i $ace$$ero; e non vi $i facen- do, condurre in que$te parti la creta per fargli: non è poi impo$$ibile il condur- re da luoghi lontani$$imi le colonne, e altri pezzi di marmi di grandezza mag- giore). O gli appoggiavano ai fianchi con contrafforti, barbacani, e pila$tri, riempiendo ancora di qua, e di là i peducci di buona muraglia. Si erra altresì, quando non $i fanno ben $errate, nè con buona calcina: e però quando nol proi- bi$ca il pericolo d’umidità, è meglio murarle con ge$$o; poichè in tal modo $i fanno $aldi$$ime per cagione della gagliarda, e $ubita pre$a. E’anche grande er- rore il di$armarle troppo pre$to. Finalmente, o per ri$parmiar la $pe$a, o per altra cagione, non è error mediocre il far le volte troppo $ottili, sì perchè non $on molto atte a re$i$tere al pe$o, sì ancora perchè facilmente $i po$$on rompere, mo$$i due, o tre mattoni. E penetrandovi per qualche accidente l’ acqua, agevolmente $i marci$cono, e $i $collegano, e non po$$on re$i$tere a qualche pe$o violento di co$a, che $opra vi cada. E di que$ta maniera $on tutte le volte finte, benchè $ien guardate da palchi, che $i fidano ne’legnami, che $on $allaci, e $ottopo$tia diver$i accidenti. Ma in $omma più bia$imevole errore $i è il far le volte di cannicci, le quali $on $ottopo$te all’of$e$a del fuoco, e del- l’acqua, nè $e ne può con$ervare il $e$to loro in cia$cuna parte; poichè $i piegano, $i $pezzano, e calano diver$amente, e$$endo di materia arrendevole, e tirate in giù dal pe$o dell’intonacatura di calcina, e di ge$$o, e$o$tentando$i $olamente dai chiodi. Per lo che mi maraviglio molto, che in Napoli, in quel- la così nobil fabbrica dello Studio, le volte delle $cuole $ieno $tate fatte di can- nicci, co$a veramente di$dicevole alla dignità di quella fabbrica.

CAPO IX. _Degli errori nella $uperfluità, e nel difetto._

LA natura, che è la Mae$tra dell’Arte, nelle opere $ue non è mai di$etto- $a, nè $uper$lua. Così l’Arte imitatrice $ua non dee troppo abbondare, nè troppo e$$er manchevole. Nella $te$$a gui$a l’Architettura, la quale imita la Natura, nelle fabbriche non dee trapa$$are la nece$$ità, nè la$ciare di far tutto quello, che è nece$$ario. E però nel $abbricare alcuna volta accadono gli errori nel difetto delle co$e nece$$arie, e nella $uper$luità di quelle, che non $i richiedono. E gli errori nel mancamento $ono di più maniere; poichè o $ono nel difetto della gro$$ezza debita delle muraglie, o dello $pazio proporzionato de’ luoghi, $econdo la lunghezza, e $econdo l’altezza: o nel mancamento di quel- le parti, che rinforzano, e a$$icurano, i fondamenti: o nel di$etto de’lumi, i qualimancando, $on cagione, cheiluoghi delle fabbriche $i po$$ono male u$are, st per la malinconìa, che apportano, sì ancora perchè l’aria non vi $i muta, nè vi tra$pira: ovvero nel di$etto d’alcune membra nece$$arie, come d’architravi, d’ archi, di fregj, di cornici, di corone, cioè, di gocciolatoj, e di quelle, le quali avrebbero a e$$ere il $o$tegno della $abbrica, e di quelle altre, che deb- bono e$$ere il compimento, e il termine; e altre, per le quali l’acqua piova- na tutta $e ne $coli al ba$$o, acciocchè l’edi$izio non $ia o$$e$o dall’umido $o- verchio: o con$i$tono nel difetto delle ba$i. Benchè alcune volte volontaria- mente, e $enza errore non $ieno $tate u$ate le ba$i delle colonne, per u$cir del- lo $tile ordinario, e per mo$trare, che la fabbrica na$ca $opra il terreno, co- me fanno gli Alberi. Il che fece $aviamente quell’Architetto, il quale nel di$egno del Teatro di Marcello, che oggi è detto Monte Savello; e quell’altro, che nella fronte, e nel portico, che gira intorno al Tempio della Pietà, che anti- camente fu il carcere pubblico, il quale aggiun$e al Tempio nella fronte il portico con $ei colonne, da Vitruvio detto _E$a$tico_; e perchè girava intorno alla Cella, congiungendo$i col portico de’fianchi, portico, che $i direbbe, $e- condo Vitruvio, _ampbipro$tilos_, ovvero _anfipro$tilo e$a$tico_, $i veggono le co- lonne $enza ba$i, e $i mo$trano come $orgenti dalla terra, $iccome $ono le co- [0070]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI lonne del detto Teatro. Per la qual co$a i Templi$ono $tati talvolta detti na- $centi, $iccome per avventura $i legge pre$$o Marziale nel VI. Lib. degli Epi- grammi, e $pezialmente in quello, che dice =

Cen$or maxime, principumque princeps, Cui tot jam tibi debeat triumphos, Tot na$centia Templa, tot renata, Tot $pectacula, tot Deos, tot Urbes. Plus debet tibi Roma, (quod pudica e$t.)

Ma que$to co$tume di non porre le ba$i alle colonne, $iccome $i vede, è $tato $olamente u$ato nell’Ordine Dorico, a cui par conveniente, a motivo della $odez- za, e della purità $ua; onde crederei, che fo$$e errore l’adattarle ad altro Ordi- ne. O $on collocati nel difetto de’po$amenti convenevoli, e proporzionati al pe- $o, che hanno a reggere, cioè, quando $ono $car$i di gro$$ezza ne’fondamenti, e per poco avvedimento di chi a$$i$te alla muraglia, o di chi opera per ava- rizia di chi $pende, o per l’abbreviamento del fabbricare. Così ancora, quan- do le parti vicine ai fondamenti $on troppo $ottili, onde non $on proporzio- nate al pe$o delle muraglie: e allora $i fa maggior errore, quando $opr’e$$e $i leva troppo in alto la fabbrica; che bene $pe$$o minacciano rovina, ond’è nece$- $ario, o rifonder le muraglie, o appoggiarvi barbacani, e $peroni, dove non ba$tano le catene. O finalmente appari$cono manife$tamente gli errori, quando $i fanno le fabbriche $enza fondamenti, $iccome $i vede una Torre in Siena nel terzo di Camolia $otto le Cappuccine, detta Torre del Pulcino, della quale fa menzione Leon Batti$ta Alberti. Pel contrario gli errori, che $on po$ti nella $u- perfluità, o appartengono all’aggiungimento del numero delle membra non ne- ce$$arie, e agli adornamenti po$ticci, od al moltiplicare i luoghi, e i vani, quando non bi$ogna, e più di quello, che $i richiede; o finalmente apparten- gono alle gro$$ezze de’muri, abbondando oltre il bi$ogno. Ma ne’muramenti, $eppur $i concede l’errore, meglio $arà permettere, che $i erri nell’eccedere del- le gro$$ezze, che nel di$etto: che quando le gro$$ezze $ieno $overchie, è facil co$a lo $cemarle, quando $ia bi$ogno; e nella maggior gro$$ezza $i fa miglior ba$e, e più $tabile fondamento: ma quando $on troppo manchevoli, è difficil co$a l’ingro$$arle, e $eppure s’ingro$$ano, mal $i collegano. L’ecce$$o delle mem- bra allora $uccede, quando $i fanno alcune membra per ornamento, le quali non $ono di frutto alcuno, poichè $enz’e$$e po$$ono ornatamente, e comodamente $ta- re, come ne’compartimenti delle abitazioni $i fanno alcuni luoghi d’avanzo, o $i multiplicano le $cale, quando ba$ta una $ola, e quando al più $e ne fanno due: ed in $omma, quando al numero determinato, e conveniente s’aggiungono altre membra, che non hanno fine alcuno. Come, quando per ornamento d’ alcuno Altare, o delle parti, o d’alcuna fine$tra, $i face$$ero ri$altare i piede$tal- li, le colonne, e le cornici, e $opra la giunta dalle bande $i colloca$$e il fronte$pi- zio po$ato $opra men$ole, onde il detto ri$altamento non $ervi$$e a reggere alcu- na co$a, come dimo$trano gli appre$$o e$empj.

[0071]PARTE SECONDA Csempio di Altare ò finestra, con frontispizio posto sopra Mensole, e collonna con piedestallo, e cornice che non regge alcuna cosa. Spaccato della sudetta figura [0072]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI CAPOX. _Degli errori della mutazione dell<_>3 Ordine delle parti, dell’ u$o, e della mala_ _corri$pondenza loro._

LA mutazione dell’ ordine delle parti, e delle membra loro è uno errore di molta importanza; poichè dove non $i o$$erva ordine, quivi è confu$ione, e dove è confu$ione, ivi è deformità, ed ove que$ta $i vede, non regna per- fezione alcuna. E però cia$cuno Architetto nei di$egni, nei modelli, negl’ inta- gli delle pietre, dee con ogni accorgimento procurare, che non $i muti l’ ordine delle membra, delle parti delle fabbriche, e degli ornamenti loro, per non e$- $er occa$ione, che le forme loro rie$cano confu$e, e deformi; poichè ciò non facendo, permetterebbe, che non procede$$ero da buona ragione d’ Architettura, nè più degno ei $arebbe del nome d’Architetto.

Ma affinchè $i manife$ti la condizione di que$ti errori, che a gui$a d’Idra, $ono un mo$tro di più capi, primieramente diremo, il primo dei $uoi Capi e$$er quello, che con$i$te nel collocamento de’corpi, cioè, quando i minori $i $ottopongono ai maggiori, e i rotondi ai quadrati. Imperciocchè il collocare i corpi minori $otto ai maggiori, non $olo è contro all’Arte, ma eziandio con- tro la Natura, come $i vede negli alberi, dove la parte del tronco vicina alle radici è $empre più gro$$a, e quella, che $egue appre$$o, va minorando fino alla cima, vale a dire, è più $ottile, poichè quanto più s’inalza, tanto più s’a$$ot- tiglia. E a imitazione di que$to (imperciocchè anche le fabbriche $on dette na$centi) per regola d’Architettura $empre le parti, che più s’acco$tano alla $uperficie del terreno, e al fondamento, tanto più debbono e$$ere di maggior gro$$ezza; ma però $econdo la regola della proporzione; e quelle, che più $i di- $co$tano, e a$cendono, avvicinando$i alla cima, più $i debbono diminuire, sì per cagione di non accre$cere il pe$o, e di non po$are i corpi $uperiori in fal$o, sì ancora per cagione della grazia dell’opera. Si avverta però la diminuzione, che si fa $oltanto nelle gro$$ezze; poichè nelle altezze, piutto$to $i accre$ce proporzio- nevolmente la mi$ura, per cagione della lontananza, come altrove $i è accennato.

Per la $te$$a ragione il $econdo capo appari$ce, quando i corpi rotondi $i pon- gono $otto ai quadrati, come nei primi ordini di qualche ornamento, po- nendo$i le colonne tonde, e nei $econdi le quadrate. Ma $i potrebbe for$e dire, ciò non e$$ere errore; poichè i corpi tondi non avendo angolo alcu- no, $ono più forti, e più atti a re$i$tere al pe$o, come $i ritrae da Vitruvio, il quale in ciò preferi$ce le torri tonde delle mura delle Città alle poligone, cioè, di molti angoli. Ciò è vero in quanto alle torri; ma non $i può adat- tare ai corpi, che ordinatamente $i pongono l’un $opra l’altro, perchè non con- vengono nella mede$ima ragione; concio$$iachè le torri $ieno e$po$te a far te$ta alle offe$e, che vengono loro incontro; dove que$ti corpi $i fanno re$i$tenza fra loro, cioè, quelli, che $ono $otto, re$i$tono alla gravitazione di quelli, che $tan- no lor $opra. Anzi per diver$o fine $i antepongono le torri tonde alle angolari, dal fine dei corpi tondi po$ti $otto ai quadrati: que$ti debbon fare buon fonda- mento ai corpi, che vi $i po$ano $opra; e quelli dovevano far valida re$i$ten za all’ urto degli arieti, e ora alle perco$$e delle Artiglierie, benchè $i ricu$ino dalla moderna ragione di fortificazione, diver$a dall’antica, a motivo della mi- lizia diver$a, e della nuova maniera delle armi offen$ive. E però all’ obiezione $i ri$ponde, che i corpi rotondi, gli angolari, e i quadrati, $i po$$ono con$iderare in due modi, cioè, o in quanto i quadrati $i traggono dai rotondi, come il con- tenuto dal continente, e l’effetto dalla cagione, $iccome $i ritrae dalla propo$izio- ne XV. del 13. e dalla XXI. del 14. Libro d’Euclide: o in quanto i tondi $i ca- vano dai quadrati, per mezzo del taglio $cambievole delle linee diagonali, come dal continente loro.

Nel primo modo i corpi tondi $i dovrebbero porre $otto ai quadrati, $econdo la precedenza dell’ origine, che nella ragione del fabbricare non $i $tima: poichè $e [0073]PARTE SECONDA. ciò $i u$a$$e, si farebbero anche i piedi$talli delle colonne rotondi. E benchè la più parte delle membra delle ba$i $i formi rotonda, accompagnando la tondezza delle colonne, come $ono il cordone piccolo, e il grande, e il cavet- to, e gli anelli, e regoletti, o li$telli; nondimeno tutti in$ieme si po$ano nel- lo Zoccolo, che è quadrato, i cui angoli per maggior $aldezza avanzano la cir- conferenza. Nel $econdo modo i corpi quadrati $i $ottopongono ai rotondi, e dalla gro$$ezza loro $i traggono le gro$$ezze delle colonne, che nella pianta dei piedi$talli, che è quadrata, $i contengono le ba$i, e le colonne; che oltre alla forma circolare, vi $i aggiungono gli angoli, che arrecano $aldezza maggiore, la quale na$ce dal corpo cubico, che di $ua natura $ta $empre in piedi, e immo- bile: che per tal ragione il cubo è $tato dai Filo$ofi antichi adattato alla Ter- ra. E $econdo que$ta ragione le colonne del primo Ordine $i dovrebbero far quadre, e tonde quelle del $econd’ Ordine; ovvero, per non variar dall’u$o, tanto quelle del primo, quanto quelle del $econdo si debbon far tonde. Ben- chè nell’ Anfiteatro fabbricato da Ve$pa$iano, $ebbene Marziale per adulazione ne attribui$ca l’onore a Domiziano ($iccome dice Bernardo Gamucci nel $uo Libro delle Antichità di Roma) mentre nel principio del primo Libro degli Epigrammi, e $pezialmente ne’due primi dice in que$ta maniera =

I. IN AMPHITEATRUM CÆSARIS.

Barbara pyramidum $ileat miracula Memphis, A$$iduus jactet nec Babylona labor.

Nec Triviæ Templo molles laudentur honores, Di$$imuletque Deum cornibus ara frequens.

Aere nec vacuo pendentia Mau$olea Laudibus immodicis Cares in a$tra ferant.

Omnis Cæ$areo cedat labor Amphiteatro: Unum pro cunctis Fama loquatur opus.

II. AD CÆSAREM.

Hic, ubi $ydereus propius videt a$tra colo$$us, Et cre$cunt media pægmata cel$a via, Invidio$a feri radiabant atria Regis, Unaque jam tota $tabat in Urbe domus.

Hic, ubi con$picui venerabilis ampbitbeatri Erigitur moles, $tagna Neronis erant.

Hic, ubi miramur velocia munera tbermas, Ab$tulerat mi$eris tecta $uperbus ager.

Claudia diffu$as ubi porticus explicat umbras, Ultima pars aulæ deficientis erat.

Reddita Roma $ibi e$t, & $unt te præ$ide, Cæ$ar, Delitiæ populi, quæ fuerant domini.

Nell’ordine più alto $i veggiono le colonne quadre, che $econdo l’ opinione co- mune $ono d’ Ordine Compo$ito, e$$endo tutte le altre tonde, e rilevate in fuo- ri per la metà della gro$$ezza loro, o per due terzi, o per un terzo. Le quali colonne piutto$to $ono Attiche, od _Atticurghe,_ che Compo$ite; imperciocchè da Plinio $on dette _Atticurghe,_ $iccome $i vede nella $ua naturale I$toria nel Lib. 36. Cap. 23., dove $i afferma, e$$er collocate nella cima dell’Anfiteatro di Ve$pa$iano. =

Atticurges e$$e cen$entur, quæ $unt in $ummo Titi Ve$pa$iani Ampbiteatro, [0074]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI quod vulgo Colo$$eum appellant, quamvis non $int parium laterum, & quota tantum parte extantes.

Ma le colonne $uddette per due ragioni $ono $tate fatte quadre; per la pri- ma, poichè $ono Atticurghe, e non Compo$ite, le quali, benchè nell’ aggetto, o rilievo loro non $ieno perfettamente quadre, come $i richiede a tale opera; nondimeno $ono una quarta parte, o una terza, poichè così bi$ognava farle, affinchè po$a$$ero $ul vivo.

Per la $econda, poichè tali colonne $on cavate dalla gro$$ezza delle colonne inferiori, le quali $on tonde; e perciocchè rappre$entano le contra-colonne, che $i pongono dopo le colonne tonde, pre$upponendo, che quelle, che $ono a ba$- $o, $ieno $ciolte, e dopo loro $ien collocate le colonne quadre, alle quali cor- ri$pondono le colonne quadre dell’ultimo Ordine. Il terzo capo $arà il formare gli ornamenti delle fabbriche, mutando talora i luoghi, e gli Ordini dell’Ar- chitettura, collocando prima l’Ordine Compo$ito, di poi l’Jonico; o prima il Corintio, e di poi il Dorico, il che è un errore, che toglie la bellezza, e l’ar- monia degli edifizj: imperciocchè gli Ordini fra loro $i corri$pondono con una certa proporzione armonica $e$quialtera, come $i vede e$pre$$amente nelle colon- ne; concioffiachè la colonna To$cana contenga $ei gro$$ezze, la Dorica $ette, la Jonica otto, la Corintia nove, la Compo$ita dieci: e nei piedi$talli $i trova la proporzione dupla, la $esquialtera, e la biparziente due terzi. Che nel piedi- $tallo To$cano è la proporzione d’un quadrato; nel Dorico la $e$quialtera prefa dall’ aumento del quadrato tratto dal movimento del diametro; nell’Jonico è la proporzione dupla, poichè vi è il quadrato, che è il doppio della giunta, che è la metà di e$$o; e ri$petto al To$cano vi è la proporzione $e$quialtera, che è un quadrato, e la metà più: nel Corintio è la biparziente i due terzi; poichè, oltre al quadrato, vi $ono i due terzi del quadrato: nel Compo$ito finalmente $i trova la proporzione dupla, poichè contiene due quadrati. Il quarto capo $i vede, quando $i pongono le membra fuori del luogo loro, di$tribuendo con- fu$amente i loro ufizj. Errore veramente notabile, il quale dà chiari$$imo in- dizio di mancamento d’intelligenza, e di giudizio, come, quando $i pone l’ar- chitrave in vece del fregio, e il fregio in luogo dell’architrave, ed altro mem- bro in luogo d’ambedue. Ma $i riguardi, che non è errore, quando $i pone la cornice $opra l’architrave, purchè ne $ia cagione il $ito; e allora $i potrà for$e dire, che l’architrave faccia u$izio d’Architrave, e di fregio. Il quinto capo è un licenzio$o, e barbaro errore, come negli ornamenti delle porte il collocare pure quadrature di pietre $opra le colonne, in luogo d’architrave, e di fregio: e adattare le gocciole u$ate nell’ Ordine Dorico, $ott’ e$$e, e $opra il capitello delle colonne, in vece di collocarle $otto il regolo dell’ architrave, e $otto i tri- glifi, e far l’arco di tutto $e$to, ma finto, nel luogo del fregio, e dell’ Archi- trave, e coll’impo$ta nel vivo, e nel piombo delle colonne, in vece di farla $opra il $odo dell’Ante, e degli Stipiti della porta, la quale col fuo vano è ter- minata da un arco, che non è, nè tondo, nè ovato, nè piano; ed oltre al fare un fronte$pizio rotto, o un fronte$pizio $opra l’altro, che è un peccato di $pro- porzionata $uperfluità, terminando con un gocciolatojo po$to $opra la cima$a della cornice, oitre al non e$$er formato a perpendicolo, $econdo una certa, benchè fal$a, opinione, che $ia così $tato u$ato dagli Antichi, la quale proce- de dal non intendere la pro$pettiva. Il detto gocciolatojo è $uperfluo, e$$endo- vi il gocciolatojo della cornice, il quale è a ba$tanza. E tutti que$ti errori, per non parlare degli altri, che $on degni di con$iderazione, da cia$cuno $i po- tranno vedere, che $ia intendente, giudizio$o, e non troppo affezionato alla co- mune opinione, e che o$$ervi in Roma gli ornamenti della Porta Pia fatta fare da Pio IV. Il $efto capo, ed è for$e il peggiore, $i è il porre i vani $otto il pe$o dei corpi gravi, far ri$altare in fuori le membra $opra le linee a piombo, in ve- ce di collocarvi $otto modiglioni, o men$ole, o cornici, o colonne, o pila$tri, o altro, che po$$a $o$tentare il pe$o. Il che non conviene all’opere di pietra, ma piutto$to a quelle di legname, o di $tucco. Il $ettimo, e ultimo capo è il rom- pere le cornici, i capitelli, e l’altre membra, $enza me$colare l’Ordine con l’ope- [0075]PARTE SECONDA. ra ru$tica, ponendo nelle rotture varietà di forme di corpi, $econdo il capriccio di coloro, che pen$ano arricchire gli ornamenti con tali varietà non convene- voli alla $odezza, e alla dignità dell’opere, ciò facendo indifferentemente, e in ogni luogo. E que$ti non $anno, che $olamente gli ornamenti di qualunque or- dine $i $ogliono rompere con l’ opera ru$tica, la qual $ola è quella, che ha tal pri- vilegio. E que$to $i fa $olamente nelle facciate dei palazzi, nelle porte delle ca$e, de’giardini, delle Fortezze, e delle Città, e non nelle fronti, e nelle porte delle Chie$e, e d’altri luoghi $agri, nè negli ornamenti degli Altari, e delle Cappelle, Que$ti tali rompimenti $i pongono in luogo della continuazione convenevole, e nece$$aria ai corpi degli ornamenti delle fabbriche, i quali, oltre al di$unir l’opera, di$turbano, e interrompono la corri$pondenza, e l’uniformità delle for- me degli ornamenti; e rimuovono le opere dalla buona ragione d’Architettura. riducendole alla maniera barbara. Co$tume bia$imevoli$$imo, e danno$o, intro- dotto dai Muratori, dagli Stuccatori, dai Mae$tri di legname, e dai Pittori, la mente dei quali non è di con$ervare la buona Architettura antica, ma di $e- guitare i pen$ieri loro, non fondati in altro, che nella bizzarria dei loro capriccj. E que$to ba$ti per fine di que$to Capitolo, e per $igillo di que$ta $econda Parte.

PARTE TERZA. CAPO I. _Degli errori, che $i $cuoprono, poichè è $tato fabbricato._

SIccome il fine della Scienza della Medicina è il ricovramento della $anità dei corpi infermi, e il con$ervamento della $anità riacqui$tata; così il fine dell’ Architettura $ono le fabbriche, le quali $i fanno a benefizio umano, e il con$ervamento di e$$e, acciocchè fatte perpetue po$$ano $empre u$ar$i dagli uo- mini, o per la pietà, o per la dife$a delle vite loro. E però al buono Archi- tetto non ba$ta l’aver fatto a perfezione i di$egni, e i modelli delle fabbriche di qual$ivoglia ragione, ed aver procurato con grandi$$ima diligenza, che $ieno condotte al fine loro, $enza errori, ma è nece$$ario, fatta qualunque opera, porre grandi$$ima cura nel con$ervamento di e$$a, tenendo lontani tutti quelli accidenti, e tutti quelli errori, che po$$on e$$er cagione di gua$tamento, e di rovina. Che, $iccome l’Architetto eterno del maggiore, e del minor Mondo, to$to che formò l’uno, e l’altro, e to$to che produ$$e qual$ivoglia co$a, non l’abbandonò, ma $em- pre le fu a$$i$tente, la dife$e, e la con$ervò, $iccome ancora continuamente co$tuma di fare: così l’Architetto temporale non dee, to$to che è finito qualunque edi- fizio, abbandonarlo, ma bi$ogna, che gli $tia intorno con diligente cura, per con$ervarlo, Ciò molto bene intendendo gli Antichi Romani, che furono $em- pre la norma del viver politico a tutte le Nazioni del Mondo, avevano, come già $i è detto, i Redentori, l’ufizio dei quali era d’approvare tutte le opere dei fabbricatori, $iccome $i comprende dalle I$crizioni Antiche, e $pezialmente dal- le appre$$o e$po$te, tratte dalle memorie Antiche del $oprallodato Cittadini.

A Fondi $opra la porta ver$o Settentrione.

L. NVMISTRONIVS. L. F. DECIAN.

C. LVCIVS. M. F.

M. FVNTIVS. L. F. MESS.

AEDILES. PORTAS. TVRREIS.

MVRVM. EX. S. C.

FACIVND. CVRARVNT.

IDEMQ. PROBARVNT.

[0076]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. E que$t’altra è nel ponte detto ora di _guara capra._

L. FABRICIVS. C. F. CVR.

VIAR. FACIVNDVM. CVRAVIT.

IDEMQ. PROBAVIT.

L’altro era l’ufizio dei Curatori, come quello, che teneva cura delle ripe, e del letto del Tevere, che erano murate. Que$ti Curatori o$$ervavano conti- nuamente, $e nelle ripe vi era bi$ogno alcuno di ri$toramento, e avevano cu- ra, che il fiume $te$$e netto, per cagione delle inondazioni, come $i vede nel- le I$crizioni antiche, e particolarmente in que$te.

Pre$$o Porta Sant’Agne$e.

EX. AVTORITATE. IMP.

CAES. VESPASIANI. AVG.

P. M. TIB. POT.

    IIII
      . IMP.
        X
          . P. P.

          COS.

            IIII
              .
                V
                  . CENSOR. CAIVS.

                  CALPETANVS. RANTIVS. QVIRINALIS.

                  VALERIVS. CESTIVS.

                  CVRATOR. RIPARVM. ET.

                  ALVEI. TIBERIS. TERMIN.

                  R. R. PROX. CIPP. P. CLXXIIII.

                  A Ripa pre$$o l’Ar$enale attacco di Roma.

                  D.D. N.N PROVIDENTISSIMI. IMPP.

                  DIOCLETIANVS. ET. MAXIMIANVS.

                  INVICTI. AVGVSTI. RIPAM. PER. SERIEM.

                  TEMPORVM. CONLAPSAM. AD. PRISTINVM.

                  STATVM. RESTITVERVNT. PER. PEES. C. X.

                  CVRANTE. MANLIO. ACILIO. BALBO.

                  SABINO. V.C. CVRAT. ALVEI. TIBERIS.

                  RIPARVM. ET. CLOACARVM. SACRAE. VRBIS.

                  Fra la Longara, e il Tevere.

                  C. MARCIVS L. F. CENSORINVS.

                  C. ASINIVS. C. F. GALLVS. COS.

                  EX. S. C. TERMIN. R. R. PROX. CIPP. P. XX.

                  CVRATORES. RIPARVM. QVI PRIMI. TERMINA- VER. EX. S. C. RESTITVERVNT.

                  Sulla Riva del Tevere accanto alla Chie$a di Sant’Jacopo della Longara.

                  EX. AVCTORITATE.

                  IMP. CAESARIS. DIVI.

                  NERVAE. FIL. NERVAE.

                  TRAIANI. AVG. GERMANICI. PONT.

                  MAX. TRIB. POTEST.

                    V
                      . COS.
                        IIII
                          . P. P.

                          TITVS. IVLIVS. FEROX. CVRATOR. ALVEI.

                          ET. RIPARVM. TIBERIS. ET. CLOACAR.

                          VRBIS. TERMINAVIT. RIPAM.

                          R. R. AD. PROX. CIPP. P. LIII.

                          [0077]PARTE TERZA.

                          Que$to provvedimento fu $empre appre$$o gli Antichi di molta utilità, poichè per mezzo di e$$o $i facevano le fabbriche di grandi$$ima per$ezione, $iccome $i co- no$ce nelle reliquie degli edificj antichi, che $i $ono con$ervate fino al tempo no- $tro, e trapa$$eranno for$e anche più oltre. Il qual ordine, per mio avvi$o, dovrebbe e$$ere imitato dai moderni, e $pecialmente dai Principi, i quali po- trebbero tenere gli Architetti non $olo mentre dura la fabbrica, e avanti che $i fabbrichi, ma ancora dopo che la fabbrica è finita, non facendo, come $i $uol fare, cioè, $ervendo$ene mentre $i mura, o avanti che $i dia principio a mu- rare, e finito il muramento, licenziar l’Architetto. Imperciocchè è co$a non $olamente utile, ma anche nece$$aria, che gli Architetti a$$i$tano con grandi$- $ima diligenza intorno ai Templi, ai Palazzi, alle Fortezze, alle Città, per cagione dei varj errori, e accidenti, che po$$ono accadere, ed o$$ervino conti- nuamente i bi$ogni dei ri$toramenti, o dei ripari, affinchè con poca $pe$a $i tolga ogni pericolo di rovina, e che non s’abbia con grandi$$imo danno, e con trava- glio a ridur$i alla molta $pe$a, $iccome $i ricerca a chiunque è $olito di gover- nar$i nelle co$e $ue con buono accorgimento, e con molta prudenza. Nè ciò $i dee riputar co$a vana; imperciocchè non $ono di minore importanza gli errori, che accadono finite le fabbriche, di quelli che $i commettono avanti al fabbri- care, e mentre $i fabbrica: poichè, $e quelli ri$guardano alla perfezione dell’ opera, que$ti hanno riguardo al mantenimento, alla perpetui tà, e all’ u$o di e$- $a; poichè quando per qualche difetto le Fabbriche non $i po$$ono u$are, elle $ono del tutto vane, e$$endo prive del fine loro. Ma quando per qualche erro- re elle non $ono durevoli, $i perde l’u$o, e la $pe$a. Onde altri è forzato a tor- nare a $pendere di nuovo, o per ri$torare, o per fortificare le muraglie, o per riedificare dai fondamenti. Il che è grandi$$imo danno, e travaglio d’animo in- $opportabile. Acciocchè adunque gli Architetti, e i padroni delle fabbriche $i po$$ano guardare da tali errori, in que$ta Terza, e ultima Parte c’ingegneremo di dar loro a cono$cere i mede$imi con quella brevità, e con quella chiarezza, che ci $arà po$$ibile.

                          CAPO II. _Degli Errori, che avvengono nei coprimenti._

                          IL fine di tutti gli edificj $ono i coprimenti, e però gli errori, che $i fanno in e$$i, $ono errori nel fine, che non $ono di minore importanza di quelli comme$$i nel principio: concio$$iachè $ono nell’ ultima perfezione di qual$ivoglia muraglia; poichè non $i può mai giudicare perfetta l’opera, benchè condotta alla debita altezza, e$$endo adornata in fronte, ne’fianchi, e nelle $palle, di tutti quelli abbellimenti, che $e le richieggono, non avendo il convenevole cuo- primento: nè que$to può $igillare, e concludere tutta la perfezione della fabbri- ca, quando ella ha qualche difetto, il quale non $olo cagioni deformità nell’ opera, ma le $ia di grandi$$imo danno; poichè il buon coprimento è cagione, che ogni edificio $i con$ervi perpetuamente, dove per lo contrario il cattivo è cagione di certi$$ima rovina: imperciocchè le male coperture non difendono be- ne le muraglie la$ciandole in parte $coperte, onde $i putrefanno le materie, $i pelano le mura, s’aprono le facciate, e tutta la muraglia a poco a poco rovina. Ma le buone coperture fortificano i fondamenti, e mantengono le mura in piedi. E que$te $on quelle, che non hanno difetto alcuno, e le ree $on quelle, che $on piene di molti difetti, nati dagli errori degli Artefici, e degli Architetti, dei quali intendiamo ragionare in que$to Capitolo. Ma prima di darvi principio, bi$ogna e$aminar le $pecie dei cuoprimenti, e quindi le materie di e$$i, e dimo- $trare in ciò, che con$i$tano gli errori, che appartengono a loro. Adunque pri- ma di tutto diciamo, che dei cuoprimenti alcuni $ono al coperto, altri allo $co- perto. Quei, che $ono allo $coperto, $on quelli, $opra i quali, per lo più, non $i può camminare, e $ono e$po$te alle pioggie, alle nevi, alle grandini, ai diac- ciati, e all’ardore del Sole. Quando que$ti cuoprimenti $i fanno $olamente per [0078]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI difendere la fabbrica dalla pioggia, e dalle altre ingiurie e$terne, che gli po$$o- no cader $opra, po$$ono ricevere qualche difetto, quando $i erra circa le materie, le quali, o $ono legnami, o tegole, o docce, ovvero, come $i dice a Roma, coppi, dai Latini detti embrici; o la$tre di pietre di Genova, dette lavagne, o lamine di bronzo, o di piombo. Si erra nella $celta de’legnami, quando $i prendono le travi, gli arcali, o cavalli troppo gravi, o troppo $ottili, o non atti a re$i$tere all’umidità, o tagliati in mal punto, o mal con$ervati; e così anche $i dee dire delle tavole, dei correnti, delle molle, e di tutti i legnami, che $i adoprano nel- le armadure de’tetti. Si fa errore, quando $i prendono tegole, o docce mal cot- te, troppo $ottili, mal formate, non uniformi, nè fatte con giu$ta mi$ura; poichè non po$$ono re$i$tere alle continue piogge, alle nevi, ai diacciati, e all’ abbrugiamento del Sole; o non $i po$$ono ben porre in$ieme, e collegare, onde pre$to $i rompono, e $i riducono in minute $caglie, o non ricuoprono bene, o non danno buono $colo all’ acqua, che piove; e $e non vi $i pone diligente cura, rivedendo $pe$$o i tetti, i legnami $i marci$cono per le piogge, e l’umido penetra nelle mura, ne’palchi, nelle volte, e tutta la fabbrica $i di$pone alla ro- vina. Nell’u$ar le pietre di Genova $iamo $icuri di non errare, quando però $i prendano le la$tre di conveniente grandezza, nè troppo $ottili, acciocchè nel con- giungerle non $i rompano: poichè $i $ogliono fermare, elegare con chiodi $opra le tavole; nè troppo gro$$e, affinchè non aggravino $overchio il cuoprimento. Però io giudicherei, che i cuoprimenti fatti di que$te pietre fu$$ero i migliori di tutti. Ma chi vole$$e pure nei cuoprimenti dei tetti u$are le tegole di terra cot- ta, potrebbe imitare gli Antichi, che formavano le tegole congiunte colle doc- ce, cioè la tegola, e la doccia tutta d’un pezzo, acciocchè in tal maniera $i leghino bene infieme. E la forma di que$te tegole è $iccome $i vede quì ap- pre$$o.

                          Quando la $pe$a non fo$$e troppo grave, meglio $arebbe il fare i cuoprimen- ti con tegole di bronzo, le quali farebbero re$i$tenza a tutte le ingiurie del tempo, benchè $ottopo$te alquanto alla ruggine, che finalmente le con$ume- rebbe, $ebbene quelle, che $ono $opra i Templi u$ati di Roma, durino ancor $enza aver ricevuto molto detrimento; al che $i potrebbe rimediare, $tagnan- dole, ovvero, $econdo il co$tume antico, indorandole; e quando pur ciò non $i face$$e, ci ba$terebbe, che fu$$ero di più lunga durata di tutte l’altre. Di que$ta maniera di tegole erano quelle dei Templi antichi, e $pecialmente quel- le del Tempio di Giove Capitolino, dove erano le togole di bronzo indorate, con le quali poi per ordine di Papa Florio ($iccome racconta Bernardo Ga- mucci nel primo Libro dell’Antichità di Roma) fu ricoperta la Chie$a di San Pietro, le quali in diver$i tempi $ono $tate levate con occa$ione della nuova fabbrica di detta Chie$a. Ma $e prendiamo lamine di piombo, che $i u$ano ancor oggi, come in Siena nel tetto della Cattedrale, le quali non $ono tanto durevoli, quanto quelle di bronzo, o di rame, per cagione della ceru$$a, che vi s’impone, e le con$uma; e per la molta impo$itura di e$$a $i fanno più gravi. Finalmente potremmo errare, o facendole troppo $ottili, per moderar la $pe$a, perchè in tal modo $on più durevoli; poichè si logorano pre$to, e si $ollevano dai venti: o conficcandole male $opra il tavolato del cuoprimento, mentre quando $ono mal confitte, $ono $ollevate dai venti; onde il cuopri- mento re$ta in parte $coperto, e vi penetra l’acqua delle piogge, la quale in breve $pazio di tempo infracida i legnami. Ma i cuoprimenti, che non $olo [0079]PARTE TERZA. $on fatti per dife$a degli edificj, e degli abitatori; ma anche per comodità di camminarvi $opra per qualche fine utile a chi v’abita, $on quelli, che $i fan- no con calce$truzzi, cioè con calcina con ghiaja di fiume, e all’u$o di Napo- li con calcina, con rapillo, cioè lapillo, che $ono minuti$$ime pietruzze, che $i trovano nei cavamenti: o con piccioli frammenti di va$i di terra cotta, co- me $ono quei, che $i trovano in Roma in Monte Te$taccio, rotti, ben pe$ti colla calcina, e ridotti in forma di $malto ben battuto. Que$ti si u$ano co- munemente in Napoli, in Venezia, e altrove, e $on detti la$trichi, e $i u$a- no nel cuoprire i Palazzi, e le Ca$e, e $i fanno gro$$i almeno un $e$to di brac- cio, e $opra legnami di ca$tagno; benchè altrove anche $i facciano $opra le volte, che è l’u$o migliore. Gli errori, che po$$ono accadere nel fare que$ti cuoprimenti, $ono di tre maniere. La prima, quando $on mal battuti: la $e- conda, quando si fanno $opra legnami non ben $ecchi, nè $chietti, nè $ani; e benchè $ieno di ca$tagno, che per natura può re$i$tere all’umidità; nondi- meno aggravati lungo tempo dal calce$truzzo, $i piegano; $icchè il cuoprimen- to $i apre; e ciò maggiormente accade, quando i legnami non $ono ben $ec- chi, e $tagionati, e per l’aperture penetrano l’acque delle piogge, $iccome si vede in Napoli, dove gli abitatori $on forzati a $tuccare le aperture con pece da nave. Il che è cagione, che l’u$anza de’la$trichi in buona parte si di$met- ta, ed in vece di e$$i faccian$i i tetti con docce. La terza, quando $i fanno in luoghi $ottopo$ti ai diacciati, ed e$po$ti a Tramontana; poichè i diacciati del- l’Invernata, il freddo di Tramontana, e la qualità de’luoghi di Montagna, $ono il di$truggimento dei calce$truzzi. Concio$$iachè in detti luoghi si facciano congelamenti di nevi, e d’acque, che non $olo $cro$tano e aprono le mura- glie, ma anche i calce$truzzl. E que$ti allora $i po$$ono u$are, $enza fare errore, e $enza pericolo alcuno in luoghi temperati, o caldi, o quando $i fa lo- ro $otto la volta, come $ono quei del Palazzo del Vaticano, e del Tempio di S. Pietro. Ma ciò non si può fare $enza grande $pe$a, richiedendo maggior gro$$ezza di muraglie, di quella che si $uole comunemente u$are. I cuoprimen- ti, i quali si fanno al coperto, $ono le impalcature, i lacunarj, o $offitte, e le volte, le quali congiunte con le parti delle muraglie, che le reggono, e le fiancheggiano, e po$te infra il tetto, e i fondamenti, dimo$trano qua$i un edi- ficio $opra un altro. Que$ti cuoprimenti coperti nella $te$$a opera, $ono palchi, laqueari, e volte, che ri$petto alle parti di $otto si dicono cuoprimenti; e $o- no pavimenti, $pazj, $olari, e $malti, ri$petto alle membra di $opra. E tutti $on $ottopo$ti a diver$i difetti, per cagione degli errori, che po$$ono $uccedere nella fabbrica loro, e $pecialmente in quanto alla materia, cioè, quando si u- $ano legnami frangibili, pieghevoli, facili a corromper$i, $ottili, verdi, taglia- ti a cattiva Luna, e mal con$ervati: e in i$pecialità, quando $i fanno palchi alla Napoletana, cioè, con la$trico, ovvero con calce$truzzo: e quando si fan- no alla Romana, tutti con tavolati, i quali, oltre che hanno a ricevere il pe$o dei mattoni, dei quali forma lo $pino, debbono ancora $o$tenere il pe$o della terra, che vi si mette per porre in piano i pavimenti di mattoni, di mezza- ne, o di $malti: $ono anche $ottopo$ti al pericolo del fuoco; onde il fare $i- mili impalcamenti, benchè $ieno di buona materia, nondimeno è grandi$$imo errore, e$$endo $ottopo$ti all’ingiuria del fuoco; e però è molto meglio $eguir l’u$anza dei palchi, che $i fanno in Siena, e nel $uo contorno, cioè con mi- nor quantità di legname, ma con mattoni di mezzo braccio, o di cinque ot- tavi di braccio (che un braccio Sane$e, il quale corri$ponde a due piedi Romani an- tichi, è compartito in otto parti, cioè in otto gro$$ezze di mattone, cia$cuna delle quali è un ottavo) e $opra con mezzane murate in$ieme in piano, in forma di $pina di pe$ce. Ma in Roma, quando $i ritrova$$ero le cave antiche della creta, si potrebbe tornare a formare tutte le $pecie de’ mattoni dimo$tra- te da Vitruvio, e formarne altre nuove, infra le quali anche $arebbero quelle, che $arebbero buone per far palchi alla no$tra u$anza; e così si trala$cerebbero gl’ intavolati. E quando pur ciò non si face$$e, non v’e$$endo comodità di ta- li mattoni, non $arebbe for$e di$dicevole il condurne da luoghi più vicini, do- [0080]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI ve si facciano: e ciò, che $i dice di Roma, si può intendere anche delle al- tre Città, dove $i u$a lo $tile mede$imo nel fabbricare i palchi. Ma dove si trova buona creta da fargli, è bene, che vi $i fabbrichino le fornaci, per far- vi ogni $pecie di mattoni, $iccome $i facevano anticamente in Roma, dove e- rano molte fornaci di mattoni d’ogni maniera, e a tutta perfezione, $iccome ne fanno fede gli acquedotti, e gli altri edifizj antichi. E $e piace$$e, che, trovate le cave antiche della creta, di e$$a si face$$ero tutte le $pecie de’mat- toni buoni per le muraglie, per le volte, e pe’palchi, si potrebbero prendere le mi$ure di quelli delle fornaci di Siena, che prendono l’origine dal piede Ro- mano antico, che è di lunghezza un mezzo braccio, e corri$ponde al detto piede. I quali mattoni $ono diver$i di $pecie, $econdo la diver$ità delle gran- dezze loro. Imperciocchè i mattoni, che si u$ano in Siena, $ono di $ette ma- niere: la prima, che è detta mattone in lunghezza, è mezzo braccio in lar- ghezza, o (come dicono) nella te$ta è un quarto di braccio, e in gro$$ezza un ottavo. La $econda è la mezzana in lunghezza, e in larghezza uguale al mattone, ma in gro$$ezza è la metà d’un ottavo, e però $i appella mezzana. La terza ha la mede$ima lunghezza, e larghezza, ma è gro$$a la terza parte d’un ottavo, cioè un’oncia di braccio (che il braccio no$tro è compartito in 24. once), e si dice pianella. La quarta è lunga un mezzo braccio, larga un $e$to, e gro$$a un ottavo, ed ha nome quadruccio, poichè la $ua larghezza è una quarta parte di braccio, e comprende due ottavi. La quinta è lunga cin- que ottavi, larga un quarto, gro$$a un ottavo; e però $i dice mattone di cin- que ottavi. La $e$ta è di lunghezza $ette ottavi, cioè, un ottavo meno d’un braccio, di larghezza un quarto, e di gro$$ezza, o d’altezza un ottavo; ed è detto mattone di $ette ottavi. Per palchi $i u$ano i mattoni di mezzo braccio, e di cinque ottavi. La $ettima $ono i quadroni, che $ono maggiori di tutti, $e- condo qualunque mi$ura. Imperciocchè alcuni $ono lunghi un braccio, larghi un mezzo, e gro$$i un ottavo, come $on quei del pavimento di S. France$co di Siena. Alcuni di lunghezza $ono un mezzo braccio, di larghezza un terzo, e d’altezza un ottavo, come $ono quei dello $pazzo di S. Domenico. Ed oltre a que$ti, $e ne fanno altri a$$ai diver$i, e di grandezza, e di forma, $econdo che piace a chi fabbrica, per adoperargli nei pavimenti delle Chie$e, $enza che si formino i mattoni in varie maniere di membra di cornici, e d’architravi d’ ogni Ordine. Della gui$a mede$ima $ono i lacunarj, o laquearj, cioè, $offitte, nelle quali non è co$a $icura l’u$are i legnami $enza errare, mentre in e$$e $i fanno doppie travature, e si raddoppia il pe$o pel molto lavoro, che vi $i ri- chiede, non $olo per la $emplice copertura, ma ancora per l’ornamento. E pe- rò si erra, quando si prendono i legnami troppo gravi, o $ottili, o frangibi- li, o putrefattibili, e non forti. Ma i cuoprimenti coperti in volta, o po$$on e$$er veri, e reali, ovvero finti. Ed è errore grande, al parer mio, il fare le volte finte, e $otto palchi, sì perchè talvolta si mo$trano $uperfiue, e$$endo ba- $tevoli i palchi, sì perchè il vano, che rimane fra le volte, e i palchi, non è lodevole, e$$endo ricetto di topi, e d’altri animali danno$i; sì perchè le volte finte, per e$$er di materia $ottile, non po$$on e$$er durevoli; sì anche perchè e$$e $on fatte per apparenza di breve tempo, e non per cagione di realità, e di $odezza perpetua, la quale è propria di tutte le fabbriche fatte con regola d’Architettura. Nè le volte vere, e reali talora $i fabbricano $enza errore, ado- perandovi$i cattiva materia, cioè, u$ando calcina mal fatta, $nervata, e mattoni non di buona terra, nè di buona cottura, nè ben formati, e non formando bene il $e$to, nè eleggendo buona impo$ta, nè facendo buoni fianchi, nè armandole bene di catene, nè facendo i pila$tri, o barbacani di fuore, che $palleggino la mu- raglia, e non $errandole bene. Finalmente in quanto alla forma dei cuoprimenti $coperti, talvolta $i erra, facendogli con poca pendenza, cioè, troppo piani, poichè in que$ta maniera non hanno buono $colo, e però non po$$ono mai re$i- $tere all’impeto delle piogge grandi, e violente, onde l’acqua penetra nelle parti dentro degli edifizj, che non vi $i può appena riparare: lo che è non $enza gran danno dei cuoprimenti interni, e delle muraglie; o non $colando$i bene l’inver- [0081]PARTE TERZA. no, l’acqua vi $i congela, ed offende. E $e vi $i raccoglie molta quantità di ne- ve, non così to$to $e ne parte, ma vi $i mantiene qualche tempo, e ma$$ima- mente in luoghi freddi, e non molto e$po$ti al Sole; di maniera che, conge- landovi$i $opra, aggrava troppo i cuoprimenti, e le armadure de’legnami, o durano $overchia fatica nel re$i$tere al pe$o, o $on forzati, piegando$i, o rom- pendo$i, a cedere. E in quanto alla forma de’cuoprimenti coperti, come nel- le impalcature, $i erra non ponendole bene in piano, ed in $quadra, e men- tre i legnami non $on bene $pianati, nè $quadrati, e mal comme$$i, e non ben fermati nei luoghi loro. Ma nella forma delle volte talora $i fa errore, e $pezialmente, quando non $i adattano ai luoghi ad e$$i convenienti, come, dove $ta bene la volta a botte, e a tutto $e$to, si fa la volta piana, $enza a- vere alcuna con$iderazione ai fianchi, $e $ieno ba$tevoli a re$i$tere alla forza dello $pingimento, che ella $uol fare: e così, dove $ta bene la volta a vela, $i faccia la volta a capi$teo, o a mezza botte con lunette: e dove alcuna di que$te $i adatta bene al $uo luogo, $i faccia la volta a crociera, o la volta a peducci, o a conca. E in luogo di que$te, dove non $i richiede, si facciano le volte, o a tutta vela quadrata, o a mezza vela, ovvero a padiglione qua- drato, ovvero tonda: e così $enza giudizio, adattando varie forme di volte in- differentemente, dove non convengono. E tutti que$ti $ono gli errori, che ap- partengono ai cuoprimenti.

                          CAPO III. _Degli errori, che avvengono per la poca, e non diligente cura intorno_ _alle fabbriche fatte_.

                          PErchè altri po$$a ricever piena cognizione degli errori, che $ogliono accade- re nella poca cura delle fabriche fatte, $i dee notare prima il fine, nel qua- le $i u$a fare o$$ervazione intorno ad e$$e, e di poi con$iderare le maniere del- le o$$ervazioni, e quindi trattare degli errori, che na$cono mentre $i o$$ervano.

                          Il fine, al quale $i riguarda nella o$$ervazione degli edificj fabbricati, è di due ragioni: l’una $i è l’imparare dal buono e$empio col mezzo della imitazione, il che allora $i con$egui$ce, quando $i o$$ervano le fabbriche fatte con buona re- gola d’Architettura, dove non $ia difetto alcuno, nè di mi$ure, nè di propor- zioni, nè di conformità, nè di corri$pondenza delle parti, e dove non $i de$i- deri alcuna co$a. Dalla con$iderazione delle quali s’impara il modo di ben fab- bricare. Come accade nello $tudio delle fabbriche antiche di Roma, e d’altri luoghi d’ Italia: poichè que$te $ono il vero, e il principal Libro della buona pratica dell’ Archi- tettura. Così anche $i può fare, o$$ervando le fabbriche moderne ben fatte; e finalmente o$$ervando imparare dall’ e$empio delle opere mal fatte, avverten- do gli errori, e i difetti, per e$$erne bene informati, affinchè altri gli po$$a age- volmente $chivare. E l’altra $i è il con$ervamento delle opere fatte; impercioc- chè o$$ervando$i con diligenza, $i cono$ce ovunque accada qualche accidente, al quale non rimediando$i, po$$a e$$er cagione, che le opere $i di$pongano a ma- nife$ta rovina. E però gli errori, che accadono nell’ o$$ervazione di e$$e, $ono di molta importanza: concio$$iachè dalla mala o$$ervazione na$ca la poca cura, e il non cono$cere il bi$ogno pre$entaneo di riparo, per ovviare a maggiore ac- cidente di rovina, e ri$parmiare la molta $pe$a. E que$ti accidenti $i cono$co- no per la diligente o$$ervazione, che $i adopera intorno alle fabbriche finite, e u$ate. La quale mancando, non $i cono$ce il bi$ogno delle muraglie; e que- $to non cono$ciuto, le mede$ime rimangono in preda d’ ogni pe$$imo accidente di rovina. E que$ta o$$ervazione $i dee fare, o circa le parti e$teriori, o intor- no alle interiori. Intorno alle parti e$teriori, cioè, nelle parti vicine ai fon- damenti, in quelle della cima, e in quelle di mezzo. Onde gli errori, o $i fanno non avvertendo bene le parti vicine alla terra, quando $i marci$cono dall’acqua, che cade dalle gronde dei tetti, o dai condotti, o dai canali, la quale cadendovi muore, non avendo e$ito alcuno, e non potendo $corre- [0082]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI re in altra parte, ed è cagione, che le mura, e i fondamenti marci$cono, quando non vi $i ponga rimedio, facendovi calce$truzzi doppj, con buona calcina d’albazzano, la quale, per quanto io credo, $i fa $olamente nei luoghi intor- no a Siena; o con altra calcina impa$tata bene con rena di fiume, o con puz- zolana, e murandovi $opra, o mattoni ben fatti, e ben cotti per taglio, o per coltello; o pietre vive, o la$tre grandi di travertino ben comme$$e in$ieme, di sì fatta maniera che le congiunture $ieno fatte a modo d’intaccature tagliate a $quadra, o a coda di rondine, affinchè l’una ottimamente $i colleghi coll’altra, e l’acqua difficilmente po$$a penetrare per le congiunture. Imperciocchè in que- $to modo le pietre $i legano così $trettamente in$ieme, che non pare, che ab- biano bi$ogno di calcina, ba$tando bagnarle $olamente, e acco$tarle bene in$ie- me: poichè l’umidità frappo$ta $i converte in tartaro, il quale è come una colla, o come una $aldatura (dagli Antichi detta _ferramen_), che le collega. Talchè l’acqua cadente dalle gronde, e da’canali, non vi penetra, nè vi $i fer- ma: e tanto più, quando $i pongono le dette pietre, o mattoni con pendenza. Ma tutto ciò meglio $i comprenderà con$iderando$ene l’appre$$o e$empio.

                          Csempio delle pietre vive ò lastre grandi congiunte insieme da intacature à squadra e à coda di rondina.

                          E quando non $i guarda molto bene, $e lungo i fondamenti vi pa$$a l’acqua corrente di fo$$o, o di gora, o di fiume; allora $i commette gravi$$imo errore non ricorren- do ai pronti, e convenienti ripari di $teccate, d’argini, e di rifondamenti; poichè l’acqua, che corre continuo, rode il fondamento. Ma quegli errori, che accadono nelle parti eminenti, allora $i veggiono $cuoprire, quando non $i vol- ge l’occhio ai difetti dei travamenti, dei tetti, delle cornici, e di tutti i fini- menti delle muraglie: come, quando non $i con$iderano perfettamente i legna- mi, $e hanno patito umidità, $e $on cavati da tarli, o da altri animali, $e $on cotti dal Sole, o $e hanno alcuna rottura notabile, e pericolo$a: e quando altri $e la pa$$a$$e, $enza con$iderare con molto accorgimento le cornici, non riguar- dando, $e $i $piccano dal muro, $e pendono, $e hanno le parti $mo$$e: e final- mente, quando non $i avverte, $e la parte $uperiore della muraglia e$ce del piombo del $uo po$amento, il che è $egno, che ella non può far re$i$tenza, nè $palla alla forza dello $pigner delle volte, degli archi, e delle travi armate. [0083]PARTE TERZA. Così ancora, quando non $i riguarda la parte di mezzo dei muri, quando fan- no corpo, incurvando$i in fuori violentati da qualche incontro. E finalmente quei di$ordini, che avvengono, non $olamente non guardando$i con diligenza le parti di mezzo delle muraglie, non $olo, $e fanno corpo ($iccome $i è detto) o gonfiamento alcuno; ma $e hanno alcuna crepatura, o pelo, o $cro$tamento: i quali accidenti procedono dalle cagioni accennate, o dal $overchio aggrava- mento. Intorno alle parti interiori, quando non $i o$$ervano a dovere le volte, le impalcature, le $cale, i fondamenti, e i luoghi delle cantine, i va$i delle ci- $terne, e dei pozzi, i condotti, e le volte loro, le porte, le fine$tre, e i pavi- menti. Onde non avvertendo minutamente a ogni accidente, e ad ogni difetto, per piccolo che $ia, $i dà tempo, che prenda tanto aumento, che cagioni ro- vina. Dalla qual co$a procede, che le fabbriche non $i po$$ono u$are, nè con- $ervar lungo tempo.

                          CAPO IV. _Degli errori, che accadono nella poca avvertenza dei condotti dell’ acque delle_ _ci$terne, e dei pozzi, delle fogne, cioè, delle cloache, e d’altri Luoghi_.

                          ICondotti delle acque $i fanno $pe$$e volte nelle gro$$ezze delle muraglie, co- minciandogli dalle parti più alte, e conducendogli nelle più ba$$e pre$$o ai fondamenti, per potergli indi derivare nella con$erva loro. Onde allora $i fa grave, e pericolo$o errore, quando altri non $i guarda d’acco$targli alle inte$ta- ture delle travi, alle radici dei fondamenti, alle volte delle cantine, e dei cel- lieri, e alle $tanze, ove $i abita, o alle fronti, e ai fianchi delle Cappelle, ed’ altri luoghi delle Chie$e. Imperciocchè, quantunque $ieno ben murati, nondi- meno l’umidità vi penetra a parte a parte, ed infracida le muraglie, e le tra- vi, che vi $on po$te, e le volte delle $tanze, e le facce delle mura: di manie- ra che, oltre al pericolo evidenti$$imo di rovinare, $i rendono mal $ane ad abi- tarvi, e nelle facciate delle ca$e, o delle Chie$e non $i può collocare ornamen- to alcuno, o di pietra, o di $tucco, o di legname, o di pittura, che non $i gua- $ti, nè vi $i può collocare alcuna co$a, che non marci$ca. E $e altri non $i guarda d’avvicinare i condotti dell’acque ai fondamenti, to$to avviene, che $i accorga di qualche $egno d’irrimediabile rovina. Il mede$imo errore accade nel fare le fogne, o cloache, ed altri luoghi cavati $otto terra: imperciocchè, $e $i fanno accanto, o $otto i fondamenti, i mede$imi o vengono deboli, o $i mar- ci$cono, o $i $calzano, $correndovi continuamente l’acqua; e tirando $eco l’im- mondezze, alcune volte $i fa tale impo$ta, che trattiene ogni umidità, che è un perpetuo danno delle muraglie. Per lo contrario ciò, che $i è detto dei condotti delle acque, $i può dire ancora dei cammini; poichè e$$i parimente $ono una $pecie di condotti, cioè, del fumo, il quale procede dal fuoco: imperciocchè, qu ando nelle abitazioni già finite, o nelle vecchie, $i debbono fare nuovi cami- ni, talora $i erra, quando altri non procura di collocargli più lontani, che $ia po$- $ibile, dalle travi, il che non facendo$i non po$$iamo a$$icurare i ca$amenti dagl’ incendj.

                          CAPO V. _Degli errori dei cavamenti $otteranei vicini ai fondamenti delle muraglie._

                          GLi errori dei cavamenti allora $i fanno, quando alcuna volta si cavano cantine, o ci$terne, o pozzi, o vie $otterranee appre$$o ai fondamenti di qualunque fabbrica: imperciocchè, o s’indeboli$ce il po$amento delle muraglie, cavando $overchiamente il terreno attorno ad e$$e, o cavandolo $otto, riman- gono in aria, $iccome accadeva anticamente, quando per $trattagemma milita- re si cavava $otto le mura delle Città, o delle Fortezze per tenerle poi $o$pe- $e in aria con $o$tentamento di travi, e per riempire il vuoto di fa$cine per [0084]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. darvi fuoco a tempo, e farle rovinare: o almeno s’introna la muraglia. Ma, comunque avenga, $empre da tali errori, e da tali accidenti si cagionano ro- vine, alcune volte ina$pettate, non e$$endo così manife$ta la cagione, che ne po$$a dimo$trare qualche $egno, affinchè facilmente vi si po$$a apportare qual- che opportuno rimedio. Benchè, levato il po$amento delle fabbriche, non po- tendo$i reggere $opra il vuoto, difficilmente, e con grandi$$imo pericolo vi $i può riempire di muro nuovo, rifondando la muraglia vecchia prima che cali, e $profondi $otto terra, e $i tiri $eco tutto il rimanente della fabbrica. Di ma- niera che que$ta $pecie d’errori è la più pericolo$a, che accader po$$a agli edi- ficj già fatti, e u$ati. E però è nece$$ario, $iccome altrove si è accennato, de- putare alcuna per$ona intendente d’Architettura, la quale, vi$itando continua- mente le fabbriche, e$amini con diligenza cia$cuna parte loro, e o$$ervi e$atta- mente ciò, che si faccia dai vicini nel fabbricare, e nel cavare i luoghi $ot- terranei, e cerchi di far levare tutto quello, che potrebbe intronare le mura- glie, per proccurare, che si con$ervino $enza offe$a alcuna, e da principio, e continuamente $i ripari a qualunque accidente, per piccolo, che $ia, acciocchè cre$cendo il pericolo, non $i faccia più grave, e irrimediabile.

                          CAPO VI. _Degli errori, che accadono nei tagliamenti delle muraglie_.

                          Itagliamenti delle muraglie, i quali $i fanno per accre$cere qualche $ito per far vani, fine$tre, porte, diver$e concavità, ricettacoli per cavar nicchie per $tatue, e luoghi per Altari, per Cappelle, per Cori, o per altre varie comodità, non è dubbio alcuno, che le indeboli$cono, e $pecialmente, quando elle $ono troppo $ottili, o mal fabbricate: e cavando$i le parti da ba$$o, che $ono la ba- $e di tutto il rimanente del muro; o a$$ottigliando$i, quelle, che vi $on $opra, rimangono $enza $o$tentamento alcuno, onde danno $egno di voler$i precipita- re. E però è grandi$$imo errore il fare i tagliamenti, e le rotture delle mura, $enza riguardare, $e $ieno per e$$ere cagione di danno, e $enza fortificare i luo- ghi, nei quali $i debbono tagliare le muraglie, o con archi, o con rincorca- mento di muro, o col rifondare, e armar le mura con catene. Concio$$iachè tagliando$i le muraglie, s’a$$ottigliano, s’intronano, $i $collegano, $i rompono, e vi $i fanno aperture tali, che danno manife$to $egno di rovina.

                          CAPO VII. _Degli errori, che procedono dalle nuove Cariche, le quali $i pongono_ _$opra i muri vecchi_.

                          SI commette grandi$$imo errore, quando $opra le muraglie vecchie $i alzano muri nuovi, $enza procurar diligentemente, $e elle abbiano forza di re$i$te- re, e $pezialmente quando le medefime $ono troppo $ottili, o lavorate con ma- la $truttura, o di materia fragile. Così, quando non avvertiamo, che la Natu- ra è quella, che c’in$egna, non $olamente a fondare mura nuove $opra il ter- reno, ma ancora ad alzare altre mura nelle vecchie. Imperciocchè e$$a fa $em- pre i po$amenti dei corpi più gro$$i, più $odi, e più forti dei corpi, che $o- pra vi si alzano, come si vede nei monti, e negli alberi, dove è di maggior gro$$ezza la ba$e del rimanente; così ancora di $aldezza maggiore, come $ono i ceppi negli alberi, e le $elci, e i tu$i nei monti. Così l’Arte, che nell’ope- rare $egue la Natura $ua mae$tra, co$tuma $empre di far le ba$i delle mura di que$te mede$ime condizioni. E però il buono Architetto, a cui $i porge occa- $ione di far murare $opra muraglie vecchie, dee con diligenza o$$ervare, $e le muraglie vecchie $ono di conveniente gro$$ezza, $e $on ben fatte, $e non han- no difetto alcuno, cioè, che non $ieno $mo$$e, intronate, marce, ar$e, pelate, troppo alte, e $e non hanno il perfetto perpendicolo. Lo che non facendo, e [0085]PARTE TERZA. fidandosi troppo imprudentemente di e$$e, gli dia nuovo pe$o, commette bia- $imevole errore; poichè le mura vecchie mal condizionate non hanno forza di reggere lor mede$ime, non che po$$ano $o$tentar nuovo pe$o d’altra muraglia. Imperciocchè, quando $ono di que$ta maniera, $i piegano, s’aprono, $i rom- pono, e finalmente rovinano. Ma quando alcuno talvolta non $ia forzato, è meglio il fabbricare fuggendo le mura vecchie, e$$endo miglior partito il fabbri- carle di fondo, e far l’opera tutta uniforme; poichè le mura vecchie con le nuove non s’uni$cono mai, e d’ordinario cedono al nuovo pe$o. Ma quando pure l’Architetto $ia forzato a murare $opra il vecchio, $arà buono avvedimento il fortificare le muraglie vecchie, prima che vi $i fabbrichi $opra, cioè, o rifon- dendole, o facendovi con determinati intervalli alcuni pezzi di muraglia nuova $opra il fondamento mede$imo della vecchia, a modo di pila$tri, incatenandogli continuamente, mentre $i alzano col muro vecchio da ogni banda, e condotti vi- cino all’altezza della muraglia, vi $i facciano archi di buon $e$to coperti da un quadro di muraglia, cioè, quanta è la te$ta d’un mattone, affinchè la $uperficie del muro non $i mo$tri interrotta dagli archi. Lo che fatto, e ben fermato con per- fetta pre$a, l’Architetto potrà con $icurezza fabbricarvi a $uo piacimento. Ma per maggiore intelligenza di quanto $i è detto, di$egneremo quì appre$$o un e$empio.

                          _A_, Dimostrano la Muraglia vecchia. _B_, Dimostrano la Muraglia nuova fata a modo di pilastri _C_, Gli Archi scoperti. _D_, Gli Archi coperti. _E_, Jutto l’alzato della Muraglia nuova. [0086]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI CAPO VIII. _Degli errori, che accadono nei re$tauramenti_.

                          IRi$toramenti, che $i fanno alle fabbriche, hanno per fine il rimediare ai peri- coli di rovina, il fortificare, e l’a$$icurar le muraglie, il confermare i fonda- menti, e il ridurle a tal condizione, che $i po$$ano con$ervare perpetuamente. E però tutti gli errori, che $i commettono in que$to ca$o, $ono di grandi$$imo dan- no, perchè in vece di rimediare ai difetti delle mura, e di farle più $tabili, tut- tavia $i con$ervano nei difetti loro, e bene $pe$$o $i rendono maggiori pel con- tra$to delle mura vec chie con le nuove, que$te aggravando, mentre calano, e quelle re$i$tendo. Que$ti ri$toramenti, o $i fanno rifondando le muraglie, o in- gro$$andole, o foderandole, o rifacendone qualche parte, o appoggiando mura- glie nuove alle vecchie, o facendo $peroni, e barbacani a quelle, che pendono. Onde allora $i farà errore, quando nel rifondare non $i cava tanto $otto, che $i trovi il terreno più $odo, e quando non $i leva quella parte di muro, che è marcia, o $mo$$a; e quando la muraglia, che $i dee rifondare, non $i pone ben in puntelli di forti$$imo legname di ca$tagno, di quercia, o d’olmo, par- te puntellandole di fuori per $o$tenere il pe$o, e far re$i$tenza al calamento del muro; e parte ponendole $otto il muro vecchio, fermando bene nel fondo del fondamento, e $errandolo dentro la gro$$ezza della nuova muraglia. Ed oltre a ciò, non $i erra meno, quando il muro, che vi $i farà $otto, non $arà di buona materia, $oda, e ferma: e quando non $ia ben collegata, nè ben battu- ta: e finalmente $arà grande errore il di$armare le muraglie, e le volte avanti che abbiano fatto buona pre$a nell’ingro$$amento delle muraglie, e nel fare i fondamenti loro $i erra non collegando, nè incatenando bene la muraglia nuo- va con la vecchia, nè $errandole bene in$ieme. Così, quando $i dee rifare qual- che parte d’un muro vecchio, $i farà errore, non congiungendo bene il nuovo col vecchio, e non ponendo bene a filo, e a dirittura l’uno con l’altro. E fi- nalmente nel fare gli $peroni non $aremo $icuri dall’errare, mentre non procu- reremo di trovare il fondo più $odo, nè provvederemo buona materia, nè la la collegheremo bene in$ieme con buona calcina, non $errando validamente la cima dello $perone col muro vecchio, inca$trandolo con forza nella gro$$ezza di e$$o, nè u$ando diligenza, che la $ua e$tremità $ia fatta bene in piano, ac- co$tandola con forza $otto gli ultimi filari dei mattoni, o delle pietre del mu- ro vecchio, affinchè meglio $i uni$ca, e $opr’e$$o $i $o$tenti tutto il pe$o del- la muraglia. E que$ti $on tutti gli errori, che po$$ono accadere nei ri$tora- menti delle muraglie.

                          CAPO IX. _Quanto importi il non $ervir$i degli Architetti, e il fidar$i della pratica_ _dei Mini$tri_.

                          CHi leva$$e l’ordine dell’Univer$o, $enza dubbio alcuno $arebbe cagione del $uo di$truggimento; e chi confonde$$e l’ordine nelle Repubbliche, $areb- be cagione della rovina del buon governo civile. Così chiunque toglie$$e il buon ordine, che nel fabbricare $i conviene, $arebbe cagione di molte imperfezioni, di molti difetti alle muraglie, di varj, e di gravi accidenti, e che le mede$ime $i face$$ero di corta durata. Allora, $iccome $i comprende per l’e$perienza, $i le- va il buon ordine delle fabbriche, quando quelli, che debbono e$$er Mini$tri, $i pongono per Sopra$tanti, e per Architetti. Che, $iccome non è bene, nè è co$a $icu- ra, che lo Speziale faccia l’ufizio del Medico, così non è bene, nè è co$a giovevole, che il Muratore, lo Stuccatore, il Lavorator di pietre, il Mae$tro di legname, il Pitto- re, e lo Scultore, facciano l’ufizio dell’ Architetto. Imperciocchè qualunque ei $ia$i di que$ti, non è bene informato di tutta la perizia dell’Architettura, non $a- [0087]PARTE TERZA. pendo le regole, i principj, e le proporzioni, nè $apendo di$cernere le varie condizioni delle Opere, e tutto quello, che ad e$$e proporzionevolmente, e cia- $cuna a cia$cuna, $i richiede, nè potendo operare con ragione: ed altro non po$$edendo, che la $ola pratica del Muratore, e dell’operare a norma dell’Arte loro, la quale non ba$ta per condurre le fabbriche a perfezione; perciò non $o- no ba$tevoli al bi$ogno del fabbricare; laonde chiunque $i fida dei Muratori, o degli altri Artefici, non è $icuro d’e$$ere ben $ervito nei muramenti; im- perciocchè, o rie$cono mal compartiti, e $enza proporzione, e $enza corri$pon- denza delle parti, e finalmente $enza grazia, e $enza decoro. E ciò avviene, perchè mentre i fabbricatori $ono impiegati nelle opere del murare, non po$$o- no e$ercitare l’ufizio dell’Architetto, a$$i$tendo, terminando i di$egni, formando i modelli, mi$urando i luoghi, compartendo, ed aggiu$tando i fondamenti nel $ito. Senza che non è bene il fidar$i dei Muratori; poichè manca ad e$$i quel- la condizione, che è di ri$parmiare, quanto è po$$ibile, alla $pe$a; che quan- do ciò face$$ero, procurerebbero il danno loro: mentre co$tume loro $i è lo $tu- diare con $omma diligenza, che l’opera, e il lavoro cre$ca, affinchè $i aumen- ti loro il guadagno; e $i accordano con i Mae$tri delle Fornaci a danno di chi fa murare. Nemmeno gli Stuccatori, e i Mae$tri di legname u$ati alle opere troppo trite, e troppo licenzio$e po$$ono e$$er buoni per Architetti: poichè le muraglie richiedono fermezza, $tabilità, $aldezza, e nobiltà. Oltredichè co$toro non hanno alcuna abilità, e cognizione, che degli ornamenti po$ticcj, che $i fanno nelle $uperficie degli edifizj, i quali bene $pe$$o non gli $ogliono fare, $enza u$cire delle regole dell’Architettura, e $enza qualche $torpiamento, e $en- za qualche $proporzione, $econdo i loro capriccj: poichè $co$tando$i dalla buo- na maniera Greca, e Romana, $i acco$tano alla barbara, $iccome $i vede, of- $ervando le opere fatte da loro. Ora vi re$tano i Pittori, i quali come puri Pit- tori, non $ono $ufficienti ad e$ercitare l’Architetto, non avendo altro, che la pratica del di$egno, la quale, $e non è regolata dalla dritta ragione dell’Archi- tettura, non ba$ta a bene operare. Nè par ba$tevole la copia dell’invenzione, mentre per la bontà delle fabbriche, e degli ornamenti, ha più bi$ogno delle re- gole, che delle invenzioni. Anzi negli ornamenti dell’Architettura le forme $o- no tanto determinate, che non vi è nece$$ario, nè $i po$$ono cercare invenzio- ni nuove; $e però alcuno non vole$$e prender licenza, e u$cire degli ordini de- terminati dalla buona Architettura, per $eguitare la maniera barbara, lo che $i reputa errore importanti$$imo. Concio$$iachè l’invenzione delle co$e d’Architettu- ra $i può $oltanto e$ercitare nel ritrovamento dei di$egni, e dei modelli delle fabbriche, di qualche parte loro principale, o d’altre co$e appartenenti ad e$$e, ma non mai negli ornamenti particolari del tutto, e delle parti. Con i Pittori s’accompagnano gli Scultori, i quali avvezzi $oltanto a formare corpi ritondi di $tatue, e ba$$i rilievi, o mezzi rilievi, colla $ola perizia loro non po$$ono be- ne applicar$i alle co$e dell’Architettura, benchè $i confidino nel Di$egno, il qua- le non è atto a $upplire al difetto de’principj, e delle regole d’Architettura. Laonde dalle co$e dette $i comprende, che niuno di que$ti Artefici $i debba eleg- gere per Architetto, dovendo cia$cuno di loro far l’ufizio del Mini$tro di e$- $o. E però, affinchè le fabbriche rie$cano fatte a tutta perfezione, è nece$$ario, che tutte le per$one deputate all’opera della muraglia, facciano l’ufizio loro, e l’Architetto l’ufizio d’Architetto, d’A$$i$tente al lavoro, e di Sopra$tante a tutti i Mini$tri: e i Muratori, e i loro lavoranti facciano l’ufizio di mini$tri obbedien ti all’Architetto loro Capo. Così gli Stuccatori facciano il loro mini$tero nel fare quelli ornamenti, che loro $ono ordinati dall’Architetto, e non s’impacci- no d’altro: ed altresì facciano lo $te$$o i Mae$tri di lavorar le pietre, e i legna- mi, attendendo $oltanto a lavorare le materie loro, $econdo viene loro ordina- to. E finalmente i Pittori, e gli Scultori non debbono far altro, che adornare le muraglie, le volte, e gli altri luoghi delle opere loro, ed abbellire le fronti delle fabbriche, i vani, e i compartimenti delle opere $te$$e con i loro lavori, $econdo che viene ad e$$i ordinato dal Padrone dell’opera, e dal comandamen- [0088]DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI to dell’ Architetto. E que$to ba$ti aver detto ri$petto a quello, che ci eravamo alla bella prima propo$ti, e a un tempo $te$$o fermiamo il $igillo di que$to Li- bro DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI, pregando intanto i benigni Lettori a degnar$i di $ou$armi, $e loro pare$$e, non e$$er$i detto quan- to bi$ognava intorno alla materia propo$ta, e dicendo loro, come a noi ba$ta d’aver accennato, per dare occa$ione agli altri intendenti dell’Architettura di $up- plire a tutto quello, che da noi fo$$e $tato trala$ciato.

                          Soli Deo, Trino, atque Uno, qui univer$i bonum, omniumque Principium, & honor, & gloria.

                          LAUS DEO. [0089] INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUEST’ OPERA, E DEGLI AUTORI IN ESSA CITATI. A ABu$i intorno agli ornati moderna- # menti introdotti. # pag. 44. 45 Abu$o introdotto in regola. # 45 Accidenti, che pregiudicano le fabbri- # che, quali. # 37. 38 Acqua $alma$tra non buona per l’im- # pa$to della calcina. # 10 Acqua untuo$a perchè non buona per # tal u$o. # 10. 11 Acqua pregiudiziale ai fondamenti, # come. # 66 Acque de’bagni perchè non buone. # 11 Acquedotto dell’acqua _Claudia_. Sua # i$crizione. # 14 _Adriano_ Imp. $ua fabbrica per l’In- # ghilterra. # 7 Alberi, che danno indizio di terreno # $tabile, quali. # 23 _Alberti_ Leon Batti$ta lodato, e cita- # to. # 6. 7. 24. 27. 28. 54 _Alberti_ France$co, citato. # 52 _Albertino_ France$co, citato. # 14. 15 Alno, $ua qualità. # 28 Altari. Errori ri$petto ai loro ornati. # 39 Altezze delle parti. Lor proporzioni. # 32 Aggetto. Che co$a $ia. # 58 _Agricola_ Giorgio, citato. # 24 _Agrippa_ Cammillo Architetto di P. Gre- # gorio XIII. # 30 Amma$$amento cattivo di pietre, mat- # toni ec. quale. # 50 Anfipro$tilo, che $ignifichi. # 53. 54 Anfiteatri antichi. # 34 Angoli. Loro ufizio. # 46 An$io. Porto di _Nerone._ # 30 Ante. Suo u$o. # 58 _Antioco Sotero_. Sua edificazione d’An- # tiochia ec. # 7 Antiporto. Sua proporzione, e $pro- # porzione. # 45 _Antonino Pio_. Sua fabbrica per l’In- # ghilterra. # 7 _Antonio Caracalla_. Sua vita citata. # 52 Architetto temporale paragonato coll’ # Eterno. # 59 # Doveri del primo, per uniformar- # $i al $econdo. # 59. 60 Architetti, come $i pregiudichino. # 18 # Loro cura ri$petto al di$egno. # _ivi_ # Loro colpa ri$petto alla mala riu- # $cita delle fabbriche. # 23 # Non buoni Architetti, quali. # 38 # Lor dovere quale. # _ivi._ e 59 # Nece$$ità di $ervir$i di loro, e non # di Capi ma$tri, ec. # 70. 71 # Loro a$$i$tenza alle fabbriche ne- # ce$$aria. # 61 Architettura lodata. # 3 # Sue condizioni. # 16 # Sua nece$$ità. Suoi vantaggj. # _ivi_. # Sua nobiltà. # _ivi_. # Come debba imitar la Natura. # 53 Architrave. Qual pietra $e gli addica. # 11 Come ben piantato. # 39 # E$empj in rame. # _ivi_. # Suo comparto. # 35 # Sua mala $ituazione. # 39 # Suo ufizio. # 40. 45 Arco fra l’Aventino, e il Tevere de- # $critto. # 14 Arco delle porte. Sua natura, e qua- # lità. # 58 Argentieri. Lor fanta$ie nocive all’Ar- # chitettura. # 45 Argilla. Sua natura. # 28 Aria, quando rea, e per quali cagio- # ni. # 6 Ar$enale di Roma. Sua i$crizione. # 60 _Arta$er$e_. Sua fabbrica $ull’Eufrate. # 7 Arte, e $uo fine. # 3 # Imitatrice della natura. # 53 Artefici non atti all’Architettura, e # perchè. # 70. 71 _A$conio Pediano_, citato # 19 _Autentica_. Sua legge ri$petto alle fab- # briche. # 22 Autunno buono per fabbricare. # 17 B Bancone. Che $ia. # 27. 28 Barbacani. Quando bene u$ati. # 53 _Bargagli_. Sua foggia d’Altari bia$i- # mata. # 45 Ba$e Jonica, quale. # 40 Ba$i. Loro $proporzioni. # 37 Ba$i. delle muraglie. Loro condizio- # ni. # 68. 69 [0090] Bellezza delle fabbriche paragonata col # Mondo grande. # 32 # Col mondo piccolo, o $ia l’uo- # mo. # _ivi_. _Bibbia_. Lib. IV. dei Re, citato. # 19. 20 _Biccherna_. Magi$trato Sane$e $opra le # fabbriche. # 13 Biparziente proporzione, quale. # 58 Braccio sane$e e$po$to. # 35. 64 _Bramante_. Sua fabbrica di S. Pietro # e$aminata. # 17 _Budeo_, citato. # 14. 18. 19 Bun, Città. Come $ommer$a. # 27 _Buonarrotti_ Michelagnolo. # 41 # Suo Portico. # 49 C Calcina. Quale non buona. # 13 # Male impa$tata di quai mali $ia # cagione. # 50 Calce$truzzi, e loro u$o. # 63 Caliendro, che $ia. # 49 _Caligola_. Suo errore ri$petto al fab- # bricar $ulle Alpi. # 7 # Suo Obeli$co nel Circo del Vati- # cano. # 30 Campidoglio. Sua cornice bia$ima- # ta. # 49 Campo Vaccino, o Foro Romano. Sue # colonne. # 19 Cannicci, rea materia per volte. # 53 Cantine, ove mal cavate. # 67 Caos. Quale ri$petto all’ Architettu- # ra. # 38 Capitello, come mal collocato. # 36. 40 Cappuccini. Loro fabbriche. # 22 Ca$a di _Mario_. # 34 _Ca$ole_, Ca$tello di Siena. Sue abita- # zioni de$critte. # 22 Catene di ferro, quando inutili. # 51 Cattedrale di Siena, onde pregiudica- # ta. # 11 Cavamenti de’pozzi, ci$terne, ec. # 23 # Ove mal fatti. # 67 _Cella Soliare_. Sua volta de$critta. # 52 # Sua armatura di ferro. # _ivi_. Cementizia opera bia$imata. # 9 Certo$ini. Loro fabbriche. # 22 _Ce$are Giulio_. Suo parere intorno all’ # aria d’Inghilterra. # 7 Chie$e riferite. # 49. 50 _Cicerone_, citato. # 14. 15. 19. 21. 22 Cimelia. Che terra $ia. # 27 Cine$i, com’abbian chiu$o il pa$$o al- # le incur$ioni. # 7 _Cittadini_ Cel$o, citato. # 12. 20. 59. 60 Civitavecchia, $uo porto. # 29 _Claudio_ Imp. Sua fabbrica del Faro # del porto Romano. # 28 Cloache, ove mal collocate. # 67 Collegamento buono dei muri in che # con$i$ta. # 50 Colonne Trajana, e Antonina. # 35 Colonne perpendicolari, lor u$o # 14 # Lor co$truzione antica. # 19 # A perpendicolo non nece$$arie. # _ivi_. # Errori nel piantarle. # 34 Colonne, quando mal collocate. # 46 Colonne dell’Anfiteatro di Ve$pa$iano # de$critte. # 57. 58 _Columella_, $uoi precetti ri$petto al fab- # bricare. # 30 Comparto mal di$po$to. Suoi rei ef- # fetti. # 17. 18. 19 Comparto delle fabbriche, come s’in- # tenda. # 37 # Errori ri$petto al mede$imo. # 37. 38 Compo$ita. Colonna. # 39. 40 Condotti. Di qual materia $i debban # fare. # 8 Condotti delle acque. Loro errori. # 67 Congelamenti, nocevoli alle fabbri- # che. # 63 Congiunture a coda di rondine. Loro # u$o. # 66 Contraccolonne. # 40 Contrafforti. Quando bene u$ati. # 53 Contrarj, e loro natura. # 3 Coprimenti. Come debban far$i. # 61 # Errori ri$petto ai mede$imi. # 61. 62 # Lor divi$ione, e materiali. # 62 # Rei effetti del cattivo coprimen- # to. # _ivi_. e 63 # Loro forma. # 64 Cornice. Suo ufizio. # 45 Cornice. Quando $i po$$a porre $ull’ Architrave. # 58 Corpi della fabbrica, come mal pian- # tati. # 56 # In quanti modi debban$i con$ide- # rare. # _ivi_. # Come $i debban collocare ri$pet- # to alla loro figura. # 56. 57 Corpi cubici. Loro natura. # 57 Corro$ione, onde cagionata. # 11 C_o$tantino_ il Grande edificatore della # Ba$ilica Vaticana. # 30 Co$tantinopoli. Sue fabbriche. # 22 Curatori delle fabbriche de’Romani # ec. # 14 # Loro doveri, e incombenze. # 14. # 15. 19. 21. 22 [0091] D Decempeda. Mi$ura. # 35 Decoro, ri$petto alle fabbriche defini- # to. # 49 # Errori ri$petto al mede$imo. # _ivi._ Democrito. # 7 _Didio Tito._ Sua fabbrica. # 34 Diligenza $overchia, quale. # 49 Diminuzione di gro$$ezze, come deb- # ba condur$i. # 56 _Diocleziano._ Sue Terme. # 51 Di$egno difetto$o. Suoi rei effetti. # 17. 18 # Perchè $ia a dovere ciò, che $i # voglia. # 18 Di$$eccamento dei muri, onde cagio- # nato. # 11 Di$tribuzione di parti come difetto- # $a. # 18 Dogane, e altri luoghi pubblici, co- # me mal fabbricati. # 8 _Domiziano._ Fal$o onore a$crittogli da # _Marziale._ # 57 Dorica. Colonna. # 40 Dorico. Ordine. # 39 # Suo u$o ri$petto alle colonne. # 54 Dupla proporzione ri$petto alle colon- # ne. # 58 _Durante_ Ca$tore, citato. # 28 E Edificatori. Loro maniere de$critte. # 15 # Quando altri non $e ne debba $er- # vire. # 15. 16 Edili, Curatori delle fabbriche. # 20. 21 Elide, Città, come $ommer$a. # 27 Erbe, che danno indizio di terreno # $tabile. # 23 ERRORE. A che conduca. # 3 ERRORI degli Architetti prima del # fabbricare. # 5 # Loro tri$ti effetti. # _ivi._ # Onde $i commettano. # _ivi._ Errori nell’elezione del $ito. # 6 Loro diver$ità ri$petto al $ito. # _ivi._ e # 7. 8. # Ri$petto alla $celta delle materie # naturali. # 9 # Dell’Arte. # _ivi._ # Ri$petto all’u$o de’legnami. # 11 # Alle pietre lavorate, mattoni, cal- # cina, e ferramenti. # 11. 12. 13 # Ri$petto alle grandezze de’mat- # toni. # 13 # Ri$petto alla calcina. # _ivi._ Errori, quanto alla $celta dei mura- # tori. # 13. 14 Errori, quanto alla mala elezione del # tempo. # 16. 17 # Ri$petto ai fondamenti. # 17. 23. # 24 # Ri$petto alla mala elezione del # di$egno. # 17. 18 Errori di que$to genere, cagione di # tutti gli errori. # 18. 19 # Provvedimenti dei Romani con- # tro a que$ti errori. # 19 Errori nel fabbricare. # 23. 24. & $eq. # Ri$petto ai ri$tauri. # 30 # Alla proporzione delle parti. # 32 Errori di $proporzione. # 32 # Ri$petto alle mi$ure. # 35 # Ri$petto alle membra degli orna- # menti. # 36 # E$empj di que$ti errori e$po$ti in # rame. # _ivi._ # Ri$petto alla di$po$izione del com- # parto. # 37. 38 # Ri$petto al confondere gli Ordini # d’Architettura. # 38 # Ri$petto a collocar le co$e fuori # del loro luogo. # 38. 39 # Ri$petto alla po$izione delle par- # ti degli ornati. # 40 # Ri$petto ai fronte$pizj. # 41 # Ri$petto all’abu$o degli ornati. # 44 45 Errori ri$petto all’ino$$ervanza del de- # coro. # 49. 50 # Ri$petto al reo amma$$amento del- # le pietre ec. # 50 # Ri$petto al reo collegamento. # _ivi._ # Ri$petto alle volte. # 51. 52. 53 # Ri$petto alla $uperfluità, e al di- # fetto. # 53. 54 # Ri$petto alla collocazione dei cor- # pi. # 56 Errori ri$petto al collocar le membra # fuori del loro luogo. # 58 # Ri$petto agli ornati delle porte. # _ivi._ Errori, che $i rilevano dopo fatta la # fabbrica. # 59. 60 # Ri$petto ai coprimenti. # 61. 62. 63 # Ri$petto alla mala cura delle fab- # briche fatte. # 65. 66 Errori, quanto ai condotti, ci$terne, # cloache, ec. # 67 # Ri$petto ai cavamenti pre$$o ai # fondamenti. # 67. 68 # Ri$petto ai tagliamenti delle mu- # raglie. # 68 [0092] # Ri$petto ai ri$tauramenti. # 70 E$a$tico. Qual portico $ia. # 53 _Euclide_, citato. # 56 F Fabbrica, $ua rea e$po$izione. Suo # comparto. Errori nell’ ornato. # 8 Fabbrica d’una Città. Suo compar- # to. # 22 Fabbrica. Quando proceda $enza er- # rori. # 23 Fabbricatori. Loro requi$iti. # 13. 14 Fabbriche di$approvate dai Curatori, # chi doveva rifarle. # 15 # Legge dei Romani $opra di ciò. # _ivi._ # Paragonate alle piante. # 17 # Fatte con fretta non durano. # _ivi._ # Difetto nella lor forma. # 18 # Loro comodi, e bi$ogni. # _ivi._ Fabbriche dei Regolari. # 22 Fabbriche a volta, come debban di$- # por$i. # 51 # Senza fondamenti che effetto pro- # ducano. # 54 # Fatte $ul vecchio, come debban # di$por$i. # 69 # E$empio in rame. # _ivi._ Faccia netta. Che $ia. # 37 Facciata di S. Pietro di Roma. Suoi # errori. # 45. 49 Faro d’Ale$$andria. Modello del Ro- mano. # 28 _Ferramen._ Che intende$$ero per que- # $ta voce gli Antichi. # 66 Ferramenti. Quali non atti per le fab- # briche. # 13 Ferretti, mattoni di qual qualità. # 11 # Per quali fabbriche non buoni. # _ivi._ # A quali u$i $ervano. # _ivi._ _Fe$to Pompeo_, citato. # 49 Fine proporzionato, e naturale, qua- # le. # 38. 39 Fine dell’o$$ervazione ri$petto agli e- # difizj già fatti. # 65 Fine$tre. Errori nel piantarle. # 34 Firenze. Sua fabbrica degli Ufizj. # 11 Fogne. Ove mal fatte. # 67 Fondamenti. Come debban$i fare. # 17 # Errori, che $i commettono nel # fargli. # 23. 30 # Loro $pecie enumerate. # _ivi._ # Loro divi$ione. # 23. 27 # In acqua molto difficili a far$i, # e perchè. # 27 # Modi di fare i fondamenti. # 30. # 31 Fondamenti con platèa, quali. # 31 # Con qua$i-platèa, quali. # _ivi._ # E$empio in rame di tali fonda- # menti. # _ivi._ Fondamenti $enza platèa, quali. # _ivi._ # Con archi, quali. # _ivi._ Fondi, Città della Chie$a. Sua I$- # crizione della porta di Tramontana # riferita. # 59 # Altra I$crizione del Ponte detto # _Guara Capra._ # 60 _Fontana_, Architetto di Papa Si$to V. # 30 Fontane. Ove $i debban piantare. # 8 # Errori nel piantarle. # _ivi._ # Di qual materia $i debban fare. # _ivi._ Fornaci degli Antichi. Loro pramma- # tiche. # 12 Fornaci per mattoni. Loro nece$$ità. # 64 Foro Romano. Sue colonne. # 19 Fortificazione naturale preferibile all’ # artifiziale. # 7 Fregio. Suo Ufizio. # 45 Fronte$pizj. Errori intorno ad e$$i. # 41 # Co$tume degli Antichi ri$petto a # ciò. # _ivi._ G _Galeno._ Come dilunga$$e la Pe$tilen- # za da Roma. # 6 _Gamucci_, Bernardo, citato. # 57. 62 _Gellio_, Aulo, citato. # 35 _Giovanni Genove$e_, Fra, citato. # 19. # 20 Giove Capitolino. Suo Tempio. # 62 _Giu$tiniano_ Imperatore, citato. # 22 # Sua Legge, per la Città di Co- # $tantinopoli. # _ivi._ Gocciolatojo. Suo u$o. # 58 # Quando $uperfluo. # _ivi._ Gro$$ezze delle parti. Lor proporzio- # ni. # 32 # Regole intorno ad e$$e. # 54 I Impalcature. Come debban$i pianta- # re. # 65 Impo$ta delle volte. Sua proporzio- # ne. # 32 Impo$te delle fine$tre. Lor proporzio- # ne. # _ivi._ Inclinazione dei muri, come s’accre- $ca pro$eguendo. # 38 Inghilterra. Qualità della $ua aria. # 7 [0093] Intagliatori, perchè nocevoli alla buo- # na Architettura. # 45 Inter$epio, che $ia. # 22 Invenzione. Sua copia perchè non ba- # $ti per la buona fabbrica. # 71 Ionica, ba$e. # 40 _Ipocrate_, come dilunga$$e la Pe$tilen- # za da Atene. # 6 I$crizione antica in S. Giovanni Mag- # giore di Napoli. # 20. 21 # Legge contenutavi ri$petto alle # Fabbriche. # 21 I$crizioni pertinenti ai Curatori delle # Fabbriche riferite. # 59. 60 L Laqueari. Loro forma, eloro u$o. # 64 Larghezze delle parti. Loro propor- # zioni. # 32 La$trichi per coprimenti. # 63 # Errori ri$petto ai mede$imi. # 63. # 64 Laterali, e loro $proporzione. # 34 _Laterano_, S. Giovanni in. Suo palaz- # zo bia$imato. # 17 Laterizia. Opera, quale. # 10 Lavori, perchè $i mi$urino a giorna- # te. # 17 Leccio, perchè non buono per travi. # 11 Legatura buona delle fabbriche, qua- # le. # 50. 51 Leggi de’Romani contro gli errori del- # le fabbriche riferite. # 18. 19 Legge Giulia _repetund_. # _ivi._ # Contro _Cajo Verre_. # 22 Legge, che dovrebbe far$i per le fab- # briche. # _ivi._ Legge Eccle$ia$tica ri$petto al Titolo, o # Fronte delle Chie$e. # 50 Legnami. Loro $celta. # 11 Legnami buoni per coprimenti, qua- # li. # 62 # Come acqui$tino ree qualità. # _ivi._ # Errori ri$petto alle loro lunghez- # ze, e gro$$ezze. # _ivi._ # Tagliati in mala $tagione. # _ivi._ Legno. Ornati proprj del mede$imo, # di$dicevoli nelle fabbriche di pie- # tra. # 45 _Ligori_ Pietro, citato # 52 Linea del piombo. Sua nece$$ità nel- # le fabbriche. # 38 Longara di Roma. Sue I$crizioni ec. # ri$petto ai Curatori delle fabbriche # riferite. # 60 Lontananza. Suo effetto ri$petto alle # grandezze. # 36 Lumi delle fabbriche, come difetto$i. # 18 Luoghi alti, che fondamenti voglia- # no. # 30 Luoghi ba$$i, umidi, ec., quali. # _ivi._ I vicini al mare, a laghi, fiumi, ec. # quali. # _ivi._ I po$ti in pendìo, quali. # _ivi._ M Macìa, mucchio di $a$$i. # 9 Mal u$o, e $uoi effetti. # 3 Maniere Greca, e Romana tra$cura- # te, che producano. # 71 Mantenimento, e perpetuità delle fab- # briche, come $i procuri. # 61 _Marcello_. Suo Teatro. # 53 Marmo, ove mal collocato. # 11 _Ma$$a_, Niccolò. Suo parere dell’Aria # di Venezia. # 6 Materiali. Loro rea $celta. # 8 # Reo effetto di ciò. # 8. 9 # Onde $i ricevano i Materiali. # 9 # Quali dalla Natura, quali dall’ # Arte. # _ivi._ Mattoni. Loro buone, e loro ree qua- # lità. # 11. 12 # Vecchi. Loro qualità. # 13 Mattoni. E$empio de’mattoni Roma- # ni Antichi. # 12 Mattoni di Mar$ilia. Loro qualità. # 52. 53. # Generi de’ mattoni antichi de- # $critti. # 13 # Dovevano approvar$i dai Magi- # $trati. # 13. 14 Mattoni degli Antichi. Loro qualità # imitabile. # 64 # Loro mi$ure. # _ivi._ _Marziale._ Del Bagno di Tucca. # 9. # 10 # De’Templi na$centi. # 54 # Dell’Anfiteatro per adulazione at- # tribuito a _Domiziano_ Imp. # 57 Medicina. Suo elogio. # 3 # Suo fine. # _ivi e_ 59 Membra della fabbrica. Quando difet- # to$e. # 18 # Loro ecce$$o. # 54 Membra degli ornamenti. Errori in- # torno ad e$$e. # 36. 45 Membra collocate fuori del loro luo- # go. # 58 Men$ole. Ove debban por$i. # 58 [0094] _Mercuriale_ Girolamo, citato. # 52 Mezzane. Loro u$o. # 63 Mine degli Antichi. # 67. 68 Mi$ure. Errori ri$petto ad e$$e. # 35 # Loro mal u$o. # _ivi._ Modiglioni. Loro u$o. # 58 Mona$teri, Chie$e, e $imili, ove, e # come debban$i fabbricare. # 8 _Monte Savello_ di Roma. # 53 _Monte Te$taccio_ di Roma. # 63 Morga. Quale $pezie di terra. # 24 Mo$trar$i in fal$o. Che $ia. # 46 Mura vecchie. Perchè non vi $i deb- ba por carico. # 68. 69 # Come debban$i unir colle nuo- # ve. # 70 Muraglia. Quando ceda a motivo de’ # fondamenti. # 39 Muratori. Loro artifizj pregiudiziali. # 14. 15 # Perchè è male, che $ieno fore- # $tieri. # 15 # Condizioni nece$$arie per $ervir- # $ene. # 16 # Come dovrebbon$i obbligare per # Legge. # 22 Muri. Quando fanno corpo, che co- $a indichino. # 67 N Napoli. Suo porto bia$imato, e per- # chè. # 7 # Perchè le muraglie delle $ue fab- # briche $i aprano. # 10 # Suoi la$trichi in vece di tetti. # 63 Natura, mae$tra dell’Arte. # 53 Navi. Come atte per fondamenti. # 28. 29 _Nerone Imp._ Suo porto. # 30 # Rover$cio di $ua Medaglia rela- # tivo a que$to. # _ivi._ Nicea. Sua fabbrica notata da _Pli-_ # _nio_. # 10 Numero uniforme ri$petto alle fabbri- # che, quale. # 38 # Difetto$o, e $uperfluo, quale. # _ivi._ O Obeli$co po$to da C. C. _Caligola_ nel # Circo del Vaticano. # 30 Olimpico. Stadio, come mi$urato. # 35 Olmo. Perchè poco atto per le fab- # briche. # 11 Opera ru$tica. Suo u$o. # 59 Opera uniforme, quale $ia. # 69 Operaj non atti a far l’Archittetto, # quali. # 70. 71 Oppio, perchè non buono per le fab- # briche. # 11 _Orazio Flacco_, citato. # 49 Ordinazione mal di$po$ta. Suoi rei ef- # fetti. # 17. 18 Ordine. Suo u$o, e $uo mal u$o. # 38 Ordine delle parti mutato, qual erro- # re. # 56 Ordine buono delle fabbriche, quale. # 70. 71 Ordini d’Architettura enunciati. # 38 # Come debban$i o$$ervare nel pian- # tare le colonne. # 58 Orefici. Loro fanta$ie nocive alle fab- # briche. # 45 Ornamenti delle fabbriche. # 8 # Errori nel di$porgli. # _ivi._ Ornati delle fabbriche moderni, cat- # tivi, e perchè. # 45 # Loro rei effetti. # 45. 46 O$$ervazione $opra le fabbriche fatte, # quanto nece$$aria. # 65. 66 _Ovidio_, citato. # 38 P Palazzi in i$ola. Onde originati. # 22 Palchi, e loro u$o. # 63 Palificate. Quando debban far$i nei # fondamenti. # 27 Palmo antico Romano de$critto. # 35 # Moderno. # _ivi._ _Pancirolo_ Guido, citato. # 22 Parti principali, non principali, ag- # giunte, quali. # 39 # Loro ordine mutato, error $om- # mo. # 56 Peprino, $pecie di macigno. Sua qua- # lità. # 11 Perfezione delle fabbriche, quale. # 32 _Peruzzi_ Balda$$arre, citato. # 34 _Petrarca_ France$co, citato. # 7 Pianella. Sue qualità. # 64 Piè d’Ercole, quale. # 35 Pietra. Non ammette ornamento pro- # prio del legno. # 45 Pietre, e loro qualità. # 9 Pietre naturali. Lor qualità. # 10 # Quali ritengan meglio la calci- # na. # _ivi._ Pietre tenere, e pietre forti. # 10 Pietre lavorate $ottili, perchè non buo- # ne per le fabbriche. # 38 [0095] Pietre di Genova. Loro u$o. # 62 Pila$tri, diver$amente fabbricati dalle # colonne. # 19 # Errori nel piantargli. # 34 # Quando mal collocati. Regole an- # tiche per ciò. Quando ben po- # $ti. # 46 Piombo. Suo u$o per coprimenti. # 62. # 63 Pittori, perchè nocevoli all’Architet- # tura. # 45. 71 Platea de’fondamenti, quale. # 30. 31 # Qua$i-platea che $ignifichi. # 31 Plenilunio contrario al taglio de’legna- # mi. # 11 _Plinio_ il Giovane, citato. # 10. 12. 13. # 29 _Plinio_ il Vecchio, citato. # 28. 53. 57. # 58 Ponte Ce$tio de$critto. # 14 Ponti, ove mal piantati. # 7. 8 Porta Pia di Roma, e$aminata. # 58 Porte. Errori ri$petto alle mede$ime. # 39 # Errore ri$petto ai loro ornati. # 58 Porti, ove mal piantati. # 7 # Quei di Napoli, e d’Ancona cat- # tivi, e perchè. # _ivi._ # Come quel di Napoli $i rendereb- # be migliore. # _ivi._ # Loro fondamenti. # 28 Portico di _Pompeo_. # 33 Porto di _Trajano_ de$critto. # 29 Po$izioni delle parti degli ornati. # 40 # Suoi errori. # _ivi._ Pratica. Suo ultimo termine, quale. # 5 Primavera, contraria al taglio de’le- # gnami. # 11 # Buona per fabbricare. # 17 Proporzione delle parti in che con$i- # $ta. # 32 # Errori degli Architetti ri$petto a # ciò. # _ivi._ Proporzioni ri$petto al collocamento # dei corpi della fabbrica. # 56 Pro$pettiva. Nece$$ità di $ua cognizio- # ne. # 36 Proverbio ri$guardante le fabbriche ma- # linte$o. # 5 Providenza definita. # 5 Provvedimenti degli Antichi ri$petto # alle fabbriche. # 61 Puzzolana, e $ue buone qualità. # 9 # Suo u$o. # _ivi._ Q Quadrante. Suo u$o per le fabbriche. # 34. 35 Quadroni. Che $pecie di mattoni $ie- # no. # 64 # Loro u$o. # _ivi._ Quadruccio. Che $orte di mattone $ia. # 64 # Suo u$o. # _ivi._ Quantità continua. # 38 # Di$creta. # _ivi._ Quercia. Perchè non buona per tra- # vi. # 11 # Che indizio dia della qualità del # terreno, ove alligna. # 23 R _Rabonio_. Suo detto intorno al Tem- # pio di Ca$tore. # 19 Ragione di Pro$pettiva. # 34 # Quale errore il non $eguirla. # 34 # 35 Redentori delle fabbriche pre$$o i Ro- # mani. # 59 Regola. Ciò, che debba, e ciò, che # non debba farla nell’Architettura. # 41 Regolo dell’Architrave. # 58 Rena. Sua rea qualità. # 9 # Di quella di cava qual debba $ce- # glier$i. # _ivi._ Rena gro$$a, perchè cattiva. # 9 # Pietro$a, quale. # _ivi._ # Terro$a, quale. # _ivi._ Rena di mare, perchè non buona per # l’impa$to della calcina. # 10 Riquadratura del vano. # 45 Rito, ri$petto al Fronte$pizio delle # Chie$e. # 50 Ri$tauramenti. Come debbon far$i. # 70 # Loro fine. # _ivi._ # Errori ri$petto ai mede$imi. # _ivi._ # In quante gui$e $i facciano. # 70. # 71 Romani. Loro provvedimenti contro # gli errori delle fabbriche. # 18. 19 Rompimenti d’ornato, ove proprj, # ove nò. # 59 Rove$cio della Medaglia di Tito Di- # dio e$po$to. # 34 [0096] S Saettoni, che $ieno. # 24 _Sarcitector_. Che intende$$ero gli An- # tichi per que$ta voce. # 20 Scelta del Sito. Sua nece$$ità. # 6 Scienza contemplativa, e $uo fine. # 3 Scienza morale, e $uo fine. # _ivi._ Scolo dei coprimenti, quanto nece$- # $ario. # 64. 65 Scultori non atti all’Architettura, e # perchè. # 71 # Loro ufizio, quale. # 71. 72 Sculture minute, ove mal collocate. # 38 _Se$o$tri._ Sua prodigio$a fabbrica. # 7 Se$quialtera proporzione, quale. # 58 Se$to di mezzo cerchio, dove u$ato. # 51 _Severo_ Imp. Sua fabbrica per l’In- # ghilterra. # 7 Siena. Suo u$o antico di murare ri- # provato. # 9 _Si$to_ V. Papa. Suo Obeli$co. # 30 # Tra$portato a S. Pietro. # _ivi._ Siti atti a fabbricarvi. # 6 # Loro divi$ione. # _ivi._ Soffitte, come debban$i fabbricare. # 64 _Soliare Cella_, onde così detta. # 52 Spanna, palmo. # 35 _Sparziano_, citato. # 52 Speroni per fondamenti, come debban # far$i. # 24 # Per ri$tauramenti, come. # 70 Spiagge, che fondamenti richieggano. # 30 Spitama, che $ia. # 35 Sproporzione delle fabbriche. # 32 # Suoi mali effetti. # _ivi._ Stadio Olimpico. # 35 Sua mi$ura. # _ivi._ Stagioni atte per fabbricare, quali. # 17 Stuccatori nocivi all’ Archittetura. # 45 Studj, e Accademie, ove mal fabbri- # cate. # 8 Studio delle fabbriche antiche di Ro- # ma utili$$imo agli Architetti. # 65 Sugo petrificante, quale. # 28 Superfluità $proporzionata, quale. # 58 T Tagliamenti delle muraglie, come # debban far$i. # 68 # Errori intorno a ciò. # _ivi._ Teatri antichi. # 34 Teatro di Nicea, male edificato, e # perchè. # 10 # Lungo pa$$o di Plinio il Giova- # ne $u tal propo$ito. # _ivi._ Teatro di _Marcello_. # 53 Tegole per i coprimenti, di che qua- # lità. # 62 # Loro forma, ed e$empio in ra- # me. # _ivi._ Tegole di bronzo degli Antichi. # 62. # 63 # Loro u$o. # _ivi._ Tempio di _Ca$tore_ de$critto. # 14. 19 Tempio di _S. Pietro_ di Roma. # 32. 36 # Sue $proporzioni. # _ivi._ Tempio $te$$o e$aminato. # 45. 49. 50 Tempio della Pietà di Roma. # 53 Templi. Loro $proporzione. # 35 Templi na$centi, quali. # 54 Tempo, e $ua definizione. # 5. 16. 17 # Sua divi$ione. # _ivi._ Tempo atto a fabbricare, quale. # 16. # 17 Tentativo di di$egno, che $ia. # 18 Terme _Antonine_, de$critte. # 52 Terra, come di$po$ta a falde. # 24 Terreno $tabile, quale. # 23 # Cedente, e mal fermo, quale. # _ivi._ # Areno$o, $mo$$o, ec. # _ivi._ # Sue divi$ioni, e condizioni. # 23. # 24 Terreno $a$$o$o buono per fondamen- # ti. # 27 # Ro$$o, vi$co$o, e penetrabile, # quali qualità. # 28 Terreno de’gioghi non buono per fon- # damenti, e perchè. # 30 _Te$oro dell’Architettura_, citato. # 22 Tetti. Materiali migliori per coprir- # gli, quali. # 62 Ti$chio, qual pietra $ia. # 27 Titolo. Che co$a s’intenda per que- $ta voce. # 49 Torre del _pulcino_ di Siena, de$crit- # ta. # 54 Torre de’Veneziani vicino a Me$tre, # Ca$tello. # 27 Torre del Faro del Porto Romano, # come fondata. # 28 [0097] Torri. Loro u$o. # 56 # Perchè le tonde s’antepongono al- # le angolari. # _ivi._ To$cana. Colonna. # 40 To$cano. Ordine. # 39 Travertino poro$o. # 11 # Sua rea qualità. # _ivi._ Travertino, quando $i debba porre in # opera. # 11 Tribunali, ove bene, ove mal fabbri- # cati. # 8 Triclinio, onde così detto. # 52 Triglifi. # 58 Tufo. Suo u$o. # 9 Tufo di To$cana. # 10 # Quali lavori $e ne po$$an fare. # _ivi._ Tufo bianco. Sua qualità. # 10 Tufo nero. # _ivi._ # Non buono per fondamenti. # 27 Tutolo, che $ia. # 49 V Valli. Che fondamenti richieggano. # 30 Vani. Loro $proporzione. # 34 # Quando mal collocati. # 58. 59 # Errori ri$petto al numero, alla # po$izione, ec. # _ivi._ Vano fra le volte danno$o, e perchè. # 64 _Varrone._ Suo avvi$o dell’aria della Gal- # lia di là dal Reno. # 7 Vaticano. Palazzo, e Tempio. Loro # coprimenti. # 63 Vecchio. Fabbriche $ul vecchio non # durevoli. # 30 Vene del terreno, che indizione dia- # no. # 24 Venezia. Suoi la$trichi per tetti. # 63 Venti nocivi, quali. # 6 # Opinione d’_Ipocrate, di Teofra-_ # _$to_, e di _Plinio_ intorno a ciò, # _ivi._ _Ve$pa$iano._ Suo Anfiteatro. # 57. 58 Vie $otterranee, ove pregiudiziali. # 67. # 68 Villa pubblica di Tito Didio. # 34 _Vitruvio_, citato. # 6.9.13.35.49.53.56.63 Volta a botte. # 65 # A vela. # _ivi._ # A tutto $e$to. # _ivi._ # Piana. # _ivi._ Volta a capi$tèo, e a mezza botte # 65 Volta a crociera. # 65 # A peducci, e a conca. # _ivi._ Volte delle fabbriche, come debbano # far$i. # 51 # Come le fabbrica$$ero gli Anti- # chi. # _ivi._ Volte delle terme Diocleziane. # _ivi._ # Loro e$empio in rame. # _ivi._ # Di quali materie le face$$ero gli # Antichi. # 52. 53 # Il di$armarle troppo pre$to nuo- ce. # 53 # Rea co$a il farle troppo $ottili. # _ivi._ Volte finte, quali. # 53 Volte della Sapienza di Napoli bia$i- # mate. # _ivi._ Volte, come debban$i fabbricare. # 64 U Umidità nelle fabbriche, quando $i # cangi in tartaro. # 66 # Nociva, quando, come, edove. # 67 Z Zoccolo. Suo u$o. # 57 FINE DELL’ INDICE. [0098] [0099] [0100] [0101] OSSERVAZIONI DI ANTONIO VISENTINI ARCHITETTO VENETO CHE SERVONO DI CONTINUAZIONE ALTRATTATO DI TEOFILO GALLACCINI SOPRA GLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI VENEZIA MDCCLXXI. Per GIAMBATISTA PASQUALI. CON LICENZA DE’ SUPERIORI, E PRIVILEGIO. [0102] [0103] INDICE DELLE MATERIE PER ORDINE ALFABETICO. A A_Ltare._ Cima vizio$a del mede$imo. # pag.44 # Suo di$egno Tavola XVIII. -maggiore moderno di San Luca di # Venezia, $uoi difetti. # 72. 73. # Suo di$egno Tav. XXXII # Come $i potrebbe correggere. # 73. # Di$egno corretto Tav. XXXII. -$compo$to in San Stefano di Vene- # zia. # 81. # Suo di$egno Tav. XXXVI. -maggiore vizio$o nella Chie$a della # Cele$tia di Venezia. # 83. # Suo di$egno Tav. XXXVII. -maggiore dei Carmelitani Scalzi di # Venezia vizio$o. # 87. 88. # Suo di$egno Tav. XXIX. -di$unito in S. France$co della Vigna # di Venezia. # 100. # Suo di$egno Tav. XLV. -vizio$o in San Salvadore di Vene- # zia. # 104. # Suo di$egno Tav. XLVII. # Simili $correzioni rilevate in altre Chie- # $e. # ivi. _Anacleto Papa._ Che opera$$e nella Ba$ili- # ca Vaticana. # 10. _Anfiteatro_ di Pola. # 3, 11. _Apollo_ Pannonio, $uo Tempio. # 59. _Architettura,_ $uoi difetti generali e$po- # $ti. # 1. # A quali cla$$i $i riducano. # ivi. _Archi_ difetto$i nel Carmine di Venezia. # 102. # Suoi di$egni Tav. XLVI. -In aria in varie Chie$e di Venezia. # 106. # Loro di$egni Tav. XLVIII. _Arco_ vizio$o in S. Ca$$ano di Venezia. # 79. # Suo di$egno Tav. XXXV. -difetto$o nella Chie$a de’Ge$uiti di # Venezia. # 96. # Suo di$egno Tav. XLIII. -vizio$o nella Chie$a di San Polo di # Venezia. # 98. # Suo di$egno Tav. XLIV. # Altro $imile in S. Bartolommeo. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -difetto$o in San Ba$ilio di Venezia. # 100. # Suo di$egno Tav. XLV. -e _Fronte$pizio_ $imile in San Silve- # $tro. # ivi. # Suo di$egno, Tavola mede$ima. -vizio$o nella Chie$a di S. Niccolò di # Venezia. # III. # Suo di$egno Tav. L. -Simile in quella de’Ge$uiti. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. B B_Arozzi,_ Jacopo da Vignola $ua ope- # ra nella Ba$ilica Vaticana. # 10. _Benedetto_ XIV. Papa, $ua opera nella Ro- # tonda di Roma. # 18. e $eg. _Bernini_ Cavaliere Architetto citato. # 10. # 46. _Borromini,_ Architetto bia$imato. # 46. _Bramante,_ Architetto citato, e lodato. # 10. 129. _Buonarroti,_ Michel Agnolo citato. # 10. 46. C C_Apitello_ vizio$o nel Depo$ito di Luca # Zeno nei Frari di Venezia. # 107. # Suo di$egno Tav. XLIX. # Altro $imile nel Depo$ito di M. Trevi- # $ano. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -Dorico vizio$o nel Collegio de’Ge- # $uiti. # 107. # Suo di$egno Tav. XLIX. # Altri $imili. # 108. _Cariate._ Loro i$toria. # 118. _Carli Rubbi,_ Gian Rinaldo C. Sue $coper- # te $ull’Anfiteatro di Pola. # 3. _Chie$a_ de’SS. Apo$toli di Venezia. Suo # interno vizio$o. # 66. # Suo di$egno Tav. XXIX. -del S. Sepolcro di$etto$a. # 126. _Cima_ d’altare vizio$a in S. Luca di Ve- # nezia. # 70. # Suo di$egno Tav. XXXI. -d’altare difetto$a in S. Apollinare di [0104] # Venezia. # ivi. # Suo di$egno. Tav. mede$ima. -e nellaChie$a dei Serviti di Venezia. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -d’altare vizio$a in S. Marcelliano di # Venezia. # 79. # Suo di$egno Tav. XXXV. -nella Chie$a di S. Stefano di Vene- # zia. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -d’altare $corretta nella Chie$a de’Ge- # $uiti di Venezia. # 81. # Suo di $egno Tav. XXXVI. -d’Altare vizio$a nella Chie$a de’Ser- # viti di Venezia. # 85. # Suo di$egno Tav. XXXVIII. -$imile in S. Giuliano di Venezia. # ivi. -altra $imile nella $te$$a Chie$a. # ivi. # Loro di$egni Tav. mede$ima. -dell’ altare Contarini alla Madonna # dell’Orto vizio$a. # 85. # Suo di$egno Tav. XXXVIII. -d’altare $corretta nella Chie$a de’Ge- # $uiti di Venezia. # 92. # Suo di$egno Tav. XLI. -d’altare vizio$a in S. Pietro di Ca- # $tello in Venezia. # 94. # Suo di$egno Tav. XIII. -d’altare $corretta nella Madonna dell’ # Orto di Venezia. # 104. # Suo di$egno Tav. XLVII. -d’altare vizio$a in S. Pantaleone di # Venezia. # 120. # Suo di$egno Tav. LV. _Colonne_ mal po$te in S. Gio: Cri$o$tomo # di Venezia. # 55. # Lor di$egno Tav. XXIV. -abu$o nel collocarle. # 132. -$pirali. Di$cor$o $opra le mede$ime. # 140. _Cornice_ Dorica nelle Procuratie Nuove. # Suoi difetti. # 62. # Suo di$egno Tav. XXVII. -impropria in S. Giu$tina, e in San # Pantaleone di Venezia. # 83. # Loro di$egni Tav. XXXVII. -forzata $ull’altare del Cri$to agli Scal- # zi di Venezia. # 90. # Suo di$egno Tav. XL. # Altra ad arco in detta Chie$a cen$ura- # ta. # ivi. # Tav. mede$ima. -irregolare in S. Bartolommeo di Ve- # nezia. # 94. # Suo di$egno Tav. XLII. _Co$tantino Magno_ primo Fondatore della # Ba$ilica Vaticana. # 10. _Cupola della Salute_. Difetti, che vi $i ri- # levano. # 68. # Suo di$egno Tav. XXX. D D_Epo$ito_ del Doge Venier in S. Salva- # dore di Venezia difetto$o. # 96. # Suo di$egno Tav. XLIII. # Altri depo$iti difetto$i e$po$ti. # ivi. -dei Dogi Valier in SS. Giovanni e # Paolo di Venezia difetto$o. # 102. # Suo di$egno Tav. XLVI. -del Doge da Pe$aro vizio$o. # 118. # Suo di$egno Tav. LIII. _De$godets,_ Architetto lodato. # 16. E E_Rrori dell’ Architettura._ Sotto quali # Cla$$i $i riducano. # 1. e $egg. F F_Acciata_ della Chie$a di S. Giorgio de’ # Greci di Venezia, $uoi difetti. # 77. # Suo di$egno Tav. XXXIV. _Falconetto_ Giammaria Architetto citato. # 62. _Fine$tra,_ e Loggia nel Palazzo P. Quirina- # le. Loro difetti. # 3. # Loro di$egno Tavola I. -del Palazzo dei Con$ervatori di Ro- # ma. Sua novità vizio$à. # 3. 4. # Suo di$egno Tav. I. -nella Cupola della Sapienza di Ro- # ma. Suoi di$etti. # 25. # Suo di$egno Tav. IX. -nel Palazzo Barberini di Roma. Suoi # difetti. # 27. # Suo di$egno Tav. X. -del piano nobile del Palazzo del Prin- # cipe Pio in Roma vizio$a. # 27. # Suo di$egno Tav. X. -della facciata del Palazzo di Villa # Borghe$e. Suoi errori. # 31. # Suo di$egno Tav. XII. -$uperiore della Ba$ilica Vaticana. Suoi # difetti. # 33. # Suo di$egno Tav. XIII. -della facciata di S. Giorgio de’Gre- # ci di Venezia. Suoi errori. # 75. # Suo di$egno Tav. XXXIII. -$opra la facciata di S. Giminiano di # Venezia. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -male ornata nei Carmelitani Scalzi # di Venezia. # 92. # Suo di$egno Tav. XLI. _Fine$tre_ nel $econd’Ordine della facciata # del Collegio di Propaganda fide di # Roma. Loro difetti. # 8. # Loro di$egno Tav. III. -della facciata del Palazzo Baccelli di [0105] # Roma. Loro errori. # 27. # Loro di$egni Tav. X. -con colonne, ec. mal piantate. # 129. # 130. 132. 133. # Loro di$egni Tav. LX. _Fontana_ Cavaliere Architetto citato. # 10. # 12. _Fronte$pizio_ d’altare vizio$o in S. Salva- # dore di Venezia. # 106. # Suo di$egno Tav. XLVIII. -dell’Altare del Cri$to in S. Geremia, # vizio$o. # 120. # Suo di$egno Tav. LIV. -dei quattro Altari in S. Margherita # di Venezia difetto$o. # 122. # Suo di$egno Tav. LVI. G G_Alaccini_ Teofilo lodato. # 1. 2. 8. 29. # 46. 53. 77. 81. _Gallo_ (Antonio da San). Sua opera nella # Ba$ilica Vaticana. # 10. _Giuliano_ da S. Gallo, citato. # ivi. _Giulio_ II. Papa. Sua Opera nella Ba$ilica # Vaticana. # ivi. M M_Aderni_ Carlo. Sua opera nella Ba- $ilica Vaticana. # 10. N N_Iccbj_ con colonne, ec. impropri$$i- # mi. # 134. # Loro di$egni Tav. LXI. _Niccbio_ della $tatua di S ant Ignazio nella # Chie$a de’Ge$uiti di Venezia. Suoi # difetti. # 133. 134. # Suo di$egno Tav. LXI. _Niccolò_ V. Papa. Sua opera nella Ba$ilica # Vaticana. # 10. P P_Alladio_ Architetto citato. # 25. 29. 40. # 59. 66. 68. 72. 87. 88. 129. 133. _Pantbeon._ Vedi _Rotonda._ _Paolo_ V. Papa. Sua opera nella Ba$ilica # Vaticana. # 10. _Pergolato_ $ulla porta del Palazzo Algarot- # ti di Venezia. Suoi errori. # 75. # Suo di$egno Tav. XXXIII. _Peruzzi_ Balda$$arre, Architetto citato. # 10. _Pe$i_ po$ti $ul fal$o. Con$iderazioni intor- # no a que$to errore. # 118. _Piano_ dell’Opera. # 1. -e arcata della Scala del Palazzo di # Spagna in Venezia difetto$i. # 126. # Loro di$egno Tav. LVIII. _Piedi$talli._ Loro u$o $uperfluo. # 124. 125. # Loro di$egni Tav. LVII. _Pila$tri_ tagliati, qual difetto. # 57. # Loro di$egno Tav. XXV. -della Cappella Maggiore di S. Maria # de’Miracoli di Venezia. Loro di- # fetti. # 118. # Loro di$egni Tav. LIII. _Pirane$i,_ $uo intaglio della Ba$ilica Vatica. # na. # 11. _Porta_ interna nel Palazzo Borghe$e di Ro- # ma. Suoi errori. # 4. # Suo di$egno Tav. I. -nella Chie$a di S. Gio: Laterano di # Roma. Suoi difetti. # 6. # Suo di$egno Tav. II. -interiore della Chie$a di S. Martino # di Venezia. # 6. # Suo di$egno Tav. II. _Porta_ delle due piccole della facciata di # S. Pietro di Roma. Suoi difetti. # 8. # Suo di$egno Tav. III. -entro la Ba$ilica Vaticana. Suoi er- # rori. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Collegio di Propaganda di Roma, # difetto$a. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -Principale nella Sala dello $te$$o Col- # legio. Suoi errori. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -nel portico $uperiore del Palazzo del- # la Sapienza di Roma. Suoi errori. # 23. # Suo di$egno Tav. VIII. -nel Clau$tro de’PP. Filippini di Ro- # ma. Suoi errori. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -_Pia,_ una delle Porte della Città di # Roma. Suoi difetti. # 29. # Suo di$egno Tav. XI. -del Palazzo dei NN. CC. Sermoneta # di Roma. Suoi errori. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Palazzo di Villa Borghe$e. Suoi # difetti. # 31. # Suo di$egno Tav. XII. -dell’O$pizio a Ponte Si$to in Roma. # Suoi errori. # 31. # Suo di$egno Tav. XII. -del Palazzo Ale$$andrino. Suoi difet- # ti. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Palazzo Cenci alla Dogana di Ro- # ma. Suoi difetti. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Palazzo Altieri di Roma, vizio$a. # 33. # Suo di$egno Tav. XIII. -in Campidoglio nella nuova Fabbri- # ca. Suoi difetti. # ivi. [0106] # Suo di$egno Tav. mede$ima. -nel $econd’ ordine del Palazzo Vati- # cano. Suoi errori. # 33. # Suo di$egno Tav. XIII. -con ringhiera nel Palazzo Panfili di # Roma. Suoi difetti. # 35. # Suo di$egno Tav. XIV. -del Palazzo della Sapienza di Roma. # Suoi difetti. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Palazzo di S. A. R. il Gran Duca # di To$cana in Roma. Suoi difetti. # 37. # Suo di$egno Tav. XV. -del Palazzo del Senator di Roma. # Suoi errori. # 39. e $eg. # Suo di$egno Tav. XVI. -del Palazzo del Principe Grillo di Ro- # ma, vizio$a. # 40. # Suo di$egno Tav. XVII. -del Palazzo Lancellotti in Roma. # Suoi errori. # 43. # Suo di$egno Tav. XVIII. -nel Fondaco dei Tede$chi di Venezia. # Suoi errori. # 50. e $eg. # Suo di$egno Tav. XXI. -$ul piano della Scala del Palazzo Ci- # vran in Venezia, vizio$a. # 51. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -della Sagre$tia di S. Maria de’Mira- # coli di Venezia. Suoi errori. # 53. # Suo di$egno Tav. XXIII. -laterale di detta Chie$a. Suoi difet- # ti. # 53. # Suo di$egno Tav. XXIII. -della Chie$a di S. Martino in Vene- # zia, vizio$a. # 57. # Suo di$egno Tav. XXV. -di riva del Palazzo Pe$aro di Venezia, # difetto$a. # 59. # Suo di$egno Tav. XXVI. -d’Ordine Dorico al Ponte dell’aceto # a’SS. Gio: e Paolo in Venezia. Suoi # di$etti. # 62. # Suo di$egno Tav. XXVII. -del Campanile di S. Bartolommeo di # Venezia. Suoi errori. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -ru$tica dietro alla Chie$a di S. Ma- # ria Formo$a in Venezia, Vizio$a. # 64. # Suo di$egno Tav. XXVIII. -altra della $te$$a Chie$a. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Palazzo Cavagnis a S. Severo in # Venezia. Suoi di$etti. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -del Palazzo Grimani a San Luca in # Venezia. # 66. # Suo di$egno Tav. XXIX. -bizzarra nella facciata della Chie$a # de’PP. Ge$uiti di Venezia. # 116. # Suo di$egno Tav. LII. -del Palazzo Pi$ani a San Angiolo in # Venezia. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -della $agre$tia in S. Lio (S. Leone) # di Venezia, difetto$a. # 122. # Suo di$egno Tav. LVI. -nuova della Chie$a di S. Niccolò di # Venezia. # 126. 127. # Suo di$egno Tav. LIX. -nel $econdo Clau$tro dei Frari di Ve- # nezia, difetto$e. # 120. # Loro di$egni Tav. LIV. _Pozzo_ ornato nello $te$$o Clau$tro difetto- # $o. # 122. # Suo di$egno Tav. LVI. _Pozzi_ Padre, ec. Architetto bia$imato. # 39. 43. 46. _Proporzioni_ di fine$tre, nicchj, ec. vizio- # $amente po$ti. # 129. 130. _Pulpiti,_ e porte laterali in S. Ba$ilio di # Venezia. # 127. # Loro di$egni Tav. LIX. R R_Ifte$$i_ $opra lo $tato pre$ente dell’Ar- # chitettura. # 2. _Rimenati_ $proporzionati di varie Chiefe # di Venezia. # 83. _Rimenato_ vizio$o in S. Maria Zobenigo # di Venezia. # ivi. # Suo di$egno Tav. XXXVII. _Ringbiera_ difetto$a del Palazzo Grimani # a S. Luca in Venezia. # 113. -altra $imile nel Palazzo Pe$aro. ivi. -altra $imile nel Palazzo Cornaro in # calle della Regina. # ivi. e 114. # Loro di$egni Tav. LI. _Ringhiere_ difetto$e e$po$te. # 37. # Loro di$egni Tav. XV. _Roma._ Vizj di $ua moderna Architettu- # ra. # 8. _Ro$elini,_ Antonio Architetto. Sua opera # per la Ba$ilica Vaticata. # 10. _Rotonda._ Errori $coperti nel moderno di # que$ta Fabbrica. # 16. # Di$egni della mede$ima Tav. V. -Ri$tauri bia$imati. # 18. # Di$egno dei ri$tauri Tav. VI. -come andrebbe accomodata. # 21. # Nuovo di$egno di ciò Tav. VII. S S_Camoccio,_ Architetto citato. # 62. # _Serraglie_ d’archi improprie. # 136. 137. _Soglia_ di porta nella Chie$a di S. Barna- # ba di Venezia, $uoi $o$tamziali di- # fetti. # 51. [0107] # Suo di$egno Tav. XXI. -di porta nel Palazzo Gra$$ii di Ve- # nezia. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. -di fine$tra nella Scuola di S. Angiolo # di Venezia. # ivi. # Suo di$egno Tav. mede$ima. _Soglie_ difetto$e, quali. # 50. -aggravate $ul fal$o. # 59. # Loro di$egni Tav. XXVI. V V_Aticano,_ Tempio. Errori nella $ua # e$terna, ed interna Architettura e- # $po$ti. # 10. e $eg. # Di$egno della parte interna Tav. IV. _Venezia,_ e$ame delle $ue Fabbriche. # 50. # e $eg. _Verone$e,_ Frate Jacopo Architetto citato. # 10. _Vicentini_ Antonio, Autore. Motivi, che # lo hanno determinato a que$t’ o- # pera. # 2. e $eg. _Vignola_ Architetto citato. # 46. 62. _Vitruvio_ citato. # 25. 59. 132. _Vittone_ Antonio Architetto bia$imato. # 46. # Suoi di$egni difetto$i Tavole XIX. XX. # XXII. [0108] [0109] OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. CAPO PRIMO.

                          COL pre$ente Capitolo $i porranno $otto gli occhi i pernicio$i$$imi errori intro- dotti dagli Architetti del pre$ente Secolo, che deformano la bellezza, e la grazia della $empre lodevole $tudiata Architettura, che viene grandemente alterata da chi $cherza bizzarramente, comecchè l’Architettura fo$$e un’arte $oggetta alla moda: co$a fal$i$$ima, poichè ella ha per direttore l’ottimo, e perfetto regolamento delle Parti, che la compongono. Laonde io Antonio Vicentini Veneziano, non già per mole$tare i $aggi, e periti Architetti da me perpetuamente e $timati, e com- mendati, ma per dilungar l’abu$o de’licenzio$i, e $corretti, che gua$tano il magni- fico, e degno di lode, e che fanno $capito al buon ordine po$itivo dell’e$$er $uo an- tico, e buono, imprendo la pre$ente fatica.

                          Seguo pertanto in ciò le tracce di Teofilo Galaccini inve$tigatore diligenti$$imo degli errori dell’ Architettura, che correvano al tempo $uo, avendone egli nel $uo Mano$critto molto a lungo trattato in ogni gui$a, e di più $timolando i po$teri, rinvenendone de’ nuovi, ad unirgli a que$ti $uoi, affinchè veggiano gli $tudio$i la $omma importanza d’e$$er pienamente informati di tutto quello, che $concia la no- biltà d’una tal Arte, e$$endo $empre vero, che i buoni Architetti, i quali regolata- mente $i $ono $erviti dei cinque Ordini dell’Architettura nelle loro fabbriche, hanno con$ervato perpetuamente il buon $i$tema delle parti mede$ime, nè mai hanno ab- bandonato con irregolarità il retto lor fine. Su que$te tracce, io ripeto, conviene anche a me il farmi ora ad o$$ervare certi di$dicevoli ripieghi, così detti da chi volle $o$tenere il $uo bizzarro intendere, facendo fare compar$a Scenica a quelle co$e, che in tutto e per tutto debbon con$ervare la naturale $olidità, parte principale dell’ Architettura. Si $ono ai dì no$tri inoltrati a $egno gli errori, che $i può dire, e$$er rinato l’u$o della barbara, e $concia Architettura, collo $cherzare, cioè, e muover le cornici, i fronte$pizj, e gli archi $te$$i irregolarmente, e fuor del dovere, facendo- gli po$are $ul fal$o, e fuori del piombo, tagliati, e $ciolti dall’unione, e legamento delle parti mede$ime, che armonicamente debbon$i tenere unite, e con$onanti per la buona lor nobiltà, altra Parte importanti$$ima alla $te$$a Architettura: a tal fine io ne e$porrò gli e$empj rilevati dalle mede$ime fabbriche in tu@te le maniere; lo che $ervirà per maggior te$timonianza di quanto a$$eri$co; e que$ti de’Templi e d’altro, che po$$a approvare la ragione, ed il buon modo di maneggiare l’Architettura, e non confondere, o alterare gli Ordini $te$$i, in gui$a che non $i rilevi, qual $ia il $uperiore, o l’inferiore, accavalcandogli l’uno $opra l’altro, $iccome ho in varj luo- ghi o$$ervato, come altresì $oglie di porte, e di fine$tre pe$anti, ed eziandio certe cime d’Altari piene di $travagante bizzarria, fuori del buon gu$to, che $ono piut- to$to chimere, che Architettura: e per meglio e$primere il mio pen$iero, e l’incoe- renza di così fatti abu$i, e di$ordini, ad onta degli ottimi in$egnamenti la$ciatici dai no$tri Maggiori, $embrami acconci$$ima la comparazione del corpo umano, che nel $uo comple$$o d’o$lature, e di mu$coli, parti al $uo $o$tentamento, e leggiadria nece$$arie; $e que$te $ieno di$ordinate o per i$tirature di braccia, o di gambe, o per isforzi di vita, viene a perdere e$$o corpo tutta la $ua forza, e vigor naturale: nel- la gui$a $te$$a l’Architettura, allorchè fia slegata, o sforzata più del dovere nelle $ue parti, $ia nelle cornici, $cherzando fuor di propo$ito, $ia nei fronte$pizj tagliati $garbatamente, eccedendo $overchio in altezza, o formandogli gonfi, $travolti, in- cartocciati, e fuori del vivo. Stiracchiature $on que$te, che di$ordinano il naturale loro e$$ere, ed il fine, per cui $ono $tati dalla $te$$a Architettura introdotti, e ten- dono a deformare il $odo, e la gentilezza, con cui debon e$$er u$ati. Dai quì e$po- $ti e$empj $i rileverà maggiormente il da me detto, e $i comprenderà, quanto im- porti, che $i e$cluda vizio tanto pernicio$o ad Arte così nobile, e così perfetta.

                          [0110]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Rifle$$i $opra il pre$ente $tato dell’ Architettura.

                          Convien quì per farci meglio intendere il con$iderare, qual giovamento ne verrebbe a un infermo, $e dopo che il Medico l’ave$$e vi$itato, ed ave$$egli con attenzione ta- $tato il pol$o, cono$ciuto non ave$$e la natura della febbre, e del morbo, che lo $com- pone, e di$ordina, e po$cia non gli ordina$$e i rimedj atti a ri$anarlo? Tutto cer- tamente $arebbe inutile, mentre languirebbe il pover uomo abbandonato al $uo ma- le. Mi figuro io adunque di vedere nel mede$imo deplorabile $tato l’Architettura, omai qua$i cadente per la febbre attaccatale dagl’imperiti: e veggio oramai il male tanto avanzato, che la mi$era $i trova a mal partito, e qua$i di$$i, abbandonata. Se le o$$ervazioni degli $convolgimenti d’ordini pre$$ochè irrimediabili fanno toccar con mano quanto a$$eri$co, nulladimeno credo nece$$ario il farci a diligentemente e$aminare tutte quelle circo$tanze, ed errori, che finora l’hanno oppre$$a, ed e$po- $ta così di$ordinata, e mancante di quelle parti, che realmente $e le $pettano, per ricovrarla nel primiero perfetto e$$er $uo, sì importante, non meno per la $ua $ti- mabilità, che $empre mai $u con$iderata, che ancora per i vantaggj, ed utilità di quei $oggetti, i quali bramano le loro abitazioni comode non meno, che decoro$e per $e, e per la $te$$a lor Patria.

                          I rimedj adunque a ciò conducenti, $ieno tutti quei proficui avvertimenti, ed i$truzioni $ommini$trateci dall’ erudito Sig. Teo$ilo Galaccini, non $olo per la norma di bene operare, ma eziandio per tutte quelle informazioni, e documenti dal mede- $imo la$ciatici col $olo fine di render per$etto l’Artefice.

                          A que$ta $ua fatica s’aggiungano gli accennati vi$ibili errori, e$po$ti con figure, affinchè meglio vengano rilevati, e fuggiti, $coperti, di$egnati, e intagliati da me Antonio Vicentini Veneto, accompagnati da giu$ti dicevoli rifle$$i, e da convincenti ragioni: e que$to coll’unica mira di re$tituire la primiera $alute, e $tato perfetto all’ Architettura da qualche tempo gravemente ammalata. Giu$ti motivi $on que$ti, per mio avvi$o, e tali, che mi hanno determinato a pen$are non $olo al vantaggio dell’ Arte, ma altresì al decoro della $te$$a mia Patria, della quale mi glorio e$$er figlio, e per la quale non ce$$erò mai di affaticarmi giu$ta mia po$$a.

                          Potrei dir molto di più intorno a ciò: ma mi $tenderò di vantaggio, allorchè trat- terò dei cinque Ordini partitamente, e$ponendo per minuto cia$cheduna lor parte, per più intelligenza di chicche$ia, che voglia a tale $tudio applicar$i; e con ciò verremo a rimettere nel $uo vero e$$ere la bellezza dell’antica Architettura Greca, e Romana. Pre- go il Sommo Dator d’ogni bene, che $i degni concedermi vita, e$anità, ond’io po$$a affaticarmi pel profitto degli $tudenti, $endo in e$tremo portato a $ar sì, che la bell’ Arte, $e fia po$$ibile ri$orga, $icchè continui, come lo fu già, ad e$$ere la delizia dei Monarchi, che $erviron$ene per innalzare Archi pei loro Trionfi, $ontuo$i Edifizj a lor gloria immortale; come altresì continui a coltivar$i ed e$$er prezzata nella no$tra Do- minante eterna Repubblica, ove i copio$i magnifizj Edifizj dimo$trano il genio grande e magnifico dei nobili Cittadini di tal Arte protettori, e vaghi oltremodo di nobilitar $empre più la loro immortal Patria, dalla qual protezione ne è originato il lu$tro maggiore dell’Arti Liberali; e $ingolarmente dell’ Architettura $ono$i e$$i $egnalati al par dei Romani, vantando quel pregio, che potrebbe dir$i inarrivabile, per la mae- $tà e moltiplicità delle loro magnifiche fabbriche, Templj, Palagj, ed altri $ontuo$i Edifizj, de’quali abbonda, e va $uperba la bella Città Dominante di Venezia.

                          Poichè convien fare alcuno e$ame intorno agli errori, o difetti del corpo umano, $arà bene, che incominciamo dal Corpo, e$aminando, $e abbia deformità, che lo renda $concio, e privo di quella per$ezione, che $e gli conviene; così è proprio il far$i prima di tutto a $cuoprire gli errori comme$$i dagli Architetti mal pratici, e poco avveduti, sì nell’operare, che nel maneggiare la nobile e bella Architettura, in tutte le $ue parti, e con$iderazioni $empre per$etta. Conviene pertanto cominciar da Roma Capo primario di grandi, e magnifiche $abbriche, sì antiche, che moder- ne. Le o$$ervazioni, che $i faranno $opra alcuna $ua antichità, non $aranno mai per detrarre alla $ua $tima, ma bensì per ammae$trarci. Quelle poi, che $i $aranno in- torno alle fabbriche moderne, $erviranno per mani$e$tare ciò, che $ia errore, e di- fetto, $empre da $chivar$i, con avere in avvenire più l’occhio al decoro di que$t’ Arte.

                          Le figure, che quì appre$$o e$porrò, $ono già a comune contezza, non $olo per le fabbriche $te$$e, che e$i$tono, ma eziandio per le molte $tampe pubblicate in varj [0111]DEGLI ARCHITETTI. tempi sì di palagj, che di vedute, e ve ne ha in buon numero; dalle quali raccol- te molte ne ho tratte, come altresì da altre $tampe particolari, che ho voluto ve- dere, affinchè ciò, che viene a$$erito, abbia il $uo fondamento; e perchè mai io non po$$a e$$er tacciato di non averle vedute, o e$aminate, dichiarandomi di non aggiun- gere un’ jota di più di quello, che ho veduto e$pre$$o in e$$e $tampe: e $e per av- ventura vi $o$$e alcuna co$a, che non $i rileva$$e giu$ta, e a norma della mia e$po- $izione, ciò potrebbe accadere, o per alcuno errore, che $o$$e nelle $tampe e$po$te, oppure nelle $abbriche $te$$e vi fo$$e alcuna co$a $tata migliorata , come bramerei , che fo$$e pel maggior decoro e perfezione delle fabbriche divi$ate.

                          Fine$tra, e Loggia della Benedizione nel Palazzo Pontificio al Quirinale.

                          Figura, che dimo$tra la fine$tra, o $ia Loggia della Benedizione nel Palazzo Pon- ti$icio al Quirinale, in cui $i rilevano diver$i errori comme$$i dall’ Architetto.

                          Diremo adunque, come l’arco di que$ta fine$tra, che $i $tende a rido$$o dell’ Ar- chitrave, e tutto lo cuopre, viene a togliere al mede$imo il $uo u$izio. Il difetto $te$$i$$imo $i rileva altresì nell’ arco della porta del Palazzo Chigi, che taglia, e cuopre tutto l’ Architrave nella gui$a $te$$a: co$a affatto deforme, non v’ e$$endo ra- gione alcuna, che po$$a ammettere cotali $cherzi, nè co$a e$tendovi, che altri $cu- $ar po$$a da tale errore. E $e per avventura mi $i pone$$ero innanzi da taluno le quattro arcate, due delle quali fanno l’ ufizio di portoni nell’ Anfiteatro di Pola, ri$ponderò, che anche que$te tagliano l’ Architrave corrente: e $e mi $i dice$$e, che e$$endo que$ta fabbrica antica, può $ervire d’e$emplare, e può imitar$i, $econdo la relazione delle $coperte fatte $opra tale Anfiteatro dal Conte Gian-Rinaldo Carli Rub- bi; ri$ponderò di nuovo, che il porre in pratica $iffatto abu$o è $tato, è $arà per- petuamente un errore da $chivar$i: tanto più, che $opra l’ arco a bel principio divi- $ato, trova$i collocata la Statua della Vergine $edente col Bambino in braccio: im- perciocchè è certo, che que$ta $igura per $edere dee occupare dello $pazio, e quì non può e$$ervi $e non quel poco, che tiene lo $porgimento della cornice dell’ arco e della te$tolina del Cherubino, che forma $erraglia: nè $ervirà il dire, che le poche nuvole po$te a’ fianchi, le quali pure appoggiano $opra l’ arco, facciano comparire la $tatua in aria, e $o$tentata dalle mede$ime: nè tampoco $i dee $upporre $cherzo pittore$co, poichè in tal ca$o le nuvole dovrebbero e$$er mo$$e in altro modo più bizzarro, e non appoggiate come $i trovano, a modo di piedi$tallo. Se $i o$$erverà pertanto il pre$ente di$egno, $i rileverà meglio quanto e$pongo, con que$to di più, cioè, che la $te$$a cornice gli pa$$a dietro; e que$ta in vece di formargli $edia, la $pinge in fuori; nè mai può approvar$i un tal pen$iero, qualora $upporre non $i vole$$e, che fo$le un’ Immagine dipinta $opra una tavola, e non una Statua di pie- tra. Si o$$erva inoltre, che il mede$imo fronte$pizio $opprappo$to, $orpa$$a colla pun- ta, e taglia la cornice $uperiore fin $otto al gocciolatojo: $concerti $omiglianti ban- di$cono il buono, ed in$egnano ai po$teri errare a man $alva. Quanto mai $tupireb- bero in faccia a tali errori gli Antichi Mae$tri d’ Architettura, che appunto $i $pac- ciano battezzandogli per bizzarrie! Non in$egnarono e$$i giammai co$e tanto $conce, come po$$iamo o$$ervare dalle fabbriche dell’ antica Roma, il cui gran pregio non e$tinguera$$i giammai: ed e$$a $ola $ervir dovrebbe di con$u$ione alla moderna Ro- ma, la quale non fa mo$tra che d’ Architettura licenzio$a e teatrale piena d’ imba- razzi e $torpiature, come rileva$i dalle $te$$e moderne fabbriche.

                          Fine$tra di mezzo nel Palazzo dei Con$ervatori di Roma.

                          Dalla novità di que$ta fine$tra, che rappre$enta piutto$to un’arcova da camera, che una fine$tra principale in una facciata di Palazzo famo$o in Roma, $i rileva l’ Architetto, che ne fu autore lontani$$imo dal $ano pen$are, non meno ri$petto alla magni$icenza del $ito, che per intelligenza di $oda Architettura, che certamente in e$$a fine$tra t<007>on $i rileva. Poco vi vuole a ricono$cerla di$etto$a: il vederla $olo co- sì mal concia nel rimenato, che appoggia sì male $opra la cornice, che nulla a$- fatto corri$ponde colla mede$ima, fa cono$cere l’ e$$er $uo fal$o, e $munto: quin- di con$iderando le due cartelle, che $porgono in fuori ( mi $o a credere, che ciò $ia ad e$$etto di ri$tringere il vano, che $arebbe compar$o tozzo, ed anche per $upplire al $o$tegno dello $te$$o rimenato: ma tutto que$to forma compar$a teatra- le, e nulla più ). Il fronte$pizio poi, che altro non ritiene, che la $ola gola, e il [0112]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI gocciolatojo, re$ta povero, e $ecco, rompendo colla $ua cima l’ inca$$atura del riqua- dro corniciato, che l’ abbraccia.

                          Sarà dunque da avvertire, che tutte quelle $igure, le quali s’ adornano in Archi- tettura, altro fine aver non debbono, $e non $e quello, che richiede e$$a Architet- tura per $uo decoro, e mae$tà: quindi $i debbon bandire tutte le bagattelle, che non po$$ono e$$er commendabili, nè mai lo $aranno pre$$o i pro$e$$ori d’ottimo gu$to e per$etto, i quali $eguono, e perpetuamente $eguiranno l’ e$empio degli An- tichi per con$ervare la vera e per$etta Architettura.

                          Porta interna nel Palazzo Borghe$e.

                          Appari$ce que$ta porta interna nel Palazzo Borghe$e con una $oglia $travagante, perchè nella mezzeria viene ad e$$er raddoppiata: e $iccome a rido$$o è po$ticcia, non $i $a intendere, come regger $i po$$a. Inoltre la le$enadura di mezzo $otto alla corni- ce tiene le gocce, e il fe$toncino nel riquadro me$chini$$imo, e di$acconcio ornato $opra una porta mae$to$a: ed è un nuovo argomento di ciò, che quì $opra abbiam detto, ri$petto agli ornati in Architettura. In que$ta porta non $i rileva di buono, che le alette ne’$ianchi cartellate. Che mai abbia pen$ato di fare l’ Architetto, non $aprei indovinarlo: dico bene, che $i$$atte invenzioni non po$$on mai e$$er amme$$e, e che $arà $empre condannabile chi così pen$a.

                          [0113]DEGLI ARCHITETTI. Fine$tra di mezzo al Palazzo delli Sig.<_>ri Con$ervatori di Roma Fine$tra è Loggia della Benedizione nel Palazzo Ponti$icio nel Quirinale. Porta interna nel Palazzo Borghese [0114]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta nella Chie$a di San Giovanni Laterano, che conduce nel Palazzo Lateranen$e.

                          Que$to sì, che veramente è un bel pen$are! Unire due porte in una, quando una $ola ba$tava a formare la $te$$a figura. Ed a che $erve mai l’ aver po$to lo $tipite delle due porte per dividere le mede$ime, quando que$to ingombra, e non accre$ce nobiltà, anzi $terili$ce la figura $te$$a? Vi $arà for$e taluno, che per difender l’Ar- chitetto, voglia dirci, che una tale larghezza non poteva aver proporzione coll’ al- tezza, e che perciò venne forzato a prendere un $iffatto ripiego? Ri$ponderei io pertanto a que$to tale, che i fori debbon e$$er perpetuamente accomodati al proprio $ito; e certamente l’Architetto dee u$are tutte quelle diligenze, ed o$$ervazioni, che po$$on convenire ad un tal $ito, per adoprar$i colla maggior bravura, e perizia po$- $ibile. Anche un $ol foro poteva far$i beni$$imo, variando la figura con quei miglio- ri compen$i, che l’Arte può, e $a $uggerire, allorchè que$ti vengano inte$i dall’Ar- chitetto. Non è da dubitare, che quell’ Architetto avendo pen$ato nella gui$a divi- $ata, non abbia a un tempo $te$$o creduto la co$a molto pellegrina, e bizzarra, non accorgendo$i dell’inganno, che quindi ri$ultava, vale a dire, di tozzo, e pe- $ante: di tozzo, poichè la $ua luce in tutt’e due le porte è d’un $olo quadrato: di pe$ante, perchè il quadro, che forma la propria $oglia colla $ini$tra, che $o$tiene la $opraccornice le$enata, e porta fronte$pizio fino alla mezzana di detto quadro, ve- nendo tutto que$to a formare un gravo$o gruppo $opra la $oglia mede$ima, taglia inoltre l’architrave $te$$o della propria cornice, ed il fronte$pizio po$tovi così $car- $o, e me$chino $opra la gola della cornice, la quale deve$i certamente levare, per dar maggior corpo allo $te$$o fronte$pizio, e nel tempo mede$imo leggerezza alla $te$- $a cornice: e poi con$iderando la figura di quei due Serafini così imbarazzata nelle $ue ale, le quali ingombrano al traversìo il fronte$pizio, facendo compar$a confu$i$- $ima, e niente adorna. Tutto il buono, e il bello, che quì $i può con$iderare, $i ri$tringe alla $ola medaglia del Pontefice po$ta nel mezzo, e meglio a$$ai vi $arebbe- ro riu$citi due Angioletti po$ti $opra i fronte$pizj in atto di $o$tenere con avvenenza detta Medaglia, in vece di quegli aggruppati, e mal po$ti Sera$ini ( che null’ al- tro po$$on rappre$entare che amore ) dove in que$to luogo non rappre$entano $e non confu$ione, $iti ingombrati, o per dir meglio $torpiature fatte alla perfetta Archi- tettura.

                          Porta interiore della chie$a di Santa Martina, e San Luca.

                          Que$ta porta fra le molte o$$ervate ha alcuna differenza a motivo del pe$o po$to $opra la propria $oglia, formando una zanca fal$i$$ima, e taglio al di $otto, che $ca- va la mede$ima, riducendola più debole, e $concia: quindi i due ri$alti con goc- cie, che $o$tengono a $ini$tra il timpano, e fronte$pizio di pe$ante forma, tutto a rido$$o della $uddetta $oglia: que$ta certamente non potrà mai dir$i grazio$a, e gen- tile, ma $arà $empre bia$imata; oltre di che lo $te$$o timpano viene a tagliare la cornice, che appoggia $ulla $ini$tra dello $tipite; e que$ta $compari$ce, e$$endo tron- ca; come altresì il fe$tone appe$o alla cartella, rimane tagliato, quantunque po$$a $uppor$i, che pa$$i dietro per unir$i nella mezzaria della $ini$tra $otto il timpano. Ciò volendo $upporre, convien dire, e$$er lo $te$$o timpano in aria, non $itto nel muro: in $omma $i$iatte invenzioni non debbon$i mai porre in pratica, ove $ia vera Architettura, che richiede $olidità, e non aeree fanta$ie. Que$to potrebbe $tare, $e tutto il di$egno altro non fo$$e, che cartelle, e fogliami, nel qual ca$o altri tutto $i fa lecito per motivo del capriccio$o intreccio, co$e e$$endo tutte que$te, nelle qua- li $i può $cherzare a talento, lo che non è lecito ove $i tratta di $eria Architettura.

                          [0115]DEGLI ARCHITETTI. Porta nella Chiesa di che conduce nel S. Giõ: in Laterano, Palazzo Papale. Porta di dentro della Chiesa di S.<_>a Martina, è S. Luca. [0116]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Una delle due picciole Porte po$te $opra la facciata di San Pietro di Roma.

                          Picciola porta è que$ta di me$chino ornamento po$ta accanto alle tre maggiori nella facciata di San Pietro fra gl’intercolunnj delle colonne principali, della quale, come altresì delle fine$tre, ragiona il Galaccini a carte 76. e 77. E di vero com- pari$ce que$ta porta più nicchia per una Statua, che porta d’un Tempio sì magni- fico, e grande. Ella è gretta, e me$chini$$ima. Il $olo vederla così piena di bagat- telle, con i$concia $erraglia, e povera fa$cia nell’arco, e $enza impo$te, affatto pri- va di quei requi$iti, che in quel $ito le converrebbero, fa giudicare, che meglio a$$ai $tato $arebbe il non porvela, mentre non corri$ponde in parte menoma colle altre, nè coll’ Architettura di tutto l’intiero comple$$o. Errori $on que$ti, che mo$trano l’ Architetto digiuni$$imo di quella cognizione, che è nece$$aria per rettamente operare.

                          Porta entro la Ba$ilica Vaticana.

                          Offervabile $i è pure que$ta porta per l’errore, che vi $i rileva, ed è, che $o$tie- ne tutto il pe$o della $opraccornice in fal$o, cioè, a rido$$o della propria $oglia, re- $tando la mede$ima caricata oltre il dovere, e pe$ante anche per la $ua figura, la quale appari$ce dalla $ini$tra mede$ima, che lo alza $opra il vano. E’ veramente co$a da $tordir$i il veder fare così reo u$o di quell’ Architettura, che quello $oltanto approva, che è ragionevole, e rigetta ciò, che è lontano dal vero, e perciò difet- to$o, e mancante.

                          Porta della Chie$a del Collegio di Propaganda Fide.

                          Non $i può mai dire a ba$tanza, quanto grande $ia l’errore di tagliar la propria $oglia con men$ole, non potendo que$ta mai e$$er tagliata, per non contra$tarle la $ua forza naturale; e tanto più, che la mede$ima re$ta aggravata dal pe$o della pro- pria cima, che le $ta al di $opra con fronte$pizio, oltre l’ arme, e i fe$toni, co$e tutte, che maggiormente l’opprimono. Tutto quello poi, che appari$ce ornamento, quì non fa il $uo effetto, ma produce piutto$to carico, e pe$o. ( Anche le $ini$tre ne’ fianchi $ono $trette dai riquadri dei pila$tri, che loro $tanno appre$$o, $enza $a- pere ove abbiano a terminare ). Bella co$a in vero operar $enza ragione, e porre $oltanto la rama d’ olivo, od altra co$a attaccata al cartoccio, per occupare il vano, e così confondere il termine dei mede$imi pila$tri!

                          Porta principale dentro la Sala del mede$imo Collegio.

                          Dee dir$i anche di que$ta porta, che trova$i pure aggravata $opra la $oglia in buo- na parte, e di pe$anti$$ima apparenza, o$$ervando$i nel rimenato la men$ola grande non leggiera, con le alette le$enate nei fianchi, dove termina la chiocciola del goc- ciolatojo, ed appre$$o i due $porgimenti di cornici, che compari$cono circolari, con i$cannellature, e goccie al di $otto: co$e tutte, che non reggono $econdo il dovere dell’Arte: ma $ono fanta$ie mere $ognate. O$$ervo eziandio e$$er con frequenza pra- ticato l’u$o dei Serafini così ingombrati nelle loro ale, i quali, in vece d’ apportar leggerezza, mo$trano per lo contrario pe$o, e goffezza. Ciò, che o$$ervo in que$ta porta, $i rileva in altre molti$$ime in Roma. Non $i creda però, ch’ io $ia per con- dannare l’u$o di tali Serafini; anzi a$$eri$co, che vanno beni$$imo, allorchè vengan po$ti ne’ luoghi, e colle funzioni ad e$$i $pettanti, decoro$amente; ma non po$$o mai approvar la maniera, colla quale veggogli sì $ovente me$$i in opera.

                          Fine$tre nel $econd’ Ordine della facciata dello $te$$o Collegio.

                          Fra tutte le $opraffine$tre di $concia figura, che $i o$$ervano nella facciata di que- $to Collegio, la pre$ente $i di$tingue, che in $e nulla ha di buono, e di bello. Servirà il $olo o$$ervar la $ua forma, come è compo$ta, e nel vedere que’ due cir- coli cantonali po$tivi per accre$cerle gentilezza ( così almeno dee congetturar$i che abbia creduto l’Architetto ) i quali girando nella coda all’ insù, $i portano a $o$te- nere il proprio fronte$pizio, quando que$to ad altro non $erve, che ad aggravare la $te$$a $oglia, formando in tal modo una figura goffa, e niente leggiera. Di tali $tra- vaganze è piena tutta Roma.

                          [0117]DEGLI ARCHITETTI. Una delle due picciole Porte po$te sopra la facciala di S. Pietro in Roma. Porta principale dentro la Sala del mede$imo Collegio. Porta entro la Ba$ilica Vaticana. Porta della Chie$a del Collegio di Propaganda Fide. Fine$tre nel $econd’ Ordine della facciata dello $te$$o Collegio. [0118]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Errori diver$i di malinte$a Architettura, che $i rilevano non meno dentro, che fuori del Tempio Vaticano.

                          Il Cavalier Fontana nel $econdo Libro della $ua Opera ai Capitoli terzo, e quar- to, a$$eri$ce, come intorno all’ anno 324. di no$tra Redenzione, dopo la guerra di Mezzenzio, da Co$tantino Magno fu eretta dopo il $uo Batte$imo la Ba$ilica nel Va- ticano, luogo delle Memorie di San Pietro. Che in quel luogo $te$$o Anacleto Papa $opr’ e$$e Memorie, e Corpo di San Pietro, alzò l’ Oratorio, e il Cimiterio per i Sommi Pontefici, ove appunto trova$i al pre$ente la Confe$$ione del nuovo Tempio. Cominciò Co$tantino a imitazione dei XII. Apo$toli a cavare dodici $porte di terra nel luogo, ove $i era de$tinato di gettar i fondamenti d’e$$a Ba$ilica. La mede$ima fu fatta in forma di croce, di grande capacità, per includervi quei dati $iti, nei quali erano $tati martirizzati tanti Cri$tiani, e venne finalmente e$$a Ba$ilica con$a- grata il dì 18. Novembre da San Silve$tro Papa, a contemplazione del quale fu la mede$ima dal detto Imperatore innalzata.

                          Niccolò V. poi ordinò all’Architetto Antonio Ro$elini la rinnovazione d’ e$$o Tem- pio: e Papa Giulio II. comandò a Bramante Lazzari da Urbino, a Giuliano da San Gallo, a Fra Jacopo Verone$e, a Balda$$ar Peruzzi da Siena, a Raffael d’ Urbino, ed a Gio: Bati$ta Berti, che forma$$ero un nuovo di$egno. Fra que$ti venne pre$cel- to Bramante, e fu $ul $uo di$egno dato mano al lavoro. Operò anche dopo del Bra- mante $otto lo $te$$o Giulio II. Antonio da San Gallo. Que$to $te$$o Papa ordinò po$cia il $uo $epolcro a Michel Angiolo Buonarrotti, al quale, dopo la morte del San Gallo rima$e la cura, e direzione del Tempio, ed egli ridu$$e la $orma di cro- ce $otto i Pontificati di Leone X. d’ Adriano VI. di Clemente VII. e di Paolo III. il quale dichiarò Capo della Fabbrica e$$o Buonarrotti, approvandone il $uo model- lo. Continuò il Buonarroti l’ opera $ua anche $otto Giulio III. Marcello II. e Pao- lo IV. da cui benchè Pirro Ligorio come $uo Architetto $o$$e de$tinato a que$ta fab- brica, tuttavia non gli fu perme$$o il porvi mano, per aver tentato di di$truggere le ordinazioni di Michel Angiolo. Pio V. ele$$e Jacopo Barozzi da Vignola, con precetto di nulla innovare ri$petto alle di$po$izioni di Michel Angiolo. Gregorio XIII. non mancò di far continuare i lavori; e nel Pontificato di Si$to V. con ogni celeri- tà venne accudito a cuoprire il Tempio con farvi innalzare la Cupola con i di$egni di Michel Angiolo, $otto la cura di Jacopo della Porta, il quale per e$$er molto vec- chio ebbe l’ajuto a$$egnatogli del Cavalier Domenico Fontana. Dal tempo di Si$to V., d’Urbano VII., di Gregorio XIV., d’ Innocenzio IX., di Clemente VIII., fino al Pontificato di Paolo V. re$tava ancora in piedi la parte della Ba$ilica vecchia, la quale più non potendo$i riparare, $i determinò finalmente que$to Papa a farla de- molire, e ad aggiungere colla $te$$a occa$ione alla figura quadrata del Buonarroti quella porzione ordinata da e$$o Paolo V. $otto la direzione di Carlo Maderni.

                          La Magnanimità d’Urbano VIII. ordinò all’ Architetto Cavalier Bernini l’erezio- ne di due campanili per magnificenza, e $ovranità del Tempio Vaticano, e in$ieme per ornamento della facciata; ma per l’i$tabilità della parte, $u cui po$avano, ben- chè vi fo$$e per direttore lo $te$$o Maderni, nulladimeno nel Pontificato d’Innocen- zio X. fu tolto l’ordine dei Campanili. Dovevan que$ti e$$er po$ti $opra i pa$$aggj, che conducono alla parte po$teriore del Tempio. Que$ta facciata fu eretta di figura quadrilunga nel Pontificato di Paolo V. e $i argomenta, che i Pro$e$$ori di quel tempo non ave$$ero la nece$$aria e$perienza per creare idee nobili, e adeguate ad un sì co$picuo edifizio, come neppure per imitare glì ornamenti laterali del Tempio, e quelli del tamburo della Cupola; $endo no$tro parere, che non fo$$e dai mede$i- mi bene inte$a la di$tribuzione delle porte, e di tutto il rimanente.

                          Tutto il da me finora divi$ato vien riferito dal nominato Cavalier Fontana nel $uo V. Libro del Tempio Vaticano al Capitolo II. continuando a rilevarne diver$i errori fino a carte 285. ove ragiona di quei mendicati fori della facciata con orna- menti così minuti, che $cemano il decoro dell’ edifizio; e continuando a parlare del- la $acciata per le $conce $ue parti, dopo d’aver parlato dei grandi colonnati, e cor- nici ordinate dal Buonarroti, pa$$a a ragionare d’altro ordine inferiore $o$tenuto dal principale, compo$to di parti mi$te sì improprie, che non ci è riu$cito trovare il loro proprio nome $econdo gli Antichi. E’ que$to compo$to di me$chini pila$tri, nella $ommità dei quali $i veggiono de’Cherubini, che mo$trano di dirigere i capi- telli colla cornice, in vece d’ architrave, $opra la quale rimane quella picciola ba- [0119]DEGLI ARCHITETTI. lau$trata a$$orbita dall’ altezza di quelle $tatue, che ad e$$a $on $oprappo$te, rappre- $entanti i XII. Apo$toli, ed il Redentore nel mezzo. Continua lo $te$$o Autore a $cuoprir $empre nuovi errori comme$$i nella $uddetta facciata, non $olamente per ciò, che $i è divi$ato, ma eziandio per la giunta del Tempio fatta fare da Paolo V., la quale non corri$ponde alla linea diametrale, ma forma angolo ottu$o entro il Tem- pio mede$imo, e non linea retta, com’e$$er dovrebbe. Così leggiamo nell’accennato Libro da carte 203. fino alle 261. ove termina coll’aggiunta dei campanili.

                          Si rileva da ciò, che $i è detto finora evidentemente, e$$er que$ta riu$cita una fab- brica di$ordinata a motivo dei diver$i Architetti, che la compo$ero: e veramente dà nell’occhio in primo luogo la $ua piantazione così me$china in proporzione della gran mole: ed in fatti o$$ervate i grandi pila$tri Corintj piantati $ul pavimento, $enza al- cuno innalzamento, come richiedeva il decoro, e la grandio$ità, che $i face$$e: poi- chè lo $te$$o $arebbe, che un Per$onaggio fo$$e riccamente ve$tito, ed ave$$e i piè $cal- zi, e nudi, e $enza $carpe. O$$erva$i inoltre con $orpre$a la di$uguaglianza degl’ in- tercolunnj, parte $tretti, e parte larghi, $icchè le nicchie inca$tratevi, alcune rie$con comode, altre grette ed angu$te, e que$to a motivo della $correzione dei mede$imi intercolunnj; quindi il di$ordinato modo di piantare i pila$tri $epolti nello $porto del- le cornici delle impo$te degli archi delle Cappelle, che ri$altano in fuori di e$$i con taglio $piacevole, e $concia figura, fuori dell’e$$er $uo naturale, il quale con$i$te nell’ e$$ere al dritto del vivo de’proprj pila$tri, e non più. Non sò, come po$$a $o$$rir$i un tal di$etto, $enza fare le dovute rifle$$ioni pel retto $i$tema delle proporzioni, che dee $empre avere in mira un vero Architetto. Certamente in que$t’ opera fu quel tale di$uguale e $corretto; poichè chi può mai immaginar$i, che tali cornici così ta- gliate po$$an tener l’uguaglianza non $olo della legatura, ma nemmeno quel comun $en$o, che è proprio della $te$$a Architettura?

                          Co$a degna di maggior o$$ervazione altresì mi rie$ce il vedere nel foglio di$egna- to, e intagliato dal Pirane$i dell’interno di detta Chie$a, e$tere il cornicione, che gira tutt’ intorno al gran Tempio, piantato $opra i pila$tri, mancante della propria gola dritta, che in ogni tempo è $tata praticata per cima, e gentilezza d’ e$$a cor- nice, e che $oltanto $i la$cia, allorchè $i leva fronte$pizio, o rimenato, e in tal ca$o il $olo gocciolatojo cammina, e non in altro modo; nè io per quanto cerca$$i ebbi in alcun Tempio mai a vederne di $omiglianti; ma trovai bensì nel quarto Libro delle Antichità del Palladio a carte 14. il Tempio della Pace, in cui rilevai la cor- nice $enza gocciolatojo, ma con la gola dritta appoggiare $opra i modiglioni; e que- $to pure e$$endo come il primo un mancamento dell’Architetto, che non o$$ervò a dovere la buona Architettura.

                          Inoltre dee rifletter$i, come in un Tempio così magnifico, il quale pel computo fattone dal Cavalier Fontana, può in tutto, e per tutto pareggiar$i al Tempio di Salomone, $i po$$ano rilevare tanti errori sì patenti, $embrando che per la $ua gran fama e$$er dove$$e il tipo d’ogni per$ezione: ma eppure $egue tutto all’ oppo$to, e ciò a motivo della diver@ità degli Architetti, che in varj tempi ne ebbero la $oprin- tendenza. Di$grazia ella $i è que$ta, per cui le fabbriche di maggior momento ven- gon gua$tate dall’ opinione varia degli uomini, poichè cadaun d’e$$i pen$a di di$tin- guer$i colla bizzarria delle proprie idee. Così avvenne al Tempio Vaticano tanto fa- mo$o, che dal non e$$er del mede$imo $tata formata di pianta un’idea $tabile nell’e$- $er più uni$orme, po$itivo, e vero, nacquero tante diver$ità di pareri, quanti gli Architetti furono, che lo compo$ero.

                          E di vero troppo vi vorrebbe a porre in veduta tutti i difetti, che o$curano la nobiltà di tal Tempio. Un $olo e$empio mi $i potrebbe addurre per i$cu$are le cor- nici tagliate, ed i pila$tri inca$$ati entro le mede$ime, dicendo, e$$er così anche i pila$tri, e le impo$te degli archi nell’ Anfiteatro di Pola: ma ciò e che rileva? quan- do anche quello è male ideato, nè mai potrà dar$i per modello di per$etta Archi- tettura, e$$endo certamente una gran fabbrica, che dee perciò ammirar$i, ma non imitar$i.

                          Niente meno o$$ervabili $ono i pa$$aggj di Cappella in Cappella, poichè hanno gli archi non per$etti, ma compo$ti da $oli rimenati, che formano $garbatamente l’arcata, o mezz’ arcata, la quale è fal$a, e ne produce la $concia figura, che rap- pre$entano, appoggiando $ulle cornici, con quei tronchi Zoccolati, che gua$tano, e non adornano: e $e $on po$ti per corri$pondenza delle colonne, dico, che tal rime- nato non conviene, per la compar$a indecente, e tronca, che nulla pre$enta di mae- $to$o, e grande, ma $ola immaginazione $ognata. Oh quanto miglior compar$a a- [0120]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI vrebbe fatto, $e vi $i fo$$e po$ta $opra le dette colonne, e cornici la $ua arcata per- fetta, con cui il pa$$aggio $arebbe riu$cito più $velto, e più leggiadro, $enza il fal- $o ripiego della fine$tra, che non $erve $e non $e per lume fallo, e inutile! La $ola ultima tiene l’arco entro le colonne col rimenato $opra: ma e que$to ancora e che vale? quando compari$ce me$chino in proporzione del gran Tempio, e $olo accom- pagna nel rimenato le altre aperture. Que$ta è compo$izione gua$ta, e $car$a idea dell’ Architetto, $e $i con$iderino anche le grandi $erraglie negli archi, come $ono di $porgimento eccedente, ingombrano, e non adornano, nulla $o$tengono; e perchè e- $cono tanto fuori, che pajono men$ole da porvi $opra alcun va$o, o bu$to. Vergo- gna ella è que$ta, il far ciò, che non conviene: vi và la $erraglia, e cuneo, che dee cuoprir$i gentilmente, e leggermente. Così fece chi l’ Arte $eppe a dovere. Molti altri errori e$porre $i potrebbero: ma per ora ba$tino gli accennati; e chi più ne brama, legga il Cavalier Fontana nel IV. Libro Cap. II. della $ua Opera, ove trat- ta del Tempio Vaticano pienamente.

                          Egli $i dee però con$iderare per ultimo l’univer$ale ornamento di que$to Tempio, che è sì abbondante, e ripiento di $tucchi, e di bagattelle, le quali, sì nel $offitto, che nei pila$tri degli archi delle Cappelle, ed in tutte le altre parti, non corri$pon- dono punto al vero, $erio, e lodevole ornamento di nobile, e decoro$a Architettu- ra, $econdo il vero antico, ed il parere de’ più $aggj Architetti, che hanno perpe- tuamente $chivato gli $cherzi, e $i $ono valuti del $olo ornato puro e ma$$iccio, ed in quei dati $iti, che non toglie$$ero all’ one$ta Architettura il grandio$o e$$er $uo tanto pregevole.

                          Con ragione poi il Cavalier Fontana vitupera quei tanti $ori po$ti nella $acciata con ornamenti tanto minuti, che $cemano il decoro dell’Edi$izio, e per fino il $e- cond’ Ordine po$to $opra i grandi colonnati, compo$to di me$chini pila$tri inferiori al primo. Veramente a con$iderar la facciata vedendola così piena d’irregolarità; e fra le altre quei due mi$erabili pa$$aggj, che portano alla parte po$teriore di detto Tempio, sì mal pen$ati, $enz’ alcuna correlazione all’ ordine della mede$ima, dico, che $e era di nece$$ità il fare tali pa$$aggj per comodo della propria $trada, conve- niva adattargli $econdo la ben regolata Architettura, corri$pondenti a tutto l’in$ieme, e non così tronchi, e po$ticcj, quali $ono, rappre$entando un’ apertura forzata, o per dir meglio, un ponte di campagna di $concio mezz’ arco, e di $garbata figura, che non $olo $cema, ma toglie intieramente la buona grazia, che richiedeva un $i- to così riguardevole. E quando tal licenza u$arono i buoni antichi? E$$i non mai, ma i $oli moderni Architetti la praticarono, gua$tando il buon ordine, ed introdu- cendo la $correzione, $enza riguardo al nobile, e mae$to$o, che conveniva. Con a$- $ai minore $pe$a e fatica, $e ave$$er riflettuto alla grandio$ità e decoro dovuto a $i- to tanto riguardevole, e $econdo la purità dell’ Architettura, $arebbe$i tal Opera com- pita. Dee$i dire pertanto, che tutti i di$ordini procedono dalla $ola ambizione di- chi $oprintende. Gon$j co$toro di $e $te$$i nulla pen$ano al decoro, e $olo s’ appa- gano del capriccio$o loro s$ogo, $enza riflettere al di$capito, che pur troppo incon- trano con loro $corno, e di$gu$to, con$iderati e$$endo dall’Architettura eretici appa$- $ionati.

                          [0121]DEGLI ARCHITETTI. Parte della Vcduta interna della Ba$ilica di S. Pietro in Vaticano. [0122]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Fine$tre nel $econd’ Ordine della Facciata, e ne’ fianchi della Chie$a di S. Pietro di Roma.

                          Quei fronte$pizj tagliati, che $i veggiono po$ti $opra le fine$tre nel $econd’ Ordi- ne della Facciata, e ne’ fianchi della Chie$a di S. Pietro, non corri$pondono al loro fine, che è quello di cuoprire, e di difendere dalle piogge. E’appunto lo $te$$o, che un uomo in tempo piovo$o per cuoprir$i porta$$e $otto il braccio, e non in capo il cappello. Inoltre l’ ornamento quì è troppo pe$ante sì nell’ occhio della conciglia, che nei fe$toni attaccati alla cartella, co$a, che meglio potrebbe $ervire per ornare un cammino da camera, anzichè per una fine$tra in $ito così nobile, e magnifico. Il riflettere $opra tali co$e sì $conce, e malinte$e $ervirà a$$ai per tener$i lontani dall’ u$o degli ornamenti $uperflui, e vizio$i, che tolgono il bello, ed ingombrano il buo- no della quadratura, la quale altro non ricerca, che leggerezza, e grazia, appagan- do così più l’ occhio di chi ha piacere, e ottimo di$cernimento.

                          Altre Fine$tre della Ba$ilica Vaticana.

                          Anche in que$te fine$tre rileva$i una ragione d’ ornato a$$ai $concio, come, a ca- gion d’ e$empio, piantare $ul cantone del telaro cornice tagliata, con men$ole per fianco, che nulla $o$tengono, e terminano con gocce al di $otto: e que$te per e$- $er nel $econd’ Ordine detto Attico, e $opra il Corintio, non torna bene, e$$endo le mede$ime del $olo Ordine Dorico. Mi fa però gran maraviglia l’ imperizia di tali Architetti, che voglion valer$i per tutto di ciò, che non conviene, togliendo l’ or- namento d’un Ordine, per darlo ad un altro. Lo $te$$o è, che il voler ve$tire una per$ona con abito non $uo, nè $atto a $uo do$$o, che in vece di far buona figura, $i renderebbe ridicola per e$$ere $conciamente ve$tita. Però $arà $empre vero il det- to, che ogni frutto vuole la $ua $tagione, e che nell’ Architettura cia$cun Ordine richiede i proprj ornamenti a norma di $ua $tabilita perfezione.

                          [0123]DEGLI ARCHITETTI. Fine$tre nel $econdo Ordine della Facciata, e ne’ fianchi della Chiesa di S. Pietro di Roma. Altre Fine$tre della Ba$ilica Vaticana. [0124]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI E$empio degli errori $coperti nella fabbrica del Pantheon, detto oggi la Rotonda in Roma, cioè nell’ interno d’ e$$e Rotonda.

                          Molto a propo$ito mi $i offre la gran fabbrica del Pantheon, detta pre$entemente la Rotonda; avvegnachè $ia eccellentemente lavorata. Ha que$ta diver$e Cappelle, ed è di vaga forma circolare, avendo ugual larghezza, ed altezza. Si po$$ono quì con$iderare varie co$e, come o$$ervò il Palladio, trattando del Pantheon nel $uo Li- bro IV. a carte 73.; ed anche il De$godetz nel $uo Trattato $opra l’ i$te$$o Pantheon, de$crivendo in 23. tavole sì mae$to$a fabbrica tutta d’ Ordine Corintio non meno in- ternamente, che e$ternamente.

                          Leggendo i lodati Autori, rilevai della varietà d’ opinioni ri$petto alle mi$ure, ed altre particolarità; ma ri$petto all’ antichità s’ accordano nella $te$$a co$a, vale a di- re, che tutto il di dentro $ia $tato rifatto in uno $te$$o tempo, a ri$erva del porti- co, che fu aggiunto da Marco Agrippa per maggior decorazione di que$to $te$$o Tem- pio. In e$$o adunque, tuttochè $ia di perfetto lavoro, $i o$$ervano ciò non o$tante diver$i, e notabili errori. Il primo na$ce dalle due arcate, che $ono al di dentro, cioè, una nell’ ingre$$o, l’ altra di fronte, che forma la Cappella maggiore; e que- $te arcate vengono $o$tentate da due pila$tri. Inoltre cia$cuno di que$ti due archi ta- glia quattro pila$tri del $econd’ Ordine: la qual co$a non è buona, per la deformi- tà, che produce, facendo vedere i pila$tri tronchi e $mezzati. Que$ta è la co$a $te$- $a, che un uomo, al quale fo$$ero tagliate le gambe, e fo$$e fatto comparire $torpia- to, e deforme. Lo $te$$o può altresì dir$i delle colonne, le quali $endo tronche ne’ piedi, non po$$on più mo$trare la loro forza, e $u$$i$tenza. Io per me direi, che l’ Architetto, che ha eretto tal Tempio, $i prefigge$$e di farlo $eguente, $enza inter- rompimento alcuno, e così vole$$e $eguitare i pila$tri del $econd Ordine, affinchè com- pari$$e l’ uniformità anche $opra i divi$ati archi. Egli però poteva beni$$imo ripie- gare e$$i pila$tri, che cadono $opra i detti archi, convertendogli in men$ole $otto il capitello, e così avrebbe ottenuto il $uo intento, $enza mo$trare la brutta figura dell’ e$$er tagliati dall’ arco. S’ o$$ervano inoltre due colonne, all’ incontro dei due pila- $tri della Cappella mede$ima, le quali re$tano i$olate, tenendo $opra la cornice, che gira all’intorno, parte della ba$e del ba$amento del $econd’Ordine, che forma piedi- $tallo per $o$tenere alcuna $tatua, che vi $tarebbe a$$ai bene. Que$to $porgimento di piedi$tallo, che s’alza al di $opra del peduzzo dell’arco, gli toglie la buona grazia, e lo fa comparire mezz’arco, e non perfetto, come dovrebbe: lo che mi fa credere, che le $uddette colonne fo$$er piantate po$teriormente, e non nel ri$tauro di detta fabbrica, mentre avrebbe l’Architetto veduto, come riu$civano inutili. Que$te colon- ne però hanno una particolarità, $econdo il parere de’$oprallodati Autori, cioè, tra lo $pazio d’un canale, e l’altro della $cannellatura certi intagli a tondini molto puli- tamente fatti; ed in ciò $ono diver$e dalle altre d’ intorno, che $ono $cannellate $chiettamente; e però può dar$i, che a motivo di tal rarità $ia $tato pen$ato di por- le in opera in quel tal $ito, $ebbene inutili in rapporto alla buona ragione. A tal propo$ito mi $ovviene, che anche il San$ovino, allorchè ornò la $cala, che monta al Collegio pel Palazzo Ducale, $i val$e d’ un ripiego a$$ai buono per collocarvi le due Statue dell’ Ercole, e dell’ Atlante appoggiando pre$$o ai due pila$tri due colon- ne i$olate, e sì bene adattate, che pajon fatte in uno $te$$o tempo coll’ arco mede$i- mo della $cala, e $opra vi collocò le divi$ate Statue. Quindi o$$ervando in $eguito l’ Ordine $econdo, o $ia Attico di leggieri pila$tri parimente Corintj, che $tringono nicchie per Statue, e fine$tre, ed avendo i mede$imi telaro e cornice $opra, lo $por- gimento della quale $orpa$$a affatto i pila$tri, che re$tano a fianco, appoggiano i mede$imi $opra zoccolo le$enato; e que$to $opra il ba$amento $emplice, che gira in- torno a tutto l’ Attico. Tutte que$te co$e in niun modo convengono: diformano e tolgono il bello della buona Architettura. Ciò io volli dire per coloro, i quali non di$tinguendo il buono dal reo, lodano tutto quello, che loro $i para innanzi. E’ ve- ro veri$$imo, che que$to Tempio è, e $arà $empre $timato per quel buono, che ha in $e, ad eccezione però di quanto ho detto per lume di chi $tudia la per$etta Ar- chitettura.

                          [0125]DEGLI ARCHITETTI. Csempio delli errori scoperli nella fabrica del Panteon, hora detto la Ritonda in Roma, cioè nel interno della medema. Metà della Capella maggiore Metà della porta d’ingresso. [0126]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Figura dell’ Attico ri$taurato entro il Pantheon.

                          Dobbiamo ora far parola del ri$tauro ordinato da Papa Benedetto XIV. nell’anno $ettimo del $uo Pontificato, il quale venne indotto a far accomodare e correggere gli errori quì $opra da noi indicati. Fu pertanto dato mano al ri$tauro della gran vol- ta, e per render più lumino$o il Tempio venne anche pen$ato d’imbiancarla. Que- $to pertanto è il primo $propo$ito d’ un tal ri$tauro, mentre a un Tempio di que- $ta fatta di$dice affatto tale imbiancatura, e vi voleva piutto$to una tinterella armo- nio$a, e corri$pondente all’ antichità del $ito mede$imo, introducendo nelle ca$$ette alcun poco di oro, che avrebbe nobilitata una tal volta. Quindi pensò di far levar via tutti i pila$trini Corintj del $econd’Ordine, come altresì tutto l’Attico, e $oltan- to la$ciarvi quei nicchi, o fine$tre, che $ono quattordici in tutto il giro, prolungan- dole al di $otto qua$i fino al peduzzo dell’ Attico $te$$o, aggiungendo nel di $opra il fronte$pizio. Piombano que$ti $opra gli Altari, e $opra le mezzarie degl’intercolunnj del prim’ Ordine, coll’ aggiungervi fra l’ una, e l’ altra fine$tra, o nicchio, un gran riquadro corniciato da ovoli, e fu$aroli, con altro di $opra bislungo, figurando in e$$i e fuor di e$$i con pittura varietà di marmi. Non $arà fuor di propo$ito il fare alcuna con$iderazione intorno al divi$ato regolamento. Veramente qualora s’ abbia intenzione di togliere alcun difetto a qual$ivoglia fabbrica, ciò $i dee fare col fine di migliorarla, non mai per deformarla di più: ma pure da ciò, che venne e$eguito entro un Tempio tanto $timabile per la $ua Antichità, $i rileva un sì enorme $con- certo. Doveva$i que$to perfezionare in ciò, che peccava per rapporto alla per$etta Architettura, e non mai $pogliarlo in gui$a, che compari$$e nudo, $iccome $i è al pre$ente, ridotto e$$endo ad un $emplice muro qua$i li$cio, con quei $oli riquadri, che nulla concludono, ma che altro non fanno che ingombrare un tal $ito, riducen- dolo ad una figura pe$anti$$ima; nè po$$iamo altro approvare, che i fronte$pizj ag- giunti ai nicchi, o fine$tre, e que$ti parimente al di$otto tenendo la $te$$a cornice, che gira intorno. Altra figura non rappre$enta, $alvo che un quadro atraccato alla muraglia, che abbia bella cima, e niente affatto di piede, e non figura da nicchio, come dovrebbe, a differenza del primo $uo e$$ere, il quale appoggiava coll’ erte $o- pra il ba$amento; e que$to era il vero appoggiar con ragione: ma nel modo, nel quale vede$i e$eguito, mo$tra un lavoro da legnajuolo, che tutto vuol corniciato, per- che il legnajuolo più non intende. La $tatua poi entro po$ta anderà bene, e qua- drerà a maraviglia, mentre s’ uniforma anche al parere del Palladio, il quale nel $uo IV. Libro dell’ Architettura e$pone i di$egni d’ e$$o Pantheon, e pone le $tatue nelle nicchie divi$ate per più decoro d’ e$$a Architettura. Si o$$ervano inoltre le due co- lonne po$te $ull’ ingre$$o della Cappella maggiore po$teriormente, che $econdo anche il parere degli accennati in$igni Autori, altro non $o$tengono, che uno zoccolo alla dritta del ba$amento, che gira intorno $opra la cornice del prim’ Ordine: e come non pen$arono, in vece dei tre monti, e della $tella Stemma del Pontefice Clemen- te XI., il quale pure ordinò un ri$tauramento, all’ Attico mede$imo, $enza gua$tare co$a alcuna di ciò, che vi era di gentile, e collocare que$to $te$$o Stemma in altro $ito, cioè, in uno $cudo $opra la mezzaria dell’ Arco, $o$tentato da due Angioli in aria, lo che $arebbe riu$cito a$$ai grazio$o, anzichè por$i la men$ola, o modiglione in$erito $conciamente nell’ Architrave, che al di $otto tiene le gocce, che $i conven- gono al $olo Ordine Dorico, nè mai $opra l’ Ordine Corintio, che le rigetta? E di vero rie$ce co$a $trana il veder$i introdotto in Roma l’ abu$o dalla maggior parte de- gli Architetti, $ommamente vaghi delle gocce, $enza curar$i di riflettere a che $erva l’u$o delle mede$ime, e dove, e quando $i debbano praticare; non convenendo col- locarle così alla cieca, e porre inoltre $opra le due colonne due Angioli, od altra $tatua rappre$entante alcuna Virtù. Hanno e$$i la$ciato le mede$ime pre$$ochè inuti- li, e che hanno pochi$$ima con$onanza coll’ opera $te$$a. Rie$cono parimente o$ter- vabili i riquadri po$ti $opra lo $te$$o arco, i quali non $olo $cemano la figura, ma rie$cono ancora $ommamente di$adatti ad un tal $ito, come quelli che $ono raddop- piati e me$chini, che nulla hanno di nobiltà, in corri$pondenza degli altri $termi- natamente grandi, che trovan$i all’ intorno, che in vece di formare una compar$a mae$to$a, quale $i converrebbe, la rappre$entano $concia e mi$erabile. E poi quel formare dei finti marmi in un Tempio tanto co$picuo, è co$a da Teatro, e non ci rappre$enta, che uno $car$o pen$are, e una povertà d’ornare, e per dir la co$a com’ è, egli $i è que$to un di$onore fatto alla $te$$a venerabile Antichità, e dentro una [0127]DEGLI ARCHITETTI. Roma, che tanto abbonda in ricchezze dell’ Arte, ed in magnificenze. Re$to poi veramente $orpre$o, o$$ervando, che in Roma mae$tra delle Arti Liberali, cioè, di Pittura, di Scultura, d’ Architettura, e di Geometria, non $ia$i pen$ato a prevedere con più perizia, e $pirito un tanto errore, ed a correggerlo con leggerezza e buona grazia, $enza togliere al $econd’Ordine la $ua dicevolezza, e quella gentilezza che $e gli conveniva. Hanno que$ti perduta la bu$$ola del navigare, e $ono andati a rom- pere negli $cogli, di$truggendo l’ Antico, e leggiero, che più non vedra$$i, $e non $u i Libri, e negli $critti di quei pregiati$$imi Autori, che fecero delle belle Anti- che co$e $tudio, e la$ciaronci memoria.

                          Gran co$a in vero, e non mai a ba$tanza dete$tata ell’ è que$ta, il pretender, cioè, di migliorare, coll’introdurre le co$e peggiori, che $i po$$ano ideare. Il $olo $tudio poteva rimediare ai di$ordini accennati, e prima di venire all’ e$ecuzione, l’ e$aminar prima a dovere, $e conveniva, o nò, quanto $i pen$ava di fare, e colla $eria con$iderazione a quanto occorreva, sì per la $tima dell’ Antichità, come pel buon gu$to, e $immetria conveniente, e non operare alla cieca, $enza più poter rico- vrare il perduto, non aoqui$tando$i tali Architetti altro nome, che quello di cor- rompitori dell’ Antico, e non il ri$pettabile, che quello $arebbe di con$ervatori del mede$imo.

                          Veramente mai non $i finirebbe, $e vole$$imo continuare a con$iderare gli errori patenti, che non $olo $i praticano $enz’ alcuna con$iderazione, ma $ono benanche $o$tentati da chi gli commette, allegando in$u$$i$tenti ragioni, $iccome appunto pen- sò di $cu$ar$i l’ Architetto $opraccennato, col dire, d’ aver ciò fatto per mera nece$- $ità, poichè nel $alvare i $oli pila$tri nell’ Attico $opra i Corintj del prim’ Ordine, que$ti non venivano a corri$pondere colle facce dei riquadri nel cupolone, e per tal motivo credè ben fatto il totalmente levargli. A $cu$a così frivola $i ri$ponde, che il cappello non tiene in piedi la per$ona, ma bensì le gambe: lo $te$$o è appunto nell’ Architettura, cioè che le colonne e i pila$tri $o$tengono in piedi le fabbriche, e perciò avendo la ragione il $uo luogo, conveniva a$$ai$$imo il con$ervare i pila$tri $ul vivo di quelli di $otto, $enza riguardo alcuno al cappello, cioè, ai riquadri, e alle facce del cupolone, e così $arebbe$i fatto onore l’ Architetto, ed avrebbe con$er- vato l’ Ordine antico pregiabile perpetuamente pre$$o l’univer$ale.

                          Rilevo altresì, che $i accorda con quanto e$pongo il mede$imo Cavalier Fontana nel $uo Trattato del Tempio Vaticano, ove al Libro Settimo pagina 460. aggiunge la de$crizione del famo$o Pantheon, della $ua antichità, ed a propo$ito dei co$tolo- ni del Cupolone dice così: = “Degli ornamenti aggiunti da Agrippa dentro il Tem- pio del Pantheon, $iccome quei nicchionì del Tempio più antico, $enza ornamen- ti, non avevano alcuna obbligazione di corri$pondere nei co$toloni del volto; così Agrippa non potè di$por gli ornamenti aggiunti delle colonne $otto gli $te$$i co- $toloni, i quali non cadono colle debite leggi d’ Architettura, cioè, $opra il vivo delle colonne, dovendo l’ uno, e l’ altro corri$pondere, vivo $opra vivo, e non va- riare, come $i vedono i loro po$amenti, che vengono a cadere, parte fra gl’ in- tercolunnj irregolarmente; onde $i $corge che que$te co$tole cadevano prima $opra la punta di quei nicchioni, e che dalla qualità dell’innalzamento di e$$i fo$$e co- $tretto a incorrere in tal difetto nella di$po$izione dell’ornato anche l’ Artefice.

                          Que$to però non merita d’ e$$er cen$urato, ma dee $timar$i degno di $omma lo- de, per aver $aputo accomodar$i al fatto Tempio, e $chermir$i da molti obblighi, che dal mede$imo gli venivano impo$ti nel far le $ue aggiunte. E’ dunque da cre- dere, che $e il Tempio fo$$e $tato co$trutto in$ieme con gli ornamenti, collo $te$- $o valore, che di$po$e l’ Architetto i mede$imi, avrebbe $imilmente di$po$ti i co- $toloni colla dovuta corri$pondenza $opra i vivi delle colonne.

                          Tutto que$to pertanto di$trugge la frivola $cu$a addotta dall’ Architetto; quando vi $ono altri e$empj, che provano in contrario non $olo, ma che applaudi$cono, e rendono degno di lode l’ Artefice, che ha $aputo $can$are tale impegno, con$ideran- do di maggiore importanza la buona di$po$izione dei colonnati, e degl’ intercolunnj, che i co$toloni del cupolone: e così doveva far$i in ogni tempo pel decoro del me- de$imo Tempio.

                          [0128]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Figura del atico ri$taurato entro il Panteon [0129]DEGLI ARCHITETTI. Proporzione pel conveniente ri$tauro dell’ Attico entro il Pantheon.

                          Dopo d’aver parlato della $concia maniera tenuta nel ri$tauro del Pantheon, $em- bra proprio il produrre alcun’altra idea, che pote$$e più appagare i dilettanti, e i fore$tieri molto amanti dell’ Antichità, e in$ieme bramo$i di ricono$cere le $ontuo$e fabbriche per lo $timabile, che in $e contengono. Mi par co$a ottima il valer$i in ciò delle $te$$e antichità per accomodare l’ Attico del divi$ato Pantheon. Furono adunque tolti via tutti quei pila$trini Corintj, che circondavano l’ Attico, e mi $i- guro aver dato a ciò motivo il vedere i $uddetti tagliati dagli archi, ed anche per la figura alquanto me$china, che rappre$entavano. Certamente è più che vero, che avevano poca correlazione coll’ Ordine di $otto, non $olo a motivo della $overchia leggerezza, ma ancora per corri$pondere ai vivi dei pila$tri inferiori; e di più ezian- dio a motivo della cornice dei nicchi, o fine$tre, che $ormontavagli: errore con$i- derabile, come altrove abbiamo o$$ervato. Ora mi è venuto a$$ai in acconcio lo $te$$o Ordine Corintio, che o$$erva$i nel terz’ Ordine del Colo$$eo, che e$$endo $tato diligentemente mi$urato dal De$godet, e di$tinto nel $uo mede$imo Libro, rilevo in e$$o una proporzione, che quadra a maraviglia nel ca$o pre$ente, non meno per la proporzione, che per l’ unione della mede$ima antichità, che a$$ai vale in$eren- dola ad altra antichità $omigliante. Quindi valendomi di que$t’ Ordine Corintio, e ponendolo nel luogo ove era il me$chino, que$to viene a prendere maggior mo- dulo, ed a corri$pondere di vantaggio all’ Ordine di $otto, nè $arà mai di$prez- zabile, benchè non abbia altezza di te$te nove e mezzo, com’è il $uo $olito, ma $olamente di nove te$te, com’ è quello del Colo$$eo nel terz’ Ordine. In tal modo piomba beni$$imo $opra i pila$tri di $otto, e fa buona compar$a ricevendo modulo competente e proporzionato. Vi ho po$to i $uoi primi capitelli, perchè erano anti- chi, e di buona $timabile maniera, ed inoltre $cannellati i pila$tri, perchè formino un’egual leggerezza. Inoltre avendo o$$ervato gli otto altari nel giro di detta Roton- da, cioè, che quattro occupano il fronte$pizio, e $ono i due vicini alla Cappella mag- giore, e gli altri due vicino all’ingre$$o d’e$$o Tempio, e che gli altri quattro oc- cupano il rimenato, ma parve a$$ai dicevole farne la $te$$a corri$pondenza anche nell’ Attico $opra i nicchi, colla varietà di collocar $opra il fronte$pizio il rimenato, e $opra il rimenato il fronte$pizio: di più per maggior grazia, e dicevolezza dei nic- chi, $embrami co$a ottima il porvi la piana $o$tentata da due modiglioni, che ac- cre$ce a$$ai nobiltà, sì per la buona legatura, e per l’ appoggiar naturale degli $te$- $i nicchi, come altresì per la buona compar$a delle $te$$e $tatue. I riquadri parimen- te s’ uniformano a quei, che vi erano prima, e tutto fa la $ua armonio$a compar- $a, non meno $opra l’arco, che tutto all’intorno. Nel mezzo del $opr’ arco ho col- locato lo $temma Pontificio di Clemente XI., che ora $ta $ulla colonna nudo, e me$- chino, e quì compre$o da cartella lo $te$$o $temma $o$tenuto da due Angeli, che coll’ azione, e coll’ali occupano il $ito leggiadramente, la$ciando i riquadri corri$ponden- ti agli altri, liberi, e netti. Sopra le due colonne ho collocato due Angeli in piedi, che formano leggiadrae conveniente compar$a col rimanente dell’opera. Vi aggiun- go inoltre per maggior decorazione nelle ca$$ette del cupolone i ro$oni toccati con oro, che certamente $arebbero riu$citi di molto $plendore, e di magnifica compar$a. In $omma l’ ornamento al $uo luogo $arà $empre commendabile, e da praticar$i per rilevare quella grandio$ità, che tanto $timavano gli Antichi, ed i moderni d’ ottimo gu$to; e così dee$i fare imitando perpetuamente il buono, e la$ciando tutto quello, che non conviene, che non $arà mai lodevole per i di$ordini, che produce.

                          [0130]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Propozitione per d converuente restauro del atico entro d Panteon. [0131]DEGLI ARCHITETTI Porta nel portico $uperiore del Palazzo della Sapienza di Roma.

                          Eccovi pur quì due porte in una; ma di figura diver$a, poichè $ono alquanto $velte, e leggiere: per altro ciò nulla affatto rileva, poichè il loro comple$$o $i ri- duce ad una me$chinità, che nulla ha di buono: tutto è $ecco, nè ha co$a alcuna conveniente alla buona, e perfetta Architettura. Non so comprendere, come po$$a- no pen$ar così male quelli, che voglion e$$er chiamati Architetti. Io per me gli de- nominerei Architetti di confu$ione, non già di giu$ta ragione, mentre l’ornato po- $to $opra que$te porte altro non rappre$enta, che un tra$tullo da fanciulli, i quali credono ogni co$a $timabile e buona. E di vero in que$to luogo, nèi circoli forman- ti piramide nella mezzarìa delle porte, nè le cornici po$tevi $opra $o$tenute dal fron- te$pizio, $ono adattate, ma bensì goffe, e pe$anti; come altresì i geroglifici po$ti nel mezzo nulla hanno di buono grazio$o aggruppato intreccio. Povera Architettu- ra ridotta a sì mal partito in una Roma, le cui Antiche fabbriche $on famo$e per tutto il mondo, e $ono l’e$empio del vero, e del bello operare! Nel pre$ente $tato di co$e tutto è al rover$cio, mentre ciò, che $i vede operare, ri$ulta piutto$to lavo- ro da $tuccatori, che da Architetti.

                          Porta nel Clau$tro dei Padri di San Filippo Neri.

                          Si o$$ervi per un poco la $compo$ta Architettura di que$ta porta. E’egli pen$are da buono Architetto, o piutto$to da $cempiato, e di$ordinato il voler rigirare la cor- nice in sì mala forma, la quale, oltre al dar pe$o alla $oglia, porta in$ieme $opra il $uo $porto anche il fronte$pizio, che ri$alta in fuori, e rie$ce di pe$anti$$imo a$- petto? Le zanche poi delle due teite così replicate $ono a$$ai trite, e niente affatto corri$pondenti colla faccia del telaro: la medaglia parimente, che $ta nel mezzo, non rappre$enta che un me$chino $igillo, anzichè rie$ca di decoro$o ornamento. Per me io la battezzerei per una quadratura pe$ante, $torpiata, e pe$$imamente ideata, priva affatto di buona proporzione, e di figura mo$truo$a.

                          [0132]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta nel portico superiore nel Palazzo dello studio della Sapienza Porta nel Clau$tro dell’Oratorio de P. P. di S. Filippo Neri [0133]DEGLI ARCHITETTI. Fine$tra nella Cupola della Sapienza di Roma.

                          Simile foggia di fine$tre viene o$$ervata, e datone l’e$empio dal Palladio nel $uo Libro pag. 94., che dice d’averla veduta in Tivoli in un Tempio rotondo dedica- to alla Dea Ve$ta, aggiungendo inoltre, che Vitruvio in$egna la maniera di fare tali fine$tre: ma non già come dimo$tra il pre$ente e$empio della fine$tra della cu- pola del Tempio della Sapienza di Roma, che ha la $oglia a modo di fronte$pizio, e non dritta, co$a, che $compone grandemente la bella $immertrìa, $endo una bia$i mevole bizzaria per la deformità della figura. Non è così nelle fine$tre del Tempio di Tivoli, che hanno le $oglie dritte. Inoltre que$ta ha gli ornati intorno non $o- lo pe$anti, ma di$dicevoli, mentre i triglifi, e le gocce ne’fianchi $ono certamente per l’Ordine Dorico, non mai per que$to, che vien $o$tentato dall’Ordine Corintio, come rileva$i dal di$egno dello $te$$o Tempio. Laonde ella $i è co$a di$dicevoli$$ima, ripugnante alla ragione di buona Architettura, che vuole, che $i $chivi tutto quel- lo, che la di$ordina, e che $i la$ci perpetuamente nella $ua primiera purità, e $chiet- tezza.

                          [0134]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Fine$tra nella Cupola della Sapienza di Roma. [0135]DEGLI ARCHITETTI. Fine$tre della facciata del Palazzo de’Signori Baccelli, ed altra in quello dei Signori d’A$te.

                          Io direi, che que$te fine$tre $uperiori così aggravanti $opra la propria $oglia, po- $te $enza regola, altro non $ieno, che $travolte immaginazioni lontani$$ime dalla vaga, e giu$ta maniera nobile, e leggiera, che dee procurare l’ottimo Architto, il quale dee far cono$cere in tutte le occa$ioni il pregio e valore dell’Arte, ornando $empre mai con po$atezza, e ragionevol modo $econdo ciò, che conviene.

                          Fine$tra nel Palazzo Barberini $opra il giardino.

                          Vorrei veramente por $ine a $imiglianti o$$ervazioni, poichè molte già ne ho fat- te; ma $iccome m’imbatto di quando in quando a vederne di quelle, che non $i po$$ono $orpa$$are, forz’è, ch’io mi ponga a far l’e$ame anche della pre$ente. Di- co pertanto, che la compo$izione di que$ta fine$tra è lontani$$ima dal $ano operare, poichè mirando quelle due non $o $e cartelle, od altro, che fiancheggiano l’arco, battendo nella $erraglia, e trovandovi$i attaccati a ro$ette i due fe$toni pendenti, formano una $conci$$ima figura: di più quel pezzo d’architrave piantato $opra la luce di detta fine$tra interrotto per accompagnar la $erraglia, e col rimanente del pe$o, che gli $ovra$ta, ove $otto al rimenato $ta attaccata la gran conchiglia, e nel di $opra anche il fronte$pizio, forma un pa$ticcio, che $e vi fo$$e chi lo pote$$e ap- provare, mi appellerei ai periti, che $on certo lo condannerebbero altamente.

                          Fine$tra del piano nobile nel Palazzo del Signor Principe Pio.

                          Non $arà parimente inutile l’o$$ervare que$ta fine$tra, che è alquanto $travagante. Che gli uomini pen$ino di variare per mo$trar talento, nol di$approvo, purchè va- rino nel miglior modo, corretto, e commendabile; ma che $i pen$i così $travagan- temente dagli Architetti, non $o intenderla. Veggo in que$to luogo una fine$tra no- bile, per decoro e magnificenza della fabbrica, ornata d’Architettura; ed o$$ervo a un tempo $te$$o $opra il telaro, o $oglia un fronte$pizio a maniera di rimenato, che divi$o nella mezzaria $orma un buco, dal quale e$ce furio$amente un Leone. Che improprio pen$are! Pretendere, che in un tal luogo $ia una tana di fiere per porre $pavento! Oltredichè non $i $a come il fronte$pizio po$$a reggere $opra il telaro, quando lo $porto del fregio della cornice lo $pinge in $uori, mentre per potervi $ta- re converrebbe, che il fregio fo$$e piano, e non gon$io, com’egli $i è. Que$ti $on giocolini da ragazzi, e non $erio ornamento nobile e decoro$o.

                          [0136]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Fine$tre della facciata del Palazzo de’S’ignori Baccelli, ed altra in quello dei Sig<_>ri d’A$te Fine$tra nel Palazzo Barberini $opra il giardino Fine$tra del piano nobile nel Palazzo del Sig<_>r Principe Pio [0137]DEGLI ARCHITETTI. E$empio della Porta Pia, di cui tratta il Galazzini, facendone rilevare gli errori.

                          Molto a lungo, ed a parer mio con gran giu$tezza parla il Galazzini degli erro- ri di que$ta Porta; ed io pure con e$$o di$approvo tutto quello, che la di$ordina e $compone. Parrebbe $uperfluo pertanto, ch’io ne favella$$i, dopo che ne ha per$etta- mente trattato il mede$imo $crittore. Tuttavia $embrami dover$i aggiungere, che que- $ta Porta tanto decantata, ed in tante e varie $tampe manife$tata, altro non voglia $ar comprendere, che fino a’no$tri giorni meriti qualche con$iderazione di buona e vaga Architettura l’intreccio. Ma e chi crederà mai ciò, $e non $e quelli, che nul- la affatto intendon$i della vera Architettura, e$$endo più che certo, e$$ere una tal Porta un fa$cio aggruppato di parti $proporzionate, che non potrà mai e$$ere appro- vato dai Saggi?

                          Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta.

                          L’errore di que$ta Porta $i rileva nel rimenato, dove accartoccia, rimanendo in aria: nè può mai dir$i, o creder$i a$$icurato dalla tavoletta dell’I$crizione, che è $o$tentata dal rocchello, che gli fa piede, e$$endo la mede$ima di gretta e mi$era forma; e perciò lo $te$$o rimenato viene patentemente a re$tare in aria: inoltre il cantonale $enza la propria ca$$a, l’ornato del fianco non corri$ponde col rimanente di e$$a, niente e$$endovi di buono, fuorchè le bugne, perchè $i portano al centro, a differenza di quelle della colonna, che $on gonfie a pero rover$ciato, novità, che poco vale per mo$trar grazia, che anzi produce goffezza.

                          Il Palladio nel $uo Libro d’Architettura a carte 51. dice, che non $i può $enon bia$imare quella maniera di fabbricare, la quale partendo$i da quello, che la natu- ra delle co$e c’in$egna, e da quella $emplicità, che nelle co$e da lei create $i $cor- ge, qua$i un’altra natura facendo$i, $i parte dal vero buono, e bel modo di fabbri- care. Per la qual co$a non $i dovrà in vece di colonne, o pila$tri, che abbiano a $o$tener qualche pe$o, porre cartelle, le quali $i dicono cartocci, che $on certi in- volgimenti, che agl’intendenti fanno brutti$$ima vi$ta, ed a quelli, che non $e n’ intendono, appari$cono piutto$to confu$ione, che rechino piacere; nè altro effetto producono, $e non quello d’accre$cere $pe$e agli edificatori: mede$imamente non $i farà na$cer fuori delle cornici alcuni di que$ti cartocci; poichè importa, che tutte le parti della cornice per qualche effetto $ien fatte.

                          [0138]OSSER VAZIONI SOPRA GLI ERRORI E$empio della Porta Pia, di cui tratta il galazzini, facendone rilevare gli errori Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta. [0139]DEGLI ARCHITETTI. Porta del Palazzo di Villa Borghe$e. Fine$tra nella facciata di detto Palazzo.

                          Di que$ta Porta, e di que$ta fine$tra, che $tanno nella facciata del Palazzo della Villa Borghe$e non può negar$i, che compari$cano vaghe alla vi$ta, ma non man- cano ad e$$e i loro difetti, e tutti hanno rapporto al pe$ante. Se $i con$idera la por- ta, $i vede e$$er la mede$ima caricata $opra la $oglia, pel riquadro della cornice, e pel fronte$pizio, il quale po$ando $opra, è evidente, che un tal pe$o viene a po- $are $ul fal$o. Non gli producono tampoco alleggerimento le due cartelle. Si potreb- be for$e dire, che gli de$$ero un po’di forza le due zanchette alle te$te. Ben è vero però, che $iffatte con$iderazioni non ba$tano a $cu$are l’Architetto. Quanto alla fi- ne$tra, e$$a pure compari$ce realmente pe$ante ri$petto al riquadro della $oglia; ol- tre di che il rimenato è troppo alto, e ma$tino, mentre a proporzione della porta, ingrandi$ce più del dovere, nè punto viene alleggerito il pe$o dalle aquile volanti adattatevi.

                          Porta dell’O$pizio pre$$o la Fontana in capo a Ponte Si$to.

                          Non $arà fuor di propo$ito l’o$$ervare in que$ta porta la $travaganza del $uo com- ple$$o. E$$a adunque è d’Ordine Dorico, ma alquanto $conciato. Inoltre è pe$an- ti$$ima la $oglia d’e$$a porta pel ripiego, cherileva$i nel di$egno. Simili $oglie veg- gion$i pure così pe$anti in varie altre porte, come in quella del Palazzo del Princi- pe d’E$te, in quella del Palazzo Lancellotti, in quella del Palazzo del Marche$e Cre- $cenzi, e in diver$i altri luoghi. Ma tornando alle prime con$iderazioni, dopo d’ aver veduto la pe$anti$$ima incoerente $oglia, rileva$i, ch’e$$a porta ha il trigli$o con goccie $otto il fregio; e perchè que$to non è il $uo vero $ito, ma nel fregio $te$$o, produce de$ormità. Sì palpabili errori è più $trano, che veggian$i in Roma, in quella Roma, che $erve di norma a tutto il Mondo. Eppure i moderni Romani Architetti non po$lon $ottrar$i alla giu$ta cen$ura di tali $propo$iti: debbon$i loro mal- grado arro$$ire, $endo convinti, che operano contro la vera ragione d’Architettura, e contro il retto modo di fabbricare.

                          Porta del Palazzo Ale$$andrino.

                          Anche que$ta è deformata dal $uo grande errore, ed è, che la $oglia d’e$$a porta viene aggravata da certa bizzarra invenzione, che taglia i trigli$i, e le merope all’Or- dine Dorico, che le $ta $opra, e le toglie il leggiero, comparendo pe$ante per lo $cherzo, che produce, e che è di$adatto a $egno che s’oppone a tutte le naturali ragioni. Siffatte incoerenze nulla vagliono, nè po$$ono aver luogo nella verace, e $oda Architettura. Tal difetto è omai divenuto comune in mezzo ad una Roma.

                          Porta del Palazzo dei Signori Cenci alla Dogana.

                          Que$ta porta è molto particolare. Ella compari$ce d’Ordine Dorico; ma $enza derogare alla $tima dovuta al $uo Architetto, forz’è dire, che non può compren- der$i, come po$$anvi aver luogo i due pila$tri, che la formano, $altando agli occhi le bugne dei pila$tri $te$$i po$te in modo, che dalla parte di fuori rimangono entro il vivo del pila$tro, e dalla parte di dentro $cappan fuori. Non $o intendere, che razza di vivacità $ia que$ta, per non dirlo $componimento patentemente vi$ibile. Inoltre ha que$ta porta cinque bugne nel di $opra, ed e$$e formano la $oglia, mo- $trano d’e$$ere sbandate occupando tutta la cornice, talchè giungono fino al di$otto del Fronte$pizio. Ora io dimando, $e le mede$ime po$$ano così da $e regger$i, e$u$- $i$tere?

                          [0140]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta del Palazzo di Villa Borghe$e. Porta dell’O$pizio pre$$o la Fontana in capo a Ponte Si$to. Porta del Palazzo Ale$$andrino. Fine$tra nella facciata di detto Palazzo. Porta del Palazzo dei Sig<_>ri Cenci alla Dogana. [0141]DEGLI ARCHITETTI. _Porta del Palazzo del Principe Altieri._

                          Più, che ognialtra, que$ta certamente è $trana a motivo di quella ringhiera, che vi $i o$$erva, e per la novità del pen$are. Il porre per cantonale alla detta ringhiera una colonnella in vece di pila$trini $e4; a dir vero una particolare $travaganza, che pre$enta inoltre me$chini$$ima apparenza. Il rimanente poi, vale a dire, che la $o- glia non corri$ponda col capitello, oppure coll’architrave, ma che que$to re$ti $mez- zato, fa sì, che nulla componga buona armonia colle parti mede$ime, la$ciando di più tronco l’architrave per ampliare il vano, e porvi $emplici fe$toni. Pen$are egli è que$to privo di ragione, e di fondamento.

                          _Porta in Campidoglio nella nuova fabbrica_.

                          Da que$ta porta $i può con più evidenza rilevare, quanto di$dica il porre $opra le $oglie ornati pe$anti, che aggravino a$$ai le mede$ime. Chiunque attentamente $i farà ad o$$ervarla, vedrà manife$tamente e$$er la mede$ima d’a$petto impropri$$imo, non meno pel rimenato adorno di copio$e gocce, come altresì pel fronte$pizio sì ma- le accomodato, appoggiando il tutto $ulla povera $oglia; che $e e$$a re$i$te, e non cede, non può e$$ere, che una $pezie di prodigio, naturalmente non potendo regge- re in cotal gui$a.

                          _Sopraffine$tra nella Ba$ilica Vaticana_.

                          Que$ta merita la no$tra attenzione per la $ua $travagante figura, e pel modo, col quale è e$eguita. Si o$$ervino pertanto le zanche, una grandi$$ima, l’altra $ulla $o glia piccola, e come que$ta $o$tiene il fronte$pizio, che viene ad aggravar$i tutto in fal$o $ulla $oglia $te$$a. Si$$atte co$e $ono, e dir $i debbono sforzature, e non co$e naturali, e $econdo l’arte; e perciò $ommamente bia$imevoli, e da $chivar$i.

                          _Porta nel $econd’ Ordine del Palazzo Vaticano_.

                          Que$ta porta è pure di$ordinata, perchè ha il rimenato pe$ante $ulla propria $o- glia e zanca appoggiata al cantonale, e fuori del vivo. Ella forma figura po$ticcia, e non naturale e $tabile: tiene al di fuori la cartella per ornamento; ma ciò non vale a renderla leggiera, ed avvenente, $iccome converrebbe sì per la nobiltà, e mae$tà dell’ ingre$$o $te$$o, come altresì in rapporto alla mede$ima Architettura.

                          [0142]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta nel Palazzo del Principe Altieri Porta in Campidoglio nella nuova fabrica Sopra $ine$tra nella Ba$ilica Vaticana Porta nel secondo ordine del Palazzo Valicano [0143]DEGLI ARCHITETTI. _Porta con Ringhiera $opra la facciata del Palazzo del Signor Principe Panfilj_.

                          Anche que$ta porta con $opra la ringhiera tiene della $omiglianza con quella del Principe Altieri poc’anzi o$$ervata. Sarà pertanto molto a propo$ito il riflettere al mal u$o o$$ervato nel cantonale d’e$$e porte, in cui vien po$ta la colonnella in vece del pila$trino. Le no$tre o$$ervazioni pertanto in tal particolare comincino dalla fi- gura delle cartelle laterali alla porta, cioè, quella di mae$tà alta, l’altra di fianco ba$$a, l’una non corri$pondente all’altra, ma di$giunte. Vero $i è, che la princi- pale $ta bene nel $uo luogo; ma e come mai la $econda può accompagnare la pri- ma, quando que$ta nè per la cornice della zanca, dove comincia, nè dove termi- na, ha la menoma correlazione colla principale, ein o$$ervando la $ua figura fa ma- ravigliar$i della gran di$$onanza delle parti? Venghiamo ora alla ringhiera. Se nell’ altra abbiamo dete$tato il modo così $concio di porre la colonnella nel cantonale, in que$ta dobbiamo confermarci vie maggiormente nella no$tra cen$ura; poichè vie- ne anche raddoppiata dalla mezza colonnella, per accompagnar le altre porte fra i pila$trini, le quali in vece di nobilitare, di$dicono per la me$chinità della loro com- par$a non meno, che pel di$ordinato pro$ilo, che pre$enta la sì $compo$ta figura- Dove mai cotali Artefici hanno appre$o sì $torto pen$are? Certamente non mai da- gli Antichi, che $ono $tati mai$empre corretti$$imi nel loro operare; ma bensì da moderni Artefici d’umore $travolto, che col di$tinguer$i allo $propo$ito e capriccio- $amente, hanno creduto di $egnalar$i; ma $i $ono renduti oggetto di bia$imo a chi- unque gu$ta la buona Architettura.

                          _Porta del Palazzo della Sapienza di Roma con fine$tra e ringhiera $opra_.

                          Dopo d’ aver bia$imato le due antecedenti ringhiere, $i deve far parola anche di que$ta, come per $igillo, e conferma di quanto $i è detto per rapporto al reo u$o tenuto nel cantonale delle mede$ime. Anche il pre$ente e$empio $ervirà per fare in- tieramente cono$cere, quanto di$dica l’u$o sì $corretto e fuori di ragione, praticato $oltanto da quegli Architetti, che non intendono il modo, che dee praticar$i nel giu$to maneggio della nobile Architettura, la quale altro non vuole, nè intende di volere, $e non $e ciò, che $ia ragionevole, e perfetto. Adulterare il buon u$o, e corromperlo non è $offeribile. Delle altre $i è detto ciò che occorreva; ora dee$i ag- giungere alcuna co$a particolare della pre$ente. L’Architettura di que$ta, sì per la ringhiera, come pel fronte$pizio, e per le men$ole, che adornano la fine$tra, merita alcuna rifle$$ione, per rilevare tutti i difetti, che l’accompagnano. In primo luogo, e che $ono mai, od a che mai $ervono quelle due orecchie, o cartelle po$te ai fian- chi della porta in così me$china forma? For$e per tenere, o $errare il modiglione della ringhiera, che e$ce della cornice di detta porta? Nò certamente, poichè non $e gli addice co$a così $car$a, e dappoco, ma bensì qualunque altro accompagna- mento più con$acente, e regolato in retta Architettura. Si o$$ervi poi la $travagan- te ringhiera, e foggia sì di$dicevole al vero $uo e$$ere naturale, mentre anche que- $ta termina colla colonnella in vece di pila$trino, ed è anche po$ta fuori del vivo qua$i abbandonata. Que$to pure è operare fuori di ragione: e per meglio rilevare quanto dico, dia$i un’occhiata al profilo d’e$$a ringhiera, e $i $cuoprirà, che tutte le colonnelle re$tano abbandonate, e prive dei loro pila$trini, che uni$cono in$ieme, e adornano; ma quì nel modo, che $ono e$eguite, non hanno alcuna naturalezza, nè grazia. Similmente quanto alla fine$tra io domando, $e quei due pendenti, o men$ole, che $o$tengono il fronte$pizio, po$$ano commendar$i? Quanto a me tengo per fal$o tal pen$amento, e non mai naturale, poichè $ono sì rover$ciate, e pe$anti al di $otto, che niente più. Le due zanche poi in giro, che rie$cono $otto il goc- ciolatojo del fronte$pizio, non $ervono, che ad imme$chinire l’Architettura, non mai ad ingrandirla. In $omma $e vi è nulla di buono, $ono i $oli quattro modiglioni, che $o$tiene que$to pergolato, Tutto il rimanente è dete$tabile, e cattivo.

                          [0144]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Profilo della Ringhiera Porta con Ringhiera $opra la facciata del Palazzo del Signor Principe Panfil{ij}. Porta del Palazzo della Sapienza di Roma con fine$tra, e Ringluera $opra. Profilo della Ringhiera [0145]DEGLI ARCHITETTI. _Porta e Ringhiera del Palazzo di S.A.R. il Gran Duca di To$cana_.

                          Dobbiamo ora parlare di varie porte, che $opra e$$e hanno ringhiera, e prima d’ ogni altra di quelia, che è nel Palazzo dell’Altezza Reale del Gran Duca di To$cana, che è d’Ordine Jonico, ma col $olito difetto divi$ato nelle antecedenti; vale a dire, colla $oglia ma$tina, e a$$ai pe$ante $ul fal$o; col di più, che la ringhiera, che $ta $opra, prolungando$i fino al termine del gocciolatojo della cornice, rie$ce di $concia figura. Non $arà difficile in que$to luogo il far ciò intendere, e rilevare, mentre o$- $ervando i $eguenti di$egni $i può chiaramente comprendere quanto e$pongo. Piomba $opra la mezzeria della colonna il pila$trino del poggio, e va bene; ma il $econdo al di fuori appoggiando $ullo $porto del gocciolatojo fa $comparire la figura, in gui$a che $embra un pe$o fuori del vivo, e$$endo certo, che dalla mezza colonna di dentro portando tratto $pazio$o di colonnelle $ino alla mezzeria della porta, re$ta leggiera; ma dalla mezzeria di detta colonna al di fuori tenendo appre$$o altro pila$trino con $ole due mezze colonnelle, $ubito que$ta parte rie$ce gretta, me$china, e $garbata. Nè mi $i dica, che ciò $ia $tato fatto per allungare la ringhiera, perchè ciò $i po- trebbe $olo tollerare, $e la ringhiera fo$$e fatta di ferro, e non di pietra; poichè la pietra non può $tare $enza il $uo $o$tegno reale. Di quelle di ferro $e ne veggiono $opra la porta del Palazzo Chigi, e $opra le due porte del Palazzo Falconieri, $opra la porta del Palazzo Giu$tiniani, e $u quella del Ca$ino $ul Gianicolo alla Lungara. Diver$e pure ve ne $ono di pietra, come $ulla porta del Palazzo Sacchetti, $u quel- la del Palazzo dei Cornari, $u quella del Palazzo del Principe Altieri, come anche $o- pra quella del Palazzo del Marche$e Paluzzi Albertoni: tale $i è anche quella $ul Pa- lazzo Cor$ini, quella del Palazzo della Cancelleria, e $u quella del Palazzo del Cardi- nal Dezza. Per altro $iflatta foggia di ringhiere mo$tra piutto$to uu terrazzo, o al- tana, che altro, mentre que$ti terrazzi, o altane $i prolungano fin $ull’orlo delle tra- vi, che le $o$tengono: ma le ringhiere di pietra debbono perpetuamente appoggiar- $i $u i vivi, o delle colonne, oppure delle muraglie, e così formano ottima com- par$a. Nè mi $i aggiunga, che la $te$$a cornice $erve loro di $o$tegno; poichè in tal ca$o dirò, che i $oli modiglioni, che piombano di $otto al pila$trino, $ono quel- li, ai quali conviene un tale ufizio per la loro forza connaturale: e così la ringhie- ra può aver luogo. Que$to ba$ti per appagare in certo modo gli umori bizzarri, e $travaganti, i quali credendo di nobilitare la fabbrica, l’aggravano per lo contrario, e l’indeboli$cono molto colle $te$$e cornici, e molte volte $e ne $ono vedute $pezzar- $i e rovinare, e ciò a motivo del pe$o, che non po$$on portare, nè regger$i in ve- run modo.

                          Ringhiera $ulla Porta del Palazzo della Cancelleria.

                          Ringhiera $ulla Porta del Palazzo del Cardinal Dezza.

                          Ringhiera $ulla Porta del Palazzo Sacchetti.

                          Ringhiera $ulla Porta del Palazzo dei Signori Cornari.

                          Que$te quattro porte con ringhiera, delle quali già parlammo, e$$endo le più par- ticolari, e di$tinte, oltre le altre, che a bella po$ta $i pa$$ano in $ilenzio, debbon- $i con$iderare. Sarà dunque bene l’o$$ervare la loro figura, perchè $i comprenda mag- giormente, e $i rilevi lo $garbato modo, che appari$ce; poichè tali ringhiere $on po$te $ull’orlo del gocciolatojo, fuori del vivo, e $enza la loro ragione reale. Sarà pertanto co$a ottima il riflettere in avvenire ammae$trati da $iffatti errori sì univer- $ali, e maju$coli, qual modo debba$i tenere nel farle.

                          [0146]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta e Renghiera del Palazzo di S.A.R. il Gran Duca di Jo$cana. Renghiera $ulla Porta del Palazzo della Cancellaria Renghiera $ulla Porta del Palazzo del Cardinal Dezza Renghiera $ulla Porta del Palazzo dei Signori Cornari. Renghiera $ulla Porta del Palazzo Sacchetti. [0147]DEGLI ARCHITETTI. _O$$ervazione $opra le nuove figure di $oprapporte, e fine$tre propo$te dal P. Pozzi,_ _parte cavate dalle fabbriche, e parte di $ua invenzione_.

                          Dopo d’aver con$iderato tante varietà di $conce fine$tre, e di $oglie di porte pe- $anti, è nece$$ario dar parimente un’occhiata a quelle, che ci pre$enta il Padre Poz- zi nella $econda Parte del $uo Libro, in cui dice d’aver cavato da molte fabbriche di varia invenzione quelle porte, e fine$tre, che gli $ono parute più nobili, e che $i $co$tino dalle volgari, e d’avervene aggiunte altre di $ua fanta$ia, perchè $e ne po- te$$e $ervire chiunque ne ave$$e voglia. Fa bene a dire, che $e ne $erva chi ne ave$- $e voglia: poichè 10 non $aprei, come mai pote$$ero aver corpo fra gl’intendenti le figure, che que$to buon Frate propone, che $ono delle condannate, e da perpetua- mente condannar$i, a motivo delle grandi improprietà, che in $e racchiudono. Si o$$ervi la prima $otto il Numero 1., che è di $ua invenzione, da e$$o propo$ta per la $acciata di San Giovanni in Laterano nel $econdo di$egno, che il mede$imo ne fece. Que$ta è di $oglia fal$a, perchè, oltre l’e$$ere colle due te$te in aria, facendo arco nel mezzo, ha di $otto conchiglia pure in aria, che pareggia la dirittura della $te$$a $oglia, collo $concerto del modiglione, ocartella nel mezzo della cornice, che gira in fronte$pizio cu$pide, il quale appoggia $ull’arco, e lo aggrava, in vece di $ollevarlo. Co$a $travagante certamente, non ragionevole in verun conto. Quanto alla fine$tra, che $egue $otto il Numero 2. e chi può tacere, vedendola così $travolta nelle $ue cornici, che piombano tutte $opra la $oglia, facendo qua$i centro colle car- telle, e col ma$cherone, $opra cui vi è il ripieno riquadrato, e $ommamente pe$an- te? Se que$ta fine$tra po$$a dir$i nobile, la$cio a$$erirlo da chi po$$iede il buon gu- $to. Similmente è di $ua invenzione la porta $otto il Numero 3. Que$ta non contie- ne un jota d’Architettura, ma è puro lavoro da $tuccatore. Si o$$ervi poi altra fi- ne$tra $otto il Numero 4. con i rimenati a rover$cio, terminanti $ul mezzo della $o- glia, interrotti pure da cartelle; ed ha nella mezzeria per ripieno te$ta con cimie- ro, e fe$toni, e campanelle; e nelle parti il riccio, che $o$tiene le$enatura della cor- nice. In que$to luogo dee dir$i parimente, che la cornice, e i rimenati a nulla $er- vono per riparar dalle piogge; ma bensì, che tutta cada la pioggia $ulla mezzeria della fine$tra, lo che non $olo r<007>e$ce incomodo, ma forma figura d’ecce$$ivo pe$o alla $te$$a $oglia. Lo $te$$o dee dir$i dell’ altra $otto il Numero 5. per rapporto alla deforme figura formata dalla $oglia, e$$endo così inzancata e pe$ante colla me$chini- tà delle due cartelline alle parti $otto alle zanche: come altresì dell’altra, che $e- gue al Numero 6. la diremo mo$truo$a pel cantonale fatto alla foggia di legnajuolo, non mai d’Architetto. La $ua compagna poi al Numero 7. è malamente compo$ta, qua$i priva della $ua vera $oglia, perchè parte inzancata con cartelle, che $o$tengo- no tutta cornice cu$pide, e nella mezzeria $cudo con fe$toni appoggiati $ullo $car$o filo della $te$$a $oglia. Le altre, che $eguono ai Numeri 8. e 9. $ono d’a$$ai $travol- ta invenzione. Dimando ora io: $e que$te porte, e fine$tre ricono$ciute dal P.Pozzi per particolari, e nobili, s’abbiano a creder tali, oppure pe$anti, mentre ve ne $ono di me$chine, e volgari; e $e debban $ervire d’e$emplari, oppure $ien tanti gruppi d’errori da evitar$i quanto è mai po$$ibile, non e$$endo nè grandio$e, nè proprie, nè giu$te, nè convenienti? Dirò adunque, che molti pen$ano di $aper molto, e $ono ignoranti$$imi del vero, e del po$itivo. Le idee volgari di$dicono certamente all Ar- chitetto giudizio$o. Eppure a que$ti tali $i applaude dai cervelli corrotti, e vaghi della rea moda, e che $enza procurare d’intendere $i fi$$ano nell’opinione corrotta, e voglion $o$tentare il cattivo per buono, e non curando il buono amano perder$i negli abu$i, ed errori. Gran vergogna ell’è in vero il veder la verità, e la purità della $cienza sì conculcata, e che non s’abbia più a formar concetto dell’ottimo. Non torneranno più i pa$$ati tempi; ma potrebbe ben ri$orgere il buono, quando ven- gano e$aminati gli antichi e$emplari, e bandite le $travaganze.

                          _Porta del Palazzo del Senatore di Roma_.

                          Que$ta porta ha del particolare, mentre e$$endo contornata dal telaro, che le $er- ve d’erte, e di $oglia, tiene tuttavia l’arco attaccato all’erte $te$$e, e que$to po$to me$chinamente, privo dei requi$iti, che richiede la mae$tà, e il decoro d’e$$a por- ta. Il meno, che pote$$e dir$i, è, che appari$ce po$ticcio, non mo$trando ragione al- cuna per $o$tener$i, nè per e$$er $o$tenuto, e$$endo privo d’ogni $o$tegno, cioè dell’ [0148]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI impo$te, che gli converrebbero, e della cornice, che gli darebbe corpo, e gli fareb- be ornamento: oppure $e le zanche del telaro fo$$ero a maniera ripiegata, che po- te$$e $ervire di telaro, ed in$ieme di cornice all’arco. Così andrebbe a dovere, men- tre ogni $ua parte avrebbe il dovuto ornamento. Per quel, che $petta al rimenato accartocciato, sì al di $otto, che al di $opra, che abbraccia il pila$tro Jonico, il te- laro della porta, e cartella nel mezzo, che $o$tiene lo $porto della cornice accompa- gnata da aletta al di $otto, $i può $upporre bizzarria, non mai convenienza, e$$en- do $opra una porta e$po$ta alle piogge. Nè $arà mai $cu$abile l’e$$er tagliato, poi- chè così non può fare il $uo ufizio, quale è il difendere dall’acqua. In altro luogo tratteremo più di$te$amente di tali rimenati vizio$i, $endo$i pur troppo introdotto l’ abu$o di valer$ene $enza alcuna con$iderazione, giudicando$i $pirito$i e grazio$i, e non incoerenti, e vizio$i.

                          _Porta del Palazzo del Principe Grillo_.

                          Ha que$ta porta $imilmente del goffo, e del pe$ante, $econdo compo$ta di rime- nato, fronte$pizio, e zanche, ma $correttamente e$eguiti, come dimo$tra la $ua for- ma. E’a volta, ma l’arcata tiene fa$cia me$china; e abbonda poi ri$petto a zanche, e rizanche con giri, e rigiri, cioè a dire, la prima al di fuori con bovolo, il qua- le $o$tiene la cornice, e il fronte$pizio, e gira in dentro il luce dello $te$$o goccio- latojo, perdendo$i nel bovolo, ove rigira nuovamente per $o$tenere il rimenato $ot- to il fronte$pizio; il qual rimenato nella mezzeria re$ta tronco, e $pianato da appa- rente $erraglia, o men$ola, con ma$cherone, cartella, e conchiglia, $otto alla quale poggia $opra un me$chino giro di due cartocci, dai quali pendono due fe$toni di boccoli, o campanelli, che terminano nell’angolo della zanca di dentro. A vero di- re una tal figura d’ornamento po$ta $opra la porta d’un Palazzo non è punto deco- ro$a, perchè non pre$enta buona Architettura, e neppure $offribile quadratura rego- lata formata $econdo il buon gu$to direale compo$izione: e $iccome o$$ervammo nel- le di $opra accennate porte varj difetti, così in que$ta $econdo il $olito gu$to corrot- to o$$erviamo diver$e idee di$ordinate, e fal$e. Io mi per$uado, che gl’intendenti $ie- no per cono$cere, che quanto ho detto, e $ono per dire, tutto tende a $o$tenere il pu- ro decoro dell’ottima Architettura, in proporzione ragionevole e giu$ta, lontana da qualunque $morfia, e mala grazia, $con$iderata, e fal$a ne’$uoi principj, mezzi, e fini, che altro non producono, che confu$ioni, e di$ordini con$iderabili nella vera, e $oda Architettura, la quale null’altro approva, nè può approvare, $e non la rettitu- dine di piantazione, e d’elevazione ragionevole, e $oda, con $icurezza tale, e pro- babilità indi$pen$abile di $ua vera forza per reggere non meno all’intemperie dei tem- pi, che per e$$ere a un tempo $te$$o dilettevole alla vi$ta dei riguardanti, i quali debbon re$tar per$ua$i, che tali manifatture $ieno compo$te di $cherzi ragionevoli, e non di $ogni ridicoli, e vani, La $aviezza, la mae$tà, il decoro, e tutto ciò, che è ragionevole, è prezzato nell’Architettura; e non già le $concezze, le irregolarità, le $morfie, e quanto $i può pen$are di tali moderne invenzioni ridicole, e fal$e; non potendo mai dar$i, come pretendono certi moderni $corretti Architetti, che l’Archi- tettura giunga ad e$$er $imile alle $cuffie delle femmine, che tratto tratto $i mutano, or con boccoli, rizzetti, na$tri, ed altre $travaganti $morfie donne$che inutili, e $van- taggio$e, $enza verun propo$ito, nè ragione, ma $oltanto di capriccio$o u$o condan- nabili$$imo, e nulla più.

                          Il Palladio in $imil gui$a nel $uo Libro I. d’Architettura a carte 52. dice così =” Ma quello, che a mio parere importa molto, è l’abu$o di fare i fronte$pizj del- le porte, delle fine$tre, e delle Logge $pezzati nel mezzo: concio$$iachè e$$endo e$- $i fatti per dimo$trare, ed accu$are il piovere delle fabbriche, il quale così colmo nel mezzo fecero i primi edificatori ammae$trati dalla nece$$ità i$te$$a; non so, che co$a più contraria alla ragione naturale $i po$$a fare, che $pezzar quella parte, che è finta difendere gli abitanti, e quelli, che entrano in ca$a, dalle piogge, dalle cere, non $i deve però far ciò contro i precetti dell’Arte, e contro quello, che la ragione ci dimo$tra =. Si vede pertanto, che anche gli Antichi variarono, ma $i vede ancora, che non abbandonarono mai le regole univer$ali, e nece$$arie dell’ Arte.

                          [0149]DEGLI ARCHITETTI. _O$$ervazioni $opra le nuove figure di $oprapporte, e fine$tre propo$te dal P. Pozzi,_ _parte cavate dalle fabbriche, e parte di $ua invenzione._ [0150]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI _Porta del Palazzo del Senatore di Roma._ Porta del Palazzo del Principe Grillo [0151]DEGLI ARCHITETTI.

                          Che il bizzarri$$imo Padre Pozzi inventore $trano di capriccio$i pen$ieri abbia pre- te$o d’accomodare la mae$to$a, e nobile Architettura naturale, $oda nelle $ue parti, e molto più $tabile nelle $ue piantazioni, al $uo modo, non mi reca alcuna mara- viglia, poichè altri vi furono innanzi a lui, che la rovinarono in molte parti: ma re$to però $orpre$o, che e$$o Padre Pozzi Ge$uita, e il di lui fratello Padre Giu$eppe Carmelitano Scalzo $ieno$i inoltrati a teatrizzare la $te$$a Architettura, in gui$a che dalle loro opere già o$$ervate in Roma, e quelle, che $i o$$ervano e$eguite in Vene- zia dal Padre Giu$eppe, $i vegga l’ ardir loro in$offribile nello $comporre la formale ragionevole Architettura tanto pregiata nella Grecia $uo primo nido, ed avanzamen- to, come in Roma, che ne adottò gli e$emplari, $iccome ci mo$trano quei pochi a- vanzi di vera, e buona antichità, che in e$$a $u$$i$tono, e$cludendo perpetuamen- te della moderna Roma le $compo$te, e $mor$io$e compar$e adulterate.

                          Ora mi aggrada d’ e$porre in que$to luogo la pre$ente figura, che il buon Frate propone nella $ua opera in una cima d’ altare con palla i$olata contornata dal tela- ro $eguente tutt’all’intorno, con quarti di colonna rotondi alle parti, le quali $o$tie- ne $ul capitello il $olo architrave, che gira $opra la detta palla. Que$ta ha doppia modenatura nel terzo del cerchio all’ incirca: la $erraglia vien rappre$entata dalla te$tolina del Cherubino po$tovi $otto, alzando$i tutta l’intera cornice nelle due mo- denature, la gola delle quali produce nelle te$te un gran cartoccio, inve$tendo$i con altro $imile del $opraornato, che viene a $ormar voluta alla cima $te$$a. Le due colonne principali $ono $pirali, inghirlandate d’ allori: hanno i contrappila$tri dritti, e dopo que$ti aletta circolare, e $cannellata. Sono d’Ordine Compo$ito, hannocor- nice intera, e la $pirale ha ancora il rimenato. Sopra la palla poi è o$$ervabile il grande ingombro della pe$ante cima, che termina colle due corna, e boccolo al di fuori. Que$te certamente non producono leggerezza; anzi ingombro pe$ante e ma$tino coll’aggiunta della conchiglia, e delle palme: nè per e$$ervi nella mezzeria $opra la modenatura della pe$ante cornice, e $erraglia il va$o con puttini, e con campanel- le pendenti dalle cornature delle $cherzevoli volute laterali vien prodotta leggerezza; ma tutto que$to contribui$ce a render l’arco, el’altare più pe$ante, e deforme, per le modenature della cornice correnti al punto del centro; ed o$$ervando$i tutto que- $to comple$$o sì aggruppato, irragionevole, e di$$onante dalla $eria uniformità ed u- nione delle parti, che dee dir$i contrario alle regole, che $ono indi$pen$abili da pra- ticar$i univer$almente. Manco male, che lo $te$$o Autore dice, che $i potrebbe cor- reggere, allorchè in e$$o $i trova$$e co$a, che non piace$$e. Ma que$to è dir poco, mentre affinchè pote$$e piacere a chi intende, converrebbe mutar tutto, eformarnuo- va invenzione.

                          Da tutte le propo$te invenzioni del Padre Pozzi già noto ai capriccio$i $tudenti di moderna Architettura, co$toro pretendono $o$tenere, e$$er giovevole l’ imitarlo, $timan- do, che invenzioni $if$atte $ieno pellegrine, e nuove; e ciò, perchè le veggiono così piene di fanta$ie, e nulla con$iderano ciò, che addimandi, e voglia l’Arte ragione- vole, e per$etta, e quanto importi l’aver l’occhio alle proporzioni, ed alla di$po$i- zione delle parti, col porle ai luoghi loro, e non alterarle, o coll’accre$cerle, o col diminuirle, ornando $oltanto quello, che ammette ornato, e que$to niente più di quello che convenga, non aggravando più del dovere, ma tutto collocando in buona regola, $immetria, e leggerezza. Ho $timato opportuno l’e$porre le pre$enti figure, quantunque non $ieno $tate tutte realmente e$eguite, perchè e$aminandole $i rilevino gli errori, dei quali pieno è l’Autore $uddetto, eper far cono$cere a quelli, che pren- don per buona Architettura gli $cherzi più $travaganti, quanto vadano errati, elun- gi dal vero.

                          _Porta del Palazzo del Marche$e Lancellotti._

                          Benchè abbiamo diligentemente e$aminato, e parlato di molte altre porte con $o- glia pe$ante, non credo $uor di propo$ito tuttavia il dare un’occhiata anche a que. $ta; affinchè $empre più re$ti condannato il reo u$o delle invenzioni di$$onanti, e lontane dal naturale. Que$to $i rileva nella pre$ente $oglia, che viene innalzata dal- la $te$$a zanca fin $otto ai modiglioni: $i o$$ervi la malagrazia, che e$$a produce, tagliando l’architrave non $olamente per $ormare uno $pecchio per porvi quegli $chi- ribizzi, e nelle cantonate le volute con cartelle, e a$$ai pe$anti. Que$te $concezze quel- le $ono, che dicon$i ripieghi di buona avvenenza.

                          [0152]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI _Avvertimenti pel retto operare._

                          Dalle molte porte e fine$tre, e da altre $abbriche $inora o$$ervate in Roma, e$egui- te in tanti, e sì varj modi, non $arà inutile il riflettere $opra quanto abbiamo $co- perto d’errore, e di$ordine nelle mede$ime; e que$to per $olo profitto di chi brama erudir$i nel vero modo d’ operare $enza inciampo e con$u$ione; e perchè ognuno po$- $a re$tare illuminato dagli e$empj finora divi$ati, e da quelli altresì, che andremo e$ponendo, non altra e$$endo la mira mia, che di giovare. Non bi$ogna adunque por mai pe$i $uori del vivo, nè aggravar mai le $oglie, $ieno di porte, $ieno di fi- ne$tre, $opra il vano: non $i dee porre cornici $uori del $odo: non tagliare i fron- te$pizj allo $coperto: non porgli a rover$cio: non tagliare gli architravi, poichè e$- $i formano la legatura principale delle fabbriche: non collocar pe$i $opra le Zanche, nè porre le mede$ime ove non convengono: non raddoppiare i fronte$pizj, o i rime- nati fuor di propo$ito, nè appoggiargli $ul fal$o: non formare archi privi di fian- cheggio, come diremo a $uo luogo, e faremo coll’ e$empio alla mano rilevare il reo ef$etto, che producono: non porre i pergolati, o ringhiere $opra il vivo de’ goccio- latoj delle cornici, poichè rie$cono di figura pe$ante, e $concia, come $i vede con frequenza; ma porgli nel vivo della $ottoccornice dei modiglioni, mentre allora rie- $cono più $velti, e grazio$i: in $omma guardar$i bene dal confondere un Ordine coll’ altro, e dal porre l’ ordine inferiore $opra l’ inferiore; ma o$$ervar l’ordine naturale. Dee altresì s$uggir$i di porre Architettura a rido$$o d’ altra Architettura, coprendo l’ una per far comparir l’ altra: finalmente s$uggire i pen$ieri irregolari, sì in riguardo alla $oda, e $eria Architettura, come ri$petto agli ornati, pen$ando ad operare $ol- tanto in quel modo, che in$egnano la ragione, e l’Arte, non curando$i di bizzar- rie, che $on $empre vizio$e, ma operar po$atamente, come conviene ad un $avio Ar- chitetto. Così operando $aremo certi di non por piede in fallo, e l’opera no$tra $arà approvata, e commendata da tutti i buoni di$cernitori, e ci acqui$teremo quella $te$- $a gloria, onde $on celebrati gli antichi Architetti.

                          [0153]DEGLI ARCHITETTI. [0154]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI

                          Quanto $ia$i inoltratto, e tuttavia s’inoltri nell’ Architettura l’ abu$o vizio$o, ce lo manife$ta l’ e$perienza. Io o$$ervo certi Architetti, che fanno lor gloria nel dichia- rar$i Apo$tati nell’ Architettura $ull’ e$empio di Michel Agnolo Buonarroti, del Ber- nini, del Borromini, ed anche del Padre Pozzi, tutti Architetti vizio$i, e contrarj al vero, e retto modo, che hanno tenuto gli eruditi, e pratici mae$tri dell’ ottima antichità, e che ci viene additata chiaramente dalla $te$$a Natura.

                          Ora o$$ervando il Trattato, e gli e$empj di Bernardo Antonio Vittone Architetto Accademico di San Luca di Roma, che $i dichiara d’ e$$er uno dei veri Comentatorì di Vitruvio, e di porre in chiaro tutte quelle o$curità, che altri prote$tano d’ in- contrare; e che per dimo$trar ciò ha prodotto i $uoi $ingolari $tudj e di$egni, $i crede di far con e$$i rilevare il fino $uo intendere, e la felicità del $uo capriccio$o pen$are, sì per quello che concerne l’ erudizione Vitruviana, sì ancora per la di$po- $izione degli Ordini Architettonici, $econdo la $ingolare opinione Romana, e le propo$izioni del Vignola. E pure fra quanti hanno $critto d’ Architettura il Vigno- la è uno de’più $car$i, e corti per far intendere qual $ia il vero buono, che debba imitar$i. Ora il Vittone bramo$o oltremodo di pale$are al Mondo lo $tudio Roma- no, $o$tenendo le ma$$ime degli accennati Autori, e$pone non $olo varie $ue idee di fabbriche, ma vi aggiunge varie $ue porte e fine$tre, per accre$cer quelle e$po- $te dallo $te$$o Vignola, dalle quali $i rileverà l’ avanzamento dell’ adulteramento, e corrompimento del buono, e vero gu$to della purità degli antichi tempi, facendo $empre più rilevare la vizio$ità dei tempi pre$enti, che rappre$enta $oltanto $ceniche apparenze, che nulla po$$eggono di quella vera $olidità, che è tanto pregevole, nè di quella nobiltà, che è tanto propria della reale e genuina Architettura.

                          Eccovi pertanto la prima $ua porta, e la prima $ua fine$tra $emiru$tica, l’una, e l’altra d’ordine To$cano. Sopra la porta è ripiegata la cornice per includere una fi- ne$trella per dar lume all’ingre$$o. Que$ta $i poteva beni$$imo accomodare $opra la $te$$a cornice, nè $arle far compar$a, come quì, di prigione, anzichè d’ onorevole abitazione. Non $o intendere, come altri po$$a far$i lecito di ripiegar le cornici, ri- voltandole irregolarmente coll’idea d’ accomodamento, e a un tempo $te$$o romper l’ ordine, e l’u$izio d’ e$$e cornici, come appari$ce dalle due $ottoccornici tagliate, che $porgono in $uori a foggia di $perone, ed appoggiare $opra dei tu$i; quando que$te altro non rappre$entano, che legamenti ragionevoli delle fabbriche, e corona dell’ opera architettonica. Non $o tampoco comprendere la collocazione di quelle bugne, parte tu$e, e parte riquadrate $ulla $oglia po$te correnti al centro, mentre que$te al- tro non fanno, $e non figura di tagliare la $te$$a $oglia.

                          La fine$tra poi, che accompagna la porta, $e $i con$ideri, compari$ce $torpiata. Qual è mai la ragione di porre le erte sì tronche al di $opra, e non correnti in cor- nice, ma col tu$o $opra, formare il fregio parimente tagliato, la$ciando il vacuo al- la $ola $erraglia di tufo, la quale $opravvanza la cornice, e il gocciolatojo totalmente ra$o da’ membri. Smor$io$a co$a ella $i è que$ta al certo non mai lodevole, veder cioè, la $oglia sì $mezzata, parte li$cia, parte tu$a, e parte architravata: co$a pari- mente ridicola e montagnuola, e priva d’ ogni leggiera apparenza.

                          La $econda porta è detta dall’ Autore d’Ordine Jonico. Io non $o, $e debba con ragione così nominar$i a motivo di $ua sì $travagante $igura, lontana dall’ ottima Ar- chitettura, non avendo alcun alcun ordine, o regolamento po$itivo. Se è perme$$o dir ciò, che è, dovrà dir$i, che è lavoro da $tuccatore, di figura pe$anti$$ima, $enz’ alcuna proporzione, e mi$ura: $torpiamenti capriccio$i di bizzarri ingegni, che a briglia $ciolta $i la$ciano tra$portare dall’ impeto dei loro tra$porti vizio$i, non accorgendo$i, che il tutto altro non è, che con$u$ione.

                          O$$ervabile pure $i è in que$to luogo la fine$tra Dorica, che compari$ce pompo$a e leggiera; e tuttavia il dotto Galaccini la di$approva colla ragione da e$$o e$po$ta nel $uo Trattato _degli errori degli Arcbitetti_, ove propone l’e$empio di porre i telari a reggere tutto il pe$o della cornice, e del fronte$pizio. In que$ta però vi è di più, ed è la piana, che $porge in $uori, e mo$tra di non $o$tenere lo $te$$o telaro nè po- co, nè punto: ma per lo contrario $embra men$ola ornata dalla te$ta di leone, che abbraccia un occhio, che po$$a $ervire per fine$tra ad un $otterraneo. Bizzarrie di niun momento, e vani$$ime.

                          [0155]DEGLI ARCHITETTI. Porte e Fine$tre di Vittone Architetto moderno. [0156]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI

                          Eccovi ora la terza porta d’ Ordine Corintio. Si crederà pertanto, ch’ ella $ia a norma di que$to $te$$o Ordine, ma ell’è per lo contrario alterata dal $olito reo e cor- rotto gu$to Romano moderno. Primieramente ella ha la $oglia tagliata da una men- $ola irregolare, che $o$tiene animali: di più ell’ ha una cima innalzata pe$ante, e tutta appoggiata $ulla $te$$a $oglia, come dimo$trano le due Zanchette attaccate alle te$te dell’ erte, co$a $enza ragione architettonica, non e$$endo perme$$o in buona Mec- canica por pe$o $ul fal$o. Ella porta fronte$pizio con $temma prelatorio, ne’ fianchi tiene due cartelle a modiglione, che $o$tengono la cornice po$ta angolarmente in corri$pondenza del fronte$pizio, ed è la $te$$a ornata da due pine, che dimo$trano la ri$tretta fanta$ia di chi l’ ha inventata.

                          Vi aggiunge poi l’ Autore due fine$tre, perchè $ieno tenute per Ordine Compo$ito: ma $iccome o$$ervo, che la prima ha al di $otto le gocce, credo, che piutto$to deb- ba dir$i Dorica: e di vero un $iffatto ornato sì al di $otto, che al di $opra è a$$ai interrotto, e pe$ante. Forma $otto l’ appoggio una men$ola $o$tenuta dalla due Zatte correnti alla quadratura d’e$$a fine$tra, che appoggiano colle gocce $opra il loro ba- $amento riquadrato, e vengono a formare col loro pendìo $pazio nel mezzo per l’ ornato della corona, e delle palme; $iccome al di $opra $i $cuopre meglio la $oglia caricata, per riguardo al riporto po$ticcio della cornice, prodotto in corri$pondenza del rimanente nel timpano $otto il fronte$pizio: e dai due profili di cartelle appog- giati alle Zanche, mi $embra, come indicai, Dorica, e non Compo$ita una tal fi- ne$tra. Il più o$$ervabile però nella mede$ima $ono le replicate le$enature, che veg- gion$i nella cima, che rappre$entano un certo interrompimento niente naturale $opra la divi$ata $oglia, come altresì la cornice, ed il fregio gon$io. Que$to non è natu- rale, e $emplice ornato, ma bensì pe$anti, e bia$imevoli apparenze.

                          Può dir$i lo $te$$o anche della $econda fine$tra, che appari$ce picciola, e che $i tro- va in $imigliante corri$pondenza. Ella rappre$enta un gruppo di rappezzamenti fatti alla moda Romana gua$ta, lontani$$imi dal vero gu$to.

                          L'ultima porta, della quale fa mo$tra l’ Autore, vien da e$$o detta Compo$ita. Ve- ramente ha ragione di così nominarla, poichè è compo$ta di tante parti, e pezzami $torti, e dritti, che però non $on pre$critti dall’ Ordine Compo$ito, il quale anzi gli $tabili$ce tutt’ all’oppo$to; poichè un tal Ordine richiede, e vuole il tutto ottima- mente compo$to e regolato, come pre$crive, e per cui tale è decantato: imperciocchè gli ovoli furongli pre$tati dall’ Ordine Dorico, le volute dall’ Jonico, e le foglie dal Corintio, e que$te tre co$e lo formarono. Que$to è quell’ Ordine, che dal Palladio è ricono$ciuto per l’Ordine Romano: ma in que$to luogo il Vittone lo $travolge, e vuole, che il $uo capriccio prevalga, formando un mero pa$ticcio, che non rappre- $enta tal ordine, ma un amma$$o $garbato. L’erte colla $oglia così sbeccata ed ele- vata in cima grande per $o$tenere uno $temma pe$ante $ul vuoto; e po$cia i due pila$tri nei fianchi rappre$entanti termini $tracantonalmente po$ti, i quali e$$endo me$chini nella pianta, e nella cima imbrogliati di $agome $mor$io$e, e colla corni- ce ripiegata in giro, formano rimenato, e $chienale allo $cudo $te$$o. Sarà più di- cevole il denominarla fanta$ia $erpentina, poichè è collocata in guardia di due $erpenti.

                          Nego pertanto francamente, che tali pen$ieri debbano per buoni approvar$i, per- chè ripugnano affatto alla $eria, e naturale Architettura. E’que$ta per lo contrario una $travagante ed irregolar quadratura, pen$ata $ul modo degli $tuccatori, che cor- ra, o non corra in regola, vuol far figura. Così l’ intendono certi moderni Archi- tetti, che vanno in cerca di bazzecole, e tra$tulli, per far compar$a $pirito$a e va- ga. Que$ti però $on fuori di $trada. Lo $te$$o po$$iamo dire del Pirane$e, che van- ta il nome d’Architetto $pirito$o per aver ri$taurato in Roma la Chie$a del Priora- to dentro e $uori, sì per l’ Architettura, che per gli ornati. Que$to pure volendo$i di$tinguere più degli altri, immaginò un’ Architettura $econdo il $uo capriccio, e gli ornati parimente proporzionati al $uo $car$o giudizio, potendo$i in ciò accompa- gnare col Po$i, il quale s’ impiegò nel ri$taurare il Pantheon in tutto l’Attico, come dicemmo, il quale diè a cono$cere il corto $uo pen$are. Di que$ti due Architetti può dir$i, che uniformemente al Padre Pozzi tutto rivinarono e $convol$ero nell’ Archit- tettura. Co$a veramente deplorabile ai no$tri tempi per Roma, ove i $uoi Arte$ici vanno gua$tando i pochi aurei avanzi dell’ Antichità, $otto il reo prete$to di vie più nobilitarla. E’ co$a pur da maravigliar$i, che dopo il Padre Pozzi tutti gli Archi- tetti $ieno$i appigliati a pen$amenti lontani$$imi dal vero, ed a veri $eminarj d’ er- rori.

                          [0157]DEGLI ARCHITETTI. Porte e Fine$tre di Vittone Architetto moderno. [0158]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI CAPO SECONDO.

                          DOpo d’ avere $coperti in varie fabbriche di Roma i molti errori comme$$i dagli Architetti, non $arà fuor di propo$ito, che ci facciamo ad e$aminare altresì la bella e ricca Città di Venezia nelle $ue $ontuo$e, e magnifiche fabbriche, e$egui- te da celebri Autori, come rilevera$$i ciò, che $on per dire dai pre$enti di$egni, ri$petto agli errori comme$$i, e che tuttora $i commettono dai mal pratici Architet- ti, i quali hanno enormemente de$ormato la buona maniera d’ operare, sì nell’ ordine della $oda, e antica Architettura, come altresì negli ornamenti di quella; e $enza avveder$ene $i $on ridotti a non più cono$cere il buono dal cattivo, trovan- do$i così fuori di $trada, ed af$atto ciechi, rinunziando d’ aprir gli occhi, e di co- no$cere il vero, ed abbracciando $oltanto quello, che $i chiama bizzarrìa e moda; $icchè vanno in$en$ibilmente riducendo il per$etto nell’ imperfetto e gua$to. E ciò che giunto era al colmo della perfezione, come $i $corge in Grecia, ed in Roma, confondono per modo, che più non $i di$cerne la verità, nè la vera virtù. Que$to mio libero parlare non offenda alcuno, poichè io non ebbi mai, nè avrò altro $ine con ciò, $e non quel $olo, di vedere cioè ch’ entro una Città così nobile $i per- fezionino $empre più le belle Arti, e $i accre$cano, nè $i perdano fatalmente, $icco- me pur troppo è in altre Città accaduto.

                          _Delle $oglie fal$e, e pe$anti._

                          Sarà quì pure da con$iderar$i l’ abu$o delle fal$e $oglie, non meno di porte, che di fine$tre, il quale abu$o vien praticato in $uppo$izione di novità, e bizzarria, non ri- flettendo quanto ciò $ia fuor di regola, nè po$$a aver luogo nel buono, a motivo della pe$ante, e $al$a figura, che rappre$enta fuori d’ ogni ragione. Se que$ti Ar- chitetti $ape$$ero ciò, che è nece$$ario a $aper$i, cioè, che le $oglie delle porte, e fine$tre altro non rappre$entano, che un arpice, per legare l’ erte, o $tipiti delle mede$ime, e che que$ti non po$$ono e$$ere aggravati dal pe$o $uori del vivo, perchè corrono ri$chio di $pezzar$i: e per difendergli da tale $concerto fa me$tieri valer$i del ripiego di formargli $opra un rimenato di cotto entro il proprio muro, affinchè lo $te$$o col proprio pe$o non gli opprima, certamente $e ne a$terrebbero. Que$ta è la maniera del buon praticato, e da praticar$i; e non mai nelle forme da noi o$$er- vate u$ar$i in Roma; $ebbene anche quì fra noi vi $ono i corrompitori, che $enza ritegno fanno$i ad imitare il cattivo gu$to, e non il vero, e buono, che convien$i, come $i rileverà dagli e$empj, che con chiarezza vedremo negli appre$$o di$egni.

                          _Porta entro il Fondaco de’Tede$chi._

                          Per $empre più comprovare quanto $i è detto, e far cono$cere quanto $ia da $chi- var$i l’ errore di porre i pe$i fuori del vivo, $ervirà anche la pre$ente porta. La ra- gione ha certamente il $uo luogo per ciò che riguarda il durevole, $iccome ho in que$ta o$$ervato, che $i vede entro il Fondaco de’ Tede$chi, e $erve d’ ingre$$o al luogo delle bullette, e $pedizioni delle merci di detto Fondaco. Dee o$$ervar$i la $ua $truttura, che è a$$ai $travagante, perchè mo$tra di tener la $oglia appena in luce del vano, lo che di$dice grandemente, oltre l’e$$er la mede$ima oppre$$a dal pe$o, che le $ovra$ta, e già $i o$$erva $pezzata, mentre ha cornice, pila$tri, e fronte$pi- zio per annicchiar$i nel mezzo il Leone Ducale. Non $o capire, come poffa pen$ar- $i così male, ri$petto alla $u$$i$tenza non meno, che alla $oda Architettura. Io vor- rei pur far comprendere tal verità, $e mai fo$$e po$$ibile, e che ritorna$$e l’ u$o del buono operare. Gran co$a, che il buono $ia cono$ciuto, e praticato da sì pochi, per non lo dire pre$$o che abbandonato da tutti, e venga approvato $olo quello, che non è degno d’approvazione, nè lo potrà e$$ere giammai.

                          Facciamoci pure ad o$$ervare e$$a porta, e dal $uo e$ame agevol $arà il compren- dere la verità delle mie a$$erzioni. Que$ta non $olo ha la $oglia pe$ante, ma anche po$itivamente in$u$$i$tente, a motivo del pe$o, che l’ opprime al di $opra; e poi per- chè la $ua figura mo$tra di non aver te$te valevoli per abbracciare, e $tringer l’ er- te mede$ime, ma mo$trando d’ e$ter qua$i in aria, e $o$tener così il pe$o $oprappo- [0159]DEGLI ARCHITETTI. $tole nel fal$o, ove $i vede cornice con pila$tri, e fronte$pizio, e tutto ciò per for- mar nicchio al Leone Ducale, che rappre$enta Magi$trato per l’ U$izio $opraddetto. Convien dire, che non potrà mai e$$er ragionevole un tal compo$to, perchè è fuo- ri d’ogni buona regola, e proprietà. Si poteva per altro ridurre con mae$tà e deco- razione del buono e vero $i$tema, col porre le co$e $uddette in gui$a, che pote$$ero $ervire non meno per ornamento, che per caratteri$tica del Magi$trato, $alvando ciò, che dee $alvar$i pel decoro della vera Architettura.

                          _Porta $ul piano della Scala maggiore nel Palazzo dei Civran a S. Gio: Cri$o$tomo._

                          Que$ta porta $i vede $ul $econdo piano della Scala Maggiore nella Ca$a dei Civran a San Gio: Cri$o$tomo; e come l’ e$empio dimo$tra, è piena d’ irregolarità. La $ua $oglia è $ommamente pe$ante, le $ue cartelle nulla concludono, il mezzo $uo pila- $tro Jonico nulla $o$tiene, nè $erve a co$a alcuna il rimenato. Tutte que$te co$e $i trovano fuori di $immetria, e deformano, anzichè adornare.

                          _Soglia di Porta entro la Cbie$a di S. Barnaba._

                          E’ que$ta $oglia di porta di forma $travagante, e di mal compo$ta figura a mo- tivo dello $cherzo irregolare, che rappre$enta, girando al di $otto della propria gro$- $ezza della $ua $oglia naturale, e poi legando$i in rimenato al di $opra, produce alla mede$ima pe$o di con$iderazione. Sono que$te irregolarità, che deformano, e tolgon la grazia, e la $odezza.

                          _Soglia di Porta nel Palazzo Gra$$i a San Samuele._

                          La foggia di tali $oglie così inzancate con bugna nella mezzeria, che vengono ag- gravate di pe$o $ul fal$o irragionevolmente contro l’ e$$er loro naturale, dimo$tra e$- $er le mede$ime $tate ordinate $enza $apere a che debban $ervire, $e, cioè, per $o- $tenere e legare la porta, oppure per re$tar oppre$$e, ed infrante dal proprio pe$o.

                          _Soglia di fine$tra nella Scuola dell’Angelo a’SS. Apo$toli._

                          Di que$ta $oglia dee pur dir$i, come delle altre la figura $compo$ta, lontani$$ima dal leggiero, e vero modo da praticar$i, non dovendo e$$er mai così ma$tina e pe- $ante, poichè è oppo$to ciò all’ ordine naturale.

                          Altra $oglia $omigliante $i o$$erva $ulle due porte laterali della Chie$a del S. Se- polcro, con que$to di più, che $opra la zanca tiene anche cornice le$inata con mo- diglioni, che le cagiona pe$o maggiore, e le dà più goffezza. Siffatte operazioni dir $i debbono mo$truo$ità, perchè $i dilungano da tutte le regole della $ana Architettura.

                          [0160]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI _Porta entro il Fondaco de’Jede$chi._ _Soglia di Porta entro la Chie$a di S. Barnaba._ _Soglia di Porta nel_ _Palazzo Gra$$i a S. Samuele._ _Porta $ul piano della_ _Scala maggiore nel_ _Palazzo dei Civran_ _a S. Gio Gri$o$tomo._ _Soglia di fine$tra nella Scuola_ _dell’Angelo à SS. Apo$toli._ [0161]DEGLI ARCHITETTI. Una delle due porte della Sagre$tia aggravate di pe$o $opra la $oglia nella Chie$a di S. Maria dei Miracoli.

                          Di que$te porte, che $i veggono nella pre$ente Chie$a, e che $ervono d’ingre$$o alle Sagre$tie, trovando$i aggravate $ulla $oglia dalla men$ola, che $o$tiene il pul- pito, ful quale $i legge l’Epi$tola, e il Vangelo, debbo dire, che la lor maniera non è lodevole, e$$endo certi$$imo, che la men$ola ripo$a $olamente $ulla mezzeria della $te$$a $oglia, e per trovar$i que$ta $pinta dal pe$o, che le è $opra, $ta $empre in procinto di $pezzar$i; e $e la porta non fo$$e così ri$tretta di luce, certo $i è, che a que$t’ ora $i $arebbe $pezzata. Il modo $icuro d’ operare in ca$i $omiglianti altro e$$er non può, $e non $e quello di formare la porta a volta, poichè l’arco fa perpetuamente forza, e con ragione $u$$i$te; e così uno opera $econdo l’Arte.

                          Una delle due porte laterali, ed alzato e$terno di detta Chie$a.

                          Non $i da error più $olenne dello ftravolgere gli Ordini, e confondere il retto u$o dei mede$imi, $iccome ci avverte il Galaccini a carte 65. dicendo, come non con- viene in verun conto il por l’ordine $uperiore $otto all’inferiore, cioè, che il fervo faccia l’ufizio del padrone, e vicever$a; $iccome rileva$i nel pre$ente e$empio, che e$$endo d’Ordine Corintio al di $otto, tiene nel $econdo di $opra l’Ordine Jonico, l’uno e l’altro a$$ai ornato $econdo il gu$to antico: e per e$$er la detta Architettu- ra me$colata di parti buone, $ebbene non $eguenti, ne ho po$to l’e$empio, affinchè $i rilevi il di$dicevole nello $calvacare gli Ordini, lo che non conviene in verun conto: in quella guifa appunto, che uno voleffe, che le braccia faceffero l’ufizio delle gambe, e le gambe quello delle braccia, del che dar non $i potrebbe defor- mità più $cempiata. Il di$ordine i$te$$o $i rileva parimente nel campanile della Chie- fa di San Gio: Cri$o$tomo, che è ornato d’Architettura, ma $cavalcata nella gui$a $te$$a, cioè, in cui è po$to l’Ordine Corintio $otto all’Ionico, lo che, come dicem- mo, è deformità.

                          [0162]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Vna delle due porte della Sagre$tia aggravate di pe$o $opra la $oglia della Chie$a di S. Maria dei Miracoli. Vna delle due porte laterali, ed alzato e$terno di detta Chie$a [0163]DEGLI ARCHITETTI. Degli sforzati alzamenti delle colonne fuor di propo$ito. Come appunto $on quelle della porta della scuola grande di S. Marco Evangeli$ta, e le altre nella Cappella degli Apo$toli in San Gio: Cri$o$tomo.

                          Somma $i è certamente la $travaganza nel porre le colonne $opra replicati piedi- $talli, come $i è veduto ai giorni no$tri. Veramente con$iderando, come $iffatti erro- ri, e sì enormi incoerenze paffano per lodevoli compo$izioni, e ben e$eguite, mi rie- $ce $trano, che niun profe$$ore zelante dell’Arte nobili$$ima dell’Architettura non $ia- $i po$to a con$iderargli, gli abbia sfuggiti, ed abbia procurato d’illuminare il delu- $o mondo.

                          Quindi io dico, e perpetuamente dirò, che la bene ordinata Architettura non dee avere, nè tenere irregolarità $compo$te, e vizio$e, come le pre$enti; cioè, collocare i pila$tri di loro intiera proporzione e mi$ura, e poi formarvi dirimpetto colonna piccio- la e me$china, $icchè vi $ia bi$ogno, perchè abbia corri$pondenza col pilaftro, d’un replicato piedi$tallo, che la porti alla conveniente altezza, e alla proporzione, che $e gli a$petta. S’io non vado errato, eccovene gli e$empj. Sia il primo le due co- lonne d’Ordine Corintio po$te contro ai pila$tri alla Porta della Scuola Grande di San Marco Evangeli$ta: il $econdo poi $ieno quelle po$te all’arcata della Cappella degli Apo$toli nella Chie$a di San Giovan Cri$o$tomo. O$$erviamole un tratto. Che effetto vi fa mai il vedere il pila$tro sì prolungato, che arrivi a piantare $ul regolone di $otto, ed accompagni la $ua ba$e con quella del piedi$tallo; e poi $opra due piedi$talli, l’ uno quadro, l’altro rotondo, pieni tutti d’ornamenti, po$ta la colonna di fronte al proprio pila$tro, la quale $i agguaglia allo $te$$o capitello, portando del pari la propria $ua cornice? Quelle poi di S.Gio: Cri$o$tomo, che s’acco$tano molto alle già e$aminate, variano foltanto da e$$e, che il pila$tro pianta $opra il primo piedi$tallo, e la colonna $opra il $econdo rotondo e ornato. Simiglianti ripieghi in buona Ar- chitettura $i chiamano rappezzi, e giocolini. O il pila$tro trova$i in proporzione, o nò: $e $i trova, e perchè porgli di fronte una colonna di minor modulo, e che per arrivare all’altezza dovuta della propria cornice $ia di nece$$ità il porvi un piedi$tal- lo artifizio$o, che nulla abbia coerente al $uo e$$ere, $econdo l’ordine $opraccenna- to? Tali di$ordini ed errori finora non con$iderati $i $chivino in avvenire diligen- temente: e $ebbene gli Architetti di quei tempi, nei quali furono que$ti errori com- me$$i, ave$$ero $tima, tuttavia dee dir$i, che malamente operarono, perchè trincia- vano, e $cemavano le debite $immetrie $tabilite agli Ordini re$pettivi, $econdo la buo- na Architettura.

                          [0164]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Profilo della porta della Scuola grande di S. Marco Evangeli$ta. [0165]DEGLI ARCHITETTI. O$$ervazioni $opra i pila$tri tagliati: Come appunto $on quelli, che $i veggiono entro la Chie$a di San Gio: Cri$o$tomo, come anche $opra la facciata d’e$$a Chie$a.

                          Dobbiamo con$iderare in que$to luogo, come nel buon ordine di retta Architet- tura non debbon$i mai tagliare le parti principali d’e$$a Architettura, che anzi per lo contrario debbon con$ervar$i intiere, e nette pel maggior loro decoro. In que$ta Chie$a, che abbonda di leggiera Architettura, $i rileva il groffo errore di tagliare i pila$tri in modo di$dicevole, e mo$truo$o. Si offervi la $ua figura: l’Ordine è Corin- tio, ha piedi$tallo e pila$tri, con ba$e, e capitello, e cornice: formano cantonali agli archi $uperiori con dopo alette, ed impo$te con loro arcate; e que$te $te$$e impo$te le$inate girano a rido$$o, ed intorno al $uddetto pila$tro, di modo che troncano la $veltezza del mede$imo, rendendolo $mezzato, e che offende la vi$ta degl’intendenti.

                          Similmente $opra la facciata con ugual di$ordine $i offervano le pila$trate del prim’ordine con cornici le$inate, ed alzar$i nel cantonale $torpiatamente il rimenato, poichè trova$i piantato fuori della cornice, e che col $uo slancio giunge a tagliare per mezzo il pila$tro del $econd’ ordine, che ha parimente cornice, e rimenato $o- pra nella gui$a $te$$a dell’inferiore. Tutte $correzioni fon que$te da di$approvar$i, co- me quelle che $ono effetti di fal$a Architettura gua$ta e corrotta: e di vero tutto quel- lo, che rappre$enta pila$tro o colonna, dee perpetuamente comparir libero, affinchè mo$tri tutta la $ua forza nel $o$tenere: come altresì i rimenati debbono piantar $empre $ul vivo, e non $ul fal$o, $iccome trovan$i que$ti. Errori tutti, che non po$$ono $cufar$i, e che di$onorano l’Arte.

                          Porta della Chie$a di S. Martino.

                          Lo fte$$o dir po$$iamo eziandio delle alette collocate pre$$o le colonne nella porta della Chie$a di San Martino, ed in quella del Sepolcro, nelle quali, come appari- $ce dal di$egno, re$ta l’aletta di fuori col capitello Corintio tagliata nel traver$o della cornice dell’impo$ta dell’arco di detta porta. Così ancora dee intender$i di quei ca- pitelli po$ti all’alette, che tagliati da fa$ce vanno poi a terminare in volute, come $ono appunto quelle del $econd’ordine della facciata di S. Maria Zobenigo, come anche l’altre d’e$$o $econd’ordine $u quella dei Carmelitani Scalzi, che non rappre- $entano nè alette, nè volute, ma piutto$to mo$tri, che abbiano bella te$ta, e che poi vadano a finire in aborti. In alcuna occa$ione $i può far u$o della voluta, ma $enza capitello fogliato, e vi potrà $oltanto aver luogo quello, che $ia d’Ordine To- $cano, o Dorico, che forma te$ta, o berretta, e niente più; e que$to dice$i il vero modo d’operare da favio Architetto.

                          [0166]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta della Chie$a di S. Martino. Entro la Chie$a. Pila$tri Jagliati entro e fuori della Chie$a [0167]DEGLI ARCHITETTI. Una delle due porte di riva nel Palazzo de’ NN. UU. Pe$aro $opra il rio.

                          Simigliante Architetoura non può in verun conto approvar$i, come quella, che è deformata e fal$a nelle $ue parti. Si o$$ervi, quanto è $garbata la $ua po$itura, e quanto male $ia appoggiata. Sono anche più bia$imevoli i $uoi colonnati tozzi, e deformati, sì mal me$$i nel loro peduzzo. Il rimanente poi, della cornice cioè, e d’altro venne affai male concepito. Eppure l’Architetto credeva d’e$$er$i fatto par- tito, col far mo$tra d’una nuova invenzione, che $i lu$ingava e$$ere una prova di $ua in$igne bravura. Gran cofa, che quell’Architettura tanto ftimata, onorevole, e pura, colla quale i famo$i Artefici antichi adornavano le fabbriche con loro gloria, e fama, per le ottime proporzioni, e adeguati pen$amenti in tutti gli Ordini $em- pre di$po$ti con nobiltà: dove per lo contrario veggion$i ai tempi no$tri pregiudica- te, e gua$te, con ornati privi di grazia deformati, e ridotti a sì mal partito, che non $i $a oggimai più ricono$cere il pregio della felice, e virtuo$a Architettura.

                          Da que$ta $corretti$$ima porta $i potrà rilevare, quanto $ia bia$imevole l’ u$o di $corrette proporzioni, che $i $co$tano dall’unione di retta $immetria. Sembra, che que- $ta porta $ia d’Ordine To$cano, tanto $i manife$ta l’alto, e il piano; concio$$iachè le colonne $ieno $car$iffime nella loro altezza, come quelle, che non pa$$ano le $ei te$te del loro peduzzo, compre$o il capitello. Quanto a me, pen$o, che que$to Ar- chitetto, che $i val$e di sì $car$a mi$ura, pretende$$e di $econdare il gran Vitruvio, ove dice, che nella Jonia fu fabbricato ad Apollo Pannionio un Tempio, perchè pri- ma ne aveva veduto un altro eretto nella Città dei Dore$i, ove volendo por le co- lonne, nè avendo peranche le $immetrie delle mede$ime, perchè pote$$ero reggere il pe$o con qualche vaghezza di proporzione, quel tale Architetto mi$urò la pianta del piede virile, e di gro$$ezza formando da baffo il fu$to della colonna, la levò $ei vol- te in altezza da terra col $uo capitello: e così appunto pretende$$e di fare lui. In que$to ca$o può $uppor$i, che il $uo $pirito$o intendere abbia pen$ato a quel bel ri- piego mo$tratoci dal Palladio nel $uo IV. libro dell’Antichità, praticato per allungar le colonne, veduto e difegnato da e$$o nel Tempio del Batte$imo di Co$tantino in Roma, e da e$$o pur praticato in S. Giorgio Maggiore in Venezia alle colonne po$te nella porta maggiore dentro la Chie$a, e ai due Altarinella crociera: così que$to pen- sò valer$i dello $te$$o partito, allungando colla pera aggiuntavi, e zoccolo al di $ot- to, finchè arriva$$ero a far mo$tra di quella grazia, che non avevano, e veni$$ero a comporre in$ieme otto te$te della loro altezza. Siffatto ripiego fu buono nel Batte$i- mo di Co$tantino, e più ancora del Palladio in San Giorgio Maggiore: ma in que- $to fa compar$a molto pe$ante, nè ha ve$tigio della grazia e gentilezza delle colon- ne accennate; ed in quelle pure vi è la $ua ba$e ornata, e bella; dove in que$te, $uppo$to l’Ordine To$cano, il loro plinto è troppo alto, e lontano dalla convenien- te $ua proporzione, e bellezza. Sotto poi i regoloni vi è il modiglione cartellato per $o$tegno della detta colonna, ed in e$$o terminano gli $calini della $te$$a riva.

                          Sopra le $uddette colonne appoggia la cornice architravata e le$inata, con appre$$o il pilaftro. Il punto $ta, come po$$anvi aver luogo l’altre le$inature al di dentro nel- la $te$$a cornice corrente fopra l’arco: può avervelo la le$inatura $opra la ferraglia, nol nego: ma che abbia$i a le$inare perpendicolarmente anche $opra le impo$te, e- gli è errore maju$colo, e $ommo, sì per l’una, che per l’altra parte, la quale le- $inatura $ta $opra la $te$$a cornice in aria, e que$ta po$ta $ull’ angolo dell’arco, ed arriva all’ovolo $otto il gocciolatojo. Come $ia$i ideato tale improprietà lo $pirito$o Architetto, non $o comprenderlo, non e$$endovi la menoma ragione; che anzi per lo contrario vi ripugna totalmente la buona Architettura: come altresì quel raggio, che $e ne $ta in aria così pendente, in vece d’appoggiare $ulle proprie impo$te, centro per e$$o proprio: nè potrà mai $alvar l’Architetto quella me$chini$$ima zat- tina cerchiata, per indicare il $uo appoggiamento $aldo. In $omma gua$ta è una tale Architettura, male e$eguita fuor d’ogni ragione. Così l’Architetto, che non ha fon- do d’Arte, falla a occhi veggenti certamente.

                          La pre$ente figura $i vede nella Chie$a di S. Maria dei Miracoli, e $erve a$$ai per e$emplare delle $oglie aggravate appunto $ul fal$o.

                          In que$ta Chie$a adunque $i o$@erva, per così e$primerci, il modello di figura pe- fante $ul fal$o, aggravando la $oglia, che la fo$tiene, ed è alli due altari laterali [0168]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI alla $calinata, cioènei quattro vani, ove$on po$te le Reliquie. Dee dir$i alcuna co- $a intoo a ciò, affinchè alcuno ingannato da tale e$empio non $i pen$a$$e mai d’imitarlo. E di vero vi $ono certi tali, i quali tutto $i fanno lecito, allorchè po$- $auo addurre alcun e$empio d’altro Autore. Il pre$ente modello (così mi piace dir- lo, poichè la figura è di picciol corpo) è di qualche con$iderabile con$eguenza pel mal e$empio, che e$ibi$ce, e ciò per coloro, che molto s’applicano ad imitare, perchè non $ono abili ad inventare; il pre$ente modello, io dico, è da fuggir$i on- ninamente, perchè ripugna non $olo ai dettami dell’Arte, ma alla $te$$a ragione di Natura.

                          [0169]DEGLI ARCHITETTI. Vna delle due porte di riva nel Palazzo dé NN. VV. Pe$aro $opra il rio. La pre$ente figura $i vede nella Chie$a di S<_>a. Maria dei Miracoli. [0170]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta d’Ordine Dorico con $oglia bugnata vicino al Ponte dell’Aceto a’ SS. Gio: e Paolo.

                          La porta ru$tica, che quì e$pongo e$$endo d’Ordine Dorico, è a$$ai incoerente nelle $ue parti. Prima di tutto ha la $ua $oglia molto pe$ante a motivo delle cin- que bugne pendenti, che la formano, $enza alcun legamento, nè $o$tegno, mo$tran- do di cader $ul capo a chi v’entra. Si o$$ervi poi la me$chini$$ima cornice po$ta $u i capitelli, che $o$tengono il fronte$pizio, come compari$ce povera, oltre l’e$$ere per- fino priva delle proprie erte. Tali porte non po$$on$i altrimenti denominare, che ba$tarde e tronche, perchè prive delle parti, che $econdo l’arte ad e$$e convengono.

                          Porta del Campanile di S. Bartolommeo. Novità di fronte$pizio bugnato.

                          Que$t’altro e$empio mo$tra patentemente, quanto arditi $ieno certi Architetti, che $enza alcun rifle$$o e$pongono il loro fal$o pen$are, pretendendo di $egnalar$i colle più $travaganti novità, O$$ervi$i que$ta porta, che è non $olo bugnata con pe$an- ti$$ima $erraglia, ma tiene anche bugnato il fronte$pizio; trovando$i e$$e bugne in- ca$$ate al di $otto, rimangono al di $opra pe$anti, e in aria, co$a lontani$$ima dal- la $u$$i$tenza. Da ciò appari$ce, quanto male inte$a venga la vera Architettura. In niun tempo $ono$i veduti fronte$pizj bugnati, come lo è que$to. E’ ben vero, che tali@$cempiati$$imi errori ci ammae$trano, perchè ci additano a non incorrere in or- ridezze sì contrarie alla verità, ed alla nobiltà della vera Architettura.

                          Cornico Dorica po$ta $opra gl’intercolunnj nelle Procuratie nuove ver$o l’A$cen$io- ne alterata nei modiglioni.

                          Siccome tutte le mie o$$ervazioni altra mira non hanno, che la perfezione degli Ordini, così non po$$o a meno di non e$porre tutte le improprietà, ed irregolarità praticate in varj tempi. La pre$ente cornice Dorica non corri$ponde a quel fine, che ragionevolmente le è dovuto; e l’errore con$i$te nell’ e$$ere $cavalcata nei $uoi modiglioni, $endo que$ti po$ti fuori del triglifo, che chiama $opr’e$$o il modiglione per capo di corri$pondenza a $o$tenere il gocciolatojo, e la gola $opra. Nel veder$i così fuor di luogo non rileva$i certamente quella corri$pondenza, che dee avere col triglifo, che gli è $otto: per lo contrario qualunque volta, che pongan$i i modi- glioni in $imil cornice, $i dee $eguir l’e$empio la$ciatoci dagli ottimi Mae$tri, come venne praticato dal famo$o Giammaria Falconetto nell’Arco da e$$o fatto in Padova nel Cortile del Mantova, co$a che molto nobilita un tal $ito. Così pure il San$o- vino nella facciata della Zecca $opra la Pe$cheria; e $e ne val$e anche il Vignola nel $uo Libro d’Architettura, ed altri molti, i quali po$ero in tal Ordine i modi- glioni: per la qual co$a o$$ervando la $travaganza d’un tale operare, cioè, di por le o$$a fuori del luogo loro, rilevo, che que$ta parte di fabbrica non è $tata compita dallo $te$$o Scamoccio, che ne fece $opra la Piazza gran parte, ma bensì dopo di lui da altro poco intendente del modo da tener$i in tal Ordine, e nelle $ue parti. Re$ti pertanto avvertito ogni $tudente, che $opra l’Ordine di cornice Dorica non conven- gono altri modiglioni, $e non uno $olo $opra ogni triglifo, oppure $enza, come ve- de$i praticato nella fabbrica $te$$a $opra la Piazza cominciata dal San$ovino, che ornò la cornice di triglifi, di metopi, dentelli, e fu$aroli; e così fu anche pratica- to in altri tempi $empre con lode: ma nel ca$o pre$ente $arà perpetuamente condan- nabile, perchè non corri$ponde al $uo fine, nè all’Ordine ri$pettivo.

                          [0171]DEGLI ARCHITETTI. Porta d’Ordine Dorico con $oglia bugnata vicino al Ponte dell’Aceto a SS. Gio: e Paulo. Porta del Campanile di S. Bartolommeo. Cornice Dorica po$ta $opra gl’intercolunnj nelle Procura\‘tie nuove ver$o l’A$cen$ione. [0172]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Porta ru$tica con $oglia bugnata dietro alla Chie$a di S. Maria Formo$a.

                          Avendo que$ta porta così pe$anti letre bugne del mezzo, non mo$tra $e non $a$- $i, i quali oltre il tagliare la $oglia, e la cornice, vengono anche $pinti a cadere dal proprio fronte$pizio, come mo$tra in fatti la figura. E di vero $arebber più at- ti ad u$o di prigioni per imprimer terrore, che per ornato d’una decoro$a abi- tazione.

                          Altra porta di gentil forma con $oglia e cornice $pezzata da bugna ru$tica dietro alla $te$$a Chie$a.

                          Offro alla con$iderazione dei periti anche que$ta porta con $oglia bugnata e ma$ti- na. E$$i certamente non potranno $e non condannare tutto quello, che veggono e$e- guito fuor di ragione. Si o$$ervi attentamente, e $i dirà, come non $olo è $omma- mente pe$ante, ma mo$tra d’e$$er perpetuamente in atto di cadere, facendo paura a chiunque vi o$$ervi in entrandovi. Quanto alla $ua figura, $embra di gentil forma per i due rimenati po$ti $ulle due erte, e nella mezzeria gocciola, e va$o $opra. Ma e che rileva, quando tutto $marri$ee alla vi$ta a motivo della pesante $oglia, che in- gombra tutta l’apertura? Di que$ta, come di tutte le altre, ho condannato $imiglianti bugne, non accordando$i la loro forma pel pe$$imo effetto, che producono, Dico ben- sì, che anche le bugne $i po$$ono, e$i debbono praticare, e l’hanno praticate diver$i, come veggiamo in molte fabbriche, e fra le altre le due porte, cioè quella di $tra- da, e quella della riva dei NN. UU. Grimani Spago a S. Maria Formo$a. Que$te per e$$ere a volta molto $i confanno colle bugne, che danno forza alla fabbrica, ed in tal gui$a $ono commendabili, ed ottimamente $ituate: ma $opra $oglie dritte porre bugne pendenti, o $erraglie bugnate, $ono $cherzi irragionevoli. Con$iderando la loro figu- ra, que$te tagliano la $oglia, come è in fatti, ed appari$ce, o rappre$entano cugni per i$tringere: e que$to $arà $empre fal$o, non e$$endo arco, perchè non potrà mai $tringerlo, $e non $arà aperto. Dunque tali bugne rappre$entano $oltanto una finzio- ne, la quale non dee mai praticar$i nell’Architettura, che non ammette, $e non $e ciò, che detta la pura ragione. Quindi $i dee concludere, che le bugne ben colloca- te non $olo $aranno lodevoli, ma convenienti; ma da non praticar$i mai $opra $o- glie piane pel reo effetto, che producono. Que$to per mio avvi$o ba$tar dovrebbe a per$uadere chi intende ragione, commendando io $empre la retta e vera $olidità, parte nece$$aria a que$t’Arte, e vituperando le in$u$$i$tenti chimere, che tolgono all’ opera lo $tabile fondamento.

                          Porta del Palazzo dei NN.UU. Cavagnis a S. Severo coll’Architrave tagliato dalla $oglia bugnata.

                          Que$ta porta d’Ordine Dorico $i vede nel Palazzo Cavagnis a S. Severo, ed il $uo o$$ervabile difetto con$i$te non $olo nell’aver la $oglia dentro l’architrave, ma anche nel tagliarlo in gui$a, che ripiegato, come appari$ce, $embra, che gli $tia a rido$lo, comparendo pe$ante al di $opra per le bugne, che porta, e me$chino ne’ fianchi, e tozzo. Tali architravi così tagliati non $ono, nè $aranno mai lodevoli, perchè non può veri$icar$i, che po$$ano $ervire in un mede$imo tempo a due funzio- ni, vale a dire, a legare la fabbrica, quale è il $uo ufizio, e a $ervire d’arco alla porta, quando lo $te$$o re$ta divi$o, e $mezzato.

                          [0173]DEGLI ARCHITETTI. Porta ru$tica con $oglia bugnata dietro alla Chie$a di S. Maria Formo$a. Altra porta di gentil forma con $oglia e cornice $pezzata da bugna ru$tica dietro alla $te$$a Chie$a. Porta del Palazzo dei NN. VV. Cavagnis a S. Severo coll’Architrave tagliato. dalla $oglia bugnata. [0174]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Interno della Chie$a de’ SS. Apo$toli, e $uoi errori.

                          Anche nella Chie$a de’SS. Apo$toli $i rileva l’errore d’aver l’Architetto antepo$to l’Ordine Jonico al Corintio, nell’accre$cimento, che po$e nel $econd’Ordine per or- nar le fine$tre, non avvertendo a ciò, che conveniva in buona Architettura. Appa- ri$ce poi anche di più il di$ordinato modo degli archi aggiunti, i quali rie$cono me$chini$$imi per la mancanza delle facce, che formano legatura indi$pen$abile; e molto più per aver po$ti i modiglioni nelle cornici delle impo$te, co$a a$$ai trita, e di niun conto, nulla affatto corri$pondendo con la cornice Corintia, che è intieramen- te $chietta. Se l’inventore di tale aggiunta ave$$e o$$ervato ciò che dice il Palladio nel IV. Libro della $ua Opera pagina 74., ove parla del Pantheon di Roma commen- dando l’Architetto, il quale $eppe così bene ripiegare le parti della cornice de’Ta- bernacoli in facce, perchè $ervi$$ero di reale legamento alla fabbrica, avrebbe e$$o pure potuto imitare l’e$empio, e far$i onore.

                          Porta $opra la $trada del Palazzo Grimani a San Luca.

                          Dalla porta di que$to Palazzo $i rileverà, quanto di$dica il tagliare colle cornici i pila$tri, o colonne, e ciò, non meno per l’appoggiar$i a rido$$o dei mede$imi, che per la me$china apparenza, che produce. Dove per lo contrario per e$$er que$ta la porta principale, dovrebbe comparire molto mae$to$a, e grande pel decoro di sì ma- gnifica fabbrica: era pertanto nece$$ario la$ciar libero il pila$tro, nè cuoprirlo, nè ta- gliarlo con la cornice della $oprapporta, e$$endo que$to un gua$tare la parte princi- pale della nobile Architettura. Vi $arà per avventura chi vorrà difendere un tale er- rore con addurre per i$cu$a, che il $ito, in cui la mede$ima è po$ta, $i trova al- quanto ri$tretto per la vi$ta, e pel comodo d’e$$a porta; e che que$to po$$a e$$ere $tato il motivo, onde non averle potuto dare forma migliore. A chi ciò mi dice$$e ri$ponderei, che l’Architetto non dee giammai $car$eggiar di partiti per fare $picca- re la $ua intelligenza in più modi, $tando$i però $empre entro i limiti del ragione- vole.

                          E’parimente bia$imabile la fa$cia po$ta $otto al regolone della ba$e dello $te$$o pi- la$tro, che $porge eccedentemente in fuori, $o$tentato dal me$chino cerchietto cartel- lato, e al di dentro ugualmente dritta, potendo$i pure allungare fin $otto la $te$$a erta, che gli avrebbe $ervito di zoccolo, ed avrebbe prodotto maggior grazia, e fi- nimento.

                          [0175]DEGLI ARCHITETTI. Jnterno della Chie$a de’ SS. Apo$toli, e $uoi errori. Porta $opra la $trada del Palazzo Grimani a S. Luca. [0176]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Spaccato della Cupola della Salute, ed errori, che $i o$$ervano in que$ta fabbrica.

                          E’o$$ervabile l’errore particolare, che chiarameute $i mani$e$ta nella $ontuo$a fab- brica della Salute, $endo que$to Tempio compo$to di $ommamente ornata Architettu- ra, onde $i di$tingue da qualunque altro Tempio. Il lavoro, che ha sì al di dentro, che al di fuori, è di tre Ordini d’Architettura, cioè, di Dorico, di Corintio, e di Compo$ito, ond’è, che venga univer$almente ammirato. Ma giacchè mi $on po$to a trattare degli errori degli Architetti, mi giova e$porre anche il mio parere intorno al pre$ente edifizio, $iccome appunto ho fatto degli altri, con nuda ingenuità libe- ra da ogni adulazione. Con$iderando pertanto ciò, che pre$entemente dee avvertir$i, dico, che avendo o$$ervato in que$to sì magnifico Tempio il difetto $te$$o, che ho rilevato in altre Chie$e, mi pare una gran co$a, che $i abbia dai periti a $allare sì patentemente. Lo sbaglio pre$o dall’Architetto $i è l’aver po$to l’Ordine Compo$ito $otto al Dorico: ciò $i rileva entro alla cupola maggiore: co$a a dir vero di$dicevo- le e mo$truo$a, il veder$i cioè $opra colonne con $uo piedi$tallo e cornice di leggia- dra proporzione altr’Ordine in$eriore, che tenendo pur e$$o piedi$talli con $tatue rap- pre$entanti i Profeti; e $opra capitelli, e cornici con $agome più ordinarie, ed in e$- $e pe$anti modiglioni, raddoppiati e $cannellati a foggia di triglifi, gonfj $oltanto al di $otto $opra i mede$imi pila$tri, lo che toglie a$$ai la leggerezza all’opera: con que$to di più, che le colonne Compo$ite vengono ingombrate, e qua$i $trette dalle cornici delle impo$te degli archi, le quali vengono $o$tentate da pila$tri d’Ordine Corintio, il qual Ordine gira tutt’all’intorno di detta Chie$a, e $erve d’ornamento alle $ei Cappelle compre$e entro il giro del gran va$o della mede$ima. Dee$i pure in que$to luogo con$iderare la ringhiera molto pe$ante, e fuori del vivo, come appun- to o$$ervammo nelle ringhiere di Roma, della quali e$ponemmo gli e$empj. Sarà anche bene aggiunger gli altari collocati nelle anzidette Cappelle, i quali, benchè $ieno di gran lavoro, non tengono però quella proporzione armonica, che loro $i converrebbe, mentre que$ti col loro grande ingombro di rimenato, che porta $opra, $orpa$$ano i limiti della buon’Arte, cuoprendo e$$o rimenato parte dalla cornice Co- rintia, che gli re$ta dietro, e gira d’intorno. Que$to pure è errore non così leggie- ro, perchè cuopre ciò, che non dee, non e$$endo mai lecito porre Architettura a ri- do$$o d’altra Architettura, cuoprendo l’una per far grandeggiar l’altra. Si potrebbe- ro indicare altri errori; ma $iccome non $ono così vi$ibili, come i $opraccennati, ne fo di meno: e $arà più proficuo, che o$$erviamo il primiero u$o degli Antichi, i quali non praticarono giammai que$ta maniera d’arricchire $garbatamente con in- venzioni raddoppiate, cioè, che una affoghi l’altra, ma oprarono $emplicemente, come rileviamo dai nobili avanzi dell’Antichità, ed anche dei tempi a noi più vi- cini. Si toccherà con mano ciò, ch’io a$$eri$co, col confronto d’altre fabbriche $ti- mabili, quali in fatti $ono le Chie$e del Redentore, e di San Giorgio Maggiore, o- pere del Palladio, il quale o$$ervò una compo$tezza ed uni$ormità alla $te$$a fabbrica, ponendo entro la $te$$a Architettura gli altari al luogo loro, $enza togliere un mini- mochè alla nobiltà, e bellezza della principale invenzione; e veramente rie$cono $em- pre gentili, e $ommamente vaghi. Que$ti $ono gli e$empj, dai quali dee trar$i pro- fitto, $eguendo il parere, e lo $tudio fatto dallo $te$$o Palladio, quale egli e$pone nel proemio del $uo Libro d’Architettura, ed ancora a carte 15., ove tratta della di$po$izione dei cinque Ordini, per profitto dei veri $tudio$i di tal Arte.

                          [0177]DEGLI ARCHITETTI. Spaccato della Cupola della Salute, ed errori, che $i o$$ervano in que$ta fabbrica. [0178]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Cima d’altare nella Chie$a di S. Luca, quale era prima, con i fronte$pizj in aria.

                          Que$ta è la cima dell’Altar maggiore della Chie$a di San Luca, che è molto al- terata dai due fronte$pizj, cioè dal primo di $opra con cartocci $uperiori e inferio- ri, la cui metà è $ul fal$o; ed il $econdo re$ta colla metà in aria: inoltre ha due $oli modiglioni nelle cornici, quando tre e$$er dovrebbero: e la cartella dal fianco po$ante in fal$o $ull’orlo della cornice, e portante il va$o fuori del vivo; finalmen- te la $erraglia re$ta imbrogliata da fe$toni e cartelle, che la rendono pe$anti$$ima. Gruppo d’errori, che non $ervono che ad ingombrare, e a toglier la leggerezza, e la grazia.

                          Altra Cima d’altare nella Chie$a di S. Apollinare colla metà dei fronte$pizj in aria.

                          Ha la cima di que$to Altare i fronte$pizj tagliati, inca$$ati con modiglioni, e col- la metà del gocciolatojo in aria al di fuori. Que$to porta cartella $opra, di$te$a in luogo di figura, e $otto altra cartella, che va ad aggrappar$i $ulla $erraglia. Que$te $ono co$e tutte pe$anti, incoerenti, prodotte dal mero capriccio, e non dal buon or- dine d’Architettura ragionevole.

                          Altra Cima d’altare nella Chie$a de’Servi con tutti i fronte$pizj in aria.

                          Anche nei fronte$pizj di que$to Altare $i rilevano gli $te$$i errori di $opra divi$ati, vale a dire, che tutti re$tano in aria, e tagliati. E’veramente $trano, che errori sì patenti non $ieno$i avvertiti per is$uggirgli, mentre tanto s’oppongono alla ragio- ne; e che non $ia$i tampoco cercato il fine di tali fronte$pizj, ed a qual u$o $erva- no: una tal rifle$$ione avrebbe fatto cono$cere agli Architetti, che in tal gui$a non $ervono nè per coprire, nè per ornare, quale è appunto l’ufizio loro, o e$$er deve.

                          [0179]DEGLI ARCHITETTI. Cima d’altare nella Chie$a di S. Luca, quale era prima, con i fronte$pizi in aria. Altra Cima d’altare nella Chie$a di S. Apollinare colla metà dei fronte$pizi in aria. Altra Cima d’Altare nella Chie$a de’Servi con tulti i fronte$pizi in aria. [0180]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Altar Maggiore della Chie$a di San Luca nuovamente rifatto.

                          Se abbiamo $coperti degli errori nell’Altar Maggiore della Chie$a di San Luca com’ era prima, certamente nel nuovo non po$$iamo dare la no$tra approvazione. L’Ar- chitetto, che n’ebbe l’incarico, $i $tudiò di farlo $piccare maggiormente in mae$tà; ma s’ingannò a partito. Primieramente nel piantarlo s’avvisò d’appoggiarlo $ul pie- di$tallo dei pila$tri d’Ordine Ionico, che girano intorno a tutta la Chie$a, e $opra que$to po$e un regolone, e $opr’e$$o il piedi$tallo delle colonne Corintie. Fin qui vi $i o$$ervano tre innalzamenti per piantarvi le colonne, e $ormar l’Altare. Si trat- terà di $imigliante abu$o, e incoerenza a $uo luogo, ove cioè faremo rilevare l’u$o $uperfluo dei piedi$talli replicati. Tanto adunque $i alza il macchino$o Altare, che colla $ua cima $orpa$$a la cornice della $te$$a Chie$a. Sconcerto, e di$ordine di di$u- guaglianza, $enza alcuna proporzione di corri$pondenza armonica. Que$to Altare riempie qua$i tutta la Cappella, ed è d’Ordine Corintio. Le $ue colonne $ono me- $chine; e l’Architetto primo per prolungarle v’aggiun$e il pe$o $opra la ba$e, pre- tendendo così d’imitare il Palladio nelle dieci colonne, che prolungò in S. Giorgio Maggiore, come dicemmo. Sono pure del vecchio Altare le cornici con li due mo- diglioni per colonna. L’aggiunta poi dell’aletta di dentro in faccia alla $oazza della palla non $a veder$i la ragione, per cui debba $ervire, $e non $e quella di poter $o- $tenere il catino, e l’onde del mede$imo di $otto al pe$ante rimenato ma$$arino, che s’alza fuori di $ua competente altezza, a motivo del di$ordine nella partizione dei $uoi modiglioni, dei quali i primi $ono a$$ai di$tanti l’uno dall’altro; e gli al- tri, che $eguitano, più vicini: edi quella pe$anti$$ima $erraglia altro non può dir$i, $e non che rappre$enti una cre$ta, ovvero un fagotto aggruppato, non già $erraglia adeguata, che adorni. Dirò di più, che un rimenato così e$eguito rappre$enta una $cu$$ia alla Tede$ca pe$ante, e $garbata, fuori totalmente dell’ordine di buona Archi- tettura, non u$ata mai da alcuno antico buono Architetto, $endo più Teatrale, che $o$tanziale. La $oazza parimente, che circonda la palla in larghezza qua$i delle $te$$e colonne; come anche le zanche pe$anti, sì al $ito d’impo$te, che di $otto, non $er- vono, che a maggiormente ingoffire, e rendere il $ito più largo del convenevole. Quanto meglio avrebbe fatto, $e ave$$e ingentilita per la metà la detta $oazza, e di quel di più po$to l’aletta anche al di fuori; e così $arebbe riu$cita di più avvenen- za, e leggerezza! E chi non $a, che tutte le regolate aperture non debbono ecceder meno dei due quadrati? E $e alcuna co$a di più $i fanno, $i fanno a norma degli Ordini dell’Architettura mede$ima, e fanno $empre bene. Certamente in que$ta apertura non vi $i rileva una tal proporzione; ma per lo contrario compari$ce toz- za, e goffi$$ima. Mi fa gran maraviglia il veder praticar$i ciò nell’Ordine più gen- tile, e grazio$o, quale $i è il Corintio, che vuol$i porre al paro del più $emplice, e $chietto, quale è il To$cano, nel quale facendo aperture per u$o di campagna, ove debbon$i introdurre carra cariche di fieno, o d’altro, $i tengono e$$e aperture como- de, e vi $i pongono per tale effetto gli architravi di legno. Ella è una vergogna de’no$tri giorni il non con$iderar$i punto le convenienze de’ri$pettivi Ordini, nè il vero modo d’e$eguirgli.

                          Dopo d’aver diligentemente e$aminato l’Architettura del nuovo Altar Maggiore eretto nella Chie$a di S. Luca, a confronto del vecchio, che era molto di$ordinato e $compo$to, mi fo ora ad o$$ervare con i$tupore la prete$a del $uo regolamento, che non dimo$tra alcun ri$tauro coerente a quanto richiede la per$etta Architettura: ed avendo anche in que$to $coperti errori $ingolari di gran momento ri$petto all’u$o d’ e$$a Architettura, mi convien dire ciò, che è di ragione, per ridurre la mede$ima alla più purgata maniera Greca, e Romana antica. Non pretendo ri$cuotere da que$to Altare ciò, che vuole ed e$ige l’ottima per$ezione; ma per lo meno ciò, che è ne- ce$$ario pel $uo decoro, e gentilezza. Quindi a confronto di quello già e$eguito dal no$tro novello Architetto pongo il mio pen$iero, il quale non $i oppone totalmente all’e$eguito; ma e$po$to con quella maniera regolata, che più appagar po$ta chi o$- $erva, ed è pratico della buona foggia, che dee praticar$i, nelle giu$te ri$pettive proporzioni, e mi$ure, rileverà to$to la verità di quanto propongo, vale a dire, che l’Architettura dee e$$er più per$etta che $ia po$$ibile nelle $ue parti, e che non dee alterar$i, nè trar$i fuori del ragionevole $uo e$$ere; di modo che $e la differen- za con$i$te nel darle maggior grazia e gentilezza, sì di membri nelle cornici, che di $camili per gl’innalzamenti delle colonne, quando que$ti $ieno nece$$arj, e ade- [0181]DEGLI ARCHITETTI. guati, tornerà bene il fargli; ma $e di que$te $ue parti ve ne fo$$ero delle praticate inutilmente, e fuor di regola, come vien pur troppo u$ato tuttodì, forz’è ch’io di- ca, non e$$er$i da cotali Architetti $tudiata a perfezione la vera Architettura. Ma perchè $iffatti abu$i non vadano innanzi con i$capito d’Arte sì nobile, mi veggo co- $tretto a dimo$trare non $olo ciò, che venne e$eguito per regolamento del primo; ma eziandio ciò, che far doveva per ridurre i’ opera più perfetta che $i pote$$e, e render l’ Altare $uddetto, $e non totalmente perfetto, almeno $offribile. L’e$emplare di que$to è vicino, potendolo ricono$cere nel bordo della palla, nella replicata alet- ta al di fuori, affine di render le colonne uniformi nel rimenato più ragionevole e di$creto, $enza il $ottopo$to catino ripartito in $onde; come altresì $enza il legaccio della cartella, o gruppo colla cappa $opra il rimenato: ma bensì amme$$a la conchi- glia col frumento, e l’uve, il $imbolo rappre$entanti del Divin Sagramento. Si omet- te finalmente il di più, che dire $i potrebbe, per non comparire $overchio $everi critici.

                          [0182]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI [0183]DEGLI ARCHITETTI. Una delle Fine$tre della facciata della Chie$a di San Giorgio de’Greci.

                          Nella facciata di San Giorgio dei Greci $i o$$erva, che il fronte$pizio delle fine- $tre $ormonta la prima, e la $econda fa$cia dell’ Architrave nell’ Ordine Dorico, e taglia il legamento del mede$imo; come altresì le alette dei pila$tri d’ e$$e fine$tre rimangono in aria $enza alcun po$amento.

                          Fine$tre $opra la facciata della Chie$a di San Giminiano.

                          Nelle due fine$tre di que$ta facciata $i rileva una $pecie di rimenato $opra, po$to $uperfluamente, e non corri$pondente alla propria cornice, che lo $o$tenta, e a dir vero, fuori dell’ e$$er $uo naturale. Dico di vantaggio, non e$$ere neppure $cu$abile, $e $i vole$$e $upporre, che lo $te$$o fo$$e corri$pondente all’alette, o ai modiglioni; poichè in tal ca$o, o il rimenato pa$$a dietro la cornice, e così e$$a cornice non en- tra nel muro, ma $arebbe $olo appoggiata $opra i modiglioni, co$a affatto fuori del naturale: oppure, $e appoggia$$e $opra la cornice, non avendo $porgimento, $arebbe inutile la cornice per $o$tenerlo, e per con$eguenza $arà $empre fal$o.

                          Pergolato $opra la Porta del Palazzo dei Signori Conti Algarotti.

                          Il pre$ente pergolato $i vede collocato $opra la porta del Palazzo dei Signori Conti Algarotti entro il cortile. Que$to è, come appari$ce, grandemente $concertato nelle $ue parti. Se que$ta foggia d’ operare $ia da approvar$i, lo dicano gli $te$$i Architet- ti, i quali $apranno ben le ragioni del retto operare; vale a dire, di piantare il pe$o $ul forte, e $olido, e non mai $ul fal$o, nè fuori dei $o$tegni naturali. Senza dub- bio quì $ono i pila$trini, o colonnelli fuori di corri$pondenza de’ $ottopo$ti modi- glioni, che $o$tengono e$$o pergolato; e nemmeno incontrano i pila$tri delle fine- $tre: oltredichè per le di$uguaglianze, che $i rilevano dal primo al di fuori, e dal $econdo ver$o la mezzeria, malamente appoggiano i colonnelli, uno un terzo, l’ al- tro la metà fuori del vivo. La forma certo è bizzarra quanto al parapetto per le $cannellature forate al di $opra, e ripiene nel fondo; come altresì per la maniera della gola rover$cia, che fa tutto il pergolato, $econdando il pro$ilo del pila$trino, o $ia colonnello. Ma ciò non fa, che dir non $i po$$a patente errore, l’e$eguir cioè un pergolato in tal gui$a, così $garbato, e fuori d’ogni ragione d’ Architettura.

                          [0184]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Vna delle Fine$tre della facciata della Chie$a di San Giorgio de’ Greci. Fine$tre $opra la facciata della Chie$a di San Giminiano. Pergolato $opra la Porta del Palazzo dei Signori Conti Algarotti. [0185]DEGLI ARCHITETTI. Parte della facciata della Scuola di San Giorgio de’Greci, di$ordinatamente e$eguita.

                          L’e$empio del $eguente rame $ervirà molto per rilevare diver$i errori, nei quali cadono $enz’accorger$ene gli Architetti. Que$ta parte di facciata adunque è compo$ta d’Ordine Dorico e Jonico, ma enormemente $proporzionata. Primieramente l’ altez- za data al Dorico è eccedente, nè gli conviene per verun conto, ma s’ addirebbe bensì all’Ordine Compo$ito per e$$er $uperiore agli altri Ordini tutti; imperciocchè, $econdo anche il Galaccini, non vengono a$$egnate al Dorico più di $ette te$te, pro- porzione da e$$o riputata dicevole a un tal Ordine. In oltre la porta sì $tretta e al- ta forma figura me$china a proporzione delle fine$tre, che le $ono appre$$o; come altresì le due colonne $o$tentanti l’arco d’e$$a porta rie$cono molto $garbate e minu- te, per e$$ere $cannellate, a motivo della $overchia loro altezza: di più vengono le $te$le deformate dalle due bugne, o fa$ce, che le $tringono, non $aprei dirmi, $e per accre$cer loro corpo, o per i$comporle maggiormente. Nella cornice poi ornata di triglifi, metope, e modiglioni, per e$$ervi male attaccato al modiglione $opra le colonne altro modiglione, che $cavato al di $otto s’uni$ce col triglifo, tagliando Parte della cornice, fa ri$altare una deformità da sfuggir$i.

                          Nel $econd’Ordine pure $i o$$ervano altri rilevanti$$imi errori. Il primo con$i$te nell’e$$er l’Ordine Jonico parimente di eccedente proporzione, come dimo$tra lo $te$- $o Galaccini, il quale v’adatta $ole otto te$te, e non dieci, come veggon$i in que$to ca$o. Que$to $i chiama $convolgere gli Ordini d’Architettura, attribuendo all’uno le proporzioni dell’altro; quando ragion vuole, che cia$cun Ordine $ia la$ciato entro le $ue ri$pettive leggi. Il di$ordine però non fini$ce quì concio$$iachè $e $i o$$ervi- no le ba$i delle colonne principali, appoggiate $ullo zoccolo, vedremo, che non han- no alcuna corri$pondenza con quelle della fine$tra principale, che $on po$te in mag- gior altezza, e perciò alterano la legatura armonica, che è dovuta. E’$imilmente error notabile, che le dette colonne della fine$tra non fieno perpendicolari alle infe- riori della porta, ma po$te in fal$o. Si o$$erva ancora, come il rimenato $opra la $uddetta fine$tra cuopre, e mangia tutto i’architrave della cornice $uperiore, e viene a rompere la continuazione : co$a bia$imevoli$$ima, e mo$truo$a : e $pecialmente $i potrebbe poi aggiungere, che il capitello principale, la cornice, e l’ impo$ta dell’ arco nel mezzo d’e$$a facciata forma una fal$a pro$pettiva. In $imil gui$a il fronte- $pizio delle due fine$tre laterali, che $orpa$$a le colonne maggiori, colla gola mangia ad e$$e la loro gro$$ezza naturale, e forma di$ordine imperdonabile. Gro$$i pure $i o$$erva li modiglioni della cornice Jonica, anzi ba$tarda, perchè non portano treper colonna, com’e$$er dovrebbero, ma un e mezzo in circa. Se que$to $ia il vero ope- rare dicalo chi intende i $oli principj dell’Arte.

                          [0186]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Parte della facciata della Scuola di San Giorgio de’Greci, di$ordinatamente e$equita. [0187]DEGLI ARCHITETTI. Arco, che taglia, e cuopre l’ Architrave nella Chie$a di S. Ca$$ano.

                          Que$t’ arco, che vede$i nelle cappelle laterali all’ Altar maggiore della Chie$a di S. Ca$$ano, taglia, e cuopre l’ architrave: deformità $olenne, di cui trattammo, e$- ponendo gli e$empj delle fabbriche di Roma. Il pre$ente e$empio pertanto confer- ma $empre più l’errore, e mo$tra, che sfuggir $i devono perpetuamente quelle li- cenze, che tolgono la legatura, ed union principale dell’Architettura.

                          Cima d’ altare $regolata nellaChie$a di San Marcelliano.

                          L’Architettura di que$ta cima d’Altare $embra Compo$ita, ma e$eguita $enz’ ordi- ne in tutte le $ue parti. Primieramente i capitelli principali deformati $i converto- no in modiglione, e gonfiano in fuori a foggia di cartelle. Ha fe$tone, non $aprei dirmi, $e per $o$tegno, o $e per darle maggior pe$o; e $otto a detto fe$tone ha cer- ta cinturella, che $tringe il pila$tro $cannellato. Quanto poialle due alette de’ $ian- chi, con capitelli, ed architrave, una d’ e$$e rie$ce inutile, l’ altra $i va perdendo nella cornice con minuta le$enatura; ed il rimenato po$to fuor di regola $tringe conchiglia pe$ante, la cui coda s’attacca alla $erraglia, opprimendo l’arco della pal- la, e facendo fare figura deforme e me$china. Si vede altresì la prima faccia dell’ architrave $cherzare fuor di propo$ito contro la $erraglia. Tutte co$e fuor d’ ordine, che non hanno, $e non una fal$a apparenza per ingannare chi nulla intende dell’ Arte.

                          Cima d’ Altare con colonna po$ta angolarmente, di figura pe$anti$$ima, nella Chie$a di San Stefano.

                          Que$ta cima d’Altare, che e$i$te nella $uddetta Chie$a, non è $ola, ma accom- pagnata. Ha colonna, e cornice po$ta angolarmente, con $opra rimenato a cartoc- cio, da cui pende fe$tone. I pila$tri poi $on fuori della colonna, $enza la minima corri$pondenza di legatura armonica : e la cima è $concia, e di figura $torpiata, lontani$$ima da tutto ciò, che vuole ed in$egna la buona Architettura.

                          [0188]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Arco, che taglia, e cuopre l’ Architrave nella Chie$a di S. Ca$$iano. Cima d’Altare $regolata nella Chie$a di San Marcelliano Cima d’Altare con colonna po$ta angolarmente difigura pe$anti$$ima, nella Chie$a di San Stefano. [0189]DEGLI ARCHITETTI. Altare di forma $compo$ta nella Chie$a di San Stefano.

                          E’que$t’ Altare di $igura irregolare, come rileva$i dalla pianta dei capitelli, e dal- le cornici po$te angolarmente, e dalla colonna, che non corri$ponde ai contropila- $tri, come e$$er dovrebbe, $econdo l’ avvertimento del Galaccini. Tiene poi molti cartellami, che formano cima, ed altri, che tagliano i pila$tri $otto il capitello, $endo lor tolto il proprio ufizio, per mo$trar ch’ e$$i $o$tengano in vece di quelli : co$a $trani$$ima, poichè la cartella è bizzarrìa, non architettura. Sarà bene e$por quì la $ua figura, affinchè ri$alti meglio l’ improprietà e di$$onanza di que$to Al- tare.

                          Altra di$ordinata cima d’ Altare nella Chie$a de’ Ge$uiti.

                          Que$to Altare, che è d’ Ordine Corintio, ha cornice con modiglioni, ed il rimena- to, che è $opra la colonna principale, rie$ce alto, e torto, con modiglione $imilmen- te obliquo. La detta cornice $cherza $opra la palla, formando figura di lancia, e di $erraglia all’arco, $opra cui s’ inve$te un gruppo di cartocci, e di campanelle am- maffati in$ieme a foggia di fiocco per $o$tentare altra cornice irregolare, e un Angio- lo con dei Trofei. Se que$te co$e sì male ordinate vengano amme$$e dall’ Architet- tura, lo giudichi chi ne è vero intendente. Io per me le riguardo come chimere, $ciocchezze, ed irregolarità.

                          [0190]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Altare di forma $compo$ta nella Chie$a di San Ste$ano. Altra di$ordinata cima d’Altare nella Chie$a de’Ge$uiti. [0191]DEGLI ARCHITETTI. In santa Maria Zobenigo s’ o$$erua il pre$ente rimenato, che $erue d’ arco alla Cappella.

                          E’da notar$i la $concia $igura del mal u$ato rimenato, fuori del $uo fine, che è quello d’ ornare, o cuoprire, e non di formare arcate, o mezze arcate, nè per $errar cappelle. L’ Altare po$to $otto, ove è il rimenato $uor del dovere, che gli $erve di cima, e d’ altezza, è di figura $regolata, tenendo parte dei modiglioni $conci, e $garbati, nella le$inatura il cartoccio, che gira alla mezzerìa, formandone altro mol- to maggiore, $o$tiene $e$tone al di $otto, e architrave al di $opra, formando piedi- $tallo per $tatua: ed il tutto rie$ce in $omma pe$ante, e di cattiva compar$a. Il fronte$pizio $imilmente, che appoggia $opra la men$ola nella mezzerìa della cornice della colonna, forma figura trita e me$china in proporzione al di $opra, nè ha al- cuna correlazione colle parti mede$ime.

                          Cornice, che $tringe e lega la colonna nella facciata di Santa Giu$tina, ed anche nella Chie$a di San Pantaleone.

                          Nella facciata della Chie$a di Santa Giu$tina veggion$i le quattro colonne princi- pali ingombrate e $trette, circa la metà della loro altezza, dallo $porto della cornice dei pila$tri vicini. Errore con$iderabile $i è que$to per l’apparenza deforme, che pro- duce, che è $tringere ed affogare in tal modo la parte principale dell’ Architettura, co$a in vero da dete$tar$i; poichè debbon$i perpetuamente la$ciar libere e nette le parti principali, perchè ri$alti il grandio$o e nobile, che $i conviene alla fabbrica.

                          O$$erva$i parimente entro la Chie$a di San Pantaleone, che è d’ Ordine Compo$i- to, e$ler le colonne $trette ed abbracciate dalla cornice delle impo$te degli archi delle Cappelle, lo che di$gu$ta grandemente la vi$ta pel mal u$o $corretti$$imo quivi e$eguito.

                          sconcio rimenato nell’ Altar Maggiore della Chie$a dellaCele$tia.

                          E’a$$ai particolare l’ Altar Maggiore di que$ta Chie$a per lo $concio modo dei due rimenati d’ altezza eccedente, i quali $i uni$cono con cartella al modiglione cartel- lato nella mezzerìa, che $o$tiene la figura del Redentore. Hanno que$ti rimenati i modiglioni, che pel numero non corri$pondono alla cornice di $otto, ma $olamente al loro giro $regolatamente di$ordinato e$al$o. Errore è que$to, che tutto mette in di$ordine.

                          Altro $omigliante $i o$$erva nella Chie$a di San Domenico di Ca$tello $opra l’ Al- tare della Madonna del Ro$ario così $regolato e de$orme con figura a$$ai grande di- $te$a $opra, privo affatto di grazia e di proporzione.

                          Altro pure qua$i $imile vede$i ancora $opra l’Altar Maggiore della Chie$a di Santa So$ia.

                          Altri rimenati altresì con $imiglianti modiglioni $i o$$ervano nella Chie$a dell’An- giol Raffaele $opra l’ Altare dell’ Angelo Cu$tode; e que$ti hanno di più nella cima due bovoloni $ommamente eccedenti, che ingombrano ed aggravano molto, oltre lo $tarvi anche un Angiolo, che s’ appoggia ai mede$imi. Co$a ella è que$ta mo- $truo$a a motivo della $ua forma $regolata.

                          [0192]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI In. Santa Maria Zobenigo s’ o$$erua il pre$ente rimenato che $erue d’ arco alla Cappella. Cornice, che $tringe e lega la colonna nella facciata di Santa Giu$tina, ed anche nella Chie$a di S. Pantaleone. Sconcio rimenato nell’ Altar Maggiore della Chie$a della Cele$tia. [0193]DEGLI ARCHITETTI. Cima d’ Altare nella Chie$a deiServiti con me$chini rimenati.

                          Que$to Altare fa toccar con mano quanto $convenga la me$chinità dei rimenati po$ti $enza quelle con$iderazioni, che il dover vuole, e richiede la buona maniera, cioè l’ Arte $te$$a, con tutte le parti che gli compongono, enon mai nella $compo- $ta maniera di que$ti, che ora e$aminiamo, ai quali manca la loro $ottocornice. Que$to errore gli fa $ecchi, e mi$eri. Si o$$ervi, come $compari$ca il maggiore, il quale fa più mo$tra d’un coperto po$ticcio, che d’un adorno rimenato; tanto più, perchè il modiglione, che forma $erraglia all’arco, è ornato di tutta la $ua cornice $omigliante alle colonne; dove il $econdo di$opra non ritiene, che la forma $empli- ce e $chietta, ed è nelle te$te accartocciato, e tagliato $otto al cartoccio $uperiore per unir$i ai bovoloni nella mezzerìa: tutto que$to $erve unicamente a formar figu- ra pe$ante, e in$ieme di$cordante dalle altre parti. Sopra que$to rimenato $iede un Angiolo, che ingombra il cartoccio di $opra. Ho la$ciato di porlo nel rame, affin- chè meglio $i rilevi l’errore. Inoltre ionon $o comprendere, che v’abbiano a farei fe$toni, i quali null’altro rappre$entano, $e non $e ornamenti po$ticci, che ingom- brano, ed opprimono a un tempo $te$$o le parti principali dell’ Architettura: e quan- do voglian$i adoperare, $i debbon collocare in luoghi, che loro $i addicano, $iccome $e ne veggiono in varie fabbriche antiche e$eguite da eccellenti Autori.

                          Cima d’ Altare nella Chie$a di S.Giuliano $corretta e $enz’ordine.

                          Que$ta cima d’Altare piena d’irregolarità, e di confu$ione non con$erva l’Ordine po$itivo della buona Architettura, ma tutto vi è fal$amente di$po$to.

                          Altra cima d’Altare nella Chie$a di S.Giuliano di$ordinata.

                          Compari$ce que$t’Altare di figura grandio$a, ma $corretta, tenendo il rimenato a volta guidato dal centro $te$$o della palla; e que$to $opra la prima colonna ri$trin- gendo$i gonfia $opra la $econda. So$tiene $e$tone, il quale s’ attacca nel cartoccio per te$ta della $erraglia, e taglia l’arco della palla, e la $erraglia grande: $o$tiene piedi$tallo per figura, e continua l’i$te$s’ordine altro rimenato con cartocci alle te$te per termine di detta cima, riu$cendo di figura a$$ai ma$tina, $enza verun ordine, nè ragione. Chiunque o$$erva tali rimenati così di$po$ti, agevolmente gli rileva mala- mente piantati. Come mai po$$on $ervire d’ornamento quei cartocci $uperiori e in- feriori, che gonfiano, e che pare che forzati dal proprio pe$o $i $chiaccino: come altresì quelle orecchie o manichi po$ti alle cimarie di detti rimenati, che mo$trano piutto$to, quelle e$$er $ome di frutti, che rimenati di vera Architettura?

                          Cima d’Altare della Cappella Contarini alla Madonna dell’Orto.

                          Dalla cima di que$to Altare $i può chiaramente cono$cere il mal effetto prodotto dai fronte$pizj fuor di propo$ito raddoppiati, e $opra la $te$$a colonna. Il primo vien $o$tentato da men$ola nella mezzerìa della cornice, e termina $o$tenuto dalla $erra- glia grande dell’arco, $opra la quale le$enato tiene anche la $te$$a gola: altro reme- nato $imilmente, cioè il $econdo, $ta$$i appoggiato $ul fine della propria cornice, e termina $ul vivo della colonna. E’uno $trafare il raddoppiare gli oggetti in que$ta gui$a; oper meglio e$primerci, un operare $enza ragione, raddoppiando il $uper$luo. In oltre il fe$tone attaccato al cartoccio pre$$o alla $erraglia $i trova $imilmente $ot- to l’orlo della cornice pendente, e viene a cuoprire porzione dell’arco, nèproduce che male e$$etto, togliendo la grazia ad e$$o arco, che dee ingentilire, e nobilitare l’opera $te$$a.

                          [0194]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Cima d’Altare nella Chie$a dei Serviti con me$chini rimenati Cima d’Altare nella Chie$a di S Giuliano scorretta e $enz’ ordine. Altra cima d’Altare nella Chie$a di S. Giuliano di$ordinata. Cina d’Altare della Cappella Contarini alla Madonna dell’Orto. [0195]DEGLI ARCHITETTI. Altar Maggiore della Chie$a de’PP. Carmelitani Scalzi.

                          Sembra impo$$ibile, che tanto $ia$i avanzato l’abu$o della $corretta Architettura per la $convolta maniera di pen$are, ed e$eguire dei bizzarri imperiti Architetti mo- derni, che abbianla oggimai rover$ciata dai fondamenti. Mi fanno realmente $tupo- re gli errori, e $concezze, che $i rilevano nell’Altar Maggiore della Chie$a de’ PP. Carmelitani Scalzi. In e$$o è affatto $compo$ta e di$ordinata tutta l’Architettura in $e, ed in tutte le $ue parti. O$$ervo innanzi a tutto, e$$er que$t’ Altare d’Ordine Corintio, che è il più leggiero, e grazio$o di tutti gli Ordini: e malgrado ciò, for- ma una compar$a pe$ante, e grave. Si o$$ervi dalla cornice in sù, che $cherza in concavo, e in conve$$o, gira, e rigira $regolatamente: l’arco $te$$o non è $incero, ma $i ri$tringe, e mo$tra il fianco alle parti riu$cendo angu$to, me$chino, e $tret- to: tiene otto colonne $pirali, e que$te $ono teatrali: quattro contrappila$tri; e tutta in$ieme la gran macchina non fa, che un’appari$cenza in$u$$i$tente, che nulla con- clude. S’alzino gli occhi, e $i o$$ervi la tronca cima mal compo$ta, ed e$eguita sì $conciamente, che peggio non può idear$i. Che altro mai que$ta rappre$enta, che due $garbati rocchelloni con cornice $gu$ciata po$ta $opra altra cornice zancata, la quale termina in riquadro $tri$ciato, e male appoggiato $ull’Attico ornato di goffi ro$elloni, e di fe$tone attraver$ato dietro alla Statua del Salvatore? Ciò compari$ce figura ornata sì, ma ri$tretta, e angu$tiata. In $omma $iffatte rappre$entanze non meritano altro titolo, che me$chinità da acconciatori, non parti da nobili Architet- ti. Se poi$i ri$letta al baldacchino, que$to potrebbe $ervire per decorare lo $te$$o Al- tare; ma come è e$eguito, così aggruppato, e pe$ante, appe$o da una parte all’al- tra della Cappella, non merita approvazione, a motivo del grande ingombro, erea $ituazione. E’ que$to formato di la$tre di piombo dorato, co$a che impone, veggen- do$i, che tanta doratura $erva per campo, o $chienale al mede$imo Altare. Vera- mente l’oro fu $empre mai, e $arà l’incanto degl’ignoranti, che non comprendono la vera ragione delle co$e per$ette: ma nella mente dei buoni cono$citori tali co$e pa$$eranno perpetuamente per fanta$tiche immaginazioni, e $ogni. Compari$e ai dì no$tri l’Architettura così $concia, e malmenata, che non $i rileva più l’ottimo e$- $er $uo, fondato in proporzioni, e mi$ure la$ciateci dagli antichi Mae$tri dell’Arte. Tal di$ordine $empre più s’inoltra, e $embra ben accolto, poichè la corrotta moda s’è impegnata a lodare tali incoerenze, gittando$i dietro le $palle quel buono, che in tutti i tempi s’acqui$tò tanto onore pre$$o i $aggj ed intendenti cono$citori.

                          Se il far toccar con mano errori sì palpabili e chiari produce$$e l’effetto, al qua- le $ono diretti, che bella co$a $arebbe il veder rina$cere il buon gu$to, ed il $incero modo da praticar$i, a norma dell’ ottima maniera degli Antichi, i quali, sì nelle mi$ure, che nelle compo$izioni, o$$ervarono quel decoro, che è tanto proprio dell’ Architettura genuina, che $u $empre il vero, e $o$tanziale ornamento dei Regni, della Città, e del Mondo?

                          Importa altresì molto il ri$lettere all’abu$o di$ordinato, che $i pratica col non o$- $ervare ciò, che competa, o non s’adatti al mae$to$o decoro, che conviene alla San- ta Chie$a di Dio. Que$ta dovrebbe e$$er compo$ta in modo, che concilia$$e devozio- ne, e compunzione, e che non move$$e mai a curio$ità, ed eccita$$e $viamento col- le bizzarrie $mor$io$e introdotte, come in fatti veggiamo in que$ta Chie$a dei PP. Carmelitani Scalzi, più, che in ogni altra. In fatti non può e$$ere più $concia, $gar- bata, edimpropria. Si o$$ervi, com’ella è piena dall’alto al ba$$o di ricchi marmi, parte veri, e parte finti, tutta ingombrata d’idee fanta$tiche e da $cena, frami$chia- te con oro, e pitture varie: tutto per far compar$a ricca e pompo$a; ma priva e $poglia affatto delvero $uo decoro, che e$$er dovrebbe pura, $olida, e $emplice, ed eccitante, come dovrebbe, venerazione. Chinon cono$ce quanto e$pongo, ènudo af- fatto d’intelligenza, e s’accorda collo $tile corrotto, approvato da coloro, cui piace l’attillatura, e il fa$to $cenico, credendo que$to e$$ere il vero, eil buono: ma dob- biamo confe$$are e$$er di$ordinato e fal$o, non mai praticato nei buoni tempi, anzi perpetuamente aborrito, come non accordante$i colla buona Architettura praticata$i dai buoni Mae$tri, che decoravano le Chie$e, come conveniva. Si o$$ervino digrazia le fabbricate dal famo$o Architetto Andrea Palladio, cioè, quella del Redentore fatta erigere per voto dell’Eccellenti$$imo Senato; quella di San Giorgio Maggiore; quel- la di Santa Lucia; e quella delle Zittelle. Que$te quì in Venezia $i o$$ervano tutte purità, e mae$tà, di $emplice, ma grande, ma vera Architettura, $chiette ne’loro [0196]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI ornati, $enza $mor$ie, o $cherzi di corrotta moda; ma il tutto d’e$$e ordinato, ed a norma delle regole di $avio, ottimo, e intelligente Architetto.

                          Allora $oltanto arricchì il Palladio d’ornamenti di $tucchi, e dorature, e vaghe pitture, che ordinò, e fece la $ala detta quattro Porte nel Palazzo Ducale. Quivi sì, ch’ei $i sfogò con tutta la pompa, poichè era $ala di Principe terreno: ma nella Chie$a, che è la $ala della Divinità, non deve $piccare che la $ola purità, e non trionfarvi la boria, nè lo sfoggio, che è moda vizio$a, la quale in que$to ca$o dee aborrir$i, alterando grandemente la magnificenza proporzionata al culto, che a Dio Signor no$tro è dovuto.

                          [0197]DEGLI ARCHITETTI. Altar Maggiore della Chie$a de’ P P. Carmelitani Scalzi. [0198]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Scherzo di cornice forzata $opra l’ Altare delCri$to nella Chie$a de’ PP. Carmelitani Scalzi.

                          Scherza $opra que$to Altare irregolarmente la propria cornice, facendo l’ufizio d’ arco rove$ciato, ed anche di rimenato accartocciato, $tringendo conchiglia $opra l’ occhio, che è aperto per dar lume alla parte inferiore dello $te$$o Altare. E’ pure arricchito da $e$toni di $iori e frutte nei lati, che pendono dal $econdo cartoccio. Il rimanente poi della cornice, che appoggia $ulle colonne, e che porta rimenato, $i o$$ervi come $cherza circolarmente. Co$a è que$ta licenzio$a, formando un in$ie- me $travagante, lontani$$imo dal $ano operare, a norma degl’ in$egnamenti dei ve- ri Mae$tri dell’Arte, come $i può rilevare dalle loro fabbriche.

                          Cornice po$ta ad u$o d’Arco nell’Altare della B. Vergine della mede$ima Chie$a.

                          Figura di mezzo al grande Altare. E’que$to affatto $cenico, nè ha ve$tigio di $o- dezza, e di nobiltà, lontani$$imo dalla buona Architettura, che quì non ha luogo- Si e$amini il pre$ente e$empio, o$$ervabili$$imo, pere$$ere la parte principale, che lo compone, che $ono le cornici, volte, e rivolte, girando a foggia d’ arco rigon$io, e fuori del vivo, e formante lavoro più atto ad un’arcova, che per un Altare. La buona Architettura aborri$ce tali $cherzi, e sfugge perpetuamente $iffatti fal$i$$imi ri- pieghi.

                          [0199]DEGLI ARCHITETTI. Scherzo di cornice forzata $opra l’Altare del Cri$to nella Chie$a de’ P P. Carmelitani Scalzi Cornice po$ta ad u$o d’Arco nell’Altare della B. Vergine della mede$ima Chie$a. [0200]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Cima d’Altare $corretta nella Chie$a de’PP. Ge$uiti.

                          In que$ta Chie$a o$$erva$i la pre$ente cima d’Altare, che tiene cornice in forma di cu$pide nella mezzerìa, formando pila$tro, ed appoggia $opra il rimenato, co$a $ommamente di$dicevole. Vi $ono pure i due rimenati a cartoccio, e d’altezza $pro- porzionata, e qua$i in piedi, contro il loro giu$to e$$ere. Similmente il modiglione, o men$ola appoggia $ul telaro della palla, e forma figura molto pe$ante. Siffatta maniera mi$ta, cioè parte di buono, e parte di cattivo, altronon dee dir$i, che pa- $ticcio, e con$u$ione.

                          Ornato di Scompo$ta fine$tra nella Chie$a de’PP. Scalzi.

                          Rileva$i in que$ta fine$tra il capriccio bizzarro, e in$ieme $concio, non$olo dipor- re a $edere il fronte$pizio, ma di portarlo anche $regolatamente in punta, $otto la quale vi è la $erraglia con fogliami, e ripo$a $ul telaro d’e$$a fine$tra. O$$ervando ciò, a prima vi$ta compari$ce co$a nuova e capriccio$a; ma in verità ella non è, nè $arà mai $e non co$a da teatro. Que$te $ono fanta$ie $ognate, non dettami di buona Architettura.

                          [0201]DEGLI ARCHITETTI Cima d’ Altare $correlta nella Chie$a de’ P P Ge$uiti. Ornato di Scompo$ta fine$tra nella Chie$a de’ P P. Scalzi. [0202]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Altra Cornice irregolare po$ta ad u$o d’ arco $ull’ Altare del Crocifi$$o, con cima pe$anti$$ima, e pungente, nella Chie$a di S. Bartolommeo.

                          Intorno agli $cherzi di $iffatte cornici debbo dire per decoro della vera Architettu- ra, come tali irregolarità di cornici non vennero mai u$ate dagli Antichi, i quali praticarono gli archi retti, e naturali, come appunto in$egna l’ Arte, e non mai le $morfie, che u$an$i ai tempi pre$enti, col di più, che $i aggravano que$te con ci- me al di $opra, fuori del vivo, e del loro $o$tegno naturale. Errori irrimediabili, e mo$truo$ità ine$plicabili. Si con$ideri que$to Altare della Chie$a di S. Bartolommeo, e $pezialmente $i o$$ervi la $ua forma irregolare nella cima della palla. Vegga$i la cornice, che $cherzagli $opra ad u$o d’ arco a bi$cia; e poi s’ o$$ervi l’ ornato di $opra, che pe$anti$$imo s’ appoggia $ulla $te$$a cornice col $olo bovolo, dal quale na- $oe la palma, fermando$i $ul pila$tro. Il rimanente poi di $opra ri$tringendo$i for- ma cartocci, e conchiglia con te$toline di Cherubini $otto, e $opra. In quello poi, che $i dice Cima, non $o come vi po$$a capire un tale $cherzo, che $ervirebbe più acconciamente per cimiero, o per $chienale ad un banco da Ingre$$o di ca$a, che $opra un Altare. Tali Architetti in $omma pretendono di far agire l’ Architettura a lor talento, non altrimenti che fo$$e un’ Arte libera, in cui tutti pote$$ero $cherzare a lor $enno.

                          Cima dell’ Altare di S. Giovanni Evangeli$ta nella Chie$a di S. Pietro di Ca$tello.

                          Molto irregolare $i è certamente que$ta cima d’ Altare, mentre il $uo naturale ri- menato è po$to $opra le colonne principali d’ Ordine Compo$ito, le$inato, e $offoga- to dal picciol fronte$pizio nel mezzo, po$to $opra la $erraglia dell’ arco, $o$tentato da altre due cartelle alle parti, che cuopre la mezzerìa dello $te$$o rimenato, che $opr’ e$$o pure da men$ola e cartocci alle parti $o$tiene un bu$to. Così parimente il fronte$pizio, che comincia alle due $econde colonne, batte nel rimenato, e $i per- de, con$ondendo$i in quello. Incoerenza grandi$$ima, ed irregolarità di$ordinata, e mo$truo$a, che nell’ ordine di $ana Architettura di$dice totalmente. La vera Arte ri- chiede maniera regolata, netta, e chiara, $enza confu$ione, nè imbrogli, come $i o$$erva in que$ta cima. Anche que’ due bovoli, che na$cono di $otto alla cornice, e rivalta nel timpano, vien creduto un bel ripiego per riempire il vacuo. Simil- mente quegli altri due, che dalla propria $oazza dell’ arco na$cono, $i vogliono ap- pre$$o alla $erraglia. Que$te $orte d’ ornamenti accartocciati non $ono in verun con- to Architettura, ma imbrogli, che $ovvertono, e $concertano l’ Arte mede$ima.

                          [0203]DEGLI ARCHITETTI. Altra Cornice irregolare po$ta ad u$o d’ arco $ull’ Altare del Crocifi$$o, con cima pe$anti$$ima, e pungente, nella Chie$a di S. Bartolommeo. Cima dell’ Altare di S. giovanni Evangeli$ta nella Chie$a di s. Pietro di Ca$tello. [0204]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Arco tagliato dagli ornati nella Chie$a de’ PP. Ge$uiti.

                          La figura di que$to Altare mo$tra gli ornati $conci$$imi, fuori del loro luogo, e po$ti non per altro, che per togliere l’ aria e la buona grazia all’ arco, per confon- dere la parte principale dello $te$$o Altare, tagliandolo con fe$toni, e con gruppo di Cherubini, che lo cuoprono nel mezzo, e gli tolgono la $ua proporzione ed avve- nenza.

                          Depo$ito del Sereni$$imo Principe France$co Venier nella Chie$a di S. Salvadore.

                          In que$to Depo$ito innalzato alla glorio$a memoria de! Sereni$$imo Principe France$co Venier, può rilevar$i l’ enorme errore di porre gli archi $opra le colonne $enza alcun fiancheggio. Si o$$ervi quanto di$dica il pe$o della cornice poveri$$ima nei peduc- ci, non avendo la minima forza per i$tringer l’ arco, $alvo la mi$era dirittura dell’ angolo mede$imo. Co$a ella è que$ta, che $i dilunga grandemente dal ragionevole, e dalla buona maniera di piantare gli archi, che debbano $u$$i$tere. Oltre agli altri molti errori, che $i rilevano in que$to mau$oleo, come le trite colonnelle Joniche po$te $opra l’ ultime colonne degl’ intercolunnj, che $ono Compo$ite, le quali $ono parimente aggravate di cornice con $regio gonfio e pe$ante, che non corri$ponde nè poco, nè molto col fregio del fronte$pizio, $i o$$erva aver l’ Architetto antepo$to l’ Ordine Jonico, e que$to po$to $opra il Compo$ito, che è il $uperiore d’ ognialtr’Or- dine, facendolo in tal modo comparire inferiore. Qua$i nel modo $te$$o compari$ce pure o$$ervabile altro Depo$ito del Sereni$$imo Principe Andrea Vendramino ai Servi; come altresì l’ Altar maggiorc nella Chie$a di S. Rocco, che $imilmente tiene l’ Or- dine Jonico $opra il Corintio, come i due divi$ati Depo$iti; e parimente nella Chie- $a mede$ima i quattro Altari $imili hanno eziandio gli archi $enza fiancheggio. In $imil gui$a l’ Altare del Cri$to nella Chie$a dei Servi, ed in altri luoghi $i o$$erva. Tali archi sì mal pen$ati non po$$ono aver luogo nella vera Architettura; ma e$$en- do tanto $provveduti di forza, e piantati me$chinamente, formano figura impropria, e di$$onante dal fine richie$to dall’ Arte.

                          Lo $te$$o errore del porre l’ Ordine inferiore $opra il $uperiore $i o$$erva anche $o- pra l’ Altare di S. Girolamo nella Chie$a dei Frari, il quale e$$endo d’ Ordine Com- po$ito tiene $opr’ e$$o Ordine altre due colonne d’ Ordine Jonico. Simiglianti incoe- renze debbono perpetuamente sfuggir$i, perchè contrarie affatto alla $ana Architet- tura.

                          [0205]DEGLI ARCHITETTI. Arco tagliato da gli ornati nella Chie$a de’ P P. Ge$uili. Depo$ito del Sereni$$imo Principe France$co Venier nella Chie$a di S. Salvadore. [0206]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Arco $enza fiancheggio nella Chie$a di S. Paolo, detta S. Polo.

                          Anche in que$to Altare è palpabile l’ errore dell’ arco $enza fiancheggio. La figu- ra da que$to rappre$entata mo$tra dello $pirito, ma $con$iderato. Primieramente o$- $erviamo le due colonne Joniche $o$tener la cornice, e parimente quella di dentro tener l’ arco colla dirittura perpendicolare fin $otto la cornice $uperiore: la $econda di fuori non gli $ta punto $opra; perchè la cartella, che $o$tiene men$ola, modi- glione, cornice, e fronte$pizio con va$o, po$$a que$ta, ri$tringendo$i nel piede, e nella men$ola appoggiare bensì $opra il contropila$tro, nè mai $opra la colonna, $icchè que$ta re$ta inutile. La mezzerìa parimente re$ta confu$a e pe$ante, priva di quella leggerezza, che adorna, e $tabili$ce perfetta la figura. Perchè poi meglio $i rilevi quanto e$pongo, $i o$$ervi il profilo; eri$alterà viemaggiormente la $trana $ua po$itura, ed il $uo mancameuto.

                          Altro Arco $enza fiancheggio nella Chie$a di San Bartolommeo.

                          Dando$i una $emplice occhiata a que$to Altare, $i rileva to$to la $ua figura $ecca e $garbata. Non ha il mede$imo altra legatura, fuorchè nella $opraccorniceCompo$ita $otto al fronte$pizio. Adorna l’ arco la palla, il qual arco appoggia $opra colonne Corintie con cornice formante impo$te al mede$imo. Que$t’ arco $porge in fuori tut- to lo $porgimento della propria colonna, e nel peduzzo abbandonato e $provveduto $enza $palleggio: alza perpendicolarmente la dirittura dell’ angolo $in $otto alla cor- nice. Nel fondo sì di dentro, che di fuori ha l’ aletta, che lo adorna certamente, ma non gli dà forza alcuna. La colonna maggiore, che è Compo$ita, re$ta i$olata, $o$tenendo il $olo fronte$pizio: per lo che rileva$i la $travaganza d’ un errore, che di$corda, e di$ordina tutta l’ architettonica $immetria.

                          [0207]DEGLI ARCHITETTI. Profilo della sudetta figura. Arco $enza fiancheggio nella Chie$a di S. Paolo, detto S. Polo. Altro Arco $enza fiancheggio nella Chie$a di S. Bartolommeo. [0208]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Altare di$unito nelle $ue parti nella Chie$a di San France$co della Vigna.

                          Altari così di$uniti nelle loro parti pur troppo $e ne veggiono in copia; ma que- $to ha molto del particolare; poichè ha que$te mede$ime parti qua$i po$ticce. Si o$$ervi la colonna, e l’ aletta con $ua cornice, e rimenato, e $i vedrà $eparato dalla cornice, e fronte$pizio po$to nel mezzo $opra la palla, che vien $o$tenuto da tre mo- diglioni cartellati: quello di mezzo più grande forma $erraglia all’ arco della palla, e i due piccoli appoggiano $u l’ arco $te$$o, $enza verun fondamento, nè ragione. Vi è parimente la cartella, che gli $ta a fianco; ed anche que$ta $i vede $cherzare in certo modo per far mo$tra di $o$tenere, ma non $o$tiene, e non è $o$tenuta, ed il pezzo d’ arco, che la mede$ima cuopre, a null’ altro può $ervire, che per $econ- dare il rimenato, oppure per far comparire in realtà una giunta, che di$ordina, o $ia un malinte$o ripiego, che altro non fa che confondere.

                          Arco $enza fiancheggio nell’ Altar Maggiore della Chie$a di San Ba$ilio.

                          Dell’ Altar Maggiore di que$ta Chie$a, che $erve di $edia al mede$imo Santo Ve$co- vo Titolare, convien dire, che ha l’ arco privo d’ ogni fiancheggio e proprietà, ab- bandonato, e $oltanto caricato dalla $opraccornice. Que$to appoggia a dirittura $opra il capitello Jonico $enza cornice: $tannogli appre$$o due colonne Corintie, che $ono i$olate, e $porgono in fuori, nulla $ervono alle Joniche $o$tenenti l’ arco, ma mo- $trano $olo di regger la cornice, e il rimenato, che le $ta $opra, il quale cuopre tut- to l’ Altare, interrotto que$to dallo $porgimento nella mezzerìa, che vien legata da due $cartoccioni, i quali ingombrano tutto il timpano, riducendo$i alla figura ma- $tina, e pe$ante: co$e tutte oppo$te al buon $i$tema.

                          Stravaganza di fronte$pizj, ed arco $enza fiancheggio nella Chie$a di S. Silve$tro.

                          Ha que$to due fronte$pizj di$$onanti, l’ uno $o$tenuto da men$ola e cartella, che $tringe la $erraglia cartellata con cornice $opra, che nulla $o$tenta: l’ altro maggiore ingombrato dal rimenato, che gli $ta a rido$$o, viene appoggiato $ul pila$tro cartel- lato, i modiglioni nella cornice due $oli per colonna, $i $cavalcano nella mezzerìa, e falla la corri$pondenza; poichè di $opra nel fronte$pizio vi è il modiglione nella mezzerìa, e di $otto $opra la $erraglia vi è la$ciato lo $pazio. Finalmente l’ arco è $enza fiancheggio, e abbandonato. Errori tutti da o$$ervar$i attentamente per con- dannargli, e per tener$ene alle occa$ioni lontano.

                          [0209]DEGLI ARCHITETTI. Altare di$unito nelle $ue parti nella Chie$a di S. France$co della Vigna. Arco $enza fiancheg- gio nell’ Altar Mag- giore della Chie$a di San Ba$ilio. Stravaganza di fronte$pizj, e arco $enza fiancheggio nella Chie$a di S. Silve$tro. [0210]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Archi $enza fiancheggio nel Tabernacolo dentro la Chie$a dei Carmini.

                          In que$to Tabernacolo, che è tutto d’ Ordine Corintio, $i rileva patentemente il di$ordine negli archi privi di fiancheggio. Si o$$ervi quanto ciò $ia di$dicevole. E’ più che vero, che le colonne principali po$te ne’ fianchi a nulla $ervono, e null’ altro $o$tengono, $e non la pura cornice, che corre all’ intorno, e que$ta $opra archi forma i fronte$pizj. Si o$$ervino gli archi $te$$i po$ti me$chinamente, privi della no- biltà della loro faccia, e $olo $i ravvi$ano dalla $erraglia, che $ta nella mezzerìa. Appoggiano que$ti $opra altra cornice ad u$o d’ impo$te con picciole colonne tutte i$olate, e nella ba$e s’ uguagliano alle principali. Il tamburo di $opra ai $ronte$pizj $i o$$ervi nel $uo ba$amento, che piomba a dirittura $ullo $porto del gocciolatojo della cornice, e così collocato viene a po$are $ul fal$o: forma due gradini al di $o- pra, che a nulla $ervono; e lo $te$$o tamburo, pel peduzzo, e ba$e, che ha, com- pari$ce tozzo, e di $concia figura. In $omma convien dire, che gli errori non cono- $ciuti dai Profe$$ori $ono la cagione, onde tutto vada in di$ordine.

                          Depo$ito dei Sereni$$imi Principi Valieri nella Chie$a dei SS. Giovanni e Paolo.

                          Anche nel pre$ente Depo$ito $i rileva un errore di rimarco, $econdo il vero mo- do d’ operare pen$ando. Appari$ce que$to $opra le due porte, che in e$$o $i trovano, quella cioè, che introduce nella Cappella, e l’ altra $opra la $trada. Que$te due por- te $ono a volta, e l’ arco delle mede$ime appoggia $ull’ erta attaccata al piedi$tallo delle colonne Corintie; ed il mede$imo parimente dalla parte delle colonne non mo- $tra $orza alcuna per reggere il pe$o, che $o$tenta; e trovando$i privo di fiancheg- gio, compari$ce di me$china forma, non avendo altro che lo accompagni, $alvo la $ola dirittura, che corri$ponde perpendicolarmente coll’ erta: dove $opra ha cornice, e piedi$tallo, ove $ono collocate le $tatue de’ Principi. Produce inoltre ingombro co’ $uoi $porti all’ aletta Corintia, che gli è pre$$o. Tutti gli altri errori, che vi $i po- trebbero far rilevare, $i trala$ciano, ba$tandoci d’ avere accennato i principali, cioè, quelli che a dirittura tolgono il bello, ed il nobile dell’ Architettura, come $i $cuo- pre dallo $trato, ed Attico al di$opra.

                          [0211]DEGLI ARCHITETTI. Archi $enza fiancheggio nel Jabernacolo dentro la Chie$a dei Carmini. Depo$ito dei Sereni$$imi Principi Valieri nella Chie$a de SS. Giovan- ni e Paolo. [0212]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Altare di S. Antonio Abate nella Chie$a di S. Salvadore, mal diretto nel rimenato.

                          E’da o$$ervar$i in que$to Altare l’errore ma$$iccio, che rileva$i nel veder$i po$ti i modiglioni nel rimenato. Si può dire in que$to luogo, che la maniera di voler con durre i mede$imi tutti al centro, abbian obbligato il taglio, o $ia modenatura dello $te$$o rimenato $opra la colonna a portar$i al punto mede$imo: quindi $i vede quan- to $garbata figura pre$enti, priva del naturale $uo $porgimento; e per e$$ere così in piedi, non può nemmeno ben $edere la figura, che gli $ta $opra. Novità sì $trava- gante non può dir$i $e non $e $torpiatura, e non mai ornato, a motivo del reo ef- fetto, che produce, non e$$endo regolato $econdo i dettami dell’ Arte: $picca poi tanto più l’errore, a motivo della cornice $uperiore, la quale è $o$tentata da due cartelle, che ripo$ano $opra l’ultima colonna. Que$ta pure tiene i modiglioni, che $ono Compo$iti, ma non $on po$ti in buona forma corri$pondenti perpendicolar- mente con quelli del fronte$pizio; e$ono appunto quelli, che più patentemente fan- no $comparire il rimenato, che $ta loro $otto.

                          Que$te $ono incoerenze, che offendono la vi$ta, e che fanno bia$imar l’Architet- to come imperito. Tali rimenati con i modiglioni sì di$ordinati $i vedono pure al- trove, e fra que$ti il grand’arco del frontone $opra la facciata della Chie$a di Santa Maria dei Miracoli, che portano i correnti $te$$i al centro. Se ne vedono altri non perpendicolaria quelli della cornice, ma diritti a $quadra del gocciolatojo, nel fron- te$pizio $ulla porta della Cappella di San Niccolò, nel corridore $opra la Scala de’ Giganti nel Palazzo Ducale. lo dico però per maggiore intelligenza degli $tudio$i, che $e mai s’imbatte$$ero in tali ca$i, $arà $empre meglio il trala$ciargli sì nel ri- menato, che nella cornice, anzichè porgli in gui$a sì $concia e di$ordinata, poichè non po$$on giammai formare figura perfetta.

                          Altra Cima d’Altare nella Chie$a della Madonna dell’Orto con rimenato $corretto.

                          Dobbiamo anche quì dire, e$$er male e$eguito il rimenato po$to in figura di terzo aggù, coni modiglioni correnti al centro, che di$cordano da quelli del fronte$pizio, formando apparenza di$$onante e mo$truo$a, veggendo$i i primi perpendicolari, ed i $econdi po$ti tra$ver$almente; oltre la figura del terzo aggù, che termina alla metà del fronte$pizio. Ognun vede, che ciò non può fare che figura $corretta, e di$or- dinata. L’arco poi, ed il nicchio $te$$o è intieramente slegato, non o$$ervando al- cuna con$onanza delle parti col rimanente, $icchè lo $te$$o re$ta qua$i po$ticcio, e abbandonato; nè può dir$i altro, che la $erraglia, cioè, la grande pe$ante ma$che- ra, che mo$tra di $o$tenere il fronte$pizio, e $errar l’arco, figuri legatura, lo che non è in fatti. Errori di tal fatta na$cono d’ordinario, per non $aper$i da certi Ar- chitetti di quale importanza $ia la vera, e nece$$aria unione, e legatura delle par- ti, per sè tanto importante; appagando$i que$ti d’una certa tal qual compar$a, al dir di loro, bizzarra per varietà di mo$$e, che realmente non vale, nè può valer co$a alcuna.

                          [0213]DEGLI ARCHITETTI. Altare di S. Ant:<_>to Abate nella Chie$a di S. Salvatore, male or- dinato nel remenato. Altra cima di Altare nella Chie$a della Madonna del orto con scoretto remenato in terzo agù. [0214]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Fronte$pizio dell’ Altare di S. Girolamo nella Chie$a di S. Salvadore con i modiglioni male ordinati.

                          Nella cornice, e nel fronte$pizio di que$to Altare $i o$$ervano i modiglioni male ordinati. Si faccia pertanto attenzione alla cornice, e $i vedrà, che la mede$ima ha i $uoi modiglioni bene ordinati, e nella mezzerìa lo $pazio, e non il modiglione; ma $i o$$erva tutto l’oppo$to nel fronte$pizio, poichè non vi è la corri$pondenza, che $i richiede, vale a dire, che un modiglione corri$ponda all’altro, e $i uni$cano armonicamente, e non varino, come in que$to luogo fanno, ove è accre$ciuto il nu- mero, e $cavalcato l’ordine, fuor di luogo, e $enza alcuna ragione. Sì bizzarre $tra- vaganze $ono$i $empre vedute, poichè non $i fece mai rifle$$ione al di$ordine, ed er- rore; ma ora, che veggion$ene in copia, forz’ è porre argine; e reprimere sì enor- mi abu$i praticati a man $alva da quelli, che $pacciano per bellezze sì fatte mo$truo- $ità. Se vogliamo parlar con verità, $on que$ti tutti $convolgimenti dell’Arte, ed er- rori, fanta$ie $ognate, $enza il fondamento della vera ragione.

                          Degli Archi po$ti in aria nella Chie$a di S. Niccolò, in quella di S. Ba$ilio, ed in quella di S. Paolo, detto volgarmente S. Polo.

                          A quanto abbiamo $coperto d’errore, nel maneggio di malinte$a Architettura, ag- giunga$i anche il mal u$o praticato in certi tempi nel piantar gli archi in ogni ma- niera: ma ciò che più $orprende l’uomo ragionevole, $i è il vederne dei pendenti appoggiati a $emplici men$ole, o capitelli a men$ola, come quelli $ono, che $i ve- dono in S. Niccolò $o$tentati da capitello a gocciola, $opra cui è la $tatua dell’ A- po$tolo; come altri nella Chie$a di S. Ba$ilio, che non hanno altro $o$tegno, $alvo una $emplice cornice, in figura d’impo$ta con $otto ro$etta per termine, e nello $pa- zio di mezzo $ta in pittura a $edere il S. Apo$tolo Pietro. Quelli poi, che $ono in San Polo, $ono pure qua$i nel modo $te$$o, appoggiando $opra men$ola molto pe$an- te, e da que$ta pende una lampana, e $opra $tatua dell’Apo$tolo, con taglio e mo- denatura di cornice in figura $garbata, ornata di triti lavori, e tutto l’in$ieme altro non pre$enta, che confu$ione, e mal ordine.

                          Siffatti Archi in tal gui$a e$eguiti $ono di fal$i$$ima figura, ordinati $enza la ret- ta ragione, poichè non po$$on mai avere alcuna reale $u$$i$tenza. Si o$$ervi, come i detti archi s’uni$cono nel piede, appoggiando $oltanto $opra il capitello, o men$o- la pendente in aria; ovvero $opra impo$ta con ro$etta al di $otto. Se bene $i riflet- ta al po$itivo e$$ere dell’arco, que$to con$i$te nel $o$tenere ciò, che gli $ta $opra, e $pingere ciò, che gli è $ottopo$to. Laonde $arà $empre vero, che il capitello, o im- po$ta, $endo $pinto, abbia per nece$$ità a cadere, poichè non può in verun modo $o$tenere, trovando$i abbandonato, e in aria. Può dar$i, che anche in que$to ca$o alcun bell’ingegno voglia far$i a difendere tale $travaganza, con dire, che tali Chie- $e $ono antiche, e tuttavolta non abbiano mo$trato alcuna le$ione. A ciò ri$pondo con tutte le più $olide ragioni, che l’audacia umana è $tata, e $arà perpetuamente condannabile, quando $ia fuor di ragione, $iccome appunto è negli e$po$ti e$empj.

                          Per quello poi ri$guarda il $o$tenergli, e$$endo di puro legname, po$$ono beni$$i- mo e$$er $o$tentati da fili armati, guerniti d’appiccaglie, e ferramenti, perchè po$- $ano $u$$i$tere. Ma $ia com’ e$$er voglia, non può mai dir$i, che $ieno buoni, ed e$eguiti con retta ragione, mentre tali operazioni $ono mancanti nel loro fine, che è a$$egnato a tali archi, cioè, appoggiare per $o$tenere, e per $u$$i$tere; nè nulla di ciò compari$ce negli archi di $imil figura; ma anzi tutto il contrario, riempiendo d’ un perpetuo timore chiunque gli o$$erva.

                          Cotali Architetti $on per$one, che come è in proverbio, vogliono tirare la camoz- za co’denti, per $econdare il loro capriccio, e malgrado la $te$$a ragione e$eguire qualunque co$a loro $alti in pen$iero; e poi vantar$i, $toltamente dicendo, e$$er loro riu$cito ciò che gli altri non $eppero ordinare. Di tali Artefici $e ne abbonda. Non dico, che l’ingegnere, il falegname, il muratore, lo $carpellino, ed altri tali non po$$ano e$$ere periti Architetti; dico bene, che per lo più pochi $i affaticano per ben cono$cere, e di$tinguere quale $ia la vera perfezione degli Ordini, e delle loro par- ti, a$$egnando a cia$cun d’e$$i le proprie ri$pettive proporzioni, ed ufizj, e non o- perando così alla cieca farne mal u$o e $trapazzo.

                          [0215]DEGLI ARCHITETTI. Capitello pendente a gocciola nel Depo$ito di Luca Zeno nella Chie$a dei Frari.

                          E’ o$$ervabile il pre$ente Depo$ito per la $travagante novità del pen$are. Si o$$er- vi la maniera della progettura, che forma la cornice, priva que$ta e$$endo dell’ ar- chitrave, ed appoggiata $opra il $olo fregio. Que$to vien $o$tentato da modiglione, che $ta $opra men$ola fitta nel muro. E’ co$a maraviglio$a, io dico, il vedere e$$a cornice con le$inatura non $olo fuori del modiglione, ma formando il quadrato ap- poggiare la $te$$a $ul capitello Jonico i$olato in figura di men$ola, quando $opr’ e$$a cornice ripo$a $edente un leone, che guarda l’Urna Sepolcrale, come per cu$todi- re, e difendere la mede$ima. Molto non vi vuole in que$to ca$o a cono$cere il pa- tente errore, quando $i con$idera e$$er tutto il pe$o in aria, e non $ulla forza del capitello, che lo $o$tenti, mentre que$to non può nemmeno e$$ere attaccato, $e non $e per aggravar maggiormente, e per tirar giù il pe$o $te$$o.

                          Altro Capitello pendente a gocciola nel Depo$ito di Marchio Trevi$ano nella Chie$a $te$$a dei Frari.

                          Nella Cappella Trevi$ana in faccia il Depo$ito di Luca Zeno vi è que$to Depo$ito, in cui $i rileva tal bizzarria, per cui può dir$i, che l’Architetto abbia volutodi$tin- guer$i con mo$trare un prodigio d’Architettura, facendo $tare in aria quello, che realmente non può. O$$ervi$i la $ua figura nel pre$ente profilo, e $i con$ideri quan- to in e$$a contien$i. Quivi è la cornice con fregio ed architrave, che gira tutt’ in- torno e$$o Depo$ito. Vien e$$a $o$tentata da modiglione cartellato, e que$to appog- gia $opra pila$trino, $otto cui $ta men$ola di capitello Jonico fitto nella muraglia. Fin quì po$$iamo dire, che è e$eguito con buona maniera, $tando tutto al $uo luo- go ben adattato; ma ciò, che dee o$$ervar$i, $i è, che continuando la propria cor- nice, e progettando fuori con le$inatura dal modiglione in gui$a, che forma il qua- drato di colonna, appoggiando $ul capitello qua$i Compo$ito, pendente in aria, ed i$olato, la faccenda muta faccia. Si rifletta di grazia, come mai po$$a detto capitello $u$$i$tere, e $o$tenere il pe$o, che gli $ta $opra, cioè, non $olamente la cornice, ma eziandio piedi$tallo con figura guerriera, con i$cudo nelle mani, e con altro a’ pie- di. Io non crederò mai, che po$$a trovar$i chi voglia $o$tentare, che detto capitel- lo $erva di forza per reggere un tal carico; ma mi $i dovrà bene concedere, che nulla vale, e che non tiene alcuna forza. So bene, che il capitello $u$$i$te, allora quando $i trova po$to $ulla colonna, e così può portare la cornice, e ciò, che $e le a$petta, ed anche appoggiando$i alla muraglia, in$erendo$i in e$$a, e converten- do$i in men$ola; ma nel modo, che quì $i o$$erva, non $arà mai credibile, che po$- $a $tarvi adeguatamente, ma cadere. Direi pure, che $e vi fo$$e $o$tituito al capi- tello un’ Aquila, od altro animale alato, que$to colla forza delle ali potrebbe far fi- gura di $o$tenere, vale a dire, per poco, perchè anche que$te naturalmente $i $tan- cano; ma il capitello, non potendo aver ale, per con$eguenza non potrà $tare in aria nemmeno un momento un $olo momento. Tali operazioni $i oppongono total- mente alla $ana ragione; poichè in aria $tar non po$$ono, che le nuvole, che ven- gono $pinte dall’aria $te$$a: ma nella pietra far co$a di compar$a aerea, non vi è co$a, che po$$a aver $olidità e forza per far l’ ufizio $uo $econdo l’ e$$er $uo natura- le: nè l’Architetto prudente dee far mo$tra di prodigj, volendo mo$trare la $tolta $ua vivacità col porre l’Architettura in aria, mentre l’e$$er $uo con$i$te nella $tabi- lità, e nella forza. Concludiamo adunque con verità, che tali operazioni $ono veri e reali ca$telli in aria, cioè dire pazzìe.

                          Capitello Dorico pendente a gocciola po$to nella $offitta della Scuola di Filo$ofia nel Collegio de’Ge$uiti.

                          E’ parimente da con$iderar$i ciò, che anche pre$entemente $i vede praticato nella Fabbrica nuova del Collegio de’PP.Ge$uiti, che è appunto nella $offitta della Scuola di Filo$ofia, ornata di pila$tri Dorici tutt’all’intorno. E’que$ta nel clau$tro pre$$o al- la porterìa. Tale $offitta e$$endo $compartita in tre divi$ioni, vien $o$tentata da due fili, il primo de’quali nella mezzerìa tiene una colonna Dorica con piedi$tallo otta- gono per $o$tegno: l’altro poi ritiene il $olo capitello, il quale termina in gocciola attaccato al di $opra, non $i $a come, ma bensì compari$ce in aria, co$a che non

                          [0216]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI

                          $olamente di$gu$ta l’occhio, ma che fa anche na$cer le maraviglie, $acendo paura nel mirarlo. Quì pertanto non vi e$$endo nè naturalezza, nè fondamento veruno, vien$i a far $olo compar$a di$ordinata e mo$truo$a. Que$ti a dir vero $on ripieghi di deboli Architetti, $creditano l’Architettura, volendola far comparire quella, che mai non fu, ne potrà mai e$$ere, poichè il $uo fondamento naturale e vero ed unico $i è la perfezzione.

                          Altro capitello Jonico pendente in aria $i o$$erva nel Depo$ito di Gian Pietro Stel- la nella Chie$a di S. Giminiano. Que$to parimente, come i due pur ora de$critti, $ta pendente pre$$o a un modiglione con cornice le$inata $opra lo $te$$o capitello, con puttino in piedi, che abbraccia lo Stemma. Co$e $on que$te ridicole da abor- rir$i, e da sfuggir$i a tutto potere.

                          [0217]DEGLI ARCHITETTI. Frontispitio del Altar di S. Gierolamo, nella Chie$a di S. Salvatore con li modiglioni male ordinati. Archi posti in aria nella Chiesa di S. Nicolò. Archi pendenti in aria nella Chiesa di S. Basilio. [0218]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Nel Deposito di Luca Leno posto nella Chie$a de frari, vi $ono il presente Capitelo pendente à gocciola. Archi pendenti in aria nella Chiie$a di S.Paolo detto S.Polo. Parimente nel Deposito di Marchio Jrevisano, pure alli Frari si osserva altro capitello pendente. Capitelo Dorico pendente à gocciola posto nel sofitto della scuola di filoso. fia à i Gie$uiti. [0219]DEGLI ARCHITETTI. Arco a $cartoccio nella Chie$a di S. Niccolò.

                          Di $imiglianti archi teatrali $e ne veggiono nella Chie$a di S. Niccolò nelle arca- te di fronte al Altar Maggiore. Sono que$ti $o$tentati da colonne, e da cornici Joni- che di marmo antico, ma po$ti $conciamente, appoggiando $ul vivo del gocciolato- jo, e formando figura a$$ai pe$ante. Nella parte inferiore $tringe men$ola con $opra figura d’Apo$tolo. Si o$$ervi poi la gran cornice, che porta modiglioni con fregio gonfio tutto ornato, e in$ieme interrotto dai due modiglioni, e modenatura perpendi- colarmente $opra la colonna di fronte. Que$ta cornice ha pure fra i modiglioni den- telli, ed ancora nella $econda faccia dell’ architrave. Que$ta foggia d’ornare verrà peravventura da molti giudicata invenzione bizzarra; ma dovendo$i darle la denomi- nazione, che le conviene, non può chiamar$i $e non $e pe$ante, ma$tina, irregolare, ed un gruppo di confu$ione. E’ poi o$$ervabile l’arco di mezzo pel cartoccio, che tiene $otto, e $opra, non potendo mai così mo$trare veruna forza per $o$tenere, e nemmeno appoggia $ul vivo, come richiede la $ua natura. Sì fatti archi accartoc- ciati non $i danno, nè $i trovano nella $oda e genuina Architettura; ma $ono $tati introdotti dai Pittori, dagl’ Intagliatori, dagli Stuccatori, e $imiglianti, vale a dire, dai Pittori nei Teatri, dagl’Intagliatori, e Stuccatori nelle Arcove, e dagli Acconcia- tori in ogni luogo. Bizzarrie, che di$truggono il vero, e $odo operare, e $timate $oltanto dai ciechi imperiti.

                          Altro arco a $cartoccio nella Chie$a dei Padri Ge$uiti.

                          Dell’Altar Maggiore di que$ta Chie$a $i vede il pre$ente arco in$u$$i$tente, che non può appoggiare $ul vivo a motivo dei cartocci, che gliene tolgono il modo nel piede, perdendo la propria forza, ed e$$endo anche mo$$o, e gonfiato all infuori del piombo: inoltre ha $opra sè cornice irregolare $o$tenuta da cartocci, o cartelle $ti- racchiate. Il rimanente poi dell’Altare $uddetto è pieno di $torpiature. Fa certamen- te compar$a $trepito$a, ma $cempiamente pen$ata, mentre non regge, nè in pianta, nè in alzato.

                          [0220]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Arco a $cartoccio nella Chie$a di S. Niccolo. Altro arco a $cartoccio nella Chie$a dei Padri Ge$uiti. [0221]DEGLI ARCHITETTI Ringbiera, o pergolato $ulla facciata del Palazzo Grimani a San Luca $ul canal grande. Altra ringbiera $ulla facciata del Palazzo Pe$aro $ul Canal grande. Altra ringbiera $ulla facciata del Palazzo Cornaro di calle della Regina $ul Canal grande.

                          Avendo noi condannato le ringhiere da noi rigoro$amente e$aminate nelle fabbriche di Roma, convien dire, come anche in Venezia ve ne $ono delle vizio$e al pari di quelle. E’co$a deplorabile, che co$a così $concia venga praticata con tanta fre- quenza $enza la minima con$iderazione a ciò, che convien$i non meno alla ragio- nevolezza, che alla nobiltà, e al decoro di quella $oda Architettura, che $i preten- de di con$ervare. Così praticando non $i potrà mai con$ervare la per$ezione; ma dovrà dir$i, che $i adultera, e $i $compone tutta la nobili$$ima Arte. Si o$$ervi la ringhiera po$ta $ulla facciata del Palazzo Grimani a S. Luca $ul Canal grande. Il $uo Architetto era pure riputato, e $i con$erva pur anche la $ua rinomanza: ma mal- grado ciò, forz’ è dire, che il piantare una ringhiera, o pergolato così di$te$o, che arrivi dall’ una e$tremità all’ altra della prima cornice Corintia, è co$a vituperevole. E di fatto, $econdo me, non vi era una tale nece$$ità, mentre fermando$i $opra la mezzerìa del primo pila$tro Corintio, que$ta poteva e$$ere la giu$ta $ua dimen$ione, e non andare a caricare di pe$o fuor di propo$ito l’ orlo del gocciolatojo non $olo, ma anche di più qua$i la $te$$a gola, rendendo in tal gui$a la $ua figura fal$a nell’ appoggio, e $concia per comparire ch’ ella fa fuori del vivo, e del $uo e$$ere na- turale.

                          Quella poi del Palazzo Pe$aro parimente $ul Canal grande è notabile per la $te$- $a ragione, col di più, che que$ta $i di$tingue pel lavoro non meno dei pila$trini, che delle colonnelle piene di bagatelle, e giocolini, come lo è ancora tutto il ru- $tico diamantato, e i mi$eri pila$trini Jonici alle fine$tre dei mezzadini, dove dai capitelli di detti pila$trini prolungando$i la $oglia di detta fine$tra, compari$ce e$$e- re in aria, poichè non ha ove appoggiar$i. Que$ti tali pila$trini parimente con bu- gne diamantate $o$tengono la cornice architravata, e le$inata con modiglioni, co$a, che ri$guardo alla $ua proporzione non corri$ponde per verun conto: e ciò a moti- vo della me$chinità degli $te$$i pila$tri, che non s’ accordano colla ringhiera di $o- pra, nulla comparendo di mae$to$o, enobile come converrebbe: e così tutta l’ intie- ra facciata pieni$$ima d’ ornamenti, come appunto chi empie$$e talmente un abito di tanta guarnizione, che veni$$e a confonder que$ta collo $te$$o drappo: in tal ca- $o può dir$i quello e$$ere un ricco ve$tito, e niente più: così appunto nel ca$o pre- $ente tanti, e sì affollati $ono gli ornamenti di que$ta facciata, che confondono la verità dell’ Architettura, potendo$i dire, que$ta e$$ere una ricca facciata, e nulla più. Di$ordini $ono que$ti, che tolgono, e non accre$cono la mae$tà dovuta alle fabbri- che grandio$e.

                          Vede$i parimente altra ringhiera nella facciata del Palazzo Cornaro in calle della Regina $ul Canal grande, che ha pure i pila$trini fuori del vivo del gocciolatojo $en- za veruna nece$$ità, che vi obbliga$$e l’ Architetto, ma per $ola vaghezza di prolun- gar la ringhiera più che $i pote$$e. Le tre bugne poi col ma$cherone nel mezzo, che tagliano la $oglia piana della fine$tra non fanno, nè po$$on mai fare buona com- par$a, per e$$er que$ta una licenza fuor di ragione, volendo$i mo$trar tagliato, e di più pezzi ciò, che dee e$$er formato tutto d’un pezzo, come ragionai contro il pa- rere di quelli, che pretende$$ero, che fo$$e più forte divi$o in pezzi, che unito in un $olo, potendo$i, dicone$$i, que$to $pezzare. A $iffatta objezione $i ri$ponde, che non mancano ottimi ripieghi, ed artifizj per a$$icurarlo, erenderlo forte, la$ciandolo nel- la $ua pura $emplicità d’ottima e perfetta compar$a, mentre così dà mae$tà e deco- ro alla fabbrica. Debbon$i adunque la$ciare le maniere $compo$te, che non $ono, e non $aranno giammai lodevoli, e che dovranno$i perpetuamente a tutta po$$a $chivare.

                          Se gli Architetti non $i o$tina$$ero nelle loro mal concepite opinioni, ma $i pone$- $ero ad e$aminarle con $erietà, oh quanti di$ordini $chiverebbero, che tuttora $i o$- $ervano! Sarebbe omai tempo di por$i in guardia per non commetterne di vantaggio per l’avvenire, e d’operare a norma dell’ Arte, concependo tutto $econdo l’ e$$er $uo [0222]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI naturale, e non aereo, e irragionevole. Son forzato a dire ciò, ch’io vorrei occulta- re; ma o$$ervando il male molto inoltrato, e dubitando, che vada $empre più au- mentando$i, ho e$po$to ed e$pongo il male immaginato, affinchè $i pen$i alla per- fine ad illu$trare e a con$ervare quel decoro, che è obbligato a $o$tenere per l’Ar- chitettura chiunque $i vanta profe$$ore di quella. Que$to è ciò, ch’io pen$o, che po$$a adde$trare gli $tudio$i, ed a$$icurare la ben ordinata Architettura.

                          Lodo certamente, e loderò $empre quei pergolati, che $ieno piantati con ragio- ne di valida $olidità, e $u$$i$tenza, cioè, quelli, che $on po$ti $opra i modiglioni compo$ti di nobile mae$tà, e corri$pondenti a tutte le altre parti della fabbrica, non interrotti da bagattelle, o troppo ma$tini, e goffi; ma che in tutto e per tutto corri$pondano al ragionevole, non meno pel comodo del poter$i cambiar le per$one, che vi s’appoggiano $opra $enza alcuno incomodo, che per la mae$tà dovuta: poi- chè que$ti s’addicono alla $eria Architettura.

                          [0223]DEGLI ARCHITETTI Ringhiera, o pergolato $ulla facciata del Palazzo Grimani a S. Luca $ul Canal grande. Altra ringhiera $ulla facciata del Palazzo Pe$aro $ul Canal grande. Altra ringhiera $ul- la facciata del Palaz- zo Cornaro di calle della Regina $ul Canal grande. [0224]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Bizzarra porta nella facciata della Chie$a de’Padri Ge$uiti.

                          E’ $travagante e $compo$ta la maniera del pre$ente rimenato, tagliato e po$to $gar- batamente, che $i o$$erva $ulla porta della facciata di que$ta Chie$a, mentre trova$i mancante in tutte le $ue parti dei requi$iti nece$$arj, sì perchè la cornice, che lo $o$tie- ne, appoggia $ul fal$o della $oglia, come altresì per non corri$pondere e$$o rimenato collo $porto delle cornici di $otto, ma $ta ritirato in dentro: l’aletta inoltre, che gli è al fianco, è priva dello $porgimento della propria cornice, la quale re$ta perduta $ot- to alla gu$cia del rimenato mede$imo. Invenzioni $on que$te di niun valore, e fatte a po$ta per di$truggere quel nobile, e po$itivo, che è tanto proprio dell’ Architettura.

                          Si può anche in que$to luogo aggiungere la $travaganza dello $trato po$to fuori del- la fine$tra di $opra, che $cherza $volazzando, volendo$i far comparire un drappo po $to per ornamento in occa$ione d’alcuna $olennità. Ma chi così pen$a va errato, non e$$endo la pietra materia sì leggiera, che po$$a e$$er mo$$a dal vento, come le bandiere, ma materia $oda e pe$ante, ricercando que$ta d’appoggiar$i, di $tar fer- ma, e $tabile, e non già $cherzar per l’aria. Per la qual co$a non potrà mai com- mendar$i $iffatto pen$are, ma quel $olo, che $econda la natura e la proprietà, lon- tani$$ime dal moderno immaginare gua$to e corrotto. Mi duole nel più vivo dell’ anima di vedere $iffatte incoerenze, che in vece di far onore all’ Arte, ed all’ Arte- fice, di$onorano entrambi. Gran co$a, che ai dì no$tri $ia$i avanzato il sì $concioe di$ordinato abu$o, che non $i rilevi più la $incera e $chietta verace Architettura, ma che $i operi tutt’al contrario di quella, riempiendola di $morfio$e introduzioni da $cena, come o$$ervammo nella Chie$a de’ Padri Scalzi ne’$uoi $travolti ornamen- ti e $compo$ta Architettura. Lo $te$io dobbiamo dire di que$ta Chie$a de’ Padri Ge- $uiti, che è $imilmente piena di di$ordine, e d’incoerenze. Si o$$ervino i tanti $tuc- chi dorati, e sì male ideati nella $offitta, ricca certamente, ma e$eguita $corretta- mente: e poi che mai voglion dire quei quattro gran va$i po$ti $opra i quattro pi- la$tri nella Crociera di forma sì pe$ante, con altri molti d’intorno, che $arebbero più convenuti ad un portone di villa, che ad una Chie$a: e più dicevole $arebbe $tato, $e vi fo$$ero $tati collocati quattro Angioli in piedi leggermente e con garbo $cher- zanti con geroglifici alludenti alla $antità, in vece di tante ridicole bagattelle, che empiono di confu$ione, sì malamente qua e là di$po$te, e $opra la cornice grande con fe$toni $compo$ti, che legano, porta, ed Arca di Noè con altre molte irregola- rità in $eguito, iltutto fuor di propo$ito, e $enza grazia: come al@r@sì le altre $mor- fio$ità sì mal pen$ate, come lo $travagante pulpito, e i coretti colla giunta di foglia- mi riportati di verde antico $ulle quattro colonne della Cappella maggiore, e gl’in- tercolunnj, e fregio intorno alla Chie$a, e non poi i pila$tri, lo che forma paten- te di$ordine ri$petto all’uguaglianza delle parti@ Dee dir$i c@u verità, che in que$ta fabbrica non ri$alta quella mae$tà, e quella purità, che richiede la $anta Ca$a di Dio, che dee e$$er ornata di $ola $emplicità mae$to$a e $chienezza.

                          Porta del Palazzo Pi$ani a Sant’ Angelo di$$onante nelle $ue parti.

                          Si o$$ervi la pre$ente porta, che $i di$tingue molto, non già per la $ua bellezza, ma per la di$$onanza delle $ue parti. Il pila$tro Dorico, che le è al fianco, non le- ga in verun conto colla porta, che per e$$ere a volta rompe l’architrave, e non ha punto di mae$tà: i modiglioni del pergolato di$dicono, poichè il primo $ta bene $ul pila$tro, ma torna male il $econdo, perchè non ha corri$pondenza, nè collo $tipite, nè col vivo della porta. Operazioni ordinate in tal modo non rappre$entano, che tacconi, edinvenzioni $travolte, allontanando$i dal naturale e$$er loro. Architetti ve- ramente grandi $on que$ti, che fanno $piccare il raro loro $apere, pieni di ripieghi particolari, e di pellegrine invenzioni; ma re$tano delu$i nel loro fine. Il valentuo- mo dee perpetuamente pen$are al buono, al decoro$o, ed anche al particolare; ma in quella maniera, che ricerca il dovere, e che compete alla ragionevole Architettu- ra, non meno pel decoro di quella, che per la magni$icenza delle fabbriche.

                          [0225]DEGLI ARCHITETTI Bizara facciata de P. P. Porta nella della Chie$a Gie$uiti. Porta del Palazzo delli N. N. H. H. Pisani, a S. Angelo, di figura di- $onante nelle sue parti. [0226]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Depo$ito del Sereni$$imo Principe Giovanni da Pe$aro, in cui $ono o$$ervabili i quattro Mori con cu$cino $ulla te$ta $o$tenenti il maggior carico di tal Mau$oleo. Pila$tri della Cappella maggiore di s. Maria dei Miracoli $o$tentati dall’ improprietà d’un cu$cino.

                          Avendo fatta buona con$iderazione intorno ai pe$i po$ti $ul fal$o, aggravanti le $oglie sì di porte, che di fine$tre, mi par dicevole l’o$$ervare altresì un altro incon- veniente e $con$iderato errore patenti$$imo, che na$ce dal non riflettere come $i con- viene, e dal non e$aminare, per ben regolar$i nel porre i pe$i $ul forte, e $opra tut- to ciò, che rappre$enta forza non $olo, ma eziandio di $chivare tutto quello, che mo$tra poca $u$$i$tenza. O$$ervo prima di tutto la figura dell’ arco della Cappella maggiore della Chie$a dei Miracoli. Que$to è $o$tentato da pila$tri Corintj con corni- ci, piedi$talli, e ba$amenti, ornati di nobile lavoro; ma ciò, che $a $tupire, $i è, che al di $otto del piedi$tallo nel ba$amento vi è $tato po$to un finto cu$cino coni$uoi frocchi ai cantoni, e $opra que$to ripo$a tutto il pe$o del grande arco. Ma ciò che accre$ce la maraviglia $i è il vedere, come e$$o cu$cino nulla $i ri$enta del grave pe- $o, che l’opprime, ma $tar$ene in gui$a, che mo$tra di non $o$tenere co$a alcuna. In altra maniera poi vi è l’u$o di que$to $cempiati$$imo errore, ove $ono quei quat- tro Mori, che $o$tengono il gran cornicione Dorico con tutto l’ Ordine Jonico $o- prappo$to, ed il Trono nel $oprannominato Depo$ito, e $i trova po$to nella Chie$a dei Frari. Portano que$ti Mori $ulla te$ta un gran cu$cino, e$o$tenendolo colle brac- cia, $embra, che il mede$imo nulla regga, mentre e$$o cu$cino nulla $i $compone, nè mo$tra d’acciaccar$i $otto sì grave pe$o, che gli è $opra. Altre tre $tatue $i o$$er- vano nella $te$$a Chie$a po$te a $o$tenere colle $palle tutto il Depo$ito d’Aivi$e Mar- cello pre$$o alla Sagre$tia. Si$$ate impropri$$ime maniere vengono praticate $oltanto da coloro, che credono lecito in qualunque luogo l’u$o delle Cariate, come vede$i ancora nella facciata della Chie$a dello Spedaletto, ove $ono due pellegrini in com pagnia di due altri facchini, che $o$tentano colle $palle, e colle braccia l’ orribil pe- $o del cornicione, e dell’ Attico, che $opra gli carica. Sconcia figura $i è que$ta, che non potrà convenire alla $oda Architettura giammai; poichè gli uomini non $o- no pietre in$tancabili, ma deboli sì, che a lungo andare non po$$on reggere $otto un enorme pe$o; e la $te$$a ragione corre pure per i Termini, o Tritoni, i quali $o- no aggiunte po$ticce, $iccome nota il Galaccini. Vero $i è, che le Cariate pre$$o gli Antichi furon po$te in figura di $chiavi condannati alla fatica, ma $oltanto in quei luoghi, ne’quali pote$$ero far figura da $u$$i$tere, e niente più; come $arebbe, a ca- gion d’ e$empio, per ornare una porta, o un cammino, od alcun’altra co$a indiffe- rente, che non $ia di grave pe$o, e che non tene$$ero impegno d’alcuna legatura di fabbrica formale, poichè per poca po$$ono naturalmente reggere. Di que$te $e ne veggiono alla porta d’ingre$$o alla Libreria pubblica; come anche nel cammino del Collegio; ed i Termini po$ti all’ingre$$o della Zecca, po$tivi $olo per ornamento, benchè $o$tengano cornice; e parimente quei quattro, che $o$tengono la Cantoria dell’Organo in San Stefano, non già per forza di $u$$i$tenza, poichè non vi è alcu- na ragione naturale. Laonde $arà indubitato, che il prudente Architetto, benchè $appia$i, che in alcun tempo $iano $tate praticate tali co$e, dee tuttavolta la$ciarle da parte, e valer$i $oltanto di quello, che detta la ragione, e le leggi dell’ ottima perfezione dell’ Arte.

                          Per dare un’adeguata contezza di que$te Cariate, non $arà male il $aperne l’ori- gine. Vengono que$te dalla Città di Caria nella Morea, che $i unì con i Per$iani contro la Grecia. Re$tati i Greci vittorio$i di$tru$$ero que$ta Città, e portarono in trionfo le $ole Matrone, trucidando tutti gli uomini. Gli Architetti di quel tempo po$ero le immagini loro in di$prezzo a $o$tenere i pe$i in vece di colonne.

                          In $imil gui$a i Lacedemoni avendo vinti i Per$iani, col danaro ritratto dalla pre- da fabbricarono per trofeo della vittoria il Portico Per$iano, e vi po$ero i $imolacri dei Per$iani coll’abito loro per $o$tentarne il tetto, ga$tigato avendo con tal di$pre- gio la loro $uperbia. Quindi cominciarono introdur$i le $tatue Per$iane in vece di colonne per $o$tenere le cornici, ed altri ornamenti.

                          [0227]DEGLI ARCHITETTI Depo$ito del Sereni$$uno Principe Giovanni da Pe$aro, in cui $ono o$$erva- bili i quattro Mori con cu$cino $ulla te$ta $o$tentati il maggior carico di tal Mau$oleo. Pila$tri della Cappella maggiore di S<_>a Maria dei Miracoli$o$- tentati dall’ improprietà d’un cu$cino. [0228]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Fronte$pizio, o Rimenato dell’ Altare del Cri$to nella Nuova Chie$a di San Geremia.

                          E’o$$ervabile in que$to altare il rimenato ultimo per la $ua maniera bizzarra, e po$itura $travagante, così aperto per mezzo nella parte inferiore, formando col goc- ciolatojo un bovolo, che gira ver$o il timpano. La gu$cia poi, o $ia gola ne forma un altro, che gira al di fuori, tenendo nella mezzerìa una cinta, con $opra una cre- $ta divi$a in cinque rami, che a gui$a di cimiero mo$tra d’ornare lo $te$$o con fio- ri, che dal mede$imo $tendon$i $opra lo $te$$o rimenato, e $te$$amente la cartella nel timpano. So bene, che una volta fu propo$ta un’idea per formare una porta d’Or- dine Dorico nella fabbrica della Sapienza in Roma, e que$ta teneva il fronte$pizio divi$o nel gocciolatojo, venendo cosìa formare due timpani, cioè, uno a rimenato, e quel di $opra a fronte$pizio. Que$ta però $arebbe $tata una $ingolare mo$truo$ità: eppure tal pen$iero era del celebre Michel Angelo, ed io ne ho veduto la $tampa. Così parimente mi $embra una $travaganza vizio$a il vedere $paccato que$to fronte- $pizio nel fuo appoggio, che aprendo$i non può più reggere $e $te$$o, ma a $omi- glianza delle foglie del $edano, quando s’aprono nel fondo, s’accartocciano uua in qua, l’altra in là. Bizzarria è que$ta $morfio$a priva di qualunque grazia. Ri$petto poi a tutto il rimanente dell’ ornamento, è tutto pe$ante, e nudo delia gentilezza, che gli è naturale.

                          Porte nel $econdo Clau$tro del Convento dei Frari, una del Refettorio, l’altra della Fore$teria $omiglianti.

                          Que$ta è una delle due $omiglianti porte. Sono que$te, come appari$ce, d’una maniera molto particolare, nulla contenendo di buono, ma tutto vi è $garbato, e vizio$o. Si o$$ervi la Zanca, che ripo$a $ul pila$tro, modenata poi al di $otto a mo- do di guacerone, e che gira all’insù per $o$tener la cornice, che è le$inata, eripo- $a $opr’ e$$a il ben $ucchiato fronte$pizio con men$ola nel mezzo. Figura $conci$$ima, e di$gu$tante; e quel che è peggio, la $te$$a porta è priva della $ua $oglia; poichè ciò, che pre$enta, non figura $e non che una pe$ante macchina, che $tia in aria. Manco male, che re$ta interrotto lo $pazio dallo $cudo dell’arma France$cana, che mitiga alcun poco la $ua go$$ezza. Da pen$ieri sì $travaganti e che può mai rica. vare un povero $tudente, il quale $i crede pregevole una tal figura? Mi$ero lui, $e $i fida a fi$$atti e$emplari, enon gli sfugge, $eguendo la vera $trada battuta dai buo- ni antichi Architetti.

                          Cima dell’ Altare di S. France$co nella Chie$a di S. Pantaleone.

                          Ho $timato bene di far rilevar l’errore anche di que$ta Cima, per e$ter veramen- te curio$o, e $ingolare. Que$to Altare è d’Ordine Corintio, e così $ono le $ue pila- $trate; ma ove dovrebb’ e$$ere la $ua colonna principale, vi è una men$ola, e que- $ta porta il capitello Jonico. Bizzarria $convenienti$$ima, che non produce $e non confu$ione, con que$to di più, che per accompagnare l’impo$ta dell’arco, taglia il pila$tro di fuori colla $ua cornice. Tutte $mor$io$e irregolarità, e mal ideati orna- menti, che $ovvertono il buon ordine della $ana Architettura. Ove mai $tudiarono tali co$e que$ti $tolti Architetti? Non mai certamente $ul buono, ma $ul corrotto, e cattivo; e $timando di far co$e pellegrine, e nuove, altro a dir vero non $anno, che pa$ticci, e mo$truo$ità.

                          [0229]DEGLI ARCHITETTI Fronte$pizio, o Rimenato dell’ Altare del Cri$to nella Nuova Chie$a di San Geremia. Porte nel $econdo Clau$tro del Convento dei Frari, una del Refettorio, l’altra della Fore$teria $omiglianti. Cima dell’ Altare di S. France$co nella Chie$a di S. Pantalcone. [0230]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Fronte$pizio dei quattro Altari, che $ono nella Chie$a di Santa Margberita.

                          Que$ta maniera di fronte$pizj è certamente lontana dalle buone regole dell’Archi- tettura, $endo $tato $empre il $uo u$o, o a fronte$pizio, o a rimenato: ma que$ti coll’idea di di$tinguergli da tutti gli altri, venne pen$ato dall’ Architetto, che gl’in- ventò, di formargli cu$pidi nelle due mezzerìe, cioè, dopo il modiglione, o $ia $er- raglia, che $erve per $tringer l’arco della palla. Si o$$ervi, come girino, erigirino, terminando in rimenato, attaccando$i alla cornice dritta $opra la $erraglia. Girano parimente i $uoi modiglioni $econdo il $en$o del loro $cherzo; e veramente le pun- te, che mo$trano e$$i fronte$pizj, non $olo alzando$i, ma anche $porgendo in fuo- ri, formano $garbati$$ima figura: e più ancora ri$alta l’irregolarità loro mo$truo$a, e fuori d’ogni ragione, a motivo della voluta dell’aletta, che $ta al di$otto, gonfia- ta per $tracantone.

                          Porta della sagre$tia nella Chie$a di S. Lcone, detto San Lio.

                          Anche que$ta porta è particolare e $travagante. Si o$$ervi, non mai per impara- re, ma per condannare, e sfuggire tal modo bizzarro di pen$are $travolto. Si vede la $ua $oglia in una parte dritta, e nell’ altra girare all’ingiù per $o$tenere e $trin- gere la medaglia d’ Andrea Pi$ani, che è pure appoggiata a rido$$o della cornice con allori, che la circondano per ornamento: e poi $i con$iderino negli angoli della det- ta porta le due cartelle ad u$o di modiglioni, che mo$trano di $o$tenere la $te$$a $oglia; e così le altre due nelle te$te piene $imilmente di bagattelle, che non han- no veruna dicevole convenienza, e $olo mo$trano di $o$tenere col loro maggior roc- chello la cornice, e il fronte$pizio le$inato, $ul quale $tanno due bambini in atto di $o$tentare una cartella coll’i$crizione del mentovato Pi$ani. Con tutta ragione $i con- dannano $i$$atti pen$amenti, che vogliono far curvare la $oglia all’ingiù, ovvero all’ insù, come quello, che ci pre$enta il Pozzi al foglio 62. N. 1. Que$to è mal $om- mo, poichè $i priva la $oglia della $ua forza naturale, che con$i$te nella $ua dirit- tura, $ervendo in tal modo d’arpice all’ erte, o $ieno $tanti della porta.

                          Pozzo ornato, d’ Ordine Dorico nel $econdo Clau$tro del Convento dei Frari.

                          Veramente da tal maniera d’ Architettura, e in que$t’ Ordine, non $i è veduto pen- $iero più di$ordinato di que$to. Chi ha cognizione d’ Architettura, e bene l’ o$$erva, non applaudirà giammai $imile compo$izione. Una colonna grande con una appre$- $o dello $te$$o Ordine più picciola della metà, per $o$tenere la $te$$a cornice, e por- tare il rimenato. E’ co$a curio$a, e qua$i di$$i, ridicola, l’ o$$ervare il triglifo $opra la colonna maggiore $tar$i nella $ua proporzione; e quello $opra la piccola qua$i per metà, $tar$ene della $te$$a altezza, e di più le$enando la mede$ima cornice; come $i o$$erva $o$tenere le picciole colonne tutto il rimenato, e l’ ornato, che vi è $opra: e que$te $ono appoggiate $ulla vera del pozzo mede$imo: la $ua cornice è replicata da due $porti, che coll’ architrave $ono tre. Non credo, che sì enor me $correzione $ia$i giammai, fuori che in que$to ca$o, praticata.

                          [0231]DEGLI ARCHITETTI. Fronte$pizio dei quattro Altari, che $ono nella Chie$a di Santa Margherita Porta della Sagre$tia nella Chie$a di S. Leone, detto S. Lio. Pozzo ornato d’Or- dine Dorico nel $econ- do Clau$tro del con- vento dei Frari. [0232]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Del $uperfluo u$o dei piedi$talli replicati, come $ono i pre$enti, e molti altri praticati parimente negli Altari.

                          _1._ Quello dell’ Altare di S. Girolamo in S. Salvatore.

                          _2._ Nell’ Altar maggiore dellaChie$a di S. Lorenzo.

                          _3._ Nell’ Altar maggiore dellaChie$a de’Ge$uiti.

                          _4._ Nell’ Altar del Cri$to nella Chie$a dei Frari.

                          Gioverà l’avvertire l’abu$o introdotto del porre i piedi$talli replicati negli Altari, e que$ti col fine di $ollevare con mae$tà le colonne, perchè facciano maggior com- par$a. Veramente il veder$i praticare nell’ Architettura sì fatti di$ordini fa toccar con mano la $car$a cognizione di certi Architetti, che forzano, per così e$primermi, il ragionevole dell’ Architettura, la quale ha a$$egnato ad ogni Ordine i $uoi piedi$tal- li con proprietà, e mi$ura, affinchè $i u$ino $econdo il dover loro: ma, come $i ve- de, i pre$enti così replicati l’uno $opra l’ altro certamente non fanno perfetta com- par$a. Da quando in qua gli uomini portano più d’ una $carpa nel mede$imo pie- de, ba$tando pel comodo, e per la dicevolezza una $ola? Se alcuno ne porta$$e due, ridicolo, e fuor di $enno verrebbe $enza dubbio giudicato da tutti. Se dunque è ve- ro, che il piedi$tallo $ia la $carpa della colonna, e la ba$e il piede, $arà co$a ridi- cola il replicarlo. Se poi per dar più ri$alto vi bi$ogna$$e altezza maggiore, $i val- ga l’ Arte$ice di ciò, che permette l’ Architettura, ed è appunto l’ ottimo ripiego d’ un one$to ba$amento ornato con riquadrature, e con altro; come altresì d’un rego- lone, o Zoccolo nel ba$$o, ma $enza veruna cornice di cimacia, o ba$e; e in tal ca$o que$to adornerà con grazia, nè $arà mai piedi$tallo replicato, ma grazio$o alza- mento per giungere alla $tabilita altezza, la$ciando così da parte il di$ordine dei replicati piedi$talli, due, o tre col zoccolo, formando $olaretti, e giocolini, che nul- la hanno di nobile, e di grandio$o. In oltre $i può ancora dire, che $e lecito fo$$e un tale abu$o, $i potrebbe anche introdurre l’ altro, replicando le cornici una $opra l’ altra per alzar$i di più $opra la $te$$a colonna: ma ognuno a ciò potrebbe ri$pon- der $ubito, che ciò non va bene, mentre $arebbe lo $te$$o, che porre due cappelli $opra la te$ta d’ una $ola per$ona. Lo $te$$o per appunto dee dir$i dei piedi$talli, cioè, convenir$i un $olo, ed il $uo proprio, ad ogni colonna, e non più. Così dee far$i, per con$ervare il bello, e proporzionato modo d’ u$ar le parti della $oda e ge- nuina Architettura. Conferma quanto io e$pongo Bernardo Antonio Vittone nel $uo Libro d’Architettura Civile alla pagina 274.

                          E’ altresì da avvertire di non incorrere in certo abu$o introdotto da alcuni d’ im- piegare più d’ un piedi$tallo $otto una $te$$a colonna; come $i vede in molti luoghi, e $ingolarmente negli Altari; avvegnachè ad un Ordine non po$$a convenire più d’ un piedi$tallo; e tanto perde que$to della $oda, e nobile $ua apparenza, quanto per dar luogo a tale ecce$$o $i toglie del $uo alla colonna, che perciò forz’ è, che di- venga debole d’ a$petto, e compari$ca me$china. Converrà adunque, qualora il ca$o richieda una tale duplicazione, di$porre l’ inferiore in forma di $terobate, o $ottoba- $amento, rappre$entante col $uo non interrotto ricor$o un piano $odo, ed unito, $u cui compari$ca d’ appoggiare, come $opra un piano naturale, quell’Ordine, che vi verrà innalzato $opra.

                          [0233]DEGLI ARCHITETTI. Dell’ Altar di S. Gerolamo, in S. Salvator. Dell’ Altar Maggior nella Chie$a di S. Lorenzo Dell’ Altar Maggior nella Chie$a de P. P. Ge$uiti. Dell’ Altar del Chri$to nella Chie$a de P. P. de Frari. [0234]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Del primo piano della Scala, e $ua arcata nel Palazzo di S. E. l’ Amba$ciator di Spagna.

                          Que$ta foggia d’ arcata, che o$$erva$i $u que$ta $cala, è a$$olutamente fuor di re- gola, e $travagante, per ri$petto alla $ua figura, che anzichè comparire vera arca- ta, $embra un mezz’arco a cartelle, ed è più appropriata ad un’ arcova da letto, che d’ ordinario $i forma di legname, e $i a$$icura con chiodi, lo che non può e$e- guir$i mai $ulla pietra. L’Architetto, che così pensò, avrà for$e avuto le $ue ragio- ni, da e$$o riputate buone; ed avrà procurato, o con fili coperti togliere lo sforzo a tal arco, che $pinge nelle cartelle, od avrà prolungato l’ arcata fino al vivo della colonna. Con tutto que$to non o$tante la $ua figura è fal$a e in$u$$i$tente; nè $iffatte arcate $ono$i vedute giammai nella $oda e verace Antichità, ma bensì nella Gotica, e barbara, che non aveva nè mi$ure, nè di$po$izione ragionevole. Ma il no$tro Architet- to più degli altri $pirito$o volle imitare il Cavalier Borromini, che e$eguì tutto quel- lo, che gli altri a$$erivano, che far non $i poteva, fo$$e bene, fo$$e mal e$eguito; e che volle mai $empre sfogare il $uo capriccio, qualunque $i fo$$e l’ incoerenza, che gli $uggeriva il $uo fal$o immaginare. Nel modo $te$$o co$tui credendo tali arcate bizzarre, e fore$tiere, altre quattro pur ne piantò nel Cortile della Ca$a del Piova- no di S. Geremia di que$ta Città, ove dalla riva s’ a$cende alla Chie$a, nella quale pare continuò a porre in pratica il $uo $trano pen$are; avendo piantato due $imi- glianti arcate di pari nella Cappella del Sagramento della Chie$a di S. Niccolò nei laterali d’ e$$a Cappella, che $ervono per aperture alla S. Comunione. Ma tornando alla $opradditata $cala, dobbiamo pur ri$lettere alle colonnelle degli appoggi, che l’ adornano, po$te in fuga dietro alle proprie cornici, sì dell’ appoggio, che del pia- no. Lo $carmare ciò, che dee mo$trar $olidità per $o$tenere, e che nemmeno poi abbia grazia e $veltezza, che adorni, è un abu$o praticato comunemente dai fale- gnami, che facendo i colonnini di tavola alle $cale, gl’ immi$eri$cono in gui$a, che non può $offrir$i. Eppure tale incoerenza trova chi la imita, e che vuol far male appunto, perchè altri hanno fatto male. Se que$ta $ia $cu$a da ammetter$i, lo la$cio con$iderare agl’intendenti della vera Architettura. Per me dico coll’ autorità vera e naturale, che le irregolarità non s’ uni$cono, nè s’ uniranno mai bene colla perfetta Architettura. Per me dico coll’ autorità vera e naturale, che le irregolarità non s’ uni$cono, nè s’uniranno mai bene colla perfetta Architettura. Laonde concludo, che per por$i que$ti colonnini al naturale, convien piantargli diritti, come $i o$$ervano quelli piantati dal Palladio $ulla $cala del Refettorio di S. Giorgio Maggiore, e come gli altri po$ti dal San$ovino $ulla $cala, che conduce al Collegio del Palazzo Duca- le; come altresì gli altri po$ti dal Longena $ulla $cala grande del Mona$tero di S. Giorgio Maggiore: i quali colonnini tutti fanno degna e nobil compar$a. Ad onta però di sì perfetti e$emplari, s’imita più il far vizio$o, che il perfetto. Ce ne $ia di ciò e$empio la Scala della Scuola grande della Carità, che fu fatta di nuovo, ed i colonnini degli appoggi furono po$ti in fuga, appunto come i poc’ anzi critica- ti. Eppure ella è così, il vizio trova $empre più $eguaci, che la Virtù; e ciò na- $ce perchè e$$a virtù nel $uo perfetto non è gran fatto cono$ciuta. Manca il vero $tudio; e perciò na$cono tali $correzioni, e di$ordini. Quanto al nicchio, ed alla $tatua d’Ercole col rimanente, è e$eguito in $ola pittura a$$ai cruda.

                          Della Chie$a del Santo Sepolcro.

                          E’o$$ervabile la $proporzione delle porte di que$ta Chie$a, sì ri$petto alla $oglia, che le cuopre, grave e pe$ante con erte zancate, e col rimenato non $olo zancato, ma che per e$$er piantato qua$i in piedi forma figura irregolare. Quanti Architetti, che $i fanno a credere di pre$entar vaghezza coi loro pen$ieri, enon e$ibi$cono, che fa- tiche e $tenti inutili, condannati e vituperati da chiunque intende pel dritto l’ Ar- chitettura!

                          Della Porta nuova della Chie$a di S. Niccolò.

                          Que$ta veramente può e$$ere un $aggio della virtù dell’intendente Architetto, che la compo$e! Si poteva mai pen$ar co$a più tozza e pe$ante? Veramente la novità ha $empre non $o che di $uo, che $embra a prima vi$ta che appaghi. Nell’ Archi- [0235]DEGLI ARCHITETTI. tettura però la co$a pa$$a affatto diver$amente. Credetemelo pure, o Architetti: la buona Architettura ugualmente, e in tutti gli Ordini non $olo, ricerca perfezione; ma la vuole anche in tutte le parti d’ognuno d’e$$i Ordini. Quei, che così fecero, onora- rono l’Architettura e $e $te$$i; ma chi $egue la $compo$ta e mo$truo$a, vilipende l’ Arte e $e mede$imo, mo$trando d’ignorare il buono, e tener dietro al cattivo pen$a- re di chi non conobbe di vantaggio. O$$ervi$i la volta di que$ta porta, che non è nè fiancata, nè a mezz’arco: batte nel dado dell’aletta, e termina addirittura nel quar- to d’ e$$o dado. La $ua cornice $uperiore è pe$ante; e più ancora, per la gola aggiun- ta al rimenato, compari$ce goffi$$ima: la cartella nel timpano è me$china, a propor- zione della pe$ante $erraglia: $icchè in $e $te$$a altro non pare, che una porta privata, non mai d’ un Tempio. Ma $e per i$cu$arne l’Autore mi $i dice$$e, che la nece$$ità l’ ha obbligato a non alzar di più l’ arco a motivo della ba$$ezza del $offitto inter- no, ri$ponderei, che quando il $ito interno non permette l’ arco, la porta $i deve far dritta, e non mai sì $compo$ta; perchè $iccome un uomo non proporzionato nella per- $ona, come aver le braccia corte, e la te$ta grande e sfiancata, chiama$i figura defor- me, e mo$truo$a, così dir dobbiamo di tutto ciò, che non corri$ponde al per$etto, e all’adeguata proporzione.

                          Pulpiti $ulle due porte laterali all’ Altar Maggiore nella Chie$a di S. Ba$ilio.

                          Chicche$$ia può rilevare dal di$egno di tal pulpito, e giudicare, $e $i trovi pian- tato in luogo adeguato, con buona $immetria, $econdo l’ordine di po$itiva Architettu- ra. Per me dico, che obbligo a$$ai preci$o dell’ Architetto $i è il di$porre le parti tutte d’e$$a Architettura in sì fatto modo, che rie$cano uniformi agli Ordini d’e$$a, $enza irregolarità, come è que$ta. Oltre l’ impropria $ituazione d’e$$i pulpiti, $on e$$i $o$$o- gati e $torpiati, forzati a $tar$ene così obbligati dalla $te$$a cornice, che gli compri- me, non potendo di più alzar$i per comparir leggieri e $velti; $icchè facciano anzi fi- gura di bocche di forni, che gentili aperture di pulpiti: oltredichè per andarvi a can- tar l’Epi$tola, o il Vangelo forz’è appoggiarvi una po$ticcia $cala di legno in mez- zo alla porta $te$$a con i$concezza, e di$ordine, che fa mal vedere. Che bella porta veramente di Jonica Architettura così mal me$$a, e tronca nel fronte$pizio, a$$ai ag- gravata dallo $te$$o pulpito! Egli è vero, che per e$$ere la mede$ima ad arco può an- che $o$tener $opra il pulpito; ma non è però, che tal figura non compari$ca di$dice- vole, e di$acconcia. Operazioni di tal fatta po$$iamo chiamargli acciavattamenti d’ ine$perti Architetti, che mai non inte$ero il decoro della verace Architettura.

                          _1._ Arcata, e primo piano della Scala del Palazzo di S. E. l’ Amba$ciator di Spagna.

                          _2._ Una delle due porte laterali alla maggiore nella facciata della Chie$a del S. Sepolcro.

                          _3._ La porta nuova della Chie$a di S. Niccolò.

                          _4._ Pulpiti $opra le due porte laterali all’ Altar Maggiore della Chie$a di S. Ba$ilio.

                          [0236]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 1 2 3 4 [0237]DEGLI ARCHITETTI. Proporzioni delle fine$tre, e niccbj ornati di colonne po$te $opra modiglioni, men$ole, cartelle, o cornici.

                          Sono que$ti gli e$emplari prima di tutto delle fine$tre colle colonne po$te fuori del vivo, e piantate $ul fal$o, come quelle, che $ono nel ba$$o $opra la facciata del- la Scuola di San Fantino, quelle alla Scuola di San Teodoro, e quelle della facciata della Chie$a di S. Antonio di Ca$tello: e parimente quelle, che $i veggiono $opra la facciata della Scuola grande di S. Rocco: quelle $opra la facciata della Cappella di S. Niccolò $opra la Corte di Palazzo; e finalmente quelle $opra la facciata della Chie- $a dello Spirito Santo. Que$te $on tutte fine$tre ornate di colonne, parte di tutta rotondità i$olate, altre di due terzi, ed altre quali più, quali meno; tutte però po- $te $opra modiglioni, o men$ole. Tutte le divi$ate $pecie di fine$tre, come $i vede nel $ottopo$to loro di$egno, mo$trano immediatamente la frivola loro $u$$i$tenza, e fal$ità, perchè $on prive del vero e po$itivo loro fondamento di $tabile piantazione; e tanto è vero, perchè re$tano e$po$te $enza $u$$i$tenza, nè appoggiate $opra il $o- do, e reale e$$er loro. Ciò non o$tante vi $arà per avventura chi vorrà $o$tenere in contrario, affermando, che que$ti pen$ieri furono e$eguiti da celebri Architetti, e che que$ti a petto a noi po$$on dir$i mae$tri; e che $olo in oggi $i ha il talento di voler cen$urare le opere d’ Autori accreditati, che pre$$o della gente $ono $timabili, e pregiate. Ri$ponderei a ciò francamente, che le opere $timate, e degne d’ e$$ere con$iderate $ono quelle $ole, che non hanno verun difetto, nè vizio; e che $e in que$te $i rileva$$ero co$e tali, che patentemente $i cono$ce$$ero difetto$e, $arebbe, e $arà $empre bene il manife$tarle, ed illuminare gli $tudenti dell’Arte, perchè non urtino in tali debolezze. Più che un uomo vive, trova$i a portata di rilevare quel- lo, che altro uomo non conobbe, for$e, perchè in certi tempi non fi o$$ervava con tanta e$attezza, o per dir meglio non $i avevano tutte quelle nozioni, che ci ha $ommini$trato l’e$perienza; ed è vero ciò, che dice il Palladio nel $uo IV. Libro d’ Architettura a carte 64., che e$$endo tutte le co$e umane in perpetuo moto, avvie- ne, che ora a$cendano al $ommo della loro perfezione, ed ora piombino nel bara- tro della loro più abjetta imperfezione. L’Architettura, dic’egli, ai tempi dei no- $tri Padri, ed Avi u$cita di quelle tenebre, nelle quali era $tata lungamente come $epolta, comincia a far$i veder di nuovo nella luce del Mondo; imperciocchè $otto il Pontificato di Giulio II. Bramante, uomo eccellenti$$imo, fu il primo a porre in luce la bella e buona Architettura, che dagli Antichi fino al $uo tempo era $tata na$co$a. Così io replico pre$entemente: e $e finora non $i è più che tanto o$$erva- to le irregolarità praticate nella retta Architettura, è venuto il tempo di ricono$cer- le, e d’avvertire, che $i $chivino pel decoro d’e$$a Arte nobili$$ima. Così parimen- te dobbiamo confermare, ri$petto ai nicchj ornati di colonne, le quali, o $o$tengano la cornice, fronte$pizio, o rimenato; oppure fiancheggino il nicchio $te$$o, o in co- lonne, o que$te appoggino $ul vivo, o molto più $e $ien collocate $opra modiglio- ni, men$ole, o cartelle, come $on quelle, che $on po$te negl’ intercolunnj della fac- ciata della Chie$a di San Rocco: $ia pertanto o nell’una, o nell’ altra maniera, $on $empre di proporzione $regolata ri$petto alle $te$$e $tatue, le quali compari$cono me- $chine, ed impoveri$cono grandemente la nobiltà d’e$$a facciata; ovvero giungono ad uniformar$i alla $te$$a $tatua; e ciò non corri$ponde alla regolata armonica pro- porzione, che detta la formale retta Architettura. Affinchè poi gli $tudio$i re$tino manife$tamente per$ua$i, propongo gli e$emplari anche dei nicchj con in$ieme le co- lonne, e le $tatue, non meno di quelle po$te $ul vivo, che di quelle po$te $u i mo- diglioni; e perchè da tutte que$te ben ponderate o$$ervazioni po$$a ognuno re$tar certificato, che l’Architettura non ammette arbitrj fuor di ragione, quelli cioè, i quali, in vece d’ arricchirla, l’impoveri$cano a$$ai, riducendola a $tato di $omma me- $chinità. Le colonne nell’ Architettura $on quelle, che decorano, quelle che $o$ten- gono, e quelle anche, che a foggia di pila$tri fortificano le fabbriche: e que$te non $i debbon porre, $e non $e per magnificenza e decoro, nè mai u$arle per giocolini, cioè, porne una grande, e accanto a que$ta un’altra me$china, quando ciò non fo$- $e per $o$tenere qualche nobile arcata entro lo $pazio di colonne maggiori, e che così richiede$$e il ca$o della $te$$a fabbrica: ma per adornar nicchj mancano for$e modi d’arricchirgli fuori delle colonne? No certamente; anzi il nicchio ornato d’ un $olo riquadro, come appunto praticò l’ Amanati in un $uo arco entro il Cortile del Pa- lazzo del Mantova in Padova, di cui e$pongo il di$egno e$atto, fa a maraviglia be- [0238]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI ne, come potra$$i rilevare dall’ in$pezione d’ e$$o di$egno, ed argomentare, $e ciò, ch’io propongo, è dell’ ottimo gu$to, ragionevole, e perfetto.

                          _1._ Fine$tra con colonne $opra modiglione nella facciata della Scuola di San Giro- lamo, detta di San Fantino.

                          _2._ Fine$tre con colonne $opra modiglioni nella facciata della Scuola di San Teo- doro.

                          _3._ Fine$tre con colonne $opra modiglioni nella facciata di Sant’ Antonio di Ca- $tello.

                          _4._ Fine$tre con colonne $opra modiglioni nella facciata della Scuola di San Rocco.

                          _5._ Fine$tre con colonne $opra men$ola nella facciata della Chie$a dello Spirito Santo.

                          _6._ Fine$tre con colonne $opra men$ola nella facciata della Cappella di San Nicco- lò $opra la corte di Palazzo.

                          [0239]DEGLI ARCHITETTI. 1 2 3 4 5 6 [0240]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Con$iderazioni $opra l’ abu$o di porre le colonne per ornato delle fine$tre, enicchj con $tatue po$te $u i modiglioni, cornici, o men$ole, fuori del vivo.

                          Oltre il da noi o$$ervato finora, merita alcun rifle$$o l’ introdotto abu$o da certi Architetti, che per certa loro bizzarria prete$ero d’arricchire l’ Architettura con ag- giungere quello, che la imme$chini$ce, e che le toglie la $ua nobiltà, e bellezza. Io ho o$$ervato in fatti così e$$er$i praticato in varj luoghi, e praticar$i tuttora: e dopo d’aver con$iderato sì fatti abu$i di$po$ti in varie forme, cioè, ove pila$tri, ove mezze colonne rotonde, e molti formati di tutto l’intero diametro di colonna, pre- tendendo in tal gui$a di dar molto garbo allo $te$$o nicchio.

                          Di tali fine$tre, e di tali nicchj $e ne contano molti, come $i può rilevare dagli e$po$ti di$egni, che mo$trano il loro e$$ere $corretto e vizio$o, e$$endo tali fine$tre, e nicchj po$ti in aria fuori del vivo, che compari$cono Capitelli da ragazzi attac- cati po$ticci alla muraglia.

                          Il punto con$i$te adunque nel vedere, $e tali nicchj, o fine$tre ornate in tal gui- $a abbiano tutta la relazione e corri$pondenza col rimanente della fabbrica; oppure $cemino, e impiccioli$cano la mae$to$a compar$a del $uo mae$to$o a$petto naturale e vero. In fatti riflettendo alla me$chinità delle colonne po$te per fiancheggio dei nicchj, e confrontate con le $tatue d’e$$i nicchj, appari$ce chiaramente, che l’ una non conviene in proporzione coll’altra, anzi $i $cuopre a$$ai volte, che è maggiore la $tatua della colonna. Que$to $olo ba$ta per $ovvertire il buon ordine, e per im- picciolire la fabbrica, togliendole quella $immetria, e convenienza di buona compar- $a, che $e le a$petta: concio$$iachè oggi non $iamo più allo $curo delle ri$pettive loro proporzioni, come allorchè, al riferir di Vitruvio, furono rilevate le prime mi- $urando la pianta del piede virile, e venne fatto di quella gro$$ezza il fu$to da ba$- $o della colonna, levando $ei fiate in altezza da terra, compre$o il $uo capitello. Quindi $i pa$sò con maggiore avvedutezza, e garbo a ricavare moduli più ri$tretti, per render le colonne $te$$e più $velte, e leggiere, come ci de$crive il Ru$coni nel $uo Comento di Vitruvio. Riflettendo ora a quanto $i è detto, non potrà mai e$- $er proporzione delle colonne quella, che s’agguagli alle $te$$e $tatue; nemmeno quel- la, che le $tatue $orpa$$ino le mede$ime colonne; ma bensì, che i nicchj della fab- brica $ieno formati di parti grandi e mae$to$e, $icchè le colonne principali abbiano conveniente uniformità con tutto il rimanente della fabbrica, come appunto rie$co- no quelle, che $on po$te alle fine$tre, ed ai nicchj: dove $e que$te $ono di me$chi- na $igura, impoveri$cono l’Architettura. Nè vale il dire, che altri pure così fecero, e $u tali e$empj $i po$$a continuare a far lo $te$$o; perch’io ri$pondo, che chi lo $e- ce, fece $empre male, e che ciò, che è mal fatto, $i dee $chivare, e non imitare.

                          Non fo parola di tutte quelle, che $i vedono e$eguite nei depo$iti po$ti di contro le muraglie, che non fanno figura, che di $emplici tele rappre$entanti le ge$ta, e me- morie dei trapa$$ati, le quali co$e non $i po$$ono $piegare realmente, $e non $e con qualche progettura, e licenzio$ità di $porti, po$ti $opra modiglioni, o men$ole, per- chè non appoggiano in terra, ma $tanno $emplicemente raccomandate alla muraglia; nè di que$te niuno chiede conto; ma $i parla $oltanto di quelle, che $ono, e debbon e$$ere uniformi alla vera, e reale Architettura, $trettamente congiunte, e legate, come appunto e$$er dovrebbero le $opraccennate.

                          E’una vergogna, che la$cin$i correre tali $correzioni e $concerti in quell’Arte, che vuole il grandio$o e po$itivo $uo carattere $empre co$tante, lontano da $ciocchezze. E $e alcuno vi fo$$e, che vole$$e $o$tenere, che tali $cherzi $on fatti per arricchire, e a- dornare l’Architettura, ri$ponderei, che può far$i tutto quello, che è capace di no- bilitarla, ma opportunamente, ed in modo, che la $te$$a non venga $concertata, nè impicciolita con tritumi, e bagattelluzze, che le $ono contrarie, e che furono, e $a- ranno perpetuamente di$approvate.

                          Il Palladio vero mae$tro in que$t’ Arte ci avverte nel $uo 1. Libro d’ Architettura a carte 6, dicendo $ulle tracce mede$ime di Vitruvio, che nelle fabbriche debbon$i con- $iderare tre co$e, cioè, l’ utile, o $ia la comodità, la perpetuità, e la bellezza, non potendo$i dire per$etta quell’Opera, che $o$$e mancante; e nemmeno dire con ragio- nevolezza, che una tal fabbrica faccia compar$a d’un corpo ben compo$to, e per$et- to: imperciocchè ciò dir non $i può, $e in e$$o un membro all’altro non corri$pon- da. Ciò po$to per indubitato, come $i potranno approvare que$te tali fine$tre, e que $ti nicchj così fuor di regola, ornati di colonne po$te $opra i modiglioni, o cartelle, o- [0241]DEGLI ARCHITETTI. cornici $o$te@tate da men$ole? Certamente non appoggiando que$te $opra il vivo, e $olido loro fondamento, ma $opra il fal$o (potendo anche aggiunger$i fuori del lor centro naturale, e verità, dalla qual pianta $i dee ricono$cere il loro na$cimento ra- gionevole, e giu$to) non potrà mai dir$i, che tali fabbriche abbiano quella $olidità, che faccia compar$a, nè di vera, nè di probabile perpetuità, $tabilita col $odo, e valido e$$er $uo.

                          Negli antecedenti fogli parlai anche dei nicchj po$ti $opra la facciata della Chie$a di San Rocco, quanto, e come mi conveniva. Pre$entemente però in e$$a facciata vi è ancora di peggio, e ciò è appunto $eguito per negligenza dell’ Architetto $oprin- tendente alla fabbrica, che tra$curò di con$iderare a dovere la pianta delle colonne, e pel ripiego da e$$o pre$o per accomodare i capitelli delle mede$ime. Certamente $e egli ave$le fatto tale o$$ervazione, $i $arebbe potuto, e dovuto nel modo $te$lo farla nella nuova fabbrica, e $arebbe riu$cito a maraviglia bene. Il ripiego pertanto fu que$to, cioè, che per non occupare maggior $ito collo $porgimento dei piedi$talli, l’ Architetto $i ri$trin$e appoggiando plinto con plinto in poca di$tanza l’ uno pre$lo l’altro, non la$ciando quello $pazio intermedio, che pote$$e dar luogo all’abaco di $opra dei proprj capitelli nelle $ue $cornature, e caulicoli. Il ripiego però adopera- to dal valente Architetto fu, che l’ abaco del capitello della colonna fo$$e tutto in- tiero nel $uo giu$to quadrato, ed in fianco, perchè $orpa$$a$$e colla $ua $cornatura l’abaco del pila$tro, e di $otto fece $orpa$$are il caulicolo dello $te$$o pila$tro, che e$$endo po$to contro la colonna mo$tra tanta gentilezza, e avvenenza, che con bel- li$$imo inganno viene a na$condere ciò, che $arebbe errore. Ma non così pensò il novello Architetto nella nuova fabbrica della facciata della Chie$a vicina, che egli pel piano fatto doveva e$eguire, quanto alle colonne, appunto come era $tato fatto nel- la Scuola: ma quando que$to fu a porre i capitelli, $i trovò imbarazzato, perchè vi- de, che non potea mai riu$cirgli d’unire $cornatura con $cornatura nella $ua giu$ta larghezza e mi$ura; quindi prete$e per avventura di meglio ripiegare, anzichè imitare quello, che vedeva e$eguito, e pensò di voler far comparire gli $te$$i capitelli total- mente interi e giu$ti; ma s’ingannò a partito, mo$trando con ciò il $uo $car$o $ape- re, e la $ua poca e$perienza. Imperciocchè in tali capitelli non può certamente l’ a- baco $tare nel $uo giu$to quadrato, mentre ne’ fianchi toccando$i $cornatura con $cor- natura, cioè, colonna e pila$tro in$ieme $i uni$cono, e $i attaccano per sì fatto mo- do, che le loro inte$tature re$tano affatto tronche, co$a che deforma tutto il grazio$o e$$er loro, e fa evidentemente rilevare il forzato, e fal$o ripiego, totalmente in$u$$i- $tente, e difetto$o. Poteva egli beni$$imo porre le loro ba$i di$tanti quanto portava il bi$ogno per la giu$ta unione dei capitelli; e $e i piedi$talli $porgevano più in fuori tre o quattr’ once, non i$conciava niente affatto la facciata, e tutto $arebbe andato a dovere, quando ave$$e con$iderato, che il quadrato della ba$e è minore di quello dell’ abaco, e che per accomodare con giu$tezza le loro $cornature è nece$$ario lo $taccamento delle proprie ba$i: oppure doveva imitare intieramente l’ e$eguito già nella Scuola, come come appunto far ei doveva. Di più $i o$$erva, che come quel- lo, che poco intende la leggiera Architettura, e$egui$ce tutto all’ oppo$to dei detta- mi di quella, come è appunto l’ aver voluto terminare la facciata $te$$a col pe$ante rimenato, e timpano formato a catino $ondato, $econdo l’ u$ato operare ma$$arino; co$a, che anzichè ingentilire, aggrava notabilmente. Vi voleva il $olo vero, e na- tural fronte$pizio, che copri$$e, e non aggrava$$e, come fa il rimenato pe$ante. An- che il gran Palladio nel $uo I. Libro d’ Architettura alla pagina 52. parla dei fron- te$pizj delle porte, delle fine$tre, e delle logge: e di vero e$$endo que$ti fatti per di- mo$trare, e additare il piovere delle fabbriche, quel grand’ uomo non gli nomina mai rimenati, poichè que$ti mo$trano certamente figura più pe$ante del $emplice fronte$pizio. E di tal forma $e ne o$$ervano e$eguiti $opra la facciata dalla Chie$a di S. Zaccaria, e $opra quella della Scuola grande di S. Marco, e nella facciata della Chie$a di S. Gio: Cri$o$tomo, parimente in quella di S. Maria Zobenico, e di S. Giu$tina: tutti que$ti rimenati $ono, chi più, chi meno alterati, e mo$trano certa- mente figura pe$ante molto più del $emplice fronte$picio; quindi il rimenato può $ol tanto aver luogo nei piccioli $pazj, che que$ti non contano; in $omma tutta la più corretta Architettura con$i$te nel nobile e mae$to$o, nel leggiero e gentile, e nel forté, e ben piantato $uo fondamento; vale a dire, ben regolato, e ri$ultante da ragionevoli proporzioni.

                          Mi $embra altresì molto a propo$ito l’ aggiungere per ultimo e$emplare il nicchio colla $tatua, che $i vede $opra l’ Altare di Sant’ Ignazio nella Chie$a de’Ge$uiti, dal [0242]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI quale rileva$i $empre più la di$$onanza, ed incoerenza delle colonne po$te appre$$o alle $tatue qua$i a mezza figura. Que$to reo modo impiccioli$ce, ed imme$chini$ce grandemente l’Architettura, che così viene a perdere la $ua grandio$a magni$icenza e nobiltà, poichè le figure vengono a mo$trar$i a$$ai $uperiori all’ Architettura $te$- $a, co$a affatto contraria alla ragione, poichè la $ola Architettura dee occupare per- petuamente il primo luogo.

                          1. Nicchio con colonne e $tatua $opra la facciata di Santa Maria Zobenico.

                          2. Nicchio con colonne e $tatua $opra la facciata della Salute.

                          3. Nicchio con colonne $opra modiglione, e $tatua $opra la facciata della Chie$a di San Rocco.

                          4. Nicchio con colonne, e $tatua $opra l’ Altare di Sant’ Ignazio nella Chie$a de’ Ge$uiti.

                          5. Nicchio con $tatua nella facciata dell’ Arco del Amanati in Padova nel cor- tile del Palazzo del Mantova.

                          [0243]DEGLI ARCHITETTI. 1 2 3 4 5 [0244]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Di$cor$o $opra gli errori delle $erraglie degli Archi.

                          Serraglia dell’ Arco di Tito in Roma, e $uo profilo.

                          Serraglia dell’ Arco di Settimo Severo in Roma, e $uo profilo.

                          Serraglia dell’ Arco di Co$tantino in Roma, e $uo profilo.

                          Profilo d’ altra $erraglia dei piccoli archi laterali in quello di Co$tantino.

                          Serraglia dell’ Arco $opra la porta della Scuola grande di San Marco in Venezia, e $uo profilo.

                          Serraglia degli archi con l’ Abaco Corintio, e $uoi profili, i primi nella Chie$a de’ Ge$uiti, e i $econdi in quella della Fava.

                          Per dar compimento all’ opera no$tra altro non rimane, $alvo che l’e$aminare le $erraglie degli archi, e di far per ultimo rilevare l’abu$o introdotto$i nell’adoperar- le $enza la corri$pondenza, ed avvenenza convenevole. E di vero quelli, che le adoprano $enza la competente ragionevolezza, non $ono certamente informati nem- meno del fine, per cui $ono $tate introdotte; poichè $e lo $ape$$ero, vedrebbero, que$te altro non e$$ere, che un $emplice cuneo per i$tringere, e $errar l’ arco. Quin- di converrà dire, che il prolungarle in altezza fuor dell’ arco fin $otto alla cornice non $arà mai lodevole, e bi$ognerà a$$olutamente a$tener$ene, poichè rie$cono di fi- gura irregolare e $concia, null’ altro alle $erraglie convenendo, $alvo il far comba- giar l’ arco, e nulla più. Ma l’ ingombro di certe fanta$ie, che vengon praticate dai malpratici Architetti, i quali $i fanno a credere d’ e$$ere in loro arbitrio l’ arricchir- le a talento non $olo, ma farle anche $porgere fuor del dovere, ponendovi $opra l’ abaco ad imitazione del capitello Corintio, colle corna, e ro$etta, o que$to $opra la cartella, che accartocciando gonfia in fuori al di $opra, che rigirata a rover$cio al di $otto forma cartoccio, o rocchello, è rea co$a. E’ ben vero, che qualora que- $ta $ia condotta con grazia e $emplicità, o la foglia in luogo $uo, poichè sì l’ una, che l’ altra, null’ altro rappre$enta, che una $corza, la quale cuopra il cuneo, non può $comparire, la$ciando però $empre da parte la mo$truo$ità dell’abaco con le $ue corna e ro$etta, che non $erve a nulla, e molto più quando venga po$to in luogo, in cui vi $ia cornice $opra, la quale continui a diritto muro $enza alcuno $porgimen- to d’ Architrave; ed in tal ca$o la $erraglia, che $porge in fuori, $arà $enza ragio- ne; poichè $opra tal abaco nulla appoggiando, e nulla $o$tenendo il mede$imo, rie- $ce inutile, e di $concia figura, $iccome $i vede praticar$i in varj luoghi. Ciò non $i è veduto giammai nella buona Architettura: nè per veder$i in Roma nei tre Ar- chi trionfali, cioè, nell’Arco di Tito, in quello di Settimio Severo, e in quello di Co$tantino, que$to dee far altrui legge $icura. Imperciocchè quantunque l’Archi- tettura dei mede$imi Archi compari$ca buona, ha tuttavia le $erraglie degli archi molto licenzio$e e pe$anti, a motivo del grande $uo $porgimento, edella cartella al di $otto con foglia, $opra cui è $o$tenuta la figura di Pallade, e l’ Imperatore in pie- di con Trofei, od altro geroglifico. In quello poi di Co$tantino non $olo vi è $o- $tenuta la figura, ma il cartoccio ancora rover$ciato con $edia, $u cui $ta a$$i$a una Minerva: e quantunque il lavoro compari$ca ottimo, tuttavia il pen$iero è un mero $cherzo, e bizzarria, priva d’ ogni $u$$i$tenza; concio$$iachè una $emplice foglia non abbia in $e forza, che po$$a $o$tenere alcun pe$o, non v’e$$endo men$ola, la quale $ola po$$a reggere e $o$tentare qual$ivoglia pe$o: ma con$iderando, che il $emplice rocchello altro non è, che una $corza, o foglia, che s’arriccia, e che è a un tem- po $te$$o debole, e di niuna $u$$i$tenza, $i vede patentemente l’ errore. Dee l’ Ar- chitetto aver l’ occhio $eriamente sì al pe$o, che alla proprietà delle co$e, ed adat- tarle al luogo loro colla maggior grazia, e naturalezza pel décoro dell’ Opera. Ep- pure o$$erva$i per lo più, che tutto quello, che compari$ce novità, incontra chi l’ abbraccia, e vuole imitarla, come co$a, che $ia degna d’applau$o, non con$ideran- do di vantaggio, ma adducendo altri e$empj in $ua dife$a: e que$to $i o$$erva e$e- guito anche nella $erraglia dell’ arco $opra la porta della Scuola grande di S. Marco in Venezia; e benchè que$ta $ia di $ola cartella col rocchello al di $otto, viene ap- [0245]DEGLI ARCHITETTI. poggiato $opra que$to un angioletto $edente, che col braccio dritto $tringe una cor- nucopia; e $imili $ono le due altre po$te, una $opra l’ Arco della porta, che intro- duce ai Magi$trati dei Con$oli de’ Mercanti, e @e’ $ette Savj alla Mercanzia: altra del fondaco de’ Tede$chi; ed altra pure nell’ arc@ $opra la porta dell’ Ar$enale, aven- te un fanciullo a $edere $opra il rocchello, che @bbraccia due ce$te di frutti una per parte; e que$te $ono di $ola cartella colla corn@copia: e que$to $ebben guernito d’ ale, non vola, ma $tando$i a @edere dee cert@mente cagionare alcun pe$o al ro c- chello, come o$$ervammo quì $opra. Se poi $imili Angioletti fo$$ero in azione di volare, non vi $arebbe che dire. La co$a, che @a più maraviglia, $i è, l’ e$$ervene uno po$to $opra la $erraglía dell’ Arco nell’ Altar Maggiore di San Lorenzo, che $e ne $ta in piedi $ul rocchello, che è $imilmente ala@o, ma non vola, nè ha verun luogo l’ azione, ch’ei rappre$enta; poichè, come $i vede nel profilo della figura, pende all’ ingiù, e quantunque appoggi i piedi $ul r@cchello, non $arà mai vero, che po$$a $cherzare sì leggiadramente, come dimo$t@a il di$egno. Dobbiamo dunque confer- mare, che non po$$ono aver luogo tali $e@raglie ornate con figure, per l’improprie- tà, che rappre$entano; nè dal Palladio @ennero mai po$te in u$o nelle $ue fabbri- che, come $appiamo dall’aureo $uo Libro d’ Architettura, e di Raccolta delle Roma- ne Antichità. Sapeva certamente un Autor@e sì in$igne di quale importanza $i fo$$ero le $erraglie, eppure rade volte @e mi$e in opera; e $eppure le pratico, non $i val$e d’ altro, che della cartella accartocciata, @emplice, e ba$@a, e non mai come vien pra- ticata, cioè, gonfia, e di tutto tondo; oppure ponendo nel cuneo una te$ta guerriera di Minerva, o d’altro, come di ma$cheroni, o d’animali, e non mai abaco, nè lo $porgimento mo$truo$o, che $i u$a fu@r del dovere, e pe$anti$$imo, ma $empre con proprietà e buona maniera. E perchè meglio ri$alti l’errore divi$ato, porrò le figu- re delle mede$ime da me o$$ervate n@ll’ e$$er loro, acciò vie più $i comprenda l’im- portanza di di$ordine così grande, e che gli Artefici in $eguito po$$ano correggere difetto sì di$ordinato. Voglia il Cielo, che i finora dati avvertimenti $ervano d<007> $pro- ne ai tra$curati per applicar$i alle $erie nece$$arie rifle$$ioni, e $i $radichino per con$eguenza gli enormi abu$i, che l’inavvertenza la$ciò correr finora $enza ritegno. Non mi è mai caduto in pen$iero di volerla fare da riformatore; ma ho avuto ed ho l’intenzione retta di $uggerire $emplicemente il vero, per veder$i sfuggire una volta dagli Architetti tutti quelli errori, che non $olo deformano, ma di$truggono eziandio la vera, e retta maniera d’ operare, e per far ri$orgere la perfetta Architet- tura per gloria d’ Arte sì nobile non meno, che dell’ inclita no$tra Patria.

                          [0246]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI e $uo profilo. Serraglia di Jito in dell’ Arco Roma, e $uo profilo Serraglia di Settimo dell’ Arco Severo in Roma, e $uo pro$ilo. Serraglia dell’ Arco di Costantino in Roma, [0247]DEGLI ARCHITETTI. Profilo d’altra $erraglia dei piccoli archi laterali in quello di Co$tantino. Serraglia dell’ Arco sopra la porta della Scuola grande di S. Marco in Venezia, e $uo profilo. Serraglia dell’ Arco $opra l’ Altar Mag- gior in S. Lorenzo, e $uo profilo. Serraglia degli Archi con l’ Abaco Corintio, e $uoi profili, i primi nella Chie$a de Ge$uiti, e i $econdi in quella della Fava [0248]OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI Di$cor$o $opra l’abu$o delle colonne $pirali.

                          Non $arà nemmeno di$dicevole al no$tro a$$unto l’ aggiungere, per compimento dell’ e$po$to finora, anche l’ abu$o introdotto delle colonne $pirali, tanto applaudite nella moderna Architettura, ma $enza $aper l’ e$$er loro, nè a che $ervir po$$ano; e perciò s’ adoprano $enza il menomo fondamento, o ragione, quando non furono mai me$- $e in u$o dalla $olida e retta Antichità. Nè perchè lo $pirito$o Cavalier Bernino per $egnalar$i $opra gli altri pen$a$$e a formarne quattro di mae$to$a grandezza per $o- $tenere il baldacchino in San Pietro di Roma, valendo$i del metallo Corintio, che era nel portico del Pantheon per fonderle: nè perchè il gran R affaello d’Urbino, ed il famo$o Rubens Pittori di $ommo grido u$a$$ero tal maniera di colonnati nei loro quadri, dobbiamo prenderne norma $u tale autorità di valercene negli Altari, come $e ne veggiono varj in Roma, ed anche in Venezia nella Chie$a de’ Ge$uiti, ove ne $ono ben dieci nell’ Altar Maggiore, che $o$tengono una pe$ante cupola: come altresì nella Chie$a di San Marcelliano veggion$ene in quattro Altari. L’u$o di $iffat- te colonne introdotte più per accidente, che per naturalezza, e buona ragione, non ha in $e nè $olidità, nè forza di reale Architettura. E di vero, $e tali colonne $pira- li $on compo$te della $te$$a altezza, che $i dà alle $chiette, e rette, certamente e$$en- do que$te attorcigliate, volendole e$tendere $i prolungherebbero molti$$imo, forman- do figura non più di colonna, ma di co$a eccedente d’ a$$ai la $ua proporzione natu- rale: quanto poi all’ u$o del $o$tenere, è indubitato, che ha $orza maggiore la colon- na dritta, che la torta, come ci detta la $te$$a natura: come allorchè s’abbia a $o$te- ner qualche pe$o non $i adoprano legni torti, o curvi, poichè non hanno la forza dei piani, e dritti; e la $te$$a ragione $i rileva nelle per$one date alla fatica, poichè ha $empre più forza un uomo dritto e ben piantato, che un gobbo, o che abbia le gambe $torte: tale è appunto anche l’ u$o delle colonne. E per non la$ciare alcuna co- $a $enza la $ua o$$ervazione, mi giova l’ aggiungere anche l’ opera d’ Architettura, e di pro$pettiva del P. Pozzi $tampata in Roma l’anno 1700. nella cui $econda parte vi è po$to un Altare di capriccio con pila$tri dritti al di dentro, e al di fuori altra colonna $edente, e que$ta $o$tenente la cornice nello $te$$o livello de’ pila$tri. La ba$e poi della detta colonna $edente non piomba $otto il $uo capitello, ma $i dilata quan- to il $edere la $pinge in fuori, quantunque la mede$ima $ia appoggiata al pila$tro, che la $econda. Vero $i è, che $e que$ta $i drizza$$e, $orpa$lerebbe di molto i pila$tri, e porterebbe fuori la propria cornice, e la $te$$a diverrebbe d’ eccedente mi$ura, e de- formata, come le accennate di $opra. Nè attendere $i dee in conto alcuno la ragio- ne, che adduce que$to Padre per difendere il $uo bizzarro pen$are, dicendo, che gli Antichi $i val$ero delle Cariatidi citate da Vitruvio, dimandando per qual nece$$ità debbano $tare in piedi, e diritte, e perchè non po$$ano anche fare $edendo l’ ufizio loro? Ma $e que$ta non è incoerenza, non $arà nemmeno, dice egli, che ciò po$- $an fare anche le colonne $edenti, che $on figura di quelle. Ma non $i è il buon Padre avveduto dell’ inganno, e della differenza, che dee trovar$i fra l’uomo, e la colonna. Vero è, che l’uomo talvolta $i pone a $edere; e $e $i vede$$ero due $tan- do in piedi d’ altezza uguale, e che poi uno $i pone$$e a $edere, certo il $edente di- verrebbe di minore altezza, e di minor forza del compagno, e per poter e$$er a li- vello colla te$ta dell’altro, bi$ognerebbe, che $i pone$$e a $edere $opra un piedi$tal- lo, che lo alza$$e alla mede$ima elevatezza, qualor dove$$e colla te$ta di pari che il compagno $o$tenere qualche filo, o dirittura. Ma il P Pozzi francamente $enza ve- runa con$iderazione propone una ragione, che anzichè difenderlo, lo condanna; mentre $e l’ uomo $i pone a $edere, lo fa, perchè è $tanco, lo che non può mai accadere alla colonna, che non può mai $tancar$i.

                          Laonde confermandomi nel mio parere dico, che le colonne $pirali non $ervono ad altro u$o, che pel Teatro, poichè luoghi $iffatti non $ono tenuti a dar ragione delle loro apparenze, perchè $ono momentanee, e non durevoli: e $e la bizzarria de’Pittori $i è pre$a alcuna libertà nei $uoi quadri, $ubito $i dice e$$er licenza pit- tore$ca, facendo e$$i Pittori tutto quello, che $timano che po$$a loro far gioco nell’ idea del loro quadro, e nulla più. Ma per lo contrario l’ Architettura dee e$$er ma- neggiata con buona, $avia, e matura con$iderazione, nè ammetter dee licenze, e $cherzi irragionevoli, come ne è piena Roma; ma $eguire perpetuamente il $uo ret- to fine propo$to dalle $ue giu$te Leggi fi$$e mai $empre, ed invariabili.

                          [0249]DEGLI ARCHITETTI. Ai Giovani $tudio$i dell’ Architettura.

                          DOPO d’avere $coperti, e chiaramente fatti rilevare gli errori, che deturpano l’ Architettura, e tolgono il bello, ed il $olido di e$$a, la$ciando da parte molti$$imi fra e$$i, che per e$$er totalmente irregolari, ed un vero e patente $convol- gimento, non debbon$i contare, appunto perchè chicche$$ia per tali ravvi$agli; quelli avendo $celto, che non po$$ono così alla bella prima, e agevolmente rilevar- $i, mi re$ta di avvertire la Gioventù vaga di que$t’ Arte a voler $eriamente e$ami- nare $imiglianti difetti, ora che ne $ono $ufficientemente avvertiti, ed illuminati, per non inciamparvi, come quelli fanno, che all’ o$curo camminano. Que$ta no- $tra, qualunque $ia$i fatica, potrà loro certamente $ervir di lume e di $corta, per- chè $chivando il difetto$o, ed irregolare, operino con prudenza, ed e$egui$cano a dovere qualunque pezzo d’ Architettura nella $ua bontà, bellezza genuina, e per$e- zione; con$ervando quel pregio, e quella $tima, che è dovuta ad Arte sì nobile . Così io mi lu$ingo d’ aver cooperato al profitto dei giovani $tudio$i con aver loro $pianato il $entiero, che guida al buon gufto, $icchè po$$a loro riu$cire agevole qualunque impre$a, $enza inciampare in deformità, bizzarrie, e licenze vizio$e; e po$$a altresì per tal $icuro mezzo veder$i ri$orgere l’ottima antica Architettura Gre- ca e Romana, tanto prezzabile al Mondo tutto.

                          IL FINE. [0250] [0251] [0252] [0253] [0254] [0255] [0256]